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Padroni stranieri per l’Italia, un paese creato per obbedire
L’inefficienza e la corruzione del sistema-Italia derivano dalla collocazione subalterna e asservita dell’Italia nella gerarchia delle potenze, quindi non è possibile curarle dall’interno dell’Italia, con mezzi politici o giudiziari o di altro genere. Promesse di questo genere sono pertanto mendaci o sciocche. Il dibattito politico e culturale resta sterile e impotente proprio perché non tematizza questa condizione giuridica internazionale di sudditanza dell’Italia, compresi i trattati e i protocolli riservati che sanciscono questa sua condizione, nonché il rapporto tra tale sua condizione da un lato e la sua decadenza dall’altro. L’Italia, dall’alto medioevo in poi, non è mai stata indipendente (tolta Venezia e qualche altra città), ma è stata assoggettata a potenze e interessi esterni; questa sua posizione è stata consolidata dai secoli, è divenuta uno dei principi cardine del diritto internazionale; i suoi governanti sono sostanzialmente al servizio di questi interessi e potenze: ottengono e mantengono la poltrona in quanto obbediscono un padrone esterno, e in cambio possono fare i loro comodi all’interno a spese dei cittadini (del resto, lo Stato unitario italiano nasce per interesse e intervento di Londra e Parigi).Ahi serva Italia! I rari tentativi di ribellione e di difesa di interessi nazionali sono stati repressi con ogni mezzo, compreso l’omicidio (vedi il caso di Enrico Mattei) e il downrating (vedi il caso Berlusconi). Questa condizione millenaria di asservimento allo straniero, in particolare il fatto che i governanti italiani rispondono a interessi stranieri piuttosto che a interessi nazionali (tolti quelli forti, cioè la Chiesa e le mafie), impedisce il nascere di una coscienza nazionale, di una visione politica di lungo termine e di una classe politica con adeguata competenza: avendo la funzione di trasferire risorse dagli italiani a potentati stranieri, la classe dirigente italiana necessariamente è composta di ladri professionali con mentalità di ladri e compari tra loro. Infatti è connotata, complessivamente, da incapacità, nepotismo, corruzione, abuso, servilismo. Il suo orizzonte operativo è di breve o brevissimo termine. Non si cura di programmare. Vive e ruba alla giornata. Ogni governo fantoccio è un governo di ladri.La popolazione percepisce queste caratteristiche del potere, e si adegua, ricorrendo all’arrangiarsi, al clientelismo, all’evasione fiscale, etc. Da qui derivano il basso senso civico e la sfiducia verso le leggi e la loro abituale trasgressione, da parte delle istituzioni prima ancora che dei cittadini. Il pesce puzza dalla testa. La decadenza di un siffatto sistema-paese è geneticamente predeterminata. Gli esempi di scelte eseguite da governi e presidenti italiani su ordine straniero e contro gli interessi nazionali sono abbondanti e macroscopici. Ne citerò alcuni che mi paiono particolarmente significativi:- L’adesione a tre successivi sistemi di blocco dei tassi di cambio, di cui l’ultimo si chiama “euro”, tutti molto dannosi per l’Italia e molto vantaggiosi per i paesi del Nord Europa; i primi due sono già saltati dopo aver cagionato disastri. Tutti ci hanno inflitto deindustrializzazione e indebitamento, apportando per contro sviluppo e attivo commerciale ai paesi forti. Tutti hanno aumentato il divario rispetto a questi paesi, sotto la promessa di ridurlo.- L’accettazione di scelte europee in materie monetarie, bancarie e fiscali che consentono ai paesi forti di violare le regole a cui invece deve sottostare l’Italia – vedi il sistema bancario tedesco, cui è concesso di usare leve multiple di quelle italiane e di ricevere aiuti di Stato – congiuntamente al fatto che all’economia italiana viene negato l’uso di strumenti finanziari che invece sono disponibili ai paesi forti dell’Ue, i quali quindi possono fare shopping e concorrenza sleale nei confronti dell’Italia, lo si sente!- La partecipazione alla guerra contro la Libia, imposta via Quirinale a Berlusconi poco dopo la conclusione di un trattato di pace vantaggioso per l’Italia, e voluta nell’interesse di Regno Unito e Francia, a danno dall’Italia, che, per effetto della guerra, ha perso quote di risorse petrolifere a favore di quei due paesi, e inoltre si ritrova l’Isis a soli 80 km e un flusso disastroso di migranti.- L’imposizione, sempre via Quirinale, come premier di Monti, che ha irrimediabilmente spezzato le gambe all’economia nazionale soprattutto dove competitiva con quella tedesca, e ha trasferito decine di miliardi spremuti dagli italiani mediante tasse folli per assicurare a banchieri tedeschi e francesi i profitti delle loro speculazioni criminali in Spagna e Grecia.- La demenziale adozione del principio di pareggio di bilancio in periodo di recessione, che automaticamente determina la rarefazione monetaria (perché per realizzare un avanzo primario il governo estrae dal paese più soldi di quanti ne reimmetta, svuotandolo di liquidità), quindi insolvenze, licenziamenti, morie aziendali e avvitamento recessivo.- La irragionevole adozione del bail-in, cioè del principio che, se una banca va male (di solito perché i suoi gestori hanno mangiato), anziché farla salvare dalla banca centrale a costo zero e punire i colpevoli, le perdite si scaricheranno su azionisti, obbligazionisti e risparmiatori – principio che mina alla base la fiducia nelle banche stesse e le rende tutte più deboli, perché adesso chi vuole investire nel capitale azionario di una banca o nelle sue obbligazioni sa che rischia di più, e richiederà tassi più alti.Queste cose non sono novità dell’Europa Unita, ma la prosecuzione del trattamento già riservato all’Italia a Versailles nel 1919. Alla conferenza di Versailles, che definiva i nuovi assetti alla fine della Prima Guerra Mondiale spartendo tra i vincitori territori e colonie dei vinti, il premier francese Georges Clemenceau, soffrendo di prostatite e vedendo il premier italiano, Vittorio Emanuele Orlando, piangere spesso e a dirotto, disse: «Ah, magari potessi urinare così copiosamente come Orlando piange!». Perché Orlando piangeva tanto? Perché il governo italiano, nel 1915, aveva deciso di partecipare alla guerra, che sarebbe costata un alto prezzo di morti, feriti e spese, allo scopo, sancito dal Trattato di Londra del medesimo anno, di far salire di grado l’Italia, di farla equiparare alle nazioni di prima classe; ma, al contrario, l’Italia fu trattata male da Usa, Gran Bretagna e Francia in termini di dazi per le sue esportazioni, e fu esclusa dalla spartizione delle colonie tedesche e dei territori tolti all’Impero Ottomano, cioè fu esclusa da importanti fonti di materie prime nonché sbocchi per la sua sovrappopolazione, e rimase una paese di seconda classe.Anzi, divenne un paese di terza classe, perché gli Usa, usciti dalla Grande Guerra come grandi creditori dell’Europa, in quel dopoguerra assunsero l’egemonia mondiale, spingendo nella seconda classe le vecchie potenze europee, e in terza il Belapaese. La Seconda Guerra Mondiale, col successivo piano Marshall e con l’europeismo, ha radicalizzato questa scomoda posizione di sub-subalternità di questo paese, che deve piegarsi agli interessi di due livelli di paesi padroni, e restare militarmente occupato dagli Usa anche dopo la fine della minaccia “comunista”. All’interno dell’Italia, ancora più sottomessi e sfruttati sono Veneti e Lombardi, che devono cedere buona parte del loro reddito per sostenere il meridione e Roma. Emigrare è quindi la scelta razionale più adatta per chi può farlo.Ps: l’Italia attuale non è una colonia: non ne ha le caratteristiche giuridiche e funzionali perché nessuna potenza straniera si assume la responsabilità di governarla direttamente né manda coloni. Essa è bensì oggetto di imperialismo, che impone governi fantocci e politiche di suo vantaggio, mantenendola inefficiente come sistema-paese. Per funzionare, un paese strutturalmente inefficiente come l’Italia (Meridione inguaribilmente arretrato, mentalità parassitaria, burocrazia e partitocrazia marce, livello scientifico e culturale basso, popolazione vecchia) avrebbe bisogno di quello che aveva prima dell’Euro e prima del 1981, ossia di molta liquidità e molti investimenti pubblici a basso costo: è come un motore vecchio che brucia molto olio: bisogna rabboccarlo continuamente, altrimenti grippa.