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Il piano: noi, Mario Draghi e il grande cimitero dei sogni
E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.Non sono facili da ricordare, i nomi degli abitanti del piccolo acquario zoo-politico nazionale: si tratta di esemplari comuni di ittiofauna minore e destinata a estinguersi senza lasciare traccia, pur avendo ingombrato le televisioni con la loro non-politica regolarmente emergenziale, vuota e cieca, orientata solo dagli umori volatili dai sondaggetti settimanali. Un copione sempre più increscioso ma in voga da decenni, cioè sin da quando i sogni sparirono dalla politica e finirono, uno dopo l’altro, nel loro speciale cimitero. Il primo grande ospite del mausoleo, secondo Bob Dylan, si chiamava John Kennedy: se viene ucciso come un cane l’Imperatore del Mondo, significa che il piano è partito da molto in alto, e con l’intento di fare moltissima strada. Del resto, un killer lo si trova sempre. E il piano dispone di un intero armadio di passaporti: da quello del Cile, dove assassinare Salvador Allende, a quello della Svezia, il paese in cui freddare il primo ministro Olof Palme sorpreso sottobraccio alla moglie, all’uscita di un cinema, come un cavaliere senza scorta. Un leader a cui non piaceva, la piega che stavano prendendo gli eventi: troppe ingiustizie, troppe bugie.Il piano eliminò il grande sindacalista panafricano Thomas Sankara, profeta della sovranità economica grazie a cui il continente nero avrebbe smesso di essere preda di razziatori e terra di emigranti. Nel cimitero lo seguì l’eroe di guerra Yitzhak Rabin, trasformatosi in campione della pace per spegnere un incendio durato mezzo secolo, usato come alibi da tutti gli incendiari, sotto qualsiasi bandiera. Il piano si era messo a correre, quando Bill Clinton aveva liberato da ogni vincolo la finanza speculativa, cancellando il Glass-Steagall Act con il quale Roosevelt aveva separato le banche d’affari dal credito ordinario. L’appetito degli arconti si fece smisurato: sfrattarono Gorbaciov e fecero un sol boccone della Russia, ma ancora non bastava. C’erano due torri, gemelle, da buttare giù: soffiò così forte, il Re dei Venti, da abbatterne anche una terza, neppure sfiorata da alcun aereo. Bastò a lordare di guerra mezzo mondo, inventando terrorismi tragicamente sanguinosi e pronti a fare strage persino nel cuore dell’Europa, il continente nel frattempo sottomesso con il più antico degli stratagemmi, il monopolio privato del denaro un tempo pubblico.In realtà, il germe primitivo del piano potrebbe essere antichissimo, stando alle memorie del plenipotenziario vaticano Giacomo Rumor, raccolte dal figlio Paolo nel saggio “L’altra Europa”: un’unica filiera scelta per esercitare un potere pressoché dinastico, ereditato addirittura 12.000 anni fa nella terra dei Sumeri, dai misteriosi rifondatori del pianeta. E architettato per dominare – attraverso regni, imperi e religioni, fino alla politica moderna – l’intera umanità post-diluviana, quella che ieri ascoltava il verbo di Greta Thunberg e oggi ha appena finito di assistere allo spettacolo madornale dell’elezione notturna di Joe Biden, dopo aver sentito raccontare che la peste del millennio sarebbe stata trasmessa all’uomo da un maledetto pipistrello. Non si scherza, coi signori del piano: una delle tombe più famose, nel cimitero dei sogni, è quella di Ernesto Che Guevara. E’ a due passi da quella di un altro comunista, Patrice Lumumba, fatto assassinare dal mercenario Moise Ciombé. Si può morire da idealisti, ma la mano del killer non risparmia nemmeno chi ha creduto di proteggersi ricorrendo anche al più spietato cinismo: ne sa qualcosa Muhammar Gheddafi.Poco importa che gli ordini vengano da Ur o da Washington, da Tel Aviv o da Betlemme, da Teheran o da Pechino: dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai, che il piano non ha patria. Vuole il mondo, e non da oggi. Lo vuole a qualsiasi costo: ieri facendo morire anche i bambini, in Grecia, rimasti senza medicine, e ora costringendo miliardi di individui a vivere nel terrore, faccia a terra, rinunciando per sempre alla loro relativa libertà. Quando accade qualcosa di mostruoso, il monitor va regolarmente fuori fuoco: lo racconta in modo impareggiabile Dino Buzzati, evocando un nemico incombente – i tartari – che in realtà non si vedono mai. Dove siamo finiti, se siamo arrivati al punto in cui è vietato pensare? Dove siamo, se – per decreto – è vietato anche respirare? Non avrai altro orizzonte che il mio vaccino, dice l’intruso che si è impadronito del pianeta con l’aiuto dei consueti avventurieri, a loro agio tra Wuhan e Parigi, New York e Riad. Dove siamo, se i cosiddetti social media tolgono la parola al presidente degli Stati Uniti, nell’agghiacciante indifferenza di giornali, televisioni e magistrati?Qui, siamo: nel cimitero dei sogni. Che però non è deserto, come potrebbe sembrare. C’è chi passeggia, in piena notte, tra quelle sepolture. Cammina e medita: sa che il piano non è una fantasia, purtroppo, ma non è neppure l’unico. Non c’è mai un solo piano, ce ne sono svariati. E non è detto neppure che i grandi decisori siano così unanimi, nell’attuare quello che appare il disegno dominante, coi suoi risvolti francamente tenebrosi. La storia – scrisse Montale – non è poi la devastante ruspa che si dice: lascia sottopassaggi, cripte, nascondigli. E’ bene non dimenticarlo mai, specie quando il cielo è così minaccioso da far temere il peggio, in mezzo alla desolazione di una dismisura che sembra irreparabile, letteralmente inaffrontabile come una misteriosa malattia, una peste terminale da fine della storia. Qualcuno può farlo deragliare, il piano, senza però che lo si sappia in giro: provvederanno i soliti storyteller, a piccole dosi, a somministrare caramelle ai bambini, il bacio della buonanotte. Si tratta anche di non turbarla troppo, la pace mortale dell’acquario: tutti quei pesci devono continuare a poter fingere di esistere.Smisero, i loro nonni – come ricorda Paolo Barnard – quando i grandi azionisti del piano scomodarono l’avvocato d’affari Lewis Powell, perché approntasse un vademecum. Istruzioni precise, su come intrappolare i sognatori in entrambi i modi, cioè stroncando brutalmente gli irriducibili e comprando tutti gli altri, uno alla volta. Nel mappamondo, la piccola Italia restava un osso duro: c’era da demolire l’Iri, il maggiore aggregato industriale dell’intera Europa, motore (pubblico) del ruggente boom privato. C’era da lavorare molto, per fabbricare una prigione scintillante, senza democrazia, i cui ospiti – italiani e francesi, tedeschi e inglesi – ricominciassero a guardarsi in cagnesco, facendosi le scarpe. C’erano narrazioni favolose, da inventare: sommi tecnocrati, filibustieri e capitani coraggiosi, tutta una classe politica da mandare al macero, o in esilio in Tunisia. C’erano eroi di latta, da lanciare in pista, a dire a tutti: rassegnatevi, d’ora in avanti avrete sempre di meno. E giù applausi scroscianti, anche se poi – incidentalmente – il tritolo disintegrava i giudici antimafia.Quando il fiato si è fatto pesante, sono arrivati infine i saltimbanchi a recitare le loro parodie, le piccole rivoluzioni da operetta. Gli hanno lasciato la scena, per qualche tempo, gli uomini del piano. Ma, al segnale convenuto, hanno ripreso il controllo e accelerato, spingendosi ben oltre l’immaginabile: segregazione obbligatoria e coprifuoco, come in guerra, grazie allo zelo di opportune marionette. Nessuna terapia: il copione prescrive la paura, come medicina unica. E il risultato – l’obbedienza – deve aver sbalordito gli stessi strateghi dell’azzardo: al punto da incoraggiarli a non avere più freni, osando l’inosabile, nel progettare il nuovo inferno per le pecore. Deve saperlo, chi cammina fra le tombe: non sarà facile trovare le parole per cambiare il piano. Serviranno trucchi, l’artificio creativo dell’affabulazione. Non c’è altro linguaggio, alla portata dell’acquario: bisognerà giocare con le stesse antiche frottole, riconvertendole in qualcosa di spendibile, titoli e slogan per l’eventuale nuova era, dando tempo ai frastornati e ai creduloni. Armarsi di pazienza è l’unico sistema, per chi davvero vuol provare a fare uscire i sogni dal loro cimitero.(Giorgio Cattaneo, 5 febbraio 2021)E’ notte fonda, e qualcuno passeggia: muove i suoi passi solitari nel cimitero dei sogni, tra i nomi di illustri caduti. Aldo Moro e la lira italiana, il Craxi di Sigonella, l’ultimo Andreotti che tentò di difendere l’Italia dal sacrificio rituale imposto dalla Germania come contropartita, in cambio della rinuncia al marco, onde ottenere dalla Francia il via libera all’agognata riunificazione di Berlino e Bonn. La Francia è ancora quella che lucra sottobanco la rendita imbarazzante del franco Cfa, sulla pelle di 14 paesi africani. Idem la Germania, col suo debito pubblico truccato e l’imbroglio della Kfw, banca pubblica travestita da banca privata, abilitata quindi a finanziare il governo all’infinito, alla faccia dell’Ue e della Bce, specie se anche al Reich mercantile di Angela Merkel toccano le spese extra dell’emergenza Covid. Là in fondo c’è l’Italia, con i suoi eroi come il presidente di Confindustria, che il martedì elegge l’oscuro Gualtieri a stratega del secolo e il mercoledì si genuflette all’altro genio, quello vero, chiedendogli da subito di tagliare le pensioni. L’establishment, lo chiamano. Il back office, il Deep State. L’élite, l’oligarchia. La crema di Davos, gli infidi scienziati del Grande Reset bio-politico, bipartisan e green, politically correct, psico-sanitario e orwellianamente zootecnico.
