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Verità e giustizia: è sempre giovane il sole della resistenza
Li allinearono all’alba, in montagna. Il comandante, Giulio Nicoletta (calabrese di Crotone, socialista, tenente dei carristi) spiegò loro che i nazisti avevano appena fucilato 51 ostaggi civili, giù a Cumiana. I prigionieri – Ss italiane e sottufficiali tedeschi – pensarono: ecco, ora ci fucilano per rappresaglia. E invece no: non vi fuciliamo, precisò il comandante, perché i vostri hanno in mano ancora cento ostaggi rastrellati per la strada. E non vi fuciliamo, soprattutto, perché non siamo bestie, noi. Lo scambio infine avvenne, e che scambio: militari contro civili inermi. Un anno dopo, a Torino – il 26 aprile, tra gli ultimi spari – il comandante si sentì chiamare. Erano loro, i prigionieri dell’anno prima. Ma ormai, vestiti anch’essi da partigiani. Abbiamo disertato, gli spiegarono, poco dopo esser stati rilasciati. Non erano bestie, nemmeno loro. E avevano imparato. Avevano anche visto che i partigiani rilucevano di una speciale bellezza giovane: ridevano. Quando potevano, nonostante tutto, suonavano e cantavano. Ballavano. Nel sangue avevano il futuro, non il lutto.Tachipirina e vigile attesa: per il Tar del Lazio, è stato folle impedire ai medici di curare i pazienti. Due anni dopo, gli inservienti del grande potere oscuro insistono: ai loro tirapiedi dei media fanno tuttora contare i contagi e possibilmente i ricoveri, senza mai ricordare che i protocolli per le efficacissime cure domiciliari non sono ancora stati varati. Se Conte poteva accampare qualche attenuante, raccontando la storiella della catastrofe inaspettata (e certo amplificata in ogni modo, anche dalla richiesta di evitare le autopsie), per Draghi non esistono alibi possibili. Alcuni legali, spiega Andrea Colombini, stanno predisponendo le denunce: concorso in strage colposa. Questo è il punto davvero dirimente, oggi oscurato dalla barzelletta dei non-vaccini (che non immunizzano nessuno). Non-vaccini che, per essere imposti, avevano bisogno esattamente di quello: di tanta inutile Tachipirina, di tanta pericolosa attesa. Lo hanno fatto, lo hanno rifatto, e continuano tuttora a farlo. Tanto, la colpa – per i telegiornali, per i ministri – è dei cosiddetti No-Vax, i renitenti al Super Green Pass.A proposito: secondo Confesercenti, nella sola Torino, la demolizione controllata dell’economia italiana (disposta dai signori che manovrano il governo Draghi) costa qualcosa con un milione e mezzo di euro al giorno. E il bello deve ancora arrivare, con l’ultima stretta in scadenza. Quanti sono, i cittadini muniti di terza dose? Non più del 35%, secondo lo stesso Colombini (una delle voci della resistenza civile). Per Michele Giovagnoli, altro esponente dell’Italia libera, sono 6,7 milioni le persone finora sottrattesi all’inoculo. Vanno sommate a chi ha subito la prima e la seconda dose, ma ora esitano di fronte alla terza: e infatti disertano bar e ristoranti (e domani, anche i negozi). Non sono tutti cretini: le ascoltano, le parole pronciate a Milano dal grande Luc Montagnier. Giovagnoli, che predica incessantemente la nonviolenza, paventa comunque il rischio di disordini entro febbraio. Spiega: la menzogna governativa è ormai talmente scoperta, e talmente persecutoria, da non poter produrre altro che rabbia e disperazione. Persino in un paese come il nostro, sempre riluttante di fronte alla possibilità di vere rivolte.Ben diverso, dice Michele, il caso della Francia: la sua rivoluzione cambiò il mondo. L’Italia sembra più immatura, più adolescente, anche se ha prodotto l’Impero Romano e quello vaticano, il Rinascimento, il fascismo e tante altre cose. Non è un caso – insiste Giovagnoli – che oggi il male infierisca sui due paesi europei storicamente dotati di maggior potenziale creativo, proprio mentre la Gran Bretagna festeggia la ritrovata libertà (zero restrizioni, nessuna emergenza sanitaria) e la stessa Spagna annunci di voler chiedere all’Ue di declassare il Covid, nella variante Omicron, al rango di semplice influenza, senza più alcun bisogno di politiche speciali. Da noi no, la musica è ben diversa: in attesa che la verità finisca di emergere anche ufficialmente, magari per via giudiziaria, questo potere colpevole e bugiardo (che la verità la conosce benissimo) va avanti per la sua strada, verso il baratro, sapendo di fare il male deliberatamente. Fino a quando? Già a luglio, si sbilancia Giovagnoli, assisteremo alle prime, grandi sorprese. In altre parole: la farsa ha ormai i mesi contati.Certo, agli italiani tocca soffrire ancora. Chi è riuscito a resistere al ricatto, oggi vede benissimo l’infinita debolezza (civile, politica) di chi invece all’estorsione ha ceduto: vede cioè che il ricatto aveva l’effetto magico di oscurare le cure, la drammatica necessità delle terapie. Cedere, in fondo, significava dire: vi diamo partita vinta, cose se davvero foste detentori di una parte di verità. Ma senza verità – ripeteva Giuletto Chiesa – non c’è alcuna possibilità di ottenere libertà e quindi giustizia. Proprio verso il raggruppamento di Ferruccio Parri (Giustizia e Libertà) inclinava la 43esima divisione autonoma della Val Sangone, sui monti fra Torino e Pinerolo. Era una specie di Cln in armi: la brigata garibaldina del padre di Piero Fassino convineva con quella (monarchica) del marchese Felice Cordero di Pamparato, nome di battaglia Campana, cui poi il capoluogo piemontese intitolò la storica sede universitaria delle facoltà umanistiche.Ebbi la fortuna di conoscere personalmente Giulio Nicoletta. Un uomo di pace, costretto dalla storia a fare il guerriero: scelto come comandante di divisione proprio per la sua capacità di conciliare anime tanto diverse. In casa, aveva conservato come una reliquia la pistola Luger avuta in dono dal generale delle Ss Peter Hansen, con il quale nel 1944 aveva trattato il rilascio degli ostaggi superstiti di Cumiana. Per sviare testimoni e interpreti, i due si erano parlati in latino. Ora l’ho capito, gli disse il generale, nella lingua di Cicerone: se fossi italiano – scandì – sarei anch’io partigiano. Prima regola: tirar fuori il coraggio. Mezzo secolo dopo, alla valle di quei combattenti, il Quirinale conferì una medaglia al valor militare. A una condizione: che nella cerimonia non pronuciassero mai la parola “fascismo”. Lo aveva imposto Oscar Luigi Scalfaro, spaventato dalla Lega di Pontida: la storia andava riscritta, per non rianimare il fantasma della guerra fratricida fra italiani. Me lo confidò lo stesso Nicoletta, con un groppo in gola, poco prima di prendere la parola, al sacrario dei loro caduti. Poi, quando toccò a lui, guardò in faccia il presidente Scalfaro. E vuotò il sacco: non era stata solo colpa dei tedeschi. Né si diventa partigiani per caso. Bisogna lottare, per la libertà. E qualcuno deve pur farlo.(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2022).Li allinearono all’alba, in montagna. Il comandante, Giulio Nicoletta (calabrese di Crotone, socialista, tenente dei carristi) spiegò loro che i nazisti avevano appena fucilato 51 ostaggi civili, giù a Cumiana. I prigionieri – Ss italiane e sottufficiali tedeschi – pensarono: ecco, ora ci fucilano per rappresaglia. E invece no: non vi fuciliamo, precisò il comandante, perché i vostri hanno in mano ancora cento ostaggi rastrellati per la strada. E non vi fuciliamo, soprattutto, perché non siamo bestie, noi. Lo scambio infine avvenne, e che scambio: militari contro civili inermi. Un anno dopo, a Torino – il 26 aprile, tra gli ultimi spari – il comandante si sentì chiamare. Erano loro, i prigionieri dell’anno prima. Ma ormai, vestiti anch’essi da partigiani. Abbiamo disertato, gli raccontarono, poco dopo esser stati rilasciati. Non erano bestie, nemmeno loro. E avevano imparato. Avevano anche visto che i partigiani rilucevano di una speciale bellezza giovane: ridevano. Quando potevano, nonostante tutto, suonavano e cantavano. Ballavano. Nel sangue avevano il futuro, non il lutto.
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Magaldi: Draghi ci ha deluso, ma l’alternativa dov’è?
