Archivio del Tag ‘tecnologia’
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Rubbia: la bufala del clima. Emissioni zero col gas naturale
Il clima della Terra è sempre cambiato. Oggi pensiamo, probabilmente sbagliando, che se tenessimo sotto controllo la CO2, il nostro clima resterebbe costante. Questo non è assolutamente vero. Durante l’ultimo milione di anni, la Terra era dominata da periodi di glaciazione con temperature a -10 gradi, tranne brevissimi periodi con temperature paragonabili a quelle di oggi. L’ultimo è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento climatico che conosciamo, con l’agricoltura e lo sviluppo alla base di tutta la nostra civilizzazione. Ora, negli ultimi 2.000 anni ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata profondamente. Ai tempi dei romani, ad esempio, Annibale è venuto in Italia attraversando le Alpi con gli elefanti. Oggi non potrebbe più farlo, perché la temperatura della Terra è inferiore di un grado e mezzo. C’è stato un periodo, nel medioevo, con una piccola glaciazione. Sì, intorno all’anno Mille c’è stato un aumento moderato delle temperature, simile ai tempi dei romani, e poi però c’è stata una mini-glaciazione – tra il 1500 e il 1600 – con fenomeni che hanno creato problemi di sopravvivenza alle popolazioni del Nord Europa, come i vichinghi. Se restiamo al periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati cambiamenti climatici sostanziali che sono avvenuti nen prima dell’effetto antropogenico, l’effetto serra.Per esempio, negli anni ‘40 c’è stato un cambiamento sostanziale. Poi c’è stato un cambiamento di temperatura che in qualche modo tiene conto della presenza dell’uomo. Non dimentichiamo che quando sono nato io la popolazione della Terra era 3,7 volte più piccola di quella di oggi. E il consumo energetico primario è aumentato 11 volte, nella mia vita. Quindi una cosa impressionante, esplosiva, che però ha avuto effetti molto strani e molto contraddittori, per quanto riguarda il comportamento del pianeta. Vorrei ricordare che dal 2000 al 2014 la temperatura della terra non è affatto aumentata: è anzi diminuita di 0,2 gradi. Negli ultimi 15 anni non abbiamo osservato nessun cambiamento climatico di dimensioni apprezzabili. E questo è un fatto di cui bisogna rendersi conto, perché non siamo di fronte a una esplosione della temperatura. La temperatura è cresciuta fino al 2000, e da quel momento in poi siamo addirittura scesi di 0,2 gradi. E nonostante questo, ci troviamo di fronte a una situazione assolutamente drammatica, per il fatto che le emissioni di CO2 stanno aumentando in maniera esponenziale. Tra le varie soluzioni c’è quella del “business as usual”, che indica effettivamente che – anche grazie allo sviluppo della Cina e degli altri paesi – la CO2 sta aumentando con estrema rapidità.L’anidride carbonica sta aumentando in maniera tale che, a mio parere, la speranza di ridurre il consumo energetico facendo azioni politiche è contraddetta dal fatto che oggi l’aumento della CO2 è esponenziale: sta montando come un’esplosione, senza mostrare la minima tendenza a ridursi. Come sperare di invertire la tendenza entro il 2020-2030? Nel mondo, l’unico paese che è riuscito a contenere le emissioni di CO2 sono gli Stati Uniti – non l’Europa, non la Cina. Per quale motivo? Perché c’è stato lo sviluppo del gas naturale, che sta fondamentalmente rimpiazzando il carbone (che emette CO2). Proprio grazie al gas naturale, oggi l’America ha raddoppiato la produzione di energia elettrica. Il messaggio è chiaro: soltanto attraverso lo sviluppo tecnologico noi possiamo cercare di entrare in competizione con i vari paesi. Non attraverso misure come quelle dell’Unione Europea, che sono sempre misure di coercizione, fondate su un impegno politico formale, ma senza mai avere alle spalle un’idea di soluzione. Confrontiamoci con la situazione americana: là c’è un progresso effettivo, e il vantaggio ecologico crea business e posti di lavoro. In Europa, invece, continuiamo semplicemente a ripetere che dobbiamo ridurre le emissioni, altrimenti sarà il disastro.Con gli sviluppi tecnologici di oggi nel campo del gas naturale, anche le energie rinnovabili si trovano in una situazione estremamente difficile: perché oggi il gas naturale in America è un quinto del costo del gas naturale in Europa. E il costo delle energie rinnovabili in Europa è superiore a quello del gas naturale. Quindi dobbiamo renderci conto che la soluzione tecnologica può essere di qualunque genere, tutto dipende da quello che vogliamo fare. Aggiungo che sto portando avanti un programma che a mio parere potrebbe essere studiato con molta più attenzione anche dal nostro paese: si tratta del gas naturale senza emissione di CO2. Il gas naturale è Ch4, 4 molecole di idrogeno e una di carbonio, ed possibile trasformarlo in “black carbon” (cioè grafite) e idrogeno. E la grafite, essendo materiale solido, non presenta emissioni di CO2. Quindi oggi è possibile utilizzare il gas naturale, di cui abbiamo risorse assolutamente incredibili: non tanto lo “shale gas”, che a mio parere è una soluzione discutibile, ma soprattutto quelli che si chiamano “clatrati”. Quanti ne hanno sentito parlare? Il mio parere personale, quindi, è che – attraverso l’innovazione tecnologica e lo sviluppo di idee nuove – si può portare avanti questo programma, bloccando le emissioni di CO2. Si può fare, utilizzando il gas naturale senza emissioni. Abbiamo in corso esperimenti che ne dimostrano la reale fattibilità. Perché allora non c’è nessuno che se ne occupa? Mi piacerebbe saperlo.(Carlo Rubbia, intervento al Senato pubblicato su YouTube il 2 gennaio 2016. Senatore a vita, il professor Rubbia è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 1984).Il clima della Terra è sempre cambiato. Oggi pensiamo, probabilmente sbagliando, che se tenessimo sotto controllo la CO2, il nostro clima resterebbe costante. Questo non è assolutamente vero. Durante l’ultimo milione di anni, la Terra era dominata da periodi di glaciazione con temperature a -10 gradi, tranne brevissimi periodi con temperature paragonabili a quelle di oggi. L’ultimo è stato 10.000 anni fa, quando è cominciato il cambiamento climatico che conosciamo, con l’agricoltura e lo sviluppo alla base di tutta la nostra civilizzazione. Ora, negli ultimi 2.000 anni ad esempio, la temperatura della Terra è cambiata profondamente. Ai tempi dei romani, ad esempio, Annibale è venuto in Italia attraversando le Alpi con gli elefanti. Oggi non potrebbe più farlo, perché la temperatura della Terra è inferiore di un grado e mezzo. C’è stato un periodo, nel medioevo, con una piccola glaciazione. Sì, intorno all’anno Mille c’è stato un aumento moderato delle temperature, simile ai tempi dei romani, e poi però c’è stata una mini-glaciazione – tra il 1500 e il 1600 – con fenomeni che hanno creato problemi di sopravvivenza alle popolazioni del Nord Europa, come i vichinghi. Se restiamo al periodo degli ultimi 100 anni, ci sono stati cambiamenti climatici sostanziali che sono avvenuti ben prima dell’effetto antropogenico, l’effetto serra.
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Galloni: Greta e i Gretini sono come la Corazzata Potemkin
Vi ricordate Fantozzi con la Corazzata Potemkin? Alla cinquantesima proiezione del noto film di Eisenstein al circolo dei nostalgici della Rivoluzione Russa ebbe il coraggio di urlare: è una boiata pazzesca! Con ciò nessuno voleva insultare né la rivoluzione né i bolscevichi, ma solo il culto, il rito che niente ha a che fare con lotte e rivendicazioni. Del pari, oggi, tutti abbiamo piena consapevolezza della centralità della questione ambientale; ma la piccola scienziata, che improvvisamente raggiunge l’attenzione di centinaia di televisioni e giornali, non l’ha bevuta quasi nessuno. O meglio, nessuno che abbia un minimo di esperienza in materia ignora che dietro c’è ben altro. Prima di cercare di capire cosa è questo ben altro, vediamo di fare il punto su due aspetti: la situazione ambientale e cosa potrebbe bollire nella pentola di chi controlla mass media e non solo. Allora: il surriscaldamento del pianeta c’è, ma varia notevolmente da zona a zona; inoltre, ciascuno sa che il pianeta stesso ha affrontato numerosissime volte surriscaldamenti e raffreddamenti estremi. Meno noto, ma non ignoto, è che l’anidride carbonica prodotta dall’azione dell’uomo (che è raddoppiata dalla rivoluzione industriale a oggi) rappresenta circa il 2% del totale dei gas serra, che con l’uomo c’entrano ben poco, ma senza i quali la vita sulla Terra non sarebbe possibile.Il surriscaldamento, quindi, non attenta alla vita sulla Terra e non è causato dall’uomo, ma attenta alla vita dell’uomo perché la cosiddetta antropizzazione ha raggiunto livelli e intensità e caratteristiche che non si erano mai registrate in precedenza. Quindi non si tratterà di fermare il surriscaldamento (cosa impossibile) come dicono Greta e i suoi seguaci Gretini, ma di affrontarlo coordinando e predisponendo tutta la immensa strumentazione tecnologica disponibile senza farci perdere altro tempo, cosa che stanno facendo Greta, Gretini e vari pseudoscienziati candidati a qualche improbabile premio internazionale. Al contrario, è molto grave che latitino le iniziative contro l’invasione delle plastiche e l’inquinamento, così nocivo per la salute (speriamo che l’esempio della Puglia e di altri che stanno bandendo le plastiche sia seguito); né è accettabile che ancora si parli di rifiuti invece che di risorse, e che l’economia circolare sia guardata solo come una curiosità. Eppoi di che parliamo, se da decenni case e uffici vengono costruiti utilizzando materiali che si surriscaldano al primo raggio di sole e gelano al primo vento freddo? Non dico di tornare ai trulli e ai nuraghi, ma insomma…E veniamo all’altro aspetto. Visto che a nessuno è sfuggita la concomitanza tra successo mediatico dell’operazione Greta e momento-prospettive di crisi del sistema economico finanziario (crisi che richiede cambi di paradigma che metterebbero all’angolo i poteri forti), perché non pensare che questi ultimi temano l’introduzione di tecniche che produrrebbero energia, cibo e quant’altro a costo zero? Anche l’ultimo velo della scarsità monetaria sta per saltare e, con esso, la supremazia dei potenti; allora risulta chiaro che il freno allo sviluppo appare un utile diversivo, per chi vuole contrastare un’evoluzione della dinamica storica che pone le basi per il superamento dei vecchi equilibri tra popoli sottomesssi e oligarchie dominanti.(Nino Galloni, “Greta, Gretini e la Corazzata Potemkin”, da “Scenari Economici” del 16 marzo 2019).Vi ricordate Fantozzi con la Corazzata Potemkin? Alla cinquantesima proiezione del noto film di Eisenstein al circolo dei nostalgici della Rivoluzione Russa ebbe il coraggio di urlare: è una boiata pazzesca! Con ciò nessuno voleva insultare né la rivoluzione né i bolscevichi, ma solo il culto, il rito che niente ha a che fare con lotte e rivendicazioni. Del pari, oggi, tutti abbiamo piena consapevolezza della centralità della questione ambientale; ma la piccola scienziata, che improvvisamente raggiunge l’attenzione di centinaia di televisioni e giornali, non l’ha bevuta quasi nessuno. O meglio, nessuno che abbia un minimo di esperienza in materia ignora che dietro c’è ben altro. Prima di cercare di capire cosa è questo ben altro, vediamo di fare il punto su due aspetti: la situazione ambientale e cosa potrebbe bollire nella pentola di chi controlla mass media e non solo. Allora: il surriscaldamento del pianeta c’è, ma varia notevolmente da zona a zona; inoltre, ciascuno sa che il pianeta stesso ha affrontato numerosissime volte surriscaldamenti e raffreddamenti estremi. Meno noto, ma non ignoto, è che l’anidride carbonica prodotta dall’azione dell’uomo (che è raddoppiata dalla rivoluzione industriale a oggi) rappresenta circa il 2% del totale dei gas serra, che con l’uomo c’entrano ben poco, ma senza i quali la vita sulla Terra non sarebbe possibile.