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La fanfara di Auschwitz e il nostro ultimo anno di orrori
Ma davvero siamo ancora qui, dopo un anno di litania funebre pandemica, a parlare di politicanti del calibro di Conte e Renzi, Di Maio e Zingaretti? Lassù giganteggia Angela Merkel, di cui Ambrose Evans-Pritchard sul “Telegraph” ha appena tracciato il mirabile bilancio: ha provocato la Brexit e distrutto l’idea stessa di unità europea come luogo desiderabile. Lo spettacolo, intorno? Monsieur Rothschild impone il coprifuoco alla Francia, l’anonimo Psoe spagnolo si finge socialista, la Grecia alla fame si arma fino ai denti contro la Turchia. E la residuale realpolitik italiana incassa con la mano sinistra una decina di miliardi di euro vendendo elicotteri e fregate all’Egitto, mentre con la destra auspica che l’Egitto faccia giustizia sul caso Regeni, massacrato a due passi dalla Libia, già italiana e poi francese, ora russo-turca in attesa di segnali di fumo dagli ologrammi insediati alla Casa Bianca, dopo la splendida e trasparente sconfitta elettorale inflitta al bieco Donald Trump. Poi, laggiù, resta l’Italia. Il paese di Pasolini e Primo Levi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli. Tutti morti: rimane Saviano, prendere o lasciare. Saviano e l’altro Papa, Bergoglio, quello che raccomanda il vaccino etico universale, per la gioia di Big Pharma, Bill Gates e gli apolidi demiurghi di Davos.E appunto, là in basso resta l’Italia: il mitico Recovery Plan solo scarabocchiato da Giuseppi, assistito dal leader del New Pandemic Consenus chiamato Marco Travaglio. Ecco Emma Bonino che invoca l’Alleanza Ursula, i 5 Stelle smarriti nel loro nulla, l’ectoplasma politico che si usa ancora chiamare Pd. Fantasmi: quello di Berlusconi e quello di Draghi vanno a spasso insieme all’ombra di Salvini, il babau di ieri, tra le strida di Giorgia Meloni. Della bomba all’uranio che ha sventrato la politica, tanti anni fa, non c’è più traccia. Girano mezze figure, sempre le stesse, sopravvissute a tutto: D’Alema e Bettini, Gianni Letta e suo nipote Enrico (che raccomanda la resa definitiva al Grande Reset antropologico, al Nulla Sarà Più Come Prima). Incidentalmente, il paese crolla: un milione di senza-lavoro, mezzo milione di mini-aziende chiuse. E gli italiani ancora tutti in casa, quieti, ad aspettare con fiducia la fine del mondo, davanti al televisore che forse quest’anno non trasmetterà l’imprescindibile Festival di Sanremo, giusto per adeguarsi ai teatri chiusi, ai cinema chiusi, ai concerti annullati insieme alle mostre, alle migliaia di negozi e locali sprangati, alle zone rosse, al distanziamento morale e religioso, al coprifuoco eterno, al Ricordati che Devi Morire.Chi l’avrebbe detto, che sarebbe finita così? Finita l’era Bush, sulle macerie dell’11 Settembre si erano aperti interrogativi finalmente luminosi. Persino il fuoco fatuo di Occupy Wall Street aveva aperto occhi dormienti: la Grande Ipocrisia aveva cominciato a dipingersi anche sulla maschera rassicurante di Barack Obama, rendendo evidenti le sozzure del backstage, tra le denunce di Julian Assange e quelle di Ed Snowden. Big Data, Big Tech, Big Tutto: ora siamo alla censura spudorata, alla carcerazione di massa, all’ora d’aria concessa (”consentita”) per portar fuori il cane, mentre a Berlino si allestiscono graziosi lager per eventuali renitenti al Trattamento Sanitario Obbligatorio prescritto dall’Autorità. Letteralmente assordante, il silenzio della cosiddetta società civile: industria, terziario, artisti, pensatori universitari, scrittori e cantanti. Ancora più epico il mutismo dei sindacalisti: zitti su tutto, mentre il casato Elkann si sbarazza della Fiat cedendola ai francesi, e trattando con la Cina per liberarsi anche di Iveco e New Holland, dopo aver intascato miliardi nel 2020 causa crisi pandemica (e milioni, per fabbricare mascherine), tenendo in pugno il suo impero editoriale, “Stampa” e “Repubblica”. Per un anno, su tutto questo ha vigilato l’oscuro Giuseppi, coi suoi Dpcm da Stato Libero di Bananas.Ora si rifà sul serio, che diamine: c’è in ballo l’Alleanza Ursula, caldeggiata da statisti del calibro di Gentiloni e Sassoli, con l’aggiunta del Franceschini Dario. Ursula über alles, la Madonna Pellegrina di Sassonia, nuovo faro della civiltà europea, quella che intanto continua, come niente fosse, a essere retta da una Commissione non elettiva e da una banca centrale privatizzata, cinghie di trasmissione dei poteri fortissimi che parlano attraverso organismi come la Ert, European Roundtable of Industrialists, centomila miglia al di sopra del popolo bue che poi si scanna, nelle ormai inutili elezioni nazionali, appassionandosi alle piccole risse di cortile tra orazi e curiazi. L’ultima, quella italiana, finì ingloriosamente nel 2019, dopo le timide speranze accese l’anno prima dall’ambiguo governo gialloverde, azzoppato sul nascere dall’amputazione di Paolo Savona imposta per tramite di Mattarella. Il paese era già malatissimo, ma ancora non era scoppiata l’ultima guerra: quella affidata a personalità di livello mondiale come Domenico Arcuri, Roberto Speranza, Massimo Galli e gli altri Premi Nobel al servizio della patria.Andrà tutto bene, ragliavano gli italioti dai balconi, festeggiando in tricolore l’unica Liberazione disponibile, quella (alla memoria) di 75 anni fa. Poi vennero l’estate, le sacre elezioni regionali e l’altrettanto sacro Taglio dei Parlamentari. A seguire: la corsa ai tamponi, per gonfiare i numeri della Seconda Ondata, trattata esattamente come la Prima (cioè senza un protocollo per curare, a casa, i malati di Covid). Sempre la pochette di Giuseppi ha fatto in tempo a inaugurare anche la farsa della campagna vaccinale italiana, in un paese che – ormai da 365 giorni, ininterrottamente – non parla altro che di contagi, come se il mondo si fosse fermato per sempre a Wuhan. Banchi a rotelle e monopattini, Dad e smart working, distanziamento e mascherine. Non una soluzione – non una, mai – per uscire dalla catastrofe. Paura, minacce, moniti e intimidazioni, scodellate giorno per giorno dall’oscurantismo della nuova religione scientista, spacciata per scientifica. Un’ipnosi potentissima, micidiale, da cui pare che nessuno riesca a riscuotersi.La recitazione pandemica ha spazzato via tutto: libertà, diritti, democrazia, ragione, senso critico e voglia di vivere, quest’ultima rimpiazzata con l’ingloriosa rassegnazione a una sopravvivenza coatta e precaria nei sottoscala dell’umanità. Un posto umido e buio, dove non è lecito pensare. Decenni di orrori – le guerre neoliberiste, il terrorismo fatto in casa – cancellati con un colpo di spugna sanitario, quasi metafisico, perfetto per sospendere il diritto e dividere le plebi in modo feroce, da una parte la maggioranza cieca e autoritaria degli impauriti, dall’altra la minoranza demonizzata dei cosiddetti negazionisti. Viviamo in un paese dove il governo ha istituito un Ministero della Verità, per far sparire le notizie scomode alla velocità della luce, così come fanno anche Facebook, Twitter e YouTube. Così, la celebrazione della sacrosanta Giornata della Memoria, nel 2021, rischia di avere lo stesso suono sinistro della fanfara che, ad Auschwitz, intonava le note di “Rosamunda” sulla Piazza dell’Appello, nel silenzio ghiacciato dei prigionieri.(Giorgio Cattaneo, “La fanfara di Auschwitz e il nostro ultimo anno di orrori”, dal blog del Movimento Roosevelt del 29 gennaio 2021).Ma davvero siamo ancora qui, dopo un anno di litania funebre pandemica, a parlare di politicanti del calibro di Conte e Renzi, Di Maio e Zingaretti? Lassù giganteggia Angela Merkel, di cui Ambrose Evans-Pritchard sul “Telegraph” ha appena tracciato il mirabile bilancio: ha provocato la Brexit e distrutto l’idea stessa di unità europea come luogo desiderabile. Lo spettacolo, intorno? Monsieur Rothschild impone il coprifuoco alla Francia, l’anonimo Psoe spagnolo si finge socialista, la Grecia alla fame si arma fino ai denti contro la Turchia. E la residuale realpolitik italiana incassa con la mano sinistra una decina di miliardi di euro vendendo elicotteri e fregate all’Egitto, mentre con la destra auspica che l’Egitto faccia giustizia sul caso Regeni, massacrato a due passi dalla Libia, già italiana e poi francese, ora russo-turca in attesa di segnali di fumo dagli ologrammi insediati alla Casa Bianca, dopo la splendida e trasparente sconfitta elettorale inflitta al bieco Donald Trump. Poi, laggiù, resta l’Italia. Il paese di Pasolini e Primo Levi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli. Tutti morti: rimane Saviano, prendere o lasciare. Saviano e l’altro Papa, Bergoglio, quello che raccomanda il vaccino etico universale, per la gioia di Big Pharma, Bill Gates e gli apolidi demiurghi di Davos.
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Fango: l’amara lezione che sta sommergendo tutto
Luce fredda di lampeggianti, pioviggine. Da qualche parte, lontano, ecco i parlamentari: spalano fango, curvi e sordi. Voci si spengono nel buio dei monitor parlanti, dentro una notte eterna di desolazioni che ormai è vano raccontare, articolando segni. Nero il destino che declina ciance vuote, in una recita spettrale di pagliacci. Morto il talento, il cuore, il canto di chi tenta, sapendo di poter sbagliare e di fallire, ma dopo aver lottato. Morte le idee, insieme ai desideri. Morte le parole. Nell’aria scialba, galleggiano le formule grigiastre del mendicare attimi. Notorietà ingloriosa, in mezzo a una palude di mediocrità invincibile: come una malattia senza speranza, da troppo tempo libera di seminare orrori sapientemente travisati e mascherati da normalità. Una lunghissima, inesorabile discesa. Si scivola nel fango, poco alla volta rinunciando a tutto, dopo la morte lenta della verità.
