Archivio del Tag ‘Terra’
-
Meno pensi e più consumi: per questo ci rubano il tempo
Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza… La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo. Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo. La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate.In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no? E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo.Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo, nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler? Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità.Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris. Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa.Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile. Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto.Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare. Esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”. Tutto è costruito per fotterci il tempo. La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale.A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti. Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo.Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci. Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo.I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio lo scopriremmo, che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate. In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta.Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “Fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene. «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere» (Epicuro).(Gianfranco Carpeoro, estratti della conferenza “Il grande complotto: la sottrazione del tempo” tenutasi a Milano nel giugno 2012, ripresa in video su YouTube, trascritta da Dionidream” e pubblicata da “La Crepa nel Muro”. Massone, già gran maestro del Rito Scozzese italiano, Carpeoro è stato avvocato e pubblicitario. Giornalista e scrittore, allievo di Francesco Saba Sardi, è considerato uno dei massimi studiosi di esoterismo e linguaggio simbolico).Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza… La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?
-
Basta influencer, servono veri maestri: ma dove sono finiti?
Dove sono finiti i Maestri? Ci sono ancora, cosa dicono, dove si annidano? E come chiamarli, oggi, Influencer, come Chiara Ferragni o la Madonna secondo il Papa? Facile dire che mancando un pensiero, dispersi gli intellettuali, sparito ogni orizzonte di attesa, i Maestri sono finiti insieme ai loro insegnamenti. Sono finiti pure i Cattivi Maestri che come angeli ribelli all’ordine divino si fecero demoni, insegnando la via dell’inferno come riscatto degli oppressi. Spariti pure loro. Non a caso, l’unico italiano riconosciuto tra i cento pensatori globali che hanno lasciato un segno, secondo la rivista “Foreign Policy”, non è un filosofo, ma un fisico, Carlo Rovelli. Allora, è proprio finita, dobbiamo rassegnarci a scegliere tra Fabrizio e Mauro Corona? No, ragioniamoci su. Innanzitutto, definiamo una buona volta il Maestro, anche nella variante di Guru, Ideologo, Vate. Chi è maestro? Non solo chi trasmette un sapere ma chi diventa un punto di riferimento, un modello a cui ispirarsi, un faro che non esprime solo una teoria o invita a compiere una ricerca ma rischiara una via. Maestro è uno che ti cambia la vita o almeno lo sguardo con cui vedi la vita. Uno che leggendolo, ascoltandolo, trasforma il tuo modo di pensare e di vedere le cose.Era facile al tempo delle ideologie e dell’Intellettuale Organico, trovare Maestri e maestrini. Oggi di quel ramo ne sono rimasti forse un paio, ma sono ai margini. Uno è il Cattivo Maestro per eccellenza, Toni Negri, pensatore e latitante, teorico di Autonomia Operaia e del comunismo, autore di un’opera che ha sfondato nel mondo, “Impero”, seguita poi da “Moltitudine”, due opere no global di un internazionalista che sogna ancora la rivoluzione del proletariato. L’altro, più defilato e meno distruttivo, è Mario Tronti, di cui è uscito ora “Il popolo perduto” (ed. Nutrimenti), che piange il divorzio tra la sinistra e il popolo e la perdita di quel mondo comunista legato alle sezioni e alle assemblee. È ormai su un pianeta diverso un loro antico sodale, Massimo Cacciari, che in tv si è sgarbizzato e in filosofia si è ritirato in una sfera mistica & catastrofica. Parallelo il cammino di un altro non-Maestro, Giorgio Agamben. Restano sullo sfondo i Vecchi Maestri Globali, ovvero quei pensatori che fanno filosofia per le masse partendo dall’antropologia e dalla sociologia, come Edgar Morin e Marc Augé, Hans Magnus Enzensberger e Serge Latouche, fino a ieri, Zigmunt Bauman e Umberto Eco.Non-luogo, Terra-Patria, Modernità liquida, Decrescita felice, Perdente radicale, Ur-fascismo, sono paroline-mantra entrate nel gergo corrente e nel minimo alfabeto degli Acculturati Aggiornati. Per il resto, l’era dei social offre a ciascuno la possibilità di un selfie e di eleggersi a maestri di se stessi per auto-acclamazione, facendo zapping nella rete, cogliendo qua e là spunti e citazioni. Maestri riconosciuti in senso religioso ormai sono solo in ambito esotico, extra-occidentale: sono guru o para-guru che vengono dall’Oriente o che parlano nel nome di tradizioni religiose e più spesso di sincretismi. Sulla scia di Osho, Sai Baba e altri santoni. I maestri più veri preferiscono restare nascosti, poco accessibili se non per iniziati; vanno cercati, e non pescati nei media o nei social. Un segno evidente di scristianizzazione è che non ci sono Maestri d’ispirazione cristiana, e che a dettare le regole, anche nelle classifiche dei libri, siano gli stessi papi, come Bergoglio e Ratzinger. Più defilati sono gli scrittori della Chiesa come don Vincenzo Paglia, Gianfranco Ravasi e altri prelati che sfidano i tempi e le librerie. Dopo i santi, finirono anche i maestri?E nel mondo conservatore, nel versante “destro” o alternativo alla globalizzazione? Resiste da decenni il maestro della Nouvelle Droite Alain de Benoist con una produzione incessante di saggi. Su altri versanti regge il filosofo inglese Roger Scruton, da lontano il pensatore russo Aleksandr Dugin. Non mancano le zampate del vecchio Regis Débray, già marxista e ora antiglobal col suo “Elogio delle frontiere”. A loro si aggiungono il matematico e filosofo Olivier Rey che racconta la marcia infernale del progresso in “Dismisura”; Fabrice Hadjadj, ebreo tunisino convertito al cattolicesimo, autore di “Mistica della carne” e “Risurrezione”. Ma sfonda il muro dell’attenzione globale Michel Houellebecq, che ora spopola con “Serotonina”, ma che fu maestro di denuncia della civiltà in pericolo con “Sottomissione”. Poi ci sono i numerosi maestri di passaggio, i guru provvisori, legati a un’opera, esplosi nei social, meteore luminose e poi presto opache. Se l’America resta il centro del mondo, i maestri hanno una prevalenza europea, anzi francese.E da noi cosa resta? Finito il tempo dei Pasolini e dei Bobbio, dei Del Noce e Zolla, la filosofia sembra ormai isterilita e intenta a proclamare il suo suicidio. Nella filosofia svetta il pensiero degli eterni di Emanuele Severino. O tra i maestri che aprono le porte del sacro al tempo profano, torreggia Roberto Calasso. Sono maestri riluttanti, che non cercano discepoli, che si annodano al filo impersonale della Tradizione o del suo surrogato, l’Editoria raffinata, o che vivono la siderale solitudine dell’Essere che pensa il Destino. In un’epoca egocentrica e autoreferenziale, i maestri sembrano ormai vintage, antiquariato, se non archeologia. Mancano i maestri perché mancano i discepoli. Eppure, proprio il caos globale, l’assenza di dei, la solitudine e lo spaesamento, la vita insensata, richiedono oggi più di ieri pensatori-guida, modelli di riferimento, figure autorevoli, supplenti del sacro e del pensiero che aiutino a trovare una via, una casa, una visione del mondo e della vita. Maestri che non detengono la verità ma che suscitano almeno il desiderio di cercarla…(Marcello Veneziani, “Vogliamo maestri, non influencer”, articolo pubblicato su “Panorama” e ripreso dal blog di Veneziani il 19 febbraio 2019).Dove sono finiti i Maestri? Ci sono ancora, cosa dicono, dove si annidano? E come chiamarli, oggi, Influencer, come Chiara Ferragni o la Madonna secondo il Papa? Facile dire che mancando un pensiero, dispersi gli intellettuali, sparito ogni orizzonte di attesa, i Maestri sono finiti insieme ai loro insegnamenti. Sono finiti pure i Cattivi Maestri che come angeli ribelli all’ordine divino si fecero demoni, insegnando la via dell’inferno come riscatto degli oppressi. Spariti pure loro. Non a caso, l’unico italiano riconosciuto tra i cento pensatori globali che hanno lasciato un segno, secondo la rivista “Foreign Policy”, non è un filosofo, ma un fisico, Carlo Rovelli. Allora, è proprio finita, dobbiamo rassegnarci a scegliere tra Fabrizio e Mauro Corona? No, ragioniamoci su. Innanzitutto, definiamo una buona volta il Maestro, anche nella variante di Guru, Ideologo, Vate. Chi è maestro? Non solo chi trasmette un sapere ma chi diventa un punto di riferimento, un modello a cui ispirarsi, un faro che non esprime solo una teoria o invita a compiere una ricerca ma rischiara una via. Maestro è uno che ti cambia la vita o almeno lo sguardo con cui vedi la vita. Uno che leggendolo, ascoltandolo, trasforma il tuo modo di pensare e di vedere le cose.
