Archivio del Tag ‘Urss’
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Cardini: giustizia, la rivoluzione che l’umanità attende
Il generale malessere del mondo, la crisi europea, le strane “primavere arabe” e il ritorno di potenze come la Francia, pronte a strumentalizzare i movimenti islamisti. E poi le rivolte in Egitto e in Turchia, che hanno messo i media di fronte a una domanda drammatica: di fronte a tanta ingiusizia, l’unica via d’uscita sarà una rivoluzione necessariamente globale? Ebbene sì, risponde lo storico Franco Cardini: serve una rivoluzione mondiale basata sulla giustizia e sulla redistribuzione della ricchezza, capace di trasformare i consumi salvaguardando il rapporto con l’ambiente. La «rivoluzione del futuro», inutile non vederla, ormai «ci sta davanti», sospinta dalla potenza formidabile del Bric, il cartello dei grandi paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, cui domani potrebbe aggiungersi anche l’Iran. «Questa rivoluzione potrà anche non verificarsi, oppure fallire: ma allora saremo tutti condannati».
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Grecia, Cipro e Siria messe ko, per rubargli il gas dell’Egeo
Grecia, Cipro, Siria. Tre crisi ben distinte, secondo la narrazione mainstream: il debito pubblico non più tollerato dall’Europa del rigore, la fragilità del sistema bancario dell’isola mediterranea, la rivolta armata contro il regime di Assad. Peccato che nessuno veda cosa c’è sotto: ma proprio in fondo, là in basso, nel fondale marino dell’Egeo. Tecnicamente: uno smisurato giacimento di gas. Un tesoro inestimabile, a cui avrebbero accesso – per diritto internazionale – sia i greci massacrati dalla Troika, sia i ciprioti strapazzati da Bruxelles, sia i siriani assediati dai miliziani Nato travestiti da ribelli. Quel tesoro lo vogliono per intero, e a prezzi stracciati, le Sette Sorelle. E’ questo il vero motivo per cui si sta cercando di radere al suolo la sovranità della Grecia, di Cipro e della Siria. Non si tratta di una tesi, ma di fatti che il mondo diplomatico conosce. Parola di Agostino Chiesa Alciator, già console italiano in Francia. Che avverte: il disastro che ci sta rovinando addosso – crisi economica, catastrofe finanziaria, focolai di guerra permanente in ogni angolo del pianeta – ha una precisa di data d’inizio: 11 settembre. Non quello del 2001, le Torri Gemelle. Si tratta di undici anni prima: la caduta del Muro di Berlino.
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Spinelli: se l’Europa si scrollasse di dosso l’America spiona
Alcuni li chiamano talpe, o peggio spie. Altri evocano le gole profonde che negli anni ’70 permisero ai giornali di scoperchiare il Watergate. Sono i tecnici dei servizi segreti o i soldati o gli impiegati che rivelano, sui giornali, le illegalità commesse dalle proprie strutture di comando, dunque dallo Stato. Oggi tutti questi appellativi sono inappropriati. Non servono a indovinare uomini come Edward Snowden o Bradley Manning: le loro scelte di vita estreme, inaudite. Non spiegano la crepa che per loro tramite si sta aprendo in un rapporto euroamericano fondato sin qui su silenzi, sudditanze, smorte lealtà. Continuare a chiamarli così significa non capire la rivoluzione che il Datagate suscita ovunque nelle democrazie, non solo in America; e il colpo inferto a una superpotenza che si ritrova muta, rimpicciolita, davanti alla cyberguerra cinese.
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Venti di guerra: gli Usa minacciano, e i servi obbediscono
Il caso Snowden avrà ripercussioni sicuramente drammatiche, come dimostrano i fatti delle ultime ore. Pensateci bene: a Morales, presidente di un paese col quale l’Italia ha regolari rapporti diplomatici, è stato impedito di sorvolare il territorio italiano, e di altri paesi europei, sulla base di una precisa richiesta degli Usa. Cioè: Washington ha dato ordini al governo italiano, che ha obbedito per impedire il passaggio. Pensavano che a bordo dell’aereo di Morales ci fosse Snowden, e che Morales lo stesse trasportando in America Latina. Situazione assolutamente paradossale, perché gli europei, che sono stati svillaneggiati e spiati nonostante siano degli alleati, si sono adeguati a un ordine che li umilia ulteriormente e li costringe a violare le leggi – perché questa non si può definire altrimenti che una violazione delle leggi: un presidente di uno Stato sovrano viene messo in una situazione di questo genere, e l’Italia agisce di conseguenza.
