Archivio del Tag ‘Turchia’
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Gaza, martirio infinito: condannati a morire di cancro
Dopo il terrore e la strage, con le bombe al fosforo bianco lanciate in mezzo alle case fino a sterminare 1.300 persone, come ammesso dal Rapporto Goldstone delle Nazioni Unite, verrà l’ora della morte lenta: quella provocata dai tumori che minacciano la popolazione costretta a bere acqua inquinata dagli agenti tossici, eredità velenosa dell’Operazione Piombo Fuso scatenata dalle forze israeliane a cavallo tra 2008 e 2009. Una vera emergenza sanitaria incombe ora sul milione e 400.000 abitanti che vivono in condizioni quasi disperate nei 360 chilometri quadrati della Striscia di Gaza, stretta fra Israele, Egitto e Mediterraneo. La denuncia parte da Roma: a parlare sono le analisi inquietanti effettuate dal Cnr e dall’università La Sapienza.
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Via Mubarak, incognita Mediterraneo: l’ora della Turchia
Dopo la Tunisia, l’Egitto: e adesso trema l’Algeria insieme allo Yemen, mentre anche il Marocco scende in piazza a festeggiare la caduta di Mubarak insieme alle folle libanesi, giordane e palestinesi. Si sgretola la geografia post-coloniale di Nord Africa e Medio Oriente, congelata per cinquant’anni: da una parte le autocrazie petrolifere arabe commissariate dagli Usa, dall’altra la supremazia militare di Israele nella regione. Unica forza estranea al composito quadro che ora va disgregandosi, la potenza iraniana dell’Islam sciita: a sua volta destabilizzata dalle recenti pulsioni democratiche represse nel sangue, la Persia di Ahmadinejad tenta di attribuirsi meriti per la svolta egiziana, festeggiandola con Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano, mentre sale il prestigio del possibile stato-guida di domani, la Turchia.
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La battaglia del Nilo assedia le dittature filo-occidentali
Decine di morti, centinaia di feriti e migliaia di arresti, i palazzi del potere assediati e presi d’assalto, i carri armati per le vie del Cairo sotto il coprifuoco, il presidente Mubarak che nella notte destituisce il governo provando così a restare in sella, nonostante la marea popolare che il 28 gennaio ha scosso dalle fondamenta il suo regime, da cui ormai prende le distanze anche Barack Obama. «Se cade Mubarak cade il Nord Africa»: questo lo spirito con cui l’Occidente assiste sgomento all’inatteso spettacolo rivoluzionario di decine di migliaia di egiziani, coordinati da Internet e social network, scesi in piazza per reclamare pane e libertà contro il regime che da trent’anni governa con pugno di ferro il paese dei Faraoni schiacciando i diritti democratici del popolo.
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Tunisia, Egitto e Libano: rivoluzione in Medio Oriente
Dopo la Tunisia, dove un mese di proteste e repressioni ha provocato la cacciata del presidente-ditattore Ben Alì, ora è la volta dell’Egitto: quattro morti, tra cui un poliziotto, sono il bilancio degli scontri divampati il 25 gennaio con l’invasione popolare delle piazze del Cairo e di Alessandria. Tutto questo, mentre in Libano crolla il governo Hariri e gli islamici di Hezbollah annunciano l’avvio di una transizione senza precedenti. Il Mediterraneo è diventato come l’Europa dell’Est del 1989? E’ presto per dirlo, scrive Pino Cabras su “Megachip”, anche se una novità è evidente: lo scossone geopolitico imposto da grandi masse, non più disposte a fermarsi davanti alle feroci repressioni dei dittatori a lungo puntellati dall’Occidente.
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Gaza e Turchia, le mosse di Israele per colpire l’Iran
Israele è ormai pronto ad attaccare l’Iran: a breve, sotto la presidenza Obama e con il tacito consenso di Russia e Cina. Lo dicono tutte le recenti mosse compiute sullo scenario mediorienale e mondiale: l’attacco al convoglio navale Freedom Flotilla per “avvertire” la Turchia, contraria insieme al Brazile alle sanzioni contro Teheran, lo stop delle forniture russe per la difesa iraniana, l’annuncio esplicito di Tel Aviv a Pechino: Israele si prepara a colpire militarmente il regime degli ayatollah. Una crisi più che annunciata, anche se nessuno la vuol vedere. E niente, pare, la potrà fermare.