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Ponti: Tav ridicolo. E ben 133 miliardi di progetti-fantasma
«Un ex amministratore delegato e super-ferroviere (ex da poco tempo) mi disse che, visto che sulla linea Torino-Lione non ci passerà nessuno, l’ipotesi di potenziare la linea che passa per Nizza e Ventimiglia era assolutamente da prendere in considerazione». Parola di Marco Ponti, super-tecnico ingaggiato da Danilo Toninelli per stilare finalmente un rapporto costi-benefici per la contestatissima linea Tav Torino-Lione, completamente inutile. Non solo: se i miliardi per l’alta velocità valsusina so rivelerebbero uno spreco assoluto e insensato, ancor peggio sarebbero i progetti-fantasma lasciati al ministero dal precedecessore di Toninelli, cioè Graziano Delrio. Letteralmente: 133 miliardi di progetti «senza nessuna valutazione», dice il professor Ponti, già consulente della Banca Mondiale e docente al Politecnico di Milano, considerato uno dei massimi esperti al mondo in materia di trasporti. Le infrastrutture progettatte con Delrio? «Non si sa nemmeno quanto costano e quanto ci si ricava: non c’è un’analisi di traffico. Sono state approvate per partito preso. Quindi, se vogliamo, il progetto della Tav è irrilevante rispetto al complesso dei progetti che vanno valutati. Io ne ho sul tavolo per 27 miliardi».Parlando con Maria Teresa Santaguida dell’agenzia di stampa Agi, Marco Ponti definisce testualmente «un’enorme cazzata» il progetto Tav Torino-Lione. I progetti in giacenza al ministero, ereditati dai governi Renzi e Gentiloni? Non si sa quanto traffico ospiterebbero, né si conosce l’eventuale rientro finanziario: «Si sanno solo i costi, perché sono soldi nostri». Attacca Ponti: «Solo perché si tratta di soldi dei contribuenti, non occorre valutare?». Il professor Ponti, economista, è bersaglio di polemiche dopo che la sua analisi ha sonoramente bocciato la Torino-Lione. Si difende contrattaccando: per decenza, si faranno analisi costi-benefici su tutti i progetti-fantasma parcheggiati al ministero da Delrio. Molte opere avrebbero alternative meno costose, tutte da analizzare. «Sulla Tav è più difficile, perché quello è un “tubo”: o si fa o non si fa». Il professore, intanto, critica «l’assioma» per il quale il trasporto su ferro inquinerebbe meno di quello su gomma: «Grazie alla tecnologia abbiamo già risultati strepitosi: un camion di oggi inquina un decimo di uno di vent’anni fa. E questa è la strada che sta seguendo tutto il mondo: si investono decine di miliardi per fare veicoli ibridi o elettrici. Tecnologia che poi pagano gli utenti, mentre la ferrovie le paghiamo noi».Tra le accuse a Ponti, l’aver redatto in passato una pubblicazione che valutava positivamente la Torino-Lione. Il professore si infuria: «Il precedente studio è una balla, è una delle bugie più odiose pronunciate da Enrico Mentana: quello che ha fatto è orrendo». E spiega: «Quello studio non era un’analisi costi-benefici, ma un’analisi di valore aggiunto: il che non ha niente a che vedere con l’analisi costi-benefici». Aggiunge Ponti: «Col valore aggiunto è fattibile qualsiasi cosa, anche un’autostrada di alluminio tra la Sicilia e la Sardegna, perché non misura il rapporto tra costi e benefici: infatti ai politici piace tantissimo». Secondo lo studioso, confrontare la stima del valore aggiunto con l’analisi costi-benefici «è una porcata indegna di un giornalista serio». Tutti, ovviamente, l’hanno usata per dire: ecco, Ponti dice una volta sì e l’altra no, a seconda di chi lo paga. Falso: la consulenza al governo gialloverde è gratis. «Ci tengo a dire che non sono pagato, per mia scelta», sottolinea Ponti: «La libertà ha un prezzo, io sono ricco e non me ne frega niente». Insiste: «Nessuno deve potermi dire che dico sì o no perché sono pagato. Da 10 anni valuto i progetti sulla base dei costi e dei benefici che riesco a calcolare».Il progetto Torino-Lione, aggiunge Ponti, «mi dicevano già che era indifendibile: non sarebbe stato un buon uso delle risorse pubbliche, perché costa troppo caro rispetto al traffico che ci passerebbe su». E come spiegare, allora, tanta insistenza nel proporre una grande opera così disastrosamente sgangherata, improbabile, inutile e oltretutto avversata dall’intera comunità locale della valle di Susa? «La lobby ferroviaria in Europa è intoccabile perché muove voti e soldi», sostiene Ponti: viene dunque da lontano l’ostinazione ventennale sulla ridicola Torino-Lione. Colpa della potente lobby europea, che si mette tranquillamente in tasca Bruxelles. «La Commissione Europea – dice ancora Ponti – decide senza seguire le regole, tra cui quella in base alla quale chi inquina paga, perché anche le ferrovie sono altamente inquinanti». E attenzione: «I ritorni finanziari sull’investimento per infrastrutture ferroviarie sono sempre zero». Chi gliel’ha detto? «La stessa commissaria Ue ai trasporti, la slovena Violeta Bulc».«Un ex amministratore delegato e super-ferroviere (ex da poco tempo) mi disse che, visto che sulla linea Torino-Lione non ci passerà nessuno, l’ipotesi di potenziare la linea che passa per Nizza e Ventimiglia era assolutamente da prendere in considerazione». Parola di Marco Ponti, super-tecnico ingaggiato da Danilo Toninelli per stilare finalmente un rapporto costi-benefici per la contestatissima linea Tav Torino-Lione, completamente inutile. Non solo: se i miliardi per l’alta velocità valsusina so rivelerebbero uno spreco assoluto e insensato, ancor peggio sarebbero i progetti-fantasma lasciati al ministero dal precedecessore di Toninelli, cioè Graziano Delrio. Letteralmente: 133 miliardi di progetti «senza nessuna valutazione», dice il professor Ponti, già consulente della Banca Mondiale e docente al Politecnico di Milano, considerato uno dei massimi esperti al mondo in materia di trasporti. Le infrastrutture progettatte con Delrio? «Non si sa nemmeno quanto costano e quanto ci si ricava: non c’è un’analisi di traffico. Sono state approvate per partito preso. Quindi, se vogliamo, il progetto della Tav è irrilevante rispetto al complesso dei progetti che vanno valutati. Io ne ho sul tavolo per 27 miliardi».
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Ma Greta è antica come Malthus, l’infelice profeta dell’élite
Siamo stati “creati” da antiche divinità o invece “fabbricati” dagli Elohim biblici come Yahvè, dunque “clonati” da entità forse extraterrestri? L’unica certezza è che, intanto, siamo qui a giocarcela: sta a noi provare a raddrizzare il mondo, anzitutto cercando di scoprire come ci siamo capitati. La teoria dell’evoluzione? Non spiega tutto, neppure quella. Ma viene usata nel modo peggiore, da chi ha rimpiazzato la Bibbia con Darwin per instaurare una nuova dominazione, quella del forte che prevale sul debole, con l’alibi della selezione naturale. Bisogna che qualcuno lo spieghi, alla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg, trasformata in icona planetaria della mobilitazione culturale contro il cambiamento climatico, presentato come calamitoso prodotto delle sole, irresponsabili attività umane. Tutto comincia alla fine del ‘700 con l’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus: nel suo “Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società”, Malthus sostiene che l’incremento demografico produrrà penuria di cibo, dato che l’umanità – questa la sua tesi – cresce più in fretta della disponibilità di alimenti. Vero o falso?Rigido pastore anglicano, Malthus raccomandava il controllo delle nascite, mediante il ricorso alla “castità”. Oggi la popolazione mondiale è esplosa: siamo sette miliardi e mezzo, eppure buttiamo via il 43% del cibo e dei beni che produciamo. Non siamo mai stati così ricchi, eppure ci stiamo impoverendo. Cosa manca? Non le risorse, ma la loro ragionevole distribuzione, se è vero che 800 milioni di persone soffrono la fame. Malthus non poteva sospettare che saremmo stati così abili nel rivoluzionare i mezzi di produzione con la tecnologia, riducendo in modo impensabile il consumo proporzionale delle materie prime. Dieci anni fa, l’allarmismo ecologista evocava l’incubo del “picco del petrolio”, di cui non si parla più dopo che sono stati scoperti immensi giacimenti. Scienziati russi sostengono che il petrolio non sia affatto una risorsa non rinnovabile, ma che si generi costantemente in tempi rapidi. Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica, avverte che la Terra negli ultimi anni si sta addirittura raffreddando. Quanto alla CO2, responsabile solo in minima parte dell’effetto serra, Rubbia propone di risolvere il problema attingendo alla nuovissima tecnologia che permette di usare il gas naturale a impatto zero, senza alcun residuo di anidride carbonica.La verità più scomoda di tutte, spiega l’economista Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt, è che nel secolo scorso siamo definitivamente usciti dal paradigma della scarsità: al punto da svincolare la moneta dalla zavorra del “gold standard”, il valore dell’oro – metallo prezioso perché raro – imposto come limite per evitare l’inflazione, cioè l’eccesso di valuta circolante rispetto alla quantità di merci disponibili. «Si assaltavano i forni perché mancava il pane, non essendovi abbastanza grano. Scenari oggi impensabili, impossibili – dice Galloni, su “ByoBlu” – perché la scarsità è stata storicamente sconfitta». Tranne che per un aspetto: la moneta. E’ detenuta da pochi, ed elargita col contagocce per nutrire l’usura finanziaria, da cui derivano le attuali sofferenze sociali. Ecco il punto, sottolinea Gioele Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il presidente: è sempre meglio pesare con cautela le parole di chi predica sciagure imminenti. Non che l’atmosfera terrestre non sia fortemente alterata, o che quella dell’ecologia non sia una reale emergenza. Ma siamo sicuri che la soluzione sia proprio il freno ai consumi (cioè il taglio del welfare e del benessere diffuso) anziché invece, anche qui, l’acceleratore esponenziale della tecnologia, che poi è quello che ci ha permesso – in barba a Malthus – di crescere dieci volte tanto, imparando a produrre a bassissimo costo quantità immense di beni e merci, che infatti finiamo per gettare nella spazzatura?Beninteso, sappiamo perfettamente che le risorse dell’ecosistema-Terra non sono illimitate, precisa Magaldi, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”. Ma siamo certi che sia davvero la piccola Greta a doverci spiegare dove stia, esattamente, il punto di non ritorno, ammesso che esista? Un consiglio: la problematica ecologica, a partire dall’inquinamento generato dalle fonti energetiche “sporche” come il petrolio e il carbone, è materia complessa: «Forse è il caso di adottare un approccio un po’ più serio». Le manifestazioni di massa? «Fa piacere vedere l’impegno di tanti giovani». Ma il punto è un altro: c’è qualche proposta precisa, sul tappeto, che non sia la decrescita infelice del 99% dell’umanità, a fronte dell’imperterrita super-crescita (felicissima) dell’élite planetaria che ha innescato tutti i nostri disastrosi squilibri, sociali e ambientali, fino a imbarcare disperati su carrette del mare verso le nostre coste? Tutti migranti che poi scoprono, amaramente, che in Italia e in Europa oggi si vive molto peggio di vent’anni fa, essendo scomparsa la mobilità sociale su cui era basata la grande prosperità di un intero continente, alimentata anche dalla scandalosa razzia coloniale a spese della stessa Africa.Quello che Greta non sa, probabilmente, è che il baby-retropensiero di cui è imbevuta non è attuale, è addirittura antico. Un presupposto ideologico completamente sbagliato, smentito nel modo più clamoroso già nell’800 dal filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson, che scrisse: «Affermando che le bocche si moltiplicano geometricamente e il cibo solo aritmeticamente, Malthus dimenticò che la mente umana era anch’essa un fattore nell’economia politica, e che i crescenti bisogni della società sarebbero stati soddisfatti da un crescente potere di invenzione». E’ per questo, in fondo, che siamo ancora qui, e che siamo così tanti. Vogliamo dichiararci sconfitti? Tornare indietro, come propone Greta? Il dibattito è vasto: persino l’invincibile Impero Romano un bel giorno crollò, ricorda Giuletto Chiesa, autore di saggi spesso basati sulle previsioni catastrofistiche dell’influente Club di Roma. Siamo sicuramente a un bivio, sostiene anche Magaldi: ma il problema non è se crescere o decrescere. Seriamente: siamo stati noi, negli ultimi decenni, a decidere le sorti del mondo? Ci siamo espressi con dei referendum per approvare questa globalizzazione forsennata e per mettere in piedi l’attuale, orrenda Disunione Europea? No, certo. E allora perché saltare l’ostacolo, fingendo di poter incidere sul destino climatico della Terra, senza prima essere riusciti a ristabilire innanzitutto la democrazia a casa nostra, dove persino i bilanci vengono imposti dalle “divinità” di Bruxelles, che nessuno ha mai eletto?Spiegate a Greta che il darwinismo sociale, quello che spinge il povero alla rassegnazione di fronte al potere “fisiologico” del ricco, è il più grande veleno mentale che sia stato immesso nella nostra società neoliberista, sintetizza Magaldi, che propone un antidoto chiamato John Maynard Keynes. Era il maggiore economista del ‘900, e ispirò il New Deal con il quale Roosevelt tirò fuori l’America dalla Grande Depressione, facendone la superpotenza mondiale che conosciamo. Come riuscì nella storica impresa? Tagliando le unghie alle banche speculative, padrone della “scarsità di moneta”, e spingendo lo Stato a investire fiumi di dollari, a deficit, per creare lavoro. Dai tempi di Nixon, la moneta – svincolata dall’oro – è tecnicamente illimitata, virtualmente a costo zero. Ma nel 1999 fu il “progressista” Bill Clinton a restituire a Wall Street l’antico potere, abrogando il Glass-Steagall Act, cioè la legge con la quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari da quelle al servizio dell’economia reale. Da allora, è esplosa la follia finanziaria: secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, il debito finanziario (titoli tossici) è 54 volte il Pil mondiale. E facciamo le pulci all’Italia perché il suo debito pubblico è 1,3 volte il suo prodotto interno lordo?C’è scienza, in questo delirio. E ha un nome odioso: si chiama dominio. Ha idea, la piccola Greta, di come uscirne? O pensa che, schioccando le dita e cantando “Bella Ciao” in inglese, gli ex cittadini (e ora sudditi, italiani e non) possano davvero cambiare di una virgola il futuro del pianeta, addirittura nella certezza teologica che persino il clima – mutato più volte, catastroficamente, dall’età della pietra – dipenda davvero al 100% dalla demenziale comunità umana? Gioele Magaldi non teme neppure di misurarsi con la parola consumismo, distinguendo: perché mai condannare quello dei poveri, fingendo che non esista quello dei ricchissimi? Inoltre: se fin qui ci ha sospinto l’innovazione, per quale motivo dovremmo escludere che la tecnologia possa arginare sensibilmente anche i guai dell’effetto serra? Lo dicono economisti autorevoli: continuiamo a chiamare “rifiuti” quelle che sono risorse riciclabili. Il problema? L’economia circolare è abbondanza, distrugge l’idea di scarsità di moneta con cui il potere ci incatena tuttora. Ma Malthus sta per perdere un’altra volta, di fronte all’avvento della rivoluzione cibernetica: anziché strapparci i capelli perché i robot cancelleranno vecchi mestieri, dice Magaldi, perché non pensare che avremo più tempo per inventare nuovi lavori, meno pesanti e ripetitivi? A una condizione: prima, bisogna tornare sovrani. E non sarà una passeggiata. Ma non si scappa: senza la riconquista della democrazia, potremo solo intonare “Bella Ciao” insieme a Greta.Siamo stati “creati” da antiche divinità o invece “fabbricati” dagli Elohim biblici come Yahvè, dunque “clonati” da entità forse extraterrestri? L’unica certezza è che, intanto, siamo qui a giocarcela: sta a noi provare a raddrizzare il mondo, anzitutto cercando di scoprire come ci siamo capitati. La teoria dell’evoluzione? Non spiega tutto, neppure quella. Ma viene usata nel modo peggiore, da chi ha rimpiazzato la Bibbia con Darwin per instaurare una nuova dominazione, quella del forte che prevale sul debole, con l’alibi della selezione naturale. Bisogna che qualcuno lo spieghi, alla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg, trasformata in icona planetaria della mobilitazione culturale contro il cambiamento climatico, presentato come calamitoso prodotto delle sole, irresponsabili attività umane. Tutto comincia alla fine del ‘700 con l’economista e demografo inglese Thomas Robert Malthus: nel suo “Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società”, sostiene infatti che l’incremento demografico produrrà penuria di cibo, dato che l’umanità – questa la sua tesi – cresce più in fretta della disponibilità di alimenti. Vero o falso?