Per chi avesse ancora interesse a scrutare tra i retroscena della politica, cioè il teatro d’ombre dove oggi si recita l’ipocrisia di una pace apparente mentre si sta portando la guerra in tutte le case a colpi di vessazioni surreali, vale comunque la pena di ascoltare la voce di un politologo atipico come Gioele Magaldi, autore nel 2014 del saggio “Massoni” dedicato al ruolo occulto delle superlogge sovranazionali che dominerebbero il “back office” del potere. Cosa dice, oggi, Magaldi? Due cose. La prima: Mario Draghi lo ha profondamente deluso, come primo ministro. La seconda: forse avrebbe l’autorevolezza per propiziare, dal Quirinale, la svolta che non ha voluto o potuto imprimere da Palazzo Chigi, mentre tutte le alternative quirinalizie (nomi del calibro di Casini) non farebbero che riproporre una grigia continuità, rispetto all’operato di Mattarella.La posizione di Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, è nota: serve una rivoluzione copernicana, per archiviare per sempre la stagione del rigore. Rivoluzione che lo stesso Draghi era sembrato evocare, nel forte richiamo al New Deal rooseveltiano e keynesiano pubblicato sul “Financial Times” nel 2020, auspicando il ritorno a una politica finanziaria espansiva. Ora ha riproposto lo stesso tema – in tandem con Macron – chiedendo, appunto, una radicale revisione di Maastricht e dei parametri europei che limitano severamente la spesa pubblica, sabotando l’economia reale. Sembra l’unica luce, dice Magaldi, nell’ultima stagione di un Draghi che ha sostanzialmente deluso, come primo ministro, su tutti i fronti. Doveva propiziare una brusca sterzata nella politica economica italiana, ma non è andato oltre le briciole.Peggio che andar di notte, se pensiamo alla gestione dell’affare Covid: rispetto alla gestione Conte, ha soltanto rimosso figure come quella di Arcuri. Di fatto, non ha osato (o voluto) cambiare l’approccio al problema: l’intollerabile coercizione ricattatoria (imporre il Tso) oscura la gravissima omissione a monte, cioè la rinuncia ad adottare efficaci protocolli di cura. Terapie che – dicono centinaia di medici – avrebbero salvato vite e svuotato gli ospedali: ma in quel modo, sgonfiandosi l’emergenza, sarebbe stato impossibile imporre i sieri genici sperimentali come unica soluzione. Secondo Magaldi, i massoni progressisti controllano un discreto pacchetto di voti parlamentari: non abbastanza per garantire a Draghi la certezza dell’elezione al Colle, ma sufficienti per bocciarlo. Che fare? Non abbiamo ancora deciso, dice Magaldi a Fabio Frabetti di “Border Nights”: in queste ore i circuiti massonici “rooseveltiani” chiederanno chiarimenti a quello che, fino a ieri, era il loro candidato.L’analisi di Magaldi aiuta ad approfondire le reali dinamiche del potere, che anche storicamente rispondono a logiche sovranazionali interpretate da filiere contrapposte, progressiste e reazionarie. Mario Draghi – se si ravvedesse – potrebbe essere davvero una carta utile, per l’Italia, nell’Europa post-merkeliana? Certo, l’ex liquidatore del Belpaese ha ora peggiorato ulteriormente il suo curriculum patriottico. Prima ancora della scelta di imporre (pena la perdita del lavoro e di quasi tutte le libertà) questi sieri Rna che nella migliore delle ipotesi risultano inefficaci, Draghi sconta la colpa storica non aver cestinato il paradigma del terrore sanitario: e rifiutarsi di curare i pazienti, in attesa del peggioramento e dell’ospedalizzazione, è qualcosa di più di un errore. Lo ha appena detto anche il Tar del Lazio: ai medici è stato impedito di agire secondo scienza e coscienza. E Mario Draghi non può pensare di non risponderne.Le alternative a Draghi, al Qurinale, sarebbero tutte peggiori? Questo spiega ancora meglio la profondità dell’abisso nel quale l’Italia è precipitata, nonostante Draghi (o grazie a lui), proprio mentre l’Occidente colpito dalla gestione emergenziale sta inziando a dare segni di risveglio. Negli Usa, la Corte Suprema ha bocciato l’obbligo vaccinale preteso da Biden. E mentre la Gran Bretagna corre verso l’abolizione di ogni residua restrizione, la Spagna annuncia che proporrà all’Ue di trattare la “variante Omicron” come un normale raffreddore. La sensazione è che una quota rilevante di opinione pubblica, anche in Italia, stia ormai aprendo gli occhi. E si può immaginare quale entusiasmo possa mostrare, all’idea che il suo “carceriere” diventi presidente della Repubblica. I lockdown di Conte erano pesantissimi, così come il coprifuoco, ma almeno avevano carattere temporaneo. Il Green Pass, invece, ha l’aria di candidarsi a diventare permanente.Proprio Gioele Magaldi è stato tra i primi, in Italia, a denunciare la “cinesizzazione” dell’Occidente e la matrice oligarchica del potere che ha manipolato l’emergenza Covid. L’autore di “Massoni” accusa determinate superlogge “neoaristocratiche”, che avrebbero utilizzato il potere cinese per revocare progressivamente i diritti dell’Occidente. Mario Draghi, fino a ieri campione proprio di quelle superlogge, due anni fa si sarebbe convertito al progressismo, promettendo di cambiare registro. E invece, finora, agli italiani ha inflitto sofferenze infinite: tormenti probabilmente anche incostituzionali, che stanno letteralmente minando l’economia, la scuola, la sanità, la società nel suo insieme. Il vulnus inferto da lui e da Conte in questi ultimi due anni sta producendo una disaffezione dilagante, destinata a farsi sentire, a prescindere da quale sarà il prossimo capo dello Stato.Per chi avesse ancora interesse a scrutare tra i retroscena della politica, cioè il teatro d’ombre dove oggi si recita l’ipocrisia di una pace apparente mentre si sta portando la guerra in tutte le case a colpi di vessazioni surreali, vale comunque la pena di ascoltare la voce di un politologo atipico come Gioele Magaldi, autore nel 2014 del saggio “Massoni” dedicato al ruolo occulto delle superlogge sovranazionali che dominerebbero il “back office” del potere. Cosa dice, oggi, Magaldi? Due cose. La prima: Mario Draghi lo ha profondamente deluso, come primo ministro. La seconda: forse avrebbe l’autorevolezza per propiziare, dal Quirinale, la svolta che non ha voluto o potuto imprimere da Palazzo Chigi, mentre tutte le alternative quirinalizie (nomi del calibro di Casini) non farebbero che riproporre una grigia continuità, rispetto all’operato di Mattarella.
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Come in cielo, così in terra: chi vuole la fine dell’Occidente
Sta finalmente fallendo, il disegno criminale del Reset della Verità? Ne è convinto Nicola Bizzi, co-autore e editore di “Operazione Corona”. Vero, l’Italia del “nuovo” Draghi si conferma il peggior paese-lager d’Europa, il più arcigno custode della menzogna sanitaria: mi ostino a non garantire terapie tempestive, in modo da costringere i malati a ricoverarsi, quando ormai si saranno aggravati. Per contro, il resto del mondo ormai parla tutt’altra lingua. Squillante il segnale da Londra: fine delle restrizioni, pretestuose e inutili. I maggiordomi di Davos, dice Bizzi, sono soltanto i ventriloqui di grandi poteri anche dinastici, come quello degli eredi Asburgo: ma a questo “asse del male” sono rimasti fedeli soltanto l’Unione Europea e il Vaticano, escluso dal Quantum Financial System, nuovo paradigma ancora piuttosto misterioso. Una rivoluzione finanziaria di cui ha parlato quasi solo Luca La Bella su “Database Italia”: in teoria, il Qfs sarebbe una leva capace di mettere in crisi la dominazione bancaria della moneta a debito, di cui proprio l’attuale premier italiano è uno dei frontman più vistosi e più carichi di colpe, anche recenti e recentissime.Storico e studioso di archeologia, Bizzi non teme di frugare nella mitopoiesi, alla ricerca di possibili indizi per scovare le ragioni dell’anomala fretta che sembra pervadere quell’élite planetaria che due anni fa aveva puntato tutto sulla psico-pandemia terroristica, per poi arrivare a tappe forzate alla civiltà orwelliana del microchip, cominciando dal Green Pass, passando per il congelamento dei governi in ossequio all’ambigua overdose di aiuti europei. Un cavallo di Troia – l’ideologia tecno-green – per fare del gretismo la nuova religione dogmatica del dominio fondato sull’emergenza permanente (non più sanitaria, ma climatica). Sotto questo aspetto, al governo Draghi non manca nulla: può contare sul profeta del 5G, Vittorio Colao, come pure sullo scienziato Roberto Cingolani, promotore del nucleare “verde” e dei nano-bot inoculabili e attivabili da remoto con le radiofrequenze. Lo stesso Cingolani ci ha appena illuminato sul grande rebus demografico del pianeta: la Terra sarebbe perfetta per ospitare tre miliardi di persone (ergo, almeno quattro miliardi di noi sarebbero di troppo).Di “depopolamento malthusiano” parlano apertamente le rosacrociane Georgia Guidestones, senza contare i pensatori-filantropi del calibro di Bill Gates. In Italia tiene ancora banco la storiella secondo cui il “vaccino” C-19 proteggerebbe almeno dagli effetti peggiori della patologia, mentre i media tacciono sui dati ufficiali emessi dalla famarcovigilanza dell’Ema, a fine agosto: 24.000 decessi poco dopo l’inoculo e 2 milioni di cittadini costretti a ricorrere a cure mediche, specie cardiologiche. Negli ospedali, nessuna differenza tra “vaccinati” e non. Dati ufficiali del Regno Unito: nelle terapie intensive, ogni 5 pazienti, ben 4 sono “vaccinati”. Nicola Bizzi prova a mappare il problema: l’imposizione dei sieri genici sperimentali investe quasi solo l’Occidente, più le sue propaggini post-coloniali in Oceania (Australia e Nuova Zelanda). Una sovrapposizione pressoché perfetta, rispetto alle inquietanti previsioni esibite nel 2017 dal sito statunitense “Deagel.com”, che – evocando fonti d’intelligence – prefigurava (non si sa in base a che cosa) un drastico crollo demografico per l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti. Cioè: esattamente le aree sottoposte alle vessazioni sanitarie basate sull’inoculo genico.Lo stesso Bizzi riflette su un dettaglio: nel 2020 il presunto Covid-19 comparso a Wuhan esplose stranamente nella provincia di Bergamo, i cui abitanti furono sottoposti a mappatura genetica a tappeto quando gli inquirenti davano la caccia al killer di Yara Gambirasio. Quella di Bergamo è anche un’area fortemente inquinata, nonché affollatissima di antenne 5G. Non solo: nel 2019 la popolazione bergamasca fece registrare una specie di record, per l’inoculo dei vaccini antinfluenzali. Sempre a Bergamo intervenne la stranissima missione militare inviata dalla Russia: a fare cosa? Gli specialisti di Mosca, brigate addestrate a rilevare la presenza di armi non convenzionali – dice sempre Bizzi, citando un vescovo della Chiesa ortodossa russa – avrebbero individuato il rilascio (nell’aria, nell’acqua e sul suolo) di agenti tossici già noti e presenti negli arsenali “proibiti” di cui dispongono le superpotenze. Naturalmente, il report – trasmesso al governo Conte – sarebbe stato concordemente secretato. Onde per cui non è possibile ottenere conferme precise, neppure giornalistiche. Ma, come dire: la verità potrebbe essere custodita in cassaforte, come strumento di pressione.Addirittura spettacolare il recente ruolo della Russia nell’opporsi alla narrazione occidentale ancora dominante: prima il “niet” all’Onu sulla pretesa di trasformare la cosiddetta emergenza climatica in problema per la sicurezza internazionale, poi il declassamento del Covid come pericolo non più emergenziale. Oltre ad aver prontamente sdoganato il protocollo De Donno (plasma iperimmune) anche sotto forma di farmaci a base di anticorpi monoclonali, gli scienziati di Mosca hanno diffuso annunci espliciti: la variante Omicron sarebbe stata ingegnerizzata e rilasciata, a partire dal Sudafrica, per contagiare finalmente tutti e quindi immunizzare davvero la popolazione. Spiegano i virologi russi: da un lato sono stati inseriti elementi genici per velocizzare i contagi, dall’altro sono state rimosse le componenti responsabili delle complicanze polmonari. Risultato: la Omicron provocherebbe al massimo un forte raffreddore. Potrebbe essere lei il vero vaccino, ha sintetizzato lo stesso Putin: l’uscita, definitiva, dal delirio “pandemico”.Che l’Italia di Draghi sembri non accorgersene – boicottando ancora le cure precoci e le terapie domiciliari, in modo da reiterare il terrorismo sanitario per spingere i renitenti a capitolare, di fronte al ricatto “vaccinale” – non è che un dettaglio, l’ennesimo, destinato probabilmente ad aggravare in modo irreparabile le imputazioni di cui forse un giorno si occuperà il tribunale della storia. Intanto però le popolazioni occidentali marciano in direzione nettamente opposta: negli Usa, gli Stati trumpiani hanno stoppato il Tso ricorrendo alla magistratura federale, mentre mezza Europa si sta agitando in modo rumoroso, dalla tenace Germania fino alla Francia, che