(Marco Della Luna, “Italia, subalternità e corruzione”, dal blog di Della Luna del 20 febbraio 2016).L’inefficienza e la corruzione del sistema-Italia derivano dalla collocazione subalterna e asservita dell’Italia nella gerarchia delle potenze, quindi non è possibile curarle dall’interno dell’Italia, con mezzi politici o giudiziari o di altro genere. Promesse di questo genere sono pertanto mendaci o sciocche. Il dibattito politico e culturale resta sterile e impotente proprio perché non tematizza questa condizione giuridica internazionale di sudditanza dell’Italia, compresi i trattati e i protocolli riservati che sanciscono questa sua condizione, nonché il rapporto tra tale sua condizione da un lato e la sua decadenza dall’altro. L’Italia, dall’alto medioevo in poi, non è mai stata indipendente (tolta Venezia e qualche altra città), ma è stata assoggettata a potenze e interessi esterni; questa sua posizione è stata consolidata dai secoli, è divenuta uno dei principi cardine del diritto internazionale; i suoi governanti sono sostanzialmente al servizio di questi interessi e potenze: ottengono e mantengono la poltrona in quanto obbediscono un padrone esterno, e in cambio possono fare i loro comodi all’interno a spese dei cittadini (del resto, lo Stato unitario italiano nasce per interesse e intervento di Londra e Parigi).
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E adesso Equitalia vuole entrare nel nostro conto in banca
I risparmi degli italiani sono in pericolo: conti correnti, depositi, azioni, obbligazioni potrebbero diventare facile preda dei gabellieri di Stato. L’amministratore delegato della società di esazione, Enrico Maria Ruffini, l’ha detto senza troppi giri di parole davanti alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria: per combattere l’evasione servono maggiori poteri. Uno in particolare: la possibilità di accedere alle informazioni finanziarie dei debitori attingendo all’Anagrafe dei rapporti finanziari, la banca dati già attiva ma sin qui a disposizione esclusivamente dell’Agenzia delle Entrate. Il tutto, ha aggiunto mistico Ruffini, «nel superiore interesse della riscossione». Il ragionamento, articolato secondo gli schemi della burocrazia tassatoria, non fa una grinza. «Allo scopo di consentire che siano intraprese azioni di recupero puntuali ed efficaci», ha spiegato l’Ad di Equitalia davanti ai parlamentari, «sarebbe importante accordare alle società del gruppo la fruibilità, in forma massiva e a cadenze ravvicinate, di informazioni attuali in ordine alla consistenza effettiva dei rapporti che i debitori intrattengono con gli operatori finanziari».Diventasse legge, dopo essere stato ridotto in mutande il contribuente si ritroverebbe nudo di fronte agli esattori stile Grande Fratello. Che con un clic avrebbero di fatto la possibilità di passare subito all’incasso, scansando i fastidi dell’eventuale verifica in contraddittorio – anche giudiziario – con il cittadino pagatore. Un aspetto di non poco conto se si considera, stando alle parole dello stesso Ruffini, che tra il 2000 ed il 2015 su 250 milioni di cartelle emesse, alla fine ben 30 (2 milioni l’anno) sono state annullate per vizi il più delle volte censurati soltanto dopo il ricorso ai giudici. Morale della favola: nel campo dei balzelli il cittadino rischia d’essere sacrificato sull’altare della Suprema Riscossione. Perché evadere sarà pure immorale e a volte penalmente rilevante e comunque sempre odioso, ma lo Stato non si comporta certo da buon padre di famiglia. E più pretende e sempre meno dà. I Comuni, ad esempio: secondo la Corte dei Conti, per ripianare 8 miliardi di tagli di trasferimenti statali, tra il 2010 e il 2014 hanno alzato del 22% la pressione tributaria media. Così, se nel 2011 ogni italiano scuciva 505 euro, tre anni più tardi la cifra era lievitata a 618 euro.E un semplice pannicello caldo rischia di rivelarsi il blocco degli aumenti dei tributi locali, introdotto per il 2016 con la legge di Stabilità e presentato dal governo come una rivoluzione epocale: per il centro studi di Unimpresa, che a grandi linee ricalca quanto scritto nella nota di accompagnamento al Documento di finanza pubblica (di matrice governativa), «le misure contenute nella legge di Stabilità non produrranno effetti significativi per la riduzione della pressione fiscale, che dopo aver toccato il 43,4% nel 2014, resterà stabilmente sopra la soglia del 43% fino al 2018». Pagheranno i soliti noti. Quelli spremuti da tempi antichi. Vittime impotenti di un sistema malato, prossimo al collasso. Nell’ultimo quindicennio (Ruffini dixit) su 1.058 miliardi di crediti da riscuotere Equitalia ne ha incamerati appena 51, il 5%. Circa 7,7 miliardi l’anno. Ma invece di cambiar strada si tira dritto. Asfaltando il contribuente, con piena consapevolezza politica.Lo scorso agosto a lasciar balenare l’ipotesi di consegnare a Equitalia le chiavi di accesso ai risparmi degli italiani era stato il Pd, che in Commissione Finanze del Senato, attraverso la relatrice Lucrezia Ricchiuti, aveva presentato un parere poi approvato a maggioranza per sollecitare il governo «a restituire al concessionario pubblico efficienza di recupero», oltre a garantirgli «libero accesso a tutte le informazioni finanziarie che riguardano i contribuenti, come i conti bancari italiani e quelli all’estero, la compravendita di auto o di imbarcazioni, i conti titoli». Otto mesi dopo, Equitalia null’altro chiede che il rispetto degli impegni assunti.(Gianpaolo Iacobini, “Equitalia vuole entrare nei nostri conti in banca – La folle idea Equitalia-Pd: le mani nei conti correnti”, da “Il Giornale” del 27 gennaio 2016).I risparmi degli italiani sono in pericolo: conti correnti, depositi, azioni, obbligazioni potrebbero diventare facile preda dei gabellieri di Stato. L’amministratore delegato della società di esazione, Ernesto Maria Ruffini, l’ha detto senza troppi giri di parole davanti alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria: per combattere l’evasione servono maggiori poteri. Uno in particolare: la possibilità di accedere alle informazioni finanziarie dei debitori attingendo all’Anagrafe dei rapporti finanziari, la banca dati già attiva ma sin qui a disposizione esclusivamente dell’Agenzia delle Entrate. Il tutto, ha aggiunto mistico Ruffini, «nel superiore interesse della riscossione». Il ragionamento, articolato secondo gli schemi della burocrazia tassatoria, non fa una grinza. «Allo scopo di consentire che siano intraprese azioni di recupero puntuali ed efficaci», ha spiegato l’Ad di Equitalia davanti ai parlamentari, «sarebbe importante accordare alle società del gruppo la fruibilità, in forma massiva e a cadenze ravvicinate, di informazioni attuali in ordine alla consistenza effettiva dei rapporti che i debitori intrattengono con gli operatori finanziari».
