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Hudson: tre poteri lucrano sulla guerra alla Russia (e a noi)
Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.Quali sono questi interessi americani che vogliono la guerra? E’ Hudson a entrare nei dettagli. «La domanda da porsi è: cosa sta cercando di cambiare o “risolvere” la Nuova Guerra Fredda di oggi?». Dal 1991, la forza di aggressione è stata ininterrottamente incarnata dagli Usa, che non hanno “smontato” la Nato (nonostante la fine del Patto di Varsavia) e hanno seminato terrore e morte in molte aree del mondo in nome della “sicurezza nazionale”, espressione «utilizzata per interessi speciali che non devono essere nominati». Di fatto, «la Nato è diventata l’organismo europeo di politica estera, fino al punto di dominare gli interessi economici interni». Aggiunge Hudson: «Il recente incitamento alla Russia, attraverso l’espansione della violenza etnica anti-russa da parte del regime neonazista ucraino», insediato con il “golpe Maidan” del 2014, ha centrato il bersaglio: «Forzare una resa dei conti». Il movente, però – ragiona il professore – è economico: tenere legati a sé i membri Nato e altri satelliti dell’area del dollaro, «poiché questi paesi hanno visto le loro maggiori opportunità di guadagno risiedere nell’aumento del commercio e degli investimenti con Cina e Russia».Per capire esattamente quali obiettivi e interessi degli Stati Uniti sono minacciati – prosegue Hudson – è necessario comprendere la politica statunitense e il suo “blob”, cioè la pianificazione centrale del governo, «che non può essere spiegata guardando alla politica apparentemente democratica», cioè l’alternanza tra repubblicani e democratici. Secondo Hudson, è più realistico considerare la politica economica ed estera degli Stati Uniti «in termini di complesso militare-industriale, di petrolio e gas (e minerario) e di complesso bancario e immobiliare». I deputati-chiave che siedono in Parlamento? «Non rappresentano i loro Stati e distretti, quanto piuttosto gli interessi economici e finanziari dei loro principali contributori elettorali». Ovvero: i tre grandi blocchi d’interesse che oggi avrebbero forzato l’Occidente verso la tragedia cui stiamo assistendo. Tre entità che, secondo Hudson, «hanno acquisito il controllo del Senato e del Congresso per inserire i propri responsabili politici nel Dipartimento di Stato e nel Dipartimento della Difesa».Chi sono, questi tre soggetti? «Il primo è il Military-Industrial Complex (Mic): i produttori di armi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin». Per Hudson, «la loro base economica è la rendita monopolistica, ottenuta soprattutto dalla vendita di armi alla Nato, agli esportatori di petrolio del Vicino Oriente e ad altri paesi». Attenzione: «Le azioni di queste società sono aumentate immediatamente dopo la notizia dell’attacco russo, guidando un’impennata del mercato azionario», sapendo che il Pentagono «fornirà un ombrello di “sicurezza nazionale” garantito per i profitti del monopolio per le industrie belliche». Il cartello delle armi, ricorda Hudson, è tradizionalmente rappresentato – alle Camere – da politici di Washington e della California, oltre agli Stati del Sud. In questi giorni, si brinda: l’escalation militare in corso «promette un aumento vertiginoso delle vendite di armi alla Nato e ad altri alleati degli Usa». Esempio: «La Germania ha rapidamente accettato di aumentare la spesa per le armi a oltre il 2% del Pil».Il secondo grande blocco oligarchico, prosegue l’economista, è il settore dell’estrazione di petrolio e gas, cui si aggiunge l’estrazione mineraria (Ogam). «Come il settore bancario e immobiliare, che cerca di massimizzare la rendita economica per acquistare alloggi e altri beni, l’obiettivo del settore Ogam è massimizzare il prezzo della sua energia e delle materie prime». Non a caso, «il monopolio del mercato petrolifero dell’area del dollaro e l’isolamento dal petrolio e dal gas russi è stata una delle principali priorità degli Stati Uniti da oltre un anno, poiché l’oleodotto Nord Stream 2 minacciava di collegare più strettamente l’economia dell’Europa occidentale e quella russa». Chi sono i principali lobbysti dell’Ogam? Soprattutto i senatori del Texas, spiega Hudson. Sicché, «l’amministrazione Biden ha sostenuto l’espansione delle perforazioni offshore», ma anche «la rinascita del fracking statunitense». Fuori dai confini, «l’estensione della politica estera mira a impedire ai paesi stranieri di competere sui mercati mondiali, dove siano più convenienti dei fornitori statunitensi». Ergo: «L’isolamento della Russia (e dell’Iran) dai mercati occidentali ridurrà l’offerta di petrolio e gas, facendo aumentare di conseguenza i prezzi e i profitti aziendali».Il terzo grande gruppo oligarchico, continua Hudson, è il settore simbiotico “Finance, Insurance and Real Estate” (Fire). Di fatto, «è il moderno successore del capitalismo finanziario della vecchia aristocrazia fondiaria post-feudale europea, che vive di rendite fondiarie». Cifre enormi: «Circa l’80% dei prestiti bancari statunitensi e britannici sono al settore immobiliare», che agisce «gonfiando i prezzi dei terreni per creare plusvalenze, esenti dalle tasse». Questo blocco bancario e immobiliare incentrato su Wall Street, osserva Hudson, è ancora più ampiamente basato sul supporto politico dei parlamentari lobbysti. Chuck Schumer, senatore di Wall Street ora a capo del Senato, è stato «sostenuto a lungo da Joe Biden», a sua volta protettore storico «dell’industria delle carte di credito». A livello nazionale, «l’obiettivo di questo settore è massimizzare la rendita fondiaria e le plusvalenze derivanti dall’aumento della rendita fondiaria». A livello internazionale, invece, l’obiettivo del settore “Fire” è quello di «privatizzare le economie straniere (soprattutto per assicurarsi il privilegio della creazione di credito nelle mani degli Stati Uniti)».Si mira quindi a «trasformare le infrastrutture governative e i servizi di pubblica utilità in monopoli in cerca di rendita per fornire servizi di base (come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti, comunicazioni e informatica) a prezzi massimi anziché a prezzi agevolati». E Wall Street, ovviamente, «è sempre stata strettamente fusa con l’industria petrolifera e del gas (vale a dire: i conglomerati bancari Citigroup e Chase Manhattan dominati dai Rockefeller)». Ecco quindi spiegato come il Fire finanziario-immobiliare, il Mic militare e l’Ogam energetico «sono i tre settori “rentier” che dominano l’odierno capitalismo finanziario postindustriale». Le loro fortune reciproche «sono aumentate vertiginosamente». E le mosse per escludere la Russia dal sistema finanziario occidentale, insieme agli effetti negativi dell’isolamento delle economie europee dall’energia russa, promettono di stimolare un afflusso di titoli finanziari dollarizzati. «Questo è il motivo per cui né l’industria né l’agricoltura svolgono oggi un ruolo dominante, nella politica estera degli Stati Uniti». La convergenza degli obiettivi politici dei tre grandi “rentier” «travolge gli interessi del lavoro e persino quelli del capitale industriale».Come ha spiegato lo stesso Biden, l’attuale escalation militare orchestrata dagli Stati Uniti (“Provocare l’Orso”) non riguarda proprio l’Ucraina. «Biden ha promesso dall’inizio che le truppe statunitensi non sarebbero state coinvolte, ma ha chiesto per oltre un anno che la Germania impedisse al gasdotto Nord Stream 2 di rifornire la sua industria