Archivio del Tag ‘Urss’
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Wall Street golpista: ancora al potere i killer di Kennedy
C’era un patto segreto tra Kennedy e Khruscev: mettere fine alla guerra fredda, disarmare i missili nucleari e collaborare persino nelle missioni spaziali. L’uccisione di Jfk mise fuori combattimento anche il leader sovietico. Da allora, per decenni, sia a Mosca che a Washington hanno comandato i falchi. Chi erano, negli Usa? Politici, ma in realtà emissari dell’élite finanziaria: Wall Street. Con alle spalle personaggi oscuri, già in affari con la Germania nazista, che dopo la guerra reclutarono nei loro servizi segreti la crema dell’apparato hitleriano di intelligence. Lo sostiene il giornalista investigativo tedesco Mathias Broeckers, autore di un nuovo dirompente libro-inchiesta sulla fine di John Fitzgerald Kennedy: nel 1963, dice Broeckers, è come se fosse finita la democrazia americana, congelata da un colpo di Stato. «In America, la democrazia effettiva tornerà solo quando verrà completamente “sdoganata” la verità sull’omicidio di Dallas». Un giallo per il quale l’allora braccio destro di Nixon, Roger Stone, oggi accusa nientemeno che l’ex presidente George Bush, uomo di Wall Street e dei petrolieri texani. Suo figlio, George Walker, gestirà poi l’altro grande “terremoto opaco” destinato a cambiare il mondo, l’11 Settembre.
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Da Bin Laden a Vickers, il macellaio della guerra di Obama
Prima regola, le “verità indiscusse”: noi siamo il Bene, loro il Male, ed è bene i media ne prendano nota senza discutere. Seconda regola: pace e ordine mondiale richiedono la presenza militare globale degli Usa. Terza regola: solo un interventismo globale, anche sotto forma di guerra preventiva, può sconfiggere le minacce esistenti. E’ il credo imperiale che Andrew J. Bacevich, già alto ufficiale degli Stati Uniti e ora storico dell’università di Boston, chiama “la Sacra Trinità” sui cui si regge il potere Usa, che da almeno tre decenni, in Medio Oriente, viaggia a fari spenti: «Obama improvvisa, non ha una strategia. Persino nel coinvolgere il Congresso, punta solo a condividere l’impiccio. E non vedo la Siria come una svolta. Penso che ormai sia chiaro, e non da oggi, come la politica americana nel mondo islamico abbia fallito. Intervenire in Siria perpetuerà semplicemente questo fallimento».
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Debito pubblico insostenibile? Non certo per colpa nostra
Notizia sensazionale: il debito pubblico italiano non è più ripagabile, perché ormai supera i 2.000 miliardi di euro, oltre il 130% del Pil. Per assorbirlo, l’Italia dovrebbe fare due cose, entrambe estreme: non fare più deficit (assoluto pareggio di bilancio: parità tra spesa pubblica e introito fiscale) e in più varare, per molti anni, ulterori manovre “lacrime e sangue” da 100 miliardi l’anno, irrealistiche perché palesemente insostenibili. «La verità che nessun politico è disposto ad ammettere è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile», avverte Marcello Foa. Ma c’è di peggio. La tragedia è che nessun politico – parafrasando Foa – è disposto ad ammettere che il debito pubblico non dovrebbe mai essere un problema, essendo infatti il vero “mestiere” dello Stato: che solo attraverso il deficit – la spesa pubblica, o spesa a deficit positiva – può continuare a pagare stipendi a medici e insegnanti e costruire strade, ferrovie, scuole e ospedali, cioè strutture e servizi avanzati senza cui non potrebbe vivere neppure l’economia di mercato.
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Bugiardi senza vergogna, questa è la loro guerra. Mondiale
Con tutta probabilità il 2013 finirà in guerra. Il colpo contro Damasco viene presentato come “limitato”, “breve”, come un “avvertimento”. In realtà è solo un trucco (questa è una storia di trucchi) per cominciare una guerra lunga. Quanto lunga? Infinita. Cioè fino alla fine. La nostra fine, quella di coloro che leggono queste righe. In realtà è la prosecuzione di una guerra che cominciò l’11 settembre 2001, ma furono in pochi ad accorgersene. E non se ne accorsero perché non avevano capito che l’Impero era entrato in una crisi ormai irreversibile, e che stava cercando di predisporre gli strumenti politici, militari, psicologici per cambiare il corso della storia, e prolungare a tutti i costi (nostri) il suo potere. Siamo dunque in guerra da dodici anni, ma facciamo fatica a capire come mai le cose vanno sempre peggio e come mai gli eventi accelerano la loro caduta verso il basso. È perché, di nuovo, non abbiamo capito bene quello che sta succedendo.
