Archivio del Tag ‘Vaticano’
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Magaldi: ma il crocifisso a scuola è solo ciarpame fascista
Macché “radici cristiane”: chi vuole il crocifisso nelle scuole «non difende il cristianesimo, ma solo i patti di potere stipulati negli anni Venti da Mussolini per stabilire un’egemonia culturale clerico-fascista sulle nuove generazioni, agendo sulla scuola e sull’educazione». Il massone progressista Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si schiera col neo-ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, che ha messo in dubbio l’opportunità di esporre i crocifissi nelle aule scolastiche. «In Francia, in Belgio e in Germania (con l’eccezione della Baviera) non c’è nessun crocifisso nelle scuole e nei tribunali», ricorda. «E’ una conferma della vera natura della cività occidentale, cui si deve la conquista storica della libertà di religione». Questa, da secoli, è la nostra vera identità: «Ciascuno è libero di professare anche collettivamente la propria fede, senza però che quest’ambito (privato) condizioni la sfera pubblica, che deve restare laica». In realtà, ricorda Magaldi, così era anche in Italia prima del fascismo: «Quella del crocifisso nei luoghi pubblici non è una tradizione secolare, ma un’innovazione introdotta da una legge fascista del 1924».Normativa anomala, quella dei Patti Lateranensi, poi entrata «vergognosamente» anche nella Costituzione del 1948, «grazie all’ipocrisia del leader comunista Togliatti», preoccupato di non allarmare il potere vaticano di allora. Il trascinarsi delle polemiche sull’uso e abuso del simbolo cristiano offre il destro a Magaldi, cattolico convinto, di mettere a fuoco il tema, fuor dagli equivoci, in una video-chat su YouTube con Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt. «Gli analfabeti di ritorno della nostra attuale classe politica, quelli che ogni giorno alimentano l’allarmismo gratuito sul presunto neofascismo di oggi, magari non sanno che, se difendono il crocifisso nelle scuole, non fanno che confermare una scelta imposta da Mussolini». Lo Stato laico e liberale pre-fascista, infatti, non prevedeva l’esposizione in aula del simbolo cristiano. Sicchè, «chi proclama di voler difendere la nostra identità culturale, in realtà dimostra di non conoscere né la nostra storia né la nostra tradizione».Tra gli ipocriti, Magaldi include anche il premier Giuseppe Conte: «Si dice pronto, da cattolico, a garantire “libertà di coscienza” ai medici messi di fronte al drammatico problema dell’eutanasia, eppure è lo stesso Conte che solo ieri rinfacciava a Salvini l’esibizione del crocifisso nei comizi e l’evocazione della “Vergine Maria”». I crocifissi nelle scuole e negli altri edifici pubblici «non appartengono alla tradizione cattolica», ribadisce Magaldi: «Sono stati imposti con leggi del 1924-28 come parte di quel connubio clerico-fascista che rappresenta uno dei momenti più bassi dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia». Massone progressista, Magaldi confessa di aver aderito al cattolicesimo in mondo consapevole, in età adulta. Un’adesione matura e pienamente libera: eppure, ricorda, «la libertà di religione è stata conculcata, per secoli, dalle stesse religioni», che perseguitavano i seguaci di altre fedi. «Non ce l’ha portata lo Spirito Santo, la libertà di culto: l’hanno garantita, semmai, le avanguardie laiche e massoniche che hanno costruito il mondo contemporaneo, che tutela culture diverse».Ecco perché oggi, per la festa di San Petronio, «ha fatto benissimo la curia di Bologna a predisporre, nel menù della popolare sagra gastronomica, anche agnolotti con ripieno a base di pollo, per chi avesse problemi con la carne di maiale». Anche di polemiche sugli agnolotti, infatti, si nutre il gossip politico del 2019. Non che sia scomparsa la mortadella, dai tortellini di San Petronio: la notizia (falsa) è stata veicolata da estremisti. Per Magaldi, «si è trattato di un fraintendimento velenoso e stupido, visto che il ripieno di maiale resterà largamente maggioritario, a Bologna». Gli agnolotti al pollo, semmai, potranno avvicinare alla festa cattolica anche altre culture. Magaldi punta il dito contro «l’ateismo devoto e il tradizionalismo integralista reazionario» di chi contesta l’arcivescovo bolognese Matteo Maria Zuppi, presto cardinale, «esemplare interprete del rinnovamento e delle aperture inclusive intraprese dalla Chiesa di Papa Francesco», nel solco tracciato da prelati come monsignor Vicenzo Paglia, in uno sguardo ecumenico anticipato dalla Comunità di Sant’Egidio e dal dialogo interreligioso intrapreso ad Assisi da un Papa come Wojtyla.«Sulla laicità dello Stato comunque non si scherza», sottolinea Magaldi, ricordando l’islamico Abe Smith che nel 2003 intentò una causa contro lo Stato per rimuovere i crocifissi dai luoghi pubblici. «Non lo faceva in modo laico, ma con una motivazione di parte, islamico-integralista: era offeso dalla presenza dei segni di una religione diversa dalla sua». In seno alla stessa Cei, oggi c’è chi cita il recente monito di un imam: «Non dovete togliere i crocifissi dalle scuole – avrebbe detto il religioso musulmano – perché questo significherebbe abdicare alla vostra tradizione». Appunto, replica Magaldi: «In quel mondo islamico, che non ha ancora conosciuto la laicità, la distinzione tra legge civile laica e legge religiosa (dove infatti la “sharìa” è una commistione teocratica) non ci si capacita di come si possa essere contemporaneamente cristiani e laici». La nostra identità sarebbe messa in pericolo da culture altre? «La nostra tradizione non sta nel fatto di essere cristiani o ebrei: la tradizione occidentale – insiste Magaldi – è quella che stabilisce la laicità dello Stato e la possibilità per tutte le religioni di esprimersi e di essere coltivare dai fedeli, distinguendo però sempre tra la sfera religiosa (che è privata) e la sfera civile e laica (che è pubblica)».E’ la democrazia, la sovranità del popolo, a caratterizzare la civiltà occidentale, ribadisce Magaldi. Cattolico, ma non ipocrita: «Il cristianesimo – riconosce – è stato anche compagno di strada del fascismo e di situazioni pre-moderne con visioni teocratiche della società che nulla hanno da invidiare alle attuali teocrazie islamiche». Dopo l’Illuminismo e le rivoluzioni liberali del Settecento, si è affermato un cristianesimo più aperto, «declinato anche da massoni», che stabilisce «l’importanza e la salvaguardia della religione e della libertà di coscienza, distinguendo l’ambito religioso da quello civile». Chi oggi fa le barricate per i crocifissi nelle aule «è gente che non conosce la storia: parla di tradizioni ma non conosce le proprie». In particolare, «non conosce il retaggio da cui veniamo, e non sa nemmeno perché oggi si può parlare di libertà». Vittorio Sgarbi difende il simbolo del Cristo, come “Dio che si fa uomo” e indica agli uomini la via per il loro riscatto? «Giusto, ma senza scordare che, storicamente, il cristianesimo ha usato il simbolo del Cristo anche per fare i roghi, le persecuzioni, le inquisizioni e le peggiori nefandezze», sottolinea Magaldi: «Negli anni Venti, i fascisti e i clericali dell’Oltretevere non hanno messo il croficisso nelle scuole per significare quello che dice Sgarbi, ma per stabilire un’egemonia politica sui giovani».Macché “radici cristiane”: chi vuole il crocifisso nelle scuole «non difende il cristianesimo, ma solo i patti di potere stipulati negli anni Venti da Mussolini per stabilire un’egemonia culturale clerico-fascista sulle nuove generazioni, agendo sulla scuola e sull’educazione». Il massone progressista Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si schiera col neo-ministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti, che ha messo in dubbio l’opportunità di esporre i crocifissi nelle aule scolastiche. «In Francia, in Belgio e in Germania (con l’eccezione della Baviera) non c’è nessun crocifisso nelle scuole e nei tribunali», ricorda. «E’ una conferma della vera natura della civiltà occidentale, cui si deve la conquista storica della libertà di religione». Questa, da secoli, è la nostra vera identità: «Ciascuno è libero di professare anche collettivamente la propria fede, senza però che quest’ambito (privato) condizioni la sfera pubblica, che deve restare laica». In realtà, ricorda Magaldi, così era anche in Italia prima del fascismo: «Quella del crocifisso nei luoghi pubblici non è una tradizione secolare, ma un’innovazione introdotta da una legge fascista del 1924».