e le sue abitazioni con gas a basso prezzo», in modo che Berlino «si rivolgesse ai fornitori statunitensi a prezzi molto più alti». E così, dopo un anno di pressioni a vari livelli sui politici tedeschi, la Germania non ha messo in funzione il super-gasdotto. Uno degli obiettivi principali dell’odierna Nuova Guerra Fredda – sottolinea Hudson – è quello di monopolizzare il mercato del gas: già sotto Trump, la Merkel era stata costretta a promettere di spendere 1 miliardo di dollari per costruire nuove strutture portuali per le navi-cisterna statunitensi. Poi, l’avvicendamento alla Casa Bianca e il ritiro della Cancelliera hanno congelato l’investimento portuale, lasciando la Germania senza alternative al gas russo. Ed ecco dunque la stretta di oggi: obiettivo, «l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas, soprattutto a scapito della Germania».Oltre a creare profitti e guadagni sul mercato azionario per le compagnie petrolifere statunitensi – rileva Hudson – l’aumento dei prezzi dell’energia sottrarrà gran parte del vigore all’economia tedesca. Certo, il rincaro di benzina, riscaldamento e altri servizi danneggerà tutti, anche i cittadini statunitensi, riducendo il loro tenore di vita. «Ciò potrebbe spremere i proprietari di case e gli investitori emarginati, portando a un’ulteriore concentrazione della proprietà», accelerando le acquisizioni a danno di «proprietari immobiliari in difficoltà, in altri paesi che devono far fronte all’aumento dei costi del riscaldamento e dell’energia». Aumenteranno anche i prezzi dei generi alimentari, guidati dal grano: Russia e Ucraina rappresentano il 25% delle esportazioni mondiali, nei cereali. «Ciò comprimerà molti paesi del Vicino Oriente e del Sud del mondo con deficit alimentari, peggiorando la loro bilancia dei pagamenti e minacciando l’insolvenza del debito estero».E non è tutto: le esportazioni russe di materie prime potrebbero essere bloccate dalla Russia in risposta alle sanzioni e all’esclusione dallo Swift. Questo «minaccia di causare interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali chiave, tra cui cobalto, palladio, nichel e alluminio». Se poi la Cina decidesse di considerarsi la prossima nazione minacciata e si unisse alla Russia in una protesta comune contro la guerra commerciale e finanziaria degli Stati Uniti, le economie occidentali subirebbero un grave shock. Il sogno a lungo termine dei fautori americani della Nuova Guerra Fredda, riassume Hudson, «è quello di rompere la Russia, o almeno di ripristinare la sua cleptocrazia manageriale di Eltsin», assistita dagli “Harvard Boys”, «con gli oligarchi che cercano di incassare le loro privatizzazioni nei mercati azionari occidentali». Il cartello Ogam «sogna ancora di acquistare il controllo di maggioranza di Yukos e Gazprom». Quanto a Wall Street, «vorrebbe ricreare un boom del mercato azionario russo». E gli investitori del Mic (armamenti) vorrebbero «anticipare felicemente la prospettiva di vendere più armi, per contribuire a realizzare tutto questo».Sul fronte opposto, invece, «l’obiettivo a lungo termine della Russia è di strappare l’Europa dal dominio della Nato e degli Stati Uniti e, nel frattempo, creare con la Cina un nuovo ordine mondiale multipolare centrato su un’Eurasia economicamente integrata». Dato che la Russia non invaderà mai l’Europa, riflette Hudson, gli europei finiranno per chiedersi perché mai pagare cifre esorbitanti per l’armamento Usa, e perché mai strapagare l’energia fornita da Washington, oltre a «pagare di più per il grano e le materie prime prodotte dalla Russia», perdendo anche la possibilità di fare profitti con l’export verso la Russia e, domani, forse, anche verso la Cina. Ma le complicazioni non finiscono qui: «La confisca da parte degli Stati Uniti delle riserve monetarie russe, a seguito del recente furto delle riserve dell’Afghanistan (e del sequestro dell’Inghilterra delle scorte auree venezuelane ivi detenute) minaccia l’adesione di ogni paese al Dollar Standard, e quindi il ruolo del dollaro come veicolo per il risparmio in valuta estera da parte delle banche centrali del mondo. Ciò accelererà il processo di de-dollarizzazione internazionale già avviato da Russia e Cina, facendo affidamento sulle reciproche partecipazioni delle valute dell’altra».A lungo termine, conclude l’economista, è probabile che la Russia si unisca alla Cina nel formare un’alternativa al Fmi e alla Banca mondiale, tuttora dominati dagli Stati Uniti. «L’annuncio della Russia di voler arrestare i nazisti ucraini e tenere un processo per crimini di guerra sembra implicare che un’alternativa alla corte dell’Aia sarà istituita dopo la vittoria militare della Russia in Ucraina. Solo un nuovo tribunale internazionale – aggiunge il professor Hudson – potrebbe processare i criminali di guerra che vanno dalla leadership neonazista ucraina fino ai funzionari statunitensi responsabili di crimini contro l’umanità come definiti dalle leggi di Norimberga». Hudson si aspetta che Mosca si ritiri a breve, dopo aver raggiunto gli obiettivi: proteggere i russofoni e allontanare da Kiev la minaccia diretta alla propria sicurezza. Infine, emerge l’autogol del “blob americano”: «La più enorme conseguenza involontaria della politica estera statunitense è stata quella di portare Russia e Cina insieme, insieme a Iran, Asia centrale e altri paesi, lungo la Belt and Road Initiative».Se la Russia sognava di «creare un nuovo ordine mondiale», finalmente in armonia con l’Occidente, «è stato l’avventurismo statunitense a portare il mondo in un ordine completamente nuovo». Un assetto «che sembra essere dominato dalla Cina, come vincitore predefinito, ora che l’economia europea è essenzialmente dilaniata e che l’America è rimasta con ciò che ha preso dalla Russia e dall’Afghanistan, ma senza la possibilità di ottenere un sostegno futuro». Sperando che, ovviamente, tra Putin e Biden esista un accordo, sotto banco, per non far degenerare oltre la situazione, evitando cioè lo scontro diretto. Tutti sanno che, in quel caso, non ci sarebbero vincitori. Discorsi che sembrano folli, nel 2022: eppure, Usa e Russia sono entrate in “allerta atomica”. E paesi come l’Italia si accingono a varare aiuti militari al regime di Kiev. Lo schema è tragicamente evidente: dipingere la Russia come aggressore, demonizzandola, così come graziosamente richiesto dai tre grandi cartelli che, secondo Hudson, avrebbero pianificato l’intero disastro: armamenti, energia e finanza.Armamenti, energia, finanza. Sono queste tre oligarchie a controllare gli Usa, determinando la loro politica: che oggi schiaccia l’Europa sotto il peso delle sanzioni imposte alla Russia, provocata per anni fino all’esplosione della resa di conti con il regime anti-russo di Kiev, imbottito di manovalanza sfacciatamente neonazista. Lo sostiene Michael Hudson, professore emerito di economia all’Università del Missouri-Kansas City, nonché alfiere internazionale della Modern Money Theory. Pochissime, nel mondo anglosassone, le voci indipendenti e non silenziate dalla “nebbia di guerra” diffusa in modo orwelliano per criminalizzare Putin. Tra queste l’economista canadese Michel Chossudovsky, fondatore di “Global Research” (preoccupato per gli sviluppi dello scontro Russia-Nato) e l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, che si augura che il Cremlino riesca a “bonificare” rapidamente l’Ucraina, strumentalizzata da Washington per servire i peggiori interessi sulla pelle degli ucraini, dei russi e degli stessi europei.
