Archivio del Tag ‘Vaticano’
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Il Papa divide l’Argentina: non denunciò la dittatura
Jorge Bergoglio, ora Papa Francesco? «Il diavolo, in abito talare». Parola di Néstor Kirchner, presidente democratico della rinascita argentina. Era il 2002 e già marciva nella disistima reciproca il rapporto tra l’allora prelato e il capo dello Stato, «guarda caso maturato dopo la riapertura dei dossier sulla dittatura», scrive il “Corriere della Sera”. Bergoglio denunciò «l’esibizionismo e gli annunci altisonanti» di Kirchner e della moglie Cristina, attuale presidente, «poi si è battuto come un leone contro il matrimonio gay e l’aborto, perdendo entrambe le battaglie». Che faccia avrà fatto Cristina Kirchner alla notizia? La stessa del leader polacco Edward Gierek quando dal conclave del 1978 spuntò il peggior Papa che potesse capitargli? La Kirchner ora annuncia che sarà presente a Roma all’insediamento, ma per emettere la prima nota ha impiegato tre ore. E il quotidiano “Pagina 12”, vicino al governo, ha titolato “Dios Mio!”, sostenendo, nell’editoriale, che «errare è divino».
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Papa Francesco I, il gesuita temuto dai desaparecidos
Già all’indomani del conclave che elesse Ratzinger, Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, tra i più votati anche allora, venne accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila persone. Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro “L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina”, del giornalista argentino Horacio Verbitsky. Stella Spinelli, su “Peacereporter”, ne scrisse già all’epoca. Nei primi anni ’70, Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane “superiore provinciale” della Compagnia di Gesù in Argentina. Nel febbraio del ‘76, un mese prima del colpo di Stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati: li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti.
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Revelli: partiti al tramonto, è finita la politica del ‘900
I tedeschi, che la filosofia della storia l’hanno inventata, le chiamano “epoche assiali”: un tempo in cui il mondo ruota sul suo asse, e ogni cosa si rovescia. «E noi ci siamo dentro fino al collo: basta dare un’occhiata a Roma, mai come oggi caput mundi nel simbolismo del vuoto che ostenta», dice Marco Revelli. «Vuoto tutto. Vuoto il Sacro Soglio, con un papa arreso al disordine spirituale del mondo e al disordine morale della curia romana. Vuoto il Parlamento, capace forse di rappresentare il mosaico infranto della nostra società ma impossibilitato comunque a produrre uno straccio di sintesi. Vuoto, tra poco, il Colle dove è vissuto l’ultimo Sovrano tentato di governare lo stato d’eccezione permanente in cui siamo caduti. Vuota persino la poltrona del capo della polizia».
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Il Guardian: grazie Italia, svolta democratica per l’Europa
«Oh giorno felice. Il risultato elettorale italiano è un trionfo per la democrazia. “Nessun Papa, nessun governo, nessun capo della polizia”, recitava un Tweet a diffusione virale che salutava l’arrivo a Roma della “politica punk”. Il risultato è un antidoto, non solo per la corrotta politica italiana, ma anche per il dogma di austerità che ora prende l’economia dell’Europa per la gola. L’unico modo di allentare la sua presa è attraverso il voto. Congratulazioni, Italia». Così il “Guardian”, attraverso Simon Jenkins, saluta il clamoroso risultato italiano. «Il trionfatore elettorale più spettacolare è Beppe Grillo, un comico satirico scatenato ma con un messaggio chiaro: l’austerità, l’euro e la corruzione tutti insieme sono la causa dei mali continui che tormentano l’Italia. Possiamo discutere i problemi, ma perché preoccuparsi quando nessuno ascolta? Basti dire alle autorità in carica, come fa Grillo, di andare affanculo. Quando i politici hanno bandito Grillo dalle Tv, questi si è messo a usare il blog e la piazza. Il suo colpo da ko è stato il voto».
