Archivio del Tag ‘vittime’
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Profondo nero: se la verità fa paura, se ne incarica un killer
Questo libro è splendido. Ma non so se consigliarvelo. Leggerlo significherebbe avere piena consapevolezza di cosa sia lo Stato italiano. Si intitola “Profondo nero”, è uscito a fine 2009 per Chiarelettere. Gli autori sono Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Trecento pagine, 14.60 euro. Il libro cita molte fonti ed è principalmente debitore di due volumi: “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente”, di Giorgio Steimetz (probabilmente pseudonimo di Corrado Ragozzino) e “Il petrolio delle stragi”, di Gianni D’Elia. Lo stile, con continue domande retoriche atte a portare avanti la ricognizione e dare un tono giallista a vicende di politica torbida, rimanda a Carlo Lucarelli. Di quest’ultimo, non a caso, viene ripresa l’indagine – con Gianni Borgna – pubblicata su “Micromega” e relativa ai troppi dubbi attorno all’omicidio di Pier Paolo Pasolini.
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Chomsky: i nostri padroni temono libertà e democrazia
«Tutto per noi stessi e nulla per le altre persone»: in ogni età del mondo, sembra sia stata proprio questa «la ignobile massima dei padroni del genere umano». Così la pensava Adam Smith, «un conservatore vecchia maniera, con principi morali», pensando al suo paese, l’Inghilterra, che allora era padrona del pianeta: sono i produttori di merci e i mercanti, diceva Smith, a plasmare la politica secondo i loro interessi, «per quanto sia doloroso l’impatto sugli altri, compreso il popolo inglese» o magari quello indiano, vittima di una «ingiustizia selvaggia» da parte degli europei. E’ la legge del più forte: quella che ancora oggi, secondo Noam Chomsky, guida la supremazia dell’Occidente. Una leadership declinante ma spietata, che – nel resto del mondo – teme una cosa su tutte, la democrazia: guai se i “sudditi” si ribellano alle dittature filo-occidentali, reclamando diritti.
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Bob Dylan: l’America è fondata sulla schiena degli schiavi
Quattro anni di saccheggi, sciacallaggio ed omicidi che han costruito lo “stile americano”. È incredibile quello che si legge in quegli articoli di giornale. Tipo la “Gazzetta di Pittsburgh”, dove avvertivano i lavoratori che, se gli Stati del Sud l’avessero avuta vinta, avrebbero preso il potere nelle nostre fabbriche, ripristinato lo schiavismo al posto delle nostra forza lavoro e messo fine al nostro stile di vita. Cose di questo tipo, c’è di tutto. E questo, prima ancora che si sparasse il primo colpo. Non stavano cercando di mandar via gli schiavi. Volevano solo evitare che lo schiavismo si diffondesse. È l’unico diritto che veniva contestato. Lo schiavismo non forniva un salario alla gente. Se quel sistema economico fosse stato autorizzato a diffondersi, la gente del Nord avrebbe preso in mano le armi.
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Armi di distruzione di massa, l’oscuro business italiano
Mezzo milione di morti all’anno, una vittima al minuto. E’ il record delle armi “civili”, pistole e fucili, di cui l’Italia è leader. Sono queste le vere “armi di distruzione di massa”, secondo Kofi Annan: produttrice leader, l’industria italiana ne è il secondo esportatore mondiale. Nel 2011 abbiamo esportato armamenti per tre miliardi di euro, spiega Francesco Vignarca, coordinatore di “Rete Disarmo” e redattore di “Altra Economia”: «Ogni anno è un business che non cala, che coinvolge centinaia di aziende e che poi va a ricadere anche sulle banche, che finanziano e incassano i soldi per questi armamenti, senza controllo, con soldi di finanziamenti pubblici che arrivano addirittura dal ministero per lo Sviluppo economico». Il bombardamento sulla Libia? «E’ stato il più pesante che la nostra aeronautica abbia fatto dalla Seconda Guerra Mondiale». E il giorno in cui scattò l’offensiva contro Gheddafi, l’allora ministro Ignazio La Russa era in Medio Oriente, a una fiera internazionale di armamenti.