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Morales-Snowden, l’America apre la caccia al dissidente
Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.L’Italia e gli altri avrebbero avuto tantissimi motivi per aprire mille fascicoli contro le conclamate violazioni spionistiche di Washington, ma non hanno fatto nulla. Viceversa, una presunta presenza del dissidente su un aereo protetto da tutte le immunità è stata sanzionata con una velocità di esecuzione impressionante, che – semplicemente – denuda la vera catena di comando: una catena militare da guerra mondiale, che si fa beffe di qualsiasi ragione storica e giuridica che fin qui ha sempre impedito simili atti. In occasione dei casi di Assange, di Manning e di Snowden, abbiamo a lungo cercato di volgere nella nostra lingua l’intraducibile termine “whistleblower”. Letteralmente sarebbero coloro che lanciano un allarme per via di una condotta illegale o minacciosa di un’organizzazione di cui fanno parte. Si tratta di funzionari che si trovano fra le mani informazioni sensibili e decidono di farle conoscere. Nel farlo rivestono un ruolo misto fra “confidenti”, “obiettori di coscienza” e “attivisti politici”. Ma dicendo così non arriviamo al centro del significato. Il termine dissidente, applicato a Snowden, appare improvvisamente, invece, come l’unica misura per capire la portata di quel che sta accadendo in Occidente. La parola ha un sapore da Cecoslovacchia anni settanta, ma è da rispolverare qui ed ora, dove i porti sicuri per chi contesta il potere dall’interno sono in via di totale dissoluzione.La scala su cui misuriamo il ruolo di Edward Snowden per l’America deve essere la stessa su cui si misurava la figura di Andrej Sakharov per l’Unione Sovietica. Sakharov fu il più importante dissidente del Paese al quale contribuì a donare la potenza soverchiante e terribile della bomba all’idrogeno. La sua Bomba Zar, esplosa nell’ottobre 1961, rivelava all’umanità un potere in grado di distruggere il mondo. Snowden ha rivelato la potenza di un altro tipo di bomba, in grado di distruggere il mondo che conosciamo in un altra maniera ancora. La vera arma-fine-di-mondo non usa più, o non soltanto, una deflagrazione termonucleare. È un sistema che coordina tutte le possibili interferenze nelle trasmissioni verso un unico scopo: il dominio planetario che non ammette contrasto. Chi non lo comprende, o lo sottovaluta, sarà il complice della fine della democrazia, e della corsa verso la guerra. Chi lo comprende dall’interno, cioè chi è un dissidente, è già ora trattato con la massima determinazione.Le sovranità di ogni paese, anche quelle meno limitate, sono e saranno soggette a una pressione crescente. Fa impressione leggere la lista sempre più lunga degli Stati che non concederanno asilo a Snowden. Il diktat di Washington vuole piegare tutti. Forse era questo il vero senso di “Yes We Can”. Deve essere chiaro che non ci sarà consentito di stare in mezzo. Il caso Snowden non sa che farsene di intellettuali liberi che sono soltanto liberi di non rischiare. La libertà è a rischio, e dovremo capirlo ora, partendo anche da un piccolo passo, cominciando a chiedere a Emma Bonino – o ad altri decisori che non possono starsene nell’ombra – in base a quale autorità e con quali misteriosi accordi hanno negato il transito nello spazio aereo italiano al velivolo di Morales. Gli amici della libertà e della sovranità devono farsi sentire subito, e dire da che parte stanno.(Pino Cabras, “La Superpotenza apre la caccia grossa ai dissidenti”, da “Megachip” del 3 luglio 2013).Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.