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Pellizzetti: la guerra ai poveri ci ha reso tutti più poveri
In questi giorni nei telegiornali di tutte le reti si susseguono i bollettini medici di un crash economico che – a sentire gli speaker – parrebbe incomprensibile: gli istituti di credito a picco, da Banca Etruria a Deutsche Bank; il Pil italiano che si rattrappisce, mentre le locomotive mondiali, americane e cinesi, rallentano; l’inflazione sempre più lontana dall’auspicata soglia del 2% mentre il crollo delle materie prime non rianima produzioni e transazioni. Parrebbe si sia in presenza di un male oscuro che corrode la presunta cornucopia dell’economia globalizzata. Intanto l’ex sottosegretario di Stato Usa Larry Summers ci invita a predisporci a «una stagnazione di durata ALMENO secolare». Eppure la chiave interpretativa è sotto gli occhi di chi vuol vedere e ha il coraggio di riconoscere che questa catastrofe ce la siamo procurata con le nostre mani; grazie alle follie (criminali) perpetrate negli ultimi quattro decenni. I cui nodi velenosi stanno giungendo al pettine. Resta solo da appurare se di pazzia si tratta o di vera e propria criminalità economica.Un esempio per tutti, di casa nostra: a partire dall’autunno 2014 i disoccupati sono già oltre 3 milioni, i giovani senza lavoro sfiorano il 45%, la base produttiva ha perso un quarto del suo potenziale, il Pil sceso di 10-11 punti rispetto all’anno prima della crisi. Quindi il governo che fa? Si scatena per introdurre nella legislazione del lavoro nuove norme che facilitino il licenziamento! L’ennesimo episodio locale di una quarantennale vicenda mondializzata, in cui è iscritta la causa dei nostri mali: aver smarrito coscienza del significato di quel fenomeno che – per la prima volta nella storia dell’umanità – aveva diffuso ricchezza. Infatti, cos’è la rivoluzione industriale se non l’aver instaurato una produzione di massa, in una società di massa che accede al consumo di massa?Lo aveva capito benissimo Henry Ford, quando aumentava la paga ai suoi operai perché diventassero i primi acquirenti della Ford modello “T”, da loro stessi prodotto. La guerra dei ricchi contro i poveri, scatenata dalla controrivoluzione NeoLib a partire dagli anni ‘70, ha rotto questo felice equilibrio: l’impoverimento di sempre più larghi strati di cittadini ha contratto le moltitudini di consumatori in grado di far girare la megamacchina produttiva con i loro acquisti. E il sogno del privilegio finanziarizzato (il cosiddetto 1%) di rifugiarsi nel virtuale si è infranto contro gli scogli delle dure repliche del mondo reale. Ricordo sommessamente di aver avanzato questa tesi già l’anno scorso, in un saggio editato dal Saggiatore (“Società o barbarie”): il capitalismo sta tagliando il ramo su cui è appollaiato con la distruzione delle dinamiche inclusive che lo sostenevano.L’anno prima era stato Thomas Piketty, con il suo bestseller “Il Capitale nel XXI secolo”, ad avvisarci che «a partire dagli anni settanta le disuguaglianze all’interno dei paesi ricchi si sono di nuovo accentuate». E prima di lui Zygmunt Bauman: «I vecchi ricchi avevano bisogno dei poveri per diventare e restare ricchi…i nuovi ricchi non hanno più bisogno dei poveri» (“Dentro la globalizzazione”). Follia criminale pure suicida: la lotta ai lavoratori e la spremitura dei meno abbienti per allocare la ricchezza ai vertici della piramide sociale, ha mandato in frantumi il meccanismo che la creava. Quanto ci ha appena spiegato Luciano Gallino con il suo libro postumo per Einaudi (“Il denaro, il debito, la doppia crisi”) parlando di “crollo tendenziale della domanda aggregata”: «Qualcuno dovrebbe spiegare a Mario Draghi che se le imprese non investono non lo fanno certo perché gli interessi sui prestiti sono elevati, ma perché non sanno a chi potrebbero vendere quello che nel caso produrrebbero». In fondo Joseph Schumpeter, uno dei più grandi economisti del ‘900, lo aveva annunciato: il capitalismo finirà per autocombustione. Ma la prospettiva non è certo incoraggiante, appurato che siamo nelle mani di pazzi suicidi.(Pierfranco Pellizzetti, “La guerra ai poveri ci ha reso tutti più poveri”, da “Micromega” del 14 febbraio 2016).In questi giorni nei telegiornali di tutte le reti si susseguono i bollettini medici di un crash economico che – a sentire gli speaker – parrebbe incomprensibile: gli istituti di credito a picco, da Banca Etruria a Deutsche Bank; il Pil italiano che si rattrappisce, mentre le locomotive mondiali, americane e cinesi, rallentano; l’inflazione sempre più lontana dall’auspicata soglia del 2% mentre il crollo delle materie prime non rianima produzioni e transazioni. Parrebbe si sia in presenza di un male oscuro che corrode la presunta cornucopia dell’economia globalizzata. Intanto l’ex sottosegretario di Stato Usa Larry Summers ci invita a predisporci a «una stagnazione di durata almeno secolare». Eppure la chiave interpretativa è sotto gli occhi di chi vuol vedere e ha il coraggio di riconoscere che questa catastrofe ce la siamo procurata con le nostre mani; grazie alle follie (criminali) perpetrate negli ultimi quattro decenni. I cui nodi velenosi stanno giungendo al pettine. Resta solo da appurare se di pazzia si tratta o di vera e propria criminalità economica.