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Il resto del mondo sta con la Russia: la pagheremo cara
Secondo me, i russi si sono resi conto del fatto che gli occidentali – guerra o non guerra – avrebbero comunque imposto sanzioni molto pesanti. E così, hanno deciso di togliere anche l’ultimo paletto che sorreggeva la narrazione dell’Occidente, ora chiamato da Putin “l’impero della menzogna”. L’isolamento della Russia, da parte nostra, avrà ripercussioni internazionali gravissime. Noi adesso siamo chiusi nel nostro mondo e guardiamo solo a quello che succede qui. Il resto del mondo, invece, è alla finestra: sta vedendo che c’è una nazione che ha deciso di dire “no”, ponendosi come un ostacolo. La Russia è diventata un Kathécon, nei confronti del nulla della cultura occidentale che sta avanzando. E questo baluardo potrebbe essere di esempio per il resto del mondo. I presidenti del Brasile e dell’Argentina, che sono appena stati a Mosca, hanno detto di non avere nessuna intenzione di imporre sanzioni alla Russia (così anche il presidente del Messico, ndr).Paesi africani – come la Repubblica Centrafricana – hanno immediatamente riconosciuto le repubbliche del Donbass. Il Mali ha cacciato l’ambasciatore francese e ha detto alle truppe di Parigi che devono sloggiare, il prima possibile. Le reazioni dello stesso Oriente si diversificano in vari modi dalle posizioni occidentali. Il Pakistan giudica sostanzialmente corretta l’azione russa. L’India, idem con patate. Quindi: il resto del mondo comincia a domandarsi: vuoi vedere che, forse, è possibile ribellarsi al dominio anglosassone? Secondo me, le ripercussioni future saranno gravissime per noi. Faccio un esempio: se una azienda indiana facesse un appalto e trovasse, a parità di punteggio, una ditta francese e una compagnia malese, credo che preferirebbe lavorare con quella malese, perché sa che a quella francese, un giorno – magari dopo una telefonata da Washington – potrebbe essere chiesto di applicare sanzioni contro il committente e quindi non portare a termine il lavoro.L’Europa, soprattutto, rischia di rimanere isolata, rispetto al resto del mondo. Pian piano, nei prossimi anni, gli altri paesi potrebbero iniziare a rifiutarsi di lavorare con noi, se continuiamo con questa isteria. Questo, a mio parere, sarà un problema grave, da affrontare in futuro. Del resto, la manovra in atto in Ucraina – manovra di origine statunitense: tagliare i ponti con la Russia – è chiaramente mirata a colpire proprio l’Europa. Il fatto di continuare a sostenere questo regime ucraino, addirittura fornendogli armi e favorendo il reclutamento di mercenari, potrebbe essere considerato come un atto di guerra vero e proprio, capace di causare incidenti molto gravi: e ora vedremo quali contromisure la Russia deciderà di intraprendere, per contrastare queste nostre azioni.Certamente, il piano americano era quello di interrompere totalmente i rapporti economici tra la Russia e l’Europa, quindi non solo la fornitura del gas, e di sostituirsi come fornitore di energia e di altri beni e materie prime, nei confronti degli europei. Questo, a mio avviso, in Europa causerà una crisi terribile: già dobbiamo ancora percepire il contraccolpo della crisi post-Covid; figuriamoci se ora si aggiunge anche una terribile crisi energetica, oltre a una crisi delle materie prime, che infatti sta arrivando. Pensiamo anche solo al grano, per esempio: la Russia è il primo esportatore di grano, nel mondo. Noi avremo l’impossibilità di ricevere grano russo, mentre loro lo venderanno altrove, senza problemi (tutto l’Oriente ne ha bisogno). Chi avrà problemi di approvvigionamento di materie prime saremo noi. C’è anche da scontare il problema dei trasporti, della logistica: l’aumento dei costi, specie delle merci in partenza dalla Cina, è enorme.Quindi l’Occidente, progressivamente isolato dal resto del mondo, secondo me va verso un periodo molto buio. Se gli americani avevano una posizione preconcetta, nei confronti della Russia, gli europei hanno dimostrato di scontare un grande difetto: non hanno capito che la Russia è il diaframma tra l’Oriente e l’Occidente. Quindi, diventerà il nuovo punto di bilanciamento della politica e dell’economia mondiale. E dunque, diventando la Russia uno dei prossimi centri del mondo, se noi ci auto-escludiamo dall’accesso a questo mercato (che apre le porte ad altri mercati), questo potrebbe avere conseguenze gravissime, per la nostra economia.(Marco Pata, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta “Russia: quello che devi sapere”, in streaming su YouTube dal 1° marzo 2022. Pata è un avvocato d’affari con vasta esperienza negli scambi imprenditoriali tra Europa e Russia).Secondo me, i russi si sono resi conto del fatto che gli occidentali – guerra o non guerra – avrebbero comunque imposto sanzioni molto pesanti. E così, hanno deciso di togliere anche l’ultimo paletto che sorreggeva la narrazione dell’Occidente, ora chiamato da Putin “l’impero della menzogna”. L’isolamento della Russia, da parte nostra, avrà ripercussioni internazionali gravissime. Noi adesso siamo chiusi nel nostro mondo e guardiamo solo a quello che succede qui. Il resto del mondo, invece, è alla finestra: sta vedendo che c’è una nazione che ha deciso di dire “no”, ponendosi come un ostacolo. La Russia è diventata un Kathécon, nei confronti del nulla della cultura occidentale che sta avanzando. E questo baluardo potrebbe essere di esempio per il resto del mondo. I presidenti del Brasile e dell’Argentina, che sono appena stati a Mosca, hanno detto di non avere nessuna intenzione di imporre sanzioni alla Russia (così anche il presidente del Messico, ndr).
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La Russia divorzia dall’Occidente: ora il mondo cambierà
L’intervento militare russo in Ucraina ha segnato la fine di un’epoca nello stato degli affari globali dopo che il presidente Vladimir Putin ha lanciato l’azione la scorsa settimana. Il suo impatto si farà sentire negli anni a venire, ma Mosca si è posizionata per “diventare un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero”. L’operazione delle forze armate russe in Ucraina segna la fine di un’era. Ha avuto inizio con la caduta dell’Unione Sovietica e la sua dissoluzione nel 1991, quando una struttura bipolare abbastanza stabile è stata ribaltata da quello che alla fine è diventato noto come “Ordine mondiale liberale”. Ciò ha aperto la strada agli Stati Uniti e ai loro alleati per svolgere un ruolo dominante nella politica internazionale incentrata sull’ideologia universalista. La crisi si è manifestata molto tempo fa, anche se non ci sono state resistenze significative da parte delle grandi potenze che sono rimaste insoddisfatte della loro posizione nel nuovo campo di gioco politico.In effetti, per un periodo piuttosto lungo (almeno un decennio e mezzo), non c’era stata praticamente alcuna opposizione. I paesi non occidentali, in particolare Cina e Russia, hanno compiuto sforzi per integrarsi nella gerarchia. Pechino è riuscita non solo a farlo, ma ha anche sfruttato al meglio la situazione per prendere piede come giocatore dominante. Mosca, tuttavia, ne è uscita molto peggio e ha impiegato più tempo per adattarsi a questo nuovo ordine mondiale e consolidare un posto rispettabile all’interno delle sue fila. Il sistema si è rivelato allo stesso tempo rigido e traballante poiché escludeva concettualmente qualsiasi equilibrio di potere. Ancora più importante, tuttavia, non ha consentito un livello sufficiente di diversità culturale e politica, che è intrinsecamente essenziale per il funzionamento sostenibile del mondo. Una visione del mondo uniforme che escludeva tutte le altre è stata imposta utilizzando vari mezzi, compresi gli atteggiamenti nei confronti dell’attività militare.L’operazione russa è un’immagine speculare di ciò che gli Stati Uniti ei loro alleati hanno fatto più di una volta negli ultimi decenni in diverse parti del mondo. Secondo la leggenda, lo zar Pietro il Grande brindava ai suoi “maestri svedesi” dopo la battaglia di Poltava nel 1709. Ora, l’attuale leadership russa può anche dire di aver imparato molto dall’Occidente. Nelle azioni della Russia in Ucraina, è facile individuare gli elementi – dall’esercito all’informazione – che erano presenti in America e nelle campagne della Nato contro la Jugoslavia, l’Iraq e la Libia. La tensione è stata a lungo in ebollizione e l’Ucraina è ora diventata la prima linea decisiva. Questa non è una battaglia ideologica come quella a cui si è assistito nella seconda metà del Novecento. L’egemonia mondiale è attualmente sfidata a favore di un modello molto più distribuito. Il vecchio concetto di “sfere di influenza” della Guerra Fredda non è più applicabile perché il mondo è diventato molto più trasparente e interconnesso, rendendo possibile l’isolamento solo in misura limitata. Almeno, questo è quello che abbiamo pensato – fino ad ora.Come spesso è accaduto in passato, la lotta attuale si sta svolgendo per un territorio strategicamente importante. Il vecchio adagio “la storia si ripete” è evidente quando si passa da un media all’altro. Due diversi approcci si sono scontrati. Da un lato, c’è l’esercizio dell’hard power classico, che è guidato da principi semplici, rozzi, ma chiaramente comprensibili: sangue e terra. Dall’altro, dall’altro, un metodo moderno di propagazione degli interessi e dell’influenza, realizzato attraverso un insieme di strumenti ideologici, comunicativi ed economici, efficaci e, allo stesso tempo, malleabili, comunemente chiamati “valori”. Dalla Guerra Fredda, il più moderno di questi approcci è stato quasi sempre il metodo di riferimento. Chiamiamola con il suo nome alla moda, ma impreciso, “guerra ibrida”. Per la maggior parte, tuttavia, questo non ha mai incontrato una seria resistenza, per non parlare di uno scontro armato diretto. L’Ucraina 2022 è il test decisivo che dimostrerà quale di questi approcci regnerà vittorioso. In questo senso, hanno ragione coloro che sospettano che le conseguenze potrebbero essere molto più profonde di quanto pensassero.La dirigenza russa, che ha deciso misure estremamente drastiche, probabilmente ne ha compreso le conseguenze, o addirittura vi ha consapevolmente aspirato. La pagina della cooperazione con l’Occidente è stata voltata. Ciò non significa che l’isolazionismo diventerà la norma, ma segna la fine di un importante capitolo storico delle relazioni politiche. La nuova Guerra Fredda non finirà presto. Dopo qualche tempo, gli effetti che l’attuale operazione militare ha causato molto probabilmente cominceranno a placarsi, e alcune forme di interazione riprenderanno, ma la linea è inevitabilmente tracciata. Anche in uno scenario favorevole, passeranno molti anni prima che le sanzioni vengano revocate e che i legami vengano ripristinati in modo graduale e selettivo. La ristrutturazione delle priorità economiche richiederà un approccio diverso, che stimolerà lo sviluppo in alcuni modi e lo rallenterà in altri. La parte più attiva della società russa dovrà rendersi conto che il suo vecchio modo di vivere è scomparso. “Fort Russia” ha deciso di mettere alla prova la sua forza e, allo stesso tempo, è diventato un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero.(Fëdor Lukyanov, “La fine di un’era: la pagina della cooperazione con l’Occidente è stata voltata”, da “Russia Today” del 1° marzo 2022. Caporedattore di “Russia in Global Affairs”, Lukyanov è presidente del Council on Foreign and Defence Policy e direttore della ricerca del Valdai International Discussion Club).L’intervento militare russo in Ucraina ha segnato la fine di un’epoca nello stato degli affari globali dopo che il presidente Vladimir Putin ha lanciato l’azione la scorsa settimana. Il suo impatto si farà sentire negli anni a venire, ma Mosca si è posizionata per “diventare un agente di cambiamento cardinale per il mondo intero”. L’operazione delle forze armate russe in Ucraina segna la fine di un’era. Ha avuto inizio con la caduta dell’Unione Sovietica e la sua dissoluzione nel 1991, quando una struttura bipolare abbastanza stabile è stata ribaltata da quello che alla fine è diventato noto come “Ordine mondiale liberale”. Ciò ha aperto la strada agli Stati Uniti e ai loro alleati per svolgere un ruolo dominante nella politica internazionale incentrata sull’ideologia universalista. La crisi si è manifestata molto tempo fa, anche se non ci sono state resistenze significative da parte delle grandi potenze che sono rimaste insoddisfatte della loro posizione nel nuovo campo di gioco politico.
