Archivio del Tag ‘Usa’
-
America in rivolta contro i predoni impuniti di Wall Street
Se c’è un posto da dove cominciare la prossima rivoluzione, è Wall Street. Prima i potentati della finanza hanno cacciato l’America e il mondo intero nella più grave crisi dagli anni Venti, poi le stesse lobby bancarie hanno tenacemente ostacolato i progetti di grandi riforme, con discreto successo. Non c’è da stupirsi, scrive Federico Rampini, se proprio Wall Street è l’epicentro del minimovimento degli “indignados” americani, che alla terza settimana di lotta ha cominciato a estendersi verso la West Coast (Los Angeles, San Francisco), il Midwest (Chicago), il Nord (Boston, Canada) e perfino l’America profonda del Kansas. È presto per parlare di un ritorno del conflitto sociale, ma i sindacati sono scesi in campo con “Occupy Wall Street”; l’ultima volta lo fecero nel ’99 a Seattle contro il Wto.
-
11/9, gli Usa sapevano: Imposimato li denuncia all’Aja
Le autorità americane non potevano non sapere in anticipo dell’attentato del secolo, quello dell’11 settembre 2001 contro le Torri Gemelle. Ad affermarlo non è l’ennesimo giornalista “complottista” o l’ennesimo tecnico della sicurezza statunitense sconvolto dalle menzogne ufficiali, ma un super-magistrato italiano, Ferdinando Imposimato. Che ora minaccia di imprimere una svolta storica al dibattito sull’11 Settembre con una decisione clamorosa: trascinare gli Usa davanti al tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che processa per crimini contro l’umanità i boia dell’ex Jugoslavia. Secondo Imposimato, la Cia era al corrente dei piani terroristici poi targati Al Qaeda e inoltre le Twin Towers non crollarono per l’impatto degli aerei dirottati, ma a causa di esplosivi collocati negli edifici.
-
Mini: falliti tutti gli obiettivi dopo 10 anni in Afghanistan
DIECI ANNI DI GUERRA. L’ex comandante della missione Nato in Kosovo traccia un bilancio molto negativo della missione afgana ed esprime pessimismo per il futurodi Enrico Piovesana – peacereporter.net.Generale Mini, che bilancio traccia di questi dieci anni di guerra in Afghanistan?Un bilancio del tutto negativo, visto che non è stato conseguito nessuno dei grandi obiettivi con cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno giustificato l’intervento in Afghanistan: dalla sconfitta del terrorismo internazionale, che non è certo morto con Bin Laden, alla democratizzazione e ricostruzione del Paese, al contrasto al narcotraffico.Se la missione Isaf si fosse limitata al suo obiettivo iniziale stabilito a Bonn nel dicembre del 2001, ovvero alla stabilizzazione dell’area di Kabul e al supporto alla creazione di un governo transitorio, le cose sarebbero andate diversamente.Quando e perché sono cambiati gli scopi della missione afgana?Il fallimento afgano è iniziato quando nel 2003 gli Stati Uniti, per concentrarsi sull’Iraq, hanno lasciato la missione Isaf in mano alla Nato, che ne ha stravolto gli scopi allargandoli ai suddetti obiettivi di antiterrorismo, nation-building e antidroga, ma che poi non è stata in grado di gestire la situazione. La Nato ha voluto strafare, disperdendo le sue scarse forze su tutto il territorio e finendo così a fare da bersaglio senza riuscire a raggiungere nessuno di quegli ambiziosi convertiti. Il paradosso è che eravamo andati lì per difendere gli afgani, e oggi ci ritroviamo a difendere noi stessi dagli afgani.Quali sono le sue previsioni sul futuro dell’Afganistan e della missione internazionale?Riguardo al futuro sono altrettanto pessimista, perché in dieci anni non è stato affrontato nessuno dei problemi sociali e culturali che avrebbe potuto garantire un futuro diverso all’Afghanistan. In tutto questo tempo non abbiamo portato nessun miglioramento dal punto di vista dell’economia, dell’istruzione, delle leggi. Anzi, con la nostra inazione e i nostri errori abbiamo peggiorato le cose, allontanando sempre più la popolazione dal nuovo governo sostenuto dall’Occidente. Per riparare ai nostri danni dovremmo rimanere in Afghanistan per decenni!Quindi non crede che l’occupazione dell’Afganistan finirà nel 2014?Noi europei ce ne torneremo a casa nei prossimi anni senza aver risolto niente, ma gli americani rimarranno a tempo indeterminato, lasciando