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Salvini anti-Cina, con lo Zio Sam. Ma non era sovranista?
Il ministro dell’interno Matteo Salvini dice no ad accordi con la Cina che possono «creare interferenze con il consolidato posizionamento internazionale dell’Italia» e addirittura configurare una «colonizzazione». Se la questione non fosse molto seria ci sarebbe davvero da ridere, scrive Fabrizio Verde su “L’Antidiplomatico”, di fronte all’ennesima uscita anti-cinese di Matteo Salvini. Il leader leghista manifesta la sua preoccupazione circa un’eventuale “colonizzazione” dell’Italia? «Il discorso è condivisibile, ma c’è un piccolo problema che sembra sfuggire al padano convertito al nazionalismo: l’Italia è già colonizzata. Dagli Stati Uniti, non di certo dalla Cina». La presenza militare statunitense in Italia inizia nel 1951, ricorda Verde: nelle 113 installazioni militari statunitensi presenti sul nostro territorio opererebbero circa 13.000 militari. Cifra che raggiunge le 16.000 unità se aggiungiamo il personale amministrativo. «Qualcuno ha mai ascoltato Salvini denunciare questa che di fatto rappresenta una vera e propria occupazione militare?». Macché: solo silenzio, da parte del solitamente loquace leghista, «anche sugli ordigni nordamericani dispiegati in Italia in funzione anti-russa». Ospitiamo infatti il numero più alto di armi nucleari statunitensi schierate in Europa: 70 ordigni su un totale di 180.Siamo anche gli unici – continua Verde – con due basi atomiche: quella dell’aeronautica militare di Ghedi (Brescia) e quella statunitense di Aviano (Pordenone). «Due primati che comportano spese pesanti a carico del governo di Roma: spese che, a 25 anni dalla fine della guerra fredda e degli incubi nucleari, appaiono ingiustificabili, come denunciava “L’Espresso” nel 2014». Ufficialmente – precisa Verde – l’arsenale nucleare non esiste: «Tanto Washington quanto Roma non hanno mai ammesso la presenza di queste armi letali sul territorio italiano, ma 20 ordigni si trovano presso la base bresciana di Ghedi, mentre altri 50 ad Aviano, custoditi nei bunker Usa». Ancora più risibile, per Verde, è la preoccupazione per quel che riguarda i dati sensibili e la tecnologia 5G. «Il trattamento di dati sensibili è interesse nazionale», ha aggiunto Salvini: «La sicurezza dei dati non può essere un discorso meramente economico». Anche in questo caso, obietta “L’Antidiplomatico”, «si può essere preoccupati per la tecnologia utilizzata dalla Cina quando non è mai emerso nemmeno un sospetto che la Cina voglia servirsi della tecnologia o delle infrastrutture 5G per rubare dati sensibili?».Forse, scrive sempre Verde, Salvini dovrebbe andare a rileggersi quanto si è appreso grazie alle coraggiose denunce di un “whistleblower” come Edward Snowden: «Grazie a lui è emersa l’immensa attività di spionaggio effettuata dall’agenzia statunitense Nsa». Per il “New Yorker”, non è altro che «la più grande, più potente, più tecnologicamente sofisticata agenzia di spionaggio che il mondo abbia mai conosciuto». Finanche le comunicazioni private di Angela Merkel furono intercettate. Secondo lo “Spiegel”, all’epoca dello scandalo, gli Stati Uniti possedevano circa 80 centri di spionaggio in Europa, comuni a Cia e Nsa, tra cui uno a Roma. Infatti, finì intercettato anche Berlusconi. «Che sia gravissimo non c’è dubbio», ebbe a dichiarare Salvini, leader dell’allora Lega Nord. «Che debbano dare spiegazioni, anche. Ma già che ci sono – aggiunse – gli americani ci dicano pure perchè dal 2011 l’Italia non ha più un governo legittimamente eletto». Adesso in Italia un governo legittimamente eletto c’è, e proprio Salvini ne è un esponente di punta. «Evidentemente – scrive Verde – una volta arrivato nella cosiddetta stanza dei bottoni, il padano folgorato sulla via di Roma ha deciso di farsi portatore delle istanze di quei poteri che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale di fatto colonizzano l’Italia».Al contrario, secondo “L’Antidiplomatico”, il Movimento 5 Stelle, «pur tra limiti e contraddizioni», mostra con l’apertura alla Cina di «puntare agli interessi dell’Italia molto di più dell’autoproclamato sovranista Matteo Salvini», il quale avrebbe deciso di «farsi portabandiera del vecchio servilismo filo-atlantico che ha storicamente caratterizzato buona parte della classe dirigente italiana». Punti di vista, naturalmente: c’è infatti chi vede una sorta di “gioco delle parti”, tra i distinguo che oppongono Lega e 5 Stelle su molti temi. Vero, Salvini si è schierato con Trump anche sul Venezuela, mentre i pentastellati restano cauti, equidistanti da Maduro e da Guaidò. Schermaglie: in realtà, sia Salvini che Di Maio sanno benissimo che il governo gialloverde è supportato dalla Casa Bianca, e che grandi poteri di Wall Street (Jp Morgan, Citigroup) intervennero nel 2018 per spegnere sul nascere l’incendio dello spread, scatenato in funzione anti-gialloverde alla nascita del governo Conte. Perché se è ovvio che l’Italia resti a sovranità limitata, anzi limitatissima, è pur vero che la “colonizzazione” più minacciosa è quella di Bruxelles, che vieta all’Italia di ricorrere al deficit. Cos’è peggio, le bombe (dormienti) di Trump o i diktat Ue? Certo, Salvini si è avvicinato agli Usa. In compenso, Di Maio ci ha fatto la campagna elettorale, portato a spasso – tra Washington e Manhattan – dal politologo Michael Ledeen, esponente del Jewish Institute e pezzo da novanta dell’élite atlantista.Il ministro dell’interno Matteo Salvini dice no ad accordi con la Cina che possono «creare interferenze con il consolidato posizionamento internazionale dell’Italia» e addirittura configurare una «colonizzazione». Se la questione non fosse molto seria ci sarebbe davvero da ridere, scrive Fabrizio Verde su “L’Antidiplomatico”, di fronte all’ennesima uscita anti-cinese di Matteo Salvini. Il leader leghista manifesta la sua preoccupazione circa un’eventuale “colonizzazione” dell’Italia? «Il discorso è condivisibile, ma c’è un piccolo problema che sembra sfuggire al padano convertito al nazionalismo: l’Italia è già colonizzata. Dagli Stati Uniti, non di certo dalla Cina». La presenza militare statunitense in Italia inizia nel 1951, ricorda Verde: nelle 113 installazioni militari statunitensi presenti sul nostro territorio opererebbero circa 13.000 militari. Cifra che raggiunge le 16.000 unità se aggiungiamo il personale amministrativo. «Qualcuno ha mai ascoltato Salvini denunciare questa che di fatto rappresenta una vera e propria occupazione militare?». Macché: solo silenzio, da parte del solitamente loquace leghista, «anche sugli ordigni nordamericani dispiegati in Italia in funzione anti-russa». Ospitiamo infatti il numero più alto di armi nucleari statunitensi schierate in Europa: 70 ordigni su un totale di 180.