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Veneziani: non è col sovranismo che si sconfigge il Mostro
Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?Sapete che vuol dire governare l’Italia, e sapete che vuol dire farlo avendo il mondo contro, i potentati veri, i media, Papi, i giudici d’assalto, i presidenti e i tecnocrati, le classi dominanti europee? Nessuno pensa che all’opposizione si possa disporre di mezzi e risorse adeguate ad affrontare una sfida così grande; si sa che c’è uno squilibrio clamoroso, che parliamo di Davide contro Golia, con l’unica forza che ci sono milioni di Davide a tendere la fionda del medesimo puntata contro il gigante. Ma si può costruire una credibile alternativa ai poteri armati e accessoriati solo con la biblica fionda e il tifo intorno? Può bastare l’uso dei social per combattere una vera battaglia di civiltà? Si può far rinascere un paese, rifondare una nazione sovrana con qualche palliativo, qualche piccola battaglia simbolica e poi nient’altro? No, non può bastare.Sì, qualcosa magari c’è, qualche buon amministratore locale, qualcuno che se la cava, qualche faccia credibile e rispettabile. Ma poi basta, il vuoto; nessuna classe dirigente, nessuna struttura, nessun quartier generale, nessuna vera strategia oltre la solita tattica elettorale più contorno di sondaggi. Il deserto, e gli slogan nel deserto. Non tornerò a ripeterlo, magari lo scriverò una volta su “La Verità” o su “Panorama”; per ora lo dico solo a voi, amici della pagina. Non mi va di far la cassandra; e poi, se consideri chi c’è al potere, chi abita il Palazzo, tutti gli altri se, ma, boh, finiscono in un angolo; non puoi perder tempo a “sottilizzare” sulla reale consistenza di quell’alternativa se hai la certezza che quel potere fa male. Ma ogni tanto, a bassa voce, in un orecchio, diciamocelo pure noi. Non bastano due facce, quattro slogan e tanta rabbia per costruire una seria alternativa di governo. Ce lo siamo detti, non ce lo ripeteremo. Ma dovevamo dircelo, senza ipocrisia. Con la speranza di sbagliarci o di vederla noi troppo negativamente.(Marcello Veneziani, “Detto tra noi”, da “La Verità” del 21 settembre 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?
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Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?
Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».
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Carotenuto: ho paura, chi pilota il Conte-2 è capace di tutto
«Spero sinceramente che duri poco, perché di questo governo c’è da aver paura: il Conte-bis è un esecutivo pericolosissimo». Lo afferma Fausto Carotenuto, già analista strategico dei servizi segreti, autore di una singolare ritratto di Giuseppe Conte: «E’ sorretto dallo stesso potentissimo network vaticano che gestiva lo strapotere di Andreotti, a cominciare dal cardinale Achille Silvestrini». Ora siamo nei guai, dice Carotenuto in un video su YouTube, perché a Conte si aggiungono personaggi temibili come l’euro-tecnocrate Roberto Gualtieri, che Bruxelles ha fatto sistemare direttamente al ministero dell’economia. Senza contare Paolo Gentiloni, come Conte in strettissimi rapporti col Vaticano, ora promosso alla Commissione Ue, e lo stesso David Sassoli, eletto presidente del Parlamento Europeo. Gentiloni e Sassoli, ovvero: il Pd, i grandi media, il Vaticano e l’europeismo oligarchico. Questo significa che l’Italia, dopo l’effimera sbornia gialloverde, è oggi una cinghia di trasmissione perfetta per il super-potere europeo: «Aspettiamoci di tutto», dice Carotenuto, perché i signori dell’eurocrazia, magari in cambio di qualche piccola concessione sul bilancio, «potranno prendere decisioni inimmaginabili e terribili, per tutti noi».
