Archivio del Tag ‘terrorismo’
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I No-Tav: attenti alle belve dello Zoo di Chiomonte
Continua la campagna mediatica contro i No-Tav, accusati persino di aver rimosso il tricolore dal monumento ai marinai di Susa per “sostituirlo” col vessillo del movimento valsusino: «Siamo al ridicolo», protestano i militanti, che annunciano una causa civile contro “Repubblica”, anche per i ripetuti accostamenti tra gli “anni di piombo” e la rivolta popolare contro la Torino-Lione. «A Susa abbiamo solo aggiunto la bandiera No-Tav al tricolore. E se non basta, sfileranno con noi anche gli ex marinai, dopo gli alpini». La stampa ha anche definito “blitz” il civile, pacato volantinaggio col quale i No-Tav hanno informato gli operai della Italcoge, l’azienda coinvolta nel “non-cantiere” di Chiomonte. Che da un po’, tra un lacrimogeno e l’altro, gli attivisti valsusini hanno ribattezzato beffardamente “lo zoo”.
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Carlo Giuliani No-Tav, in memoria di “Sole e Baleno”
«Ci vogliono morti perché siamo i loro nemici, e non sanno che farsene di noi perché non siamo i loro schiavi». Parola di Soledad Rosas, giovane anarchica argentina trovata morta in stato di detenzione l’11 luglio 1998, poco dopo il decesso del suo compagno Edoardo Massari, rinvenuto a sua volta impiccato nel carcere torinese delle Vallette. E’ la tragica fine della storia di “Sole e Baleno”, per molti aspetti ancora oscura, come quella dei 12 attentati dinamitardi e incendiari che nei mesi precedenti avevano scosso la valle di Susa. Di quegli attentati, affrettatamente definiti “eco-terroristici”, i due giovani erano stati erroneamente accusati, per poi essere scagionati fuori tempo massimo, post mortem. Tredici anni dopo, quella tragedia pesa ancora. Aggravata dallo strazio per l’anniversario della morte di una terza vittima, anch’essa legata ai primordi della causa No-Tav: Carlo Giuliani.
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Oslo, strana strage 48 ore dopo il test antiterrorismo
Perfino a Oslo, ancora una volta, un evento terroristico di grande portata si è dispiegato a ridosso di un’esercitazione di sicurezza che aveva ad oggetto proprio un grande attentato: la polizia di Oslo appena 48 ore prima delle stragi stava conducendo un massiccio wargame ubicato nei pressi della Operahuset, il Teatro dell’Opera della capitale norvegese. Le stragi di Oslo si mostrano subito con uno scenario pieno di piste contrastanti. A caldo, così come è accaduto per lo stragismo italiano e per le stragi del decennio post 11 settembre, si creano e si cancellano rivendicazioni e ipotesi che si rincorrono: dal presunto comunicato islamista fino all’ipotesi investigativa sulla pista interna. Rimane questo fatto – l’esercitazione – che in sé non basta ancora dimostrare nulla, ma che sarebbe sbagliato ignorare, dati i precedenti.
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Il Mullah Omar è vivo e si sta riprendendo l’Afghanistan
Dopo quella di Osama Bin Laden, un’altra morte fantasma nel cuore dell’Asia: un altro corpo svanito nel nulla, quello del Mullah Omar, anche lui “ucciso in un blitz” di cui non si sa praticamente niente. Una bufala colossale, sostiene Massimo Fini, autore del libro-inchiesta sul leader dei Talebani appena pubblicato da Marsilio. «E’ esattamente la sesta volta che si dà il Mullah Omar per morto, catturato, arrestato, ucciso, accoppato, ferito, in fin di vita», scrive Fini sul “Fatto Quotidiano”, ricordando che l’annuncio del 23 maggio alle tv di tutto il mondo, dalla Cnn alla televisione di Teheran, veniva da una “fonte anonima” che citava gli impalpabili servizi segreti afghani: secondo cui Omar si nascondeva stranamente in Pakistan, anche se il 75% dell’Afghanistan è tornato sotto il pieno controllo talebano.