-
Test rischiosi: anche Russia e Cina manipolano la ionosfera
A manipolare il clima non ci sono solo gli Usa con la loro discutibile geoingegneria, il sistema Haarp-Muos e le sostanze rilasciate in atmosfera dagli aerei, come in parte ammesso dalla stessa Nasa. Anche Cina e Russia hanno condotto congiuntamente «un’opinabile serie di esperimenti per modificare l’atmosfera terrestre con onde radio ad alta frequenza». Lo afferma Peter Dockrill su “ScienceAlert”, in una segnalazione tradotta da “Come Don Chisciotte”. Da un impianto russo chiamato Sura Ionosferic Heating Facility, nei pressi della città di Vasilsursk a est di Mosca, scrive Dockrill, gli scienziati hanno generato onde radio ad alta frequenza per manipolare la ionosfera, mentre il satellite cinese Cses ha misurato dall’orbita gli impatti sul “plasma” (particelle di gas ionizzate) in perturbazione. La missione Cses (China Seismo‐Electromagnetic Satellite) è un’operazione spaziale congiunta, sino-italiana, «composta da un satellite per lo studio del campo magnetico, del plasma e dei flussi di particelle nell’orbita terrestre», precisa il traduttore del post, “Nickal88”. Non è la prima volta, avverte Dockrill, che viene condotta una ricerca come questa. Ma le notizie sugli sviluppi Cina-Russia – trasmesse attraverso un documento pubblicato sugli esperimenti e un recente articolo sul “South China Morning Post” – hanno accresciuto le preoccupazioni sulle potenziali applicazioni militari di questo tipo di scienza.Questo perché la ionosfera, e il gas ionizzato (“plasma”) che vi risiede, è cruciale per le comunicazioni radio: «Perturbando selettivamente le particelle cariche che costituiscono questa parte dell’alta atmosfera, gli scienziati o addirittura i governi potrebbero teoricamente aumentare o bloccare i segnali radio a lungo raggio», scrive Dockrill. «Anche questi esperimenti preliminari – condotti a giugno e apparentemente concepiti come un precedente per la futura ricerca correlata sulla ionosfera – hanno avuto effetti estremi». In uno degli esperimenti, l’area interessata dalle perturbazioni della ionosfera sembra aver coperto 126.000 chilometri quadrati. In un altro test, il gas ionizzato nell’atmosfera sarebbe aumentato in calore di 100 gradi Celsius (212 gradi Fahrenheit). Da parte loro, le persone coinvolte affermano che la ricerca è puramente scientifica e innocua per l’atmosfera. «Non ci atteggiamo ad essere Dio», ha detto al “South China Morning Post” un ricercatore non identificato che ha chiesto di rimanere anonimo: «Non siamo l’unico paese che fa squadra con i russi, altri paesi hanno fatto cose simili».La base Sura, riassume Dockrill, è stata fondata dall’Unione Sovietica nei primi anni ’80, ma si dice che sia stata d’ispirazione per un impianto di riscaldamento atmosferico ancora più grande negli Stati Uniti, il famoso Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program), costruito in Alaska circa un decennio dopo. Haarp è un impianto “a pompa ionosferica” notevolmente più potente di Sura: inizialmente è stato in parte finanziato dall’esercito Usa, ma ora è gestito dall’Università dell’Alaska Fairbanks. L’Us Air Force, aggiunge Dockrill, non ha rinunciato alla manipolazione atmosferica. E tra gli altri progetti, negli ultimi tempi ha investigato sullo sganciamento nell’atmosfera superiore di “bombe al plasma” di particelle cariche, per vedere come ciò influisce sulla ionosfera. Non è neppure da escludere che la Cina, a sua volta, stia costruendo un riscaldatore ionosferico avanzato: accadrebbe nella città di Sanya, nella provincia dell’isola di Hainan nel sud della Cina, che sempre il “South China Morning Post” sospetta che manipoli la ionosfera su tutto il Mar Cinese Meridionale.«Non ci sono prove che qualcosa di nefasto sia in corso», ammette Dockrill, «anche se la Russia è stata accusata da varie parti, quest’anno, di interferire con i segnali Gps, e gli esperimenti di manipolazione ionosferica potrebbero essere stati ipoteticamente implicati». Tuttavia, avverte Dockrill, è meglio stare attenti: come molti ricercatori hanno chiarito, «questo campo della scienza è stato per lungo tempo tormentato da teorie cospirative, destate da una blogosfera paranoica». Detto questo, anche alcuni scienziati appartenenti alla comunità di ricerca sulla manipolazione della ionosfera hanno trovato «un po’ strani» i recenti annunci sugli esperimenti del giugno scorso. «Questa cooperazione internazionale è molto inusitata per la Cina», ha detto – sempre al “Post” – il fisico e ingegnere Guo Lixin della Xidian University cinese, che non è stato coinvolto nei test. Secondo Lixin, «la tecnologia impiegata è troppo delicata». Le risultanze degli esperimenti, peraltro – conclude Dockrill – sono state regolarmente riportate su “Earth and Planetary Physics”.A manipolare il clima non ci sono solo gli Usa con la loro discutibile geoingegneria, il sistema Haarp-Muos e le sostanze rilasciate in atmosfera dagli aerei, come in parte ammesso dalla stessa Nasa. Anche Cina e Russia hanno condotto congiuntamente «un’opinabile serie di esperimenti per modificare l’atmosfera terrestre con onde radio ad alta frequenza». Lo afferma Peter Dockrill su “ScienceAlert”, in una segnalazione tradotta da “Come Don Chisciotte”. Da un impianto russo chiamato Sura Ionosferic Heating Facility, nei pressi della città di Vasilsursk a est di Mosca, scrive Dockrill, gli scienziati hanno generato onde radio ad alta frequenza per manipolare la ionosfera, mentre il satellite cinese Cses ha misurato dall’orbita gli impatti sul “plasma” (particelle di gas ionizzate) in perturbazione. La missione Cses (China Seismo‐Electromagnetic Satellite) è un’operazione spaziale congiunta, sino-italiana, «composta da un satellite per lo studio del campo magnetico, del plasma e dei flussi di particelle nell’orbita terrestre», precisa il traduttore del post, “Nickal88”. Non è la prima volta, avverte Dockrill, che viene condotta una ricerca come questa. Ma le notizie sugli sviluppi Cina-Russia – trasmesse attraverso un documento pubblicato sugli esperimenti e un recente articolo sul “South China Morning Post” – hanno accresciuto le preoccupazioni sulle potenziali applicazioni militari di questo tipo di scienza.
-
Niente preservativo: e la Chiesa fabbrica migranti e orrori
Verrà il giorno in cui, finalmente, l’ipocrita Chiesa romana oserà pretendere una soluzione per abolirla, la povertà? Anziché predicare l’aiuto ai poveri, nascerà un Papa capace di imporre alla politica di eliminarla dalla faccia della Terra, la miseria? Se lo domanda Paolo Barnard, nell’esprimere un giudizio impietoso sulla situazione di oggi, con l’Africa che si prepara a inondare l’Europa di migranti. E non è che l’inizio dell’esodo, visto il boom demografico in corso nel continente nero. Nessun impegno, dal Vaticano, per limitare la natalità mediante l’uso dei contraccettivi. Anzi: il pontefice è intervenuto per censurare l’Ordine di Malta, che aveva tentato di promuovere gli anticoncezionali in Africa. Così i barconi continuano a solcare il Mediterraneo, dando poi modo allo sceriffo Salvini di fare il “signor no”. Tutto teatro, dice Barnard: facendosi fotografare mentre agita la croce e il rosario, il capo della Lega chiarisce che non si permetterebbe mai di contestare il potere religioso, che secondo Barnard è il vero motore dell’emigrazione. «Il tasso di natalità africano – scrive il giornalista sul suo blog – è una macchina di disperazione e di morte di proporzioni infernali: non esiste guerra, sfruttamento neo-coloniale, franco Cfa o malapolitica africana che gli possa stare vicino, come causa nella monumentale tragedia della loro povertà oggi».Secondo Barnard, nel 2019, «il vero anti-razzista e umanitarista deve guardare in faccia l’africano e l’africana e dirgli di smetterla di figliare come pazzi». Il giornalista punta il dito contro «la perversione mentale chiamata fede cristiana che noi abbiamo esportato e che continuiamo a esportare là, e che fisicamente impedisce ai metodi contraccettivi e all’educazione ai diritti riproduttivi di raggiungere le donne del continente, anche quando sono laiche e consapevoli». In Africa una donna negli anni di fertilità partorisce dai 5 ai 7 figli, in media. L’Onu prevede che, fra 30 anni, più di un miliardo di umani si aggiungerà alla già stipata Africa. «Nonostante i cosiddetti aiuti umanitari – con missionari laici o religiosi, con l’industria delle donazioni e della “caritas cristiana” – il numero totale di poveri estremi nell’Africa Sub-Sahariana è oggi più alto che nel 1981. E di nuovo: l’abnorme tasso di natalità gioca, in questo, un ruolo infernale». Le cause storiche della povertà africana le conosciamo, e sono «il nostro furto delle loro risorse ma anche la loro