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Grillopardi e mercenari franco-tedeschi governano l’Italia
Giuseppe Conte, l’uomo che visse due volte, la prima a destra, la seconda a sinistra, l’uomo che sussurrava alla Merkel le sue ricette per far fuori Matteo Salvini e aprire i porti, l’uomo mai votato da nessuno, se non dalle cancellerie europeiste e globaliste, e dalla massoneria vaticana, lavorava da tempo alla riammissione della prodiga Italia a pieno titolo tra i paesi europeisti. Le trame del novello Andreotti sono state candidamente rivelate dal ministro all’agricoltura Teresa Bellanova, quando ha detto apertamente chez madame Gruber che l’accordo tra 5S e Dem è stato tessuto a Bruxelles per «dare a questo paese un presidente della Repubblica che non sia ostile all’Europa». Una gigantesca operazione di trasformismo ad opera di due partiti che si sono odiati fino al giorno prima, e si ritrovano in un governo dove il presidente del Consiglio è lo stesso del governo precedente, ma che dice che sarà in discontinuità con se stesso. Non solo per scongiurare le politiche “razziste e fasciste” della Lega, quanto per poter manovrare la prossima elezione del presidente della Repubblica, in programma per il 2022, l’anno in cui scadrà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale.Nulla di particolarmente oscuro quindi, visto che al ribaltone hanno partecipato i Dem, augurandosi di poter conquistare lo scranno del Colle, cui non potrebbero certo rinunciare per quel diritto egemonico di appartenenza al sistema di potere cattocomunista erede della Resistenza, che però strada facendo ha perso di vista le istanze popolari e si è sempre più asservito agli interessi oligarchici della finanza apolide. La fine del governo gialloverde è stata segnata da accordi segreti presi in Europa da Giuseppe Conte, che appare sempre più chiaramente un emissario della massoneria vaticana, la crisi infatti è letteralmente esplosa con il cosiddetto Russiagate, quando contro Salvini si è prontamente scatenata al momento opportuno la stampa mainstream, dall’“Espresso” al “Fatto Quotidiano”. Ha fatto male Salvini a negare il tutto, ma restano oscure le dinamiche ed appare risibile il fatto che la tangente avrebbe dovuto passare per Eni, che è controllata dal Pd di Renzi. E comunque l’avvocato democristiano venuto dal nulla, indicato da Grillo e stimato da De Mita nonché dal Vaticano, alla nascita del governo gialloverde aveva tenuto per sé la delega ai servizi (Aise, Aisi e Dis), che negli esecutivi precedenti (Renzi e Gentiloni) era stata affidata come di consueto al ministro dell’interno (Minniti).Probabilmente gli azionisti occulti del governo gialloverde non si fidavano di Salvini e non intendevano lasciare nelle sue mani l’arma dell’intelligence. Questo spiegherebbe anche l’intransigenza di Salvini nel voler liquidare ad ogni costo l’avvocato venuto in apparenza dal nulla, ma in realtà solidamente pilotato dai veri responsabili della crisi, pronti a schierare i grillini con la Merkel per far eleggere Ursula von del Leyen alla Commissione Ue, contro Salvini e contro gli interessi nazionali italiani. Il nuovo governo giallorosso è nato quindi in Europa, ben prima delle elezioni europee, che hanno solo drasticamente rimarcato l’ascesa inarrestabile della Lega e la vorticosa perdita di consensi del M5S. Trattative che portarono allo scambio tra David Sassoli e Fabio M. Castaldo e all’elezione, per soli 9 voti dei 5S, di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue, già membro della Cdu, e ministra per vari portafogli in tutti i governi presieduti da Angela Merkel. Una Commissione che è il risultato dell’alleanza obbligata di quei partiti che hanno visto ridursi notevolmente i loro consensi, così come è avvenuto per il ribaltone italiano.Infatti proprio le europee hanno registrato la tenuta del Partito popolare, la crescita dei sovranisti (pur divisi tra di loro), il boom del Brexit Party, e la virata a destra di molte correnti interne ai moderati, ma in pratica non hanno sortito alcuna novità se non quella di conservare l’Ue nelle mani del Ppe, più i socialisti di Pse, con l’appoggio dei liberali di Alde e i conservatori di Ecr. La spartizione delle deleghe nella Commissione di Ursula Von der Leyen è stato solo un tragico tentativo di serrare le file per scongiurare ogni forma di cambiamento. L’asse franco-tedesco non avrebbe certo permesso che la trasformazione dell’Italia a paese più euroscettico dell’Ue potesse proseguire oltre, i rischi sarebbero stati troppo consistenti per gli oligarchi mondialisti, interessati a scongiurare ogni tentativo di resistenza nei confronti della demolizione degli Dtati nazionali, ultimo baluardo democratico contro lo strapotere elitario che tutela i poteri forti a scapito dei popoli. Unica soluzione il superamento degli Stati nazionali, la cancellazione delle frontiere e la moneta unica.In particolare si sta cercando di realizzare un sistema giuridico sovranazionale al quale gli Stati-nazione democratici sono chiamati a sottomettersi, un modo simulato per esautorare le democrazie nazionali sostituendole con una non-democrazia sovranazionale. Quindi non può esistere nessun potere dei popoli in Eurozona, visto che governano i capitali, che trovano qui i più compiacenti paradisi fiscali. Le masse, come strumenti di produzione di potere e ricchezza per le oligarchie, ormai sono divenute superflue, ridondanti ed eliminabili (Marco Della Luna). Esiste anche la possibilità tecnologica di gestirle come mandrie al pascolo, ridotte completamente a strumento, merce, file formattabile, usa e getta. E intanto in Italia il Conte Zio, proveniente dai corridoi vaticani (Silvestrini, Parolin), si è rivelato il grimaldello che doveva far saltare il governo giallo verde, un breve intermezzo durato appena 14 mesi, una parvenza di sovranismo, marcato stretto dal Quirinale e dal sistema europeista, poi tutto è tornato come prima, nessuna volontà di cambiamento, archiviato in fretta il populismo, asfaltato rapidamente il sovranismo.Ha vinto il CamaleConte democristiano, duttile, multitasking e paraculista, servitore di mille padroni, esponente occulto del partito-sistema, il partito-apparato, il partito-deepstate, il partito di Mafia Capitale, quello del Jobs Act, di Mps, del prelievo forzoso agli obbligazionisti, della Pessima Scuola… previo naturalmente bacio della morte all’Ue col voto a Ursula, ed endorsement internazionali di tutto il gotha neoliberista globalizzato: Merkel, Macron, Vaticano, Trump. Da trent’anni il Deep State, il Potere Profondo, il Sistema, ha sempre avuto la meglio. L’Europa franco-tedesca si è compattata con il recente patto di Aquisgrana proprio per contrastare e schiacciare i tanti nazionalismi sorti in Europa.Mentre i grillopardi, sostenuti da numerosi androidi fanatizzati e autoproclamatisi dei missionari della San Francesco Associati, finti giacobini di una finta rivoluzione, che vivono di pane amore e sacrificio per il bene dell’Italia, ora l’hanno svenduta ai poteri forti italiani ed europei, che possono tornare speditamente all’assalto del benessere degli italiani. Il Sì di Rousseau fa volare MpS a +13%, e le Ong tornano all’assalto dei porti aperti. I simulacri di Philip Dick vivono tra noi…(Rosanna Spadini, “I mercenari del trasformismo vivono tra noi”, da “Come Don Chisciotte” del 15 settembre 2019).Giuseppe Conte, l’uomo che visse due volte, la prima a destra, la seconda a sinistra, l’uomo che sussurrava alla Merkel le sue ricette per far fuori Matteo Salvini e aprire i porti, l’uomo mai votato da nessuno, se non dalle cancellerie europeiste e globaliste, e dalla massoneria vaticana, lavorava da tempo alla riammissione della prodiga Italia a pieno titolo tra i paesi europeisti. Le trame del novello Andreotti sono state candidamente rivelate dal ministro all’agricoltura Teresa Bellanova, quando ha detto apertamente chez madame Gruber che l’accordo tra 5S e Dem è stato tessuto a Bruxelles per «dare a questo paese un presidente della Repubblica che non sia ostile all’Europa». Una gigantesca operazione di trasformismo ad opera di due partiti che si sono odiati fino al giorno prima, e si ritrovano in un governo dove il presidente del Consiglio è lo stesso del governo precedente, ma che dice che sarà in discontinuità con se stesso. Non solo per scongiurare le politiche “razziste e fasciste” della Lega, quanto per poter manovrare la prossima elezione del presidente della Repubblica, in programma per il 2022, l’anno in cui scadrà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale.