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Scandalo via satellite: l’Europa oscura le tivù dell’Iran
Eutelsat, che una volta era una compagnia pubblica europea e adesso invece è diventata privata, ha spento nei giorni scorsi – spento è la parola giusta – 19 canali radio e televisivi iraniani, tutti in un colpo solo. Li ha cancellati: cioè, ha cancellato l’informazione internazionale dell’Iran. Dal punto di vista tecnico, equivale a una dichiarazione di guerra. La decisione è stata presa in base a una precisa richiesta del Consiglio Superiore Audiovisivo della Francia, che non è l’Europa ma evidentemente ha molti poteri in merito, per quanto riguarda i satelliti che circolano intorno alla Terra e trasmettono i segnali su cui le televisioni iraniane avevano pagato gli abbonamenti. Se non sbaglio, nessuno fino ad ora ha dato la notizia – nessuno del mainstream, nessuno dei grandi giornali, nessuna delle catene televisive. Un ottimo esempio di come si realizza il pluralismo informativo in Occidente. E cioè: eliminando l’altra versione dei fatti.
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Guerra e clima: quello che Obama e Romney non dicono
Quando lo spettacolo quadriennale delle elezioni arriva al culmine, è utile chiedersi come le campagne di propaganda politica trattano dei problemi cruciali che dobbiamo affrontare. La risposta semplice è: male o per nulla. Se è così, sorgono alcune importanti domande; perché, e che cosa possiamo fare a riguardo? Ci sono due argomenti di importanza assoluta, perché è in gioco il destino della nostra specie: il disastro ambientale e la guerra nucleare. Il primo appare regolarmente sulle prime pagine dei giornali. Il 19 settembre, per esempio, Justin Gillis ha scritto sul “New York Times” che lo scioglimento del ghiaccio del Mare Artico si era fermato per un anno, «ma non prima di aver demolito il record precedente – e aver lanciato nuovi avvertimenti sul rapido ritmo dei cambiamento nella regione».
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Rischio guerra, i francesi si preparano a lasciare Israele
La Francia si prepara ad evacuare da Israele i propri connazionali in vista di una imminente escalation militare contro l’Iran. La notizia proviene dal giornale transalpino “La Tribune”, che anticipa le possibili mosse del governo Hollande per proteggere i 200.000 francesi che vivono nello Stato ebraico. «La diplomazia francese – scrive Corrado Belli nel blog “MenteReale” – ha da tempo calcolato uno scenario in cui lo Israele potrebbe attaccare l’Iran anche senza il benestare degli Usa». Parigi avrebbe quindi predisposto un piano per l’evacuazione dei francesi, chiedendo al governo israeliano di tenerli informati su quando scatterà “l’ora X”. Una task force ha già preparato lo scenario e individuato i punti strategici da cui allontanare i cittadini francesi nel caso di una risposta missilistica iraniana ad un eventuale attacco delle forze di Tel Aviv.
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Picchiare i minorenni è reato, il governo Monti non lo sa?
«Giù le mani dai minorenni», pestati senza complimenti dalla polizia a Torino e Milano alle manifestazioni studentesche del 5 ottobre. In caso di cortei, protesta la psicologa Barbara Collevecchio, gli agenti andrebbero obbligati a dotarsi di cartellino identificativo, per una ragione di civiltà: «Le violenze contro i minorenni in famiglia sono severamente punite: è inaccettabile che organi dello Stato picchino selvaggiamente con manganellate studenti minorenni delle scuole». Aggiunge la psicologa: «Non importa cosa abbia fatto il minorenne: un padre o una madre non prendono a manganellate il figlio quindicenne se si comporta male, è inammissibile e punito per legge. Se anche mio figlio mi rompesse una porta a calci, io non sono – neppure come madre – in diritto di punirlo con manganellate e violenza fisica. Gli adolescenti si educano, non si manganellano».