corruzione». Ma figliare a questo ritmo scriteriato, aggiunge Barnard, «creerebbe disperazione economica anche nella Svizzera delle banche, disintegrerebbe il potere di spesa sociale della Fed degli Stati Uniti».Insiste Barnard: il flusso dei profughi economici che vediamo oggi è solo la minuscola frazione dei fuggitivi africani che riescono ad arrivare in Libia. Ma il 99% dei futuri migranti stanno appena più a Sud, «e sono quelli che arriveranno quando la vera crisi dei migranti esploderà: sono gli africani dell’immenso bacino cattolico». Che fare? Tanto per cominciare, bisognerebbe «distribuire su scala intensiva preservativi agli africani», attraverso «programmi di educazione ai diritti riproduttivi (come evitare gravidanze non volute), in un accordo non solo con i politici, ma con le due maggiori religioni africane, cattolicesimo e Islam». Significherebbe «aiutare a prevenire almeno una notevole fetta di sofferenze umane che negli ultimi 40 anni hanno di molto superato in numeri quelle dell’Olocausto nazista». E di conseguenza, «prevenire la crisi dei migranti». Al contrario, ostacolare la contraccezione in un’Africa già irresponsabilmente riproduttiva «significa pianificare a tavolino uno sterminio, con tragedie incalcolabili, con la destabilizzazione peggiore mai vissuta dall’Europa moderna». Un fenomeno che, fra l’altro, «alimenta la proliferazione dei nuovi fascismi europei».In un’intervista del 1952, ricorda Barnard, il filosofo della scienza Bertrand Russell «non solo predisse il globale dramma delle migrazioni per povertà, ma dettò la ricetta per fermarle, auspicando allo stesso tempo equità economica nell’intero pianeta». Barnard considera Russell «la mente forse più lucida, autorevole e umanitarista del XX secolo». Nodo irrisolto, da allora: il problema demografico e la proibizione cristiana della contraccezione. «Sarà impossibile ridurre la diseguaglianza globale – disse Russell – se non raggiungeremo popolazioni numericamente stabili». Altro pericolo: i poveri oggi possono vedere come vivono i ricchi, cioè noi. «La consapevolezza, da parte di immense masse di poveri, della disparità di ricchezza fra loro e noi, ci porterà pericoli alla pace e calamità», aggiunse Russell. «E’ assolutamente giusto che Africa e Asia ottengano eguaglianza nella ricchezza con l’Occidente. Ma se si vuole evitare che l’Africa e l’Asia travolgano il mondo con immense popolazioni in estrema povertà – concluse il filosofo – esse dovranno però imparare a mantenere popolazioni numericamente stabili. E se non impareranno a controllare questo, allora inevitabilmente perderanno la loro rivendicazione di eguaglianza economica».Cosa si deve aggiungere – dice Barnard – a parole del genere? Furono pronunciate «cinquant’anni prima che chiunque, qui da noi, sentisse parlare di barconi, crisi migranti, neo-razzismo e di Salvini». Profezia lampante: «Il controllo delle nascite, quindi la contraccezione, sono vitali per l’economia e la giustizia globali». La soluzione è proprio la contraccezione, «non la demente astinenza predicata dalla Chiesa». E chi si oppone a questa politica salva-pianeta che mitigherebbe guerre, migrazioni e drammi incalcolabili? «Due fanatici della croce vaticana, Bergoglio e Salvini», scrive Barnard. Per il Vaticano «la contraccezione, in ogni sua forma, è dannazione divina, è perdizione: equivale al peggior sudiciume morale, addirittura all’infanticidio». Non importa se poi la mancata contraccezione miete milioni di vittime: «Conta la croce vaticana, che purtroppo proprio nell’Africa più disperata ha una presa pandemica sui suoi abitanti». Per Barnard, il pontefice romano e il capo leghista «sono disgustosi entrambi», per ipocrisia: il primo contribuisce direttamente alla strage, l’altro campa politicamente sull’esodo. Bergoglio? «Nell’encefalo di milioni di fessi passa come un “francescano” riformatore», come il volto nuovo (decente) della «vomitevole Chiesa storica», cioè «quella dell’opzione per i ricchi e morte ai poveri».Ma per fortuna esiste Wikileaks, continua Barnard: il network di Julian Assange rivela che Papa Francesco intervenne «in un mefitico guazzabuglio di potere» con il cattolico Ordine di Malta, il quale «per un errore di un tal Gran Cancelliere» dell’ordine religioso vaticano, di nome Albrecht Freiherr von Boeselager, «aveva osato finanziare l’uso di contraccettivi per non sovrappopolare l’Africa, e quindi per evitare non solo le infezioni da Aids ma anche per diminuire le crisi dei migranti che finiscono sui barconi». Dai documenti pubblicati da Wikileaks, il Papa si sarebbe «prodigato nel suo decennale doppiogiochismo». Barnard ricorda che Bergoglio «fu pro/anti torturatori argentini, fu pro/anti teologi della liberazione, fu pro/anti-preti pedofili, fu pro/anti Fondo Monetario Internazionale alla gola dei poveri latinoamericani, infatti aiutava una manciata di poveracci ma ostacolava la “socialista” Kirchner». Secondo Wikileaks, se da un lato ha messo sotto scacco la parte più conservatrice del vaticanissimo Ordine di Malta («dopotutto deve figurare come Francesco il progressista, no?»), dall’altro avrebbe imposto «con feroce autoritarismo» la proibizione dei contraccettivi e dei diritti riproduttivi su tutta l’Africa, «con morti per Aids, sovrappopolazione e povertà disperata come conseguenze».Ipocrisia su ipocrisia: non sono certo «i miliardi vaticani investiti in hedge funds o immobili miliardari a pagare per l’accoglienza». Per Barnard, siamo di fronte a «oggettivi crimini contro l’umanità, dettati da una fede religiosa da sempre genocida». Crimini che però «farebbero poca strada, se poi non esistessero vaste masse di complici». Fra queste, «il “popolo del capro espiatorio” in drammatica espansione in Ue, cioè le destre populiste, quelli che “tutto è colpa del migrante, anche il deficit strutturale”». Peggio di loro si comportano le “anime belle”: «Sono l’altro popolo, cioè il “popolo della caritas”, quello che in nome della propria auto-santificazione alimenta l’orrore, abbracciando la croce del genocidio anti-contraccettivo». In patria, i buonisti «lavorano per l’inutile e controproducente industria della “caritas” verso i dannati della Terra», ma spesso «vanno anche a far danni diretti nelle ormai secolari scorribande missionarie vaticane».Si indigna, Barnard: «Se questo “popolo della caritas” dedicasse quella montagna di energie a pretendere dalla politica occidentale soluzioni sistemiche alla povertà e alla sovrappopolazione del mondo, senza neppure spostarsi da casa, se questo avessero fatto da anni invece di sentirsi “buoni” e dare l’obolo o fare il viaggetto santo, noi nel 2019 non avremmo mai sentito parlare di un trionfante Salvini, di barconi, di cadaveri sul fondo del Mediterraneo, di neofascismi in tutto l’Occidente e, soprattutto, la tragedia del Terzo Mondo sarebbe ora solo un brutto ricordo». E invece ecco ogni giorno in televisione «il Santo Signore di tutti gli Ipocriti, con al seguito il vostro beniamino padano che sbraita contro l’invasione dei disperati ma bacia la croce che l’alimenta a tutta forza». Però «mica se la prende con le gabbane, il Matteo: no, solo coi disperati». Ribadisce Barnard: «Priorità per la tragedia migranti: contraccettivi e educazione ai diritti riproduttivi. Ora. Perché mentre ne respingete uno, là se ne creano 10.000».Verrà il giorno in cui, finalmente, l’ipocrita Chiesa romana oserà pretendere una soluzione per abolirla, la povertà? Anziché predicare l’aiuto ai poveri, nascerà un Papa capace di imporre alla politica di eliminarla dalla faccia della Terra, la miseria? Se lo domanda Paolo Barnard, nell’esprimere un giudizio impietoso sulla situazione di oggi, con l’Africa che si prepara a inondare l’Europa di migranti. E non è che l’inizio dell’esodo, visto il boom demografico in corso nel continente nero. Nessun impegno, dal Vaticano, per limitare la natalità mediante l’uso dei contraccettivi. Anzi: il pontefice è intervenuto per censurare l’Ordine di Malta, che aveva tentato di promuovere gli anticoncezionali in Africa. Così i barconi continuano a solcare il Mediterraneo, dando poi modo allo sceriffo Salvini di fare il “signor no”. Tutto teatro, dice Barnard: facendosi fotografare mentre agita la croce e il rosario, il capo della Lega chiarisce che non si permetterebbe mai di contestare il potere religioso, che secondo Barnard è il vero motore dell’emigrazione. «Il tasso di natalità africano – scrive il giornalista sul suo blog – è una macchina di disperazione e di morte di proporzioni infernali: non esiste guerra, sfruttamento neo-coloniale, franco Cfa o malapolitica africana che gli possa stare vicino, come causa nella monumentale tragedia della loro povertà oggi».
-
Urali, mappa del mondo: chi la incise, 120 milioni d’anni fa?