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L’Ultima Fregatura, nuovo film di Renzi nella caverna-Italia
Sarà contento, il travaglismo nazionale, di aver tolto a Salvini le chiavi del governo per riconsegnarle a Renzi. Era il IV secolo avanti Cristo quando Platone inventò il cinema, con il Mito della Caverna: quella disegnata sulla parete non è la realtà, sono solo le ombre proiettate dal fuoco. Il mondo vero, tridimensionale, è là fuori: ad andare in scena nella grotta è un semplice spettacolo. Si può cadere in errore, certo. Dipende anche dal talento del proiezionista. Il Mago di Rignano, ad esempio, ne ha da vendere: superò il 40% dei suffragi dopo aver elargito la mancia degli 80 euro, brillando nell’arte cabarettistica in cui si sarebbe cimentato Di Maio. Poco dopo, nell’estate 2016, dal cinema si passò al teatro: uno spettacolare vertice con la Merkel e Hollande, sul ponte della portaerei Garibaldi al largo di Ventonene, per celebrare la farsa dell’unità europea evocando abusivamente il fantasma di Altiero Spinelli, padre del federalismo europeo del Novecento. Un pretesto altamente scenografico, con una missione illusionistica: spacciare per Europa Unita l’aborto dell’attuale Disunione Europea, di cui l’Italia – da Renzi a Conte – si candida a restare servitrice sottomessa e depredabile.
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Prima i migranti: così Pd e Leu suicideranno il Conte-bis
Se la sinistra è crollata nei consensi negli ultimi anni non è perché Renzi è antipatico, come vogliono far credere i suoi nemici nel Pd e quanti li sostengono. I dem sono precipitati perché nei sette anni in cui hanno governato si sono fatti travolgere dalla crisi economica e dall’invasione degli immigrati. Anziché provare a gestire le due questioni, la sinistra si è consegnata all’Europa, dalla quale si è fatta dirigere. Naturalmente, gli Stati Ue che contano, Germania e Francia, hanno pensato ai propri interessi e non ai nostri; quindi, da una parte hanno salvato le loro banche, lasciando fallire quelle italiane e girando il conto ai risparmiatori truffati, dall’altra ci hanno abbandonati nella gestione dei profughi, arrivando perfino a sospendere il Trattato di Schenghen affinché nessun migrante potesse uscire dal Bel Paese. Questo ha fatto sì che in Italia montasse un profondo risentimento verso le classi dirigenti della sinistra, genericamente ed erroneamente definito odio anti-casta. Era più semplicemente la sensazione di inadeguatezza e distanza dalla realtà che la sinistra ha ha suscitato nei cittadini, i quali hanno cominciato a realizzare che i governi dem avevano arricchito i ricchi e lasciato indietro tutti gli altri, dando in più la sensazione di occuparsi più dei poveri immigrati che dei poveri italiani, che intanto aumentavano.Le persone erano terrorizzate dalla crisi, dalla mancanza di lavoro e dall’enorme flusso di disperati dal mare e la sinistra provava a convincerle che gli immigrati fossero delle risorse e ci avrebbero salvato e che gli arrivi non fossero arginabili. Come a dire: meglio gli africani di voi. Inevitabilmente il 4 marzo 2018 gli elettori hanno punito il Pd votando M5S per bocciare la casta e tornare allo Stato assistenziale e Lega per fermare gli immigrati e avere meno tasse. Subito si è capito che i grillini non erano all’altezza del compito e pertanto i consensi si sono spostati su Salvini. Matteo ha avuto il merito di scegliere per sé il ministero dell’Interno e di imbroccare la politica migratoria, riducendo sbarchi e morti in mare, combattendo Ong e scafisti e dando la sensazione che al governo ci fosse finalmente qualcuno intenzionato a fermare gli ingressi di clandestini. Pd e Leu non hanno capito la lezione e per 14 mesi hanno insultato il leader leghista, dandogli del razzista, mentre l’89% degli italiani ne condivide la linea. Una volta tornata al governo nel modo in cui tutti sappiamo, la sinistra ha iniziato a ripetere gli errori che l’hanno affossata.Zingaretti, Veltroni, Bersani e Letta hanno dichiarato di voler aprire tutti i porti, introdurre lo ius soli e riavviare la macchina dell’accoglienza che piace alla Chiesa, alle Ong e alle cooperative che fanno affari con i migranti, nonché agli scafisti. A parole il Pd riconosce – e come potrebbe fare diversamente? – che la sua gestione dell’immigrazione è stata un fallimento. Però, anziché scusarsi e farsi umilmente da parte, la sinistra la rivendica nuovamente per sé, per di più con arroganza. L’effetto immediato è stato che la Lega, dopo un piccolo calo dovuto alla difficoltà di Salvini nello spiegare perché era uscito dal governo senza riuscire a ottenere nuove elezioni, è risalita nei sondaggi. Prevedibile: non c’è come lasciar governare M5S e Pd per suscitare nei più la nostalgia per il leader leghista. Delirante la proposta dell’ex premier Enrico Letta, quello che ha trasformato Lampedusa in un campo profughi a cielo aperto. Egli auspica di sottoscrivere, proprio sull’isola simbolo dell’abbandono dell’Italia da parte della Ue, un trattato europeo per la distribuzione degli arrivi.Il prode piddino non si preoccupa di arginare il flusso di arrivi, creare le condizioni perché gli africani non abbandonino e lascino morire il loro continente, che è grande tre volte l’Europa, e ospitare, come fanno tutte le nazioni civili, solo una quota selezionata di immigrati l’anno, quella necessaria all’economia degli Stati. No; lui è impegnato a lanciare un nuovo spot delle frontiere aperte a tutti i disgraziati del mondo: «Venite in Europa, in qualche modo vi distribuiamo tutti, un po’di qua, un po’di là». Enrico sta sereno dopo la sua pensata, ma lui ci è abituato. Noi no, e non vorremmo lasciare il posto a qualcun altro come ha fatto lui. Dopo anni di studi e lezioni a Parigi, Letta si sente non più pisano, ma international. Si è anche scagliato contro la Commissione per la Difesa dello stile di vita europeo, voluta dalla Von der Leyen. «Questo proprio no», ha twittato come fosse il demonio. Ma senza uno stile di vita, e quindi una cultura comune, l’Europa resterà sempre un’unione economica di Paesi sull’orlo del fallimento che si fanno concorrenza tra loro mentre il resto del mondo fa i soldi. Con il più forte che picchia il più debole. Imbevuti di multiculturalismo, Letta e il Pd queste cose non le capiscono più. Sognano un’Europa dalle frontiere ininterrottamente aperte e senza identità, dove tutti sono diversi e quindi uguali. Stanno facendo i conti senza l’oste: le persone non vogliono questo, e i primi a non votarli sono proprio gli extracomunitari riusciti a diventare cittadini.(Pietro Senaldi, “Pd e Leu si suicidano sui migranti”, da “Libero” del 14 settembre 2019).Se la sinistra è crollata nei consensi negli ultimi anni non è perché Renzi è antipatico, come vogliono far credere i suoi nemici nel Pd e quanti li sostengono. I dem sono precipitati perché nei sette anni in cui hanno governato si sono fatti travolgere dalla crisi economica e dall’invasione degli immigrati. Anziché provare a gestire le due questioni, la sinistra si è consegnata all’Europa, dalla quale si è fatta dirigere. Naturalmente, gli Stati Ue che contano, Germania e Francia, hanno pensato ai propri interessi e non ai nostri; quindi, da una parte hanno salvato le loro banche, lasciando fallire quelle italiane e girando il conto ai risparmiatori truffati, dall’altra ci hanno abbandonati nella gestione dei profughi, arrivando perfino a sospendere il Trattato di Schenghen affinché nessun migrante potesse uscire dal Bel Paese. Questo ha fatto sì che in Italia montasse un profondo risentimento verso le classi dirigenti della sinistra, genericamente ed erroneamente definito odio anti-casta. Era più semplicemente la sensazione di inadeguatezza e distanza dalla realtà che la sinistra ha ha suscitato nei cittadini, i quali hanno cominciato a realizzare che i governi dem avevano arricchito i ricchi e lasciato indietro tutti gli altri, dando in più la sensazione di occuparsi più dei poveri immigrati che dei poveri italiani, che intanto aumentavano.