sconta l’insurrezione di mezzo Parlamento, contrario alle imposizioni all’italiana. In un modo o nell’altro, la sensazione è che l’uscita dal tunnel potrebbe essere prossima. Lo stesso Bill Gates – in qualità di tuttologo onnisciente – ha appena dichiarato che, ad aprile, lo spettro del Covid sarà solo un brutto ricordo. Sta davvero per crollare, l’immane impalcatura mistificatoria che ha provato a sequestrare il pianeta? E comunque: quale potrebbe esser stato il movente principale?La prima risposta è facile: estendere all’Occidente il modello sociale cinese. Libertà relativa, condizionata alla buona condotta del suddito: obbligato a circolare in eterno con il suo bravo Green Pass a punteggio. Sottolinea Bizzi: se il piano doveva essere globale (e infatti lo era) è già praticamente fallito, perché non puoi imporlo senza la Russia, senza metà degli Usa, senza l’India, senza il Brasile e senza il Sudafrica (la “patria” di Omicron, primo paese in assoluto ad abbandonare ogni misura restrittiva). Forse, però, l’immenso reticolo dove si intrecciano interessi plurimi e spesso insospettabili, di cui restano visibili solo le filiere terminali (il mega-business di Big Pharma), non basta – da solo – a spiegare l’accaduto. Specie in giorni in cui la Nasa, sconcertando molti, ha annunciato di aver “reclutato” 24 teologi per capire come preparare le masse all’eventuale (imminente?) contatto con entità aliene. Dal 2020, il tema ha cessato di essere relegato nella fantascienza: il Pentagono ha infatti ammesso l’esistenza degli Ufo, ribattezzati Uap.Studioso della tradizione misterica eleusina, lo stesso Bizzi prova a riassumere: da autori classici come Esiodo “sappiamo” che i Titani, progenitori mitologici di una parte dell’umanità, sarebbero stati sconfitti 20.000 anni fa dalle nuove “divinità”, quelle del pantheon greco dell’Olimpo. Per la mitologia di Eleusi, i Titani sarebbero sbarcati sul nostro pianeta 90.000 anni fa, trovandolo già popolato. Diecimila anni dopo, dalla loro centrale operativa (l’arcipelago Ennosigeo-Atlantideo) avrebbero “fabbricato” un particolare nostro antenato preistorico, l’Uomo di Cro-Magnon, i cui geni – pare – sarebbero all’origine dell’attuale uomo bianco occidentale. Quello letteralmente travolto, oggi, dalla follia Covid, e sottopposto alle peggiori angherie: fino all’imposizione ricattatoria del siero sperimentale Rna che, di fatto, interviene sul corredo genico della persona. Semplici suggestioni? Niente affatto, stando a illustri scienziati: non si contano più i medici che sostengono la potenziale pericolosità del preparato, i cui effetti a lungo termine non sono noti.Secondo voci di intelligence, poi, c’è chi teme che nel 2024 la Terra possa essere raggiunta da visitatori non desiderati: da qui l’improvvisa accelerazione della “disclosure” in corso, fino alle clamorose esternazioni del generale israeliano Haim Eshed: da trent’anni collaboriamo con razze aliene in un Federazione Galattica, che dispone di basi spaziali condivise. E se ad aver paura degli altri alieni in arrivo, presentati come “cattivi”, fossero proprio gli alieni che – secondo Bizzi e molti altri – reggerebbero segretamente la Terra da almeno 20.000 anni, attraverso i loro rappresentanti umani? In altre parole: si può immaginare una ipotetica correlazione tra l’apocalisse in corso e il timore per l’eventuale ritorno di entità ostili al dominatori occulti del nostro pianeta? E poi: c’è un nesso, tra la brutale persecuzione di noi occidentali e il possibile ritorno dei nostri “progenitori” titanici, largamente annunciato dalle profezie eleusine? Domande, certo: solo domande (fuori dalla portata, in ogni caso, di chi ancora crede a Babbo Natale e ai virologi televisivi).Qualcuno potrebbe dire: cerchiamo di non essere ridicoli, rincorrendo fantasie mitologiche e magari consolatorie, fuorvianti, letteralmente lunari. Per contro, cosa offre il menù della realtà quotidiana? Il tenore estetico della farsa è reso magistralmente dalle parole testuali del primo ministro, quello che vorrebbe finire al Quirinale: «Se non ti vaccini, muori e fai morire chi ti è accanto», ove peraltro il verbo “vaccinare” è utilizzato in modo sfacciatamente abusivo. Ora, sta forse compiendo la sua Opera al Nero, l’alchimista Draghi, propedeutica – per eterogenesi dei fini – alla riscossa coscienziale, e quindi poi anche politica e civile, che può scaturire solo dalla rivolta morale di fronte alla peggiore delle ingiustizie? Dettagli trascurabili, in fondo, in un teatro mondiale in cui compaiono problemi sanitari deliberatamente procurati, ma anche teologi e alieni, astronauti di ieri e di oggi. L’unica vera notizia forse è questa: una quota rilevante della popolazione ha saggiato la natura dell’attuale potere, e non vuole più averci a che fare. Ha aperto gli occhi, definitivamente: qualcuno ce l’ha con noi, proprio con noi occidentali.Sta finalmente fallendo, il disegno criminale del Reset della Verità? Ne è convinto Nicola Bizzi, co-autore e editore di “Operazione Corona”. Vero, l’Italia del “nuovo” Draghi si conferma il peggior paese-lager d’Europa, il più arcigno custode della menzogna sanitaria: mi ostino a non garantire terapie tempestive, in modo da costringere i malati a ricoverarsi, quando ormai si saranno aggravati. Per contro, il resto del mondo ormai parla tutt’altra lingua. Squillante il segnale da Londra: fine delle restrizioni, pretestuose e inutili. I maggiordomi di Davos, dice Bizzi, sono soltanto i ventriloqui di grandi poteri anche dinastici, come quello degli eredi Asburgo: ma a questo “asse del male” sono rimasti fedeli soltanto l’Unione Europea e il Vaticano, escluso dal Quantum Financial System, nuovo paradigma ancora piuttosto misterioso. Una rivoluzione finanziaria di cui ha parlato quasi solo Luca La Bella su “Database Italia”: in teoria, il Qfs sarebbe una leva capace di mettere in crisi la dominazione bancaria della moneta a debito, di cui proprio l’attuale premier italiano è uno dei frontman più vistosi e più carichi di colpe, anche recenti e recentissime.
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Non c’è più posto, per voi, nel futuro che sta arrivando
Se una cura esiste, ma io non la riconosco (e dopo quasi due anni continuo a non volerla riconoscere), io non sto prendendo una clamorosa cantonata: io sto procurando, intenzionalmente, un disastro. Se tu sei malato e io seguito a non sottoporti a una terapia idonea, non sto commettendo un errore: sto proprio cercando di farti del male. Specie se emargino i medici che ti salverebbero la pelle: e infatti li oscuro, li sospendo, li espello. Probabilmente è questa, la vera lezione dell’annus horribilis che va chiudendosi, come il più laido degli incubi. L’anno del Grande Vaccino, indegno surrogato del Grande Cocomero di Linus e Charlie Brown. Indegno, perché quello almeno era davvero un cocomero, mentre questi – che chiamano ancora vaccini, sfidando il ridicolo – non hanno nulla che li accomuni allo storico presidio profilattico, vanto della scienza medica moderna. E la loro inutilità catastrofica è ormai palese, a chiunque non abbia il cervello in panne.Dopo ben tre dosi, rifilate una dietro l’altra, per circolare è comunque necessario il tampone. Perché i contagi volano, come se quei sieri nemmeno esistessero. E così la verità, lentamernte, si fa strada: quella brodaglia, resa obbligatoria, non immunizza proprio nessuno. La verità è inevitabilmente incresciosa: fin dall’inizio, è stato fatto l’esatto contrario di quello che si sarebbe dovuto fare. Lo avevano spiegato i luminari della Great Barrington Declaration, eroi della lotta contro l’Ebola: contagiarsi tutti, il prima possibile, per metter fine velocemente all’epidemia. Invece, per due anni, s’è raccontato a reti unificate un cumulo straripante di fandonie, prima spegnendo le voci veritiere e poi addirittura perseguitandole attivamente, come si fa in Cina. Non a caso: la Cina, esattamente, è l’impero verso il quale stiamo scivolando. Lo conferma l’adozione del certificato digitale di buona condotta, pensato appositamente per condizionare all’obbedienza l’accesso a qualsiasi libertà di movimento.Certo, il tempo stringe: secondo alcuni, l’immane buffonata mondiale ha ormai i giorni contati. Il Sudafrica, il paese da cui si sarebbe sviluppata l’ultima “variante”, ha ritirato ogni restrizione. Motivo: il raffreddore Omicron contagia tutti, ma non crea veri problemi quasi a nessuno. E certo non lo fermano i patetici sieri genici (che semmai stanno causando reazioni avverse – specie cardiologiche – non più minimizzabili, nonostante l’omertoso silenzio degli addetti ai lavori, trasformati in complici). Tanto per cambiare, è stata la “democratura” russa a dare la notizia: secondo gli scienziati moscoviti, la quasi innocua Omicron sarebbe stata “ingegnerizzata e rilasciata” per contagiare tutti e quindi, finalmente, immunizzare davvero la popolazione. L’ha detto Putin, esplicitamente: potrebbe essere proprio Omicron, il vero vaccino; se tutti si contagiano, questa storia finisce sul serio.Si accettano scommesse sull’eventuale data: marzo, aprile? Poi verrà rottamata la grande menzogna, insieme alle sue sterminate filiere miliardarie di masnadieri e rentier? Possibile che il calcolo non sia estraneo nemmeno al governatore dell’Italia, quello che ora vorrebbe finire al Quirinale. Certo è impietosa, la storia: aveva una possibilità di redimersi, l’uomo, ma non ha osato. Dopo il Britannia, la Grecia e il “pilota automatico”, aveva avuto un assist formidabile: licenziare i beccamorti e varare il benedetto protocollo per le cure precoci, le terapie domiciliari. Da sola, l’Italia avrebbe fatto crollare l’incubo: dimostrando che sarebbe bastato molto poco, probabilmente, per ridurre i ricoveri quasi a zero. Avrebbe significato molto: la fine della paura, la fine delle sofferenze di migliaia di malati. Ma per un’impresa simile, a quanto pare, serviva la tempra di un Nelson Mandela.Gli analisti più sottili non mancheranno di avventurarsi nell’arte dell’esegesi raffinata: dato lo strapotere schiacciante, mondiale, del Partito del Covid, non era possibile agire diversamente; se il primo ministro ha quindi scelto di subire ancora il paradigma del male (“se non ti vaccini, muori e fai morire chi ti è vicino”), l’ha fatto solo per restare “autorevole”, agli occhi dei dominatori, ai quali poi imporre – quando l’incendio si sarà spento – un’inversione di rotta in termini di politica economica e di finanza pubblica, archiviando storicamente la malora artificiale dell’austerity. Si tratta di uno scenario ovviamente auspicabile, perché è di appena l’altro ieri l’ultima sceneggiata all’italiana, il famoso 2,4% di deficit inutilmente richiesto a Bruxelles dall’implorante governicchio gialloverde, prontamente sabotato anche dal Colle in ossequio ai veri dominus, europei e non, degli italici destini.Sarebbe certamente uno scenario auspicabile, dopo decenni di liberismo spietato, il cambio di paradigma finanziario: ma a patto di non dimenticare il 2021 e le sue drammatiche acquisizioni, in termini di consapevolezza civile e morale. Dalle macerie create dal terrore sanitario sembra essere nato il nucleo di una sorta di umanità nuova, che non potrà più accontentarsi di eventuali piccoli favori graziosamente concessi dall’alto. Il divorzio dalla politica ha l’aria di essere definitivo: troppo male è stato inflitto agli inermi, troppa menzogna. Sono evidenti, ormai, i fili che muovono gli avatar in doppiopetto. Non potranno più essere credibili, in nessun caso, agli occhi di chi ha visto di cosa sono capaci. E’ come se non ci fosse più posto, per tutti loro, nell’ipotetico futuro che comincerà domani, a partire dal 2022. I loro stessi attrezzi sono ferraglia arrugginita: potevano salvare vite, ma non l’hanno fatto. E il loro grande regalo – essersi smascherati – non potrà mai compensare l’eredità luttuosa dei loro misfatti.(Giorgio Cattaneo, 30 dicembre 2021).Se una cura esiste, ma io non la riconosco (e dopo quasi due anni continuo a non volerla riconoscere), io non sto prendendo una clamorosa cantonata: io sto procurando, intenzionalmente, un disastro. Se tu sei malato e io seguito a non sottoporti a una terapia idonea, non sto commettendo un errore: sto proprio cercando di farti del male. Specie se emargino i medici che ti salverebbero la pelle: e infatti li oscuro, li sospendo, li espello. Probabilmente è questa, la vera lezione dell’annus horribilis che va chiudendosi, come il più laido degli incubi. L’anno del Grande Vaccino, indegno surrogato del Grande Cocomero di Linus e Charlie Brown. Indegno, perché quello almeno era davvero un cocomero, mentre questi – che chiamano ancora vaccini, sfidando il ridicolo – non hanno nulla che li accomuni allo storico presidio profilattico, vanto della scienza medica moderna. E la loro inutilità catastrofica è ormai palese, per chiunque non abbia il cervello in panne.