«Scienziati russi hanno annunciato di aver trovato nella regione degli Urali una grande lastra minerale di origine artificiale che ritengono vecchia di 120 milioni di anni e che riporterebbe una mappa geografica in rilievo della regione». Così il “Corriere della Sera” nell’ormai lontanissimo 2002, raccontando le sconcertanti esternazioni del professor Aleksandr Chuvyrov, della facoltà di chimica dell’Università di Bashkir, nella repubblica russa dei Bashiri. Secondo lo scienziato, la mappa tridimensionale potrebbe essere stata realizzata solo grazie a prospezioni aeree. La lastra «sarebbe solo un frammento di un’enorme mappa di tutta la Terra che, data l’ipotizzata età del manufatto, sconvolgerebbe tutte le conoscenze attuali». Chuvyrov non vuole suggerire un’origine extraterrestre, osserva il “Corriere”, ma definisce «inspiegabile» la mappa. La lastra, alta 148 centimetri e larga 106, è spessa 16 centimetri e pesa una tonnellata e mezza. E’ formata da tre strati sovrapposti di dolomite, diopside e porcellana. È stata rinvenuta nella località di Chandar, negli Urali, già nel 1999 – ma la notizia è trapelata solo tre anni dopo. Secondo il professor Chuvyrov, il manufatto riporta la identificabile geografia antica della regione, più quelle che appaiono come opere di ingegneria con sistemi di canali e dighe. Vi sono inoltre iscrizioni in una lingua geroglifico-sillabica di origine sconosciuta.All’inizio, scrive sempre il “Corriere”, gli scenziati russi ritenevano che potesse risalire ad alcune migliaia di anni fa, ma poi sono state ritrovate incastrate negli strati conchiglie fossili che risalgono a un tempo remotissimo: fra i 50 e i 120 milioni di anni fa. «L’età sarebbe confermata anche dalla configurazione dei fiumi e dei canyon come sarebbero stati decine di milioni di anni fa». Sempre secondo i russi, la “mappa” non potrebbe essere stata realizzata a mano, ma verosimilmente «con strumenti di alta precisione e grazie a prospezioni aeree». Dal 2002, a quanto pare, del caso si è cercato di non parlare più: troppo imbarazzante, per l’ambiente accademico mondiale? «Mentre il mondo scientifico si apprestava a voltare immediatamente pagina, dimenticando l’accaduto, una nuvola di polvere sempre più fitta s’addensava sulla rete Internet», scrivono – sette anni dopo – Alessandro Moriccioni e Andrea Somma sul blog “Terra Incognita”. «La guerra tra scettici e credenti non ha portato ovviamente a nulla, se non ad un ispessimento dell’enigmatica vicenda». Tuttavia, lo stranissimo ritrovamento «ha posto leciti interrogativi circa le affermazioni del professore russo». “Mappa del creatore, una bufala mondiale”, si affrettò a concludere Silvio Sosio dalle pagine di “Corriere.fantascienza.com”, attaccando scienziati in errore e giornalisti creduloni.Domande comprensibili, ammettono Moriccioni e Somma: perché un professore universitario come Chuvyrov, seppure laureato in chimica, ha commesso un errore madornale affermando che l’uomo di Neanderthal comparve sulla Terra 75.000 anni fa, quando gli stessi archeologi – dubbiosi per convenzione – stimano un’età di 300.000 anni ai fossili più antichi? E ancora: come può Chuvyrov riconoscere tra le pieghe di una lastra di pietra «zone della Russia che certamente 120 milioni di anni fa erano completamente diverse da come appaiono oggi?». Ad ogni modo, obietta “Terra Incognita” nel 2009, lo scettico Sosio «non fornisce alcuna risposta». Gli scienziati russi «sono ormai convinti che la lastra di Chandar sia solo uno dei 348 frammenti che dovrebbero comporre una mappa dell’intero pianeta». Ne consegue che la mappa completa «avrebbe delle dimensioni di circa 340×340 metri». Perché il “creatore” avrebbe utilizzato la nanotecnologia e la sua scienza sconosciuta e avanzatissima per realizzare un’opera di dimensioni mastodontiche e certamente poco funzionale? Perché fabbricare una lastra formata da tre strati eccezionalmente duri e pesanti semplicemente per descrivere la geologia di una zona? Anche ammesso che tutto questo sia possibile – conclude “Terra Incognita” – a che scopo fu realizzata questa enorme carta geografica?«Gli studi di Chuvyrov – rilevano Moriccioni e Somma – hanno messo in luce l’accuratezza dei rilievi geografici rappresentati, senza però fornire una spiegazione sull’utilità dell’avere una mappa, un tempo integra, di tali dimensioni. Ma chi potrebbe mai utilizzare un simile manufatto?». In ogni caso, riassume “Terra Incognita”, la scoperta degli Urali «ha messo in seria difficoltà l’intera concezione storica umana, riproponendo alla scienza quegli spettri del passato ai quali ha sempre cercato di sottrarsi». La stranissima lastra «sarebbe la prova incontestabile dell’esistenza di una civiltà venuta molto prima e scomparsa d’improvviso». Se questa dichiarazione fosse confermata «straccerebbe ogni umana certezza riguardo ciò che è stato nel passato». Secondo una leggenda del luogo, un numero imprecisato di lastre – raffiguranti grandi zone della Terra – dovevano trovarsi nel piccolo paese ai piedi dei monti Urali. Quella rinvenuta nel luglio del 1999 è emersa scavando sotto il pavimento del porticato della casa di un ex funzionario dell’amministrazione locale. L’obiettivo iniziale degli archeologi russi? Provare una migrazione cinese verso le zone della Siberia e degli Urali. Per questo, pensarono che le indecifrabili iscrizioni scolpite sulla lastra fossero un antico idioma di origine cinese.In passato, infatti – ricorda “Terra Incognita” – in molte zone della Siberia e della Russia sono state in passato rinvenute steli incise in un’antica lingua del Catai, come documentato nel libro di Gavin Menzies “1421: la Cina scopre l’America”. Ma la tesi non ha retto per molto, poiché nessuno degli esperti è riuscito a leggere quei segni. «Si pensa attualmente che si tratti di un linguaggio geroglifico-sillabico di origine sconosciuta». Negli archivi del governo della città di Ufa sono presenti documenti che riportano il ritrovamento, avvenuto nel diciottesimo secolo, di numerose lastre di pietra di aspetto curioso. «Fino al 1998 Chuvyrov era convinto che si trattasse appunto solo di una leggenda», aggiunge “Terra Incognita”, ma poi nel 1999 una lastra venne segnalata a Chuvyrov dall’ex funzionario statale di Chandar. La lastra, pesantissima, venne estratta con la massima cautela e venne ripulita dal terriccio. Gli scienziati poterono a questo punto esaminare il reperto e riconobbero la morfologia della Bashkiria. Chuvyrov afferma che nell’arco di milioni di anni la geografia della zona rappresentata non è poi cambiata molto; infatti gli studiosi russi e cinesi al seguito di Chuvyrov stabilirono che la mappa descriveva i fiumi Belya, Ufimka e Sutolka, oltre a diversi canyon dei monti Urali.Tra i segni sconosciuti incisi sulla pietra, di chiara origine artificiale, il professore russo è convinto di averne decifrato uno: a parer suo, indicherebbe la latitudine dell’attuale città di Ufa. Gli studiosi hanno stabilito l’età della lastra prima attraverso l’analisi al radiocarbonio degli strati, quindi per mezzo di due molluschi rinvenuti all’interno dello strato di porcellana con lo scopo di segnalare due punti precisi. Questi molluschi, noti alla scienza come “Navicopsina munitus” e “Ecculiomphalus princeps”, risultano estinti (rispettivamente 500 e 120 milioni di anni fa). «Si è diffusa la convinzione che la lastra sia stata realizzata quando il polo magnetico del globo terrestre si trovava presso la zona della Terra di Francesco Giuseppe nel Mare di Barents». E’ a questo punto che Chuvyrov, grazie al suo sodalizio con una scienziata cinese, ha abbandonato definitivamente l’idea di una possibile origine storico-cinese della mappa. «Ci siamo stupiti incredibilmente, quando abbiamo tirato su questa lastra e abbiamo visto che era praticamente un’iscrizione», ha dichiarato Aleksandr Chuvyrov alla trasmissione “Stargate, linea di confine”: «Era una mappa in tre dimensioni che raffigurava una parte della superficie terrestre».Trasferito il manufatto a Ufa, capoluogo regionale, il professore ha costituito un team di specialisti: geologi e geografi, cartografi, filologi, fisici, matematici ed esperti di merci e tecnologia dei materiali. «Da una prima analisi – ha detto Chuvyrov – abbiamo scoperto che questa pietra contiene delle informazioni cartografiche relative alla parte meridionale della catena dei monti Urali». Una mappa “tridimensionale”, dove «sono indicate tutte le montagne e tutti i fiumi nell’aspetto reale che hanno, secondo le misure riportate in scala 1 a 1,1», vale a dire: ogni centimetro equivale a un chilometro e cento metri. Colpisce anche la stratificazione della lastra: prima la dolomite, poi la diopsite e infine la copertura di porcellana, eseguita «dopo che era stato fatto il rilievo, cioè dopo che erano stati fatti i tagli sulla pietra». Lo scienziato russo fa notare che lo strato di diopside è stato fatto «utilizzando la nanotecnologia», data la durezza di quel materiale. Sulla “mappa”, gli studiosi hanno rilevato 12.000 chilometri di canali, larghi 500 metri e profondi 300. «Oggi come oggi – ha ammesso Chuvyrov – non possiamo immaginare con esattezza chi possa aver fatto questo lavoro». La lastra resta l’unica finora rinvenuta, ed è anche l’unico oggetto di quel genere di cui si abbia conoscenza: non ci sono reperti analoghi, al mondo.Analizzando a fondo la porcellana, i russi si sono resi conto che si tratta di «un tipo di porcellana sconosciuto», la cui origine è oscura quanto quella delle misteriose iscrizioni che presenta. «Abbiamo notato che nella parte sinistra della carta c’è un modello del sistema solare, e da questo dettaglio – ha aggiunto il professore – possiamo cercare di determinare la data più bassa di quando hanno fatto questa mappa. Possiamo dire perlomeno che la mappa è stata realizzata più di 13.000 anni fa». I dati indiretti, paleontologici – i fossili dei molluschi – costringono invece a retrodatare la lastra di qualcosa come 120 milioni di anni. Ma le conchiglie non potevano essere già presenti sulla lastra all’epoca in cui il misterioso autore della “mappa” la usò per inciderla? Ipotesi esclusa: «Un’analisi molto attenta di questi molluschi ci ha dimostrato che sono stati murati nella mappa quando erano ancora vivi», ha chiarito Chuvyrov. «Per cui, in base a questo dato, possiamo dire qual è l’età della carta». Perfetto: il mistero è servito. Con la conseuta superficialità, i “debunker” del Cicap si erano affrettati a definire “bufala mondiale” la scoperta di Chuvyrov, appigliandosi esclusivamente all’errore (qui irrivelante) sulla datazione del Neanderthal. Lungi, quindi, dal rispondere all’unica domanda che conti, tuttora senza risposta. Ovvero: chi può aver istoriato quella lastra, usando una lingua sconosciuta, 120 milioni di anni fa?«Scienziati russi hanno annunciato di aver trovato nella regione degli Urali una grande lastra minerale di origine artificiale che ritengono vecchia di 120 milioni di anni e che riporterebbe una mappa geografica in rilievo della regione». Così il “Corriere della Sera” nell’ormai lontanissimo 2002, raccontando le sconcertanti esternazioni del professor Aleksandr Chuvyrov, della facoltà di chimica dell’Università di Bashkir, nella repubblica russa dei Bashiri. Secondo lo scienziato, la mappa tridimensionale potrebbe essere stata realizzata solo grazie a prospezioni aeree. La lastra «sarebbe solo un frammento di un’enorme mappa di tutta la Terra che, data l’ipotizzata età del manufatto, sconvolgerebbe tutte le conoscenze attuali». Chuvyrov non vuole suggerire un’origine extraterrestre, osserva il “Corriere”, ma definisce «inspiegabile» la mappa. La lastra, alta 148 centimetri e larga 106, è spessa 16 centimetri e pesa una tonnellata e mezza. E’ formata da tre strati sovrapposti di dolomite, diopside e porcellana. È stata rinvenuta nella località di Chandar, negli Urali, già nel 1999 – ma la notizia è trapelata solo tre anni dopo. Secondo il professor Chuvyrov, il manufatto riporta la identificabile geografia antica della regione, più quelle che appaiono come opere di ingegneria con sistemi di canali e dighe. Vi sono inoltre iscrizioni in una lingua geroglifico-sillabica di origine sconosciuta.
