Archivio del Tag ‘televisione’
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Mai così ricchi: la finanza scommette sulla nostra rovina
Quello che il mondo chiama “crisi”, per loro è il paradiso: “loro” sono quelli che moltiplicano favolosi profitti, proprio mentre noi stiamo affondando. Mai come oggi la casta finanziaria del pianeta ha realizzato guadagni stellari, puntualmente sorretta dalla Federal Reserve che negli Stati Uniti ha pompato dollari nei serbatoi di Wall Street salvando dalla bancarotta tecnica la contabilità speculativa delle super-lobby. Peggio ancora in Europa, dove i tecnocrati di Bruxelles – non eletti da nessuno e nominati di fatto dalle grandi corporation – impongono il rigore a tutto il continente, per proteggere i privilegi della finanza. Che intanto galoppa indisturbata tra oceani di miliardi di carta, frutto della speculazione: oggi l’economia virtuale delle banche d’affari vale 14 volte più dell’economia reale, quella che produce beni e servizi.
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Napolitano, il finto tonto: se l’arbitro tifa contro di noi
Ma davvero il presidente della Repubblica ha il potere di intimare alle parti sociali di rinunciare a “qualsiasi interesse o calcolo particolare”, cioè di non rappresentare più le categorie che dovrebbero rappresentare, per inchinarsi alla cosiddetta riforma dell’articolo 18 unilateralmente imposta dal governo del prof. Monti e della sig.ra Fornero con l’inedita formula del “prendere o prendere”? Ma dove sta scritto che quella cosiddetta riforma è buona? Ma chi l’ha stabilito che risolverà “i problemi del mondo del lavoro e dei nostri giovani”? Ma chi l’ha detto che “sarebbe grave la mancanza di un accordo con le parti sociali”? Ma, se “sarebbe grave la mancanza di un accordo”, perché il capo dello Stato non dice al governo di ritirare la sua proposta che non trova l’accordo delle parti sociali, anziché dire alle parti sociali di appecoronarsi alla proposta del governo in nome di un accordo purchessia?
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Augé: hanno ucciso il futuro, ma noi ce lo riprenderemo
«La crisi provocata dalla finanza ci ha rubato il futuro. Lo ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo». Come? Dividendo in parti uguali il frutto della conoscenza, la famosa mela che Eva rubò dall’albero proibito. Marc Augé, uno dei più celebri antropologi del mondo, ammette: l’impresa si è fatta quasi disperata, perché l’avvenire è diventato un incubo per la maggior parte delle persone. Soprattutto per due motivi: l’accelerazione impressa alle nostre esistenze dalle nuove tecnologie e la crisi della finanza. «Una miscela esplosiva, che ha cambiato l’esperienza individuale e collettiva del tempo: facendo dilagare l’incertezza e rendendo epidemico il timore di ciò che ci aspetta. I giovani temono di non trovare un lavoro, di non poter progettare il loro avvenire e si sentono bloccati in un eterno presente fatto di precarietà. I loro padri invece hanno paura di perdere la pensione, l’assistenza sociale, di finire in miseria».
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La Tav per Elio: il treno, il bottino e l’amico ‘ndrangheto
No-Tav clandestino in prima serata il sabato su “La7” grazie all’ultima sorpresa di “Elio e le storie tese”: nel programma di Serena Dandini, “Show must go off”, il 17 marzo è sbarcato un medley spericolato che saccheggia Tozzi, Endrigo e Paolo Conte per “raccontare” il caso-Tav, il contestatissimo progetto di alta velocità in valle di Susa: “Pressoché inutile, ma inevitabile, perché è già stato stanziato un bottino e col cacchio che adesso si possa fermar, checché ne dica il No-Tav”. Chiaro, no? Dopo l’inattesa sortita di Francesco Guccini l’estate scorsa, in una pacata conversazione giornalistica con “Wu-Ming 2”, la “causa” No-Tav fa proseliti nella musica italiana, da Caparezza a Giorgia, che ha dedicato alla resistenza civile della val Susa un passaggio dell’ultimo concerto tenuto a Torino.
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La domenica delle salme: e noi non decidiamo più niente
“Il ministro dei temporali, in un tripudio di tromboni, auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni”. E’ la nostra eterna “domenica delle salme”: cambiano solo le Repubbliche e i nomi dei ministri, ma i temporali evocano lo stesso suono di campane a morto. L’unica differenza percepibile è il peggioramento costante, e senza più neppure la consolazione civile di cantori come Fabrizio De André, che sapevano – loro sì – maneggiare parole difficili come verità, libertà, dignità. Il Brasile non consegna all’Italia l’ex terrorista Battisti perché il nano-premier è il primo a sparare sulla giustizia italiana, scriveva il coro del mainstream, affollato di “regine del tua culpa”. Oggi Berlusconi non c’è più, eppure gli inglesi fanno scorrere sangue italiano in Nigeria senza neppure avvertire Roma, messa alla gogna mondiale con l’arresto di due marò in India.
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La diserzione della politica: cittadini sempre più indifesi
L’incredibile Bersani demolito in mondovisione da Marco Travaglio in soli 13 minuti, senza essere riuscito a dire una parola a giustificazione della Tav Torino-Lione. E poi Alfano che blatera contro il “pericolo rosso” e le nozze gay, mentre il suo capo Berlusconi festeggia l’assoluzione di Dell’Utri in Cassazione. Così, il dialogo con la popolazione italiana – dalla valle di Susa militarizzata alle retrovie dell’ultimo corteo romano della Fiom – è affidato ai reparti antisommossa, mandati “al fronte” da un governo di anonimi tecnocrati che nessuno ha eletto. Ormai, avverte Lorenzo Guadagnucci, stanno usando la polizia contro di noi, secondo lo schema inaugurato al famigerato G8 di Genova: per Andrea Camilleri, quelle erano «prove tecniche di colpo di Stato».
