Archivio del Tag ‘Unione Europea’
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Giovani, addio lavoro: spezzare l’Italia, missione compiuta
Allarme, dramma, tragedia. Sono i vocaboli con cui giornali, sindacati e Confindustria definiscono la catastrofe della disoccupazione indotta dalle politiche di rigore volute da Bruxelles. In Italia quasi un giovane su due non ha lavoro e, nel complesso, gli italiani disoccupati sono oltre 3 milioni. Un dato in continuo aumento: situazione desolante, fotografata dall’Istat e da Eurostat. Un record storico, addirittura, per i giovanissimi tra i 15 e i 24 anni: la massa dei senza lavoro supera il 40%, raggiungendo una soglia mai toccata dal 1977, anno d’inizio delle rilevazioni trimestrali. Peggio di noi, solo Spagna e Grecia. E’ la resa del Sud Europa al micidiale “economicidio” decretato dall’Eurozona: niente moneta sovrana e quindi tagli alla spesa pubblica, terremoto sul sistema di welfare, frana del credito, crollo dei consumi, agonia delle aziende e lavoratori a spasso. Da Monti a Letta, la musica non cambia: anzi, rispetto allo scorso anno la disoccupazione è cresciuta ancora, dell’1,4%, mentre la politica non accenna a riconoscere la causa del problema.
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Cremaschi: quelli che svendono il paese a loro insaputa
Ora governanti e manager dicono che non lo sapevano, preferiscono fare la figura dei cretini piuttosto che quella dei complici. Ma la svendita di Telecom è solo un altro atto di un percorso annunciato e realizzato da decenni, da parte di una classe politica e imprenditoriale che ha cercato di salvare se stessa e i suoi fallimenti con la vendita all’incanto dei beni del paese. E che ha usato il liberismo, l’euro e il Fiscal Compact, la Merkel come scusa e protezione del proprio potere. Ora dopo la svendita di Telecom alla principale concorrente, la Telefonica spagnola, assisteremo a qualche giorno di lacrime di coccodrillo e di compunte dissertazioni sulle politiche industriali e le riforme. Poi tutto continuerà come prima perché tutta l’Italia è in svendita. La Grecia dopo qualche anno di politiche di austerità europea ha conservato di suo il debito pubblico e la polizia che bastona chi protesta. Tutto il resto è venduto, appaltato, posto sotto controllo estero. Noi, più lentamente ma altrettanto inesorabilmente, stiamo percorrendo la stessa strada. Perché abbiamo la stessa classe dirigente.
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Barnard: tutta la verità sul disastro del modello tedesco
Ecco il disastro del modello tedesco, quello che secondo i tromboni televisivi dovrebbe essere il nostro modello. Le fonti sono autorevoli, cioé: Ocse, German Institute for Economic Research, Peterson Institute for International Economics, Wsj. Non aggiungo commenti, se non ci arrivate da soli… Il modello di competitività della Germania porta un solo nome: tagliare gli stipendi. Solo abbassando i redditi la Germania è riuscita a rimanere la prima economia dell’Eurozona, perché è riuscita ad esportare masse di prodotti a costi bassi. Ci hanno guadagnato in due: le multinazionali Neomercantili tedesche, e i numerini sui computer del Tesoro di Berlino. Ci hanno perso tutti gli altri tedeschi. Carsten Brzeski, del colosso assicurativo Ing, ci dice che la Germania si è sostenuta durante la crisi esportando fuori dalla Ue; ma ora, col crollo dei paesi emergenti, dei Brics in particolare, la Germania è esposta a shock economici pericolosissimi.
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Gallino: no a quest’Europa infernale, modellata da Berlino
Quattro anni di Merkel, quattro anni di crisi europea: quelli in cui, secondo il politologo tedesco Andreas Fisahn, l’austerità imposta da Berlino ha rovinato i paesi dell’Ue. Ora, riconfermata la cancelliera, ci attendono quattro anni ancora peggiori, se non si metterà mano alle regole dell’Unione Europea. Il disastro del rigore è davanti ai nostri occhi: oltre 25 milioni di disoccupati, di cui 4 in Italia. «La compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori ha creato decine di milioni di lavoratori poveri, a cominciare dalla Germania dove i salari reali, caso unico in Europa, sono oggi inferiori a quelli del 2000», spiega il sociologo Luciano Gallino. Quasi ovunque sono state brutalmente tagliate le pensioni – da noi ne sanno qualcosa gli esodati, ma non soltanto loro – insieme con i fondi per l’istruzione, la sanità, i trasporti pubblici. Grecia e Portogallo sono alla fame: oppressi dai diktat della troika, senza un solo vantaggio per i loro bilanci. In tutta l’Unione, i Comuni devono fronteggiare ristrettezze finanziarie mai viste, per continuare ad assicurare i servizi locali.