-
Della Luna: l’umanità ormai ridotta a merce da sostituire
Negli ultimi decenni si è accreditata e affermata l’idea che i fattori economico-finanziari siano la vera e ultima causa degli eventi, e che la scienza economico-finanziaria sia quella più di tutte in grado di spiegarli, di dettare le riforme e di individuare errori e rimedi. Questo convincimento deriva dal fatto che si è capito che, soprattutto nel mondo contemporaneo e globalizzato, la moneta (e non le ideologie e le religioni), è il motivatore universale, ossia il fattore che – nella sua forma positiva di profitto, di pagamento, e in quella negativa di indebitamento e downrating – induce la quasi totalità dei comportamenti e delle scelte sia dei singoli che delle organizzazioni (società commerciali, enti pubblici, governi). Quindi l’analisi, la comprensione e la previsione dei processi finanziari sembrano in grado di spiegare praticamente la totalità del divenire, e che nessun valore o risorsa possa prevalere o aggirare la finanza e i suoi mercati e sostituirsi ad essi nella direzione anche della politica, sicché a guidare le scelte pratiche del potere saranno sempre, ultimamente, obiettivi economici.Ma qui sta un errore di fondo: si perde di vista che la stessa struttura costante delle società – cioè la forma oligarchica – è superiore alla dimensione economica (palesemente deriva dal fatto che ogni nota organizzazione politica stabile si sostanzia in una distribuzione piramidale e specialistica del potere); inoltre, ci si dimentica che la moneta (la ricchezza finanziaria) è non il fine dei detentori del potere, bensì un mezzo che essi usano: il fine è il dominio di quanto più possibile della realtà, della società, delle sue risorse, del mondo, e il controllo del loro divenire (onde non sfugga di mano, non metta in pericolo la loro posizione dominante). Essendo l’economia-finanza un mezzo per un fine, quando un mezzo alternativo e più efficiente per assicurare quel fine diviene disponibile, essa viene sostituita con quest‘ultimo, come i cavalli come mezzo di trasporto sono stati sostituiti dai veicoli a motore.Ed è ciò che sta avvenendo, da quando per il fine della gestione della popolazione ora sono disponibili strumenti biofisici e informatici più efficienti di quelli finanziari: strumenti di controllo dei singoli, delle masse, dell’informazione, della stessa atmosfera e del clima, che fino a pochi decenni fa erano immaginabili soltanto nella fantascienza. Per giunta l’utilità della stessa popolazione, della società da controllare, è venuta ampiamente meno, siccome, come si spiegherà sotto, i popoli, dopo essere divenuti superflui come masse di combattenti e di cives, ora sono divenuti superflui anche come massa di lavoratori-consumatori – non hanno più un uso, sono obsoleti. Per queste ragioni, sbagliano coloro che credono di poter comprendere e risolvere i mali attuali (recessione, disoccupazione, svuotamento della politica, concentrazione della ricchezza e del potere con diffusione della povertà e dell’impotenza, esaurimento delle risorse planetarie) elaborando e proponendo rimedi e riforme sul piano economico, politico, giuridico.Sbagliano perché non tengono conto di quanto sopra. I loro sforzi sono fallaci e impotenti. Nella ormai esaurita fase storica dell’economia incentrata sulla produzione e sul consumo di beni e sul profitto come principalmente derivante da tale ciclo, all’uomo e al popolo è stata fatta in modo molto graduale assumere pienamente la forma-merce, ossia diventare pienamente produttore e consumatore (e non più civis, polites), togliendogli ogni reale forza, funzione, indipendenza, dignità sociopolitica e culturale rispetto al capitalismo; e lo Stato, la polis o respublica, sul finire di questa fase, è stato sostituito dal mercato. Ciò affinché né il singolo, nella forma-civis, né lo Stato, nella forma-respublica interferissero, disturbandole, con le riforme utili per il capitalismo alla massimizzazione del profitto attraverso la continua espansione e razionalizzazione quel ciclo di produzione-consumo, in ambito nazionale e internazionale. Questa fase storica dell’economia è stata gradita e accettata dalle miopi masse opportunamente stimolate perché, con la sua espansione dei consumi, nel breve, termine comportava un ampliamento del loro benessere materiale, delle loro gratificazioni.Dopo aver perfezionato la riduzione del civis a forma-merce e della respublica a forma-mercato, l’attuale fase storica, quella dell’economia finanziarizzata, oramai vede il grosso dei profitti venire da processi finanziari in cui la componente ‘produzione’ richiede pochissimi addetti e la componente ‘consumo’ è modesta e immateriale (non vi è bisogno di produrre e vendere beni reali, se ci si può arricchire producendo e collocando simboli di valori, e facendo correre dietro di essi sia i privati che le imprese che i governi). Perciò le grandi masse di lavoratori e consumatori non servono più, come non serve più la crescita dell’economia reale e del benessere della popolazione generale; e su questo punto, sulla gestione delle quantità di esseri umani che non servono ormai più nemmeno come forma-merce, anche perché soppiantati dall’automazione e dell’intelligenza artificiale, questa fase è già da tempo entrata in un processo di trasformazione globale dell’ordine delle cose. Il famigerato Nwo parte dal dato di fatto che la finanziarizzazione dell’economia (assieme alle tecnologie) ha reso superflue le masse e intercambiabili i popoli. E che quindi bisogna trovare una ‘sistemazione’ per loro.(Marco Della Luna, “L’obsolescenza degli uomini-merce”, dal blog di Della Luna del 10 febbraio 2019. L’articolo – precisa l’autore – è in continuazione col tema del precedente, “Progresso zootecnico e falsi vaccini”, ossia col dato di fatto che per le oligarchie dominanti la popolazione generale è un mezzo (come il bestiame per l’allevatore) e non un fine (come i figli per i genitori), e che tener presente questo fatto è indispensabile per capire l’ordinamento, il funzionamento e il divenire della società).Negli ultimi decenni si è accreditata e affermata l’idea che i fattori economico-finanziari siano la vera e ultima causa degli eventi, e che la scienza economico-finanziaria sia quella più di tutte in grado di spiegarli, di dettare le riforme e di individuare errori e rimedi. Questo convincimento deriva dal fatto che si è capito che, soprattutto nel mondo contemporaneo e globalizzato, la moneta (e non le ideologie e le religioni), è il motivatore universale, ossia il fattore che – nella sua forma positiva di profitto, di pagamento, e in quella negativa di indebitamento e downrating – induce la quasi totalità dei comportamenti e delle scelte sia dei singoli che delle organizzazioni (società commerciali, enti pubblici, governi). Quindi l’analisi, la comprensione e la previsione dei processi finanziari sembrano in grado di spiegare praticamente la totalità del divenire, e che nessun valore o risorsa possa prevalere o aggirare la finanza e i suoi mercati e sostituirsi ad essi nella direzione anche della politica, sicché a guidare le scelte pratiche del potere saranno sempre, ultimamente, obiettivi economici.
-
Test: manichini sulla Luna. Ma non ci eravamo già stati?
Due robot spediti in orbita verso la Luna per testare la nostra capacità di resistenza alle radiazioni cosmiche? Ma scusate, in teoria non dovremmo già sapere tutto? Non ci siamo già stati nel 1969, sulla Luna? Non fu allora che – per la prima volta – gli astronauti superarono (incolumi) le temute Fasce di Van Allen che separano la Terra dal suo satellite? «Secondo me si divertono come dei pazzi a prenderci per il culo», scrive Massimo Mazzucco. «Non ci può essere altra spiegazione, per una notizia come quella circolata in questi giorni sull’imminente viaggio spaziale di Helga e Zohar intorno alla Luna». Helga e Zohar? «Sono due manichini, il cui scopo sarà quello di misurare le radiazioni cosmiche ricevute dagli astronauti durante un viaggio circumlunare». Sul sito della Esa, l’agenzia spaziale europea, si legge: «Questi due manichini occuperanno il posto dei passeggeri durante la prima missione di Orion intorno alla Luna, andando più lontano di quanto un essere umano abbia mai viaggiato fino ad oggi». Ancora: «Dotata di 5.600 sensori, la coppia di manichini misurerà le quantità di radiazioni a cui gli astronauti potrebbero essere esposti nelle missioni future, con una precisione senza precedenti». “Potrebbero essere esposti”, dice l’Esa? «Ma allora, scusate, la misurazioni “fatte durante le missioni Apollo” sulla Luna che fine hanno fatto? Non servono più a nulla?».