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Il Green Pass per l’Inferno, nell’impero della menzogna
E così avrebbero deciso di protrarre ancora le misure restrittive imposte per fronteggiare un’emergenza creata dagli stessi gestori, quelli che – da oltre un anno – rifiutano di risolvere il problema nell’unico modo ragionevole: ufficializzare un protocollo per le cure domiciliari (che esistono e funzionano, ma si continua a fingere che non esistano, per non inficiare il delirio universale introdotto con la profilassi genetica sperimentale, ora forsennatamente estesa anche ai bambini). Il delirio è vastissimo, e stravice la guerra dei numeri: piega la ragione, obnubila le menti. Sono almeno 60, le malattie infettive censite: perché affrontare la profilassi solo per il mitologico Sars-Cov-2, tuttora solo solo “sequenziato” e mai davvero “isolato”, evitando di farsi almeno altre 60 iniezioni ogni anno? Ma il tempo stringe: prima che si potesse spiegare la differenza tra un NoVax e un italiano mediamente intelligente, che non ha “paura del vaccino” ma diffida della menzogna elevata a sistema, ecco irrompere il Super Green Pass a spazzare via gli ultimi germi di democrazia, da buttare a mare con gli idranti insieme ai portuali di Trieste.L’altro aspetto psico-pandemico della faccenda è la curiosa attitudine (patologica?) di chi ancora si attarda a ragionare di politica come se fossimo in tempo di pace: come se la gigantografia del Sole Ingannatore non oscurasse l’orizzonte quotidiano, nel gelo siderale dell’ex Parlamento, impegnato a brigare sulla via del Quirinale. E perché mai, un giorno, a restituire il maltolto dovrebbero essere i medesimi, spietati esecutori che finora hanno sottratto ogni libertà, rendendo un privilegio l’accesso a tutto ciò che, prima, si pensava fosse alla portata di tutti per legge naturale, per acquisizione secolare consolidata? Discorsi ormai stucchevoli: c’è un limite estetico, oltre il quale non si può spingere chi ancora ha il senso delle cose, chi ancora non si è completamente smarrito dentro la neolingua orwelliana che ribalta allegramente la verità col sinistro cinismo del joker in giacca e cravatta, in mezzo a torme prezzolate di valletti travestiti da giornalisti. C’è anche chi – dopo due anni – perde ancora a tempo a parlare di errori: ma un gangster rapina una banca intenzionalmente, non per sbaglio.Ognuno ci mette del suo, in questo gioco al massacro: per chi sperava che la silente Unione Europea avesse smesso di esistere, ecco la doccia gelata dell’ultima alzata d’ingegno, l’ideona di bloccare affitti e compravendite di case non idonee ai parametri del gretismo imperante, al quale si genuflettono i ministri che oggi riesumano dai cimiteri anche il cadavere dell’energia nucleare, naturalmente “green”. Sanno benissimo di poter imporre di tutto, ormai, a uno zoo che ha accettato di farsi siringare il cervello e ha imparato a rigare dritto, come in Cina, per avere a pagamento quello che fino a ieri era gratis. Il Green Pass per l’Inferno mette fine, simbolicamente, al poco che restava del paese risorto nel 1945. I gangster sono al lavoro, e infatti l’economia minuta continua a crollare: laddove non bastò il lockdown, ora provvede il ricatto. Solo un geniale surrealista, forse, riuscirebbe a immaginare che possa nascere qualcosa di non calamitoso, dalla ghenga servizievole che obbedisce a ordini superiori e tiene in ostaggio i popoli mentendo e seminando angoscia.E così avrebbero deciso di protrarre ancora le misure restrittive imposte per fronteggiare un’emergenza creata dagli stessi gestori, quelli che – da oltre un anno – rifiutano di risolvere il problema nell’unico modo ragionevole: ufficializzare un protocollo per le cure domiciliari (che esistono e funzionano, ma si continua a fingere che non esistano, per non inficiare il delirio universale introdotto con la profilassi genetica sperimentale, ora forsennatamente estesa anche ai bambini). Il delirio è vastissimo, e stravince la guerra dei numeri: piega la ragione, obnubila le menti. Sono almeno 60, le malattie infettive censite: perché affrontare la profilassi solo per il mitologico Sars-Cov-2, tuttora soltanto “sequenziato” e mai davvero “isolato”, evitando di farsi almeno altre 60 iniezioni ogni anno? Ma il tempo stringe: prima che si potesse spiegare la differenza tra un NoVax e un italiano mediamente intelligente, che non ha “paura del vaccino” ma diffida della menzogna elevata a sistema, ecco irrompere il Super Green Pass a spazzare via gli ultimi germi di democrazia, da buttare a mare con gli idranti insieme ai portuali di Trieste.
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Buenaventura Durruti e la guerra aliena contro l’umano
Errore madornale, rimpiangere certi statisti del passato? Hanno fatto la storia, d’accordo, ma per arrivare dove? O meglio: tanta nobiltà non sarebbe stata degna di miglior causa? Oppure: è tutta colpa dei gestori occulti, sempre infinitamente più forti – alla distanza – di qualunque eroe della democrazia? Il cimitero dell’onore è sterminato: dai Kennedy a Rabin, da Olof Palme a Nelson Mandela. La foto di gruppo, oggi, sciorina invece i volti arcigni o marmorei di Erdogan e Draghi, il minuetto vaticano di Bergoglio e Macron, gli sbadigli del povero Joe Biden. Sui mestieranti italiani, uniti nell’abbraccio ecumenico emergenziale, non è nemmeno il caso di dilungarsi. Di Maio votato da Renzi, Speranza sostenuto da Salvini. Un piccolo presepe svuotato di tutto, mentre l’abisso inghiotte pace, giustizia e sicurezza, travolgendo milioni di sventurati, abbandonati come bestiame al loro destino.Dal palazzo calano politichette di bottega e manovrone europee, sincronizzate con le trame zootecniche planetarie. E intanto grandinano decreti-capestro di sapore antico, pre-politico: paiono imparentati con la governance dell’Impero Assiro, piuttosto che con le lussuose consuetudini degli ultimi settant’anni. Dietro le quinte, qua e là, affiora l’ombra di un’antica guerra per bande, tra momentaneamente opposte consorterie di egemoni, ferocemente in lizza eppure solidali quando serve. Luci e riflessi che si allungano fino alle marionette dei teatrini nazionali, in religiosa attesa di ordini superiori: inerti e tremebondi burattini, balbettanti anche davanti all’apocalisse, nei giorni in cui decisero le divinità che fosse giunta l’ora di metter fine, per sempre, alla relativa serenità delle ultime generazioni. Andava spalancato un tritacarne senza precedenti, globalmente esteso, senza più l’ombra di intermediazioni ragionevoli. Letteralmente, la fine di una civiltà: la sua rottamazione.Di quanti esperimenti saremmo figli? Lo sa il cielo, direbbe il sentimento metafisico. Ed è la connessione con il cielo – evidentissima, ma mai apertamente ammessa – a poter vestire i panni del famoso missing link. Tema ora affrontato persino da “Studio Aperto”, telegiornale Mediaset: gli scavi di Göbekli Tepe hanno portato in luce una scultura non equivocabile, la nascita di una creatura umana partorita da una femmina che, di umano, non ha niente. E’ per questo, che l’eventuale genio dominante (non-umano?) oggi non esita a sferrare il suo attacco planetario contro ogni espressione dell’umanità? La storia – da lontano – schiaccia il tempo, mette in fila gli eventi, li avvicina. Da quale preesistenza poteva scaturire la fierezza rivoluzionaria e disarmante di un guerriero come Buenaventura Durruti, in mezzo alla mattanza iberica? Neppure un secolo ci separa da quelle vecchie foto. Quasi stentiamo a riconoscerle, dal treno iperveloce che ci porta al macero, regalandoci finalmente l’esatta visione di come stanno davvero le cose.(Giorgio Cattaneo, 30 novembre 2021).Errore madornale, rimpiangere certi statisti del passato? Hanno fatto la storia, d’accordo, ma per arrivare dove? O meglio: tanta nobiltà non sarebbe stata degna di miglior causa? Oppure: è tutta colpa dei gestori occulti, sempre infinitamente più forti – alla distanza – di qualunque eroe della democrazia? Il cimitero dell’onore è sterminato: dai Kennedy a Rabin, da Olof Palme a Nelson Mandela. La foto di gruppo, oggi, sciorina invece i volti arcigni o marmorei di Erdogan e Draghi, il minuetto vaticano di Bergoglio e Macron, gli sbadigli del povero Joe Biden. Sui mestieranti italiani, uniti nell’abbraccio ecumenico emergenziale, non è nemmeno il caso di dilungarsi. Di Maio votato da Renzi, Speranza sostenuto da Salvini. Un piccolo presepe svuotato di tutto, mentre l’abisso inghiotte pace, giustizia e sicurezza, travolgendo milioni di sventurati, abbandonati come bestiame al loro destino.
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Bizzi e Martini: l’Italia è in trappola, come ne usciremo?