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Il Cts non ha mai chiesto ristoranti chiusi: è stato Conte
«Con la pubblicazione del verbale del Comitato Tecnico Scientifico dello scorso 17 ottobre viene a cadere l’ennesima bugia propalata dal premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della salute, Roberto Speranza, e salta fuori l’incredibile prepotenza usata nei confronti di ristoratori e titolari di bar e pub. Contrariamente a quanto detto pubblicamente, infatti, non sono stati gli scienziati a proporre le chiusure serali dei locali, come avrebbe poi deciso un Dpcm pochi giorni dopo». Lo scriveva Franco Bechis sul “Tempo” già lo scorso 1° dicembre, esaminando i documenti emersi sulla storia dell’emergenza italiana che ha letteralmente devastato il paese, provocando la morte di 400.000 aziende in pochi mesi. «Il Cts infatti riteneva validi i protocolli in base ai quali i ristoratori avevano messo in sicurezza i locali, e semmai – scrive Bechis – proponeva controlli più rigidi sul rispetto delle prescrizioni fornite a maggio». Ovvero: «Più controlli per pizzicare i furbetti, ma cena al ristorante possibile a tutti».Notizia ancora più interessante, se riletta all’indomani della protesta “Io Apro” promossa il 15 gennaio da migliaia di locali costretti alla chiusura serale, puntualmente finita nel mirino dei censori: riaprire a cena non significa essere solo «pericolosi imbecilli», ha scritto Peter Gomez del “Fatto Quotidiano”, ma anche «crinminali», in quanto “untori”: per Gomez, evidentemente, il coronavirus è pericoloso a cena, ma non a pranzo (quando ai ristoranti, nelle zone gialle, è consentita l’apertura a mezzogiorno). «Per ciò che concerne il settore della ristorazione, il Cts rimarca il rigoroso rispetto e controllo delle misure già più volte indicate dal Cts ed oggetto delle norme attualmente in vigore», scriveva l’organismo di indirizzo il 17 ottobre, citando «distanziamento, prevenzione degli assembramenti, obbligo nell’uso della mascherina negli esercizi commerciali e di ristorazione». Il Cts raccomandava «intensificazione della vigilanza e delle azioni di contrasto», che a suo parere dovevano «essere rese più agevoli nella loro possibilità di adozione (esempio: obbligo di affissione del numero massimo di clienti che è possibile accogliere negli esercizi)».Sottolinea il direttore del “Tempo”: il Comitato Tecnico-Scientifico non era affatto propenso a chiudere i ristoranti. «Il Cts – si legge infatti nel documento “desecretato” – suggerisce la coerenza della limitazione già prevista dalle raccomandazioni vigenti per i contesti domestici relativa al numero massimo di persone che possono condividere il medesimo tavolo all’interno dei locali di ristorazione». Dunque, per gli scienziati – ribadisce Bechis – quei locali potevano restare aperti», sia pure “in sicurezza”. «E’ stato solo il governo a decidere diversamente, mostrando l’ennesimo atto immotivato e quindi persecutorio nei confronti delle partite Iva, che a loro non vanno proprio a genio». Il che dimostra la natura squisitamente politica del lockdown, non motivata da esigenze sanitarie: insieme a cinema, teatri e palestre, proprio i bar e i ristoranti rappresentano i caposaldi quotidiani di quella socialità che i gestori della crisi sembrano voler abolire, in favore del cupo clima di isolamento sociale prodotto dal distanziamento universale, che colpisce anche la scuola e il lavoro dipendente. Quanto al lavoro autonomo, l’Italia è prossima al collasso: il solo settore che comprende ristorazione e turismo rappresenta il 15% del Pil. Un colpo mortale al sistema-paese, neppure giustificato dalle raccomantazioni scientifiche del Cts.«Con la pubblicazione del verbale del Comitato Tecnico Scientifico dello scorso 17 ottobre viene a cadere l’ennesima bugia propalata dal premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della salute, Roberto Speranza, e salta fuori l’incredibile prepotenza usata nei confronti di ristoratori e titolari di bar e pub. Contrariamente a quanto detto pubblicamente, infatti, non sono stati gli scienziati a proporre le chiusure serali dei locali, come avrebbe poi deciso un Dpcm pochi giorni dopo». Lo scriveva Franco Bechis sul “Tempo” già lo scorso 1° dicembre, esaminando i documenti emersi sulla storia dell’emergenza italiana che ha letteralmente devastato il paese, provocando la morte di 400.000 aziende in pochi mesi. «Il Cts infatti riteneva validi i protocolli in base ai quali i ristoratori avevano messo in sicurezza i locali, e semmai – scrive Bechis – proponeva controlli più rigidi sul rispetto delle prescrizioni fornite a maggio». Ovvero: «Più controlli per pizzicare i furbetti, ma cena al ristorante possibile a tutti».
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Paura e delirio senza fine: quanto manca alla mezzanotte?
Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?Attenti alle parole: “lockdown” viene dal lessico carcerario, “coprifuoco” da quello bellico. Lo ha ricordato lo scrittore Roberto Quaglia, in un video di fine anno in cui constata il trionfo, per via pandemica, della Decrescita Infelice vaticinata e invocata da Greta Thunberg. Detto fatto: solo in Italia hanno già chiuso i battenti trecentomila aziende, e la flessione paurosa del Pil preannuncia lacrime e sangue per il 2021. “Andrà tutto bene”, belavano le pecore dai balconi, mentre i medici – a cui era stato impedito di effettuare autopsie – finivano col causare la morte di molti pazienti, in terapia intensiva, trattandoli con ossigeno anziché con eparina. Tuttora manca un protocollo nazionale che metta i sanitari in condizione di intervenire tempestivamente e sistematicamente, a domicilio, con farmaci efficaci (nel frattempo individuati), come se l’emergenza non dovesse finire mai. Anziché Plaquenil e cortisonici, dal cielo sono piovuti tamponi: servivano a gonfiare il panico e i numeri da sciorinare a reti unificate, giustificando sia il “carcere” per i cittadini che la “guerra” contro di noi, cioè il lockdown e il coprifuoco. Misure insensate, feroci, ingiuste e disperatamente inutili, inefficaci e vane sul piano sanitario, ma provvidenziali per ottenere il vero risultato atteso dal Grande Reset, il genocidio socio-economico dello zoo a beneficio dei supremi gestori dell’allevamento.Sul piano estetico, a spiegare l’inguardabilità dello spettacolo italiano bastano i nomi: Conte e Casalino, Arcuri e Ricciardi, Di Maio, Speranza, Renzi, Zingaretti. Non una denuncia, forte e chiara, dai colleghi Salvini, Meloni e Berlusconi: solo variazioni sul tema, pigolii e flebili distinguo, mentre Big Tech fa a pezzi quel che resta della privacy e, insieme al mainstream cartaceo e radiotelevisivo, getta nella spazzatura persino l’uomo della Casa Bianca, trasformato in delinquente seriale e trattato come si sarebbe fatto in altre epoche, giustiziato senza processo e senza diritto di parola. Brutta anticamera, quella in cui stiamo scivolando, in cui una fanfara alza il volume per coprire gli ultimi, disperati muggiti umani. Il microfono viene invece lasciato aperto per i ragli del complottismo terrapiattista, quello vero, che vaneggia di uomini-lucertola e giustizieri altrettanto favolosi. Si scandalizzano e si meravigliano, i millenaristi del neo-catastrofismo apocalittico, come se non sapessero che fine fece Giordano Bruno il 17 febbraio dell’anno 1600. Un caso troppo lontano? Niente paura: parlano da sole le morti di Martin Luther King, Salvador Allende, Olof Palme, Thomas Sankara, Yitzhak Rabin. Un mondo perfetto, capace di macellare in diretta Tv il presidente degli Stati Uniti d’America, a Dallas, nel 1963.Il campionato di calcio è l’unica fonte di notizie che, in Italia, riesca a competere con il dominio psico-sanitario dell’Agenda del Terrore. Fantasmi mascherati nelle strade, fantocci imbavagliati persino alla guida dell’auto, lemuri impauriti che rincasano rigorosamente entro le 22. Fino a quando? Non se lo domandano? Credono ancora che basti un attimo di pazienza in più, come quando – nel marzo scorso – si illusero che tutto finisse, come solennemente promesso, in una manciata di settimane? E allora avanti così, per sempre: didattica a distanza, lavoro a distanza, vita a distanza. Ravvicinatissimo, invece, l’ago della siringa per il fatale inoculo della Salvezza. Incubi? No: fotografie. Istantanee quotidiane, della nuova zootecnia regimata dall’intelligenza artificiale, dalle onde millimetriche del wireless satellitare, dalle fantomatiche molecole sperimentali interattive. Fake news? Magari, lo fossero. La maggior disonestà dei censori, reticenti e faziosi, consiste in questo: fingere di non sapere che Antigone, in realtà, si augura sempre che i suoi infausti presagi possano essere fallaci.Al netto dei bullismo dei cospirazionisti, che vivono di esibizionismo sensazionalistico basato su indizi travisati e allarmi infondati, una rilevante quota di umanità condivide preoccupazioni serie, basate su informazioni ormai reperibili soltanto negli scantinati: quelli che Big Web sta sprangando, uno ad uno, nel timore che possano illuminare verità imbarazzanti e dare coraggio ai naufraghi dispersi, rassegnati alla morte civile della politica. In simili frangenti, l’inerzia dei ciechi – il loro ottuso egoismo, la loro pavidità individuale e sociale – rischia di fare più danni dei governi: trascina in basso l’asticella della dignità, il minimo sindacale del vivere comune, incoraggiando progressivamente i maggiori abusi. Non a tutti capita di vivere, in prima persona, tornanti storici come questo: sono i momenti in cui un gesto vale una vita. Chi si volta dall’altra parte, e chi invece accende il cervello. E’ come se l’umanità si stesse fatalmente dividendo, in modo drammatico e forse definitivo. Da una parte la paura, madre dell’odio e della menzogna, e dall’altra la resistenza. Chi teme, vive sperando: e così resta inerte e si vota alla disfatta, la sua e quella altrui.Nessuno insorge, per ora: in compenso, si susseguono risvegli. Rassegnarsi a sopravvivere come topi? No, grazie. Neppure di fronte alla dose quotidiana di magime che gli scienziati del Grande Reset garantirebbero, giusto per scongiurare disordini. E’ una ricetta antica, quella di Friedrich von Hayek: meglio che il povero non cada nella disperazione, perché la ribellione renderebbe instabile il sistema che i poveri li produce in batteria, a milioni. Nella Bibbia, è Yahweh a stabilire il valore monetario di ciascuno. Nel libro “L’altra Europa”, Paolo Rumor – nipote del cinque volte primo ministro – parla di una “Struttura”, sempre la stessa, che gestirebbe il bestiame umano, da millenni. Papa Bergoglio, quello che ha concesso alla dittatura di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina, ha appena stipulato in Vaticano un accordo con il Council for Inclusive Capitalism, organismo promosso da Lynn Forester de Rothschild. Fa politica, Bergoglio: accetta di oscurare il Natale, ma in compenso promuove i vaccini. Arriva a sostenere che chi non si vaccina mette in pericolo la vita degli altri: come se il siero, quindi, non bastasse di per sé a proteggere il soggetto vaccinato.Dove arriveremo, di questo passo? Alla chiusura terminale della recinzione attorno allo zoo, o alla liberazione dei prigionieri? Il carceriere parte in vantaggio. O meglio, il suo vantaggio è smisurato: ha connesso in rete il pianeta, dunque può sottoporlo in modo simultaneo a qualsiasi trattamento (politico, economico, finanziario, culturale, sanitario, ecologico, climatico). Gli ottimisti dicono che le zampate del drago testimoniano una sua recondita paura: il timore del mitico, grande risveglio collettivo, ormai imminente. Sbirciando l’Italia, non si direbbe: la televisione propone il solito menù dell’ipnosi, tra virologi e ordinari nientologi. Lo schianto planetario non arriva ancora nei salotti: si ferma alla rivolta dei ristoranti, all’esasperazione di chi ha già perso tutto. Quanto manca, alla mezzanotte? A che ora si spegnerà la luce, seppellendo la farsa dell’odio e della paura? L’enormità avanza, dilagando: ha una dimensione mostruosa, planetaria, psicologica. E’ in atto una mutazione dell’antropologia: sta crollando un intero sistema di credenze, di stili di vita, e non è la popolazione ad aver votato per il crollo. La popolazione non sceglie: subisce. Alla conta, manca la risposta alla domanda principale: perché. Perché così, perché proprio adesso.(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2021).Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?