-
Noi, fabbricati dagli alieni: Barbara Negri e il vita-forming
Non siamo soli, nello spazio? Contro-domanda: e come potremmo esserlo, se fossimo noi stessi il prodotto di una “creazione aliena”, cioè di un esperimento di “vita forming”? Lo ha affermato, clamorosamente, una scienziata come Barbara Negri, dirigente dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana. Secondo Mauro Biglino, che ha tradotto 19 libri biblici per le Edizioni San Paolo, la Genesi lo racconterebbe chiaramente: l’homo sapiens sarebbe un prodotto genetico ricavato dalla clonazione degli ominidi, su cui sarebbe stato innestato il Dna dei misteriosi Elohim, gli individui come Yahvè (la Bibbia ne cita una ventina, chiamandoli per nome) che “fabbricarono” gli adamiti nel Gan, centro sperimentale per l’agricoltura e l’allevamento impiantato nella regione di Eden, fra la Turchia e il Mar Caspio. Da dove venivano, gli Elohim come Yahvè? «Ci sono forme di vita intelligenti, là fuori. E dobbiamo essere cauti nel riferirne, se non altro fino a quando non ne sapremo di più». Lo disse nientemeno che Stephen Hawking, cioè il fisico teorico, cosmologo, fisico matematico e astrofisico più importante dell’ultimo secolo. Si moltiplicano segnali inquietanti, come per prepararci a qualcosa che ricorda i fantascientifici “incontri ravvicinati”: non esiteremmo a battezzare gli eventuali “fratelli dello spazio”, dicono i gesuiti, che gestiscono sul Mount Graham in Arizona un potente centro di osservazione astronomica vocato all’indagine sull’esobiologia, cioè la vita extraterrestre.«Tra le varie tesi per spiegare l’origine e la provenienza degli Ufo, nel caso in cui si accertasse in modo inequivocabile la loro matrice extraterrestre intelligente e tecnologica», scrive “Blasting News”, gli ufologi hanno da sempre sostenuto che la specie umana «sia stata creata da creature provenienti da “altrove”, in grado di manipolare il Dna e capaci di “giocare” facilmente con la genetica, sperimentando nuove specie intelligenti e, quanto meno, simili ai loro “creatori”». Lo scopo, da parte di questi esseri ipoteticamente extraterrestri, sarebbe quello di «produrre manovalanza su vari corpi celesti, con obiettivi al momento ignoti». Lo racconta, in dettaglio, la mitologia dei Sumeri: gli Anunnaki (cioè gli equivalenti degli Elohim biblici) dovettero fronteggiare una pericolosa rivolta da parte dei loro lavoratori, costretti a faticare nelle miniere d’oro. A uno di loro venne in mente c’era una soluzione: per sostituire i lavoratori Anunna non restava che “fabbricare” lavoratori terrestri, ibridando gli ominidi (homo erectus, homo habilis) mediante l’innesto di Dna alieno. Sono dunque loro i nostri veri “fabbricatori”?«Si tratta ovviamente di tesi non comprovate – aggiunge “Blasting News” – ma che hanno avuto, col tempo, lo scopo di provare ad abbattere quel muro di scetticismo che ancora vige all’interno della comunità scientifica nazionale e internazionale nel campo delle origini della vita e, in special modo, in quello dell’apparizione “improvvisa” della specie umana sulla Terra». E a quanto pare, finalmente, quell’abbattimento è accaduto per davvero. La “rivelazione”, se così dobbiamo definirla, è stata fatta in diretta nel corso di una puntata della trasmissione televisiva “C’è Spazio”, andata in onda il 23 marzo 2017 su “Tv2000”, il canale televisivo dei vescovi italiani. Nella puntata intitolata “Primo Contatto”, condotta da Letizia Davoli (astrofisica, oltre che giornalista), Barbara Negri si è espressa in modo inconsueto, sulla possibilità di incontrare vita extraterrestre. Responsabile dell’unità dell’Asi che si occupa di esplorazione e osservazione dell’universo, la dirigente dell’Agenzia Spaziale Italiana ha risposto in questo modo: più che fare incontri sorprendenti, potremmo semplicemente accorgerci, un giorno, di essere stati “originati”, come homo sapiens, da esseri non terrestri. In termini scientifici: «Potremmo essere un esperimento di “vita-forming” di qualcun altro».E’ una delle ipotesi, precisa Barbara Negri, che invita a osservare lo sviluppo dell’uomo: la nostra capacità anche intellettuale, cerebrale, è “esplosa” in brevissimo tempo, quasi di colpo, «quasi come se ci fosse stata, diciamo, una “programmazione” a questa evoluzione, che sta veramente procedendo in maniera veloce». Quindi, insiste la Negri, secondo questa teoria «potremmo essere stati un esperimento di civiltà superiori, che hanno impiantato sulla Terra, proprio perché c’erano delle condizioni ambientali particolari, l’Esperimento Uomo». E quindi, «prima o poi potremmo essere anche visitati, per vedere a che punto è la nostra evoluzione». Fantascienza? «È una teoria», ribadisce la scienziata. La stessa Letizia Davoli aggiunge che, del resto, «la scienza non esclude niente». Tutto questo, conclude “Blasting News”, conferma che, da qualche tempo, «è in atto nell’ambiente scientifico un “cambio di paradigma” che ci porterà, probabilmente tra qualche decennio, a rispondere a quella domanda», ovvero: non siamo soli, nell’universo? Civiltà extraterrestri intelligenti e tecnologiche ci visitano? Ci hanno visitato anche nel passato storico? E addirittura hanno influito, in un modo o nell’altro, sull’evoluzione biologica e intellettuale della specie umana?Non siamo soli, nello spazio? Contro-domanda: e come potremmo esserlo, se fossimo noi stessi il prodotto di una “creazione aliena”, cioè di un esperimento di “vita forming”? Lo ha affermato, clamorosamente, una scienziata come Barbara Negri, dirigente dell’Asi, l’agenzia spaziale italiana. Secondo Mauro Biglino, che ha tradotto 19 libri biblici per le Edizioni San Paolo, la Genesi lo racconterebbe chiaramente: l’homo sapiens sarebbe un prodotto genetico ricavato dalla clonazione degli ominidi, su cui sarebbe stato innestato il Dna dei misteriosi Elohim, gli individui come Yahvè (la Bibbia ne cita una ventina, chiamandoli per nome) che “fabbricarono” gli adamiti nel Gan, centro sperimentale per l’agricoltura e l’allevamento impiantato nella regione di Eden, fra la Turchia e il Mar Caspio. Da dove venivano, gli Elohim come Yahvè? «Ci sono forme di vita intelligenti, là fuori. E dobbiamo essere cauti nel riferirne, se non altro fino a quando non ne sapremo di più». Lo disse nientemeno che Stephen Hawking, cioè il fisico teorico, cosmologo, fisico matematico e astrofisico più importante dell’ultimo secolo. Si moltiplicano segnali inquietanti, come per prepararci a qualcosa che ricorda i fantascientifici “incontri ravvicinati”: non esiteremmo a battezzare gli eventuali “fratelli dello spazio”, dicono i gesuiti, che gestiscono sul Mount Graham in Arizona un potente centro di osservazione astronomica vocato all’indagine sull’esobiologia, cioè la vita extraterrestre.
-
Cosa sono quelle scie bianche che imbrattano i nostri cieli?