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Conti correnti a rischio: il caso-Cipro diventerà la regola
Confisca dei depositi bancari: a marzo 2013 la vicenda di Cipro ha scioccato il mondo intero. Qualcuno ha cercato di farla sembrare una misura d’emergenza, ma esistono solide basi per credere che i prelievi forzosi diventeranno un elemento della vita quotidiana. Lo sostiene l’economista Valentin Katasonov, presidente della Sharapov Russian Economic Society. La crisi cipriota? Una mossa in realtà «concertata e ben preparata, approvata dai vertici, tra i quali attori della scena extraeuropea». Un precedente, un vero e proprio test «per lanciare una tendenza mondiale e diffondere la confisca in tutto il mondo». Già nel 2009-2010, quando nei summit internazionali si discuteva sulle possibili vie d’uscita dalla crisi mondiale (G7, G8, G20 e altri incontri di questo livello), nei programmi comparivano punti come modalità non-standard per salvare, in caso di necessità, le banche. Tra queste modalità, modelli di “bailout” a spese dei titolari di conti: tagli ai depositi, congelamento dei conti e loro conversione: alla banca il cash, al correntista semplici azioni.
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Noi, la portaerei Usa: e se tornassimo un paese sovrano?
Sicilia ormai trasformata in portaerei con satelliti e radar che controllano inquietudini africane, coordinano Medio Oriente, Asie del petrolio, mezzo mondo. La colonizzazione militare gioca alla guerra per allenare gli aerei senza pilota a non sbagliare bersaglio. E i passeggeri delle vacanze arrivano frustrati per voli cancellati e cieli requisiti. E poi lo stress dell’inquinamento elettrico e sonoro: Tv impazzite, rimbombi che scuotono i palazzi. L’accordo internazionale prevede che alle immondizie della basi provvedano le amministrazioni locali. Se i rifiuti sono tossici ci pensano i marines, ma non sempre bonificano il territorio sconvolto dalle macchine di guerra. La Maddalena raccoglie 11 mila abitanti, 300-400 marinai Usa per 25 anni di guardia ai sommergibili nucleari. Se ne vanno lasciando l’eredità pesantissima di un inquinamento (mare, terra) che seppellisce i bilanci municipali: rosso di 928 mila euro l’anno.
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Caso Snowden: avviso a Obama firmato da Russia e Cina
«Se c’è una cosa che del caso Snowden non si può dire è che si tratti di uno scandalo». Piuttosto, è la scoperta dell’acqua calda: da almeno vent’anni, con l’avvento dell’era digitale, siamo tutti spiati minuto per minuto: ogni nostro movimento è tracciato. La denuncia dell’ex analista della Cia? «E’ solo la conferma ufficiale di un processo prevedibilissimo, che tutti sospettavamo fosse in atto da tempo. Ci vogliamo meravigliare?». Secondo Aldo Giannuli, il retroterra dello “scandalo” è ben altro: proprio attraverso una pedina come Edward Snowden, a cui hanno offerto protezione, sia la Cina che la Russia avvertono gli Stati Uniti che l’epoca della loro supremazia tecnologica è finita. Se Obama ha in serbo l’arma letale della cyber-guerra per neutralizzare gli arsenali nucleari di Putin e la potenza di Pechino, sarà bene che si abitui all’idea: il tempo del dominio americano assoluto è finito.
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Alternativa: fermiamo i golpisti di quest’Europa mostruosa
Un club planetario a vocazione totalitaria sta distruggendo l’Europa dei popoli, la nostra vita, la nostra democrazia, la nostra libertà. Il nostro futuro è in grave pericolo. Gradualmente, senza che ce ne rendessimo conto, siamo stati consegnati nelle mani di un’oligarchia senza patria e senz’anima, il cui unico collante è il delirio di onnipotenza derivante dal possesso del denaro infinito che essa crea. Coloro che ci hanno condotto a questo guado sono i maggiordomi dei “proprietari universali”: i proprietari finali delle azioni di banche, fondi e corporations internazionali, persone che nessuno di noi conosce, che nessuno ha mai eletto ma che determinano le nostre vite. Essi, sostenuti da parlamenti formalmente eletti, ma in realtà nominati dall’alto, hanno consegnato il potere politico ed economico – un tempo prerogativa degli Stati – a strutture prive di ogni legittimazione democratica. Queste strutture sono le impalcature di un nuovo ordine mondiale in via di costruzione.