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Sapelli: Ursula e Macron affondano l’Italia, complice Renzi
Luna di miele con l’Europa? Per nulla. Anzitutto, l’Europa è di nuovo un protettorato tedesco, che ha un formidabile alleato come la Francia. È il duopolio scritto nel Trattato di Aquisgrana. E il prossimo passo sarà che la Francia farà il trattato italo-francese, già scritto da Renzi sotto dettatura di Macron e sulla cui bozza non abbiamo ancora assistito ad alcun dibattito parlamentare, in base al quale la Francia si piglierà tutto. Basta vedere chi è la nuova commissaria all’industria militare, alla difesa e all’industria spaziale: la francese Goulard, che ha già lavorato con Monti e con Prodi. Però la partita è ancora aperta, perché gli italiani, durante il governo gialloverde, hanno concluso un accordo per il caccia Tempest inglese, che è un attacco al predominio franco-tedesco nell’industria degli armamenti. Non so se il Conte-2 terrà ancora duro su questo punto. La nuova Commissione Ue ci tratterà meglio? No, perché, Ursula von der Leyen non è solo la mamma di sette figli, di cui uno siriano adottato, ma è soprattutto la figlia del più grande intellettuale protestante, Ernst Albrecht, il primo segretario generale dell’Ue. Quindi è senz’altro europeista, ma è figlia di quel protestantesimo che ha visto nell’Europa la possibilità di riscattarsi dal nazismo. E’ una persona che prende sul serio l’ordoliberismo, di cui sono un convinto avversario.
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Carpeoro: Draghi a Palazzo Chigi e poi Prodi al Quirinale
«Ancora state a sentire quel che dicono i politici? Prendete i 5 Stelle: non si erano presentati come quelli che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno? E se io mi presentassi come Brigitte Bardot, sarei credibile?». Come dire: è peggio il politico cialtrone o l’elettore che gli crede? Con il consueto gusto per il paradosso, Gianfranco Carpeoro regala fotogrammi personalissimi di quest’Italia scassata e tragicomica: «Potremmo trovarci Mario Draghi a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale. Servirà una buona dose di bicarbonato». Massone, saggista, attento osservatore dei retroscena del potere, Carpeoro conferma le sue previsioni: il Conte-bis «durerà appena 90 giorni, al più tardi andrà a casa a gennaio». Magari per “merito” di Matteo Renzi, sponsor del governo giallorosso al 50% con Beppe Grillo, che ha spinto i suoi parlamentari tra le braccia del vituperatissimo Pd. E’ serio, tutto questo? Forse no, però resta un fatto: questa è la minestra che passa il convento. «E Renzi è stato ancora una volta il più lesto ad approfittarne, anche se Salvini aveva comunque preparato a tavolino la caduta dell’esecutivo gialloverde, d’intesa con Zingaretti».Constatazioni a margine: una volta di più – dice Carpeoro, in video-chat su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – bisogna ammettere che Renzi «è un autentico fuoriclasse, nell’arte politica di fregare il prossimo». E’ riuscito a tagliare le gambe a Zingaretti mantenendo il controllo dei parlamentari Pd, ma anche a costringere i 5 Stelle al matrimonio d’interesse con l’odiato “partito di Bibbiano”, oltre a che ad allontanare le elezioni anticipate per le quali scalpitava Salvini. Ora sembra rimasto escluso dai giochi di potere per la conquista dei sottosegretari. Ma è solo apparenza, avverte Carpeoro: «Siete sicuri che volesse davvero metterci i suoi fedelissimi, in questi posti? Lui e la Boschi l’avevano detto subito: non ci sarebbero entrati, nel Conte-bis». Hanno un piano alternativo? «Probabile. Tra un po’, Renzi potrebbe staccarsi dal Pd e creare gruppi parlamentari autonomi». Un’eventuale accelerazione dell’instabilità non farebbe che dare consistenza alla “profezia” di Carpeoro: elezioni anticipate in primavera. E poi magari un bel governo tecnico, con Draghi al posto di Conte. Gran finale: Prodi al Quirinale dopo Mattarella? «Sicuramente Prodi ci spera». Ma lui e Draghi non sono la stessa cosa: «La finanza laica e la finanza cattolica restano aree di potere distinte, anche se poi magari a volte fanno le stesse cose».Su un punto, Carpeoro insiste: oltre a Grillo, decisivo per far convergere i pensastellati verso l’inciucio, il vero regista italiano del Conte-bis è Matteo Renzi. Ma non doveva essere ampiamente defunto? «Sia che si tratti di lui o di Berlusconi, o di chiunque altro sia al vertice, il vizio imperdonabile di molti italiani sta nella demonizzazione di chi comanda: l’uomo al governo viene sommerso di insulti». Col Cavaliere, prima ancora delle notti brave di Arcore, si parlò di maxi-tangenti inesistenti e persino di mafia. «Poi però s’è visto che tipo di ruolo fosse persino quello di Dell’Utri: in realtà Berlusconi fu minacciato, dalla mafia». A Craxi tirarono le monetine, mentre Renzi è stato denigrato in modo spietato. «Tutto questo – dice Carpeoro – perché non si voleva ammettere che avesse la stoffa del leader e che fosse arrivato ai vertici». Vizio italico: scatenare la macchina del fango, per negare l’evidenza. In controluce: debolezza politica del sistema. «Si ricorre all’insulto quando non si ha il coraggio di sfidare l’avversario sul terreno politico». Non che abbia ben governato, Renzi. Idem Berlusconi. Ma chi ha fatto loro la guerra, ora dov’è? I 5 Stelle sono a tavola col “partito della Boschi”. E il governo è appaltato allo sconosciuto Conte, amico di Macron e della Merkel più che degli italiani. Bel risultato, davvero.«Ancora state a sentire quel che dicono i politici? Prendete i 5 Stelle: non si erano presentati come quelli che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno? E se io mi presentassi come Brigitte Bardot, sarei credibile?». Come dire: è peggio il politico cialtrone o l’elettore che gli crede? Con il consueto gusto per il paradosso, Gianfranco Carpeoro regala fotogrammi personalissimi di quest’Italia scassata e tragicomica: «Potremmo trovarci Mario Draghi a Palazzo Chigi e Romano Prodi al Quirinale. Servirà una buona dose di bicarbonato». Massone, saggista, attento osservatore dei retroscena del potere, Carpeoro conferma le sue previsioni: il Conte-bis «durerà appena 90 giorni, al più tardi andrà a casa a gennaio». Magari per “merito” di Matteo Renzi, sponsor del governo giallorosso al 50% con Beppe Grillo, che ha spinto i suoi parlamentari tra le braccia del vituperatissimo Pd. E’ serio, tutto questo? Forse no, però resta un fatto: questa è la minestra che passa il convento. «E Renzi è stato ancora una volta il più lesto ad approfittarne, anche se Salvini aveva comunque preparato a tavolino la caduta dell’esecutivo gialloverde, d’intesa con Zingaretti».