La trattativa con Bruxelles sul bilancio, d’accordo. E i migranti, e Salvini, e Battisti. E Tria, e Macron, e i Gilet Gialli. D’accordo. Ma quelle scie lassù in cielo, esattamente, cosa sono? Le rilasciano gli aerei. Una volta, vent’anni fa, le scie svanivano subito dopo il passaggio del velivolo. Succede ancora oggi, ma è raro. Il più delle volte, queste nuove scie restano sospese a mezz’aria. E lentamente si espandono, e si abbassano. Diventano nuvole e velano l’azzurro, facendo impallidire il sole. Cosa sono? Non si sa, esattamente. Se qualcuno lo sa, non lo dice. Non lo spiega. Dice, al massimo: è aumentato il numero dei voli (che però, da qualche anno, è in diminuzione). Dice che forse è cambiato il tipo di carburante, e parla di vapore acqueo. Davvero? Ma il vapore, si sa, si dissolve subito. Non siamo noi a irrorare i cieli, assicura l’aeronautica militare. O meglio, dice questo: che gli aerei militari italiani non disperdono nell’aria sostanze misteriose. Un altro militare, il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kosovo, dice un’altra cosa. Sostiene che i cittadini dovrebbero pretendere risposte esaurienti, su questo fenomeno così strano e visibile. Risposte esaurienti non sono state date neppure al Parlamento, di fronte a puntuali interrogazioni: cosa sono, quelle scie che restano per ore nel cielo fino a trasformarsi in nubi? Già: perché non rispondere, nemmeno ai parlamentari?Tutti le vedono, le strisce, ma in quanti ci fanno caso? Qualcuno le chiama scie chimiche, suscitando l’ilarità di altri, che prendono in giro quelli che “credono nelle scie chimiche”. Credere? Non c’è bisogno di coltivare una fede: basta alzare gli occhi al cielo, in qualsiasi momento. Si vedrà l’azzurro costantemente rigato dalle scie bianche e poi “sporcato”, quando le stesse scie – una volta allargatesi – avranno assunto un colorito grigiastro. Sono veleni? Sono sostanze che rendono l’atmosfera più riflettente per le onde radio, a scopo militare? Sono un velo pietoso che tenta di schermare la Terra, che si sta surriscaldando sotto l’azione del sole? Sono amiche o nemiche, queste scie? Contengono alluminio, come qualcuno dice, o invece sono cariche di ioduro d’argento, come quello che in tanti paesi – tra cui Israele e la Cina – viene normalmente usato, nelle zone aride, per provocare precipitazioni? Quelle sarebbero, appunto, le scie amiche. Di quelle nemiche ha invece parlato il giornalista Gianni Lannes, spiegando che nel 2001 – su richiesta di Bush – Berlusconi autorizzò l’impiego dello spazio aereo italiano per condurre test di modificazione climatica mediante aviodispersione (arosol) di sostanze prodotte in laboratorio. Gli esperimenti sarebbero poi stati avviati nel 2003.Da circa 15 anni, infatti, la rete bianca delle scie si è andata progressivamente infittendo, senza che nessuno – a livello ufficiale – si sia mai preso la briga di spiegare un fenomeno quotidiano così vistoso. E’ talmente smisurata, la dose quotidiana di scie, che dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Quando sono veramente tante, poi, e molto concentrate, dopo qualche ora assomigliano a vere formazioni nuvolose. E invece sono sempre loro: un prodotto artificiale, creato dal transito degli aerei. Solo talmente consuete, ormai – e così tante – che in molti non ci fanno neppure più caso. Sono diventate parte del paesaggio. Per non perderle di vista basta alzare gli occhi al cielo: sono sopra la nostra testa, sempre. Sopra tutti e tutto: sopra Salvini e il reddito di cittadinanza, le elezioni europee, il decreto sicurezza, le pensioni, le tasse. Sugli oceani, galleggiano miliardi di tonnellate di plastica, rifiuti ridotti a poltiglia. Si sa perché sono lì: perché siamo una civiltà un po’ folle. Sono lì – le isole di plastica, grandi quanto continenti – perché non abbiamo voluto spendere i soldi necessari a smaltirle. Hanno una spiegazione, le isole di plastica. Le strisce in cielo, invece, ancora no. Non si sa perché stanno lassù. E a dire il vero, non si sa nemmeno cosa siano. Perché nessuno l’ha ancora voluto spiegare.La trattativa con Bruxelles sul bilancio, d’accordo. E i migranti, e Salvini, e Battisti. E Tria, e Macron, e i Gilet Gialli. D’accordo. Ma quelle scie lassù in cielo, esattamente, cosa sono? Le rilasciano gli aerei. Una volta, vent’anni fa, le scie svanivano subito dopo il passaggio del velivolo. Succede ancora oggi, ma è raro. Il più delle volte, queste nuove scie restano sospese a mezz’aria. E lentamente si espandono, e si abbassano. Diventano nuvole e velano l’azzurro, facendo impallidire il sole. Cosa sono? Non si sa, esattamente. Se qualcuno lo sa, non lo dice. Non lo spiega. Dice, al massimo: è aumentato il numero dei voli (che però, da qualche anno, è in diminuzione). Dice che forse è cambiato il tipo di carburante, e parla di vapore acqueo. Davvero? Ma il vapore, si sa, si dissolve subito. Non siamo noi a irrorare i cieli, assicura l’aeronautica militare. O meglio, dice questo: che gli aerei militari italiani non disperdono nell’aria sostanze misteriose. Un altro militare, il generale Fabio Mini, già comandante della Nato in Kosovo, dice un’altra cosa. Sostiene che i cittadini dovrebbero pretendere risposte esaurienti, su questo fenomeno così strano e visibile. Risposte esaurienti non sono state date neppure al Parlamento, di fronte a puntuali interrogazioni: cosa sono, quelle scie che restano per ore nel cielo fino a trasformarsi in nubi? Già: perché non rispondere, nemmeno ai parlamentari?
-
Macché scie chimiche, è l’arte di “dipingere” le nuvole
Il gran sacerdote li avrebbe chiamati “gargarismi di Dio”, i segni che il Cielo inviava periodicamente sulla Terra, prima che nascesse la suprema arte del “cloud painting”, basata sulla crezione pittorica en plain air, alleggerita dall’inimitabile leggerezza delle correnti atmosferiche che rendono la tavolozza dinamica e cangiante, specchio visibile dell’immenso divenire che alimenta l’orbitare incessante di universi. Gli stupidotti là in basso, sospettosi solo perché ignoranti, avevano cominciato a chiamarle “chemtrails”, le scie tracciate nell’azzurro già di prima mattina al passaggio degli aerei di linea, come se davvero gli aerei – di punto in bianco – avessero il potere di far sparire il sereno, imbrattandolo di bave bianche destinate a espandersi e abbassarsi lentamente, come fossero vere nuvole. A ben guardarlo, il “cloud painting” è diverso dal banale “cloud seeding” impiegato talvolta per ingravidare i nembi gonfiandoli di pioggia, come fanno notoriamente i tecnici cinesi con i loro velivoli, i loro cannoni e i loro razzi, con l’unico obiettivo di condizionare il clima e magari alleviare le sofferenze delle regioni più aride.Ultimamente le cronache degli esperimenti celesti – israealiani, sudafricani – si sono diradate, come se l’aerosol atmosferico (appetitosi cocktail a base di ioduro d’argento) avesse stancato, a lungo a andare, il palato fine del mondo di lassù, l’iperuranio blu scarabocchiato incessantemente da traiettorie disegnate da ingegneri senza volto. In compenso è salito il chiacchiericcio dei petulanti, i millenaristi per vocazione o per deformazione mentale, i mentecatti che l’autorevole stampa definisce come veri e propri fondatori del nuovissimo culto delle cosiddette scie chimiche, totem impalpabile del neo-dogma cui solo i bambini, o i soggetti psichiatrici, potrebbero prestare fede. Un segno evidente, l’ennesimo, dell’esecrabile imbarbarimento dei tempi – fenomeno altamente deprimente, che impedisce all’arte più autentica di essere percepita per quello che è, nella sua essenza volatile di pura rappresentazione aerea, simbolica, esteticamente codificata mediante linguaggi immediamente intuitivi, almeno per i soggetti normodotati.Per dire, solo uno sprovveduto potrebbe non riconoscere – in certe germinazioni mattutine davanti alla propria finestra – una magistrale citazione di Jackson Pollock, o di Jean-Michel Basquiat. Solo una mente ottenebrata potrebbe stentare a individuare, sopra la sua testa, la miracolosa evocazione delle creature angeliche del grande Chagall, in una danza alata che saluta ogni mattina, ormai, il glorioso destarsi del giorno. Scattando fotogrammi, il “cloud painting” si lascia ammirare anche mediante progressivi ingrandimenti, permettendo di scoprire la sottile filigrana che si estende, velando le trasparenze eteree, partendo dalla prima pennellata rettilinea. In pochi istanti l’intero arco celeste si trasforma, vive una sua mutazione intensamente emotiva: è il cielo stesso, con la sua sostanza chimica, a interagire con l’artista, contribuendo a interpretare e completare l’opera, arricchendola di senso. Chi ancora parla di scie chimiche non la riesce ad afferrare, la purezza di quell’altissima poesia scritta nel cielo di ora in ora, marchio indelebile e cangiante – impresso nell’immensamente grande – dai celestiali artisti che sorvolano i giorni quieti del pianeta, giocando con la luce per trarne sublimi arabeschi e cattedrali aeree di magnificenza.Il gran sacerdote li avrebbe chiamati “gargarismi di Dio”, i segni che il Cielo inviava periodicamente sulla Terra, prima che nascesse la suprema arte del “cloud painting”, basata sulla creazione pittorica en plain air, alleggerita dall’inimitabile lievità delle correnti atmosferiche che rendono la tavolozza dinamica e cangiante, specchio visibile dell’immenso divenire che alimenta l’orbitare incessante di universi. Gli stupidotti là in basso, sospettosi solo perché ignoranti, avevano cominciato a chiamarle “chemtrails”, le scie tracciate nell’azzurro già di prima mattina al passaggio degli aerei di linea, come se davvero gli aerei – di punto in bianco – avessero il potere di far sparire il sereno, imbrattandolo di bave bianche destinate a espandersi e abbassarsi lentamente, come fossero vere nuvole. A ben guardarlo, il “cloud painting” è diverso dal banale “cloud seeding” impiegato talvolta per ingravidare i nembi gonfiandoli di pioggia, come fanno notoriamente i tecnici cinesi con i loro velivoli, i loro cannoni e i loro razzi, con l’unico obiettivo di condizionare il clima e magari alleviare le sofferenze delle regioni più aride.
-
Appello al governo: vi regalo la prevenzione dei terremoti
Appello al governo italiano: Salvini e Di Maio se la sentono di prendere finalmente in considerazione il sistema di prevenzione sismica collaudato da Giampaolo Giuliani, l’ex tecnico dell’istituito di astrofisica del Gran Sasso che nel 2009 previde il catastrofico terremoto dell’Aquila? La notizia: pur di salvare vite umane, Giuliani regalerebbe volentieri allo Stato il suo rivoluzionario brevetto, per il quale ha ricevuto offerte milionarie. Si tratta di un dispositivo di rilevazione e allertamento, installato con successo in mezzo mondo, dall’America all’Asia. Ha dell’incredibile il fatto che una scoperta italiana venga completamente ignorata in patria, dove la terra ha ripreso a tremare – dall’Abruzzo alla Sicilia. «Trovo vergognoso che ancora oggi i telegiornali sostengano impunemente che i terremoti non si possano prevedere», protesta Gianfranco Pecoraro (Carpeoro), dirigente del Movimento Roosevelt. Carpeoro ha rilanciato l’offerta salva-vita di Giuliani in una diretta web-streaming su YouTube il 6 gennaio, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”, in collegamento con lo stesso Giuliani.