basi e forze speciali: loro non usciranno mai più dall’Afghanistan, esattamente come non usciranno mai più dall’Iraq. E già che ci sono, fanno di necessità virtù: dovendo rimanere per forza, ne approfittano per piantare degli avamposti contro potenziali nemici regionali e globali, Cina in primis, gettando i presupposti per nuove e ben più rischiose guerre globali. E per rimanerci sono prontissimi a scendere a patti con i talebani.Mantenere i nostri soldati in Afganistan costa a noi italiani 800 milioni l’anno: in tempi di crisi non sarebbe il caso di riportarli a casa subito?Se si considerano i pessimi risultati che abbiamo ottenuto finora potremmo andarcene anche domani, risparmiando un bel po’ di denaro. Ma per ragioni di politica interna italiana e di rapporti con gli alleati Nato, l’Italia non può permettersi un ritiro unilaterale.Terrorismo, democrazia, ricostruzione, narcotraffico: in dieci anni di guerra in Afghanistan, nessuno degli obiettivi è stato centrato: potremmo tornarcene a casa anche subito, se non fossimo così legati agli Usa – che invece resteranno a Kabul per chissà quanto, anche solo per presidiare la frontiera occidentale della Cina. Il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Nato in Kosovo, è pessimista. A partire dal bilancio di questo decennio: «Un bilancio del tutto negativo, visto che non è stato conseguito nessuno dei grandi obiettivi con cui gli Stati Uniti e la comunità internazionale hanno giustificato l’intervento in Afghanistan: dalla sconfitta del terrorismo internazionale, che non è certo morto con Bin Laden, alla democratizzazione e ricostruzione del Paese, al contrasto al narcotraffico».
-
Lavorare meno e meglio: chi sfrutta l’uomo uccide la Terra
Penso che il fondamento dell’ecologismo sia, in termini generali, osservare e denunciare i mali che si producono sulla natura, ma senza soffermarsi troppo a considerarne le cause, cioè lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, cosa che implica anche lo sfruttamento della natura da parte dell’uomo. Per questo motivo, perché contiene queste premesse, il marxismo mi ha sempre interessato. L’ecologismo ha criticato molte volte il marxismo per essere eccessivamente operaista e produttivista, a volte a giusta ragione. Ma personalmente difendo una decrescita correlata al marxismo, che elimini lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il lavoro alienato, il consumismo e il produttivismo. Queste idee si possono ritrovare nel pensiero di Marx.
-
Siamo in crisi, e questi politici non servono più a niente
Stefano Fassina prova a contestare la lettera con cui la Bce impone all’Italia l’euro-gogna del debito, ma Enrico Letta lo corregge spiegando che non si può essere «europeisti a intermittenza», proprio mentre Arturo Parisi mette in croce Bersani per non aver mosso un dito sulla raccolta firme per il referendum che restituirebbe agli italiani almeno una legge elettorale decente. Foto di famiglia con rovine: e questa sarebbe l’opposizione destinata a mandare a casa il Cavaliere, sostituendolo al governo di non si sa più bene cosa – sicuramente un paese precarizzato e impoverito, spaventato, commissariato dai banchieri mondiali nonché ostaggio di miliardari-filosofi travestiti da salvatori della patria, oracoli della “crescita” e tagliatori di teste come Marchionne.
-
Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
-
Cabras: smascheriamo i falsi profeti della crescita impossibile
Diffidate di chiunque vi parli di ripresa: politici e industriali che promettono “patti per la crescita” non sanno, o fingono di non sapere, che l’Italia da almeno vent’anni non è più in grado di crescere come un tempo: tramontata la grande industria, negli due decenni il paese ha campato di economia virtuale e boom effimeri, speculazione e assalto ai territori e ai servizi, tagliando diritti e precarizzando il lavoro. Risultato: l’ex Belpaese declassato dalla finanza mondiale rischia di dover affrontare lo stesso suicidio sociale della Grecia, un tunnel senza via di scampo. Alternative? Una sola: non pagare il debito iniquo frutto della speculazione e rivalutare il welfare partendo dal bene comune, ma prima serve una rivoluzione culturale che mandi a casa l’intera classe dirigente.