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“L’esclusione di Mosca farà crollare lo Swift: finalmente”
La clamorosa esclusione della Russia dal sistema Swift determinerà la fine stessa di quel sistema, che infatti era in programma. Lo Swift crollerà non appena l’Europa dovrà nuovamente acquistare il gas: dovrà avvalersi del sistema Cips (Cross-Border Interbank Payment System) che è parte integrante del Quantum Financial System. Non è una leggenda: il Qfs è già attivo, anche se per ora solo su certe transazioni, come per la “redemption” dei debiti. Ma si tratta di un’operazione complessa – finanziaria, militare e di intelligence – che avanza sotto traccia, da anni, e coinvolge persino il vero potere-ombra della Cina, ostile al partito comunista. Serviva un espediente per smantellare il sistema attuale e passare al Qfs? Eccolo: i lampi di guerra con la Russia, dove – tra l’altro – Putin ha raso al suolo i laboratori di livello 4, finanziati dall’Occidente, per produrre armi biochimiche e batteriologiche (ricordate l’ultima intervista di Bill Gates sulla pericolosità dell’eventuale “prossima” pandemia?).Bene. Sappiate che, là in alto, riguardo al cuore del problema, i giochi sono già fatti: ora occorre solo una narrazione per spiegare al mondo che, da una certa data in poi, il sistema delle banche centrali non avrà più il potere di cui dispone oggi. Ci sarà un nuovo Swift, un nuovo paradigma. Naturalmente, dopo due anni di “emergenza sanitaria”, occorreva un diversivo: quindi una crisi, che non credo possa degenerare realmente, sul campo, estendendosi oltre l’Ucraina. In questo modo, oltretutto, viene esposto in modo palese il livello dei nostri media e dei nostri politici. E infatti poi servirà, in parallelo, anche un Quantum Voting System, per certificare seriamente l’attendibilità del voto. Tutti ricordiamo le modalità dell’elezione di Joe Biden, negli Usa. Ma pensiamo anche a Trudeau: chi pensate che l’abbia davvero votato? Il pulillo di Davos era uno dei personaggi più detestati, in Canada. Stesso dicasi per le ultime elezioni in Australia.Quindi: se non cambiamo il sistema economico-finanziario, in mano ai gruppi che oggi controllano le banche centrali, rimarremo in una sorta di schiavitù moderna, legata alla moneta a debito. E se non cambiamo anche il sistema di votazione dei nostri rappresentanti, resteremo sottomessi ai soliti noti, eternamente finanziati da questa élite di potere. Prendiamo la politica italiana: è morta, letteralmente. Basti pensare alle ultime giravolte di Salvini e della Meloni, che ora tifano Ucraina, o a Di Maio che stanzia oltre 100 milioni di euro per “aiuti” destinati a trasformarsi in armamenti, mentre vasti strati dell’economia italiana sono sull’orlo del baratro. A parte il momento presente, però, il vero problema emergerà domani. Questa classe politica andrà interamente spazzata via. Certo, uno poi si domanda: come la ricostruisci, una società sana, quando milioni di persone ormai credono a tutto e si comportano come scimmiette ammaestrate?(Luca La Bella, nel video “L’arte della guerra mediatica”, con Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo Finta Che” il 28 febbraio 2022. Giornalista e acuto osservatore dell’attualità, La Bella è l’animatore del newsmagazine “Database Italia”).La clamorosa esclusione della Russia dal sistema Swift determinerà la fine stessa di quel sistema, che infatti era in programma. Lo Swift crollerà non appena l’Europa dovrà nuovamente acquistare il gas: dovrà avvalersi del sistema Cips (Cross-Border Interbank Payment System) che è parte integrante del Quantum Financial System. Non è una leggenda: il Qfs è già attivo, anche se per ora solo su certe transazioni, come per la “redemption” dei debiti. Ma si tratta di un’operazione complessa – finanziaria, militare e di intelligence – che avanza sotto traccia, da anni, e coinvolge persino il vero potere-ombra della Cina, ostile al partito comunista. Serviva un espediente per smantellare il sistema attuale e passare al Qfs? Eccolo: i lampi di guerra con la Russia, dove – tra l’altro – Putin ha raso al suolo i laboratori di livello 4, finanziati dall’Occidente, per produrre armi biochimiche e batteriologiche (ricordate l’ultima intervista di Bill Gates sulla pericolosità dell’eventuale “prossima” pandemia?).
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L’umanità nuova che sorge dopo il massacro della verità
Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.Ventiduemila cittadini inermi, dunque, dilaniati dalle milizie che rispondono al governo che nel 2022 chiede di entrare nella Nato e nell’Ue, nel club d’élite della democrazia, mentre gli eroici redattori del Tg2 mandano in onda le immagini di un wargame della playstation e il “Corriere della Sera” ripropone, come documento dell’aggressione nazi-russa, un’esplosione (incidentale o no) nella capitale ucraina, risalente nientemeno che al 2015. E poi chi sono, appunto, i narratori? Chi sono – come li chiamava Giulietto Chiesa – i famosi padroni del discorso? Sono gli avventurieri vocati all’assassinio, da John Fizgelarld Kennedy a Salvador Allende. Sono i “bombardatori” fisiologici, dopo Hiroshima e Nagasaki. Bombe su ancora Guatemala, poi Indonesia e Cuba, Congo, Laos, Vietnam, Cambogia. E poi Grenada, Libia, El Salvador. Poi Nicaragua, Iran, Panama, Iraq-Kuwait, Somalia, Bosnia, Sudan. E ancora: Somalia e Pakistan, poi Yemen, di nuovo Libia e Siria.Non viene, vagamente, il vomito? Non perché gli altri siano meglio: non è che brilli, l’aliena controparte. Ma almeno non blatera di libertà e democrazia: estetica, buon gusto? I nostri sono quelli dell’11 Settembre, degli spread, della Grecia massacrata – senza anestesia – dall’uomo che riponde a un nome: Mario Draghi. I nostri sono Greta, sono la Von de Leyen, Soros, Zuckerberg, Bill Gates. Sono l’Oms, sono i lockdown e i coprifuoco. Sono le zone rosse, le mascherine in strada. Sono i “vaccini” che “immunizzano”, sono i colpiti dall’apartheid, discriminati dal Green Pass. I nostri sono i Buoni, gli schiavisti democratici con la validazione vaticana. Non è questione di Crimee, a quanto pare: le fiamme a Est sembrano voler dire che è ora che si scuota, la popolazione rintronata del rinomato Primo Mondo, sotto ipnosi. Tenevi lo Swift, dice la storia: è ora di svegliare l’uomo nuovo. Buttate i libri inutili, usate quei giornali per incartare il nulla. L’umanità che viene nasce adesso, o almeno prova a nascere. E’ questo, il Piano-B. L’unico in campo.(Giorgio Cattaneo, 28 febbraio 2022).Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.