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Il mondo non vuole la guerra? La fermi: ecco come
La rivolta del Parlamento britannico contro il progetto coloniale di David Cameron, seguita dalla trasmissione del fascicolo siriano da Barack Obama al Congresso degli Stati Uniti, modifica profondamente i rapporti di forza internazionali, anche se il Congresso dovesse infine consentire il ricorso ai bombardamenti. Attualmente, tutti gli Stati ritrovano la loro libertà di parola. Solo la Francia è ancora in grado di mettere sotto pressione i propri vassalli per imporre loro una politica bellicista. Né il Regno Unito, né gli Stati Uniti fino al voto del loro Congresso, possono farlo. Ora, la maggior parte degli Stati del mondo è consapevole degli effetti a catena che l’intervento occidentale è in grado di provocare nel Vicino Oriente. Che sostenga la Siria o desideri rovesciare le sue istituzioni, la maggioranza può soltanto opporsi a un bombardamento, fosse anche “chirurgico”, della Siria.
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Menzogne, e poi ancora menzogne. Obiettivo: uccidere
Strano tipo, quel Kerry. Oggi è il ministro degli esteri di Obama, ma solo nel 2009 «s’attovagliò a Damasco» col futuro “nuovo Hitler” siriano Bashar Assad. Porta male: anche Donald Rumsfeld, poi ministro della guerra di Bush junior, era stato in grande familiariatà con l’uomo di Baghdad, quando Saddam «davvero puzzava di gas mostarda, sarin, tabun, soman», cioè le armi chimiche ottenute proprio dagli Usa per sterminare i soldati dell’Iran. Problema: «Le bombe americane sono diverse, democratiche, intelligenti», e probabilmente «profumano di sandalo e gelsomino: non come quelle di Assad, che olezzano di fogna», scrive Stefania Elena Carnemolla. «E la tragedia è che gli americani ci credono». Rintronati dai media, non hanno piena memoria «delle delicatessen sganciate su Hiroshima e Nagasaki, per tacer del napalm e dell’agente Orange, il defogliante con cui Kennedy, Johnson e Nixon appestarono il Vietnam e che deformò i bambini, facendone dei mostri».
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Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.
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Massimo Fini: l’America ricatta il mondo, rimpiango l’Urss
La politica di potenza imperiale che gli Stati Uniti stanno esercitando a tamburo battente da quando non c’è più il contraltare dell’Unione Sovietica, e hanno quindi le mani libere, si maschera dietro questioni morali. La Siria è un paese che dà fastidio, perché legata all’Iran, che è l’arcinemico, non si capisce poi bene il perché, degli Stati Uniti e di Israele. Tra l’altro non si sa affatto se Assad ha usato armi chimiche, ci sono gli ispettori Onu per questo, o l’Onu non conta nulla? Evidentemente non conta nulla perché quando serve c’è il cappello Onu, se non c’è il cappello Onu si aggredisce lo stesso. Questo è avvenuto in Serbia nel ‘99, in Iraq nel 2003 e in Libia recentemente. Tutte azioni e aggressioni senza nessuna copertura Onu. Si dovrebbe per lo meno aspettare la relazione degli ispettori. C’è un precedente che dovrebbe consigliare prudenza – non dico agli Stati Uniti che non ne hanno, ma ai suoi alleati, ed è quello dell’Iraq – dove sostenevano che Saddam Hussein avesse le armi chimiche, di distruzione di massa, e poi non le aveva. Certo, lo sostenevano perché gliele avevano date loro a suo tempo, gli Stati Uniti, in funzione anti-sciita e anti-curda, però non le aveva più perché le aveva usate ad Halabja, gasando cinquemila curdi.