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Privatizzare la Russia: assalto a Putin, da Usa e oligarchi
Assalto al Cremlino, usando il grimaldello delle privatizzazioni per ingolosire gli oligarchi: domani, quando l’economia russa dovesse riprendersi (archiviate le sanzioni Usa-Ue), i ricchi saranno ricchissimi, e lo Stato avrà perso il suo potere. E’ la tesi avanzata dall’economista democratico statunitense Michael Hudson e da Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. La notizia: alcuni funzionari russi stanno discutendo, da ormai due anni, un piano per la maxi-privatizzazione di grandi imprese strategiche statali, tra cui la compagnia petrolifera Rosneft, la Vtb Bank, le Ferrovie Russe e la compagnia aerea di bandiera, l’Aeroflot. Obiettivo dichiarato: ottimizzare il management, oltre che indurre gli oligarchi a invertire la ventennale emorragia di capitali dal paese per tornare a investire nell’economia di Mosca. Ma le prospettive economiche russe sono peggiorate dal momento in cui gli Stati Uniti hanno spinto l’Occidente a imporre sanzioni economiche contro il paese, e anche per il crollo del prezzo del petrolio. Ciò ha reso l’economia russa meno attraente per gli investitori esteri. Così, la vendita di queste compagnie avverrà oggi a prezzi verosimilmente molto più bassi rispetto a quelli che sarebbero stati nel 2014.Nel frattempo, scrivono Hudson e Craig Robert in un’analisi su “Counterpunch” tradotta da “Come Don Chisciotte”, la combinazione fra debito in crescita e deficit della bilancia dei pagamenti ha fornito ai sostenitori delle privatizzazioni un ulteriore argomento per insistere con le dismissioni. Motivo addotto: la Russia non potrebbe monetizzare il proprio deficit, ma deve vendere le sue risorse migliori per sopravvivere. «Noi vogliamo mettere in guardia la Russia dall’accettare questa nefasta argomentazione neoliberista», scrivono i due economisti. «Le privatizzazioni non aiuteranno a re-industrializzare la Russia, ma ne aggraverebbero la trasformazione in una “economia di rendita” nella quale i profitti vanno a beneficio di proprietari stranieri». Per cautelarsi, Putin ha posto una serie di condizioni per scongiurare che le nuove privatizzazioni avvengano come le disastrose svendite dell’era Eltsin: stavolta gli asset non verrebbero venduti a prezzo di saldo, ma rispecchierebbero l’eventuale valore reale. E le aziende cedute resterebbero sotto la giurisdizione russa: gli investitori stranieri potranno partecipare, ma non scavalcare le regole russe, tra cui i vincoli per mantenere i capitali nel paese.«Putin ha saggiamente evitato la vendita della maggiore banca russa, la Sberbank, che detiene gran parte dei depositi privati nazionali: l’attività bancaria evidentemente resta un servizio principalmente pubblico – come dovrebbe – vista la capacità di creare moneta-credito, che la rende un monopolio naturale e intrinsecamente pubblica nel carattere». Nonostante queste precauzioni, però, «vi sono serie ragioni per non procedere con le privatizzazioni appena annunciate», che avverrebbero «in condizioni di recessione economica dovuta ai bassi prezzi del petrolio e alle sanzioni occidentali». L’alibi sarebbe la copertura del deficit di bilancio nazionale? «Questa scusa mostra come la Russia non si sia ancora ripresa dal disastroso mito, occidentale e atlanticista, che essa debba dipendere dalle banche estere e dai detentori di bond per creare moneta, come se la banca centrale russa non possa fare ciò da sé, tramite la monetizzazione del disavanzo di bilancio», obiettano Hudson e Craig Roberts. «La monetizzazione del deficit di bilancio è esattamente quello che ha fatto il governo degli Stati Uniti e ciò che si faceva presso le banche centrali occidentali nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale».La monetizzazione del debito è una pratica comune in Occidente: i governi possono agevolare la ripresa economica creando moneta. Molto meglio che far indebitare il paese verso creditori privati, che poi «prosciugano il finanziamento del settore pubblico attraverso l’emorragia del pagamento di interessi a creditori privati». Perché mai ricorrere alla finanza privata, quando può essere la banca centrale a creare finanziamento pubblico? «Gli economisti russi, tuttavia, sono stati indottrinati dal credo occidentale che solo le banche commerciali possano creare denaro, e che i governi per procurarsi le risorse debbano emettere dei buoni sui quali alla scadenza pagheranno degli interessi». Questa deformazione della finanza pubblica “privatizzata” «sta portando la Russia sullo stesso sentiero che ha portato l’Europa ad un’economia in stato comatoso». Attraverso la privatizzazione della creazione del credito, infatti, «l’Europa ha trasferito la propria pianificazione economica dai governi democraticamente eletti al settore bancario». La Russia? «Non ha bisogno di accettare questa filosofia economica orientata alla rendita, che può mandare in dissesto le finanze pubbliche di una nazione». Infatti, i neoliberisti non la promuovono certo per aiutare la Russia, «ma per metterla in ginocchio».Essenzialmente, spiegano i due analisti, quei russi cosiddetti “integrazionisti atlantici”, cioè alleati dell’Occidente, «puntano a sacrificare la sovranità della Russia per integrarla nell’impero occidentale», e così «utilizzano il neoliberismo per “intrappolare” Putin e annientare il controllo della Russia sulla propria economia, un elemento che Putin aveva ripristinato dopo gli anni di Eltsin nei quali la Russia era stata depredata da interessi stranieri». Nonostante il Cremlino sia riuscito a ridurre il potere degli oligarchi creato dalle privatizzazioni di Eltsin, il governo ha comunque bisogno di mantenere importanti imprese statali, proprio per controbilanciare il potere economico degli oligarchi. «La ragione per cui i governi costruiscono ferrovie e altre infrastrutture di base è quella di abbassare i costi basilari per vivere e lavorare. Lo scopo delle “corporation private” – di contro – è invece quello di aumentare tali costi quanto più possibile». Questa viene definita “estrazione di rendita”: «I proprietari privati impongono dazi per aumentare il costo del servizio di un’infrastruttura che viene privatizzata». Di fatto, «è l’opposto di quello che gli economisti classici definiscono come “libero mercato”».In base a un accordo di cui si parla, gli oligarchi «acquisiranno delle quote di compagnie statali con il denaro delle precedenti privatizzazioni nascosto all’estero, e faranno un altro “affare del secolo” quando l’economia russa si riprenderà abbastanza da consentire profitti corposi». Problema: «Quanto più potere economico si sposta dalle mani pubbliche al privato, minore è il potere del governo di controbilanciare gli interessi privati». Per questo, «nessuna privatizzazione dovrebbe essere consentita, in questa fase», e ancor meno si dovrebbe consentire «l’acquisizione di asset nazionali russi da parte di stranieri». Ma il rischio esiste: «Al fine di guadagnare un pagamento immediato in valuta estera, il governo russo cederà agli stranieri il flusso dei futuri guadagni che verranno ricavati in Russia e mandati all’estero». Attenzione: «Vendere degli asset pubblici in cambio di un pagamento in un’unica soluzione è quello che ha fatto l’amministrazione della città di Chicago quando ha ceduto per 75 anni la gestione dei parcheggi pubblici in cambio di una cifra corrisposta immediatamente. Sacrificando le entrate pubbliche, l’amministrazione di Chicago ha risparmiato le proprietà immobiliari e le ricchezze private dalla tassazione e ha inoltre consentito alle banche di investimento di Wall Street di fare una fortuna», spingendo però la città verso la bancarotta.«Nessuna sorpresa che gli atlantisti auspichino una sorte simile alla Russia», scrivono Hudson e Craig Roberts. «Usare le privatizzazioni per coprire un problema di bilancio di breve termine, ne porta invece uno di lungo termine. I profitti delle compagnie russe fluirebbero fuori dal paese, riducendo il tasso di cambio del rublo. Se i profitti vengono generati in rubli, questi possono essere cambiati in dollari nel mercato dei cambi. Ciò deprimerà il tasso di cambio del rublo aumentando il valore relativo del dollaro. In sostanza, consentire a degli stranieri di acquisire delle risorse statali della Russia, li aiuterebbe a speculare contro il rublo». Inoltre, anche i nuovi proprietari russi degli asset privatizzati potrebbero mandare all’estero i loro profitti. «Almeno, il governo russo si rende conto che dei proprietari soggetti alla giurisdizione russa vengono disciplinati più facilmente rispetto a dei proprietari in grado di controllare le aziende dall’estero e di tenere il loro capitale attivo a Londra o in altri centri finanziari (tutti soggetti alla pressione diplomatica Usa e alle sanzioni della Nuova Guerra Fredda)».A monte, comunque, il governo russo dovrebbe finanziare i propri deficit di bilancio semplicemente attraverso «la banca centrale che crea il denaro necessario, così come fanno gli Usa e la Gran Bretagna». Al contrario, «alienare per sempre dei flussi di ricavi futuri per coprire solo il deficit di un anno», secondo Hudson e Craig Roberts, «è la strada per l’impoverimento e la perdita dell’indipendenza politica ed economica». La globalizzazione? «E’ stata inventata come uno strumento dell’impero americano». La Russia se ne dovrebbe difendere, piuttosto che aprirvisi. E le privatizzazioni «sono il mezzo per minare la sovranità economica e accrescere i profitti tramite l’aumento delle tariffe». Che se ne rendano conto o meno, concludono i due analisti, gli economisti neoliberisti di Mosca si comportano «come le Ong finanziate dall’Occidente», che «agiscono in Russia come una quinta colonna contro l’interesse nazionale». In altre parole, «la Russia non sarà al riparo dalla manipolazione occidentale fino a quando la propria economia non sarà impermeabile ai tentativi da parte dell’Occidente di piegarla ai propri interessi piuttosto che a quelli nazionali».Assalto al Cremlino, usando il grimaldello delle privatizzazioni per ingolosire gli oligarchi: domani, quando l’economia russa dovesse riprendersi (archiviate le sanzioni Usa-Ue), i ricchi saranno ricchissimi, e lo Stato avrà perso il suo potere. E’ la tesi avanzata dall’economista democratico statunitense Michael Hudson e da Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan. La notizia: alcuni funzionari russi stanno discutendo, da ormai due anni, un piano per la maxi-privatizzazione di grandi imprese strategiche statali, tra cui la compagnia petrolifera Rosneft, la Vtb Bank, le Ferrovie Russe e la compagnia aerea di bandiera, l’Aeroflot. Obiettivo dichiarato: ottimizzare il management, oltre che indurre gli oligarchi a invertire la ventennale emorragia di capitali dal paese per tornare a investire nell’economia di Mosca. Ma le prospettive economiche russe sono peggiorate dal momento in cui gli Stati Uniti hanno spinto l’Occidente a imporre sanzioni economiche contro il paese, e anche per il crollo del prezzo del petrolio. Ciò ha reso l’economia russa meno attraente per gli investitori esteri. Così, la vendita di queste compagnie avverrà oggi a prezzi verosimilmente molto più bassi rispetto a quelli che sarebbero stati nel 2014.