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Spread, Isis, Covid: se la guerra russa mette fine alla farsa
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli Usa – risalente ai tempi dei Bush: non era affatto previsto (anzi: era solennemente vitetato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici, alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina. Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata: in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria. La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan; la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca, fiero avversario della narrazione “pandemica”. Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello: mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti. Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev, mentre i tagliagole dello Stato Islamico terrorizzavano la popolazione siriana.Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni: dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan, facendo volare lo jihaidsmo, gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia, e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani. Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama. Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso: la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi. Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia. E’ lo stesso potere che – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid, denunciandone il carattere golpista e corruttivo. Lo stesso Putin si è distinto anche nello smascherare la distorsione politica messa in piedi, sempre sulla base di menzogne, per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario, se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.Probabilmente mai, negli ultimi cent’anni, si era scesi così in basso: l’impero marittimo euro-atlantico, mercantilista e bellicista dietro il paravento della democrazia e della libertà (in casa propria), dopo le atomiche sui civili di Hiroshima e Nagasaki deve ancora scontare l’infame, sanguinosa menzogna dell’11 Settembre, e oggi parla attraverso l’ometto finito alla Casa Bianca nel 2020 in mezzo al colossale imbroglio del voto postale e dei software di Dominion. E’ esattamente il potere che ha trasformato la Cina nel paese-mostro della tessera a punti che misura la buona condotta del suddito, il potere che – d’intesa coi cinesi – ha trasformato un ipotetico virus (mai isolato biologicamente) in una micidiale arma di distruzione di massa: distruzione sociale, politica, economica, psicologica. E’ il potere che ieri usava lo spread e oggi il Tso, i lockdown, i coprifuoco, il Green Pass. Il potere che finge di idolatrare Greta, per imporre la sua legge possibilmente con le buone, ma – nel caso, come si è visto – anche con le cattive. Ora, in modo drammatico, le cannonate russe sembrano interropere questa farsa mondiale, fondata sull’ipnosi. Nessuno azzarda previsioni precise, sugli eventuali sviluppi dell’improvviso cambio di copione. La sensazione, però, è che un’intera epoca stia letteralmente per crollare, in modo pericoloso e inevitabilmente rovinoso.(Giorgio Cattaneo, 26 febbraio 2022).«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
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Il solito, ipocrita Occidente terrorista: Putin “aggressore”
«Ora tutti danno del matto scriteriato a Vladimir Putin, ma i veri folli siamo noi, che ci stiamo bevendo la narrazione patetica che dalla sala ovale della Casa Bianca ci è piombata in testa come verità assoluta: quella dell’Occidente e in primis dell’America come paladina dei diritti inderogabili delle nazioni». Così “Libero”, in un editoriale che commenta la reazione militare russa alle reiterate provocazioni atlantiche in Ucraina, paese “prenotato” ufficialmente per l’ingresso nella Nato in violazione di ogni precedente accordo. Traduzione pratica nei nostri media: Putin avrebbe violato il diritto internazionale, calpestato la sovranità di uno Stato tutelato dall’Onu, riconosciuto ufficialmente e sostenuto militarmente due territori del Donbass (Est dell’Ucraina) che si sono proclamati repubbliche indipendenti. “Libero” punta il dito contro il vizietto storico dell’Occidente: l’interferenza “umanitaria”. «Se osservatori non sempre disinteressati colgono in una certa zona del mondo il prevalere di un tiranno crudele, allora è concesso mandare truppe, rimpiazzare i presidenti, commissariare un paese. È successo in Somalia nel 1993, in Bosnia-Erzegovina fino al 1996».Il decantato diritto internazionale? Regolarmente ritoccato «a misura del più forte, che non sempre è quello buono». In Kosovo, «senza neppure il minimo cenno di approvazione dell’Onu», nel 1999 la Nato attaccò la Serbia, «accusata di crimini orrendi nella provincia già autonoma di Pristina a maggioranza albanese-musulmana», ma in realtà «i report erano falsi come quelli di Giuda». Non solo: «Noi italiani bombardammo Belgrado per ragioni umanitarie, persino un ospedale. Poi garantimmo una resa onorevole a Milosevic, il presidente comunista di Belgrado, invano difeso dalla Russia e da scrittori come Solzenicyn, spergiurando che il Kosovo sarebbe rimasto sacro suolo della Serbia». In quel caso «la Nato intervenne, inventando panzane, per costituire uno stato mafioso-islamico nel cuore dell’Europa: fu un’operazione condotta da Bill Clinton e Joe Biden». E vogliamo parlare dell’Iraq? Nel 2003, con l’aiuto di servizi segreti europei, «gli Stati Uniti costruirono false prove del possesso, da parte di Saddam Hussein, di armi di distruzione di massa. Guerra di liberazione? È servita a insediare l’Isis».Altro capitolo, la Libia: «La Nato ha deciso che Gheddafi era cattivo e i jihadisti di Allah buoni». In pratica, sempre secondo “Libero”, «sostenemmo i tagliagola tagliando la gola a noi stessi (per gola qui si intendono i rifornimenti energetici) e consegnando il nostro paese a essere meta di migranti usati come armi di destabilizzazione». Dopo la Libia toccò alla Siria, e via così. Oggi, «Putin ha applicato il medesimo criterio dei precedenti punti “americani”: in particolare, il riferimento è all’Iraq e al Kosovo». L’adesione dell’Ucraina alla Nato? Più che prevedibile, nonostante fosse stata osteggiata già nel 2008 sia da Prodi che dalla Merkel. Ma ora, «il dispiegamento di forze e missili occidentali con basi in Romania, Polonia e Paesi Baltici è un bigliettino di inimicizia sfacciato». Quanto alla popolazione russofona del Donbass e di Odessa: «C’è qualcuno che osi negare sia vessata, ridotta a “dilly”, cittadini di serie B, dall’attuale regime sponsorizzato dall’Occidente per essere una spina nel fianco della Russia?».Il quotidiano di Sallusti parla di «un secondo livello di ipocrisia», e spiega: «Putin in questi giorni ha reso semplicemente ufficiale ciò che era già reale dal 2014». Ovvero: «Sin dall’invasione e annessione della Crimea, il Donbass è sotto sovranità russa: non c’è servizio segreto occidentale che non lo sappia. Persino le forze militari con divisa ucraina lì servono Mosca. Ci sono stati referendum, in Donbass, dove plebiscitariamente la popolazione ha optato – secondo il principio di autodeterminazione – per l’indipendenza da Kiev». E dunque: «Il principio di autodeterminazione vale solo quando lo decidono gli americani? Anche loro, in fin dei conti, alcuni secoli fa, si dichiararono indipendenti dalla Gran Bretagna, o ci sbagliamo?». Osserva “Libero”: «La storia si muove. Il diritto internazionale si modella in una lotta impari tra puri ideali e sporca forza. Di solito vince la forza». E Putin si è mosso ora «non perché impazzito», ma per ragioni di politica interna («individuare un’aggressione esterna raggruma il popolo intorno al capo») e anche «per mostrare agli europei chi è davvero Biden.L’uomo della Casa Bianca? «Se ne frega degli interessi e del benessere dei popoli alleati, e fa di tutto per creare le condizioni – esasperando il conflitto diplomatico, muovendo l’esercito – per inimicare la Russia e gli Stati europei». In altre parole: «Che importa a Biden se la bolletta della luce triplica a Bari e a Torino, se i forni di Mestre si spengono e non sciolgono più il vetro perché il gas è troppo caro?». “Libero” cita una riflessione di Jeffrey Sachs, della Columbia University, pubblicata in queste ore sul “Financial Times”. «Gli Stati Uniti – scrive Sachs – dovrebbero garantire alla Russia che l’Ucraina non entrerà mai nella Nato, chiedendo in cambio il completo ritiro delle forze russe dalla regione del Donbass e l’annullamento del riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste, oltre alla smobilitazione delle truppe al confine con l’Ucraina, insieme a garanzie sul riconoscimento della sovranità di Kiev». Aggiunge l’analista: «Se gli Usa non proporranno questo accordo, dovrebbero farlo Germania e Francia». Sempre che non sia troppo tardi, ormai, vista la portata dell’offensiva militare russa scatenata contro l’Ucraina.«Ora tutti danno del matto scriteriato a Vladimir Putin, ma i veri folli siamo noi, che ci stiamo bevendo la narrazione patetica che dalla sala ovale della Casa Bianca ci è piombata in testa come verità assoluta: quella dell’Occidente e in primis dell’America come paladina dei diritti inderogabili delle nazioni». Così “Libero”, in un editoriale che commenta la reazione militare russa alle reiterate provocazioni atlantiche in Ucraina, paese “prenotato” ufficialmente per l’ingresso nella Nato in violazione di ogni precedente accordo. Traduzione pratica nei nostri media: Putin avrebbe violato il diritto internazionale, calpestato la sovranità di uno Stato tutelato dall’Onu, riconosciuto ufficialmente e sostenuto militarmente due territori del Donbass (Est dell’Ucraina) che si sono proclamati repubbliche indipendenti. “Libero” punta il dito contro il vizietto storico dell’Occidente: l’interferenza “umanitaria”. «Se osservatori non sempre disinteressati colgono in una certa zona del mondo il prevalere di un tiranno crudele, allora è concesso mandare truppe, rimpiazzare i presidenti, commissariare un paese. È successo in Somalia nel 1993, in Bosnia-Erzegovina fino al 1996».