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L’avvocato del diavolo: vinci se nessuno sa chi sei davvero
Vinco perché nessuno mi nota, nessuno mi vede mai arrivare: lo dice Al Pacino al giovane Keanu Reeves nel film “L’avvocato del diavolo”. Una parte che sembra attagliarsi bene a un attore come Giuseppe Conte, fino a ieri perfettamente sconosciuto. Ma il due volte premier, prima al servizio del sovranismo-populismo gialloverde e ora prediletto dall’Ue, non era l’avvocato del popolo? Tutto si tiene, se si rilegge la storia con le lenti della pellicola di Taylor Hackford, uscita nel ‘97: puoi fare bingo, se nessuno sa veramente chi sei. Quando lo scoprono è ormai troppo tardi: siedi già a Palazzo Chigi. Da lì obbedirai ai tuoi veri padrini. Dietro a Conte, sostiene Fausto Carotenuto (già analista strategico dei servizi segreti) c’è lo stesso potentissimo club vaticano sul quale poteva contare l’eterno Giulio Andreotti, ininterrottamente in sella per mezzo secolo. Altra stoffa, certo. Ma identici mandanti? «Conte può, come Di Maio, essere interprete ed esecutore di spartiti anche opposti», scrive il giornalista della “Stampa” Jacopo Iacoboni, nel libro “L’esecuzione”, edito da Laterza. «È un Di Maio 2.0 nel momento in cui Di Maio non viene creduto più». Del resto ne ha fatta, di strada, il devoto di Padre Pio. «Partito da Volturara Appula, a Roma ha costruito un network trasversale di relazioni che spazia tra il mondo dei giuristi-grand commis dello Stato e il Vaticano».
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Boat People: quando l’Italia andò a salvarli in capo mondo
Premessa importante: questa è Storia, non opinioni. Ho raccontato e raccolto testimonianze di fatti accaduti quarant’anni fa di cui oggi ricorre l’anniversario. Chiunque desideri fare parallelismi o “interpretarlo” lo fa di sua iniziativa, non mia. 30 aprile 1975: Saigon cade, e assieme a lei tutto il Vietnam del Sud. I comunisti si scatenano in un vortice di vendette verso militari e civili, instaurando un regime totalitario. Al loro arrivo un milione di persone viene prelevato per essere “rieducato”; sono sacerdoti, bonzi, religiosi, politici regionali, intellettuali, artisti, scrittori, studenti. A ogni angolo di strada spuntano “tribunali del popolo” in cui gli accusati non hanno diritto alla difesa, e a cui seguono esecuzioni sommarie. A migliaia vengono tolte case, beni, proprietà e vengono gettati nelle paludi, dette “Nuove Zone Economiche”, dove avrebbero dovuto creare fattorie e coltivazioni dal nulla. In realtà, li mandano a morire di fame. L’intero Vietnam del Sud diventa un grande gulag, dove accadono orrori simili a quelli della Kolyma di Stalin. Nel 1979, la popolazione cerca di scappare. Non possono farlo via terra, perché i paesi confinanti li respingono; l’unica opzione per intere famiglie consiste nel prendere barconi improvvisati e gettarsi in mare, lontano dai fucili e dai “tribunali del popolo”.Le immagini di questi disperati fanno il giro del mondo e dividono l’opinione pubblica mondiale, ancora divisa per ideologie pre-muro di Berlino. Il comunismo non può essere contestato né fare errori, sono «menzogne raccontate dai media che ingigantiscono la faccenda per strumentalizzarla». Mentre l’Occidente blatera, i rifugiati sui barconi scoprono di non poter sbarcare da nessuna parte. Vengono ribattezzati “boat people”, disperati con a disposizione due cucchiai d’acqua e due di riso secco al giorno che raccolgono l’acqua piovana coi teli di plastica e sono in balia di tempeste e crudeltà. Il governo della Malesia li rimorchia a terra per spennarli di tutti i loro averi, poi li rimette sulle barche dicendogli che stanno arrivando degli aiuti e li rimorchia in alto mare, dove taglia le funi e li abbandona a morire. A volte le tempeste tropicali li affondano, altre volte pescatori armati saltano a bordo e uccidono e stuprano finché sono stanchi, poi li abbandonano lì. A bordo c’è così tanta puzza da far svenire, e la fame è tale che ci sono episodi di cannibalismo. Navi occidentali si affiancano e gettano qualcosa da mangiare per fotografarli, poi se ne vanno.Intanto, l’Italia è un mondo diverso. Sono anni difficilissimi tra inflazione alle stelle, bombe e attentati, ma il neonato benessere è ancora troppo recente per far dimenticare agli italiani il loro passato di povertà, ruralità ed emigrazione. Quando le immagini dei boat people vengono rese pubbliche da Tiziano Terzani il 15 giugno 1979, invece di aggiungersi al dibattito globale di opinionisti e intellettuali impegnati a decidere se salvare dei profughi di un regime comunista sia un messaggio capitalista o no, Pertini capisce che ogni minuto conta, chiama Andreotti e dà ordine di recuperarli e portarli in Italia. Andreotti è presidente del Consiglio, ma è stato prima ministro della difesa. Quella che riceve è una richiesta folle, perché l’Italia non ha mai fatto missioni simili né per obiettivo né per distanza. Ora però il ministro della difesa è Ruffini, e dice che in teoria è fattibile. Insieme scelgono come braccio destro Giuseppe Zamberletti, uno che aveva già dimostrato un’estrema capacità organizzativa in situazioni di crisi, e si mettono a studiare il da farsi. Non sanno quanti sono, né in che zona precisa; sono fotografie sfocate in mezzo al nulla.Se il primo problema è il dove, subito dopo vengono tempo e lingua. Il mondo del 1979 non parla inglese, figurarsi il vietnamita. Anche gli interpreti scarseggiano e non c’è tempo di trovarli, però c’è la Chiesa. Andreotti domanda al Vaticano se ha a immediata disposizione preti vietnamiti e gli arrivano padre Domenico Vu-Van-Thien e padre Filippo Tran-Van-Hoai. Per un terzo interprete, i carabinieri piombano all’università di Trieste, scorrono i registri e reclutano sul posto uno studente, Domenico Nguyen-Hun-Phuoc. A quel punto, Ruffini può alzare il telefono. L’incrociatore Vittorio Veneto dell’ottavo gruppo navale è alla fonda a Tolone, in Francia, dopo aver finito la stagione. L’equipaggio di 500 uomini non vede l’ora di sbarcare per abbracciare le proprie