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Pavidi e ciechi, rassegnati alla “democratura” del Covid
L’Italia non s’è desta: gli italiani sono rassegnati a subire all’infinito ogni genere di vessazione incostituzionale. Restrizioni devastanti, quelle inflitte con la scusa del Covid: pericolose per la democrazia, inefficaci contro la pandemia ma in compenso disastrose per il tessuto economico del paese. E’ una denuncia precisa, quella che il Movimento Roosevelt affida a due avvocati, Pierluigi Winkler e Ivo Mazzone, che intervengono insieme al presidente, Gioele Magaldi, per fotografare l’emergenza civile (sociale, economica, politica e giuridica) che sta investendo l’Italia da ormai quasi un anno. «Uno strumento come il decreto non può intervenire sui diritti fondamentali: per quello serve una legge», premette Winkler, che del sodalizio “rooseveltiano” è uno dei vicepresidenti. «La sostanza non cambia – dice l’avvocato Mazzone – se si passa dal Dpcm al decreto legge, che va convertito in legge entro 60 giorni: se nel frattempo emetto decreti su decreti, mi sottraggo alla possibilità di controllo della legalità democratica, del Parlamento o della Corte Costituzionale».
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Conte, Merkel e gli zombie che “Politico” scambia per eroi
«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in jount-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa”.Una galleria di zombie, che “Politico” scambia per esseri politicamente viventi, nonché capaci di decisioni autonome: come se non esistessero nemmeno, i poteri che dominano il mondo, che oggi lo stanno mettendo alla frusta come in tempo di guerra (e che, per inciso, presiedono alla somministrazione editoriale delle notizie destinate al gregge). La simpatica macellaia Angela Merkel, reginetta del rigore e affamatrice di mezza Europa, Grecia in primis, dopo i brillanti esordi come spia della Stasi, feroce polizia politica della Germania Est (”Le vite degli altri”, al cinema), su “Politico” rifulge, abbagliante, in tutto il suo splendore. «Dopo quasi 16 anni come cancelliera, Angela Merkel è destinata a ritirarsi dopo le elezioni tedesche dell’autunno 2021», singhiozzano i redattori di “Politico”, «con un record segnato dalla stabilità piuttosto che dall’ambizione». In confronto ad Angela, Batman e Superman non sono nessuno: «Negli ultimi dieci anni e mezzo, la Merkel è stata la mano ferma attraverso una serie di cataclismi, dalla Grande Recessione e dalla crisi dell’Eurozona al Covid-19». Che tempra: «Ha tenuto insieme l’Europa di fronte alla Brexit e alla belligeranza di Donald Trump», quel noto mascalzone, «diventando, per processo di eliminazione, il “leader del mondo libero”, di fatto, quando Washington si è ritirata».Al ritratto “giornalistico” manca solo l’incoronazione imperiale, ma soltanto perché il Sacro Romano Impero non è ancora stato nominalmente istituito. Quanto al culto merkeliano, niente paura: l’altare, come si legge, è bell’e pronto. E alla destra della divinità siede già la regina dei “dreamer”, la quasi altrettanto divina Ursula, che infatti «vuole rendere di nuovo grande l’Europa». E come? Presto detto: la prima voce citata da “Politico” è «il rafforzamento dei diritti Lgbt», la cui fragilità – com’è noto – ha determinato la grande crisi europea, la morte per denutrizione dei bambini greci, le spietate politiche di rigore, i tagli alla sanità e alle pensioni, l’esplosione del precariato e della disoccupazione. Insieme al “diritti Lgbt” è citata l’altra grande sfida che assilla gli europei nel 2020, ovvero «la lotta al razzismo». A seguire: «La garanzia di un salario minimo a tutti i lavoratori europei, la riduzione delle emissioni di gas serra del 55% e la creazione di un’Unione Europea della Sanità che darebbe alla burocrazia dell’Ue maggiore influenza su una prerogativa nazionale ferocemente custodita». C’è da mettersi a piangere dalla commozione, vero? Meglio tenere il fazzoletto a portata di mano, allora, perché “Politico” riesce a superare se stesso nel celebrare il primo ministro italiano, amatissimo dai poteri che contano.«Il coronavirus ha devastato l’Italia, ma per Conte, almeno politicamente, è stato un vantaggio»: almeno questo, “Politico” lo ammette. Comunque, «se l’Italia è troppo grande per fallire, Giuseppe Conte è l’uomo che l’Europa spera sarà in grado di continuare a sostenerla». Eccoci al punto: “Giuseppi” sarebbe la pedina su cui puntano i massimi poteri, quelli che muovono i fili delle marionette Angela & Ursula. La tesi di “Politico”: ha fatto benissimo, Conte, a imporre all’Italia il brutale lockdown di marzo e aprile: così facendo ha infatti costretto l’Ue a provare «vergogna», al punto da indurre i cattivoni di Bruxelles a metter mano al portafogli con una pioggia di miliardi (di cui non s’è ancora vista nemmeno l’ombra: l’Italia infatti sta in piedi solo grazie alla generosità di Christine Lagarde, ma la signora della Bce è relegata in posizione assai defilata, tra i benefattori). Del resto, “Politico” bada al sodo: di Conte apprezza «il suo stile cliché italiano fiammeggiante», e cioè il fatto di «presentarsi alle riunioni a bordo di una Maserati, in un abito neo-dandy, cercando di flirtare con Angela Merkel». Certo, “Giuseppi” dovrà guardarsi dall’invidia dei paesi “frugali” (che infatti friggono, di fronte allo spettacolo dell’improvvisa ricchezza degli italiani, trasformati in nababbi). E dovrà anche «gettare qualche osso» ai suoi avversari «di estrema destra», cioè «Salvini e l’ascendente Giorgia Meloni».La leader di Fratelli d’Italia figura al terzo posto tra i “disgregatori” europei, contrapposti a valorosi “doers” come Orban, Macron, Erdogan e il “bluffer” Boris Johnson. La piccola Giorgia («sono italiana, sono cristiana») è presentata come «leader appena incoronata dell’estrema destra europea», al punto che ora sembra «pronta a diffondere», in tutto il continente, «la sua capacità di distruggere senza autodistruggersi» (in questo, seconda solo al coronaviurs). Tra i biechi disgregatori figura il russo Pavel Durov, reo di aver creato un social media come Telegram, capace di fare concorrenza a WhatsApp, ovvero di «fare a pezzi le persone», divenendo uno strumento del Male. «Telegram è anche il modo in cui i teorici della cospirazione tedeschi di “QAnon” e i manifestanti anti-maschera organizzano marce a Berlino». Capito, che guaio? Ma niente paura, già si ode l’avanzata dei cavalieri del Bene, cioè le piattaforme immacolate come Facebook e Twitter, le quali «cercano di reprimere la disinformazione e l’incitamento alla violenza». A proposito di disinformazione e omissioni: è grande come una casa, la maggiore “dimenticanza” di quegli sbadati di “Politico”: nel loro pantheon europeo è clamorosamente vuota la poltrona di uno dei personaggi più influenti del pianeta, Mario Draghi. Strano, no?Proprio Draghi, già sommo pontefice dell’euro-potere, si macchiò nel 2019 del peggiore dei crimini: rinnegò le sue malefatte e si mise a bocciare le politiche “fallimentari” dei suoi ex sodali, cioè i morti viventi, gli ectoplasmi, i camerieri e i maggiordomi che oggi “Politico” finge di scambiare per statisti decisivi per il futuro europeo. Compreso il più fantasmatico di tutti, il nostro anonimo “Giuseppi”, con il suo stile «cliché italiano fiammeggiante»: senza i poderosi acquisti della Bce, non avrebbe potuto sfoggiare a lungo la Maserati e la pochette, menando ancora il can per l’aia dopo un anno di supercazzole sui “ristori”. E se è stata la Bce ad acquistare camionate di Btp a costo zero, lo si deve anche e soprattutto al grande assente, nel pantheon di “Politico”: quel Draghi che a marzo, sul “Financial Times”, aveva messo in chiaro che vent’anni di politica europea (cioè di Angela Merkel e sudditi) andrebbero gettati al macero, pena la morte civile di un continente tuttora in mano ai prestanome di un’associazione a delinquere che ha organizzato a tavolino l’inesistente “scarsità di denaro”, a scopo predatorio e di dominio. E quindi: come lo si sarebbe potuto invitare, l’imbarazzante Draghi, tra i Magnifici del 2021? E se si fosse messo a dire la verità, come sta facendo da un anno e mezzo a questa parte? Volete mettere, lo sconcerto?La voglia di ridere, se mai ci fosse, svanirebbe comunque velocemente nello scoprire che il Tribunale Islamico di “Politico” mette nel mirino anche una scrittrice, nientemeno: si tratta di Joanne Kathleen Rowling, celeberrima creatrice di Harry Potter, relegata tra i reprobi “disgregatori”. Sembra di rivivere, sia pure in modo incruento, l’epoca della “fatwa” scagliata dall’ayatollah Khomeini contro Salman Rushdie, autore dei “Versi satanici” che secondo i teocrati dell’Iran insolentivano il Profeta. Merita dunque la condanna a morte anche la Rowling? Certo, il suo crimine è scioccante: ha osato contestare uno dei massimi dogmi della nuova religione, cioè la sacralità dei diritti civili (Lgbt) utilizzata per oscurare i diritti sociali e quindi annullare il futuro dei giovani, dando loro l’illusione di essere liberi, anche se quella sessuale è l’unica vera libertà che ormai viene loro lasciata. L’accusa mossa all’autrice di Harry Potter è spaventosa: “transbofia”. Roba da plotone d’esecuzione. Quello di “Politico”, per ora si esercita sulla Rowling. Ma solo a un demente potrebbe sfuggire qual è il vero bersaglio: noi, la nostra libertà di opinione. All’avvento del totalitarismo nazista, Bertolt Brecht si affrettò a lasciare la Germania. Con lui Theodor Adorno, Herbert Marcuse, Erich Fromm. Non è mai un bel posto, quello dove si mettono alla berlina i filosofi e gli scrittori. E il Verbo di “Politico”, sotto forma di carta straccia digitale, è un avvertimento maleodorante: essere eretici, d’ora in poi, costerà caro.(Giorgio Cattaneo, “Conte, Merkel e gli zombie che ‘Politico’ scambia per nostri amici”, dal blog del Movimento Roosevelt dell’8 dicembre 2020).«Giuseppe Conte è il leader più credibile al mondo», sintetizza “Tpi” nel presentare la clamorosa classifica che sta rimbalzando ovunque. Se i comici sono un po’ fuori allenamento, in mezzo alle disgrazie del 2020, a tirare su il morale a tutti provvede infatti l’edizione europea dello statunitense “Politico”, realizzata a Bruxelles in joint-venture con il principale editore digitale in Europa, il tedesco Axel Springer. “Politico” vanta un team di 500 redattori, distribuiti in tutto il mondo: la tribuna vip del mainstream media internazionale, quello che non ha mai osato raccontare la nuda verità né previsto nessuna crisi. E cosa dicono, i gran sacerdoti dell’informazione? Tra cose, innanzitutto. La prima riguarda Angela Merkel, incoronata Papessa d’Europa (questo sì, che è uno scoop). La seconda: la merkeliana Ursula von der Leyen sarebbe la leader dei “sognatori”. E qui si comincia a ridere, ma non quanto di fronte al ritratto di “Giuseppi” Conte, numero uno degli “spender” europei, una specie di Masaniello dal tocco felice. Per capire in che mani sia l’informazione, basta leggere le pagelle di quelli che “Politico” presenta come “Gli attori, i sognatori e i rivoluzionari che daranno forma al prossimo anno in Europa“.