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L’irrilevanza autoritaria italiana, sull’orlo del finimondo
Una settimana di votazioni a vuoto, per poi passare da Mattarella a Mattarella lasciando Draghi a Palazzo Chigi, con tutte le supercazzole para-virologiche trasformate in dogma religioso (con tanto di obbligatorietà, ricatti e vessazioni). In tanti hanno commentato l’autopsia della politica italiana nella sua forma più desolatamente spettacolare: un’esibizione di impotenza perfetta, interpretata da partiti-fantasma e leader di cartone, incapaci di incidere minimamente in uno spartito imbarazzante. Una sceneggiatura normalmente dettata dall’alto, secondo traiettorie più o meno inconfessabili, ma in fondo ricorrenti da qualche decennio. Nella fattispecie: la necessità di congelare lo scenario politico italiano, per ultimare l’euro-normalizzazione del paese secondo i dettami del più che vincolante programma che i dominus hanno affidato a Bruxelles, per questa parte di Occidente. Invece, il resto del mondo – Russia, India, Giappone, paesi arabi, Africa, Sudamerica, gran parte dell’Asia – sembra uscito dall’ipnosi psico-sanitaria ispirata dagli stregoni di Davos e dai loro libracci.Oggi, Greta ricompare direttamente dal benzinaio al momento di fare il pieno: la sua auto elettrica, nuova fiammante, sembra l’ultimo regalo di un destino tragicomico e, forse, drammaticamente preoccupante, almeno quando il rumore di cingoli e ferraglia che risuona lungo le frontiere orientali dell’Europa. E mentre gli ultimi scossoni (senza precedenti) oggi arrivano dal Canada in subbuglio, dopo che persino il “laboratorio Israele” annuncia un ripensamento radicale delle imposizioni farmacologiche, rivelatesi nella migliore delle ipotesi completamente inutili, l’Italia politica in agonia – urne disertate lo scorso ottobre da oltre metà degli elettori – ripropone a inizio 2022 una sorta di resa, di genuflessione senza parole, gesti, idee, pensieri, progetti, analisi e programmi. Palazzo Chigi resta nelle mani di un terminale (dichiarato) del massimo potere ordoliberista: il suo prestigio personale sembra l’unica chance, virtuale, per un ipotetico cambio di rotta, di cui però finora non s’è vista traccia. Anzi: sulla carta, la decretazione sommaria delle peggiori restrizioni non lascia sperare, francamente, in nulla di buono.Chi ha visto di cosa sono stati capaci, gli ultimi governatori del Belpaese (rigorosamente non eletti, e con mano libera su tutto nel silenzio assordante dei partiti e delle massime istituzioni) non può che tendere a “verticalizzare” le spiegazioni, in cerca di una qualche possibile riposta. Torna in mente la Struttura evocata da Paolo Rumor nel libro “L’altra Europa”: una casta di prescelti, già re-sacerdoti, agli ordini di padroni non terrestri. L’arte – recente – della politica? Solo un raffinato espediente per cementare un po’ di consenso? E i famosi superpoteri sovranazionali? E poi le sigle altisonanti, le consorterie occulte: solo livelli intermedi, anch’esse, di un potere sovrastante e non negoziabile? Gli studiosi della paleosatronutica, ferrati anche nel monitoraggio della testualità dei libri antichi (spesso definiti “sacri” dopo la fabbricazione delle religioni, una volta spariti gli antichi signori cosmonautici) dicono che quanto avviene oggi è sempre accaduto, in fondo: manipolazione genetica del Sapiens e manipolazione del gregge umano mediante narrazioni favolistiche.Analogie: la vera ratio dell’operazione planetaria scattata nel 2020 – il dominio possibilmente assoluto sugli individui – ormai ridonda ovunque, tracimando dai social e ormai arrivando a lambire lo stesso ignobile manistream. Dopo il Covid il mitico pseudo-vaccino, il distanziamento universale permanente, la patente di cittadinanza a punti (vincolata alla sottomissione), e nel frattempo la narrazione della crisi climatica per spingere la ricoversione produttiva e finanziaria in salsa ecologica, da accelerare con l’impennata folle dell’inflazione, il rincaro inaudito dalle materie prime, l’incubo dell’interruzione dei rifornimenti, il panico eneregetico, magari anche qualche bella cannonata. Se questo è il quadro, non richiede commenti l’ultima performance della politica italiota, messa in scena (come se fossimo in tempo di pace) da ex partiti ormai palesemente inservibili. Milioni di cittadini, intanto, vedono e soffrono: la loro sfiducia ha raggiunto evidenze impensabili.Molti, poi, si domandano: perché tutto questo? Perché tutto insieme? E perché proprio adesso? E leggono, là dove è ancora possibile, notizie di questo tenore: da mesi, alcune strutture di intelligence terrebbero frequenti riunioni per esaminare la possibilità concreta che, a partire dal 2024, la Terra venga visitata da forze ostili, rispetto a quelle – non terrestri, anch’esse – che deterrebbero segretamente il controllo dei maggiori paesi. Come regolarsi, di fronte ipotesi di questo tenore? Non è manchino del tutto di una sorta di teorica coerenza: la narrazione di eventuali ingerenze esterne sembra effettivamente speculare al cataclisma in corso, difficilmente spiegabile con motivazioni ordinarie, storiche, socio-economiche. Il cittadino medio (non dormiente) si è anche accorto di un aspetto inquietante e ambivalente: il potere attuale lo sta letteralmente perseguitando. Come se – in ultima analisi – temesse un possibile risveglio di massa, propiziato proprio dai maltrattamenti inflitti alla mandria: finora docile, per lo più, ma per quanto ancora?Una settimana di votazioni a vuoto, per poi passare da Mattarella a Mattarella lasciando Draghi a Palazzo Chigi, incluse le varie supercazzole para-virologiche trasformate in dogma religioso (con tanto di obbligatorietà, ricatti e vessazioni). In molti hanno commentato l’autopsia della politica italiana nella sua forma più desolatamente spettacolare: un’esibizione di impotenza perfetta, interpretata da partiti-fantasma e leader di cartone, incapaci di incidere minimamente in uno spartito imbarazzante. Una sceneggiatura normalmente dettata dall’alto, secondo traiettorie più o meno inconfessabili, ma in fondo ricorrenti da qualche decennio. Nella fattispecie: la necessità di congelare lo scenario politico italiano, per ultimare l’euro-normalizzazione del paese secondo i dettami del più che vincolante programma che i dominus hanno affidato a Bruxelles, per questa parte di Occidente. Invece, il resto del mondo – Russia, India, Giappone, paesi arabi, Africa, Sudamerica, gran parte dell’Asia – sembra uscito dall’ipnosi psico-sanitaria ispirata dagli stregoni di Davos e dai loro libracci.