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Magaldi: Grillo in declino, senza idee. Orfano di Casaleggio
Bei tempi, quando Beppe Grillo attraversava a nuoto lo Stretto di Messina. Grande performance da sempre, lo spettacolo del vitalismo anche fisico del leader, come già Mao nello Yangtze. Era il 12 ottobre 2010, e l’autoironico Vaffa-man aveva 64 anni. Poco prima, ai NoTav “assediati” dalla polizia in valle di Susa, aveva detto: «Un bel giorno, un pugno di cinesi si misero in marcia e alla fine la vinsero, la loro rivoluzione. Bene, ascoltate: voi oggi siete quei cinesi». Era il Grillo che nel 2008 aveva tentato di concorrere alle primarie del Pd, rimediando le pernacchie del profetico Fassino: «Se vuol fare politica, Grillo si accomodi: può sempre fondare un suo partito». Detto fatto: l’ha fondato, ha battuto il Pd nel 2013 alla Camera e adesso, dopo l’alluvione di voti del 2018, è addirittura al governo (dopo aver sfrattato Fassino persino dal Comune di Torino). Ma a quanto pare, l’unica traccia della ventilata rivoluzione, ben poco “cinese”, è la lealtà dei 5 Stelle verso i NoTav, contro la grottesca Torino-Lione. Tutto il resto è evaporato nello zero-virgola del governo gialloverde, dopo le roboanti promesse della vigilia. Ecco perché oggi Grillo deve affrontare la peggiore delle nemesi, con gli ex supporter che bruciano le bandiere grilline davanti al teatri dove l’ex comico si esibisce. Tradimento? Questione di termini. Ma come chiamarla, la burla del finto reddito di cittadinanza, il sussidio nel quale il Sud aveva creduto in massa? L’altro guaio è che il nuotatore dello Stretto è rimasto solo, dopo aver perso Gianroberto Casaleggio.Tra chi se l’aspettava, la grigia parabola pentastellata, c’è il presidente del Movimento Roosevelt, Gioele Magaldi, osservatore privilegiato della scena italiana e autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che fotografa l’identità supermassonica dei peggiori globalizzatori. Una cupola reazionaria, che ha fondato l’attuale oligarchia del denaro chiamata neoliberismo: pochi ricchissimi, a spese della classe media che si sta impoverendo ovunque. O si cambia radicalmente paradigma, riesumando Keynes – con lo Stato che torna a investire massicciamente, non certo con deficit ridicoli come quello messo insieme dal governo Conte – o prima o poi assisteremo a una ribellione turbolenta e pericolosa. E a bruciare bandiere potrebbero non essere più solo i grillini delusi. In diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, Magaldi evoca scenari cupi: dato che in Europa la maggioranza della popolazione sta sempre peggio, precarizzata e terremotata dalle politiche di rigore, è impensabile che si continui così, cioè raccontando – all’infinito – che lo Stato deve “risparmiare”. Prendiamo l’Italia, in avanzo primario da anni: il governo toglie ai cittadini (con le tasse) più soldi di quanti ne conceda in servizi (spesa pubblica). Il saldo, per i contribuenti, è negativo. Risultato: disoccupazione record, Pil crollato, perso il 25% del potenziale industriale. Di fronte a questo, valgono poco i minuetti di Di Maio e le ciance bellicose e velleitarie di Di Battista.Solo teatro, per canalizzare il dissenso dirottandolo verso obiettivi innocui? Secondo Magaldi, la storia poteva finire diversamente se Gianroberto Casaleggio non fosse prematuramente scomparso, nel 2016. L’ideologo grillino aveva quello che agli altri manca: una visione. Era persino riuscito a convertire al messianismo del web un uomo come Grillo, che un tempo – nei suoi show – fracassava i computer. Non è il caso di santificarlo, Casaleggio senior: aveva i suoi difetti, ammette Magaldi. Per esempio: lo slogan fondante dell’identità grillina, l’idolatria dell’onestà, «ricorda da vicino la “questione morale” agitata dal Berlinguer che convise gli operai a ingoiare l’austerità, la rinuncia ai loro diritti sociali». Per intenderci: «L’onestà non può essere un valore politico: chi ruba deve vedersela coi magistrati, prima che con gli elettori». Una falsa pista, che avvelena l’aria: «La pretesa “diversità morale” dei comunisti italiani, sempre pronti a presentarsi come gli unici onesti in un mondo politico corrotto – dice Magaldi – rivela il vizio storico di quel comunismo che poi, ovunque sia salito al potere, ha creato oligarchie autoritarie e antidemocratiche».Se non altro, al di là delle fascinazioni berlingueriane – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt – Casaleggio si sforzava di proiettare l’oggi nel domani, sulla base di una precisa visione del futuro. Fino a “fabbricare” da zero una nuova leva della politica italiana, spinta da speranze pulite. E’ un fatto innegabile, e si è verificato grazie al coraggio dello stesso Grillo, pronto a sparare i suoi “vaffa”– in assoluta solitudine – contro una casta impresentabile e decadente, avvinghiata ai propri privilegi mentre il paese scivolava verso il baratro della crisi. Poi, però, alla prova dei fatti, l’alternativa ha rivelato giorno per giorno la sua inconsistenza. Programmi deboli, poche idee, città come Roma amministrate in modo inguardabile. Idem il governo: ordinaria amministrazione, sotto la scure di Bruxelles. Cos’è mancato? «Un impianto ideologico solido, alternativo al dogma neo-aristocratico del neoliberismo». Casaleggio avrebbe potuto cambiare il corso delle cose? Forse sì, sostiene Magaldi, anche in base a un indizio rivelatore: «Aveva disposto che il mio saggio, “Massoni”, venisse presentato col massimo risalto sul web grillino. Obiettivo: insegnare ai pentastellati a distinguere tra massoni corretti e massoni sleali, senza sparare nel mucchio. Oggi invece il Movimento 5 Stelle demonizza la massoneria nel suo insieme, con una discriminazione che è pure incostituzionale. E lo fa in modo spregevolmente ipocrita: sa benissimo, infatti, che il governo gialloverde pullula di massoni, sia tra i ministri che tra i sottosegretari».Per inciso: era massone anche Gianroberto Casaleggio, spiega Magaldi, che in un libro di prossima uscita dettaglierà l’identità massonica dell’ideologo pentastellato. «Il problema – dice – è che la massonofobia è indice di fragilità: se sei debole, cioè senza veri argomenti, hai paura del massone, perché temi che sia più forte di te, in quanto dotato di una maggiore solidità ideologica». E non è vero nemmeno questo: «Oggi, purtroppo, le obbedienze massoniche italiane sono piene di “peones” confusi, che non rappresentano un pericolo per nessuno». La vera massoneria che conta è quella delle Ur-Lodges sovranazionali, che colonizzano le istituzioni italiane, europee e mondiali. Nel suo libro, Magaldi ne smaschera le trame, facendo nomi e cognomi e mettendo alla berlina i supermassoni neo-feudali. E questo, a Gianroberto Casaleggio piaceva: «Ebbi con lui uno scambio breve ma intenso», rivela l’autore. «Resto convinto che sarebbe stato proficuo, il nostro incontro, a partire dal banco di prova delle elezioni comunali di Roma, dove avevamo proposto di affiancare, al gruppo di Virginia Raggi, l’esperienza e la capacità di un economista post-keynesiano come Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt». Forse ci sarebbe stato il tempo di arrivare alle politiche 2018 con programmi meno volatili e con basi economiche assai più solide, da contrapporre all’ordoliberismo disonesto di Bruxelles, incarnato dai tecnocrati della Disunione Europea, tutti al servizio di inconfessabili interessi privatistici.Invece siamo arrivati al rogo delle bandiere grilline, in Puglia: «Piuttosto ovvio, se avevi promesso un vero reddito di cittadinanza. Cioè, tecnicamente: soldi che lo Stato dovrebbe assegnare a chiunque, a prescindere dal reddito». Una selva di contraddizioni: «Al Sud è molto rilevante l’economia sommersa: il sussidio elargito da Di Maio potrebbe finire a famiglie che campano di lavoro nero, a scapito di famiglie – magari meno abbienti – che invece le tasse le pagano». Meglio, sostiene Magaldi, l’alternativa proposta dal Movimento Roosevelt: il diritto al lavoro sancito per legge dalla Costituzione. Ovvero: lo Stato sarebbe obbligato ad assorbire la disoccupazione. Si parlerà anche di questo, il 30 marzo a Londra, al convegno internazionale promosso alla Westminster University. Tra i relatori lo stesso Galloni, accanto a Ilaria Bifarini, Antonio Maria Rinaldi, Danilo Broggi, Guido Grossi. «Ci sarà anche Pino Cabras, deputato 5 Stelle», annuncia Magaldi: «Storico collaboratore di Giulietto Chiesa, Cabras fece un’ottima presentazione del libro “Massoni” in Sardegna. Qualcuno, nel Movimento 5 Stelle, lo ha dissuaso dal partecipare all’evento di Londra. Ma lui ha la schiena diritta, e sa bene che vale la pena misurarsi con noi: insieme a svariati interlocutori europei, nella capitale britannica avremo modo di mettere a fuoco un vero piano per l’uscita strutturale dall’euro-crisi, che viene presentata come economica e invece è interamente politica».C’è bisogno di tutte le forze spendibili, insiste Magaldi, per rompere l’incantesimo della paura: la demonizzazione del deficit porta direttamente al declino, attraverso l’austerity. Il che è folle, in un mondo che non è mai stato così ricco di risorse e tecnologie. Quello che serve è “un New Deal rooseveltiano per l’Europa”, ispirato a Keynes: è il modello che – espandendo la spesa strategica – ha storicamente prodotto benessere diffuso, in tutto l’Occidente. Passaggio obbligato: trovare il coraggio politico di dire “no” al pensiero unico che ha inquinato cancellerie, ministeri e tecnocrazie, trasformando la governance europea in un incubo orwelliano fondato sulla post-verità. Verrà il giorno, dice Magaldi, in cui gli oligarchi soccomberanno. «E alla fine ci ringrazieranno – aggiunge – perché, senza un’inversione di rotta, la situazione sociale in tutta Europa si farà insostenibile», come dimostrano in modo squillante gli stessi Gilet Gialli in Francia. Certo, la rivoluzione della trasparenza ha un costo: ne sapeva qualcosa il leader svedese Olof Palme, assassinato a Stoccolma nel 1986. Voleva un’Europa libera e socialdemocratica, con pari opportunità per tutti. Valori fondanti: come il socialismo liberale di Carlo Rosselli, assassinato dai fascisti e detestato dai comunisti, e il sovranitarismo panafricano per il quale perse la vita Thomas Sankara, leader rivoluzionario del Burkina Faso, portavoce della ribellione contro la schiavitù neo-coloniale del debito.Rosselli, Palme e Sankara sono le tre icone che il Movimento Roosevelt ha scelto di illuminare, al convegno in programma il 3 maggio col patrocinio del Comune di Milano, alla vigilia delle europee: un’occasione – anche – per pesare le intenzioni dei candidati dei vari schieramenti politici in rotta verso Strasburgo. A che punto è la notte del neoliberismo? Lo capisce, il Pd zingarettiano, che per aiutare l’Italia deve buttare a mare 25 anni di fallimentare centrosinistra? Si rende conto, la Lega di Salvini, che non basta alzare dighe contro i disperati che arrivano dall’Africa? E i 5 Stelle, a loro volta, che intenzioni hanno? In Europa pensano di fare la stessa melina che stanno inscenando a Roma – ottenendo il falò delle loro bandiere e il tracollo dei consensi alle regionali – o comprendono che è il caso di compiere un drastico cambio di passo, come forse lo stesso Casaleggio avrebbe raccomandato? Magaldi ha idee terribilmente chiare: serve un network trasversale di politici “bonificati” dalla bugia neoliberista. Un’Europa democratica, sovrana, liberalsocialista. Investimenti robusti, epocali, per relegare il fantasma dello spread nella spazzatura della storia. Come ci si può arrivare? Formando politici nuovi, in tutta Europa. La consapevolezza del cambiamento crescerà in modo inesorabile, sostiene Magaldi. Fino al bel giorno in cui qualcuno dovrà mandare a stendere i signori di Bruxelles. Con ben altro coraggio che quello sin qui dimostrato dal governo Conte, e dai 5 Stelle smarriti e orfani di Casaleggio.Bei tempi, quando Beppe Grillo attraversava a nuoto lo Stretto di Messina. Grande performance da sempre, lo spettacolo del vitalismo anche fisico del leader, come già Mao nello Yangtze. Era il 12 ottobre 2012, e l’autoironico Vaffa-man aveva 64 anni. Poco prima, ai NoTav “assediati” dalla polizia in valle di Susa, aveva detto: «Un bel giorno, un pugno di cinesi si misero in marcia e alla fine la vinsero, la loro rivoluzione. Bene, ascoltate: voi oggi siete quei cinesi». Era il Grillo che nel 2008 aveva tentato di concorrere alle primarie del Pd, rimediando le pernacchie del profetico Fassino: «Se vuol fare politica, Grillo si accomodi: può sempre fondare un suo partito». Detto fatto: l’ha fondato, ha battuto il Pd nel 2013 alla Camera e adesso, dopo l’alluvione di voti del 2018, è addirittura al governo (dopo aver sfrattato Fassino persino dal Comune di Torino). Ma a quanto pare, l’unica traccia della ventilata rivoluzione, ben poco “cinese”, è la lealtà dei 5 Stelle verso i NoTav, contro la grottesca Torino-Lione. Tutto il resto è evaporato nello zero-virgola del governo gialloverde, dopo le roboanti promesse della vigilia. Ecco perché oggi Grillo deve affrontare la peggiore delle nemesi, con gli ex supporter che bruciano le bandiere grilline davanti al teatri dove l’ex comico si esibisce. Tradimento? Questione di termini. Ma come chiamarla, la burla del finto reddito di cittadinanza, il sussidio nel quale il Sud aveva creduto in massa? L’altro guaio è che il nuotatore dello Stretto è rimasto solo, dopo aver perso Gianroberto Casaleggio.