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Ignobile Occidente: usare i bambini per uccidere innocenti
I bambini, sempre loro: finirà mai la ignobile speculazione sui bambini, vittime di guerra, per giustificare nuove guerre? Indimenticabile, nel 1999, la frase dell’allora ministro della difesa, Piero Fassino: «Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro è contrario all’intervento militare». E l’Italia intervenne, sulla base di una potente campagna di disinformazione anche diplomatica e politica. E fu la guerra del Kosovo, o l’ultima guerra dei Balcani, dove la più grande coalizione militare mai vista nella storia (19 Stati) si scatenò contro quel che rimaneva della Repubblica Federale di Jugoslavia, che nella propaganda veniva chiamata (un po’ sprezzantemente) “la Serbia”, colpevole di essere l’ultimo Stato che orgogliosamente si dichiarava socialista nel cuore d’Europa; uno Stato grande come un paio di regioni italiane. Da allora, ricorda Angelo d’Orsi, il copione della giustizia sommaria è stato ripetito in modo spietato, anche sfruttando l’emozione dell’opinione pubblica, cui viene offerto lo spaventoso “trofeo” dei bambini uccisi.
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La danza della pace di quei soldati sull’orlo della guerra
Ma gli americani che fanno? Quello che hanno sempre fatto: la guerra. «Ora dovremo dare una bella spazzolata alla Siria», diceva tempo fa un giovanotto, a cena ai tavoli di una pizzeria, in una città del nord. Indossava una tuta col tricolore e la scritta “Italia”. Era l’inizio del 2012: al film delle armi chimiche mancava ancora un anno e mezzo. Eppure, era come se il giovanotto lo conoscesse già: «Dovremo colpire la Siria – ripeteva, con aria grave – perché poi, lo sappiamo, ci aspetta lo scontro vero, quello con l’Iran». I commensali annuivano, attoniti, fingendo di capire: strana fiaba nera, ambientata in una geografia teoricamente prossima, mediterranea, eppure così remota e oscura, infestata di pericoli e di nemici incomprensibili. L’unico ambasciatore intellegibile, tra i misteri di quelle latitudini infide, era appunto il giovanotto con addosso la tuta militare – il solo volto amico momentaneamente a portata di mano. Con in tasca un messaggio chiarissimo e indiscutibile: guerra. Ma perché? Perché sì. Semplice: guerra contro il perfido dittatore Assad, come necessaria premessa per poi dare una lezione ai fanatici barbuti di Teheran.
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Revelli: sinistra fallita, s’è accodata al capitalismo in crisi
Quello nato dopo la morte del Novecento è un mondo infinitamente più diseguale. Ed è un mondo che non offre alternative a se stesso. Sono queste le grandi sconfitte storiche della sinistra, ossia di una forza politica e culturale che possiede nel Dna il valore dell’eguaglianza e la capacità di immaginare un’alternativa allo stato di cose presente. La catastrofe del socialismo reale è parte della scomparsa della sinistra, che ne è stata paralizzata. Ma una sinistra che rinuncia a proporre un altrove cessa di essere sinistra. È nata proprio per quello. Accadde nel 1789 a Versailles, quando alla sinistra della presidenza dell’assemblea si schierarono coloro i quali erano contro il potere di veto del Re. Così cadde l’ultimo pilastro dell’Ancien Régime. Non c’è bisogno di alzare la ghigliottina. Basta un voto per sancire la fine di un ordine. E l’inizio di un altro.
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Daily Mail: da Londra le armi chimiche per incolpare Assad
Un titolo netto sul “Daily Mail”, un quotidiano da due milioni di copie in edicola e da tre milioni di utenti online al giorno: “Piano sostenuto dagli Usa per lanciare un attacco con armi chimiche contro la Siria e dare la colpa al regime di Assad”. Il titolo in questione risale al 29 gennaio 2013. L’edizione online del “Daily Mail” ha pubblicato un’interessante storia – a firma di Louise Boyle – in grado di gettare la giusta luce investigativa sui tragici attacchi col gas verificatisi in Siria sette mesi dopo, ad agosto 2013. Ogni tanto, la grande stampa riporta qualche fatto importante che suona totalmente diverso dal racconto di fondo, ma quando questo avviene è un fuoco di paglia che viene subito estinto. Naturalmente, pochi giorni dopo la pubblicazione, l’articolo era già sparito dagli archivi online del giornale, ma per fortuna non è così facile fare sparire l’informazione da Internet una volta che vi abbia fatto capolino. Pertanto siamo in grado di riproporvi l’articolo ed esporre qui i tratti salienti.