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Vinča, in Europa gli uomini-serpente: sapevano scrivere
Lei è amorevole, come madre, nel tenere in braccio la sua creatura. Ma ha tre problemi: ha almeno 7.000 anni, indossa una tuta da astronauta (o da motociclista) e mostra una testa da lucertola, o da salamandra. E’ una delle tante statuette della misteriosa cultura Vinča, che prende il nome da un villaggio alle porte di Belgrado: una presenza archeologicamente documentata in una vasta area, dai Balcani ai Carpazi, e anche oltre. Divinità animalesche, alieni-rettile o semplici maschere zoomorfe? Gli stessi Dogon del Mali dicono di discendere da una “razza anfibia” venuta dalle stelle, ricorda Marco Enrico de Graya, nel video “Gli uomini-serpente e la cultura Vinča”, con Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo finta che”. Notizia recente: il Dna estratto da 6 scheletri rinvenuti nell’area Vinča – dice l’esperto – non corrisponde ad alcun altro ceppo genico umano conosciuto.Progenitori rettiloidi, come quelli della narrazione complottistica di David Icke? Se a qualcuno viene in mente la vicenda del Nahash, cioè il “serpente” biblico della Genesi che si accoppia con Eva dando origine a Caino, De Graya racconta una storia che rinvia allo stesso Zecharia Sitchin, e quindi alla predilezione degli Anunnaki sumeri per l’oro. In base alla mitologia, la bellissima regina delle terre balcaniche (Echidna, figlia di Zeus) era metà donna e metà serpente, e sovrintendeva alla ricerca dell’oro: proprio nei Carpazi sono state rinvenute le più antiche miniere aurifere d’Europa, sfruttate molto prima che l’uomo imparasse a individuare, estrarre e fondere i metalli, almeno secondo la preistoria finora illuminata dagli studiosi. Ebbene, dall’unione tra Echidna e Ercole sarebbero nati i futuri popoli (europei occidentali, slavi e indo-iraniani): tutti figli di un semidio e di una regina-serpente?In realtà, stando alla narrazione attribuita a Thot – spiega Marco Enrico De Graya – Echidna e Eracle rappresentano la stessa cosa: l’ibrido umano-divino. «Il serpente è solo un simbolo, adottato per indicare le “divinità” del passato, che si presumeva (erroneamente) che fossero immortali». Perché proprio il serpente? «Perché ogni anno cambia pelle, dando la sensazione di restare eternamente giovane». L’origine “divina” spiega anche il fatto che al “serpente” sia sempre stata attribuita una speciale sapienza, compresa quella della medicina. «Se fosse stata davvero un serpente, Echidna, come avrebbe potuto accoppiarsi con Ercole?». Vale anche per Eva e il Nahash, ovviamente. Ma da dove viene, la cultura Vinča degli uomini-serpente? Nebbia fitta: anche sulla loro scrittura. Già, perché quel popolo era in possesso di una “protoscrittura” molto più antica di quella, cuneiforme, delle tavolette sumere.Dopo un primo ritrovamento in Ungheria risalente al 1875, il sistema simbolico Vinča è stato messo in relazione alle Tavolette di Tărtăria, ritrovate solo nel 1961 a Săliștea, in Romania. Secondo la datazione al carbonio, risalirebbero al IV millennio avanti Cristo, ovvero 1300 anni prima della scrittura cuneiforme. Non è tutto: dopo quelle prime scoperte, negli ultimi anni sono stati trovati circa un migliaio di reperti della stessa natura, disseminati nei Balcani (Grecia, Bulgaria, Romania) ma anche in Ungheria, in Moldavia e persino in Ucraina. Dunque è confermato: sapevano scrivere, i misteriosi Vinča, vissuti – assai prima dell’epoca dei sumeri – proprio alle porte dell’Europa occidentale, non lontano dall’Urartu caucasico dove sarebbe approdata l’Arca di Noè. Per intenderci: è la stessa area a nord della Mesopotamia, in cui gli studiosi situano l’Eden, la regione biblica all’origine della nascita di Adamo ed Eva.Lei è amorevole, come madre, nel tenere in braccio la sua creatura. Ma ha tre problemi: ha almeno 7.000 anni, indossa una tuta da astronauta (o da motociclista) e mostra una testa da lucertola, o da salamandra. E’ una delle tante statuette della misteriosa cultura Vinča, che prende il nome da un villaggio alle porte di Belgrado: una presenza archeologicamente documentata in una vasta area, dai Balcani ai Carpazi, e anche oltre. Divinità animalesche, alieni-rettile o semplici maschere zoomorfe? Gli stessi Dogon del Mali dicono di discendere da una “razza anfibia” venuta dalle stelle, ricorda Marco Enrico de Graya, nel video “Gli uomini-serpente e la cultura Vinča“, con Gianluca Lamberti sul canale YouTube “Facciamo finta che”. Notizia recente: il Dna estratto da 6 scheletri rinvenuti nell’area Vinča – dice l’esperto – non corrisponde ad alcun altro ceppo genico umano conosciuto.
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Guerra all’infame tiranno Lukashenko, pirata anti-Covid
Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.Proprio contro la frode politica mondiale costruita attorno al Covid, il presidente-autocrate bielorusso (vero nome, Aljaksandr Lukašėnka) sparò una denuncia a reti unificate nella primavera 2020, rilanciata in Italia dallo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale: prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto alla Bielorussia fino a 900 milioni di dollari per “fare il lockdown, come in Italia”, così da sottoporre all’ipnosi pandemica anche l’Est Europa, che gli Usa contendono alla Russia spostando sempre più in là la sfera d’influenza della Nato, in violazione degli accordi stipulati ai tempi di Gorbaciov come contropartita per la fine della guerra fredda. Immediata la reazione euro-atlantica alla denuncia anti-Covid del “dittatore” Lukashenko: l’Occidente si è accorto di colpo dell’esistenza della Bielorussia, storica alleata di Mosca, e ha sostenuto improvvisamente le opposizioni, che hanno definito “truccate” le elezioni dell’estate 2020, in cui Lukashenko (tanto per cambiare) ha incoronato se stesso per la sesta volta consecutiva. A seguire: “rivoluzione colorata” a cronometro, secondo il modello ucraino, in questo caso con gli oppositori messi in fuga dal governo di Minsk supportato da Putin, a sua volta “assediato” dall’amministrazione Biden dopo essersi fieramente opposto, anch’esso, alle misure dittatoriali anti-Covid.Il seguito è rocambolesco: il giovane Roman Patrosevich, che viaggiava su un volo Atene-Vilnius della Ryanair, è stato arrestato a Misnk dopo l’atterraggio forzato dell’aereo, che era diretto in Lituania. Lukashenko ha così messo le mani sull’oppositore, che attraverso il canale “Telegram Nexta” aveva denunciato i brogli con cui il regime avrebbe manipolato le elezioni dell’estate 2020 (poco prima che ben altri denunciati brogli, quelli statuntitensi, sfrattassero Donald Trump dalla Casa Bianca). Nel frattempo, in Europa orientale la situazione è precipitata: la Russia ha schierato oltre 10.000 soldati alla frontiera con l’Ucraina per difendere il Donbass preso a cannonate dal governo di Kiev sostenuto da Biden. E gli 007 di Mosca nelle scorse settimane hanno dichiarato di aver sventato un complotto golpista che a Minsk prevedeva addirittura l’eliminazione fisica di Lukashenko, il cui “nervosismo” può forse essere così spiegabile. Nulla che traspaia, naturalmente, dalla grancassa del mainstrem, che – come ieri per il concerto-Covid – ora si è gettato con un sol uomo (Ue in testa) per condannare e sanzionare il perfido tiranno di Misk, che osa compiere atti di pirateria aerea dirottando un volo civile, tra lo sconcerto dei passeggeri, dopo aver inventato un inesistente allarme-bomba a bordo del velivolo.L’uomo di Minsk – con il suo plumbeo look da ex ufficiale sovietico – fornisce il più perfetto degli assist, a un regime occidentale che ha sospeso la democrazia e truccato le carte persino nel “paese della libertà”, dove nell’autunno 2020 i media erano arrivati a togliere la parola persino al presidente in carica. E’ il paese delle “extraordinary rendition” dell’era Bush, gli arresti illegali con destinazione Guantanamo, il lager medievale attrezzato per le peggiori torture contro detenuti trattati come oggetti, senza diritti. E’ il sistema che in Russia inventa un oppositore di cartone come Alexej Navalnij, ma continua a tenere in carcere un eroe dell’informazione come Julian Assange, colpevole di aver mostrato al mondo l’infamia degli invasori americani in Iraq. Poteri-ombra, come quelli che hanno “aiutato” l’Isis a devastare la Siria, ora pretendono di mostrarsi ultra-trasparenti nel condannare l’imperdonabile Lukashenko, il nuovo “grande Satana” da detestare, proprio mentre i liberi cittadini del libero Occidente controllano, sul giornale, a che ora della sera potranno rincasare, per gentile concessione di governi che tengono ancora in piedi la favola nera del Covid, venduta al popolo bue come verità di fede dalla quale è severamente proibito allontanarsi.Nella democratica Germania di Angela Merkel, oggi la polizia può penetrare nelle abitazioni senza nemmeno un mandato giudiziario, solo per controllare che nessuno osi infrangere la religione del Covid. La differenza con la Bielorussia (dove basta contestare il sovrano per finire in galera, anche se si viaggia su un volo di linea) si va pericolosamente assottigliando, in un pianeta dove è evidentemente in corso una guerra mondiale che oppone golpisti e resistenza, mobilitando le massime élite in una partita necessariamente opaca, a doppio fondo, lontanissima dai riflettori. Una delle carte sul tavolo è proprio il sogno del “regime change” in Russia, dove c’è chi non perdona a Putin di aver sbaragliato l’Isis in Siria, mettendo fine alla trama del terrore che ha preceduto l’ultima versione del terrorismo, quello sanitario. E’ palese che la Bielorussia dell’impresentabile Lukashenko non è che il possibile antipasto del boccone grosso, sempre che i manovratori non ritengano la Russia il miglior baluardo possibile, in fondo, per arginare l’esuberanza inquietante della Cina. Intanto, l’autocrate di Minsk ha regalato uno splendido diversivo, ai “dittatori” del Covid impegnati nel loro convulso, contraddittorio Grande Reset, che procede a singhiozzo in mezzo a tamponi, mascherine e vaccini, nel paradiso artificiale nelle fake news televisive.(Giorgio Cattaneo, 25 maggio 2021).Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.