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La Germania fa i conti senza l’oste: il partito anti-euro
E’ vero, il partito anti-euro ha mancato l’accesso al Parlamento – però l’ha sfiorato, nonostante la brutale interdizione dei media mainstream. L’attuale risultato di “Alternativa per la Germania” non sarebbe preoccupante, per la Merkel, se le prossime elezioni fossero lontane, ma si voterà per il Parlamento Europeo fra appena nove mesi. E anche se l’assemblea di Strasburgo «conta quanto il Ducato di Hannover al Congresso di Vienna», per Aldo Giannuli si tratterà comunque di un test politico della massima importanza: «Uno sfondamento dell’Afd in quella sede (poniamo con un 9-12%) metterebbe rapidamente in crisi l’eventuale governo di larga coalizione che sembra si stia formando». Attenzione: «Se la propaganda Afd dovesse sfondare verso le grandi praterie dell’elettorato democristiano, potrebbe verificarsi un secondo caso M5S a livello europeo». E questa volta «non nella povera e marginale Italia, ma nella ricca e centrale Germania».
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Streeck: decapitare quest’Europa, dittatura neoliberista
Wolfgang Streeck è il direttore del Max-Planck Institut per la ricerca sociale di Colonia, ha diversi incarichi di ricerca e docenza in molteplici istituti tedeschi, europei ed americani; è un sociologo, che all’inizio della sua carriera fu dalle parti di Francoforte dove frequentò il sapere della Scuola di Adorno, Marcuse ed Habermas. E’ a tutti gli effetti un sapiente della knowledge factory che ha dato alle stampe un testo che ha innescato un dibattito forte e potente in Germania ed è stato appena pubblicato in Italia per i tipi di Feltrinelli (Wolfang Streeck, “Tempo guadagnato”, Campi del sapere, Feltrinelli, luglio 2013). Streeck fornisce una rilettura genealogica degli ultimi trent’anni in Europa, abbracciando nell’analisi l’economia e le coniugate riforme di politica economica, istituzionali e politiche.
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Bruxelles: crepi la Grecia, purché resti lontana dalla Russia
Torturati da Bruxelles, i greci non hanno futuro: sono senza cibo e non hanno soldi per curarsi. Quello che sta accadendo alla Grecia nel 2013 non ha eguali in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: la popolazione è abbandonata a se stessa, senza lavoro e senza protezioni, tantomeno sanitarie. E nelle manifestazioni di piazza cominciano a circolare armi. «Un’esplosione sociale è inevitabile», afferma l’ex diplomatico greco Leonidas Chrysanthopoulos. Ormai l’unica domanda è: quando la rivolta scoppierà. Perché tutto questo? Semplice: per il lucro degli speculatori di Wall Street, gli avvoltoi del debito greco, e per il dominio dell’egemonia euro-atlantica: se la Grecia dovesse collassare e uscire dall’Eurozona, spiega al “Corriere della Sera” l’ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer, Europa e Usa potrebbero perdere il controllo sui Balcani: gli Stati oggi attratti da Bruxelles potrebbero spaventarsi e tornare sotto l’ala della Russia.
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La finanza parassitaria, il cancro che uccide il lavoro
Se l’industria produce 100, la finanza pretende una “tangente” che va da 50 a 70. I parassiti stanno letteralmente divorando le aziende, cui impongono costi finanziari mostruosi. L’Unione Europea sta dalla parte della finanza e lascia al suo destino l’industria. La quale, complici i dirigenti – reagisce in un solo modo, e cioè tagliando posti di lavoro. E’ la crisi europea “spiegata” dall’economista francese Laurent Cordonnier, co-autore di un importante studio dell’università di Lille, che dimostra che è proprio la rendita finanziaria ad aver cannibalizzato il lavoro in Europa, provocando l’attuale disastro. «L’aumento del costo del capitale – o piuttosto del suo sovraccosto – sulla scia della finanziarizzazione dell’economia, spiega le performance deludenti che le vecchie economie sviluppate hanno offerto negli ultimi trent’anni: il ritmo fiacco dell’accumulazione di capitale, l’aumento delle diseguaglianze, il boom dei redditi finanziari, la persistenza di un massiccio fenomeno di sottoccupazione».