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Il mistero di Franco Battiato, la strana eclissi di un genio
Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.So quante ironie ha destato il suo linguaggio e la sua buffa stravaganza, a cominciare dai suoi conterranei, da Fiorello che ne fece gustose parodie all’antico re della tv, Pippo Baudo. Tre cannoni siciliani, anzi catanesi, di provincia. Ma l’aura delle sue canzoni, il tono della sua voce, l’atmosfera della sua musica, hanno un fascino evocativo, luminoso e arcano, che ti portano in un altrove. Sono esperienze spirituali, alcune si cimentano col mondo reale, con gli amori, la vita, il proprio tempo, i sentimenti e perfino la rabbia e lo sdegno; ma si avverte anche in quelle canzoni una presa di distanza, un passo diverso, come un respiro di altri mondi. A dividere e congiungere il sacro e il profano c’è in Battiato la sottile linea dell’ironia, che si fa talvolta auto-ironia, e stempera il tono ieratico nel tono ludico, si fa beffe dell’avida frenesia e ignoranza dei contemporanei. Sappiamo il retroterra di Battiato: René Guénon e Gurdjieff, i sufi, i dervisci. C’è un suo libretto, “Il silenzio e l’ascolto” (Castelvecchi), in cui conversa con Raimon Panikkar, Alejandro Jodorowsky, Gabriele Mandel e Claudio Rocchi. Ma altre pubblicazioni recano la sua impronta e accompagnano insieme alla sua pittura, come ali leggere, il suo cammino musicale.Tra i mondi che abita Battiato c’è pure quello magico della sua Sicilia. Fu proprio il filo della nostalgia per l’infanzia che mi fece conoscere Battiato. Lo seguivo da anni, avevo pubblicato come editoriale su “L’Italia Settimanale” il testo di “Povera Patria”. Ma fu la sua lettura di un mio libro dedicato alla nostalgia dell’infanzia che mi avvicinò a lui. Venne a presentarlo a Roma insieme a Giorgio Albertazzi e Pupi Avati. Arrivò per ultimo, in volo da Catania, e appena finì il suo intervento riprese il volo. Come se avesse parcheggiato l’aereo ancora rombante fuori dalla sala… Ritrovai poi consonanze d’infanzia e ricordi di controre d’estate al sud nel suo film autobiografico “Perdutoamor”. Difficile dire a quale canzone di Battiato si è più legati… Il centro di gravità permanente, Il vuoto, L’ombra della luce, l’Oceano di silenzio, Lode all’Inviolato, Pasqua etiope, E ti vengo a cercare, Le nostre anime, l’incanto multiplo dei Fleurs… E la più bella canzone d’amore che io conosca, La Cura, che commuove alle lacrime Aldo Nove, e non solo lui.Poi le voci straordinarie che a lui si accompagnano, di Giuni Russo, di Alice, di Antonella Ruggiero. Se Lucio Battisti esprime l’incanto perenne dell’adolescenza e Mina evoca la potenza struggente degli amori sfioriti, Franco Battiato canta la grazia dell’altrove, in una visione oltre la vita. “Via via via da queste sponde / portami lontano sulle onde”. Mi pento di aver ironizzato anni fa su un suo intervento sconcertante in tv dalla Gruber nella sua breve parabola di assessore alla cultura della regione siciliana; un dialogo dada, per non dire demenziale, con pause e malintesi imbarazzanti che forse era la spia di uno stato mentale che stava alterandosi. Il suo impegno in politica fu un errore, e non perché abbia scelto quel versante. La via dei canti di Battiato è al di là della destra o della sinistra, e succedanei. A spiegare la sparizione di Battiato ci soccorre Sgalambro, che scriveva in “Teoria della Sicilia”, premessa al libretto dell’opera di Battiato “Il cavaliere dell’intelletto”: «La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere; la storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori».La notazione di Sgalambro forse non vale per tutti i siciliani, in cui la tendenza a sparire gareggia con la tendenza teatrale a ostentare, anche il dolore e la magnificenza. Ma certo vale per lui e per Battiato. Forse fu quella la molla del loro incontro tra siciliani “a latere”. Un cantautore che frequentava altri orienti, in sintonia col mistico coautore Giusto Pio, s’incontra col filosofo più nichilista ed empio dei nostri tempi. «Mi capitò tra i piedi Battiato – raccontava Sgalambro da Lentini – ed è stato uno di quegli incontri che ti portano fuori strada». Me li ricordo insieme a cena dopo un suo strepitoso concerto a Segesta. Erano le tre di notte, eravamo sul mare a San Vito Lo Capo, ero a tavola di fronte a lui e Sgalambro che fingevano di mangiare, entrambi con lenti nere e silenzi tombali. Alle tre di notte. Di recente è arrivato dal suo iperuranio un corpo celeste in forma di canzone, dal titolo evocativo e l’atmosfera struggente, “Torneremo ancora”, che allude all’Eterno ritorno, alla reincarnazione, al tempo circolare e alla potenza evocativa del tornare. Ritorni presto l’era del Cinghiale Bianco.(Marcello Veneziani, “Il mistero di Franco Battiato”, da “La Verità” del 18 novembre 2020).Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.
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Totalitarismo: il pensiero conforme dell’Imbecille Globale
A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.C’è l’Imbecille Cantante che dal palco, ispirato direttamente dal dio degli artisti, dichiara che lui canta contro tutti i muri e tutti i razzismi. Che eroe, sei tutti noi. Poi vedi l’Imbecille Attore o Regista che dal podio lancia il suo messaggio originale e assai accorato, perfettamente uguale a quello del precedente cantautore, ma lui lo recita come se l’umanità l’ascoltasse per la prima volta dalla sua viva voce. «Io non amo i muri, non mi piace chi vuole alzare muri». Che bravo, che anticonformista. Segue a ruota l’Imbecille Intellettuale, profeta e opinionista che per distinguersi dal volgo rozzo e ignorante, dichiara anche lui la Medesima Cosa, sui muri ci piscio, morte al razzismo, morte a Hitler (defunto sempre da 72 anni), viva l’accoglienza, i neri, i gay e i trans. L’Idiota Collettivo, versione ebete dell’Intellettuale Collettivo post-gramsciano, non pensa in proprio ma scarica l’app ideologica che genera risposte in automatico. Poi c’è l’Imbecille a mezzo stampa o a mezzobusto che riscrive o recita ispirato l’identica pisciatina contro i Muri. E poi c’è il Presidente o la Presidente, che in veste d’Imbecille Istituzionale, esprime lo stesso, identico Concetto, col piglio intrepido di chi sfida i Poteri Forti (ai cui piedi è accucciato o funge da zerbino).Non c’è film, telefilm, concerto, spettacolo teatrale o sportivo, gag e omelia tv in cui non si ribadisca la lotta tra il Bene e il Male: Aperti e Filantropi contro Chiusi & Ottusi, Accoglienti contro Razzisti, Omofili contro Omofobi, Xenofili contro Xenofobi e Negrofobi. Voi quelli del Muro, noi quelli del Telepass. Le bestie da scacciare sono quasi sempre vaghe, anonime, mitologiche; e già, il male è sempre oscuro, cospira nel buio, non ha volto, solo maschere storiche o ridicole. Ma il repertorio è ricco di bersagli, quasi tutti definiti sovranisti. Tu senti uno, cambi canale e ne senti un altro idem, spegni la tv e senti alla radio un altro ma il Discorso è sempre quello, apri il giornale e leggi ancora l’Identica Opinione; a scuola idem con patate, all’Università peggio-mi-sento, i Palloni Gonfiati dai media compilano lo stesso Modello Unico. Nessuno di loro è sfiorato da dubbi, invece a te sorge un primo dubbio: è un’allucinazione o è sempre la stessa persona, l’Imbecille Globale, che cambia veste, fattezze e mansioni e ripete all’infinito l’Identico Discorso?Segue un secondo dubbio: ricordo male o eravamo in democrazia, che vuol dire libertà e pluralismo, cioè opinioni libere e divergenti a confronto? Loro non credono alla Verità, sono relativisti, però guai a dissentire dal Discorso Obbligato con fervorino finale anti-Muro. Ma possibile che tutti la pensino allo stesso modo, conformi, allineati e omologati, e ritengano che la cosa più urgente e più importante del momento, il Messaggio Unisono da dare all’Umanità sia sempre quello? Allora ti sorge un terzo dubbio. E se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo? Se fosse lui il Portavoce multiplo del Non-Pensiero Unico, cioè del nuovo regime totalitario-globalitario? E se fosse proprio quell’Uniformità Totale e quel corale accodarsi la miseria prioritaria del nostro tempo? Non so voi, ma io di quell’Imbecille Planetario che ripete il Discorso Unico e Identico all’Infinito, non ne posso più.(Marcello Veneziani, “Il pensiero conforme dell’Imbecille globale”, dal blog di Veneziani del18 novembre 2020).A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.