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La rabbia dei giovani senza futuro, traditi dalla politica
Non hanno solo protestato contro i tagli ad una scuola stretta tra le mirabolanti promesse tecnologiche e i soffitti che crollano, tra premi per i più bravi e riduzione delle risorse necessarie perché i meritevoli possano davvero provare di esserlo, nonostante disuguali condizioni di partenza. Hanno dichiarato la loro sfiducia a tutta la classe dirigente, agli adulti che hanno il potere di prendere le decisioni cruciali per il loro destino: governo, partiti politici, sindacati, imprenditori. Derubricare questa protesta come manifestazione adolescenziale senza una vera maturità politica, sarebbe grave e forse pericoloso. Dopo essersi sentiti definire da tutti una generazione perduta, questi ragazzi stanno provando a dire che non vogliono fare le vittime sacrificali degli errori altrui.
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«Gheddafi ucciso dai francesi, glielo consegnò Assad»
Assassinare Muhammar Gheddafi, per evitare che – una volta catturato – potesse svelare dettagli imbarazzanti sul sostegno libico nell’elezione di Nicolas Sarkozy. A sparare il colpo di pistola che ha ucciso Gheddafi il 20 ottobre 2011 alle porte della sua roccaforte, Sirte, sarebbe stato un agente straniero francese, aiutato dai siriani in cambio dell’alleggerimento delle pressioni internazionali su Damasco. Il dubbio che la morte del colonnello non sia avvenuta per mano di un guerrigliero locale, ma per l’intervento diretto di un commando-killer della Nato circola da tempo, in Libia. La conferma viene ora da uno dei politici-chiave del cambio di regime in Libia, Mahmoud Jibril, già a capo del Cnt, il Consiglio Nazionale di Transizione. Riprendendo l’intervista di Jibril, rilasciata il 29 settembre 2012 al Cairo, il “Corriere della Sera” riporta nuovi particolari che confermano in parte quanto rivelato appena pochi giorni dopo la morte di Gheddafi da un altro quotidiano italiano, “Il Giornale”.
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Addio Liberia, foresta vergine svenduta alle multinazionali
Un quarto del territorio nazionale e il 40% delle aree boschive: è ciò che la Liberia, polmone verde africano, ha ceduto a compagnie private. Il tutto solo negli ultimi due anni. A rivelare queste cifre da record è il rapporto “Signing their Lives away”. Che, inoltre, denuncia i pesanti effetti dello sfruttamento delle foreste vergini da parte delle multinazionali che se ne sono impossessate. Pronte, avverte lo studio, a sfruttarne il legname lasciando alle comunità locali «meno dell’1% del suo valore». Ma non è tutto: gran parte di queste terre sono state vendute con scappatoie legali che, permettendo di evadere le tasse, hanno creato enormi voragini nelle casse statali liberiane. Ora, però, la presidente della Repubblica e Premio Nobel per la pace Ellen Johnson Sirleaf, ha sospeso il capo dell’Autorità per lo sviluppo forestale ed avviato un’indagine indipendente.
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Desmond Tutu: perché rifiuto di parlare con Tony Blair
L’immoralità della decisione di Stati Uniti e Gran Bretagna di invadere l’Iraq nel 2003, fondata sulla menzogna che l’Iraq possedesse armi di distruzione di massa, ha destabilizzato e polarizzato il mondo in misura maggiore rispetto a qualsiasi altro conflitto nella storia. Anziché riconoscere che il mondo in cui vivevamo – con sempre più raffinate forme di comunicazione, trasporti e sistemi d’arma – necessitava di una leadership sofisticata che tenesse insieme la famiglia globale, i leader che allora guidavano gli Stati Uniti e il Regno Unito costruirono falsi pretesti per comportarsi come bulli al parco giochi e trascinarci più lontano. Ci hanno spinti sin sull’orlo del precipizio in cui ci troviamo ora, con lo spettro di Siria e Iran davanti a noi. Se i leader possono mentire, allora chi mai dovrebbe dire la verità?