-
Mazzucco: Terra Piatta, super-bufala che fa felice il potere
Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.L’impresa, ribattezzata “The Impossible First”, è stata portata a termine dal giovane O’Brady battendo (in velocità e resistenza) l’ufficiale dell’esercito britannico Lou Rudd, 49 anni, il primo ad annunciare lo scorso aprile la sua intenzione di partire per un trekking in solitaria in Antartide, potenzialmente avvantaggiato da una precedente esperienza di esplorazione nel continente ghiacciato. Tutto questo, ovviamente, presupponendo che la Terra sia uno sferoide. Se invece fosse piatta, fa notare Mazzucco, l’impresa di O’Brady avrebbe del sovrumano: la distanza dal Messner Point al Ghiacciaio Leverett sarebbe di 20.000 chilometri. Vorrebbe dire che O’Brady avrebbe tenuto una media di circa 370 chilometri al al giorno. Tenendo conto che avrebbe trascorso circa metà del tempo a riposarsi, e metà a camminare, questo significa che O’Brady, dallo scorso 3 novembre, avrebbe «camminato per 54 giornate alla velocità media di 30 chilometri all’ora, per 12 ore al giorno». Praticamente sarebbe filato senza soste, per tutti quei giorni, quasi «alla velocità di Usain Bolt sui 100 metri piani». Il campione di atletica “vola” a 36 chilometri orari ma solo per cento metri, mentre O’Brady – a quella velocità – avrebbe continuato «senza stancarsi e senza fermarsi mai», per quasi due mesi, in più tirandosi dietro la sua slitta da oltre un quintale, “pattinando” sul ghiaccio battuto dal vento.Se invece la Terra “fosse” tonda, scherza Mazzucco, allora la distanza percorsa da O’Brady “sarebbe” di soli 1.500 chilometri, con una media quotidiana molto più ragionevole: 27 chilometri al giorno. «A parte la barzelletta su O’Brady – annuncia Mazzucco, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – nei prossimi giorni realizzerò un video serio, ragionato, per esaminare una volta per tutte la teoria della Terra Piatta». Autore di documentari di importanza capitale sull’11 Settembre, ripresi anche da Mentana a “Matrix” su Canale 5, Mazzucco è una voce autorevole nel mondo dell’informazione alternativa. Da video-reporter, ha firmato documentari impeccabili sulla franosità delle versioni ufficiali: non solo riguardo all’11 Settembre, ma anche sul presunto allunaggio del ‘69 e sull’omicidio di Bob Kennedy. Memorabili le video-inchieste di Mazzucco sulle cure alternative per il tumore e sulla scelta storica di criminalizzare la cannabis in favore del petrolio. Dopo gli esordi nella fotografia con Oliviero Toscani e molti anni trascorsi nel cinema di Hollywood alla Dino De Laurentiis, da tempo Mazzucco è impegnato in prima linea tra i diffusori di verità scomode. Sono rivolte a una platea che sta crescendo, e che inizia a preoccupare il potere. Al punto da contrastare in modo sistematico qualsiasi iniziativa di informazione assunta da Mazzucco.Contro di lui di scatenano i “debunker” come quelli del Cicap, in una sorta di persecuzione mediatica. Non mancano risvolti inquietanti, per mano anonima: «Ormai ho rinunciato a correggere il mio profilo pubblico su Wikipedia: se appena provo a eliminare gli errori, l’indomani ricompaiono puntualmente». Il Grande Fratello è in ascolto? E lo si può capire: «Sta crescendo a vista l’occhio il numero di persone che stanno aprendo gli occhi», sostiene Massimo, che si mostra persino ottimista: «Sono convinto che, se continueremo così – grazie all’impegno quotidiano di migliaia di attivisti – nel giro di 5-10 anni tante verità ufficiali cominceranno a crollare, fino a essere finalmente accantonate». A una condizione: che le indagini indipendenti vengano condotte con la massima serietà, cioè sulla base di prove e riscontri precisi. Coerenza logica, innanzitutto: dove trovarne, nella fiaba della Terra Piatta? «Qui semmai entriamo nel territorio tipico della fede religiosa», sostiene Mazzucco: «Il più delle volte, il tono dei “terrapiattisti” scivola nel fanatismo», nel dogma che non ammette di essere messo in discussione. «Errore: tutto va messo in discussione, sempre. Possibile che i “terrapiattisti” non si accorgano che il potere cavalca la loro teoria, approfittandone per mettere in ridicolo, abusivamente, qualunque altra versione non ufficiale?».Dal canto suo, Mazzucco comprende benissimo la tensione che anima, in assoluta buona fede, molti fan della Terra Piatta. «Pensano: se ci mentono sulla forma della Terra, allora ci mentono su tutto». Ma per accorgersi delle menzogne del mainstream, in realtà, basta molto meno: «A me è stato sufficiente scoprire le bugie sull’11 Settembre. Mi sono detto: chissà su quante altre cose mente, il potere, se è stato di capace di raccontare frottole su un’immane tragedia come quella». La situazione è più che seria: che bisogno c’è di inventarsi che la Terra sarebbe piatta come una pizza? Ed è qui che scatta la trappola: una teoria così campata per aria è perfetta, per screditare tutte le altre. Mazzucco torna a citare “Le Iene”: «Hanno sentito la necessità di smontare la teoria della Terra Piatta, e ci può stare. Ma che bisogno c’era di dire che chi crede alla Terra Piatta crede anche alle scie chimiche e al complotto dell’11 Settembre? Alle scie non c’è bisogno di credere: si vedono ogni giorno, nei nostri cieli. Quanto all’11 Settembre, basta informarsi: e si scopre che ormai è dimostrato universalemente che la versione ufficiale – le Torri Gemelle abbattute da aerei – è completamente falsa».Come dire: la sfida è impegnativa, con questo potere non si può scherzare. Perche mai, dunque, farsi prendere in giro a reti unificate con una storia come quella della Terra Piatta? Torniamo piuttosto alla realtà, insiste Mazzucco: ce n’è a sufficienza, di emergenze (vere) per le quali allarmarsi. Vogliamo parlare di vaccini? L’ha fatto Franco Bechis, nuovo direttore del “Tempo”: intervistando il presidente dell’ordine dei biologi, ha scoperto che sono stati somministrati vaccini “sporchi”, contenenti anche tracce di diserbante, e privi degli agenti immunizzanti. Dunque, vaccinazioni innanzitutto inutili, e forse anche nocive per la salute. Apriti cielo: Bechis è finito nella bufera, per aver osato infrangere il tabù dei vaccini perfetti. «Vediamo se fra tre mesi sarà ancora alla guida del suo quotidiano», azzarda Mazzucco. Che intanto mette a fuoco quello che gli pare il vero problema: «Introducendo l’obbligo vaccinale, l’autorità sottopone la popolazione a un ricatto pericoloso: devi vaccinare i figli, o non potranno andare all’asilo. Domani, temo, il ricatto sarà esteso agli adulti: o ti vaccini, o perdi parte dei tuoi diritti. In Argentina si sono inventati la revoca della patente di guida. Il problema non è il vaccino, ma il ricatto. E il guaio è che l’abbiamo sostanzialmente accettato, senza battere ciglio».Di questo passo, continua Mazzucco, dove andremo a finire? Se accetti di essere ricattato, dice, domani potrebbero costringerti a fare di tutto. Magari a metterti un microchip sottopelle, come succede in Svezia. Una pratica alla quale si sono già sottoposti almeno diecimila svedesi. La televisione presenta il fenomeno come una conquista. «Mi duole dirlo – aggiunge Mazzucco – ma gli svedesi si dimostrano i più cretini d’Europa. Certo, il chip sottopelle sarà anche comodo: ci puoi pagare il pranzo alla mensa aziendale. E’ tutto gratis? Vero. Ma, come dice un vecchio adagio: se è gratis, significa che il prodotto sei tu». Un mondo da incubo, post-orwelliano: tutti vaccinati, anche gli adulti, e tutti con il loro bravo chip sottopelle. Fine di qualsiasi privacy, di qualunque libertà, di ogni vera tutela della salute. Ognuno sarebbe controllato, 24 ore su 24. Perfettamente tracciato ogni istante della giornata. Zootecnia: bestiame, a cui inoculare qualsiasi sostanza. Magari anche gli erbicidi, riscontrati dai biologi in alcuni vaccini appena somministrati ai neonati italiani. E questi sono fatti, non leggende. Che bisogno c’è di mettersi a dire che la Terra, oltre che manipolata da un potere bugiardo, sarebbe anche piatta? Tanta insistenza su questa storia, da parte del mainstream, secondo Mazzucco alimenta più di un sospetto: «Temo che qualcuno, lassù, stia seriamente investendo proprio sulla teoria della Terra Piatta, per screditare chiunque cerchi di conquistare pezzi di verità».Cari “terrapiattisti”, ma non l’avete ancora capito che la vostra strampalata teoria della Terra Piatta è un assist perfetto per il mainstream, pronto a mettere il bavaglio a qualsiasi verità scomoda? Che c’è di meglio di una bufala come quella, per consentire ai media di liquidare con una battuta – come fanno “Le Iene”, ad esempio – qualsiasi argomento a cui il potere è allergico, dall’11 Settembre alle scie chimiche? Perde la pazienza, Massimo Mazzucco, di fronte al fervore “teologico” dei teorici della Terra Piatta, secondo cui il globo terrestre sarebbe in realtà una specie di pizza, con al centro il Polo Nord, contornata per 40.000 chilometri da una crosta di ghiacci antartici. Fingendo per un attimo di sposare il credo “terrapiattista”, di gran voga ultimamente tra gli ambienti più complottistici del web, sul blog “Luogo Comune” Mazzucco commenta l’impresa di Colin O’Brady, il 33enne statunitense che ha appena annunciato di aver completato la prima traversata in solitaria dell’Antartide senza l’ausilio di vele o cani, in assenza di guide e rifornimenti. Nella notte del 26 dicembre l’atleta ha raggiunto, con uno scatto finale da record, la Barriera di Ross nell’Oceano Pacifico. Ha impiegato 54 giorni per compiere 1.500 chilometri, trainando una slitta da 135 chili contenente i viveri per il viaggio e lo stretto indispensabile per sopravvivere durante la traversata in totale autonomia.