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Magaldi: lockdown criminale, chi lo impone va processato
Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.Cito un virologo mainstream come Guido Silvestri, secondo cui un nuovo lockdown sarebbe irreparabile. Silvestri dice: state calmi, ci si cura e si guarisce da casa. Se aumentiamo il sistema dei tamponi, aumenterà anche il numero dei contagiati. Se il numero dei contagiati viene usato dai media come una clava per fare terrorismo psicologico, e poi su questo i politici costruiscono le loro restrizioni, tra ordinanze e Dpcm, è tutto un montare di una colossale manipolazione. Lo ammettano: l’aumento delle rilevazioni dei contagi non comporta affatto un’ecatombe. Piuttosto, così facendo, abbiamo perso altro tempo: in questi mesi bisognava allestire comunque, anche a costo di lasciarli vuoti, dei centri di terapia (intensiva e non), e invece non è stato fatto un cazzo, di tutto questo. E poi arriva quel gran cialtrone del governatore della Campania, che – dopo non aver fatto niente di utile per migliorare la situazione – ora decide di chiudere tutto. Quanto a cialtronaggine, forse De Luca supera persino lo stesso Conte: chiudiamo tutto, dice, e così conservo questo mio piccolo palcoscenico da guitto, senza arte né parte, che governa una Regione che d’altra parte l’ha appena stra-votato. Ai campani viene da dire: ve lo meritate, De Luca, e adesso tenetevelo.Certo l’alternativa a De Luca qual era? Anche a livello nazionale, non è che l’opposizione – se fosse al governo – farebbe meglio: questa è una classe politica da buttare letteralmente nel cesso. Non c’è un’idea, non c’è una visione di paese, non c’è coraggio. All’opposizione si fanno belli del disagio cui va incontro la cialtronaggine di Conte, ormai finalmente penalizzato dai sondaggi sull’umore degli italiani, ma – a parte questo lucrare sull’altrui insipienza – non c’è una sapienza, che viene contrapposta. Se chiedeste a Meloni e Salvini cosa farebbero, al posto di Conte, questi si metterebbero a biascicare: non lo sanno dire, perché non lo hanno in mente. Cosa fare, oggi? Tranquillizzare la popolazione, togliere qualunque sistema di coprifuoco, favorire la ripresa di tutte le attività economiche. E spiegare che la contagiosità è un dato fisiologico ampiamente previsto, i cui numeri derivano dai tamponi. Ma la gran parte dei contagiati stanno bene e non sono in pericolo. Una parte avrà sintomi influenzali, e solo una piccola parte avrà complicazioni più gravi (curabili all’ospedale e soprattutto da casa, in assoluta sicurezza).Il governo ha offerto un atteggiamento paternalistico e dispotico. Bisognava dire, sia agli anziani (fragili) che agli ipocondriaci paurosi: state a casa, voi sì. Siate liberi di mettervi in lockdown, se non volete contagiarvi e quindi immunizzarvi. Conosco tanti anziani che hanno contratto il Covid, si sono curati e oggi stanno meglio di prima. Se invece avete paura, state a casa: trinceratevi in un auto-lockdown responsabile, ma non rompete i coglioni agli altri. Intendiamoci: capisco gli anziani e anche gli ipocondriaci, spaventati da questo terrorismo psicologico sparso a piene mani, da mesi. A loro va tutta la mia solidarietà e simpatia. Ma in questi giorni, per strada, abbiamo anche a che fare con gente che se avesse un’arma la userebbe, per eliminare il pericoloso “untore” che a distanza di 50 metri ha osato abbassarsi la mascherina per respirare, per prendersi giustamente una boccata di ossigeno, sapendo che l’uso prolungato della mascherina può causare danni alla salute.Ci stanno proponendo un nuovo lockdown? Saranno processati. Ormai bisogna pensare che molti protagonisti di questa fase storica andranno processati: per danni alla salute fisica e psichica dei cittadini e per i danni irreparabili arrecati all’economia, quindi alle condizioni di sussistenza, oltre che per grave attentato alla Costituzione. Il “partito cinese”, trasversale e annidato anche nel governo italiano, sta sfruttando la pandemia per devastare l’economia, che già era in sofferenza, in modo da ottenere un maggior controllo sociale: una persona che sia privata della sua autonoma via alla libertà economica sarà più incline a sottomettersi al “padrone” istituzionale che gli dà la mancia, e parliamo di istituzioni oggi occupate da gente che ha in odio la democrazia. Provo dolore, di fronte allo spettacolo degli italiani costretti a rinunciare a lavorare, e quindi a sostentarsi economicamente, con la paura di chi vede esaurirsi anche gli ultimi risparmi. Le nostre città sono diventate spettrali: i cittadini già rimpiangono la vita che non c’è più, e che di questo passo non potrà esserci più, per lunghi anni.Al tempo stesso, però, questa è una grande occasione: è la grande occasione per mostrare chi è davvero coraggioso e chi è vigliacco, chi ha voglia di combattere e chi è soltanto un “leone da tastiera”, chi ha coscienza dei propri diritti e anche coscienza del proprio dovere, di difendere i suoi diritti e quelli degli altri. Durante l’estate appena trascorsa si credeva che sarebbero diminuite le restrizioni, e che il governo avrebbe inondato con una pioggia di miliardi le attività danneggiate. Si sperava che saremmo tornati a un trend di vita normale, ma così non è stato. Anzi: ci stanno proponendo un nuovo lockdown. Ebbene, ora la misura è colma. Il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo un ultimatum, con misure per assistere gli italiani. E scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana, per fare una rivoluzione, con le sue incursioni radicalmente teatrali. Abbiamo bisogno che, ogni settimana, gruppi “rooseveltiani” (anche esigui) infrangano il lockdown, infrangano il coprifuoco e si facciano portare nei commissariati, diventino dei “fuorilegge” riconosciuti, naturalmente nel senso alto e nobile della disobbedienza civile. E’ quella cosa per la quale, di solito, i rivoluzionari pacifici e nonviolenti vengono riconosciuti, dalle istituzioni e dello stesso popolo, come benemeriti eroi.Quindi, attenzione: chi scaglia bottiglie, sfascia le vetrine dei negozi e lancia molotov contro le forze dell’ordine non ha capito nulla. Spesso, poliziotti e carabinieri sono assolutamente simpatetici con le ragioni dei manifestanti: sono cittadini anche loro, e si rendono ben conto di trovarsi a fare i “cani da guardia” di qualcosa che è profondamente iniquo. Quindi solidarizzate, fraternizzate con le forze dell’ordine. Cercate, con loro e con l’opinione pubblica, una sintonia. E non si tratta nemmeno di demonizzare questi poveracci che sono al governo: sono solo camerieri e maggiordomi. C’è una volontà più proterva, che va oltre il governo italiano, anche se ricade su segmenti amministrativi e governativi. Noi dobbiamo testimoniare, di fronte all’opinione pubblica italiana, che – in modo reiterato e minuzioso – si può e si deve rintuzzare queste misure che sono state prese. Ci sono gli sguardi del mondo, sull’Italia. Facciamo in modo che il mondo diventi consapevole che il danno di questa pandemia non è nel virus, ma è nelle cattive misure politiche prese per fronteggiarlo.(Gioele Magaldi, dichirazioni rilasciate il 31 ottobre 2020 nella diretta web-streaming “Pane al pane”, di MrTv, su YouTube).Quel tanghero di Massimo Giannini, direttore della “Stampa”, ci ha appena detto che bisogna essere disposti a cedere quote di libertà in nome della salute? Nossignore: non si può essere disposti a sacrificare un bene certo, come la libertà, in nome di una salute che è soltanto presunta. All’inizio dell’esplosione pandemica ci avevano spiegato che tre quarti della popolazione mondiale si sarebbe infettata, visto l’alto tasso di contagiosità (e il basso tasso di letalità). Quindi, piuttosto che “cagarsi addosso” e vivere con la “museruola”, vivere di nuovo segregati nella depressione e nella distruzione ormai quasi completa del sistema economico ordinario, è meglio affrontare il rischio di un problema che, peraltro, molti stanno curando brillantemente a casa. Questo perché forse in ospedale ti curano anche peggio, e non scordiamoci che all’inizio della pandemia molti morti sono stati causati dalla negligenza del sistema sanitario, dalle scelte mediche attuate e dal terrorismo indotto, che ha gettato i cittadini, a valanga, a cercare rimedio nel posto sbagliato, mentre probabilmente bastava intanto una più adeguata prevenzione, e poi una serie di opportuni accorgimenti terapeutici.