«A questo punto, considero realistico che si possa verificare lo scenario peggiore: e cioè che l’attuale “stato d’assedio” si protragga per il tutto il 2022, visto che l’élite di Davos punta essenzialmente sull’Europa, dove può contare su governi “amici” per condurre a termine i suoi piani». Previsione pessimistica firmata da Matt Martini, co-autore con Nicola Bizzi del bestseller “Operazione Corona”. Lo stesso Super Green Pass non lascerebbe molte speranze: «Andranno avanti per questa strada e per molti mesi: tutto sembra lasciarlo presagire». Nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, condotta insieme a Tom Bosco e allo stesso Bizzi, Martini insiste: «E’ evidente che sono caduti dei diaframmi, che fino a ieri tenevano in piedi la possibilità di un progressivo abbandono della narrazione pandemica: qualcosa è cambiato, a quanto pare, vista l’improvvisa accelerazione degli eventi». Meno disperante l’analisi di Bizzi, secondo cui sarebbe ormai imminente l’approvazione, da parte dell’Ema, dei farmaci monoclonali: cosa che farebbe decadere l’attuale campagna “vaccinale”, basata su farmaci ancora formalmente “sperimentali” fino a tutto il 2023, quindi scartabili non appena emergesse un’alternativa terapeutica ufficiale.Beninteso, Bizzi non risparmia critiche feroci all’establishment nazionale. «Ai miei occhi – scandisce lo storico, editore di Aurora Boreale – lo Stato italiano ha perso ogni legittimità: è ormai in guerra contro una parte consistente dei propri cittadini, in spregio a qualsiasi diritto costituzionale, a qualsiasi legge, a qualsiasi normativa civile». Rincara la dose Bizzi: «Li considero criminali: chi segrega milioni di cittadini in maniera nazista, distopico-orwelliana, non merita più alcuna legittimazione». Un appello ai cittadini: «Quand’è che vi deciderete ad aprire gli occhi? Vi stanno prendendo il giro da due anni, ormai». Lo stesso Bizzi, all’inizio della scorsa primavera, aveva anticipato una previsione: in base a un accordo riservato, si sarebbe verificata una graduale de-escalation dell’emergenza a partire da metà aprile. Evento puntualmente confermato dagli allentamenti attuati a cominciare dalla Gran Bretagna. «Poi evidentemente l’accordo si è rotto, qualcuno non è stato ai patti». Possibile motivo? «Al terrore del Covid non sono riusciti a sostituire in modo altrettanto efficace l’altro terrore emergenziale, quello climatico».Per Bizzi, infatti, siamo ai “tempi supplementari” della narrazione-1. Ribadisce l’analista: tutto sarebbe dovuto finire il 31 dicembre 2021. «E il piano era stato svelato con largo anticipo agli ambienti della politica che conta, cioè ai segretari dei partiti». Insieme a loro, aggiunge Bizzi, erano stati informati «i dirigenti dei sindacati e i direttori dei grandi media, ma anche i responsabili delle grosse catene di supermercati, i dirigenti delle Poste, i vertici di Confindustria, Confcommercio e Confesercenti». Tutti “sapevano” che l’emergenza “pandemica” sarebbe stata sgonfiata, gradualmente, in questi mesi. «A loro, fin dall’inizio, avevano detto che tutta questa pagliacciata, in Italia, sarebbe dovuta finire entro il 2021. Già da settembre – avevano detto – le mascherine sarebbero state eliminate anche dai luoghi al chiuso, mentre la campagna “vaccinale” si sarebbe esaurita già entro il mese di agosto». Non è andata così, come s’è visto, se siamo davvero arrivati ai “tempi supplementari” della storia politico-mediatica inaugurata all’inizio del 2020 dal primissimo lockdown, quello di Wuhan.«Se siamo ancora nei guai – dice Bizzi – è perché non riescono a sostituire, in maniera soft, la narrazione-1 (il Covid) con la narrazione-2, cioè l’emergenza climatico-ambientale. E sono nel panico: perché c’è una buona metà del mondo che si sta rifiutando di innescare un’emergenza permanente motivata da ragioni climatico-ambientali». Verissimo: vi si oppongono larga parte degli Stati americani, senza contare grandi potenze come l’India, il Brasile e tanti altri player mondiali, inclusa la Russia. «I gestori dell’emergenza sono con le spalle al muro», aggiunge Bizzi: «Per quanto mi riguarda, hanno già perso. E infatti, per continuare la narrazione-1, hanno fatto pressioni stratosferiche per rimandare all’infinito – da settembre a ottobre, poi da ottobre a novembre, e oltre – l’uscita delle terapie basate sugli anticorpi monoclonali. Farmaci finora approvati solo dalla Gran Bretagna e dalla Svizzera, che però sono fuori dall’Ue». Ma attenzione: «Se un singolo paese dell’Unione Europea – uno solo – li approvasse, costringerebbe tutti i paesi Ue ad archiviare definitivamente la campagna sperimentale in corso», quella basata sui “non-vaccini” genici.«Lo sanno molto bene, ed è per questo che sono andati avanti con i “tempi supplementari”. Ma non potranno andare oltre l’inizio del 2022 – puntualizza sempre Bizzi – perché l’Ema ormai è prossima all’approvazione di quei farmaci, nell’area Ue. E Stati come la Germania e la Spagna (probabilmente anche la Polonia) sono in dirittura d’arrivo per l’approvazione. La stessa Francia, come anche la Germania, ne sta già acquistando enormi quantitativi». Per contro, Matt Martini si sforza di mettere a fuoco lo scenario peggiore: quello che, per ora, si sta manifestando in tutta la sua devastante virulenza. Sta infatti ripartendo – in quasi tutta l’Europa, in particolare l’Eurozona – il vecchio refrain del 2020 (quello dei lockdowm) con in più le imposizioni “vaccinali” cui viene condizionata la residua possibilità di circolazione delle persone. Esistono eccezioni importanti come la Spagna e la Danimarca, oltre alla Svezia, ma il trend sembra preoccupante: e allinea anche paesi come Israele e Sudafrica.Dell’Italia, sottoposta alla Premiata Macelleria Draghi, non è nemmeno il caso di parlare. «A proposito: se si fosse creduto convintamente nella possibilità del referendum per abrogare il Green Pass, per il quale andava presentato mezzo milione di firme entro il 30 ottobre, non credo che oggi ci ritroveremmo in una situazione così buia». Secondo Martini, «il governo non avrebbe osato premere sull’acceleratore». Se lo ha fatto – è la tesi – è anche perché non è stato fronteggiato, sul piano politico, da una massa visibile di cittadini. Cosa aspettarsi per l’immediato futuro? Niente di buono, purtroppo, secondo la previsione più pessimistica. «Come da copione, ora il mainstream racconta che le “varianti”, in sostanza, “bucano” i vaccini attualmente disponibili. Il primo a lasciar capire come sarebbe potuta andare a finire, questa storia, è stato Bill Gates: disse che, per chiudere il capitolo Covid, avremmo avuto bisogno di “vaccini di nuova generazione”. Non mi stupirei se fossero in arrivo: vorrebbe dire tornare al piano iniziale della gestione “pandemica”, quello che allarma chi teme che l’operazione comprenda anche il proposito di “depopolare” parte del pianeta».«A questo punto, considero realistico che si possa verificare lo scenario peggiore: e cioè che l’attuale “stato d’assedio” si protragga per tutto il 2022, visto che l’élite di Davos punta essenzialmente sull’Europa, dove può contare su governi “amici” per condurre a termine i suoi piani». Previsione pessimistica firmata da Matt Martini, co-autore con Nicola Bizzi del bestseller “Operazione Corona”. Lo stesso Super Green Pass non lascerebbe molte speranze: «Andranno avanti per questa strada e per molti mesi: tutto sembra lasciarlo presagire». Nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, condotta insieme a Tom Bosco e allo stesso Bizzi, Martini insiste: «E’ evidente che sono caduti dei diaframmi, che fino a ieri tenevano in piedi la possibilità di un progressivo abbandono della narrazione pandemica: qualcosa è cambiato, a quanto pare, vista l’improvvisa accelerazione degli eventi». Meno disperante l’analisi di Bizzi, secondo cui sarebbe ormai imminente l’approvazione, da parte dell’Ema, dei farmaci monoclonali: cosa che farebbe decadere l’attuale campagna “vaccinale”, basata su farmaci ancora formalmente “sperimentali” fino a tutto il 2023, quindi scartabili non appena emergesse un’alternativa terapeutica ufficiale.
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Uomini e topi: si può immaginare qualcosa di più sordido?
Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia ad adottare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.L’oltraggiosa, ipocrita narrazione incarnata dal tecno-bankster di ieri propone un orizzonte sterilizzato e disanimato, un’economia della disciplina destinata a bestiame d’allevamento, sottoposto alle condizionalità “cinesi” della buona condotta: attraverso la forzata digitalizzazione a punteggio resa tendenzialmente permanente, alcuni ex cittadini saranno “più uguali” degli altri. A stroncare il dissenso silenziando la verità provvedono i grandi media, che paiono tornati ai fasti dell’Ancien Régime (i tempi d’oro del crimine indisturbato, quando si poteva dire impunemente che “la mafia non esiste”). In tanti hanno atteso – vanamente, finora – un sussulto, dalla parte della magistratura, o almeno uno scatto di dignità proveniente dal fronte della politica. Nulla di tutto ciò. Al contrario: si tessono trame per portare al Quirinale proprio l’uomo che ha infine commissariato apertamente il paese, per conto di poteri che gli italiani non conoscono. La partita è planetaria, costellata di bluff e doppi giochi. Ma gli italiani – ora lo vedono – sono soli.Sono soli gli insegnanti che finora avevano resistito all’imposizione mendace, spacciata per salvifica. Sono soli i militari e gli agenti delle forze dell’ordine, a loro volta – uno su cinque, si calcola – decisi a non subire quella che interpretano come una violazione abusiva, probabilmente anche rischiosa, ma soprattutto inaccettabile perché palesemente inutile. Sono soli tutti gli altri italiani, tutte le altre categorie professionali: capiscono che i prossimi saranno loro, a dover subire il ricatto. Solo un cieco potrebbe non vedere quello che sta accadendo: i sieri genici sperimentali, acquistati a tonnellate, non hanno alcuna efficacia nel tutelare il corpo umano dall’affezione che ha letteralmente ipnotizzato l’Occidente dalla primavera 2020. Non solo: uno sguardo alla geografia rivela come gli attuali guai sanitari – “pandemici” e non – investano proprio le aree dove più largamente è stata imposta la profilassi genica, cioè l’Europa e il Nord America (con l’eccezione degli Stati “trumpiani”, come Texas e Florida, dove la somministrazone dei sieri è stata irrisoria).Mentre il filosofo e politologo Massimo Cacciari esprime il suo radicale dissenso, di fronte alla deriva civile e giuridica in corso, un’economista come Ilaria Bifarini – autrice del saggio “Il Grande Reset” – oggi arriva a interrogarsi sulla possibile, vera natura (recondita, inconfessabile) dell’ostinazione autoritaria nel voler infliggere – a tutti, prima o poi – il fatidico inoculo del siero genico: non sarà – si domanda – che possa avere un qualche fondamento, il timore avanzato da chi parla apertamente di “depopolamento” della componente occidentale della popolazione mondiale, magari attraverso una campagna (mascherata) di vera e propria sterilizzazione di massa, visto l’incomprensibile ricorso al trattamento genico anche per i bambini? Di nuovo: la carta geografica rivela come il disastro “virale” stia letteralmente travolgendo paesi come Israele e persino l’enclave di Gibilterra, dove i “vaccinati” sono il 100%.Per contro, dal problema sembrano sostanzialmente escluse vaste aree del mondo: i paesi arabi, l’India e molte aree dell’Asia, lo stesso Giappone, l’intera Africa, buona parte della Cina e persino la Russia (il boom di “contagi” dichiarati, di cui parla la stampa nostrana, in realtà è relativo quasi solo all’estrema Siberia; e il caso di Mosca, cioè l’enfatizzazione dell’emergenza, deriverebbe essenzialmente dal ruolo politico del sindaco della capitale, ostile a Putin – che finora si è opposto al paradigma “pandemico”, cinese e occidentale, al quale sono invece allineati la Casa Bianca e i leader europei). In altre parole: il dramma – fondato sulla non-politica sanitaria e sulla rinuncia alle terapie precoci – investe proprio i paesi sottoposti a tappeto alla campagna genica di massa. Nel mirino, quindi, anche l’Australia e la Nuova Zelanda, anch’esse abitate dall’“uomo bianco occidentale”, vera e propria vittima sacrificale – a quanto pare – del delirio inarrestabile a cui stiamo assistendo.A fare da bersaglio sono i paesi avanzati, industriali, in cui i media – sfidando il ridicolo – usano ancora il termine “immunizzazione” come sinonimo di “vaccinazione”, sempre fingendo di non sapere che quelli in distribuzione non sono affatto vaccini, non immunizzano proprio nessuno e però vengono proposti come unica soluzione possibile per prevenire una patologia facilmente risolvibile con farmaci ordinari. E’ proprio lo scempio della verità a far temere il peggio, da parte dei più pessimisti: molti analisti affermano ormai di sentirsi in pericolo, vedendo violate le loro residue prerogative democratiche. Libertà e diritti? Tranquillamente calpestati, per decreto, sulla scorta di una spudorata menzogna. Una narrazione ormai totalitaria e divisiva, aggressiva, minacciosa, che oggi – in Italia – diventa formalmente intimidatoria, per bocca dell’oligarca sistemato a Palazzo Chigi con il mandato (visibile) di applicare alla lettera le disposizioni dell’Unione Europea per mettere fine alla diversità socio-economica italiana.Chi non manca di parlare di “eterogenesi fini” noterà che proprio l’aggressività autoritaria del governo-fantasma sta aprendo gli occhi a milioni di italiani: le ultimissime restrizioni sfornate dal Consiglio dei Ministri potrebbero anche essere interpretate come un gesto quasi disperato, da parte di un potere frustrato dalla tenace resistenza di vasti strati della popolazione, regolarmente criminalizzati e insultati dai media. Non si tratta solo dei tantissimi renitenti all’inoculo: rabbia e amarezza animano anche chi non perdona, al governo, di aver imposto misure alle quali ci si è piegati contro la propria volontà. Misure considerate arbitrarie, potenzialmente pericolose e – soprattutto – completamente inutili, sul piano sanitario, inflitte ignorando colpevolmente le altre misure (utili, essenziali, fondamentali) raccomandate dai medici che, a partire dal 2020, hanno regolarmente guarito – da casa – decine di migliaia di cittadini colpiti dall’affezione influenzale che sembra essersi impossessata del mondo occidentale.Al netto degli ipocondriaci e degli ingenui, qualcuno riesce a non vedere – nell’introduzione di restrizioni presentate per l’ennesima volta come solo temporanee – l’instaurazione di una sorta di regime, fondato sul controllo assoluto dei comportamenti e sulla fine sostanziale delle libertà democratiche, con buona pace degli amatissimi diritti umani? Sembrano quasi umoristiche, le motivazioni addotte dal prestigiosissimo primo ministro: scongiurare nuovi lockdown, evitare di far collassare un’altra volta l’economia. Un romanzo come “Uomini e topi”, capolavoro letterario del comunista americano John Steinbeck, potrebbe offrire spunti universali: a che serve lavorare come topi (cinesi), se in cambio occorre smettere di vivere come liberi essere uomini? Interrogativi drastici, ormai diffusissimi: fin dove si arriva, lungo la strada che nel Novecento fu lastricata di lugubri dittature?La sensazione è quella di essere di fronte a un cambio epocale di civiltà: uomini e topi non possono più coesistere come prima, alla pari, neppure volendolo. Gli scienziati la chiamerebbero “speciazione”: è il divorzio evolutivo che, a un certo punto, separa il prima dal dopo. Qualcosa di profondamente antropologico e forse irreversibile: l’atto d’imperio comporta l’obbligo di accettarlo o meno. L’aspetto probabilmente più sinistro, in questa immane tragedia, è l’ostinata rimozione della verità: a una intera comunità, in altre parole, non si può chiedere di entrare in un’altra dimensione, se questa è fondata sulla più vile e spregevole falsificazione dei fatti. Passeranno certamente alla storia, i falsificatori: non saranno dimenticati. E se ora stringono il cappio attorno al collo di milioni di persone per salvare, come sostengono, il sacro fatturato natalizio, la cosa migliore che si possa fare – replicano alcuni resistenti – è proprio l’astensione: dal lavoro e dai consumi. Sarebbe un atto squisitamente politico e anche morale, da parte degli esseri umani: far sapere che non intendono lasciarsi trasformare in topi.(Giorgio Cattaneo, 25 novembre 2021).Si può immaginare qualcosa di più sordido, in un paese occidentale, dell’impudenza con cui il tecno-burocrate più pericoloso d’Europa finge di intervenire in materia sanitaria al solo scopo di ottenere la sottomissione dei sudditi, dopo essersi rifiutato – letteralmente – di adottare misure essenziali per la protezione della popolazione, raccomandate da centinaia di medici? Caduti anche gli ultimi veli della grande finzione politico-pandemica, il punto dirimente – la scandalosa, perdurante rinuncia a varare opportuni protocolli terapeutici domiciliari, per un’affezione normalmente curabile da casa – mette a nudo il reale intento del potere internazionale che sta utilizzando l’Italia come cavia e come battistrada. Obiettivo: provare ad archiviare quel che resta della democrazia liberale, in Occidente, con le sue Costituzioni antifasciste, come quella italiana, messa a guardia di uno Stato di diritto che, nella sostanza, sembra non esistere quasi più.
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Addio auto elettrica: schiaffo a Davos e ai Re del Covid
Se a Trieste contro i portuali sono bastati gli idranti, a Rotterdam la polizia ora s’è messa a sparare sui manifestanti. Contrari all’adozione dell’ennesimo lockdown in arrivo, gli olandesi contestano il fallimento delle politiche Covid: l’83% della popolazione, nei Paesi Bassi, ha ricevuto ben due dosi – inutili, evidentemente – del siero genico sperimentale che i media chiamano ancora “vaccino”. L’ultimo colpo di coda delle politiche “carcerarie” inaugurate nel 2020 col pretesto della sicurezza sanitaria – vedasi anche il caso dell’Austria, pronta a tornare a chiudere tutti in casa (contro il parere della stessa polizia austriaca) – avrebbe un preciso fondamento politico, reso evidente da un indizio: il tramonto dell’auto elettrica. Tradotto: la sbandierata emergenza climatica – concepita come “secondo step” dell’emergenza generale permanente – non starebbe funzionando, come spauracchio. Di qui il ricorso ai “tempi supplementari” della crisi-1, quella tuttora presentata come “pandemica”.Crisi sanitaria ormai palesemente smascherata: finiscono all’ospedale solo i pazienti che non vengono curati tempestivamente, a casa. E i “vaccini genici” – in Italia imposti con il ricatto, dal governo Draghi – non fornirebbero nessuna particolare protezione, oltre a non limitare affatto la circolazione del presunto virus. Comunque, secondo Nicola Bizzi, siamo vicini alle battute finali della tragica commedia inaugurata quasi due anni fa: l’incubo – più politico che sanitario – sarebbe destinato a terminare, non appena l’Ema dovesse finalmente approvare l’adozione dei nuovi farmaci (operazione che, a quanto pare, vedrebbe la Francia in pole position). Ipotesi e riflessioni offerte da Bizzi e da Matt Martini nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, con Tom Bosco e un ospite come Davide Rossi, autore di un esplosivo pamphet sul ruolo della Fabian Society nella sovragestione delle recenti politiche emergenziali.E’ Matt Martini a porre l’accento sul freschissimo fallimento, a Glashow, della conferenza Cop26 sul clima: nessun impegno vincolante, per i prossimi anni, grazie all’opposizione di paesi come Cina, India e Russia, indisponibili a recitare il copione “gretino” che punta il dito contro il riscaldamento, anziché sull’inquinamento, e in più imputa il “climate change” all’azione dell’uomo. Non solo: in assenza di vere innovazioni tecnologiche, Volskwagen e Stellantis – questa la grande novità – rinunciano ufficialmente alla ricoversione elettrica dell’automotive, vera e propria bandiera della “rivoluzione green” progettata dall’élite finanziaria che sogna la digitalizzazione totale del pianeta e il controllo definitivo su ogni aspetto della vita umana. Tra l’altro, l’adozione forzata dell’auto elettrica – rileva Martini – avrebbe posto fine al diritto alla mobilità, salvo che per i ricchi, dato l’altissimo costo dei veicoli elettrici.Un vero e proprio bluff ecologico? Sono in molti, ormai, a sostenerlo: l’impatto ambientale di un veicolo elettrico (la produzione dell’energia necessaria a farlo muovere, senza contare la realizzazione e poi lo smaltimento delle batterie) sarebbe superiore a quello comportato dal tradizionale motore termico. Lo stesso Martini ricorda le posizioni assunte fin da subito da Toyota, contraria alla “rivoluzione” elettrica: costi immensi, senza una reale contropartita ambientale (se non per i grandi centri urbani: ma a che prezzo?). A ruota, è stata la Renault a chiarire che i costi dell’auto elettrica sarebbero stati letteralmente proibitivi: una vettura media sarebbe costata il doppio di un’auto tradizionale. Ora, la pietra tombale: i grandi costruttori europei (tedeschi, francesi e italiani) sembrano archiviare definitivamente l’auto elettrica, anche se l’Ue sperava di renderla pressoché obbligatoria entro il 2030. Per il cartello di Davos – osserva Martini – è la prima, storica sconfitta. E forse è anche per questo che, oggi, le pedine di quel club tornano a premere l’acceleratore sulla “dittatura sanitaria”.Se a Trieste contro i portuali sono bastati gli idranti, a Rotterdam la polizia ora s’è messa a sparare sui manifestanti. Contrari all’adozione dell’ennesimo lockdown in arrivo, gli olandesi contestano il fallimento delle politiche Covid: l’83% della popolazione, nei Paesi Bassi, ha ricevuto ben due dosi – inutili, evidentemente – del siero genico sperimentale che i media chiamano ancora “vaccino”. L’ultimo colpo di coda delle politiche “carcerarie” inaugurate nel 2020 col pretesto della sicurezza sanitaria – vedasi anche il caso dell’Austria, pronta a tornare a chiudere tutti in casa (contro il parere della stessa polizia austriaca) – avrebbe un preciso fondamento politico, reso evidente da un indizio: il tramonto dell’auto elettrica. Tradotto: la sbandierata emergenza climatica – concepita come “secondo step” dell’emergenza generale permanente – non starebbe funzionando, come spauracchio. Di qui il ricorso ai “tempi supplementari” della crisi-1, quella tuttora presentata come “pandemica”.