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I turchi: sbarcheremo a Gaza, con navi da guerra
«Sbarcherò a Gaza personalmente, per rompere l’assedio dal mare: voglio vedere se avranno il coraggio di fermare anche me». Dopo l’infuocata denuncia nella quale ha accusato Israele di pirateria internazionale, terrorismo di Stato e crimini contro l’umanità per l’assassinio di 9 pacifisti a bordo della “Mavi Marmara”, l’ammiraglia della flotta di pace “Freedom Flotilla” aggredita il 31 maggio al largo di Gaza dalle forze speciali israeliane, il premier turco Recep Tayyp Erdogan avverte: presto si imbarcherà lui stesso su una nuova flottiglia di aiuti umanitari. Le navi faranno rotta sulla Striscia, scortate stavolta dalla marina militare turca.
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Erdogan: la Turchia fermerà i crimini di Israele
Purtroppo, devo dirlo, l’incidente accaduto ieri, dal punto di vista della civilizzazione e della cultura globale dell’umanità, ha segnato un punto nerissimo. Dal punto di vista della storia dell’umanità, questa vicenda è stata registrata come una grave vergogna. Attaccare con armi navi cariche di aiuti umanitari, massacrare gente innocente, minacciare civili come fossero terroristi, è una grande sconfitta sotto questo aspetto. Un atto odiosamente feroce e vigliacco, frutto di sprezzante e sconsiderata presunzione.
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In Turchia l’uranio di Teheran: crolla l’alibi-guerra
Con l’accordo preso con la Turchia, con la mediazione del presidente brasiliano Lula, l’Iran si è impegnato a far gestire all’estero il ciclo di arricchimento dell’uranio necessario al funzionamento delle sue future centrali. L’accordo spiazza e disarma Stati Uniti ed Israele, che ora rimangono senza argomenti e soprattutto privi della tanto utile “minaccia iraniana”, rispolverata di continuo malgrado la volontà di Teheran di non offrire pretesti per scatenare una guerra. Esemplare in questo senso il titolo del New York Times, sostanzialmente rammaricato per l’accordo che disarma i falchi della crisi: “L’iran acconsente a spedire l’uranio, complicando i colloqui per le sanzioni”.
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Grecia in fiamme: tradita dall’Euro, paura della Turchia
La Grecia era troppo povera per aderire all’Unione Europea sottostando al regime della moneta unica: l’adesione alla Cee, nel 1981, fu motivata soltanto come scudo strategico contro la possibile invasione della Turchia dopo la crisi di Cipro del ’74. Lo afferma Petros Papakonstantinou, scrittore e giornalista di “Kathimerinì”, nonché membro del partito extra-parlamentare Antarsya: un’analisi severa, che prefigura per Atene una sola via d’uscita: deflazione, compressione di prezzi e stipendi, recessione e decrescita forzata. In un quadro sociale esplosivo, dove il disagio incendiario ha già fatto i primi morti.
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Tolleranza, l’Islam di Gülen e il network della pace
È forse il più importante teologo e scienziato politico della Turchia. C’è chi lo definisce il nuovo Khomeini, chi il capo di un islam sociale. È Fethullah Gülen, un mistico turco che la rivista Foreign Policy nell’estate del 2008 ha messo in cima alla classifica degli intellettuali di fama mondiale. «Non ho mai voluto essere una persona influente», ha commentato dopo la nomina, ma per scalare la classifica mondiale ha messo in moto la sua fitta rete di ammiratori e seguaci in tutto il mondo, riuscendo ad ottenere una mobilitazione di massa.
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Stefano Cucchi: in Italia non si può morire così
Verità. Naturalmente verità. Verità e legalità per tutti, ma proprio tutti: in fondo è semplice. Deve essere semplice. Perché uno Stato democratico non può nascondersi dietro la reticenza degli apparati burocratici. Perché verità e legalità devono essere “uguali per tutti”, come la legge. Non è possibile che, in uno Stato di diritto, ci sia qualcuno per cui questa regola non valga: fosse anche un poliziotto, un carabiniere, un militare, un agente carcerario o chiunque voi vogliate. Non può esistere una “terra di mezzo” in cui si consente quello che non è consentito, in cui si difende l’indifendibile
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Nord Stream, gas russo in Europa: terremoto in vista
Improvvisamente, quando il “Nord Stream” si trova ormai sulla soglia del superamento degli ultimi ostacoli burocratici e tecnici, ecco riaffiorare, in Europa e negli Stati Uniti, le polemiche, o meglio espliciti tentativi, di fermarne l’esecuzione. Il “Nord Stream”, per i non specialisti, è la grande operazione che Mosca ha intrapreso per aggirare – piazzando i tubi sul fondo del Mar Baltico, da Vyborg a Greifswald – l’ostacolo frapposto dall’Ucraina all’afflusso del suo gas agli utilizzatori occidentali. Che si tratti di un ostacolo Mosca l’ha sperimentato negli inverni scorsi, ultimi due inclusi, con due “guerre del gas” alle quali è stata costretta