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Covid: il silenzio dello spettacolo e la lezione di Montesano
«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».«Io non ho mai negato che esista il Sars-Cov-2, perché purtroppo c’è», dichiara Montesano all’agenzia “Adn Kronos” il 9 ottobre, alla vigilia della “Marcia della Liberazione” (a cui ha aderito) promossa per il 10 ottobre a Roma da Sara Cunial e associazioni come Alleanza Italiana Stop 5G e Movimento 3V. Montesano esprime la sua posizione in modo netto: «Mi metto la mascherina nei posti al chiuso e mantengo la distanza di sicurezza, ma so anche che ora i medici hanno molti strumenti in più, e che nonostante ciò lo Stato ci sta togliendo assurdamente alcune libertà fondamentali. La mia è disobbedienza civile, pacifica, la stessa che metteva in pratica Martin Luther King». Ecco il punto: a differenza della scorsa primavera, oggi i sanitari sanno come affrontare il virus, ma il governo Conte si comporta come se non lo sapessero. «Non ho mai messo in pericolo la sicurezza dello Stato, né la sicurezza dei cittadini italiani», assicura Montesano, che protesta: «Sono indignato: io non posso abbracciare una persona che conosco, non posso darle la mano, e la gente accetta questo passivamente». Altra verità desolante, infatti, la rassegnazione di milioni di italiani.«Dissentire da tutto questo non è né “di destra” né “di sinistra”, tantomeno “fascista”», insiste Montesano: «Basta, dividere gli italiani: ancora non hanno capito che la divisione non è “destra-sinistra”». La faccenda è serissima, infatti: «La divisione e longitudinale, orizzontale, tra chi sta sopra e chi sotto». Riflessione squisitamente intellettuale, politica, sul vero volto della realtà di oggi: ma perché i colleghi di Montesano continuano a tacere? Possibile che a sciorinare tante verità sia un grande attore di 75 anni, mentre moltissimi altri – giovani e meno giovani – non osano fiatare di fronte allo scempio quotidiano della disinformazione? «Ci sono tanti medici, esperti, da Montagnier alla dottoressa Gatti, a Tarro, a Citro, a Tirelli, che dicono che la mascherina all’aperto è inutile e dannosa», ribadisce Montesano. «E io ho più fiducia in questi professionisti, che non appaiono mai in televisione, piuttosto che nel virologo da Tv». Chiosa Montesano, sarcastico: «Questo posso dirlo, o se lo dico sono “fascio-negazionista”, e ora anche no-mask? Non c’è scampo».Quanto alla “marcia” indetta da Sara Cunial e dalle associazioni civiche (ribattezzate “negazioniste” dai disinformatori), Montesano spiega: «Ho detto che aderivo alla manifestazione perché concordo con molto dei punti per i quali si svolge». Puntualizza: «Aderire non vuol dire partecipare, e infatti non sarò presente». La spiegazione non tarda: «Non parteciperò perché queste manifestazioni di piazza, che nascono bene e con tutte le migliori intenzioni, poi non si sa come vanno a finire e da chi vengono prese in mano, e io non voglio condividere la mia presenza con gruppi che non mi piacciono». Peraltro, aggiunge, «aderisco anche a molti dei punti che ha enunciato Marco Rizzo del Partito Comunista alla manifestazione ai Santi Apostoli», sempre prevista per il 10 ottobre nella capitale. In sintesi, conclude l’attore, «credo di avere tutto il diritto di esprimere la mia opinione di dissenso su alcune cose». La generosità civile di Montesano è palesemente offerta agli italiani, specie ai “dormienti” che non hanno ancora ben capito cosa stia davvero succedendo, alla loro democrazia.«C’è modo e modo di imporre divieti», ha detto qualche sera fa in televisione il presidente della Regione Friuli, Massimiliano Fedriga, rispondendo al professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano, protagonista di uno scontro polemico con Nicola Porro nella trasmissione “Stasera Italia” condotta da Barbara Palombelli su “Rete 4″. «Anch’io all’inizio dell’emergenza ho firmato ordinanze discutibili», ha ammesso Fedriga, leghista, «ma poi mi sono impegnato affinché lo sforzo di protezione dei cittadini fosse condiviso al massimo, da tutti». Morale: «Se guardate i dati del Friuli, scoprite che siamo tra le Regioni con meno problemi: ma il merito non è mio, è dei fiuliani». Politica, infatti: coinvolgere e spiegare, rinunciando a imporre in modo autoritario. Non si tratta di “negare” nulla, sostiene Fedriga, ma di trattare i cittadini per quello che sono: adulti responsabili, non bambini da spaventare. Verità semplicissima da afferrare (e da applicare), se vivessimo in un paese diverso. Avrebbe un forte impatto, sull’opinione pubblica, se a rilanciarla fossero gli artisti. Tacciono? A maggior ragione si staglia, nella desolazione del silenzio generale, tutto il valore del coraggio civile di Enrico Montesano.«Adesso basta. Io non sono un negazionista, perché un negazionista è quello che nega l’Olocausto, e io all’Olocausto ci credo. E ogni volta che usano questo termine a sproposito, offendono tutti i morti che ci sono stati: ebrei, omosessuali, Rom, Sinti. Avessero più rispetto per questa parola, che ricorda una immane tragedia umana!». Così Enrico Montesano si ribella alla barbarie del maninstream, che ormai usa impunemente la parola “negazionista” per criminalizzare chiunque osi contestare le (disastrose) politiche adottate, in Italia e non solo, per contenere il Covid, su indicazione dell’Oms: lockdown, distanziamento indiscriminato e colpevolizzazione dei cittadini, fino all’assurdità estrema dell’imposizione delle mascherine anche all’aperto. Mattatore dello spettacolo italiano, showman televisivo e attore teatrale e cinematografico (63 film all’attivo), negli ultimi mesi Montesano si è distinto dai colleghi: è stato uno dei pochissimi a dire la sua, nel silenzio imbarazzante a cui si sono consegnati attori, registi e cantanti. «Lungi da me negare l’esistenza del Covid. Io sono critico, semmai: che è cosa molto diversa. E il diritto di esserlo non me lo toglieranno di certo».
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Magaldi: niente mascherine all’aperto, mi ribello ai cialtroni
Gioele Magaldi va alla guerra: «Affermo con chiarezza che personalmente disobbedirò: nel Lazio non indosserò alcuna mascherina, all’aperto». Non solo: «Invito tutti i cittadini a non indossarle, le mascherine all’aperto. E se vi faranno delle multe, potrete scrivere al “soccorso legale rooseveltiano” coordinato da Monica Soldano: la nostra rete di avvocati sta già combattendo delle battaglie per gli abusi commessi durante il lockdown, in danno dei cittadini». E le forze dell’ordine? «A quei carabinieri e poliziotti che vi fermeranno, dite che loro stessi stanno obbedendo a degli ordini incostituzionali. Spesso, un pubblico ufficiale ha il dovere (oltre che il diritto) di ribellarsi, ad un ordine incostituzionale che gli venga dato». Così si è espresso, il presidente del Movimento Roosevelt, lunedì 5 ottobre, all’indomani della vittoria riportata contro Zingaretti al Tar del Lazio, che ha annullato l’ordinanza sul preteso obbligo vaccinale antinfluenzale per anziani, medici e infermieri. «Il giudice ha stabilito che la Regione non ha competenza per imporre una tale limitazione della nostra libertà». Scornato, Zingaretti ha ammesso: «Sapevamo di fare una provocazione, perché non compete alla Regione l’obbligo della vaccinazione».Il segretario del Pd si è però vantato del suo gesto: «Volevamo dare un segnale sull’importanza di farlo, e invitiamo il governo a introdurre l’obbligo vaccinale a livello nazionale», ha dichiarato all’agenzia Agi. Peggio per lui, lo rimbecca Magaldi: «Lo denunceremo: non si può emettere un provvedimento come quello, già sapendo che è illegittimo. E’ un dolo gravissimo: forze Zingaretti non si rende più nemmeno conto di quello che dice, oltre che di quello che fa». Autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che denuncia il ruolo occulto di decine di superlogge sovranazionali nella gestione del grande potere mondiale, Magaldi accusa il “partito cinese” di aver sprofondato il pianeta nel panico-Covid, tramite un’Oms ormai largamente finanziata da Pechino, paralizzando l’economia (tranne quella cinese). Spiega: «Gli oligarchi del colosso asiatico non solo soli: su di loro puntarono gli oligarchi occidentali della superloggia “Three Eyes”, in primis Kissinger, quando – attraverso la paramassonica Commissione Trilaterale, che è una loro emanazione – già nel 1975 teorizzarono che fosse meglio limitare la democrazia, in Occidente». Lo scrissero nel pamphlet “The crisis of democracy” firmato da Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki, con edizione italiana introdotta da Gianni Agnelli.La tesi: “curare” la democrazia aggiugendo democrazia sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Traduzione pratica: il reclutamento nella “Three Eyes” del leader cinese Deng Xiaoping, per trasformare la Cina nella manifattura del mondo, a basso costo, mettendo in croce l’industria occidentale (lavoro, diritti), da sacrificare nell’ambito della finanziarizzazione planetaria. «E’ stata la strategia della globalizzazione neoliberista: delocalizzare le fabbriche, penalizzando i lavoratori e annientando la classe media occidentale. E il boom economico cinese, accuratamente preparato, serviva proprio a questo». “Gran maestro” del Grande Oriente Democratico, già inziato alla superloggia “Thomas Paine”, Magaldi è il frontman italiano del circuito massonico progressista che nel 2016 appoggiò l’outsider Donald Trump per fermare il Deep State “imperiale” che puntava sulla Clinton per mantenere salda la leadership neoliberista mondiale. «Anche per questo – dice Magaldi – Trump ha fatto benissimo a imporre uno stop all’export cinese, spina nel fianco dei lavoratori occidentali». Beninteso: «La Cina si è resa protagonista di un “dumping” sleale: i suoi prodotti sono low-cost perché fabbricati da operai sottopagati e privi di tutele sindacali, in complessi industriali che non hanno speso nulla per ridurre l’inquinamento».Attenzione, però: «Non è solo questione di cinesi», avverte Magaldi. «Tutto questo è avvenuto in modo pilotato, da quando alla Cina è stato permesso di entrare nel Wto senza nessuna delle garanzie che gli altri player mondiali devono dare, per entrare nel grande gioco del commercio mondiale: e cioè il rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche». Fate caso: «L’epidemia di coronavirus è esplosa un minuto dopo che Trump ha imposto dazi alla Cina, frenandone l’avanzata». Il resto è cronaca: con una mossa senza precedenti, Mike Pompeo ha accusato il Vaticano di aver concesso al regime di Pechino di condizionare la nomina dei vescovi cattolici in Cina. Dalla Santa Sede a Palazzo Chigi, il passo è breve: Magaldi accusa il governo Conte di aver imposto un severissimo lockdown “cinese”, modello Wuhan, la scorsa primavera. «Sono sempre stato contrario al “coprifuoco”, come efficace misura di contenimento del virus: nei paesi che non hanno effettuato chiusure, come la Svezia, oggi vediamo che il bilancio sanitario è paragonabile a quello italiano, con l’enorme differenza che l’economia non ha subito danni».Non da oggi, Magaldi punta il dito contro la “sindrome cinese” che affliggerebbe lo stesso governo Conte, protagonista di una gestione ultra-autoritaria della crisi, con “pieni poteri” esercitati in modo più che discutibile, anche attraverso il Comitato