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Brexit, un accordo vergognoso che anticipa i danni del Ttip
L’accordo anti-Brexit dimostra che l’Unione Europea trova l’unità solo quando si tratta di togliere diritti sociali a qualcuno, solo quando si possono stabilire gerarchie di potere e diseguaglianze. Si sta nella Unione Europea per colpire i diritti dei popoli e per creare gerarchie di privilegi tra Stati e favorire i gruppi più potenti del capitalismo finanziario. Per tenere unita l’Unione Europea alla Grecia è stato imposto il memorandum che sta portando le condizioni sociali di quel popolo indietro di cento anni. La Gran Bretagna è infinitamente più potente della Grecia, e quindi per restare nella Unione ha ottenuto misure di segno opposto, cioè la possibilità per le sue grandi imprese di godere tutti i vantaggi finanziari della Unione – ricordiamo che la Fca Fiat ha stabilito lì la sede fiscale per pagare meno tasse – senza pagare alcun prezzo. L’accordo per evitare la Brexit prevede misure liberiste a favore delle imprese e del mercato globale di tutti i tipi, in questo senso diventa il cavallo di Troia per la sottoscrizione da parte della Ue del famigerato Ttip con gli Usa, anticipandone contenuti e principi. Ma soprattutto l’accordo è una infame intesa per il super-sfruttamento del lavoro dei migranti.La malafede di Cameron e del capitalismo britannico, che hanno bisogno dei migranti ma vogliono pagarli il meno possibile per ricattare così anche i lavoratori nativi, è stata formalizzata nell’accordo. I lavoratori regolari provenienti dai paesi Ue per 7 anni avranno meno diritti e garanzie sociali degli altri. Si torna così al peggio della condizione della immigrazione europea, che l’Italia ha vissuto dalla strage di Marcinelle in Belgio ai gastarbeiter in Germania negli anni ‘50. Emerge tutta la truffa della cosiddetta cittadinanza europea. Essa vale solo per i ricchi e per gli Stati più potenti, mentre gli italiani che andranno a lavorare in Gran Bretagna, e son già decine di migliaia, saranno cittadini europei di serie B. Ad essi si aggiungeranno i migranti regolarizzati extracomunitari, che saranno europei di serie C e sotto di essi tutti gli irregolari che sono e saranno fuori classifica, esposti al più turpe commercio delle vite. Intanto ogni paese europeo costruisce i suoi muri contro i migranti, e i paesi più ricchi scaricano sui più poveri il compito di costruire lager e fili spinati per fermare i profughi.Con questo accordo l’Unione Europea rinuncia a qualsiasi finta utopia democratica e si riconosce come un’associazione brutale di interessi economici di poteri forti, con precise aree di influenza e affari. L’euro rinuncia a diventare quella moneta europea di cui cianciano i suoi sostenitori, e si consolida come moneta tedesca allargata. Il solo terreno che unifica i paesi europei resta quello, come dichiara l’accordo, dello sviluppo della competitività, cioè di quella concorrenza al ribasso sui salari e sui diritti sociali che è alla base delle politiche di austerità di ogni Stato. Cameron, Hollande, Merkel hanno mostrato che la classe politica dei governi europei che decidono in Europa, al di là di distinzioni di facciata, è fatta tutta della stessa pasta e agisce per rispondere agli stessi interessi e poteri economici e finanziari. Renzi e Tsipras si sono mostrati i soliti ridicoli servi. Rappresentano i paesi i cui popoli più pagheranno questa intesa e l’hanno approvata. A Renzi è bastata la bacchettata di Monti (e Napolitano), immagino che Tsipras sarà stato come al solito messo a posto da Merkel. Penosi. Essere contro la Ue si dimostra sempre di più una scelta morale e politica per la democrazia, contro quella che sempre più si rivela una costruzione reazionaria e autoritaria, coperta dall’ipocrisia. Mi auguro che i cittadini britannici votino No a questa porcheria.(Giorgio Cremaschi, “Brexit, un accordo vergognoso che anticipa i danni del Ttip”, da “Huffington Post” del 20 febbraio 2016).L’accordo anti-Brexit dimostra che l’Unione Europea trova l’unità solo quando si tratta di togliere diritti sociali a qualcuno, solo quando si possono stabilire gerarchie di potere e diseguaglianze. Si sta nella Unione Europea per colpire i diritti dei popoli e per creare gerarchie di privilegi tra Stati e favorire i gruppi più potenti del capitalismo finanziario. Per tenere unita l’Unione Europea alla Grecia è stato imposto il memorandum che sta portando le condizioni sociali di quel popolo indietro di cento anni. La Gran Bretagna è infinitamente più potente della Grecia, e quindi per restare nella Unione ha ottenuto misure di segno opposto, cioè la possibilità per le sue grandi imprese di godere tutti i vantaggi finanziari della Unione – ricordiamo che la Fca Fiat ha stabilito lì la sede fiscale per pagare meno tasse – senza pagare alcun prezzo. L’accordo per evitare la Brexit prevede misure liberiste a favore delle imprese e del mercato globale di tutti i tipi, in questo senso diventa il cavallo di Troia per la sottoscrizione da parte della Ue del famigerato Ttip con gli Usa, anticipandone contenuti e principi. Ma soprattutto l’accordo è una infame intesa per il super-sfruttamento del lavoro dei migranti.
