Archivio del Tag ‘Usa’
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Sankara, l’eroe che denunciò l’impostura mondiale
Anche se per Leibniz il nostro è il migliore dei mondi possibili, viene il sospetto che non sia così facile immaginarne uno peggiore. Basta sfogliare i giornali: l’ambasciatore Usa che racconta a Washington come il governo di Roma si impegnò a insabbiare la verità sull’omicidio Calipari, la setta dei 9 super-banchieri che da Wall Street decidono la vita e la morte di governi, popoli e destini e, nel nostro piccolo, lo spettacolo offerto dal governo “ad personam” che, mentre organizza traslochi di parlamentari, discute su come limitare l’accesso alle manifestazioni di piazza, magari sbattendo in galera gli avversari. Servirebbe una rivoluzione, disse Mario Monicelli, un anno prima di suicidarsi. C’è chi la fece davvero, la rivoluzione, e neppure tanti anni fa. Osò sfidare il potere mondiale: e per questo fu puntualmente assassinato.
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L’ambasciatore: così Roma insabbiò la verità su Calipari
L’Impero colpisce ancora, anche se la conferma della notizia trapela con cinque anni di ritardo, grazie a Wikileaks: dopo aver assassinato Nicola Calipari a Baghdad mentre riportava a casa la giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena, gli americani ottennero la piena complicità del governo italiano per depistare le indagini e far sembrare un semplice incidente la tragica morte dello 007 del Sismi, ucciso il 4 marzo 2005 per “punire” l’Italia per aver osato trattare coi sequestratori iracheni, che proprio coi sequestri finanziavano la resistenza contro l’occupazione Usa. Roma promise a Washington che avrebbe insabbiato le inchieste: lo scriveva, in dispacci riservati ora pubblicati dal sito di Julian Assange, l’ambasciatore statunitense a Roma, Mel Sembler.
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La Cina spiazza gli Usa: sì a Kyoto, se firmate anche voi
Eppure qualcosa si muove a Cancun, la città messicana dove il vertice delle Nazioni unite sul clima è entrato nella fase decisiva, quella in cui intervengono i governi – il vero e proprio negoziato politico. Ed è la Cina che ha cambiato le carte in tavola: per la prima volta infatti si è detta disponibile a includere il proprio obiettivo (volontario) di riduzione delle emissioni di gas di serra in una risoluzione (vincolante) delle Nazioni unite, che significa anche sottoporlo a un meccanismo di verifica esterno. Sempre che, ha specificato capo negoziatore cinese Xie Zhenhua, gli Stati uniti si impegnino in modo vincolante a tagliare le proprie emissioni, e tutto questo rientri nel quadro di un accordo per estendere la validità del Protocollo di Kyoto oltre la sua scadenza del 2012.
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Noi, servi sciocchi dell’America che ci disprezza
Che Silvio Berlusconi fosse “fatuo, vanesio, incapace, politicamente e fisicamente debole” e soprattutto “inutile” non c’era bisogno che ce lo venissero a spiegare gli americani, lo avevamo capito persino noi. Non è questa la cosa saliente. Ciò che è grave è che di fronte a questi insulti sanguinosi rivolti al nostro presidente del Consiglio, il governo italiano non solo non abbia emesso un vagito, un raglio, non abbia fatto una piega, ma si sia affrettato a dichiarare per bocca del ministro degli Esteri, Franco Frattini, e del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che «i nostri rapporti con gli Stati Uniti sono ottimi», mentre lo stesso Berlusconi, a capo un po’ chino, accettava la classica e ipocrita pacca sulla spalla di una livida Hillary Clinton che lo gratificava come «il miglior amico dell’America».
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La Cina compra l’Europa, tra due anni supererà gli Usa
La Cina si prepara a “comprare” il Portogallo, assorbendone il debito. E’ la più spettacolare penetrazione finanziaria del gigante asiatico nel continente europeo quella annunciata dal presidente Hu Jintao, reduce da una visita di Stato a Lisbona a colloquio col premier José Socrates. La corsa cinese alla conquista dei mercati europei e internazionali prosegue: Pechino ha già comprato titoli di Stato spagnoli e avanzato un’offerta simile al governo greco, affermando di essere pronta ad acquistare il debito pubblico di Atene. Secondo il “Daily Telegraph”, fra due anni la Cina avrà superato gli Usa e sarà la prima potenza economica del mondo.
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Pollock e gli altri: finanziati dalla Cia, a loro insaputa
Quanti best seller, quanta parte del mercato delle idee, quante fortune artistiche sono innescate dalle leve e i guinzagli lunghi del potere, disposto per perpetuarsi a farsi perfino occasionalmente contestare? Pollock, Rothko e Motherwell non lo sapevano, ma la loro corrente fu sostenuta dall’intelligence americana negli anni ‘50 e ‘60. Lo rivela l’ex funzionario dell’agenzia Donald Jameson, che spiega anche il perché: bisognava rilanciare l’immagine degli Usa dopo il maccartismo. Un articolo comparso su “Repubblica” racconta in modo esemplare come funziona il “soft power” di un impero, ossia come si esercita l’egemonia attraverso l’uso di leve culturali lunghissime.