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Scontro di civiltà: minacciati dalla violenza del sistema-Tav
Quello in atto in valle di Susa è un autentico “scontro di civiltà”: la manifestazione di due modi contrapposti e paradigmatici di concepire e di vivere i rapporti sociali, le relazioni con il territorio, l’attività economica, la cultura, il diritto, la politica. Per questo esso suscita tanta violenza da parte dello Stato – inaudita, per un contesto che ufficialmente non è in guerra – e tanta determinazione – inattesa, per chi non ne comprende la dinamica – da parte di un’intera comunità. Quale che sia l’esito, a breve e sul lungo periodo, di questo confronto impari, è bene che tutte le persone di buona volontà si rendano conto della posta in gioco: può essere di grande aiuto per gli abitanti della valle di Susa; ma soprattutto di grande aiuto per le battaglie di tutti noi.
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No al dialogo: la guerra contro la valle di Susa continua
Niente dialogo, la “guerra” continua: anche il presidente della Repubblica rifiuta di parlare con i rappresentanti istituzionali della valle di Susa assediata dai reparti antisommossa spediti dal governo Monti a imporre, manu militari, la Torino-Lione, cioè l’opera pubblica più costosa, più dannosa e più inutile della storia nazionale, secondo l’opinione di milioni di italiani, suffragata dai migliori tecnici delle nostre università. Giorgio Napolitano rifiuta l’incontro coi sindaci valsusini il 6 marzo a Torino, così come aveva rifiutato di rispondere all’appello di 150 docenti universitari di tutta Italia per chiedere un ripensamento sul progetto. Nel vuoto anche l’ultima lettera aperta rivolta a Monti, firmata da 360 professori e tecnici, e persino l’appello al dialogo invocato da don Luigi Ciotti, che chiede invano al governo di trovare il coraggio di discutere finalmente un’opera così fortemente contrastata.
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Potere sordo, e noi siamo soli: così la gente non vota più
Si allarga la fenditura. Di qua chi governa, a qualsiasi titolo. Di là tutti gli altri. Può darsi che annuncino il loro esodo in piccoli gruppi potenti (i banchieri, gli avvocati), in tribù che prescelgono la dimostrazione fisica e locale (i tassisti) in manifestazioni più disperate che violente (le testimonianze dei ricoverati del pronto soccorso e di chi li accompagna) o nel sottofondo di voci che segue e commenta con indignazione, protesta o scherno quasi ogni funzione pubblica del Paese, dal viaggiare infinito dei pendolari alla sorpresa male accolta per gli ospedali che chiudono. Ma sto parlando di un distaccarsi esteso, a volte silenzioso e ordinato, raramente rappresentato dalle rivolte come quella dei No Tav, di cui si discute con grande confusione su causa ed effetto (viene prima la solitudine o la rivolta?) in questi giorni.
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Tav, Monti teme il dialogo: ma a Roma ora c’è chi dice no
Dialogo? No, grazie: non ce lo possiamo permettere. Meglio cercare di spegnere la protesta con manganelli e lacrimogeni, prima che tutta l’Italia si accorga che i No-Tav hanno ragione: oltre che una tortura inflitta alla valle di Susa, la Torino-Lione è un progetto nato morto, del tutto inutile e finanziariamente sanguinoso. Mario Monti il 2 marzo ha perso la sua grande occasione: nonostante la crescente protesta su cui ormai si interrogano anche i maggiori media, il governo chiude la porta in faccia ai milioni di italiani che pretendono spiegazioni sulla rivolta dei valsusini. Il motivo è evidente: gli sponsor di Monti hanno paura che la verità della valle di Susa possa contagiare il resto d’Italia, mentre nella politica nazionale – fino a ieri sorda e ostile, con le sole eccezioni di Grillo e Ferrero – cominciano ad aprirsi crepe importanti: anche Nichi Vendola e Antonio Di Pietro chiedono di fermare la repressione e ripensare il progetto.
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Scandalo, guerra segreta: soldati francesi catturati in Siria
Nel prendere la roccaforte degli insorti nel quartiere di Bab Amr, a Homs, l’esercito siriano ha fatto più di 1.500 prigionieri, per lo più stranieri. Di questi, una dozzina di francesi hanno chiesto lo status di prigioniero di guerra fornendo la loro identità, il grado e il corpo di appartenenza. Uno di questi è un colonnello del servizio trasmissioni della Dgse (Direction générale de la sécurité extérieure). Nell’armare la rivolta wahhabita e nel fornirle informazioni satellitari, la Francia ha dunque condotto una guerra segreta contro l’esercito siriano, che ha portato, in dieci mesi di combattimenti, all’uccisione di circa 3.000 militari e oltre 1.500 civili.
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Tutti davanti a Sanremo? Volta la carta, e viene la guerra
Confesso: non ho visto e non sto vedendo Sanremo. Lo so che è una grave colpa, perché milioni di italiani – uno share pazzesco – stanno vedendo Sanremo. Addirittura sono state cancellate trasmissioni cruciali come “Ballarò”, come “Servizio pubblico”. Tutta l’Italia è ferma per guardare Sanremo, e io non lo vedo. Grave limite, anche se scopro che su “Repubblica”, sull’onda di Bocca, Curzio Maltese definisce Celentano un gran cretino, un cretino di talento. Non credo che sia proprio così, esattamente. Come cantante, Celentano mi è sempre piaciuto molto. E penso che faccia molto bene a parlare di guerra – unico, nella televisione italiana. Poi, come ne parla è importante fino a un certo punto: l’essenziale è che se ne parli, visto che è l’unico che lo fa sul serio, in questo panorama desolante.