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Tanto a pochi, agli altri le briciole: riecco l’antico Draghi
«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).Rinviata la riforma delle pensioni: “Quota 102” è solo un compromesso – scrive Barbati – che «non risolve una questione che dura da anni» e in più «alimenta una narrazione, peraltro falsa, che il lavoro per i giovani si crei innalzando l’età di pensionamento, mettendo lavoratori di diverse generazioni contro». Unica nota positiva: l’aumento delle protezioni sociali per i senza lavoro. Il nodo vero? «Il Pil sale, i salari scendono». Si domanda l’analista: «Ha senso, un sistema in cui aumentano il Pil (oltre il 6% quest’anno, come dichiarato dal premier) e al tempo stesso la povertà, ormai anche tra molti lavoratori? E per quanto tempo può reggere, dopo quasi due anni di pandemia? Superare l’austerità se non si leniscono le profonde disuguaglianze degli ultimi decenni, che anzi sono accresciute con la pandemia, se non si affrontano la questione salariale e la precarietà, non ha senso». In Italia, annota Barbati, più di 5 milioni di lavoratori dipendenti hanno un reddito inferiore ai 10.000 euro annui, determinando il fenomeno della povertà che si diffonde tra chi lavora. «Rappresentazione plastica di un modello sociale da ribaltare».Una delle poche ma significative modifiche del Pnrr targato Draghi (nella versione Conte-Gualtieri c’era) è stata l’eliminazione dell’introduzione del salario orario minimo, cioè di una legge che fissi una soglia di base sotto la quale il datore di lavoro non può scendere. La misura è in vigore in 21 Stati dell’Unione Europea su 27 (comprese Germania, Francia, Spagna) e sarebbe indispensabile – scrive sempre Barbati – in un paese in cui non solo esistono una miriade di contratti collettivi nazionali diversi (900) ma anche milioni di lavoratori fuori dalla contrattazione collettiva, sfruttati con stipendi da fame e zero diritti. In Italia (e non solo) il neoliberismo «si è tradotto con offerte di lavoro, richiesta di manodopera, delle risorse intellettuali al massimo ribasso: trasformando il lavoro in una merce, anche abbastanza scadente». Ma il Belpaese «non poteva che distinguersi tra gli altri». L’Italia è infatti «l’unico Stato in Europa – dati Ocse alla mano – in cui dal 1990 ad oggi gli stipendi sono diminuiti invece che aumentare. E se negli ultimi trent’anni la ricchezza è invece aumentata, se ne deduce facilmente che sia finita in pochissime mani».Con l’aumento del costo delle materie prime dopo i blocchi pandemici (e quindi i rincari di carburante, energia, gas) quella dei salari «dovrebbe essere la priorità di un paese che si vuole rilanciare». In Germania, «l’Spd di Scholz ha vinto le elezioni con la proposta di alzare il salario minino a 12 euro all’ora». La nostra Costituzione prevede che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (articolo 36). «È la Costituzione che andrebbe applicata, ribaltando il concetto della crescita slegata dal benessere e dal lavoro delle persone, cominciando dal salario minimo orario, lasciando la contrattazione collettiva ma fissando una soglia di dignità per tutti». Riassume Barbati: «Oggi 3,5 milioni di dipendenti privati, 600.000 lavoratori domestici, 370.000 operai agricoli non raggiungono i 9 euro lordi all’ora».Vero, dall’inizio del 2021 sono stati creati oltre 830.000 posti di lavoro (in aumento, rispetto agli anni precedenti). Ma quasi il 90% di questi nuovi lavori creati «è stato attivato con un contratto a termine». Modeste – e inferiori al 2020 – le posizioni a tempo indeterminato. «Da luglio, l’eliminazione del vincolo ha prodotto 10.000 licenziamenti». In che modo, si domanda l’analista di “Micromega”, questi dati sono coerenti con le dichiarazioni che Draghi ha dedicato ai giovani? «Il mio impegno – ha detto – è seguire le vostre ambizioni, dopo anni in cui l’Italia si è dimenticata di voi». La promessa: «Fare in modo che questa ripresa sia duratura e sostenibile». La retorica del “niente sarà più come prima”, del “ne usciremo tutti migliori” che ci ha allegramente accompagnato durante la pandemia – scrive Barbati – deve ora fare i conti con una realtà dura a morire, perché frutto di politiche durate decenni. «La pandemia, che ha squadernato un paese in cui pochi hanno tanto e molti hanno poco, rischia di finire esattamente come era iniziata. Senza un cambio di direzione verso una giustizia distributiva e sociale».L’applicazione della Costituzione, continua Barbati, dovrebbe essere la stella polare per le riforme e gli investimenti del Recovery Plan. Invece il Pnrr (230 miliardi di euro di risorse insperate) «rischia di andare a favore dell’alta economia e di cambiare poco o niente nella vita comune di cittadini, studenti, lavoratori e imprese». In effetti, «già prima della pandemia globale, l’Italia era contrassegnata da forti disuguaglianze, gap e divari generazionali, di genere, territoriali e sociali». E ora «il Recovery, che è il più grande piano d’investimenti pubblici della storia repubblicana, rischia di vedere il mercato e non la politica come principale regolatore dell’economia». Non solo. «Concretamente, il Piano rischia di essere una sommatoria di progetti, al momento senza un coordinamento visibile, con misure eterogenee che mancano di un progetto-paese in grado di creare un modello di sviluppo sostenibile non a favore di alta finanza e poche grandi imprese – come avvenuto negli ultimi 30 anni – ma a vantaggio della vita delle persone in armonia con l’ambiente».Per Barbati, «manca un riscontro sulla ricaduta nella creazione di lavoro, nella rigenerazione urbana, nella riconversione ambientale». Il portale che il governo ha dedicato al Recovery Plan (“Italia Domani”) prevede la condivisione sugli esiti dei singoli progetti, ma senza informazioni su ogni fase del processo attuativo, come tra l’altro chiesto dall’Europa. «Sul piatto della transizione ecologica ci sono 70 miliardi, ma nei documenti inviati a Bruxelles mancano impegni chiari sulla sostituzione graduale del carbone e del gas naturale». La mobilità sostenibile? Vale 31 miliardi in nuove infrastrutture: ma «privilegia i treni Av anziché il trasporto locale, regionale e cittadino». C’è anche il rischio di aumentare, anziché diminuire, «il divario tra nord e sud, tra aree ricche e povere». E questo «perché ci saranno enti locali in grado di sfruttare i bandi e altri incapaci di farlo». La quarta missione (istruzione e ricerca) stanzia complessivamente 33 miliardi, di cui quasi 12 per la ricerca. «Sparisce il piano Amaldi, che proponeva un aumento dei fondi per la ricerca pubblica nella misura di 15 miliardi in 5 anni, per far sì che l’Italia passasse dallo 0,5% del Pil in ricerca pubblica allo 0,7% francese».Se Barbati approva (almeno sulla carta) il piano per l’edilizia scolastica e gli asili nido, punta il dito sul tema della concorrenza: la soluzione è davvero aprire ai mercati, in tutti i settori, «in nome dell’ideologia neoliberista superata dai fatti e dalla storia»? Nel Piano si impone agli enti pubblici «una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto del mancato ricorso al mercato». Soluzione che in alcuni casi potrebbe essere utile – dice Barbati – per spezzare le rendite, i monopoli troppo garantiti, i legami clientelari con la politica; in altri casi, però, «potrebbe essere deleteria, perché in passato le “liberalizzazioni” hanno riguardato servizi di interesse generale, come i monopoli naturali attraverso concessioni esclusive ai privati». Esempi? «Il caso Autostrade: 11 miliardi di utili per Benetton & soci, continui aumenti delle tariffe, risparmi e negligenza assassina sugli investimenti in sicurezza. La storia recente dimostra che le “public utilities” (il trasporto pubblico, i servizi idrici, le reti ad alta velocità) non dovrebbero più dipendere dal dominio di logiche di profitto, perché sono servizi di interesse generale». Conclude Barbati: non si capisce come il Pnrr possa contrastare la precarietà. «Istruzione, sanità, welfare universale rischiano ancora una volta di essere sacrificate sull’altare delle grandi opere e degli affari per pochi».«Il governo Draghi, voluto per la salvezza del paese, con questa prima manovra di bilancio fa il suo compitino tecnocratico». Ovvero: «Comincerà ad attuare i progetti del Recovery, ma la visione di un mondo post-pandemico non c’è». Così Mario Barbati, su “Micromega”, boccia l’aspetto socio-economico dell’attesissimo avvento dell’ex Super-Mario a Palazzo Chigi. La sintesi: «Aumentano il Pil come paradossalmente povertà e lavoro precario. Degli oltre 830.000 nuovi posti di lavoro creati nell’ultimo anno, il 90% sono a termine: solo l’1% dura più di un anno. Tolto il salario minimo legale dal Pnrr, smantellato il ‘decreto dignità’ che limitava i contratti a termine, vengono messi in discussione i redditi di sostegno e le pensioni». Inoltre, si omette di contrastare 203 miliardi di economia sommersa, «che sarebbero decisivi se davvero si volesse attuare una redistribuzione della ricchezza». Rinviata ancora la “plastic tax”, alla faccia della “transizione ecologica”. La legge di bilancio? Una manovra da 30 miliardi, che Draghi definisce «espansiva». Si alleggerisce la pressione fiscale con 12 miliardi, di cui 8 per il taglio delle tasse su società e persone, ma senza ripartizioni (che saranno «definite insieme al Parlamento» nelle prossime settimane).