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Perché ho scritto “La Bibbia Nuda”, con Mauro Biglino
La grande sala congressi ammutolì quando Benazir Bhutto osò denunciare il generale Pervez Musharraf, allora presidente-dittatore del Pakistan. L’accusa: gli uomini dell’Isi, il servizio segreto di Islamabad (agli ordini della Cia), avevano “allevato” i Talebani e protetto Bin Laden, come richiesto dal “terrorista” Bush. Lei, Benazir, di lì a poco si sarebbe candidata per liberare il Pakistan dalla menzogna. Saltò in aria qualche anno dopo, nelle ultime tappe di una campagna elettorale che l’avrebbe incoronata trionfalmente alla guida del suo paese. Ricordo bene quel fugace incontro, a Torino, a margine dell’assise promossa da Gorbaciov insieme ad altri ex leader mondiali, che avevano messo fine alla guerra fredda. In un palazzo del centro, l’indomani, Benazir Bhutto ripeté a beneficio delle telecamere le sue accuse pericolosamente terribili, ma sempre con quel suo sorriso disarmante: quello di chi sa di avere ragione, e ha deciso che bisogna pur metterla in gioco, la vita, se il nemico è così insidioso da saper pervertire integralmente la verità. Pensieri che oggi, tra coprifuochi e pass vaccinali, suonano stranamente familiari.
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Bizzi: bomba a Gerusalemme, per incendiare il mondo
«Spero siano notizie infondate, ma negli ambienti di intelligence circola la voce di un possibile, enorme attentato terroristico – magari con l’impiego di mini-atomiche – che sarebbe in preparazione a Gerusalemme, progettato dai “soliti noti” per far ricadere la colpa sull’Iran e quindi poi coinvolgere nella tensione anche Russia e Cina». A lanciare l’allarme è Nicola Bizzi, storico nonché editore di Aurora Boreale. Bizzi è co-autore e curatore (con Matt Martini) del bestseller “Operazione Corona”, che svela imbarazzanti retroscena sugli eventi degli ultimi mesi: l’emergenza pandemica sarebbe una sofisticata “invenzione” del vertice finanziario mondiale, nel 2019 terrorizzato dalla storica crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie delle banche centrali. In altre parole: non potendo sdoganare l’idea keynesiana dell’emissione monetaria illimitata, dopo decenni di austerity neoliberista fondata sul dogma (farlocco) della “scarsità di moneta”, di fronte alla carenza di liquidità per garantire il credito non restava che il “piano-B”, cioè il collasso pilotato dell’economia, con i lockdown, per azzerare di colpo la domanda di prestiti.Massone, esponente della comunità “eleusina” e in contatto con ambienti dell’intelligence, Nicola Bizzi ha spesso firmato annunci poi regolarmente confermati dai fatti. «Da almeno un mese – disse, a marzo – mi hanno spiegato che il 12 aprile inizierà una sorta di de-escalation, riguardo all’emergenza Covid, in virtù di un accordo riservatissimo che sarebbe stato raggiunto a fine 2020: una volta risolta la crisi finanziaria dei Repo, di cui l’opinione pubblica è rimasta all’oscuro, la fazione ostile alle restrizioni-Covid avrebbe indicato una sorta di road-map: se entro il 12 aprile 2021 avesse cominciato a “sgonfiarsi” il terrorismo mediatico costruito sulla cosiddetta pandemia, gli artefici del fenomeno-Covid avrebbero evitato di rendere conto dei loro misfatti». Secondo Bizzi, è esattamente quello che sta avvenendo: proprio il 12 aprile sono uscite dallo stato d’emergenza sia la Gran Bretagna che la Repubblica Ceca, mentre Spagna e Portogallo hanno accelerato le riaperute. «Qualcosa del genere è avvenuto per Olanda e Belgio, dove i governi tentano però di resistere alle riaperture».Succede anche in Francia, dove – segnala Matt Martini – nei giorni scorsi il Parlamento si è pronunciato contro l’adozione del “pass vaccinale”, salvo poi rimangiarsi la parola in serata (grazie a pressioni esercitate su singoli parlamentari?). «Non mi stupisce», dice Bizzi: «I poteri che si sono “inventati” il Covid non possono fare retromacia di colpo, dicendo alla popolazione: abbiamo scherzato». Lo stesso Bizzi, nella tarda primavera 2020, fu il primo a sottolineare – riscuotendo notevoli riscontri, in tutta Europa – la clamorosa denuncia del presidente bielorusso Alexandr Lukashenko, secondo cui prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto cifre stellari, fino a 900 milioni di dollari, per indurre la Bielorussia ad attuare il lockdown «come in Italia». E’ noto che Minsk – che non ha attuato alcuna misura d’emergenza, contro il Covid – è una sorta di avamposto di Mosca, sul fronte geopolitico occidentale. Contro Lukashenko era stata messa in atto l’ennesima “rivoluzione colorata”, poi abortita. Fallita la rivolta “democratica”, l’autocrate di Minsk – ostile al “partito del Covid” – ha rischiato di essere ucciso, in un attentato sventato dagli 007 russi.«Il colpo di Stato contro Lukashenko in Bielorussia, sventato dai servizi segreti di Putin – dice Bizzi – doveva servire come premessa per militarizzare l’Ucraina, da parte della Nato, che avrebbe poi agito direttamente contro i russi». Ora il tentativo di riaccendere la guerra ripartirebbe da Gerusalemme, per mezzo del terrorismo “false flag”? «Speriamo proprio di no, mi auguro che siano soltanto illazioni», dice l’editore di Aurola Boreale, secondo cui però non è il caso di abbassare la guardia. «C’è chi teme che in Iran, dove si voterà presto e dove l’ayatollah Khamanei si starebbe spegnendo a causa di una lunga malattia, potrebbe emergere una giovane leadership “antiglobalista”: un’ipotesi che fa paura, al punto da progettare attentati per congelare questo processo attraverso un conflitto di portata mondiale?». Quello contro la Russia è stato appena disinnescato. Però, il solo fatto di parlare di eventuali attentati, stavolta in Israele – insiste Bizzi – a volte può servire ad allontanare possibili pericoli.«Spero siano notizie infondate, ma negli ambienti di intelligence circola la voce di un possibile, enorme attentato terroristico – magari con l’impiego di mini-atomiche – che sarebbe in preparazione a Gerusalemme, progettato dai “soliti noti” per far ricadere la colpa sull’Iran e quindi poi coinvolgere nella tensione anche Russia e Cina». A lanciare l’allarme è Nicola Bizzi, storico nonché editore di Aurora Boreale. Bizzi è co-autore e curatore (con Matt Martini) del bestseller “Operazione Corona”, che svela imbarazzanti retroscena sugli eventi degli ultimi mesi: l’emergenza pandemica sarebbe una sofisticata “invenzione” del vertice finanziario mondiale, nel 2019 terrorizzato dalla storica crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie delle banche centrali. In altre parole: non potendo sdoganare l’idea keynesiana dell’emissione monetaria illimitata, dopo decenni di austerity neoliberista fondata sul dogma (farlocco) della “scarsità di moneta”, di fronte alla carenza di liquidità per garantire il credito non restava che il “piano-B”, cioè il collasso pilotato dell’economia, con i lockdown, per azzerare di colpo la domanda di prestiti.