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Galloni: se non sconfessa il rigore, il Pd resterà minoranza
A cosa può ancora servire, il Pd? Forse a correggere le ruvidità del sovranismo populista. A una condizione, anzi due: che scelga di stare col popolo, e non più con l’élite finanziaria, e che capisca che il tempo del rigore è finito. Lo afferma Nino Galloni, economista post-keynesiano e vicepresidente del Movimento Roosevelt, esaminando su “Scenari Economici” l’elezione di Nicola Zingaretti, al termine di una consultazione elettorale interna che ha coinvolto 1,7 milioni di italiani. «Quello che non è sfuggito a nessuno – premette Galloni – consiste nell’elevata partecipazione di cittadini alle primarie del Pd», addirittura doppia rispetto alle aspettative degli stessi candidati, vincitore compreso. «Ciò significa che, mentre le forze antisovraniste si stanno organizzando in tutto il mondo, aumentano attivismo e partecipazione in nome di una impostazione egualitaria e antirazzista». Impostazione, annota Galloni, che è «l’erede della grande stagione della democrazia, culminata sul finire degli anni ‘70 con la scissione tra eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale, quando la sinistra maggioritaria ha abbandonato le grandi masse popolari per scegliere la difesa di minoranze in vario modo identificabili».Se infatti la legislazione sviluppatasi nel dopoguerra, condizionata dalla sinistra, aveva portato a grandi conquiste sociali, la stessa sinistra poi ha cambiato orientamento, passando al servizio dei poteri forti della globalizzazione privatizzata. Così, nella sua ultima stagione, la sinistra «ha distretto la difesa della democrazia sostanziale alle minoranze (vari orientamenti sessuali, immigrati», e l’ha fatto «in base al presupposto del rispetto di quella formale», o dei diritti fondamentali degli esseri umani. Abbandonate a se stesse sotto i colpi della crisi neoliberista, a quel punto «le maggioranze si sono orientate verso quelle destre che prospettavano soluzioni efficaci dei sempre più gravi problemi sociali». E questo, «anche a costo di sacrificare i grandi progressi del diritto formale e dei principi fondamentali». Ora, per Galloni, «è importante avviare la soluzione dei problemi materiali della stragrande maggioranza della popolazione», ma attenzione: «Non a costo di compromettere i difficili principi fondamentali della democrazia».Quindi, conclude Galloni, la funzione delle forze democratiche è quella di difendere i principi-base della convivenza civile. Questo potrà portare il Pd di Zingaretti «a combattere, a scendere in piazza, a organizzarsi e riunirsi – ma non a vincere le elezioni», almeno finché non avrà capito «che il tempo della scarsità è finito e che, ad esempio, un reddito di dignità per tutti è possibile». Reddito da introdurre assolutamente, per aumentare i consumi, visto che «nella nostra produzione, le straordinarie tecnologie di cui oggi disponiamo rimangono scarsamente occupate, a causa di una domanda insufficiente». Tutto ciò è necessario, sottolinea Galloni, per «ricomporre il quadro delle rivendicazioni», riallineando democrazia sostanziale e democrazia formale. «Finché ciò non accade, il compito delle forze come il Pd sarà quello di evitare che le rivendicazioni sostanziali travolgano i principi fondamentali della democrazia formale». Troppo poco, per sperare di contribuire a rimettere in piedi il paese.A cosa può ancora servire, il Pd? Forse a correggere le ruvidità del sovranismo populista. A una condizione, anzi due: che scelga di stare col popolo, e non più con l’élite finanziaria, e che capisca che il tempo del rigore è finito. Lo afferma Nino Galloni, economista post-keynesiano e vicepresidente del Movimento Roosevelt, esaminando su “Scenari Economici” l’elezione di Nicola Zingaretti, al termine di una consultazione elettorale interna che ha coinvolto 1,7 milioni di italiani. «Quello che non è sfuggito a nessuno – premette Galloni – consiste nell’elevata partecipazione di cittadini alle primarie del Pd», addirittura doppia rispetto alle aspettative degli stessi candidati, vincitore compreso. «Ciò significa che, mentre le forze antisovraniste si stanno organizzando in tutto il mondo, aumentano attivismo e partecipazione in nome di una impostazione egualitaria e antirazzista». Impostazione, annota Galloni, che è «l’erede della grande stagione della democrazia, culminata sul finire degli anni ‘70 con la scissione tra eguaglianza formale ed eguaglianza sostanziale, quando la sinistra maggioritaria ha abbandonato le grandi masse popolari per scegliere la difesa di minoranze in vario modo identificabili».
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Giannini: ci crediate o no, il governo sta riparando l’Italia
Non sparate sul governo gialloverde: sta facendo molte più di quanto non si veda, specie sui grandi media (tutti schierati all’opposizione). Lo sostiene Marco Giannini, studioso di economia, un tempo vicino ai 5 Stelle. Sbagliano, giornali a televisioni, a descrivere l’azione dell’esecutivo come fallimentare: da una parte fanno leva sullo spread – che non misura l’economia ma solo la speculazione finanziaria, complice la Bce (ai tempi della lira, infatti, lo spread non esisteva) – e dall’altra scaricano lo smottamento industriale su una compagine in carica da meno di un anno. La produzione industriale ha perso il 5,5%: solo un cretino potrebbe non capire che un simile cedimento è dovuto a «questi 8 anni di lunga, controproducente e immotivata austerità», scrive Giannini, in una riflessione ripresa da “Come Don Chisciotte”. Rigore immotivato? Ma certo: perché l’Italia – ricorda Giannini – è in avanzo primario da anni. Cioè: lo Stato intasca, in termini di tasse, più di quanto non spenda, in servizi, per i cittadini. Il famoso debito pubblico? Colpa dei tassi d’interesse. Potrebbero essere normalizzati? Certo: «Servirebbero circa sette anni per “ripulire” il debito da questo aspetto critico», se solo la Bce «operasse come le normali banche centrali». Per contro, l’Italia ha partite correnti invidiabili (ottimo equilibrio import/export). E il governo? Ci crediate e no, insiste Giannini, sta lavorando sodo – checché ne dicano i media, legati a Pd e Forza Italia, spodestati nel 2018.I bersagli preferiti dalla stampa, osserva Giannini, sono Di Maio e Toninelli, “colpevoli” di aver scelto come alleato la Lega e non il Pd, sottomesso a Francia e Germania (secondo uno studio tedesco, il giochetto è già costato 73.000 euro a ogni italiano, in favore di tedeschi e olandesi). Giornali e Tv esaltano i dissidenti 5 Stelle appena si distinguono da Salvini sul tema migranti? C’è puzza di Soros, avverte Giannini. Attaccare Di Maio in quanto succube del leader leghista? Sarebbe stato meglio «attivare i neuroni per creare piani programmatici accattivanti», alle prime avvisaglie di flessione nei consensi. Il vicepremier grillino? «E’ stato un uomo leale con il suo alleato, non certo un suddito: e credo che gli italiani questo lo abbiano capito e apprezzato – dice Giannini – al di là del risultato delle regionali». Quanto al ministro delle infrastrutture, Toninelli «è descritto come un principiante, ma nessuno chiarisce il perché». Se la motivazione sono le gaffe commesse nelle interviste, Giannini ricorda la mitica Gelmini, col suo tunnel per neutrini dal Cern di Ginevra fino al Gran Sasso, per non parlare del “milione di posti di lavoro” di Berlusconi o del leggendario “Enrico stai sereno” rivolto da Renzi al povero Letta. In confronto, Toninelli è un campione di serietà e correttezza.Stiamo ai fatti, raccomanda Giannini: è assai più densa di quello che sembra, l’agenda gialloverde, pur inevitabilmente mediata dai compromessi indispensabili tra Lega e 5 Stelle. Esempio: il reddito di cittadinanza (pur in versione “magra”) è stato comunque approvato, con salario minimo di 5 euro l’ora (cifra bassissima per volere della Lega). «Un po’ poco per il centro-nord dato il costo della vita, forse sufficiente per evitare esclusione sociale per il centro-sud». Se non altro, «le aziende che assumono un soggetto che sta ricevendo il reddito ottengono un bonus fino a 18.000, visto che alleggeriscono lo sforzo profuso dallo Stato». Per Giannini in reddito di cittadinanza «è un provvedimento sacrosanto, una misura anti-ciclica presente non a caso in tutta l’Ue». Troppo misero e troppo normato? Il problema vera si chiama euro, sottolinea Giannini: «L’italiano non vuole la disoccupazione, vuole salari più alti, vuole meno tasse, vuole la crescita, vuole un Rdc più esteso e vuole però anche la moneta unica, che queste conquiste preclude». Come dire: nell’Eurozona, è impossibile pretendere di più. E gli altri partiti? «Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia promettono di abolire il Rdc qualora vincessero le elezioni». Ed è singolare che un sindacato come la Cgil «dopo anni di silenzio di fronte a esodati, austerity, tagli indiscriminati e deflazione salariale» oggi manifesti contrarietà a questo provvedimento «che, giusto o sbagliato, estende i diritti sociali e certo non li restringe».Vogliamo parlare di pensioni di cittadinanza? Se un cittadino ha un assegno inferiore ai 780 euro raggiungerà questo ammontare mensile a patto che abbia una Isee inferiore a 9.360 euro, un patrimonio mobiliare inferiore a 6.000 euro e un patrimonio immobiliare (esclusa la prima casa) inferiore a 30.000 euro. «Dai calcoli Inps sono circa 500.000 le persone interessate al provvedimento». La “Quota 100” era presente nei programmi delle due forze di governo: «E’ stata approvata insieme al reddito di cittadinanza e rappresenta un primo passo concreto per superare la legge Fornero», ricorda Giannini. E sono oltre 100.000 le domande già inviate: tutti «posti di lavoro che si liberano». Salvini voleva la Flat Tax universale? L’ha ottenuta almeno per le partite Iva: aliquota al 15% fino ai 65.000 mila euro. Poi c’è il decreto Inail, con taglio medio del 32% del costo del lavoro (valore: 1,8 miliardi). «Dalla lotta agli sprechi della burocrazia (compreso il numero delle leggi, da ridurre) e della abolizione completa dei finanziamenti all’editoria – aggiunge Giannini – Di Maio ha promesso una ulteriore riduzione del cuneo fiscale, in favore di aziende e lavoratori, e sgravi aggiuntivi per le imprese che assumono». Insomma, le formichine gialloverdi lavorano: è avviato l’iter per ridurre i parlamentari da 945 a 600.Quanto alle pensioni d’oro, chi riceve più di centomila euro l’anno dovrà cedere dal 10 al 20% come contributo di solidarietà. Gli stessi vitalizi dei parlamentari «vengono ricalcolati con il metodo contributivo con un taglio medio del 20%», e il ricavato «dovrebbe riversarsi in un fondo per le pensioni minime» (norma approvata col voto favorevole della sola maggioranza). Quanto alla geopolitica, Giannini apprezza la neutralità dei gialloverdi (specie 5 Stelle) sulla crisi del Venezuela, dove l’Eni ha forti interessi dopo gli accordi col governo Maduro (meglio non ripetere l’autogoal della Libia). Capitolo migranti: gli sbarchi sono calati del 95%. Salvini, leale coi grillini, non ha però espulso nessun clandestino. Tra le novità maggiori, di cui non si parla, secondo Giannini c’è il problema idrogeologico: 11 miliardi di euro in tre anni stanziati per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio. In altre parole, «finalmente usciamo dal medioevo». Volendo, si può parlare anche della legge anticorruzione, che «ha inasprito le pene per i reati di corruzione e ha modificato la prescrizione, rendendola meno “agevole”». Di fatto, «è stata aumentata la trasparenza su fondazioni e donazioni ai partiti».Nota dolente, il rapporto deficit-Pil: il governo ha ceduto a Bruxelles, calando dal 2,4 al 2,04%. Ma attenzione: Pd e Forza Italia avrebbero subito un semplice 0,8% senza battere ciglio. Siamo a un 2% pieno: «Il valore simbolico rappresentato da questo livello è importante – dice Giannini – sebbene non rappresenti la manovra espansiva di cui avremmo bisogno per uscire dalla crisi e per una efficace reindustrializzazione». I “paletti” di Bruxelles, come noto, vietano politiche di questo tipo. «Al contrario di ciò che viene detto dai media, sforando ci si indebita ma si permette all’economia di ripartire (e di rientrare dello sforamento con un surplus in sviluppo)». Purtroppo continua Giannini, la congiuntura mondiale – che vede anche la Germania col segno meno – si riflette sullo Stivale. L’analista già di area 5 Stelle cita anche il decreto sblocca-cantieri, che «renderà più trasparenti le gare d’appalto, semplificando la burocrazia che ne rallenta la realizzazione». Sta inoltre per essere attivato il Fondo Nazionale Innovazione, che rispetto ai precedenti 200 milioni destina un miliardo di euro all’anno per chi apre una startup.Sono infine stati stanziati 45 milioni in 3 anni per la blockchain, tecnologia che segnerà una rivoluzione paragonabile a Internet, «un database in cui verranno registrate transazioni di ogni tipo, che favorirà il flusso di informazioni dal commercio, alla medicina, dall’industria e alla finanza, riducendo la burocrazia». L’impressione generale, conclude Giannini, è che questo governo sia davvero un esecutivo “del fare” e che stia cercando coraggiosamente di impiegare le poche risorse a disposizione nel modo più “performante” e produttivo. «Assistendo ai molti dispositivi messi in gioco su trasparenza, semplificazione, riduzione del carico fiscale sulle imprese ed estensione dei diritti sociali – dice – mi sento di non rilevare un appiattimento sulla Lega da parte del M5S». Sembra tuttavia che questa falsa rappresentazione «sia dovuta in larga parte al frastuono da campagna elettorale di stampa e Tv», oltre che «all’enfatizzazione della questione migratoria rispetto alle questioni socio-economiche e giuslavoriste». Come dire: lasciamoli lavorare. Non hanno ancora risultati smaglianti da esibire, ma di problemi ne stanno risolvendo ogni giorno, e non pochi, grazie a una fatica che il più delle volte non affiora, sui soliti media.Non sparate sul governo gialloverde: sta facendo molte più di quanto non si veda, specie sui grandi media (tutti schierati all’opposizione). Lo sostiene l’antropologo Marco Giannini, studioso di economia, un tempo vicino ai 5 Stelle. Sbagliano, giornali a televisioni, a descrivere l’azione dell’esecutivo come fallimentare: da una parte fanno leva sullo spread – che non misura l’economia ma solo la speculazione finanziaria, complice la Bce (ai tempi della lira, infatti, lo spread non esisteva) – e dall’altra scaricano lo smottamento industriale su una compagine in carica da meno di un anno. La produzione industriale ha perso il 5,5%: solo un cretino potrebbe non capire che un simile cedimento è dovuto a «questi 8 anni di lunga, controproducente e immotivata austerità», scrive Giannini, in una riflessione ripresa da “Come Don Chisciotte”. Rigore immotivato? Ma certo: perché l’Italia – ricorda Giannini – è in avanzo primario da anni. Cioè: lo Stato intasca, in termini di tasse, più di quanto non spenda, in servizi, per i cittadini. Il famoso debito pubblico? Colpa dei tassi d’interesse. Potrebbero essere normalizzati? Certo: «Servirebbero circa sette anni per “ripulire” il debito da questo aspetto critico», se solo la Bce «operasse come le normali banche centrali». Per contro, l’Italia ha partite correnti invidiabili (ottimo equilibrio import/export). E il governo? Ci crediate e no, insiste Giannini, sta lavorando sodo – checché ne dicano i media, legati a Pd e Forza Italia, spodestati nel 2018.