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Usa, guerra totale permanente: poteri speciali a Obama?
Chi si illudeva che con l’uccisione di Bin Laden gli Stati Uniti avrebbero proclamato la fine della ‘guerra al terrorismo’ contro al Qaeda dichiarata dopo l’11 settembre 2001, si sbagliava. Al contrario, l’America sta valutando di ampliare i limiti geografici, politici e temporali del conflitto, trasformandolo in una guerra globale permanente. In questi giorni la commissione Difesa del Congresso Usa – dallo scorso novembre a maggioranza repubblicana – sta esaminando il testo di una nuova dichiarazione di guerra (dal “National Defense Authorization Bill” per l’anno 2012, sezione 1034, pagina 20) che ‘aggiorna’ quella approvata il 18 settembre 2001.
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Ordine al Sismi, salvare Moro: prima ancora del sequestro
Nel lontano 1978, i servizi segreti italiani chiesero aiuto ai palestinesi per la liberazione di Aldo Moro. Niente di strano: se si tratta di salvare un ostaggio, è lecito rivolgersi anche a una formazione “terroristica” come il Fronte per la Liberazione della Palestina. Peccato che l’ordine da Roma fosse partito addirittura il 2 marzo: cioè 14 giorni prima che Moro venisse sequestrato. Lo conferma il “postino” del messaggio scottante, Antonino Arconte, allora agente del Sismi, l’intelligence militare. Arconte consegnò il plico al tenente colonnello Mario Ferraro, di stanza a Beirut. A sua volta, Ferraro avrebbe informato il suo superiore ed eliminato il dispaccio, che era “a distruzione immediata”. Ma Ferraro non lo distrusse. E quando tentò di resistere alla liquidazione della sua struttura, forse fece sapere di esserne ancora in possesso. Fu trovato impiccato il 6 luglio nella sua abitazione romana.
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Così lasciarono che Moro venisse assassinato dalle Br
Mentre il 9 maggio l’Italia rendeva omaggio ai magistrati caduti sotto il piombo dei terroristi, solo “Rai Storia” ha dedicato un focus a quello che resta il capitolo peggiore di quegli anni, il più eclatante e – tuttora – il più misterioso: la fine di Aldo Moro. Rapito proprio all’esordio della “solidarietà nazionale” e trucidato dai killer delle Br dopo 55 giorni di prigionia. Nei quali, scrisse Leonardo Sciascia, si fece di tutto per evitare di salvarlo, grazie alla doppia intransigenza dei due grandi partiti: i comunisti erano spaventati dall’idea di apparire “morbidi” con le Br, ma perché tanta durezza anche dai democristiani? Scenario oscuro, voci: Usa e Urss, servizi segreti, Israele, mafia. Ma anche la P2 di Licio Gelli, il dossier che negli anni ‘90 accusa il “consulente” americano Steve R. Pieczenik, che prima dice che l’unità di crisi per salvare Moro era infiltrata e lo sapevano anche i golpisti in Argentina, e poi ammette: la fine di Moro l’abbiamo decisa noi.
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Crisi Usa: se il pericolo ora è la Cina, Osama non serve più
Partiamo da questo assunto: Bin Laden era effettivamente un nemico degli Usa e non un “agente della Cia”, come molti sospettano. Diversamente non si spiegherebbe una guerra durata 10 anni: se Osama era un agente americano, vuol dire che anche il Mullah Omar lo era, perchè sarebbe stato impensabile che uno ignorasse chi era l’altro. D’altra parte Al Quaeda ha combattuto in sintonia con i talebani. Ma, allora, se gli americani avessero avuto dalla loro Osama e magari anche Omar, la guerra sarebbe durata molto meno, sarebbe costata meno morti e, cosa più importante per gli americani, meno dollari, perchè ci avrebbero pensato i loro agenti a portare al disastro la guerriglia afghana. Dunque, era effettivamente un nemico, ma un “nemico funzionale”.