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Bankitalia: lo Stato spende meno, ma così cresce il debito
Da 8 anni, ma in realtà è da 24 anni almeno, in Italia il Vero Potere (Ue, Fmi, Bce, Neoliberismo, Neofeudalesimo) ci bombarda con la formula delle Austerità, la cui logica è che se lo Stato spende pochissimo e tassa moltissimo, finirà col ridurre il suo debito pubblico, e quindi tornerà sano e prospero. Dal 2009 Paolo Barnard ha portato in Italia la moderna versione delle teorie economiche keynesiane, che chiamiamo Mosler Economics Mmt, che ci dicono l’esatto opposto. Ci dicono: se lo Stato spende pochissimo e tassa moltissimo, finirà con l’aumentare il suo debito pubblico, e quindi sprofonderà sempre più. Per capire questo assunto, va capita una verità INCONTESTABILE nella sfera economico-scientifica, e cioè che, al contrario di quanto dice il Vero Potere, la spesa dello Stato (il suo debito) è precisamente il CREDITO (benessere) dei cittadini. Se i cittadini stanno bene grazie alla spesa/debito dello Stato PRODUTTIVI (investimenti, salari, case, tecnologie, istruzione, credito agevolato…), essi creano poi ricchezza privata, e questa DIMINUISCE il bisogno dello Stato di spendere a debito e diminuisce il bisogno dello Stato di tassarci. Lapalissiano.Ora, capito questo, capirete facilmente perché la formuletta catastrofica delle Austerità AUMENTA IL DEBITO PUBBLICO aumenta il debito pubblico, non lo diminuisce. Infatti venendo meno, secondo gli ordini delle Austerità, la spesa dello Stato, viene meno il credito (benessere) dei cittadini, e l’economia crolla a spirale. A quel punto lo Stato è costretto a intervenire con spese per mettere pezze ovunque (ammortizzatori sociali, aumento vertiginoso della spesa sanitaria per aumentate patologie, esborsi per salvare le banche, garanzie all’export in agonia, fughe di cervelli…) e finisce così per SPENDERE PIU’ DEBITO, NON MENO spendere più debito, non meno, ma queste spese sono IMPRODUTTIVE, debito IMPRODUTTIVO. Allora che fa? Ci tassa a morte per recuperare lo sperpero di spesa che ha fatto.Ecco le prove, per gentile concessione della Banca d’Italia, che annuncia con la sua proverbiale sobrietà che i conti dello Stato italiano condotto dal Coccige della Merkel sig. Matteo Renzi secondo le regole delle Austerità, sono infatti… da piangere, E HANNO AUMENTATO IL DEBITO PUBBLICO e hanno aumentato il debito pubblico. Ecco i dati della nostra banca centrale pubblicati 4 giorni fa: 1) ll debito pubblico chiude il 2015 con una crescita di 33 miliardi e 800 milioni, altro che riduzione del debito se si fanno i compitini della maestra Merkel. 2) Assolutamente falso incolpare le amministrazioni locali, che Bankitalia definisce diligenti nella spesa e anzi, risparmiatrici. La colpa è tutta di Palazzo Chigi. 3) Mentre, tristemente, le tasse sono aumentate del 6,4% da un anno fa.Per forza, 2+2 fa 4, e non si scappa. E Barnard ribadisce ancora: se cala la spesa pubblica PRODUTTIVA come comandano le Austerità, cala il benessere dei cittadini, l’economia va giù per il gabinetto, quindi lo Stato deve metterci le pezze di cui sopra aumentando vertiginosamente la sua spesa pubblica/debito di tipo IMPRODUTTIVO, e poi tenta di recuperare lo spreco tassandoci a morte. Banca d’Italia conferma. Che formula magica le Austerità! Un successone! Io ve l’avevo detto. Ora basta, dovete tornare alla mangiatoia, e vi dedico un brindisi. Baci.(Paolo Barnard, “Cosa vi avevo detto cinque anni fa? Che 2+2 fa sempre 4. E infatti la Banca d’Italia…”, dal blog di Barnard del 18 febbraio 2016).Da 8 anni, ma in realtà è da 24 anni almeno, in Italia il Vero Potere (Ue, Fmi, Bce, Neoliberismo, Neofeudalesimo) ci bombarda con la formula delle Austerità, la cui logica è che se lo Stato spende pochissimo e tassa moltissimo, finirà col ridurre il suo debito pubblico, e quindi tornerà sano e prospero. Dal 2009 Paolo Barnard ha portato in Italia la moderna versione delle teorie economiche keynesiane, che chiamiamo Mosler Economics Mmt, che ci dicono l’esatto opposto. Ci dicono: se lo Stato spende pochissimo e tassa moltissimo, finirà con l’aumentare il suo debito pubblico, e quindi sprofonderà sempre più. Per capire questo assunto, va capita una verità incontestabile nella sfera economico-scientifica, e cioè che, al contrario di quanto dice il Vero Potere, la spesa dello Stato (il suo debito) è precisamente il credito (benessere) dei cittadini. Se i cittadini stanno bene grazie alla spesa/debito dello Stato produttivi (investimenti, salari, case, tecnologie, istruzione, credito agevolato…), essi creano poi ricchezza privata, e questa diminuisce il bisogno dello Stato di spendere a debito e diminuisce il bisogno dello Stato di tassarci. Lapalissiano.
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Game over, l’orrida Europa non digerisce il pessimo Renzi
Prosegue imperterrita la “danza degli schiaffoni” fra Renzi e l’Unione Europea. In prima linea ci sono i popolari, ma il silenzio sprezzante dei socialisti pesa ancora di più. Quel povero diavolo di Pittella (per sua sfortuna capogruppo socialista a Strasburgo) cerca di sostenere il suo signore e padrone italiano, giungendo a minacciare la crisi dell’accordo popolari-socialisti che regge la Commissione, mentre i suoi compagni di gruppo francesi, tedeschi e olandesi lo guardano come lo scemo del villaggio con l’aria di pensare “Ma che stai dicendo?”. Da dove nasce questa inedita replica della Cavalleria Rusticana? I punti veri di dissenso sono due: l’applicazione del bail-in e la riduzione delle tasse. Renzi ha bisogno di margini di flessibilità molto più ampi (e usa l’emergenza rifugiati) perché vuol fare un taglio di tasse prima delle elezioni. Sul primo punto, Renzi, che non aveva mosso paglia contro la formazione della direttiva sul bail-in e neppure sulla sua immediata applicazione dal 1° gennaio 2016, aveva pensato di cavarsela con qualche furbata all’italiana (tipo il “salvabanche”), ma gli “europei” non glielo permettono, dando della direttiva l’interpretazione più restrittiva possibile (e ci vuol, poco perché la lettera è già più che sufficiente a bloccare il giullare).E questa rigidezza dipende dal fatto che i nostri valenti alleati tedeschi e francesi hanno già forchette in pugno e tovagliolo al collo per banchettare suo beni italiani. Sul secondo punto, Renzi ha bisogno di fare qualcosa sul fisco per non arrivare alle elezioni con un bilancio fatto solo di promesse mancate. Magari, poi le tasse le raddoppierebbe un minuto dopo la vittoria elettorale. Ma anche qui gli europei non mollano: “Niente tagli fiscali, devi pagare gli interessi sul debito e non puoi fare altro disavanzo”. Ma perché tanta indisponibilità, mentre all’Inghilterra è stato concesso tutto o quasi? I soci di maggioranza della Ue non vogliono perdere Londra che (sbagliando) ritengono un punto di forza dell’alleanza, mentre non hanno alcuna particolare propensione a tenersi Roma che (ricordiamolo sempre) è il terzo debito pubblico mondiale. Se