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Magaldi avverte Draghi: avanti così, e addio Quirinale
Caro Mario Draghi, attento a come ti comporti: avanti così, e il Quirinale lo vedrai col binocolo. Sarai infatti impallinato da tanti, insospettabili franchi tiratori, che – nel caso – agiranno come quando, nella corsa al Colle, fu ingloriosamente silurato Prodi. Il messaggio al “fratello Mario” è esplicito. Lo firma, mettendoci la faccia, Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ed esponente dei circuiti massonici “progressisti”, da sempre contrari alle politiche di austerity a lungo perseguite dall’ex capo della Bce. Nella sua visione politologica, anche sulla scorta di cospicue rivelazioni (mai smentite da nessuno), Magaldi propone una particolare lettura degli eventi storico-politici, partendo dal ruolo delle superlogge sovranazionali, elusive e determinanti. Una galassia bifronte di entità che, dietro le quinte, condizionerebbero i governi, nello scontro intestino – ultradecennale – che schiera da un lato i fautori del neoliberismo economico e della post-democrazia di segno “neoaristocratico”, e dall’altro i supermassoni che si dichiarano paladini della prospettiva post-keynesiana e del progressivo sviluppo degli spazi di cittadinanza democratica.Prima ancora che fossero i sindacati ad alzare la guardia, contestando la severità dell’annuncia riforma delle pensioni, Magaldi ha colto in un dettaglio – il rifiuto di prorogare i bonus edilizi per le facciate degli edifici, richiesto dal ministro Franceschini – il segno dell’ipotetica retromarcia che, dice, a Draghi potrebbe costare carissima: cioè l’addio alla presidenza della Repubblica, che è la meta a cui mira l’ex super-banchiere. «Sulla corsa al Colle vi sono molti depistaggi», premette Magaldi, in video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” il 25 ottobre: «Essendo io stesso parte di un piano, insieme ad altri, per portare Draghi al Quirinale, vi posso dire che l’idea che prosegua a fare il presidente del Consiglio è una falsa pista». Racconta Magaldi: «Ci sono tre strategie diverse, ognuna con un suo piano di depistaggio, con le quali – come in una partita a scacchi – Draghi conta di ascendere al Colle». Ma, se non cambia musica, «la strada per il Quirinale gli verrà sbarrata e sabotata, sicuramente da parte dei massoni progressisti». Come? Ricorrendo al cecchinaggio del “fuoco amico”, coperto dall’anonimato.«Al “fratello” Draghi – dice Magaldi – voglio ricordare che in Parlamento ci sono molte persone che, per così dire, hanno dei debiti verso qualcuno, e questi debiti vengono reclamati; ed è così che, poi, emergono i franchi tiratori verso questo o quel candidato». Aggiunge: «Auspichiamo che non serva risvegliare, richiamare questi debiti, e quindi invitare alcuni insospettabili franchi tiratori a impallinare l’elezione di Draghi». Un avvertimento estretamente preciso. Motivato da che cosa? Proprio dalla risposta rifilata a Franceschini sui bonus edilizi, decisivi per il rilancio dei borghi storici e quindi del turismo. «Dire che “non ci sono abbastanza soldi”, che “la coperta è troppo corta”, significa ritornare a un paradigma della penuria, quello dell’austerity», sottolinea Magaldi: «I denari non dovrebbero mai essere un problema, come lo stesso Draghi aveva spiegato ai giornalisti allarmati per il crescente indebitamento dell’Italia. Aveva chiarito loro che uno Stato non può mai essere insolvente, e che il “debito buono”, cioè produttivo (in termini di Pil, occupazione e infine anche tasse), non deve preoccupare».Ora, rimettersi invece ad agitare lo spettro del debito – contraddicendo la linea esposta dal “nuovo” Draghi negli ultimi due anni – significa rilanciare «una vecchia canzone stonata, liberista e poi neoliberista: una ricetta che non ha mai funzionato». Va ricordato che lo stesso Magaldi non ha certo fatto sconti, a Mario Draghi: nel libro “Massoni” lo presenta come autorevole esponente di ben cinque superlogge internazionali di matrice reazionaria, imputandogli una serie inerarrabile di malefatte: dalle privatizzazioni selvagge all’epoca del Britannia fino allo spietato rigore europeo. Per contro, sempre Magaldi era stato il primo – due anni fa – a segnalare l’inversione di rotta: Draghi avrebbe espresso la volontà di abbandonare i vecchi sodali, arrivando a dire – ancora da presidente della Bce – che sarebbe stato utile azzerare tutte le politiche dell’euro-austerità, ricorrendo persino alla Modern Money Theory (emissione illimitata di denaro, a costo zero). Tesi rilanciata nella drammatica primavera del 2020, in un editoriale sul “Financial Times” che ha fatto il giro del mondo: basta, con la storica demonizzazione il debito; è il momento di investire somme immense sul rilancio dell’economia, senza badare a spese.Una svolta insincera, se ora Draghi si rimette a denunciare proprio il deficit? «Non penso che Draghi abbia mentito a noi massoni progressisti, prendendoci in giro», ragiona Magaldi. «Non credo che la svolta annunciata due anni fa fosse solo un mezzo per accreditarsi e farsi perdonare le brutte performance del suo passato. Nel caso, certo, mi arrenderò all’evidenza; ma non voglio credere a questo». Alcuni dicono: come si fa a fidarsi di un “lupo” come Draghi? «Rispondo laicamente: va bene chiunque, a prescindere dai suoi trascorsi, se a un certo punto intende intraprendere un percorso virtuoso». Dice ancora Magaldi: «Io no ho pregiudizi, e penso che il problema di Draghi è che si stia barcamenando: soggetto a mille pressioni, ha scelto di rimanere anche un po’ ambiguo rispetto ai suoi vecchi sodali neoaristocratici, anche perché ci sono i fondi europei da ricevere». Come dire: forse, la “stoccata” a Franceschini serve a non insospettire troppo i suoi ex amici, gli arcigni guardiani del rigore. Come per indurli a pensare: ha solo fatto finta, di aver cambiato casacca, ma in realtà è sempre “uno dei nostri”.«Credo cioè che Draghi stia cercando di confondere le acque», insiste Magaldi, che comunque avverte: «Capiamo tutto, ma c’è un limite: se rendi concreto il fatto che “non puoi spendere”, su una cosa importante, “perché i soldi non bastano”, allora stai tornando a un paradigma antico. E qui nasce un problema enorme, più grave di quello creato dal Green Pass». Ovvero: «Il “non ci sono abbastanza soldi” avrebbe conseguenze più esiziali rispetto a quelle del Green Pass, che comunque tra qualche mese non esisterà nemmeno più». Certo, riconosce Magaldi: il “lasciapassare” è ingiusto, per chi deve lavorare. «Ma che dire di chi un lavoro non ce l’ha neppure, perché non si sono ancora create le condizioni per un vero rilancio economico che garantisca più occupazione?». Beniteso: il Movimento Roosevelt (presieduto da Magaldi) resta assolutamente contrario al “lasciapassare”, come esplicitamente messo per iscritto già lo scorso 2 agosto. «Siamo contrari al Green Pass e, con i nostri avvocati, ora aiuteremo legalmente chiunque voglia resistere a questa vessazione: è uno strumento ipocrita, ideato per costringere le persone a vaccinarsi, senza che il governo si assuma le responsabilità che un obbligo vaccinale comporterebbe».Sul tema Covid, Magaldi si è espresso ripetutamente, nei mesi scorsi: «Il paese è stato travolto dalle peggiori politiche emergenziali messe in piedi col pretesto di contrastare un virus caratterizzato da un’alta contagiosità, ma con una letalità piuttosto bassa. Nulla che potesse giustificare in alcun modo il “terrorismo sanitario” a reti unificate. Ed è interessante che persino il mainstream abbia ora dato spazio all’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui le persone morte solo a causa del virus (e non anche di altre patologie) non sono le 130.000 sbandierate, ma circa 3.700, appena». Come affrontare la pandemia? «Sarebbe stato meglio mettere in sicurezza i soggetti fragili (consigliando loro di isolarsi, ma senza obbligarli) e favorire una contaminazione tra i più forti, agevolando così il processo di immunizzazione naturale collettiva». Ancora oggi, Magaldi non ha digerito le imposizioni del governo Conte: «Personalmente trovo che lockdown e coprifuoco fossero misure peggiori del Green Pass, più inaccettabili». E Draghi? «Lo capisco: credo che abbia fatto ricorso al Green Pass (che, ripeto, non approvo) solo per poter essere libero di riaprire velocemente il paese e rilanciare l’economia».E’ nota l’analisi prospettica che l’autore di “Massoni” ha offerto, riguardo alla manipolazione della crisi-Covid: dietro, vi scorge la mano della stessa élite (che definisce massonica e “neoaristocratica”) che architettò l’omicidio di John Kennedy e il golpe in Cile, fino all’apotesi terroristica dell’11 Settembre e alle imprese dell’Isis. Ultima mossa: la paralisi del pianeta per via “pandemica”, con l’obiettivo di trasformare la dittatura cinese – sorretta sempre da quell’élite reazionaria – in possibile modello per un Occidente non più democratico, spaventato col “terrorismo sanitario” e ridotto in condizioni di sottomissione, con risvolti orwelliani. Di qui una serie di contromosse in atto, dal fronte “progressista” (che sostenne Trump nel 2016), fino all’opzione incarnata dal “nuovo” Draghi. Perché sarebbe un bene, se approdasse al Quirinale? Per Magaldi, «potrebbe dare all’Italia una centralità che il nostro paese non ha mai avuto». In teoria, il momento è propizio: «Tanti personaggi negativi, finalmente, stanno venendo meno».In Germania, il “falco” Jens Weidmann ha dovuto lasciare la Bundesbank, e la stessa Angela Merkel è appena uscita di scena. Quanto alla Francia, le quotazioni di Macron sono in drammatico ribasso. Draghi al Quirinale per sette anni, dunque? Sì – ribadisce il leader “rooseveltiano” – ma ad una condizione: che non tradisca gli impegni presi coi “progressisti”, visto che quello che sta accadendo oggi è «qualcosa di molto più grave e pericoloso del Green Pass». Chiosa Magaldi, ribadendo il suo monito: «Se non si trova un ragionevole compromesso sulla storia del bonus edilizio per le facciate (una vicenda ormai simbolicamente importante), e se Draghi in questi prossimi mesi non si preoccupa di dare segnali inequivocabili per confermare di aver effettivamente sposato il paradigma post-keynesiano, senza lasciare più che si sospetti che vi sia invece un suo ritorno al passato, vi posso dire che il “fratello Mario” fallirà l’elezione al Quirinale».Caro Mario Draghi, attento a come ti comporti: avanti così, e il Quirinale lo vedrai col binocolo. Sarai infatti impallinato da tanti, insospettabili franchi tiratori, che – nel caso – agiranno come quando, nella corsa al Colle, fu ingloriosamente silurato Prodi. Il messaggio al “fratello Mario” è esplicito. Lo firma, mettendoci la faccia, Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ed esponente dei circuiti massonici “progressisti”, da sempre contrari alle politiche di austerity a lungo perseguite dall’ex capo della Bce. Nella sua visione politologica, anche sulla scorta di cospicue rivelazioni (mai smentite da nessuno), Magaldi propone una particolare lettura degli eventi storico-politici, partendo dal ruolo delle superlogge sovranazionali, elusive e determinanti. Una galassia bifronte di entità che, dietro le quinte, condizionerebbero i governi, nello scontro intestino – ultradecennale – che schiera da un lato i fautori del neoliberismo economico e della post-democrazia di segno “neoaristocratico”, e dall’altro i supermassoni che si dichiarano paladini della prospettiva post-keynesiana e del progressivo sviluppo degli spazi di cittadinanza democratica.
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Green Pass, schedatura universale. Prima del fatale 2024
Raccontano gli appassionati di astrologia che il periodo che si aprirebbe il 22 gennaio 2024 potrebbe coincidere con l’inizio di una stagione epocale e liberatoria, per l’umanità, propiziata dallo “storico” ingresso di Plutone in Acquario. Qualcuno può pensare che siano favolette. Altri studiosi precisano: l’astrologia non determina mai cambiamenti così immediati, attorno a una data-spartiacque. Altri ancora, forse più prosaicamente, fanno notare come i portavoce del potere – anche se non lo ammetterebbero mai – siano attentissimi proprio alla simbologia energetica che presumono sia legata al moto degli astri: del governo Draghi non c’è un solo decreto, avverte Nicola Bizzi, che sia stato emanato in un giorno a caso, senza prima aver dato un’occhiata al cielo. A proposito: ha ben poco di astrologico, l’attenzione che Bizzi (e molti altri osservatori) concentrano sul “fatidico” 2024. Secondo alcuni, è vero, coinciderebbe con la nascita di una nuova “era precessionale”. Ma non si esauriscono qui, le voci sull’ipotetico traguardo in calendario. C’è ben altro, che bolle in pentola.