famiglie, quando nelle mani del comandante Franco Mariotti arriva un cablogramma urgentissimo dall’ammiraglio di Divisione Sergio Agostinelli, a bordo dell’Andrea Doria. Ordina di tenere a bordo solo il personale addetto alle armi, poi di riadattare l’assetto della nave e salpare alla volta di La Spezia per riunirsi all’Andrea Doria per una missione di recupero. Quando capiscono di cosa si tratta, gli equipaggi si esaltano.Mariotti lascia a terra 350 uomini, che invece chiedono di restare a bordo per aiutare. Predispone 300 posti letto per donne e bambini su letti a castello nell’hangar a poppa, e 120 posti per gli uomini a prua. L’alloggio sottufficiali diventa un’estensione dell’infermeria, e sotto il ponte di volo viene adibita la zona d’aria. Servono almeno dieci bagni in più, ma ce la fa. Impiega cinque giorni a cambiare l’assetto, e solo al quarto giorno, prima di partire, ordina agli uomini di scendere a salutare le famiglie. Arrivano a La Spezia il 4 luglio, dove vengono caricati e istruiti medici, infermieri, interpreti, medicinali e vestiti. Il giorno dopo salpano alle 10 diretti verso il sud di Creta, dove si riuniscono con la nave logistica Stromboli, comandata dall’ammiraglio Sergio Agostinelli; in totale ci sono 450 posti letto sulla Vittorio Veneto, 270 sulla Doria e 112 sulla Stromboli. È un viaggio orrendo, nella stagione peggiore. Oltre al caldo mostruoso del Mar Rosso, i monsoni dell’Oceano Indiano portano il vento a forza 7. Onde lunghe e gigantesche che mettono a dura prova i 73.000 cavalli vapore degli incrociatori.Dopo 10 giorni di navigazione ininterrotta, il 18 luglio ormeggiano a Singapore e caricano le provviste supplementari, così da dare il tempo all’intelligence di fare “ricognizione informativa” e di improntare un piano. In quattro giorni parlano con l’ambasciatore della Malesia, con l’addetto della marina militare inglese, i portavoce di World Vision International e definiscono le zone da pattugliare. Le direttrici di fuga sono cinque: due verso Thailandia e Hong Kong, di scarso interesse perché passano per acque territoriali. Le altre tre sono di preminente interesse, cioè dall’estremo sud del Vietnam verso la Thailandia (costa occidentale del Golfo del Siam), verso Malesia e isole Anambas dell’Indonesia. Le ultime due sono le più probabili perché sono vicine alla piattaforma petrolifera della Esso, che per chi mastica poco il mare è l’unico polo di attrazione. Alle 10 del 25 luglio salpano alla volta del Mar Cinese Meridionale e Golfo del Siam. Durante la notte, va e viene un eco-radar. Il giorno dopo il mare è a forza 4 (esempio), e il ponte viene spazzato da raffiche di vento e acqua. Alle 8.15, con un coraggio notevole, l’Agusta Bell 212 si alza in volo per investigare le coordinate e localizza la prima barca alla deriva. È un catorcio di 25 metri carico fino all’inverosimile che sta colando a picco davanti alla piattaforma della Esso.L’Andrea Doria dà l’avanti tutta e arriva a prenderli alle 9.20, carica su un gommone interprete, medici, scorta e glielo manda incontro in mezzo alla burrasca che monta, raccomandandosi di rispettare norme di prevenzione e contagio. Il gommone si affianca e gli interpreti recitano un testo che hanno imparato a memoria. «Le navi vicine a voi sono della Marina Militare Italiana e sono venute per aiutarvi. Se volete potete imbarcarvi sulle navi italiane come rifugiati politici ed essere trasportati in Italia. Attenzione, le navi ci porteranno in Italia, ma non possono portarvi in altre nazioni e non possono rimorchiare le vostre barche. Se non volete imbarcarvi sulle navi italiane potete ricevere subito cibo, acqua e assistenza medica. Dite cosa volete e di cosa avete bisogno». Un’onda allontana il gommone, e una donna vietnamita, convinta che gli italiani li stiano abbandonando come tutti, gli lancia il proprio figlio a bordo. I marinai erano italiani del 1979, un mondo in cui non esistevano i social e queste scene non erano già state raccontate. A quella vista, impazziscono. Tutte le procedure per evitare contagi vengono infrante, e dallo scafo tirano fuori 66 uomini, 39 donne e 23 bambini.Teodoro Porcelli, all’epoca marinaio di vent’anni, è sul barcarizzo di dritta quando riconsegna il figlio alla madre. Lei per tutta risposta gli accarezza i capelli e si mette a piangere, poi portano insieme il bambino dal dottore. Sono i primi di tanti altri che arriveranno nei giorni successivi. A bordo degli incrociatori, gli uomini sgobbano come animali. Infermerie, lavanderie, forni e cucine lavorano senza sosta, coi panettieri che danno il turno e i cuochi che devono allestire 1000 pasti al giorno, di cui una doppia razione per i macchinisti che sono ridotti a pelle e ossa per a far andare le quattro caldaie Ansaldo-Foster Wheeler contro le onde, il tutto con temperature tropicali e navi tutt’altro che adatte. Medici e marinai devono stare attenti a 125 bambini che una volta nutriti corrono dovunque, ma ovviamente prediligono il ponte di volo. Il 31 luglio a bordo dell’Andrea Doria nasce un bambino che la madre battezza col nome di Andrea. Pasquale Marsicano lo avvolge con un vestitino di seta che doveva regalare a sua figlia. I vietnamiti più in salute vogliono essere d’aiuto e fare qualcosa, così vengono messi a fare i lavori del mozzo secondo il vecchio e famosissimo proverbio della Marina: “Pennello e pittura, carriera sicura”.Il 1° agosto a bordo delle navi non c’è più spazio fisico; hanno navigato per 2.640 miglia, esplorato 250.000 kmq di oceano e salvato 907 anime. L’ammiraglio dà ordine di tornare a casa, e il 21 agosto 1979 gli incrociatori entrano in bacino San Marco. Ad accoglierli c’è un oceano di gente, oltre a chi ha pianificato l’operazione fin dall’inizio: Andreotti, Ruffini, Zamberletti e Cossiga, che in seguito alla crisi di governo ha sostituito Andreotti. A bordo ci sono malattie anche tropicali e uomini malmessi, così a qualcuno viene in mente che Venezia, riguardo a importazioni di merci e uomini, qualcosina ne sa. Così, proprio come faceva la Serenissima novecento anni prima, i vietnamiti