a minacciare un referendum sull’uscita dalla Ue fosse il governo italiano, a fare la campagna elettorale a favore dell’uscita, giungerebbe in Italia Juncker.In secondo luogo, proprio perché all’Uk è stato concesso tutto, poi non si può dare niente all’Italia, pena un assalto alla diligenza di tutti gli altri. L’Italia non è la Grecia, è uno dei 4 principali contraenti il patto e, dal punto di vista di Strasburgo ed Amburgo, sta dando un pessimo esempio agli altri. Se non si dà una lezione all’Italia, poi verranno la Spagna, il Portogallo, l’Estonia, Cipro, magari di nuovo la Grecia. In breve la Ue sarebbe solo una marmellata, mentre qui gli “alleati” intendono ribadire che nella Ue c’è chi comanda (la Germania), chi è capo in seconda (la Francia), chi ha diritto a privilegi (l’Inghilterra) e tutti gli altri che devono obbedire. Questo ordine interno non deve essere turbato per nessuna ragione e Renzi deve piantarla. Questo è il modo di vedere dei nostri ineffabili alleati. Beninteso: l’Italia se lo merita. Non si può mandare in giro per il mondo rappresentanti impresentabili come Berlusconi e Renzi, proni come Monti o Letta o deboli come Prodi e pretendere che gli altri ti prendano sul serio. O vigliamo parlare dei ministri degli esteri che abbiamo espresso?Lo scontro fra Renzi e la Commissione Europea è uno scontro fra un branco di squali feroci ed uno squalo scemo, impossibile fare il tifo per nessuno dei due. D’altro canto, ho l’impressione che l’elenco dei nemici di Renzi sia già molto lungo e cresce di giorno in giorno: la magistratura, le grandi banche italiane, ora la Farnesina, la tecnocrazia europea, il Consiglio di Stato, infine buona parte del mondo ecclesiale inviperito per la legge sulle unioni civili… E molto è dovuto all’arroganza personale dell’uomo, splendido esempio del “fiorentino spirito bizzarro” andato a male. Forse sono troppo ottimista ma ho l’impressione che, per Renzi, il cronometro della Ue abbia già iniziato a scorrere verso l’ora zero.(Aldo Giannuli, “Perché l’Europa non digerisce Renzi”, dal blog di Giannuli del 10 febbraio 2016).Prosegue imperterrita la “danza degli schiaffoni” fra Renzi e l’Unione Europea. In prima linea ci sono i popolari, ma il silenzio sprezzante dei socialisti pesa ancora di più. Quel povero diavolo di Pittella (per sua sfortuna capogruppo socialista a Strasburgo) cerca di sostenere il suo signore e padrone italiano, giungendo a minacciare la crisi dell’accordo popolari-socialisti che regge la Commissione, mentre i suoi compagni di gruppo francesi, tedeschi e olandesi lo guardano come lo scemo del villaggio con l’aria di pensare “Ma che stai dicendo?”. Da dove nasce questa inedita replica della Cavalleria Rusticana? I punti veri di dissenso sono due: l’applicazione del bail-in e la riduzione delle tasse. Renzi ha bisogno di margini di flessibilità molto più ampi (e usa l’emergenza rifugiati) perché vuol fare un taglio di tasse prima delle elezioni. Sul primo punto, Renzi, che non aveva mosso paglia contro la formazione della direttiva sul bail-in e neppure sulla sua immediata applicazione dal 1° gennaio 2016, aveva pensato di cavarsela con qualche furbata all’italiana (tipo il “salvabanche”), ma gli “europei” non glielo permettono, dando della direttiva l’interpretazione più restrittiva possibile (e ci vuol, poco perché la lettera è già più che sufficiente a bloccare il giullare).
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Katherine Frisk: il Diavolo veste Prada e siede in Vaticano
Il Vaticano è il prototipo di un’entità fascio-corporativa. Non risponde né paga le tasse a nessuno. I suoi vescovi e i suoi sacerdoti hanno l’immunità diplomatica in tutto il mondo. Ha le sue ambasciate e possiede più beni immobili di qualsiasi altra entità del pianeta. Non ha mai avuto a che fare con Dio, Gesù o il cristianesimo …. ma con il potere, il controllo e la ‘moda’. Il Vaticano ha rilevanti partecipazioni in tutte le più grandi aziende multinazionali, come ad esempio la Lockheed-Martin e la Bank of America. Ma chi e che cosa è davvero il Vaticano? Cosa si nasconde dietro agli ‘uomini eletti’ [i Papi] che calzano scarpe rosse fatte da Prada (il Diavolo veste Prada)? Una fra le più grandi reti pedofile presenti sul pianeta, un’industria attiva nel riciclaggio del denaro e nella gestione del commercio illegale dei farmaci e delle armi. Il Vaticano è una ‘copertura’ per la ‘nobiltà nera’ d’Europa, per i banchieri sionisti e per la setta wahhabita controllata dalla famiglia reale saudita.Non crede nella democrazia e certamente non nelle strutture democratiche di una Repubblica. Sostiene il monopolio, la tirannia politica, l’egemonia e le strutture di tipo gerarchico. I suoi Tribunali sono delle ordalie [il ‘giudizio di Dio’] e non dei luoghi dove i testimoni, sotto la propria responsabilità, possono parlare liberamente. Negli ultimi 1.000 anni il Vaticano si è sempre posto l’obiettivo di fagocitare la Russia, che invece è rimasta cristiano-ortodossa – a dispetto dell’invasione comunista finanziata dai banchieri di Wall Street – e non ha ceduto alla dittatura del Papa né alla sua pretesa di possedere tutto il pianeta, con tutti i suoi corpi e tutte le sue anime. Una Chiesa Apostolica basata su tutti i suoi dodici discepoli – e non del solo Pietro, che è l’unica persona che la Bibbia considera al livello di Satana – è più in linea con il concetto di Federazione di Stati, di Repubblica e di democrazia.Gli spagnoli, ai tempi dell’Inquisizione e dell’ascesa dei Gesuiti, hanno esplorato e colonizzato il Nuovo Mondo, in particolare il Sud America. Nel 20° secolo, in tutto il Continente, abbiamo regolarmente assistito alla soppressione della volontà popolare per mezzo delle violente dittature fasciste, con la ‘mano nascosta’ della Cia, forzata dal Vaticano, a svolgere un ruolo di primo piano. C’è ancora chi sta cercando di divorarsi la Russia – oggi come negli ultimi 1.000 anni – ma c’è anche chi ha preferito trasferirsi, poco a poco, nei paesi del Sud America, portando con sé le sue ricchezze. Queste persone hanno anche generato – utilizzando le ampie risorse del Vaticano – un Nuovo Ordine Mondiale, prototipo del fascismo corporativo, sotto l’egida degli accordi per il Tpp [Trans Pacific Partnership] e per il Ttip [Transatlantic Trade and Investment Partnership]. Il Vaticano, che una volta era il loro ‘pane-e-burro’, si è ora ampliato trasformandosi in quello che è conosciuto come il ‘Vampire Squid’. Una piovra costituita da multinazionali i cui tentacoli abbracciano tutto il mondo.Sotto il regime del Tpp e del Ttip le multinazionali diventeranno esse stesse, analogamente al Vaticano, una specie di Stato, con i loro Tribunali segreti, le loro immunità diplomatiche ed il loro status di aziende esentasse. Avranno gli stessi diritti e gli stessi poteri dei governi. Potranno anche citarli in giudizio per le perdite di reddito conseguenza di Leggi da loro emanate sulla remunerazione del lavoro, sulla sanità e sull’ambiente …. in realtà su qualsiasi