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Gaza, stiamo arrivando: con Vittorio Arrigoni nel cuore
Con l’approssimarsi della manifestazione nazionale del 14 maggio, vogliamo rivolgere un appello a tutte le associazioni, le forze politiche e le personalità che hanno aderito al progetto della Freedom Flotilla per far cessare l’assedio di cui i Palestinesi della Striscia di Gaza sono vittime da anni. Le dichiarazioni del Ministro degli Esteri egiziano sull’ipotesi di un’apertura permanente del valico di Rafah ci incoraggiano ancora di più nel nostro progetto di raggiungere la Striscia via mare, sfidando il blocco israeliano insieme a tutte le organizzazioni della coalizione internazionale della Freedom Flotilla 2 – Stay Human.
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Scadeva ora la carta Osama, forse morto prima del 2009
Osama Bin Laden forse era già morto nel 2009, quando Barack Obama – tra lo stupore generale – lo indicò come obiettivo numero uno degli Usa in Afghanistan. A sostenerlo non è un “teorico della cospirazione” ma il generale Fabio Mini, già comandante delle forze Nato in Kosovo. Mentre infuria la polemica per la decisione della Casa Bianca di non divulgare immagini del cadavere, “fatto sparire in mare” dopo il blitz in Pakistan di cui ora l’Onu contesta la legalità, il generale Mini mette a fuoco lo scenario: vero o falso l’ultimo atto della saga di Bin Laden, l’uscita di scena del super-terrorista rilancia Obama, gli permette di archiviare l’Afghanistan e prefigura una svolta mondiale, la fine della “guerra al terrorismo”. Perché proprio adesso? Perché le rivolte arabe dimostrano che Al Qaeda non esiste più, riducendo Bin Laden a «una carta ormai scaduta, o in scadenza».
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Capitan America e gli OsamaLeaks: pronti alla Guerra 2.0
A parte gli “asini che volano”, finiti subito nel radar di Giulietto Chiesa, quello che più colpisce nella “fiction” andata in scena in Pakistan, dove «stavolta gli sceneggiatori della Cia hanno davvero esagerato con le loro fantasiose teorie della cospirazione» è l’enfasi con cui i media “mainstream” parlano della «miniera d’oro» ritrovata in casa Osama. Ebbene sì, perché «l’inafferrabile primula rossa del terrorismo islamico» non solo abitava da anni stabilmente nello stesso luogo, in barba alle più elementari regole di qualunque fuggiasco (e senza nessun serio dispositivo di difesa), ma «addirittura deteneva tranquillamente con sé, a disposizione, i computer con le memorie e centinaia di dischetti contenenti tutti i segreti, ma proprio tutti tutti, della sua fantomatica organizzazione. Ops, sono caduti in mano al nemico, che sfortuna!».
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Fidatevi, Osama è morto: tutto il resto è fiction
Una messinscena, come quella per l’uccisione di Salvatore Giuliano? L’ex ministro degli esteri craxiano Gianni De Michelis evoca la tragica montatura con cui si tentò di archiviare la liquidazione del bandito Giuliano, custode di troppi segreti: a ucciderlo per conto dello Stato, che se n’era a lungo servito in Sicilia, fu il suo braccio destro Gaspare Pisciotta, a sua volta poi avvelenato in carcere. Ma all’opinione pubblica fu data in pasto una versione assai più presentabile: un cavalleresco “conflitto a fuoco coi carabinieri”. L’impostura allestita a Castelvetrano nel remoto 1950 come la “fiction” andata in scena ad Abbottabad nel 2011? «Tutto può essere», dice De Michelis, «e la verità verrà fuori chissà quando, o forse mai». Purché nessuno pensi davvero che Bin Laden sia ancora vivo: fidatevi, il capitolo è chiuso.