Tecnico-Scientifico e l’evidente manipolazione effettuata dai media, che a reti unificate hanno investito sulla paura ed escluso tutte le voci critiche, anche quelle del mondo scientifico, contrarie a forme estreme di distanziamento sociale. «So che c’è un “partito cinese” sovranazionale che ha dei terminali importanti, in Italia», afferma Magaldi. «E’ un “partito” trasversale che risente dell’ideologia, della teoria e della prassi in uso in Cina». Un grande paese e un grande popolo, quello cinese, «protagonista di eccezionali risultati economici in tempi brevissimi, che hanno giustamente sbalordito il mondo». Il problema? «Gli oligarchi del partito comunista di Xi Jinping tengono prigioniere centinaia di milioni di persone, sottoponendole anche a deportazioni di massa, di cui i media occidentali (anche i più accreditati) evitano di parlare».Nella sua dirompente visita romana, in cui ha esaltato il controverso Wojtyla come “paladino della libertà” mettendo in ombra Bergoglio, troppo arrendevole verso i cinesi, Mike Pompeo ha auspicato addirittura un “regime change” a Pechino. Chi conosce Magaldi farà in fretta a tradurre: non si tratta (solo) di uno scontro tra America e Cina. La vera posta in gioco è tra oligarchia e democrazia: e gli oligarchi che minacciano la nostra libertà non sono soltanto quelli con gli occhi a mandorla. Il guaio, per noi, è che «i simpatizzanti italiani del “partito cinese”, alcuni dei quali sono al governo, evidentemente hanno la tentazione di sostituire il principio liberale della “raccomandazione” con quello dell’imposizione», sostiene Magaldi, riferendosi sia ai diktat sulle mascherine che a quelli sulla vaccinazione antinfluenzale, che gli stessi medici valutano poco efficace, e alcuni addirittura ritengono possa esporre a maggiori rischi di contrarre il Covid. Per Magaldi e il Movimento Roosevelt, la battaglia politica è cominciata: incassata la sconfitta al Tar sul vaccino antinfluenzale, Zingaretti ha imposto le mascherine all’aperto, nel Lazio, «alzando la palla al governo Conte, perché estenda l’obbligo a livello nazionale».A Magaldi, le mascherine non piacciono: «Illustri scienziati ci hanno spiegato è molto aleatoria, la protezione che fornirebbero, mentre sono comprovati i danni alla salute che, a lungo andare, comportano». In diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”, insieme a Monica Soldano e all’avvocato Vanni Oddino (vincitore al Tar contro Zingaretti), Magaldi sintetizza: l’obbligo regionale di indossare mascherine all’aperto è facilmente “smontabile”, sul piano legale. Di qui l’invito alla popolazione: «Le mascherine indossatele negli ambienti chiusi, ma evitare di obbedire alla disposizione che ora impone di tenerle sul volto anche all’aperto». E se – come pare scontato – alcune Regioni hanno solo anticipato di qualche giorno quella che sarà una un’imposizione nazionale? Anche in quel caso, sostiene Magaldi, ci sarà da discutere: il Parlamento (esaminando la proposta di Forza Italia sul vaccino antinfluenzale) ha optato per la “forte raccomandazione”, evitando quindi l’obbligatorietà. «La stessa cosa potrebbe valere per le mascherine», sostiene Magaldi.«Oltretutto, una legge dello Stato attualmente in vigore inibisce l’uso di maschere che possano impedire ai cittadini di rendersi riconoscibili, da parte delle forze dell’ordine: è una questione di pubblica sicurezza». Non è tutto: «In uno Stato liberale e democratico bisogna stare molto attenti, con le disposizioni autoritarie». La posizione del leader “rooseveltiano” è netta: «Le persone sono ora costrette a indossare la mascherina durante tutto il giorno, in presunta lotta contro un virus che ha una bassa carica virale, in questo momento: non produce sovraffollamento nelle terapie intensive, né rischi così gravi come quelli di altre malattie, che – tutti i cittadini italiani se ne sono accorti – sono state poco e mal curate, in tutti questi mesi». Questo va sottolineato, insiste Magadi: «C’è un’emergenza nazionale che riguarda tutti i malati, affetti da altre patologie: a causa di questa sovraeccitazione, retorica e spesso mistificatoria, a proposito del Covid, non vengono curati. Il diritto alla salute è stato violato, e viene tuttora violato: perché tutti sono sovraeccitati e molto preoccupati del Covid. E di questo sono resposabili anche i media: le persone mutano i loro comportamenti soltanto perché il telegiornale parla dell’aumento dei contagi, senza spiegare che è dovuto all’aumento dei tamponi. Ma questi contagiati sono asintomatici, sono tra noi da mesi, non producono effetti, e tra gli asintomatici la trasmissione virale è bassissima».Il dado è tratto, sembra dire Magadi: «Ora finalmente il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo il suo “ultimatum”, innanzitutto economico: il paese è in ginocchio e non si vede luce, nelle chiacchiere infeconde dei nostri attuali governanti». Ma l’ultimatum verterà anche su questa nuova emergenza, «che non è quella da pandemia: è l’emergenza da cialtronaggine, nella gestione della pandemia, da parte di alcuni governanti regionali e del governo nazionale». Magaldi annuncia quindi l’esordio della Milizia Rooseveltiana, formazione «pacifica e gandhiana ma dura, pronta a scendere in piazza con il suo istrionismo, con la sua felice provocazione (non come quella proclamata da Zingaretti, dolosa e passibile di conseguenze penali)». Sarà qualcosa che, «con la capacità teatrale di rappresentarsi in quanto “esercito civico”, senza compiere atti di violenza, marcerà e offrirà alla pubblica opinione motivo di che riflettere, con sue incursioni piratesche, simpatiche e colorite». L’obbligo della mascherina, aggiunge Magaldi, costringe ad accelerare i tempi: «Sono allo studio delle azioni che dimostreranno come noi non siamo disponibili semplicemente a difenderci, ma vogliamo attaccare – in modo nonviolento e pacifico – coloro i quali attentano alle nostre libertà».Quando dice “noi”, Magaldi allude al Movimento Roosevelt, entità politica meta-partitica creata nel 2015 con l’intento di “risvegliare”, in modo trasversale e senza pregiudizi di parte, l’intera politica italiana. Obiettivo: riconquistare una piena sovranità democratica. «Nelle nostre fila c’è un’alta passione civica: per noi, a vita della polis è un campo di battaglia per principi e obiettivi, e non per piccole comunità, piccole poltrone, piccoli guadagni del “qui e ora”, senza lungimiranza, come quelli messi in mostra da Zingaretti». Secondo Magaldi, l’Italia resta una trincea strategica, decisiva per gli equilibri mondiali: «Solo il nostro paese potrà spezzare l’autoritarismo dell’oligarchia che utilizza la Disunione Europea per creare depressione socio-economica, in accordo con le filiere mondiali della massoneria “neoaristocratica”, quella che vorrebbe imporre il sistema-Cina come modello alternativo all’Occidente dei diritti».In questi mesi, Magaldi si è battuto con assoluto tempismo: con largo anticipo ha annunciato la clamorosa svolta keynesiana di Mario Draghi, fino a ieri campione dell’élite eurocratica di stampo reazionario. Tutte “profezie” regolarmente avveratesi: dal trasloco (con Draghi) della stessa Christine Lagarde nello schieramento massonico progressista, all’annuncio del tenore che avrebbe avuto l’incursione di Pompeo in Italia. Magaldi è stato il primo a denunciare il “partito cinese”, quindi anche atlantico, ai tempi dell’esplosione dell’epidemia a Wuhan, e il primo (e unico, per ora) a svelare la cifra massonico-progressista di Bob Dylan, che a fine marzo – con il brano “Murder Most Foul” (messo in relazione con la pandemia) – ha alimentato un terribile sospetto: gli architetti occulti dell’operazione-Covid sarebbero gli eredi degli assassini di John Kennedy. Allusioni ulteriormente sottolineate nel brano “False prophet”, illustrato in modo eloquente: la morte bussa alla porta, con un pacco regalo sottobraccio, e nell’altra mano una siringa.Erano i giorni in cui Bill Gates, dopo aver vaticinato l’apocalisse, presentava il suo sogno di vaccinazione universale con escursioni nella fisica quantistica, laddove si presume l’inoculo di molecole “interattive” che possano trasformare il corpo umano in una sorta di ricetrasmittente biologica, capace di comunicare a distanza e ricevere impulsi sanitari in automatico. Fantascienza? Bei tempi, quando Nicola Zingaretti promuoveva cenette “antirazziste” nei ristoranti cinesi e brindava sui Navigli, a Milano, per esorcizzare la “fake news” della terribile pandemia. E’ lo stesso Zingaretti che, nel giro di pochi mesi, ha fatto spendere alla Regione Lazio 14 milioni di euro per mascherine mai arrivate, più altri milioni (ben di più) per fare scorta di improbabili vaccini antinfluenzali. Sempre lui, il segretario del Pd – partito che tiene in piedi il governo-fantasma di Conte – ora impone le mascherine ai laziali, anche in strada. Qualcosa non torna? La verità, dice Gioele Magaldi, è che qualcuno si è gettato sull’emergenza sanitaria per manipolarla, a nostro danno.Ancora lo scorso febbraio, il coronavirus sembrava uno spettro remoto. «Per l’Italia il rischio è zero», annunciò il virologo Burioni, inaugurando la sanità televisiva modello Covid, dove l’attendibilità è una variabile e il confronto tra le fonti non esiste più: il governo Conte l’ha persino bandito, anche sul web, facendo la guerra – col suo Ministero della Verità – alle notizie scomode, liquidate come bufale. Con un’escalation inquietante: un conto è smentire, un altro è censurare. Non si contano più in post cancellati dai social, i video bannati da YouTube. Colmo del ridicolo: l’accusa – grottesca – di “negazionismo”, rivolta a chiunque, medici e scienziati compresi, osi contestare il Verbo ufficiale, governativo. Siamo passati dalla demonizzazione al bavaglio, senza colpo ferire: non un fiato da sindacati, reporter, Ordine dei Giornalisti. Tutti sordomuti, di colpo? Solo un cieco potrebbe non vedere la dimensione planetaria del problema: che è politico, prima che sanitario. Oggi siamo alla pantomima delle mascherine all’aperto. «Io non la indosserò», avvisa Magaldi, lanciando il suo guanto di sfida.Gioele Magaldi va alla guerra: «Affermo con chiarezza che personalmente disobbedirò: nel Lazio non indosserò alcuna mascherina, all’aperto». Non solo: «Invito tutti i cittadini a non indossarle, le mascherine all’aperto. E se vi faranno delle multe, potrete scrivere al “soccorso legale rooseveltiano” coordinato da Monica Soldano: la nostra rete di avvocati sta già combattendo delle battaglie per gli abusi commessi durante il lockdown, in danno dei cittadini». E le forze dell’ordine? «A quei carabinieri e poliziotti che vi fermeranno, dite che loro stessi stanno obbedendo a degli ordini incostituzionali. Spesso, un pubblico ufficiale ha il dovere (oltre che il diritto) di ribellarsi, ad un ordine incostituzionale che gli venga dato». Così si è espresso, il presidente del Movimento Roosevelt, lunedì 5 ottobre, all’indomani della vittoria riportata contro Zingaretti al Tar del Lazio, che ha annullato l’ordinanza sul preteso obbligo vaccinale antinfluenzale per anziani, medici e infermieri. «Il giudice ha stabilito che la Regione non ha competenza per imporre una tale limitazione della nostra libertà». Scornato, Zingaretti ha ammesso: «Sapevamo di fare una provocazione, perché non compete alla Regione l’obbligo della vaccinazione».