vengono messi in quarantena nel Lazzaretto vecchio e in quello nuovo. Quelli che non ci stanno vengono spediti in Friuli. Sono entrati così in simbiosi con l’equipaggio che a parte pianti, abbracci, baci e giuramenti, alcuni si rifiutano di scendere dalla nave chiedendo se possono arruolarsi.Alla fine ci sarà uno scambio di dichiarazioni tra vietnamiti ed equipaggio: «Ammiraglio, comandante, ufficiali, sottufficiali e marinai; grazie per averci salvati! Grazie a tutti coloro che con spirito cristiano si sono sacrificati per noi notte e giorno. Voi italiani avete un cuore molto buono; nessuno ci ha mai trattato così bene. Eravamo morti e per la vostra bontà siamo tornati a vivere. Questa mattina quando dal ponte di volo guardavamo le coste italiane una dolce brezza ci ha accarezzato il viso in segno di saluto e riempito di gioia il nostro cuore. Siete diversi dagli altri popoli; per voi esiste un prossimo che soffre e per questa causa vi siete sacrificati. Grazie». L’ammiraglio risponde da parac… da italiano: «Noi siamo dei militari; ci è stata affidata una missione e abbiamo cercato di eseguirla nel modo migliore. Siamo felici d’aver salvato voi e così tanti bambini e di portarvi nel nostro paese. L’Italia è una bella terra anche se gli italiani, a volte, hanno uno spirito irrequieto. Marco Polo andò con pochi uomini alla scoperta dell’Asia; voi venite in tanti nel nostro piccolo mondo. Sappiate conservare la libertà che avete ricevuto». Vengono creati campi d’accoglienza a Chioggia, Cesenatico e Asolo. Il popolo italiano si mobilita in massa; vengono raccolti 26.500.000 di lire tramite raccolta di abiti usati e altrettanto arriva tramite donazioni private.Arrivano offerte di lavoro e di abitazione, una famiglia si offre di costruire una casa alle famiglie, una ditta si offre di arredarla. Una scolaresca raccoglie i soldi per comprare un motorino e una macchina da cucire, i dipendenti della Banca Antoniana si tassano lo stipendio fino all’agosto del 1980, versando ogni mese i loro risparmi nel conto corrente della Caritas. I commercianti padovani inviano generi alimentari, molti ospitano i rifugiati nelle loro case ad Arsego, San Giorgio delle Pertiche, Fratte e Zugliano. Ruffini, ricordando la storia, dirà: «Potevo considerarmi soddisfatto della mia intera esperienza politica per il solo fatto di aver potuto contribuire alla salvezza di quei fratelli asiatici». I vietnamiti si integrano alla perfezione, diventano italiani o disperdendosi per l’Italia arrivando oggi alla terza generazione. Parecchi marinai prenderanno la medaglia di bronzo. Quarant’anni dopo, i marinai e i profughi hanno aperto un gruppo Facebook per ritrovarsi. State attenti ad aprirlo se avete la lacrima facile. «A tutti i marinai della “Stromboli”, noi vietnamiti vi siamo molto riconoscenti. Se non ci foste venuti in aiuto, noi ora non saremmo probabilmente vivi. Vi pensiamo spesso, ora che siamo qui al sicuro e ricordiamo quanto buoni e gentili siete stati con noi. Il vostro ricordo rimarrà sempre nel nostro cuore e anche se non ci vediamo più, noi vi penseremo che con affetto, riconoscenza e nostalgia. Grazie ancora!».(Nicolò Zuliani, “Quando negli anni ’80 la marina militare italiana riuscì a fare l’impossibile”, da “Termometro Politico” del 3 agosto 2019. Le foto presentate a corredo dell’articolo sono di Roberto Vivaldi).Premessa importante: questa è Storia, non opinioni. Ho raccontato e raccolto testimonianze di fatti accaduti quarant’anni fa di cui oggi ricorre l’anniversario. Chiunque desideri fare parallelismi o “interpretarlo” lo fa di sua iniziativa, non mia. 30 aprile 1975: Saigon cade, e assieme a lei tutto il Vietnam del Sud. I comunisti si scatenano in un vortice di vendette verso militari e civili, instaurando un regime totalitario. Al loro arrivo un milione di persone viene prelevato per essere “rieducato”; sono sacerdoti, bonzi, religiosi, politici regionali, intellettuali, artisti, scrittori, studenti. A ogni angolo di strada spuntano “tribunali del popolo” in cui gli accusati non hanno diritto alla difesa, e a cui seguono esecuzioni sommarie. A migliaia vengono tolte case, beni, proprietà e vengono gettati nelle paludi, dette “Nuove Zone Economiche”, dove avrebbero dovuto creare fattorie e coltivazioni dal nulla. In realtà, li mandano a morire di fame. L’intero Vietnam del Sud diventa un grande gulag, dove accadono orrori simili a quelli della Kolyma di Stalin. Nel 1979, la popolazione cerca di scappare. Non possono farlo via terra, perché i paesi confinanti li respingono; l’unica opzione per intere famiglie consiste nel prendere barconi improvvisati e gettarsi in mare, lontano dai fucili e dai “tribunali del popolo”.
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Menti raffinatissime: i poteri a cui Grillo ora svende l’Italia
“Fare la storia, cambiare l’Italia: occasione irripetibile”. Ogni volta che parte la supercazzola di Beppe Grillo, ci siamo: sta per succedere qualcosa di orrendo. Il segnale: basta che il padrone del Movimento 5 Stelle si metta a parlare come un rivoluzionario dei cartoni animati. Caricatura di se stesso solo in apparenza, l’infido Grillo: è il servitore decisivo del potere europeo, l’unico capace di ripristinare la totale sottomissione del Belpaese. Dopo l’ambigua e velleitaria sbornia gialloverde, che aveva illuso la Lega (e gli italiani) che le regole potessero davvero cambiare, è intervenuto l’uomo del Britannia: è stato l’ex comico a dare il via libera alla “soluzione finale”. Senza il suo intervento padronale, i valletti grillini – pur traumatizzati dall’incubo delle elezioni anticipate – non ce l’avrebbero fatta, a calare le brache fino al punto di arrendersi all’odiato Matteo Renzi, decretando in questo modo la morte politica del Movimento 5 Stelle. L’indecorosa trattativa è stata affidata a manovali recalcitranti come Di Maio e Zingaretti, che hanno finto di prendere sul serio l’imbarazzante prestanome Giuseppe Conte. Ma è evidente che a decidere è stato il Giglio Magico, che ha colto al volo l’assist – decisivo – del Mago di Genova.