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L’Italia crolla, ma per fortuna c’è Lupi che tifa Tav
Ci si domanda da quale assurdo mondo parallelo escano le sgangherate parole del partitocrate Maurizio Lupi, oggi ministro, secondo cui la mostruosa e inutile linea Tav Torino-Lione si deve fare, punto e basta, in quanto opera di valore strategico. Trent’anni fa, le onnipotenti élite planetarie in piena globalizzazione modellavano le prime fantasie ferroviarie in chiave post-sovietica, manovrando alla bisogna la servile tecnocrazia europea. A quei tempi era normale ascoltare amenità persino divertenti sul futuro dei trasporti, puro trionfalismo avveniristico di khrusceviana memoria. Molti entusiasti camerieri locali, politici di professione con amici cementieri, all’epoca finirono dietro le sbarre. Ma i loro successori non persero il vizio: certe superstizioni fanta-ferroviarie erano dure a morire. Una in particolare, la Torino-Lione, divenne col passare degli anni una specie di leggenda: il treno superveloce per passeggeri che avrebbe sostituito l’aereo. Il mito resistette persino all’avvento – quello sì rivoluzionario – dei voli low cost: per tenere in vita la bufala della Torino-Lione bastò convertire il progetto, da passeggeri a merci.
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Urss, soldato-fantasma per 33 anni: era in Afghanistan
La storia di Bakhritdin Khakimov sembrerebbe tratta da un romanzo di guerra a lieto fine, ma è una vicenda reale che unisce il tema del conflitto a quello della speranza. Khakimov, nato cinquantatre anni fa a Samarcanda, nell’attuale Uzbekistan – Repubblica federata dell’Urss – faceva parte del 101esimo Reggimento di Fanteria, di stanza nella provincia afghana di Herat durante la guerra tra l’Armata Rossa e i Mujaheddin, al tempo finanziati dagli Stati Uniti. Nel settembre 1980, all’età di vent’anni, rimase gravemente ferito nei combattimenti. Ridotto pressoché in fin di vita, ebbe però la fortuna di trovare sulla sua strada un anziano capo tribù della provincia, che decise di risparmiargli la vita e di rimetterlo in sesto, insegnandogli tra l’altro il mestiere dell’erborista. Fu così che il soldato cambiò il proprio nome in Sheikh Abdullah e si trasferì nel distretto di Shindand, perdendo negli anni successivi ogni tipo di contatto con i familiari e con la madrepatria e dimenticando addirittura la propria lingua materna, il russo.
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Andreotti e i nemici dell’Italia, da Gladio a Maastricht
In un giorno di mezza estate del 1990, Giulio Andreotti ha svelato di punto in bianco l’esistenza di Gladio, mandando in tilt i piani e gli apparati di tutti i paesi Nato. «Di tutti i suoi segreti, questo in definitiva è il meno comprensibile», scrive Rita Di Giovacchino sul “Fatto Quotidiano”. Forse qualcuno voleva sbarrargli il passo, impedirgli di diventare Capo di Stato, e lui preferì giocare d’anticipo. «Tutti i rischi che potevano venirgli dall’azzardo di rivelare il più protetto segreto di Stato dovevano apparirgli di gran lunga inferiori a quello che si stava preparando». Poco dopo, infatti, vennero le stragi di mafia: Falcone e Borsellino e le bombe di Roma, Firenze, Milano. «Come al solito non si era sbagliato». Di quel periodo cruciale, Nino Galloni ha appena ricordato l’impegno di Andreotti, contrastato dai poteri forti, per scongiurare la fine della sovranità economico-finanziaria italiana con l’avvento dell’Europa di Maastricht. Decisiva una telefonata di Kohl: a Roma qualcuno “rema contro”. Pochi anni prima, Andreotti aveva scandalizzato le cancellerie europee, avvertendo nella riunificazione tedesca un serio pericolo per tutti.