Archivio del Tag ‘Unità d’Italia’
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Fassino ai Subsonica: tranquilli, non spegneremo Torino
C’era una volta la grigia tecnocity dell’Avvocato, la città industriale delle periferie operaie cresciute attorno ai mausolei risorgimentali del centro storico sabaudo. “Tutto era Fiat”, conferma Mimmo Calopresti in un documentario d’epoca, mentre Gianni Amelio, chiamato a dirigere il Torino Film Festival, in “Così ridevano” ricorda i tempi non gloriosi in cui la borghesia subalpina avvertiva: “Non si affitta ai meridionali”. Sembra un milione di anni fa. Prima di andarsene, l’Avvocato – sempre lui – patrocinò l’ultimo atto del suo regno: le Olimpiadi. Torino stava uscendo dal grigiore grazie al nuovo sindaco della società civile, Valentino Castellani, inaugurando una trasformazione spettacolare: da capitale dell’auto a “ville lumière” della cultura. Col successore Chiamparino, “il sindaco più amato dagli italiani”, dieci anni di trionfi. E ora, se vincesse Fassino? «Per favore, non spegnete Torino», raccomanda Max Casacci, facendosi portavoce del “popolo della movida”.
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Dalla Libia il rischio di una nuova guerra planetaria
Parto dalle rivolte arabe per mettere sul tappeto un problema più generale. Per quanto riguarda il mondo arabo ritengo che siamo di fronte a cose molto diverse. In Egitto e Tunisia c’è il tentativo imperialista (Usa) e subimperialista (Ue) di mantenere il controllo della situazione cavalcando e indirizzando le rivolte popolari verso esiti rassicuranti e per certi versi preventivati, ovvero cambi delle guardia indolori, basandosi sui militari. Non è per nulla detto che la cosa funzioni, ma se anche il movimento popolare non dovesse fermarsi qui, si deve dotare di una direzione e di un’organizzazione, altrimenti saranno guai. Non siamo noi a doverlo insegnare a nessuno: qui è la Storia che dà lezioni a tutti.
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Risorgimento senza popolo, mediocre mitologia italiana
Il Risorgimento era compiuto, e mentre scontentava ogni uomo, tanto chi l’aveva voluto quanto chi l’aveva subìto, non poteva essere ammesso come cosa compiuta e finita dagli eredi né dai diseredati, dagli investiti né dagli spossessati. Natura e storia vogliono che nessuna novità possa tornare allo stato di prima, ma che nessuna opera sia chiusa da chi l’ha impresa. Speranza di martiri e capolavoro d’arte diplomatica, studio di addottrinati e conquista di soldati, il Risorgimento s’era compiuto perché col venir meno della maestà del diritto divino, che aveva reso possibile la libera federazione dei principati italiani, col sorgere delle democrazie europee aggressive e attrezzate, era divenuta indispensabile all’Italia la unità e l’indipendena territoriale.
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Marchionne, l’Italia e l’ingrata secessione del profitto
«L’impoverimento del Sud è funzionale tanto agli interessi dei boss quanto a quelli delle industrie del Nord». Presentando il film “Noi credevamo”, sulle illusioni del Risorgimento, il regista Mario Martone denuncia il ruolo della grande industria nel «patto scellerato» alla radice degli squilibri irrisolti nel nostro paese. Nello stesso magazine, “Il Venerdì” di “Repubblica”, Curzio Maltese e Giorgio Bocca sparano a zero sull’ad della Fiat, Sergio Marchionne, che da Fazio Fazio ha definito l’Italia un peso per l’industria torinese. «Se neanche la Fiat si sente una fabbrica italiana, ed era l’ultima, allora siamo proprio messi male», scrive Maltese: «La Fiat in Italia ha mangiato otto miliardi di aiuti negli ultimi trent’anni».
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Fu il nord a sdoganare la mafia, con l’Unità d’Italia
Si festeggia l’Unità d’Italia, ma la storia del Risorgimento va riscritta da cima a fondo: «Per forza, se vogliamo cominciare, almeno dopo 150 anni, a unire questo Paese, in cui il popolo viene ritenuto bambino, immaturo, incapace di sopportare la verità sul Risorgimento, su Portella delle Ginestre, sulla strategia della tensione, sugli anni di piombo, sulla nascita delle fortune di Berlusconi. Un Paese che racconta menzogne sulla sua nascita e vive mentendo a se stesso. Quelle menzogne lo stanno dividendo; forse, in modo irreparabile». Reduce dal grande successo del bestseller “Terroni”, il giornalista Pino Aprile fa un’analisi impietosa dell’Italia, intervistato dalla scrittrice Lara Cardella.
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Unità d’Italia e pulizia etnica: Fenestrelle, lager Savoia
Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863 “per la repressione del brigantaggio nel Meridione”. Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca: le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabile comandamento di destino: “O briganti, o emigranti”.
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Robecchi: come far fessi gli italiani, per 150 anni
Con spirito pacato e sereno, nel rispetto che si deve alle istituzioni e alla storia nazionale, affermo che le solenni celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia hanno già rotto i coglioni. Sarà la retorica patriottica, saranno i roboanti toni da Risorgimento dei Puffi che si sentono in giro, ma temo che l’anno che verrà sarà pessimo, e che lo sventolare ipocrita di tricolori lo peggiorerà assai. Intendiamoci: riflettere sulla propria storia è cosa nobile e doverosa, così come lo è preservare la memoria. Ma so per certo che il ripasso dei nostri primi 150 anni non ci racconterà onestamente né da dove veniamo né dove andiamo. E questo perché già le premesse sono fallaci e truffaldine.
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Unità d’Italia a mano armata, a spese del Sud ricco
Da 150 anni ci raccontano la barzelletta del Sud liberato dai Savoia per portarvi libertà, giustizia e progresso. Errore: la crisi del sud è cominciata proprio con l’Unità d’Italia, imposta col sangue e governata con l’aiuto della mafia, dopo una brutale guerra di conquista: stragi e deportazioni, da cui la tragedia dell’emigrazione, prima sconosciuta. Impressionante la rapina delle risorse: il sud era più avanzato nel nord anche sul piano industriale. E più ricco: il regno borbonico era il più solvibile d’Europa, mentre quello piemontese il più indebitato. Anche per mettere le mani sul bottino, i Savoia si convinsero a unire l’Italia.
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Grillo: scendo in politica, per liberare l’Italia
«L’assalto alla diligenza Italia è in corso. Tutti vogliono la loro parte di bottino. Partiti, lobby, criminalità organizzata, interessi locali, gruppi stranieri. Gli unici esclusi sono i cittadini, coloro che si ostinano a chiamarsi italiani e a pagare le tasse». Beppe Grillo scende in campo direttamente, dopo l’esclusione dalle primarie del Pd: farà un suo partito, il “Movimento di Liberazione Nazionale”, che debutterà alle regionali 2010 con le liste “a 5 stelle”, ispirate ai Comuni Virtuosi, modello avanzato di buona amministrazione, ecologica e democratica.