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Kagame: volete in Africa la democrazia che non avete in Ue
L’Europa ha riscoperto il suo interesse per l’Africa a causa della crisi migratoria? L’Europa ha trascurato l’Africa. L’Africa avrebbe dovuto essere un partner, da scegliere anche solo in base alla nostra storia comune. Ma gli europei hanno semplicemente avuto un atteggiamento sbagliato. Sono stati presuntuosi. L’Europa ha creduto di rappresentare tutto ciò che il mondo ha da offrire; che tutti gli altri potessero solo imparare dall’Europa e chiedere aiuto. Questo è il modo in cui gli europei hanno gestito l’Africa per secoli. E questo sta iniziando a cambiare, a causa di alcuni fatti. L’Europa ha capito che le cose non sono così rosee nel suo stesso continente. La migrazione è solo una parte del problema, solo una parte di ciò per cui i cittadini europei sono scontenti. Basta guardare a tutte le proteste e al cambiamento del panorama politico. La rabbia è diretta contro gli errori commessi dalla leadership politica. La popolazione africana raddoppierà entro il 2050. Solo per questa ragione, molte persone potrebbero prendere il cammino dell’Europa nei prossimi anni. Non è solo una questione di dimensioni della popolazione. Quello che conta è il contesto in cui cresce la popolazione. La Cina ha 1,3 miliardi di abitanti. Tuttavia, non si sono viste legioni di cinesi migrare illegalmente in altri paesi.Anche se la popolazione dell’Africa non crescesse, in molti posti la povertà sarebbe ancora così grande che le persone cercherebbero alternative. L’Europa ha investito miliardi su miliardi di dollari in Africa. Qualcosa deve essere andato storto. In parte, è che questi miliardi avevano un biglietto di ritorno. Sono fluiti in Africa e poi tornati di nuovo in Europa. Questo denaro non ha lasciato nulla sul terreno, in Africa. Alcuni di questi soldi potrebbero essere scomparsi nelle tasche dei leader africani? Supponiamo per un momento che sia così. L’Europa sarebbe davvero così pazza da riempire di denaro le tasche di ladri? Potrebbe anche esserci un’altra ragione per cui il denaro non ha prodotto risultati: perché è stato investito nel posto sbagliato. Dove dovrebbero andare i fondi per lo sviluppo? Nell’industria, nelle infrastrutture e nelle istituzioni educative per la gioventù africana, il cui numero sta crescendo rapidamente. Questo è l’unico modo per avere un dividendo demografico. La Cina è attiva in Ruanda, ma non in modo inappropriato. Le nuove strade in Ruanda sono in gran parte costruite con denaro europeo. A volte ci sono subappaltatori cinesi. L’impegno della Cina in Africa è buono, ma può ancora essere migliorato. Gli africani devono soprattutto lavorare su se stessi.In Ruanda, conosciamo la nostra capacità e quali proposte cinesi dobbiamo accettare, in modo da non sovraccaricarci di debiti. Ma ci sono anche paesi che non hanno fatto buoni accordi e ora si stanno strangolando. Questi paesi sono incappati nella trappola del debito(non tutti, ma può succedere). Dipende da noi africani. Non sappiamo come negoziare con la Cina? Certamente i cinesi non sono qui solo come filantropi per aiutarci. C’è un problema relativo alle élite in Africa, decisamente. L’Africa è rimasta un continente di cui le persone, semplicemente, si servono. Quali sono i fattori chiave per lo sviluppo? La prima cosa (la più importante) è investire nella propria gente, nella salute e nell’educazione. In secondo luogo, devi investire denaro in infrastrutture e, in terzo luogo, in tecnologia. Stiamo cercando di creare sistemi di valore che ci consentano di essere più efficienti: turismo, informatica, energia. Ma soprattutto vogliamo fornire una migliore educazione ai nostri cittadini per favorire l’innovazione e l’imprenditorialità. Una visione sul mio paese tra 20 anni? Abbiamo iniziato nel 2000 con un piano per il 2020. Ora abbiamo elaborato un nuovo piano dal 2020 al 2050, diviso in due fasi di 15 anni. La nostra visione è quella di costruire un paese stabile, sicuro, prospero e sostenibile, in cui i nostri cittadini possano vivere una vita buona in un ambiente incontaminato.Purtroppo, l’Occidente impone i suoi standard democratici agli altri. L’ipocrisia degli europei è sorprendente. Predicano ciò che non praticano loro stessi. Perché c’è questo fallimento in Europa? A causa della democrazia? Se democrazia significa fallimento, allora la democrazia europea non è qualcosa che dovrei praticare. La gestione europea della crisi dei rifugiati? L’Europa ha un problema di migrazione perché non è riuscita ad affrontare il problema in anticipo. Invece di aiutare l’Africa, ha ulteriormente impoverito il continente. Non mi fraintendete: non sto dando all’Europa tutta la colpa del problema della migrazione. È un problema condiviso. Gli africani devono chiedersi perché c’è questo caos, con la gente che continua a fuggire dalle proprie terre. Di questo non può essere ritenuta responsabile l’Europa. Ma gli europei vogliono modellare gli altri a loro immagine. Lamentano costantemente che l’Africa è piena di dittatori. Che è un modo per dire: “Noi sì che siamo liberi, l’Europa è il paradiso, vieni!”. Così l’Europa ha invitato gli africani, fino ad oggi.(Paul Kagame, dichiarazioni rilasciate a Christian Ultsch del quotidiano austriaco “Die Presse”, riprese dal ruandese “The New Times” e tradotte da “Voci dall’Estero” il 3 marzo 2019. Kagame è ininterrottamente presidente del Ruanda dal 2000).L’Europa ha riscoperto il suo interesse per l’Africa a causa della crisi migratoria? L’Europa ha trascurato l’Africa. L’Africa avrebbe dovuto essere un partner, da scegliere anche solo in base alla nostra storia comune. Ma gli europei hanno semplicemente avuto un atteggiamento sbagliato. Sono stati presuntuosi. L’Europa ha creduto di rappresentare tutto ciò che il mondo ha da offrire; che tutti gli altri potessero solo imparare dall’Europa e chiedere aiuto. Questo è il modo in cui gli europei hanno gestito l’Africa per secoli. E questo sta iniziando a cambiare, a causa di alcuni fatti. L’Europa ha capito che le cose non sono così rosee nel suo stesso continente. La migrazione è solo una parte del problema, solo una parte di ciò per cui i cittadini europei sono scontenti. Basta guardare a tutte le proteste e al cambiamento del panorama politico. La rabbia è diretta contro gli errori commessi dalla leadership politica. La popolazione africana raddoppierà entro il 2050. Solo per questa ragione, molte persone potrebbero prendere il cammino dell’Europa nei prossimi anni. Non è solo una questione di dimensioni della popolazione. Quello che conta è il contesto in cui cresce la popolazione. La Cina ha 1,3 miliardi di abitanti. Tuttavia, non si sono viste legioni di cinesi migrare illegalmente in altri paesi.
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Q-Anon: guerra segreta contro il Deep State, anche in Ue
Se è una fiaba, è bellissima. Infatti, testate come “Wired” e il quotidiano web “Next” di Enrico Mentana l’hanno già dichiarata una schifezza, nient’altro che una bufala. Stefano Fait, consulente strategico internazionale per aziende ed entità pubbliche, la prende sul serio. Si tratta di Q-Anon, sigla-fantasma che sta invadendo il web. Distilla informazioni spesso preziose, sempre esatte, precise, coerenti. Lo stile, dice Fait, è quello dell’intelligence militare Usa. Campo d’azione: guerra psicologica. Obiettivo: colpire e affondare il maledetto Deep State che ha globalizzato il capitalismo finanziario più predatorio, criminale e terrorista. Il piano: rovesciare l’élite neoliberista planetaria, che ha in pugno i grandi media. Non mi stupirei, dice Fait – intervistato da Fabio Frabetti a “Border Nights” – se domani si scoprisse che Trump, Putin e Xi-Jinping sono segretamente alleati, in questa operazione di portata epocale. Passaggi cruciali: le elezioni europee e poi le presidenziali americane, che Q-Anon prevede saranno precedute da una vigilia turbolenta e violentissima. In Europa, la bistrattata Italia gialloverde gioca il ruolo dell’ariete contro il sistema Ue-Bce. Immediata risposta francese, i Gilet Gialli: una regia unica. La rivolta in Francia, stranamente organizzatissima, è scattata dopo il fatale tweet di Trump: «Make France great again».Che cos’è Q-Annon? Il solito network di “whistleblower”, come Wikileaks? Non esattamente: Anonimo-Q sarebbe «un’intelligence mista, militare e civile», riassume “Border Nights” sul suo sito. «Un’unità speciale, cabina di regia congiunta all’interno di Nsa e Dia, rivali di Cia e Fbi». Struttura-ombra, che sarebbe stata creata nientemeno che da John Fitzgerald Kennedy, e che ora ne starebbe «vendicando la morte». Le informazioni trasmesse tramite forum selezionati (“4chan” e poi “8chan”, come Jackie Chan) sono «una via di mezzo tra codici da decifrare e moderne parabole in linguaggio sapienziale, come le potrebbero formulare esperti di intelligence militare». In sostanza, Q-Anon «dissemina idee e nozioni nelle coscienze delle persone, fungendo da catalizzatore cognitivo e spirituale, prima ancora che politico». Cosa vuole Q-Anon? «La graduale rimozione di una mafia globalizzata che ha preso il controllo di quasi tutte le nazioni-chiave del mondo, a partire dal sistema bancario», gestendo direttamente «traffico di esseri umani e di organi, traffico di armi e di droga, segreti industriali». Obiettivo finale: «La creazione di una cittadinanza consapevole e resiliente, che prevenga il ripetersi di questa mostruosità».Fondamentalmente, secondo Fait, assistiamo al passaggio di consegne del potere «dall’élite bancaria psicopatica o sociopatizzata a una nuova élite scientifico-militare», che per molti versi assomiglia a quella che governa “Tomorrowland”, la “terra di domani”, nell’omonimo film. Rischio: una volta preso il comando, i “buoni” potrebbero comportarsi esattamente come i “cattivi”, secondo lo schema orwelliano della “Fattoria degli animali”. Stefano Fait è consapevole del pericolo, ma si dichiara costretto a registrare l’avvento di Q-Anon come una realtà inedita e assolutamente credibile. «Mi occupo principalmente di decifrare il presente per anticipare il futuro per aziende e amministrazioni pubbliche», spiega. «Q-Anon coinvolge decine di milioni di persone in tutto il mondo. I maggiori quotidiani e le Tv internazionali ne parlano, celebrità citano le formule rituali nelle reti sociali. Non si può fingere che non stia accadendo nulla». Secondo Fait, l’operazione Q-Anon «ha tutto quel che occorre per diventare il più vasto fenomeno sociale da quando esiste Internet, superando in intensità il Sessantotto e i figli dei fiori». Da cosa lo deduce? Dalla cronometrica, micidiale precisione dei “drop” immessi nella rete: contengono previsioni dettagliatissime, che rivelano l’autorevolezza delle fonti. E cioè: gli uomini del Pentagono che stanno proteggendo Trump.Geopolitica, innanzitutto: è in corso una guerra a tutto campo. Pietra miliare, la Brexit: «Sono convinto che la Gran Bretagna ne uscirà bene: non ci sarà nessun accordo con Bruxelles, non ci sarà nessun replay del referendum e il Regno Unito ci guadagnerà, dal divorzio, con grande scorno degli eurocrati». Poi l’Italia: «Da fonti certe – aggiunge Fait – so che l’opzione gialloverde era sul tappeto già prima delle elezioni. Missione: creare un governo non suddito di Bruxelles». I gialloverdi sono ammaccati, non sono riusciti a ottenere nulla – se non l’ostilità feroce dell’Ue. «Ne pagheremo il prezzo», dice Fait, «ma molto dipenderà dalle europee di maggio: nessuno sogna che le forze populiste-sovraniste possano davvero vincere, ma si spera che crescano abbastanza da acquisire sufficiente potere negoziale per impedire all’eurocrazia di proseguire con l’attuale politica di