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Usa-Cina: un’altra guerra (mondiale) è possibile
Un altro mondo è possibile? Era lo slogan del movimento pacifista mondiale, quando si esponevano bandiere della pace ai balconi e i leader della sinistra scendevano in piazza alla testa dei cortei. Oggi, mentre muoiono altri militari italiani in Afghanistan, il silenzio è agghiacciante. Ma ciò che manca è soprattutto la capacità di prevedere lo scontro fra Occidente e la coppia Cindia-Brasile, tra Usa-Europa che non crescono più e i paesi emergenti la cui crescita sta esplodendo. Non c’è più spazio per tutti. La crisi del ’29 portò alla la Seconda Guerra Mondiale. E adesso? Giulietto Chiesa non ha dubbi: un’altra guerra è possibile. Anzi, quasi inevitabile. E non si vede strategia che la possa fermare.
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Afghanistan, ora la Nato si affida agli elicotteri russi
Quando comparve nei cieli afghani nel 1979 seminò il terrore: tra i “mujaheddin” ma anche tra gli osservatori Nato. Perché era il primo “carro armato volante” della storia, in grado di trasportare 8 fucilieri e soprattutto di incenerire colonne corazzate con una potenza di fuoco mai vista, razzi e missili che prima di allora erano installati solo sui “caccia”. Trent’anni dopo, l’elicottero Mi-24 Hind tornerà a solcare lo spazio aereo afghano. Secondo la Nato, è ancora oggi la macchina da guerra più adatta a quelle impervie vallate, specie se affidata al nuovo esercito di Kabul. L’Alleanza Atlantica ne sta trattando l’acquisto dalla Russia. Perplesso Mikhail Gorbaciov, che avverte: «L’unico modo per vincere, in Afghanistan, è andarsene subito».
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Missili salva-Obama? I rivali: no, ora basta guerre
E se l’America si ritirasse clamorosamente dai teatri di guerra disseminati nel mondo? Potrebbe succedere, per assurdo, se fra due anni cadesse la “colomba” Obama, come sembra annunciare il disastroso esito delle elezioni di medio termine. Solo una guerra, scrive il “Washington Post”, oggi potrebbe “salvare” il presidente che prometteva “Yes, we can” ed è stato invece travolto dalla propria inerzia di fronte alla catastrofica crisi ereditata da Bush. A puntare sulla pace oggi non è più Obama, ma i suoi rivali, i tradizionali “falchi” di ieri: proprio i leader emergenti dei repubblicani oggi sono gli unici, in America, a prospettare il ritiro immediato e unilaterale degli Stati Uniti da ogni guerra.
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Crisi, l’America impaurita non si fida più di Obama
Barack Obama incassa una dura sconfitta, ma evita una débacle irrimediabile: nelle elezioni di medio termine i democratici franano alla Camera ma conservano il Senato. Un rovescio che rientra nel tradizionale ciclo politico americano: andò peggio a Reagan, Clinton e Bush, che a metà legislatura persero entrambi i rami del Parlamento. Ma i precedenti storici non bastano ad evitare lo choc, scrive Federico Rampini su “Repubblica”, perché alla Camera le dimensioni dell’avanzata repubblicana sono travolgenti: è il più grosso ribaltamento dei rapporti di forze dal 1948. «In due anni – rileva Rampini – Obama sembra avere dilapidato gran parte del patrimonio di consensi, l’aureola di carisma, l’alone di speranza che avevano circondato la sua vittoria nel 2008».
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L’ultima vergogna: assassinare Tareq Aziz
«We live in a political world», cantava Bob Dylan nel fatidico 1989, con una desolata amarezza che sembrava già spegnere, profeticamente, gli entusiasmi universali per la nuova era in arrivo: l’inedita, rivoluzionaria governance mondiale Usa-Urss, archiviata la guerra fredda grazie a Mikhail Gorbaciov. Con l’eclissi dell’Unione Sovietica, il mondo è puntualmente precipitato nella guerra infinita: Balcani, Cecenia, 11 Settembre, Afghanistan. Anche se oggi Wikileaks mette in piazza gli orrori compiuti in Iraq, paese invaso e devastato sulla base di accuse false, l’ex premier britannico Tony Blair gira il mondo a presentare le sue memorie. Fu lui, con Bush, a volere la guerra in Iraq. E ora, dopo l’impiccagione di Saddam, il boia si prepara a giustiziare anche Tareq Aziz.
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Guai all’Iran se aiuta gli Usa a scappare dall’Afghanistan
Per capire com’è conciata la Nato in Afghanistan bastano due episodi accaduti questa settimana. Lunedì c’è stato, a Roma, l’incontro dei rappresentanti dei 45 Stati che occupano quel Paese. Inaspettatamente era presente un iraniano di alto livello, Alì Oanezadeh, verso il quale gli americani si sono mostrati insolitamente cordiali. Alla fine Holbrooke ha detto: «Riconosciamo che l’Iran ha un ruolo da giocare per una soluzione». Ma come? L’Iran non era uno dei tre Paesi dell’“asse del Male“, uno degli “Stati canaglia“, violatore dei “diritti umani“? E la povera Sakineh, in fondo solo colpevole di aver fatto accoppare il marito? Tutto messo nel ripostiglio, per il momento. Per piegare l’Afghanistan va bene anche l’Iran.