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Amato e De Gennaro, uomini chiave per l’inciucio-horror
Stati Uniti, massonerie, Vaticano, poteri forti. C’è un partito più potente dei partiti che tifa per le “larghe intese” tra Pd e Pdl: sono i politici trasversali di lungo corso, i manager di Stato e i burocrati sopravvissuti a mille ribaltoni, che tremano ogni volta che sentono parlare di accordo tra Grillo e Bersani. «Il partito del governissimo si muove nel silenzio, non appare in tv, ma ha le idee molto chiare sugli uomini giusti per costruire una diga morbida e assorbente all’urto della nuova politica», scrive Marco Lillo sul “Fatto Quotidiano”. Istituzioni secolari come la Chiesa e la massoneria vedono come il fumo negli occhi il “governo di scopo”, e sperano che Bersani non riesca nella missione impossibile di strappare al “Movimento 5 Stelle” la fiducia al Senato. Più rassicurante, per il palazzi romani, la seconda ipotesi: “governissimo” Pd-Pdl, riciclando nomi della portata di Amato e addirittura De Gennaro, capo della polizia all’epoca della mattanza della Diaz.
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Cardini: troppi affaristi, il Vaticano teme l’ira dei poveri
Che cosa intendeva dire Paolo VI quando alluse al “fumo di Satana” insinuatosi all’interno della Chiesa? Che rapporto può esserci, ormai, proprio nella compagine dei cattolici – e parlo da cattolico anch’io – tra i soliti ignoti o seminoti che hanno potuto favorire la resistibile ascesa di un Gotti Tedeschi da una parte e gli Enzo Bianchi o gli Andrea Gallo dall’altra? Tra i prelati che benedicono le lobbies multinazionali e i loro business e quelli che stanno dalla parte degli “ultimi”, ora che secondo i calcoli più recenti il 90% della popolazione mondiale vivacchia gestendo appena il 10% delle risorse del mondo, e che quindi gli “ultimi” rasentano i 6 miliardi di persone mentre la ricchezza è concentrata nelle mani di poche centinaia tra famiglie e gruppi? Come si può fare tranquillamente il “mestiere di papa”, mentre la sofferenza dei poveri arriva davvero a lambire il trono di Dio e grida sul serio vendetta al Suo cospetto?
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La Terza Guerra Mondiale è già cominciata: contro di noi
«Io non so con quali armi sarà combattuta la III Guerra Mondiale, ma so che la IV Guerra Mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni». Non sempre Einstein aveva ragione. In questo caso aveva torto. La III Guerra Mondiale è in corso, non si combatte con le atomiche, e qualcuno la sta vincendo, per ora. E la IV non si combatterà con le pietre. La finanza internazionale combatte la sua guerra per il predominio, per lo svuotamento delle democrazie e degli Stati. E’ un superorganismo che non rende conto a nessuno, che ha a sua disposizione i media, i politici-camerieri, gli stessi governi. La III Guerra Mondiale non si combatte sul campo di battaglia o con le bombe, ma nelle redazioni dei giornali, nelle televisioni, negli uffici all’ultimo piano delle banche, delle agenzie di rating, delle multinazionali.
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Le dimissioni di Ratzinger: sicuri che non c’entri lo Ior?
Nella storia della Chiesa c’è un unico precedente, quello di Celestino V di cui sappiamo tutti per aver studiato la “Divina Commedia” negli anni del liceo. Gli altri sono tutti morti in carica; non tutti per morte naturale, va detto: ci sono stati i martiri della prima cristianità, poi qualche papa assassinato nel Medioevo… poi forse qualche altro. In Vaticano pare vada molto in voga il caffè corretto…Il codice canonico prevede la possibilità di dimissioni del Papa, ma la cosa è sempre parsa molto sconveniente. La Chiesa è monarchica e non ama i dualismi: pensate solo al problema della convivenza fra un Papa in carica ed uno emerito. Ogni starnuto del secondo (e questo scrive libri e twitta che è un piacere) potrebbe suonare come sconfessione del precedente. Poi, sul piano simbolico, la cosa può apparire come una fuga dalle proprie responsabilità. Quando Wojtyla era già molto grave chiesero ad un prete se avrebbe potuto dimettersi e la risposta fu: «Può dimettersi Gesù dalla croce?».