austerity». Dall’Europa – dove l’altra pedina sono i Gilet Gialli – i misteriosi promotori di Q-Anon si aspettano un successo, che aiuti Trump a restare alla Casa Bianca tra due anni. In altre parole: il piano procede se i vari Merkel e Macron rimediano una forte battuta d’arresto.Attento “esegeta” degli indizi cifrati di Q-Anon, Fait invita a indossare gli occhiali giusti, al di là delle retoriche politicanti cavalcate dalla disinformazione quotidiana del mainstream. Trump, per esempio: ha abbattuto le tasse e fatto volare l’occupazione, attacca Wall Street e la Fed, ha “smontato” molte regole globaliste del Wto. Attenzione: il Russiagate si sta sgonfiando, per ammissione dei suoi stessi “inventori”. Politica estera? Altri successi: le due Coree si stanno pacificando, e l’Isis sta sparendo dal Medio Oriente (dopo che gli Usa hanno dato via libera alla Russia, in Siria). Come aveva agito, Trump, in prima battuta? Abbaiando. Lo scopo: illudere il Deep State e dare tempo alla trattativa. Ma non solo: decifrando Q-Anon, Fait sfodera un ragionamento sofisticato: «Minacciare un imminente intervento militare ha un effetto preciso: fa uscire allo scoperto la rete nascosta del “nemico interno”, che a quel punto si attiva e diventa finalmente riconoscibile, agli occhi della contro-intelligence che la sta mappando». E’ esattamente quello che sta succedendo in Venezuela, scommette Fait: «Le minacce contro Maduro – roboanti come quelle contro Kim e Assad, finite nel nulla – porteranno alla luce le pedine del vecchio potere globalista e i loro legami. L’obiettivo finale è battere i peggiori settori del Deep State, annidati sia tra i sostenitori di Maduro che tra quelli di Guaidò».Troppo bello per essere vero? L’ennesima leggenda del web? Stefano Fait non la pensa così, anche se resta giustamente cauto: aspettiamo qualche mese, dice, e vedremo se le previsioni di Q-Anon saranno esatte. In ogni caso, aggiunge, la struttura-ombra sembra davvero impegnata nella “madre di tutte le battaglie”: spazzare via il peggior neoliberismo, che considera frutto – almeno, negli Usa – di veri e propri “traditori della patria”, divenuti mercenari (plutocrati cinici e apolidi, senz’altra bandiera che il denaro). C’è davvero una specie di esercito della salvezza, dietro la ruvida maschera di Trump? Secondo gli scettici, si tratta della solita trappola: è solo una guerra di potere, interna all’élite. Vale anche per la periferia dell’impero: basti vedere il cedimento italiano sul deficit e la conferma della legge Lorenzin sui vaccini. Tutto è teoricamente ambivalente, osserva Fait: se oggi Big Pharma intasca il grande business dei vaccini “sporchi”, non è detto che, domani, vaccini di nuova generazione – finalmente “puliti” e sicuri – non possano giovare alla salute dell’umanità.Si stanno verificando vere e proprie stranezze, come l’anomala insistenza parallela – di Trump e di Putin – sulla diffusione della temuta tecnologia G5. Molti esperti avvertono: le onde al altissima frequenza potrebbero “friggere” il cervello. E se domani – si domanda Fait – il G5 venisso reso sicuro, e impiegato per mettere fine alla politica della scarsità artificiale? Idem le cosiddette scie chimiche. «Scandaloso il silenzio dei media: i cieli di Tokyo sono puliti, come quelli cinesi, mentre da noi sono rigati dalle scie persistenti rilasciate dagli aerei». Ma, di nuovo: «Siamo certi che non siano un dispositivo a nostra tutela, per contrastare le alterazioni del clima?». Lo stesso Fait non vende certezze, si ferma onestamente alle domande. Però insiste: l’operazione Q-Anon ha l’aria di essere molto seria, più di quanto possiamo immaginare.Se è una fiaba, è bellissima. Infatti, testate come “Wired” e il quotidiano web “Next” di Enrico Mentana l’hanno già dichiarata una pagliacciata, nient’altro che una bufala. Stefano Fait, consulente strategico internazionale per aziende ed entità pubbliche, la prende sul serio. Si tratta di Q-Anon, sigla-fantasma che sta invadendo il web. Distilla informazioni spesso preziose, sempre esatte, precise, coerenti. Lo stile, dice Fait, è quello dell’intelligence militare Usa. Campo d’azione: guerra psicologica. Obiettivo: colpire e affondare il maledetto Deep State che ha globalizzato il capitalismo finanziario più predatorio, criminale e terrorista. Il piano: rovesciare l’élite neoliberista planetaria, che ha in pugno i grandi media. Non mi stupirei, dice Fait – intervistato da Fabio Frabetti a “Border Nights” – se domani si scoprisse che Trump, Putin e Xi-Jinping sono segretamente alleati, in questa operazione di portata epocale. Passaggi cruciali: le elezioni europee e poi le presidenziali americane, che Q-Anon prevede saranno precedute da una vigilia turbolenta e violentissima. In Europa, la bistrattata Italia gialloverde gioca il ruolo dell’ariete contro il sistema Ue-Bce. Immediata risposta francese, i Gilet Gialli: una regia unica. La rivolta in Francia, stranamente organizzatissima, è scattata dopo il fatale tweet di Trump: «Make France great again».
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Meno pensi e più consumi: per questo ci rubano il tempo
Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza… La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?Nel film “Non ci resta che piangere”, con Benigni e Troisi, Leonardo è un ritardato. Leonardo era lento, molte commissioni gli sono state tolte perché non finiva in tempo i lavori: per fare le cose si prendeva i suoi tempi. Era lento, ma questo non gli ha impedito di scrivere 13.000 pagine di studi. Impegnava il tempo secondo i suoi principi. Il tempo è un bene collettivo, ma anche individuale. Il tempo è denaro, si dice, ma non è vero: il tempo non è denaro. Il denaro è fungibile, il tempo no: se ti rubo 100 euro potrai sempre recuperarli, ma se ti rubo un’ora non te la ridarà nessuno. E questo è fondamentale per capire qual è la chiave di volta a cui siamo arrivati, nel nostro sviluppo evolutivo. Il sistema, l’intero sistema di potere mondiale, è fondato sulla sottrazione del nostro tempo. Il tempo ci dev’essere sottratto, ci dev’essere tolto: perché, in quanto moneta infungibile, diventa la vera risorsa del sistema di potere. Quindi la vera risorsa non sono i nostri soldi, ma il nostro tempo. La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate.In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no? E quindi il sistema ci deve togliere il tempo per non farci pensare. Ma dato che noi abbiamo l’esigenza del racconto, ci dà Facebook – che è un modo di sottrarre il tempo, evitando però di pensare: chi è che si va a riguardare le scemate che ha scritto in precedenza? Facebook non è un libro, un quaderno. E poi a un certo punto ti impedisce di andare indietro. E’ l’ennesimo sistema costruito ai fini del grande progetto: la sottrazione del tempo.Noi non pensiamo, perché il tempo ci viene sottratto. E siccome non pensiamo, non partecipiamo. Chi di noi partecipa al sistema politico? Chi di noi si iscrive al partito che ha votato, andando a rompere i coglioni ai congressi e facendo causa per averli, i congressi? Certo, nessuno nega che anche Facebook abbia anche i suoi aspetti positivi, la capacità di veicolare idee. Del resto, nessuna cosa è mai interamente negativa. In una rivisitazione del “Dottor Jekyll”, Mister Hide deve fare un’azione malvagia, pesca un pesciolino dalla boccia e dice “adesso lo do al gatto”, ma poi ci ripensa: “No, così il gatto gode”. Avrebbero mai dato uno Stato a Israele senza i 6 milioni di ebrei sterminati da Hitler? Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità.Se ti convinco, una tantum, a fumarti un sigaro particolare, tu non diventi un fumatore. E non sei un fumatore se ti fumi quattro sigari all’anno, nelle ricorrenze. Quand’è che diventi un fumatore? Quando io ti fabbrico l’oggetto astratto – l’astrazione di un piacere – che è la sigaretta: te la fumi, senza più neppure accorgerti che stai fumando. Devi arrivare al gesto per cui tu compri senza pensare a quello che stai comprando. Mangi, senza sapere che stai mangiando. Devono toglierti quello che c’è dietro alle cose, ai gesti – mangiare, fumare. Non necessariamente sarebbero morte di cancro migliaia di persone. Una volta il tabacco non lo si fumava, lo si annusava. Nessuno sarebbe morto di cancro, ma non sarebbe neanche nata la Philip Morris. Le cose devono funzionare in quel modo: la sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perché le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani. E’ stato costruito uno schema per cui la quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell’uomo di 400 anni fa.Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata. L’uomo del ‘400 non ti diceva “ok, lo faccio subito”, ma “lo faccio dopo”: era la difesa del principio in base al quale lui sceglieva come destinare il proprio tempo. Su questo presupposto, il vero atto rivoluzionario è riappropriarsi del tempo. Ognuno di noi lo può fare. E’ semplice, ed è alla base di tutto: adottare un certo tipo di alimentazione, costruire un vissuto diverso. Alla base di tutto ci dev’essere la riappropriazione del tempo. E’ vero che lavoriamo 8 ore, ma poi tendiamo a perdere anche le altre. Il tempo non è perso se ho visto una cosa che non mi è piaciuta, se ho scelto di vederla, perché anche quella è un’esperienza. Il tempo è perso se sono a una conferenza noiosa e non l’ho deciso io, di andarci. E il tempo perso non è restituibile. Anche all’interno dello schema della società odierna, noi potremmo riappropriarci di una serie di cose. Rispetto ai concetti più complicati di consapevolezza e rivoluzione personale, questa è una cosa più semplice da spiegare, da far capire. Se a un certo punto ognuno di noi, nel suo piccolo, fa questa operazione su se stesso e la stimola nelle persone che gli sono vicine, scopre che questo è l’unico modo – vero – per recuperare energie per poi rifare progetti e rimettersi in moto.Dalla fine del ‘900 stiamo vivendo nel picco più basso, a livello di consapevolezza. E’ il più alto tecnologicamente, ma non ci serve a nulla. Perché la tecnologia è stata sviluppata? Per fotterci il tempo. Esce il telefonino nuovo e te lo devi comprare. Esce il computer nuovo che ti fa risparmiare del tempo, ma quel tempo lo perdi lavorando come un matto per trovare i soldi necessari a quegli acquisti. Quando dirigevo “Pc Magazine” scrissi un editoriale nel quale dicevo: non comprate l’ultimo modello, perché vi fa risparmiare un’ora di lavoro ma ve ne fa perdere dieci per pagarlo. Il direttore italiano di Cisco ci tolse la pubblicità e inviò una lettera di fuoco, di tre pagine. Risposi con due parole: “Sopravviveremo entrambi”. Tutto è costruito per fotterci il tempo. La macchina da 50 milioni di euro, che può essere il sogno della mia vita, convive col divieto di superare i 130 chilometri orari. Che me ne faccio, allora, di una Ferrari? Eppure la gente continua a comprare le Ferrari: l’automatismo è formidabile, è un sistema micidiale.A chi non piacerebbe una bella casa, con parco e piscina? Ho un amico industriale che ne ha una così, vicino a Milano, ma è stata costruita su una vena radioattiva che risale all’evento di Chernobyl. Un umanista come Leon Battista Alberti per prima cosa domanda: dove la fate, la casa? Chi si pone mai il problema del “dove”, dell’orientamento fatto in modo serio? Il Feng Shui dell’80% degli architetti italiani è una truffa, ma il vero Feng Shui si fonda sullo stesso principio del Padre Nostro, “così in cielo così in terra”, in alto come in basso. Ci sono energie che vengono da sopra e energie che vengono da sotto. Quelle che vengono da sotto vennero studiate a tutti i livelli: da egizi, persiani, alchimisti. E si chiama tellurismo. Ora, studiare la ragnatela del tellurismo, la