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Competenze e meritocrazia: è la scuola per futuri servi
Quando si parla del mondo del lavoro e del mondo della scuola sembra sempre che si parli di due questioni totalmente distinte. E invece, nell’Italia con il Pil che crolla, nel mare magnum delle fugacissime questioni estive, ci sono un paio di notizie che si accoppiano per farci capire come dobbiamo immaginarci il futuro prossimo. La prima è la disfida modello western tra Fiom e Fiat, simboleggiata al meglio dal duello in pieno sole tra Marchionne e Landini: il contenzioso nello specifico è la sentenza della Cassazione che obbligherebbe la Fiat a dare spazio ai delegati della Fiom, mobbizzati e licenziati senza nemmeno quegli ultimi scrupoli che sono gli articoli della Costituzione. Dalla parte di Marchionne stanno quelli che invocano un modello d’industria nuovo, senza i laccioli di un sindacato-reliquia. Dalla parte di Landini i difensori di diritti lesi da una globalizzazione che è tale solo nella deregulation.
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Vogliono spezzare la val Susa per poi piegare tutti noi
Assistiamo increduli alla militarizzazione e, nel contempo, alla riesumazione di fenomeni appartenenti agli oscuri recessi del secolo scorso (il terrorismo, le Brigate Rosse), per recintare, isolare e distruggere la solidarietà civile e politica nata intorno al movimento No-Tav che, va ricordato, è movimento di massa, che coinvolge buona parte del popolo della val di Susa con in testa molti dei suoi sindaci. Proviamo a mettere in fila alcuni fatti che, in questi ultimi giorni, hanno assunto un’improvvisa ma non inaspettata accelerazione. Due sconosciuti detenuti per fatti di terrorismo – e che dunque si suppone siano sottoposti ad un regime particolarmente severo di isolamento comunicativo – mettono tranquillamente su Internet un messaggio eversivo che oggettivamente ha il solo scopo (cui prodest?) di disegnare un’equazione tra terrorismo e movimento No-Tav, che – ribadiamolo – è opposizione di massa, non violenta, a un inutile e costoso progetto di scempio ambientale, che vuole prepotentemente e militarmente imporsi sul diritto alla salute e ad altri superiori valori costituzionali difesi strenuamente da un’intera comunità.
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Lottare per il lavoro: il grido di Bergoglio nel Merkel-day
Sì, la notizia del giorno era la riconferma della cancelliera Angela Merkel. Ma mi son distratto. Ieri la mia città, Cagliari, ospitava Papa Francesco. C’erano quasi quattrocentomila persone a salutarlo in piazza, con un entusiasmo popolare palpabile (e papabile). Si è riversato in poche vie un quarto della popolazione sarda. Sono numeri che dovrebbero fare notizia, perché sono destinati a ripetersi in tante altre realtà che vivranno la Grande Crisi in questi anni. Quel che ho visto ieri a Cagliari – in una regione in cui metà dei giovani non hanno lavoro – lo vedranno in tanti anche altrove. Ho visto un’infinità di disoccupati commossi fino alle lacrime dalle parole del Papa. Mentre il mondo politico che un tempo parlava alle masse non ha più il polso né dei lavoratori né dei poveri, accade invece che il più originale prodotto del peronismo argentino, Jorge Bergoglio, stia entrando nei loro cuori.
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Ancora Merkel: Berlino continua la guerra contro di noi
«Un risultato super», che consentirà «altri quattro anni di successi». Sono le prime parole, agghiaccianti, della regina neoliberista Angela Merkel dopo il trionfo del referendum a cui ha sottoposto se stessa, chiedendo ai tedeschi il via libera per continuare a far precipitare nel baratro il resto dell’Europa. Con oltre il 40% dei voti e ora la prospettiva di prolungare fino a 12 anni la propria stagione di potere, la Merkel è il primo leader di un paese europeo a ottenere la conferma degli elettori dopo l’inizio della grande crisi, la tempesta economico-finanziaria innescata dall’Eurozona. “Alternativa per la Germania”, il partito anti-euro, non entra neppure in Parlamento, dove probabilmente anche la cancelliera dovrà rassegnarsi alle “larghe intese” con l’incolore Spd, mentre né i Verdi né la Linke hanno mai attaccato frontalmente – come necessario – il sistema egemonico dell’Unione Europea che mette in croce i popoli, cominciando dai più deboli. Con il plebiscito tributatole dai tedeschi, a cui ha mentito – raccontando loro di aver frenato il Sud Europa “spendaccione” – la Merkel rischia di far impallidire persino il ricordo della “strega” Margaret Thatcher.