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Trattativa Stato-mafia, fin dai tempi del bandito Giuliano
Avvelenato in carcere, come da copione, per impedirgli di parlare. E’ la tragica fine di Gaspare Pisciotta, noto come il luogotenente “infedele” di Salvatore Giuliano, rievocata nel film di Francesco Rosi del 1962. La tesi: Pisciotta fu assassinato per evitare che raccontasse la verità, smentendo la versione ufficiale. Ovvero: Giuliano non cadde in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine, ma fu “venduto”, tradito e giustiziato in un vero e proprio agguato. Sicuri? No, non più. Perché Pisciotta forse custodiva altri segreti, ancora peggiori. Per esempio: è possibile che a cadere nell’imboscata di Castelvetrano, 5 luglio 1950, non sia stato Salvatore Giuliano, ma un suo sosia. Il vero Giuliano non è morto quella notte in provincia di Trapani, ma è riparato negli Usa sotto falso nome? Se fosse ancora vivo, oggi avrebbe 90 anni. Fantasma scomodo, quello del “bandito” di Montelepre. Autore del massacro di Portella della Ginestra, la “madre di tutte le stragi”: all’origine di quello che oggi si chiama “trattativa Stato-mafia”. Obiettivo: strategia della tensione, per condizionare la democrazia.
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La vera storia dei due marò: colpevoli e mai incarcerati
Hanno davvero ucciso due pescatori innocenti scambiandoli per pirati, sparando da una nave che non si trovava affatto in acque internazionali ma vicina alla costa indiana. Una volta arrestati, non hanno trascorso un solo giorno in carcere ma sono stati sempre ospitati in strutture confortevoli e hotel di lusso. Il governo italiano ha ammesso il loro errore e, intanto, ha provveduto in via extragiudiziale a risarcire le famiglie delle vittime. Questa la vera storia dei due marò del San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trasformati in eroi nazionali: per “Giap”, il magazine curato dalla Wu Ming Foundation, si tratta di «una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi». Verso Natale, la “narrazione tossica” «ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della Repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?».
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E così i populisti dello spread hanno già vinto le elezioni
Il ruolo dello spread nelle prossime elezioni come in tutto ciò che resta della nostra democrazia è potentemente riemerso. Lo aveva già annunciato Giorgio Napolitano dichiarando di attendere i mercati. Gli hanno fatto eco i mass media e gli attori, da Fiorello a Littizzetto. Così lunedì mattina le banche e i fondi, soprattutto quelli italiani, hanno unito l’utile con il dilettevole. Hanno venduto titoli di Stato che avevano acquistato a prezzo più basso realizzando un discreto utile. E hanno fatto risalire lo spread chiarendo a tutti coloro che si candidano alle elezioni chi comanda davvero. Berlusconi è stato solo un utile idiota di questa operazione di regime. Tutti in Italia sanno che non solo non ha alcuna possibilità di vincere, ma che il suo ritorno in campo è il segno di una crisi della destra e dei suoi penosi gruppi dirigenti che è destinata a durare. Quel vero politico cinico e spregiudicato quale è Mario Monti, ha usato la disperazione del populista di Arcore per mettere sull’avviso tutti e in primo luogo Bersani ed il centrosinistra.
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Camilleri e Hack: una sola Camera, bastano 100 deputati
Attenti: in tutti questi anni, il centrosinistra non ha fatto niente di serio per contrastare davvero il regime di Berlusconi. E l’attuale sbando delle destre potrebbe propiziare una nuova metamorfosi del “partito del privilegio”, sotto le sembianze di un “nuovo centrismo”, ancora una volta benedetto dal Vaticano, attorno a nomi come quelli di Monti, Casini e Montezemolo. Per Andrea Camilleri e Margherita Hack, il disastro-Italia non è imputabile all’Europa (non una parola, infatti, sulla catastrofe antidemocratica dell’Eurozona) ma al male endemico del Belpaese: la “casta”. Via d’uscita: una lista civica di salvezza nazionale che, alle elezioni della primavera 2013, promuova una “riforma istituzionale” che spazzi via tutto il marcio che ha indebolito il paese. E’ l’appello che Camilleri e la Hack rivolgono ai giovani attraverso “Micromega”. Con loro il direttore della rivista, Paolo Flores d’Arcais, nonché Adriano Prosperi, Mario Alighiero Manacorda e Barbara Spinelli.