ragnatela geo-magnetica, non è semplice. Se uno la conoscesse davvero, potrebbe prevenire i terremoti. Io ho un caro amico, Giampaolo Giuliani, che i terremoti li prevede. Ci ha sempre azzeccato, perché rileva il radon, cioè l’espressione del tellurismo: è il gas che circola e viene liberato quando le vene, i canali in cui viaggia si rompono, e quindi sale. Ma non c’è pericolo che gli architetti “chic” ne sappiano qualcosa, di tellurismo: anche a loro hanno tolto il tempo.Il problema è che la sottrazione del tempo è innanzitutto è un’operazione di consapevolezza individuale: ci ha reso aggressivi e vendicativi. Noi abbiamo un altissimo coefficiente di aggressività, vendicatività e incapacità di subire un torto. Alla fine, subire un piccolo torto non è la fine del mondo: se uno ti passa davanti nella coda, e tu non hai fretta, che te ne importa? Noi litighiamo anche quando non abbiamo fretta: perché? Perché la sottrazione del tempo ci ha reso ipersensibili anche in questo senso. Siamo convinti che non dobbiamo essere fregati. E non capiamo che, in una vita sociale, un poco dobbiamo essere fottuti tutti quanti. Siamo esseri sociali, dopotutto. E allora è molto meglio stabilire un limite entro il quale sopportare, e reagire solo quando quel limite è oltrepassato. Invece, la maggior parte di noi reagisce sempre. Succede quando ti tolgono il tempo, quando non hai più il tempo di pensare a quello che stai facendo, il tempo di contare fino a dieci. Se tu potessi contare fino a dieci, se fossi abituato a prenderti il tempo, non t’incazzeresti. Ma siccome non sei più abituato a prenderti il tempo, t’incazzi. Questo è il meccanismo.I primi che si fottono il tempo da soli siamo noi. Se al posto di Facebook avessimo un diario serio lo scopriremmo, che ci fottiamo il tempo. Il problema vero, centrale, è che rispetto a tutte le scelte – alimentazione, qualità della vita, piccole rivoluzioni personali – la prima cosa che dobbiamo fare è riprenderci il tempo. L’alta velocità? Assurda. Cos’era il senso del viaggio, 500 anni fa? Se Marco Polo fosse potuto andare da Venezia in Cina in aereo, avrebbe mai scritto il “Milione”? Il senso del viaggio qual è? Chi si organizza le vacanze lo fa, il ragionamento sul senso del viaggio? No, certo, perché gli hanno fottuto il tempo. La sottrazione del tempo coinvolge ogni aspetto della vita. “L’ozio e il negozio” dei latini si colloca perfettamente in questo quadro: tutte le cose in cui bisognava pensare erano delegate all’“otium”, non al “negotium”. Seneca dice che, se non fai un buon “otium”, ti va male il “negotium”: se non pensi le cose giuste, mentre fai l’“otium” con calma, poi nel “negotium” ti prendi le mazzate. In realtà c’è questo respiro, tra le cose che devi fare entro certi schemi e le cose che devi fare fuori dagli schemi. Se tu questo equilibrio lo alteri, e fai tutto dentro gli schemi, la tua creatività è morta.Le nostre energie sociali, la capacità di avere progetti, di scoprire cose, di scoprire nuovi modi di vivere, sono zero. Diventiamo degli ottimi consumatori: alla Coop, all’Esselunga. Da anni, altri ci fanno fare quello che vogliono loro, e noi non ce ne preoccupiamo. Anche Sant’Agostino diceva “fa’ quel che vuoi”. La gente lo fraintendeva, e pensava che fosse epicureo. Poi nella “Città di Dio” l’ha spiegato: “Fa’ quello che vuoi” significa che devi fare quel che vuoi veramente, non quello che ti spingono a fare. “Fa’ quel che vuoi” non significa andare a cercare tutti i piaceri del mondo, perché potresti scoprire che non è quel che vuoi, se ci pensi bene. «La felicità è semplice, basta inseguire il piacere; però è quasi impossibile, perché bisogna capire qual è il piacere» (Epicuro).(Gianfranco Carpeoro, estratti della conferenza “Il grande complotto: la sottrazione del tempo” tenutasi a Milano nel giugno 2012, ripresa in video su YouTube, trascritta da Dionidream” e pubblicata da “La Crepa nel Muro”. Massone, già gran maestro del Rito Scozzese italiano, Carpeoro è stato avvocato e pubblicitario. Giornalista e scrittore, allievo di Francesco Saba Sardi, è considerato uno dei massimi studiosi di esoterismo e linguaggio simbolico).Il rapporto tra la velocità e il tempo è cambiato solo negli ultimi quattro secoli: alla velocità è stato assimilato un significato di efficacia, di efficienza, mentre alla lentezza viene attribuito un coefficiente simbolico di ritardo e inefficienza. Una persona che ha dei problemi la chiamiamo “ritardata”: tendiamo a considerare poco efficiente chi, magari, una cosa la capisce dopo – chi risponde dopo, chi reagisce dopo. E’ un ritardo, che per noi oggi è automaticamente un’inefficienza, un’inabilità. Quante volte usiamo l’espressione “perdere tempo”? I latini dicevano “festina lente”, cioè “affrettati lentamente”. Per circa due secoli è stato il motto di case nobiliari nonché del veneziano Aldo Manuzio, il primo editore del mondo. Già nella favola di Fedro, la tartaruga batte la lepre. Il “festina lente” lo ritroviamo nei testi più misteriosi, all’origine del rosacrocianesimo, e in Giordano Bruno, nel famoso dialogo de “La cena delle ceneri”. Manzoni, nei “Promessi sposi”, lo cambia in “adelante, cum judicio”: veloce, ma con prudenza… La velocità percepita come virtù è un’acquisizione molto recente. Attribuire alla velocità un valore positivo e alla lentezza un valore negativo può non essere una cosa utile, in senso assoluto: chi ha detto che il boia che dice “domani” è peggio del boia che dice “subito”?
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Test rischiosi: anche Russia e Cina manipolano la ionosfera
A manipolare il clima non ci sono solo gli Usa con la loro discutibile geoingegneria, il sistema Haarp-Muos e le sostanze rilasciate in atmosfera dagli aerei, come in parte ammesso dalla stessa Nasa. Anche Cina e Russia hanno condotto congiuntamente «un’opinabile serie di esperimenti per modificare l’atmosfera terrestre con onde radio ad alta frequenza». Lo afferma Peter Dockrill su “ScienceAlert”, in una segnalazione tradotta da “Come Don Chisciotte”. Da un impianto russo chiamato Sura Ionosferic Heating Facility, nei pressi della città di Vasilsursk a est di Mosca, scrive Dockrill, gli scienziati hanno generato onde radio ad alta frequenza per manipolare la ionosfera, mentre il satellite cinese Cses ha misurato dall’orbita gli impatti sul “plasma” (particelle di gas ionizzate) in perturbazione. La missione Cses (China Seismo‐Electromagnetic Satellite) è un’operazione spaziale congiunta, sino-italiana, «composta da un satellite per lo studio del campo magnetico, del plasma e dei flussi di particelle nell’orbita terrestre», precisa il traduttore del post, “Nickal88”. Non è la prima volta, avverte Dockrill, che viene condotta una ricerca come questa. Ma le notizie sugli sviluppi Cina-Russia – trasmesse attraverso un documento pubblicato sugli esperimenti e un recente articolo sul “South China Morning Post” – hanno accresciuto le preoccupazioni sulle potenziali applicazioni militari di questo tipo di scienza.Questo perché la ionosfera, e il gas ionizzato (“plasma”) che vi risiede, è cruciale per le comunicazioni radio: «Perturbando selettivamente le particelle cariche che costituiscono questa parte dell’alta atmosfera, gli scienziati o addirittura i governi potrebbero teoricamente aumentare o bloccare i segnali radio a lungo raggio», scrive Dockrill. «Anche questi esperimenti preliminari – condotti a giugno e apparentemente concepiti come un precedente per la futura ricerca correlata sulla ionosfera – hanno avuto effetti estremi». In uno degli esperimenti, l’area interessata dalle perturbazioni della ionosfera sembra aver coperto 126.000 chilometri quadrati. In un altro test, il gas ionizzato nell’atmosfera sarebbe aumentato in calore di 100 gradi Celsius (212 gradi Fahrenheit). Da parte loro, le persone coinvolte affermano che la ricerca è puramente scientifica e innocua per l’atmosfera. «Non ci atteggiamo ad essere Dio», ha detto al “South China Morning Post” un ricercatore non identificato che ha chiesto di rimanere anonimo: «Non siamo l’unico paese che fa squadra con i russi, altri paesi hanno fatto cose simili».La base Sura, riassume Dockrill, è stata fondata dall’Unione Sovietica nei primi anni ’80, ma si dice che sia stata d’ispirazione per un impianto di riscaldamento atmosferico ancora più grande negli Stati Uniti, il famoso Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program), costruito in Alaska circa un decennio dopo. Haarp è un impianto “a pompa ionosferica” notevolmente più potente di Sura: inizialmente è stato in parte finanziato dall’esercito Usa, ma ora è gestito dall’Università dell’Alaska Fairbanks. L’Us Air Force, aggiunge Dockrill, non ha rinunciato alla manipolazione atmosferica. E tra gli altri progetti, negli ultimi tempi ha investigato sullo sganciamento nell’atmosfera superiore di “bombe al plasma” di particelle cariche, per vedere come ciò influisce sulla ionosfera. Non è neppure da escludere che la Cina, a sua volta, stia costruendo un riscaldatore ionosferico avanzato: accadrebbe nella città di Sanya, nella provincia dell’isola di Hainan nel sud della Cina, che sempre il “South China Morning Post” sospetta che manipoli la ionosfera su tutto il Mar Cinese Meridionale.«Non ci sono prove che qualcosa di nefasto sia in corso», ammette Dockrill, «anche se la Russia è stata accusata da varie parti, quest’anno, di interferire con i segnali Gps, e gli esperimenti di manipolazione ionosferica potrebbero essere stati ipoteticamente implicati». Tuttavia, avverte Dockrill, è meglio stare attenti: come molti ricercatori hanno chiarito, «questo campo della scienza è stato per lungo tempo tormentato da teorie cospirative, destate da una blogosfera paranoica». Detto questo, anche alcuni scienziati appartenenti alla comunità di ricerca sulla manipolazione della ionosfera hanno trovato «un po’ strani» i recenti annunci sugli esperimenti del giugno scorso. «Questa cooperazione internazionale è molto inusitata per la Cina», ha detto – sempre al “Post” – il fisico e ingegnere Guo Lixin della Xidian University cinese, che non è stato coinvolto nei test. Secondo Lixin, «la tecnologia impiegata è troppo delicata». Le risultanze degli esperimenti, peraltro – conclude Dockrill – sono state regolarmente riportate su “Earth and Planetary Physics”.A manipolare il clima non ci sono solo gli Usa con la loro discutibile geoingegneria, il sistema Haarp-Muos e le sostanze rilasciate in atmosfera dagli aerei, come in parte ammesso dalla stessa Nasa. Anche Cina e Russia hanno condotto congiuntamente «un’opinabile serie di esperimenti per modificare l’atmosfera terrestre con onde radio ad alta frequenza». Lo afferma Peter Dockrill su “ScienceAlert”, in una segnalazione tradotta da “Come Don Chisciotte”. Da un impianto russo chiamato Sura Ionosferic Heating Facility, nei pressi della città di Vasilsursk a est di Mosca, scrive Dockrill, gli scienziati hanno generato onde radio ad alta frequenza per manipolare la ionosfera, mentre il satellite cinese Cses ha misurato dall’orbita gli impatti sul “plasma” (particelle di gas ionizzate) in perturbazione. La missione Cses (China Seismo‐Electromagnetic Satellite) è un’operazione spaziale congiunta, sino-italiana, «composta da un satellite per lo studio del campo magnetico, del plasma e dei flussi di particelle nell’orbita terrestre», precisa il traduttore del post, “Nickal88”. Non è la prima volta, avverte Dockrill, che viene condotta una ricerca come questa. Ma le notizie sugli sviluppi Cina-Russia – trasmesse attraverso un documento pubblicato sugli esperimenti e un recente articolo sul “South China Morning Post” – hanno accresciuto le preoccupazioni sulle potenziali applicazioni militari di questo tipo di scienza.