-
Pallante: debito creato solo per drogare la crescita suicida
Meno e meglio: è l’unica soluzione, per uscire dalla spirale del debito. Che non è un incidente di percorso, tutt’altro: il debito è stato incoraggiato a tavolino per indurre i consumatori a comprare merci che non si sarebbero potuti permettere. Obiettivo: smaltire la marea di nuove merci prodotte a ritmo vorticoso da tecnologie industriali sempre più avanzate e diffuse in tutto il mondo grazie alla globalizzazione. Il debito serviva a questo: ad assorbire l’enorme valanga planetaria di merci, evitando una “crisi di sovrapproduzione”. Il peccato originale ha un nome sulla bocca di tutti: crescita. Non è la soluzione, è il problema: la crescita è cieca, perché si basa solo sulla quantità, trascurando di selezionare beni e servizi realmente utili. La crescita vive di sprechi e genera Pil inutile, gonfiato dalla droga pericolosa del debito.
-
The Corbett Report: video-barzelletta sull’11 Settembre
Il mattino dell’11 settembre 2001, diciannove uomini armati di taglierini, comandati da un uomo in dialisi che stava in una grotta dall’altra parte del mondo e usava un cellulare e un computer portatile, hanno condotto la più sofisticata opera di penetrazione dello spazio aereo più difeso al mondo immobilizzando passeggeri e piloti addestrati al combattimento su quattro aerei commerciali, prima di svolazzarsene fuori rotta per più di un’ora, senza mai venire molestati da un solo caccia della difesa. Questi 19 dirottatori, devoti religiosi fondamentalisti che amavano bere alcol, sniffare coca e vivere con spogliarelliste dai capelli rosa, sono riusciti a far crollare tre palazzi con due aerei mentre a Washington un pilota che non era in grado di guidare un Cessna monomotore faceva fare a un 757 una spirale discendente di 3.000 metri e 270 gradi e andava a colpire il Pentagono
-
Autunno caldo, siamo sotto attacco: difendiamoci
Questo agosto ci ha riservato una serie di sorprese – relative, ma sorprese – la più importante delle quali è la conquista di Tripoli e il crollo della Libia. Noi occidentali, quasi tutti insieme, abbiamo realizzato una delle più invereconde operazioni militari, politiche e psicologiche mai tentate, paragonabile soltanto all’Iraq. Adesso la Libia diventerà un protettorato, l’Occidente sta digerendo questo nuovo pasto. Manca soltanto il ruttino finale dell’assassinio di Gheddafi, poi verrà il turno della Siria: perché gli Stati Uniti hanno problemi importanti da risolvere, una crisi che arriva e sarà molto grande, quindi un’altra guerra farà comodo e servirà a stabilire chi ha il potere nel mondo in una situazione così critica.
-
Nuovo mondo: riscriviamo le regole per uscire dalla crisi
Il nostro tempo è caratterizzato dall’intreccio di tre grandi crisi. Crisi epocali e senza precedenti. Tutte queste crisi, in vario modo, stanno arrivando a un punto di rottura. Tale situazione rende indispensabile la transizione ad una diversa organizzazione sociale, politica ed economica. La prima, cruciale, crisi che abbiamo di fronte è quella economica, che nel 2007-08 si è resa evidente attraverso la crisi finanziaria, ed è diventata, oggi in Europa, crisi dei debiti sovrani. Non è una crisi ciclica. La seconda riguarda l’egemonia degli Usa, il cui potere imperiale appare avviato verso un declino lento ma probabilmente irreversibile.
-
Barnard: prima dell’Euro, il debito era la nostra ricchezza
La cosa migliore che uno Stato a moneta sovrana può fare per i propri cittadini è di spendere a deficit, cioè creare debito pubblico. Abbiamo già visto, e qui ne riparliamo, come la spesa a deficit produca ricchezza fra i cittadini, e come non sia affatto vero che il debito dello Stato a moneta sovrana sia anche il debito dei cittadini: questa è una menzogna. Nel capitolo “Il più grande crimine” dimostrerò che la sopraccitata menzogna fu creata ad arte dalle élites finanziarie per distruggere gli Stati, con essi noi persone e le democrazie partecipative. Ma ora parliamo di questo debito. Innanzi tutto cosa significa. Uno Stato può avere diversi debiti, a seconda del settore economico che si prende in analisi. Ma i principali sono il Debito Pubblico, il Deficit di bilancio e il Debito Estero.