Legge governativa che le multinazionali vedessero come un ostacolo alla loro redditività. La Nobiltà Nera, i Gesuiti, gli Illuminati ed i Banchieri Sionisti cambieranno come camaleonti … anzi, lo hanno già fatto. Sono diventati gli Amministratori Delegati delle multinazionali e si sono liberati con successo degli stati-nazione, dei troni sui quali una volta erano seduti, degli altari che una volta servivano come sacerdoti ed infine delle Banche Centrali che un tempo controllavano. Scusate ragazzi, ma il cavallo è già scappato dalla stalla.Negli ultimi 500 anni hanno rubato tutto l’oro che potevano e l’hanno immagazzinato in impianti privati di cui non si sa nulla, lasciando i paesi di tutto il mondo con ‘sistemi bancari centrali’ ormai pressoché defunti, in bancarotta. Il Vaticano diventerà una ‘chiesa povera’ semplicemente perché tutta la sua ricchezza ha già da tempo lasciato l’Italia, insieme a tutto l’oro che era nelle sue catacombe, alle sue opere d’arte e alla sua biblioteca. Oggi, tutto ciò che si vede in Vaticano è una replica. Il ‘vero potere’ del Vaticano ha da tempo lasciato libero l’edificio. Ora siede nei Consigli d’Amministrazione, traccia e pianifica la piena attuazione del Tpp e del Ttip e, se incontra delle difficoltà lungo la strada, scatena ‘rivoluzioni colorate’, tsunami, terremoti e siccità, per convincere le varie nazioni a rientrare nei ranghi. Si tratta, fra l’altro, di crimini contro l’umanità che dovrebbero essere affrontati in un ‘Tribunale di Diritto Internazionale’. I suoi responsabili dovrebbero essere indagati, processati e condannati.Avendo fallito in almeno tre occasioni di prendersi la Russia – Napoleone e le due Guerre Mondiali, ma anche la guerra in Ucraina del 2014 e i patetici tentativi degli anni ’90, attuati attraverso delle guerre economiche – [il vero potere] ha ora deciso di scaricare l’Europa nel suo complesso, per approdare nei più salubri climi del sud del mondo. E, come al solito, farà in modo che tutto questo sembri colpa di qualcun altro. In ogni caso è questo il loro piano. Da qui il finanziamento di Soros ai ‘profughi’ diretti in Europa e la promessa fatta ai wahabiti [sauditi] che la fallita invasione [a suo tempo tentata] dall’Impero Ottomano potrà ora aver luogo. I musulmani saranno chiamati invasori, colonizzatori … e saranno la causa principale della distruzione della società europea per come la conosciamo. Ma le cose potrebbero risultare del tutto diverse da come [il vero potere] se le aspetta.Per gli europei la soluzione migliore, se vogliono sopravvivere, è di chiudere le frontiere, rifiutare di firmare il Ttip e poi andare verso Est unendosi all’Aiib [Asian Infrastructure Investment Bank] e ai Brics. Si tratta di un ‘caval donato’, non stiano a ‘guardare in bocca’. Dovrebbe tenere la Monsanto fuori dall’Europa e rimandare i ‘profughi’ da Soros con un biglietto di sola andata! Egli è così ricco che potrà senz’altro accoglierli, nutrirli e vestirli. Egli li ha finanziati, in primo luogo, perché potessero andare in Europa …. ed allora rimandateglieli indietro. Dopo secoli di tirannia del Vaticano gli europei diventeranno liberi. Dite ciao alla Nobiltà Nera, ai Gesuiti ed ai banchieri sionisti perché stanno imbarcandosi su aerei diretti in Sud America. Vi siete liberati di loro. Mille anni di persone inviate al rogo sono stati veramente troppi. Papa Francesco ha fondamentalmente chiuso bottega e il Vaticano è ormai un guscio vuoto. Lui non calza scarpe Prada e sta dando una rappresentazione del ruolo che contrasta con quella di Papa Benedetto, che sedeva su un Wc dal coperchio d’oro. Ma il suo è solo fumo negli occhi, baby!Polonia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia si sono già svegliate. Si muovono verso Est ed hanno gettato nella discarica le politiche di Bruxelles. Questi paesi sono stanchi di essere usati ed abusati, di essere scaraventati in mezzo a guerre che hanno attraversato e distrutto il Continente, mentre coloro che le hanno istigate se ne vanno via con le tasche piene, dopo aver devastato le popolazioni. L’Ungheria, nella sua saggezza, ha bruciato i campi Ogm della Monsanto e ha sradicato questa multinazionale dal paese. Seguirà presto il resto dell’Europa. L’Ucraina Orientale diventerà uno Stato indipendente. La Polonia e l’Ungheria reclameranno quello che originariamente era il loro territorio e la giunta nazi-sionista di Kiev resterà isolata in un piccolo Stato. Chi è che ha bisogno di quei mostri? Il mondo intero, nel 2014, ha visto i loro barbari stupri, le loro ruberie ed i loro saccheggi. La Germania andrà presto verso Est, così come la Francia.Per quanto riguarda la Spagna, il paese è ancora legato al Sud America da un cordone ombelicale, analogamente alla Nobiltà Nera e a quello che una volta era il Vaticano, ma ora solo il grande ‘Vampire Squid’. Chissà come andrà a finire? La Turchia sta scavandosi la tomba con le proprie mani, minacciando la Russia nel nord della Siria. Dovesse persistere, il paese sarà suddiviso tra Armeni, Curdi e Cristiani Ortodossi d’Occidente. Quello che sarà lasciato alla Turchia sarà solo un territorio di lieve entità. Mi aspetto anche che Costantinopoli e la Basilica di Santa Sofia siano restituite alla Grecia, paese cui appartengono. E così l’Apocalisse sarà compiuta. Questo è quello che, a torto o a ragione, son riuscita a capire. Io sono solo una donna [nel senso di ‘essere umano’] e mi riservo di conseguenza il diritto di cambiare idea in qualsiasi momento. Il tempo dirà se ho avuto o meno ragione.(Katherine Frisk, “Il diavolo veste Prada – il fascismo, il Vaticano e il 21° secolo”, da “Veterans Today” del 23 gennaio 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte).Il Vaticano è il prototipo di un’entità fascio-corporativa. Non risponde né paga le tasse a nessuno. I suoi vescovi e i suoi sacerdoti hanno l’immunità diplomatica in tutto il mondo. Ha le sue ambasciate e possiede più beni immobili di qualsiasi altra entità del pianeta. Non ha mai avuto a che fare con Dio, Gesù o il cristianesimo …. ma con il potere, il controllo e la ‘moda’. Il Vaticano ha rilevanti partecipazioni in tutte le più grandi aziende multinazionali, come ad esempio la Lockheed-Martin e la Bank of America. Ma chi e che cosa è davvero il Vaticano? Cosa si nasconde dietro agli ‘uomini eletti’ [i Papi] che calzano scarpe rosse fatte da Prada (il Diavolo veste Prada)? Una fra le più grandi reti pedofile presenti sul pianeta, un’industria attiva nel riciclaggio del denaro e nella gestione del commercio illegale dei farmaci e delle armi. Il Vaticano è una ‘copertura’ per la ‘nobiltà nera’ d’Europa, per i banchieri sionisti e per la setta wahhabita controllata dalla famiglia reale saudita.
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Bofinger: Btp a rischio, il piano-Schäuble devasterà l’Italia
Euro e Germania, ultimo capitolo della catastrofe: «Se fossi un politico italiano vorrei tornare alla mia moneta il più velocemente possibile: è questo l’unico modo per evitare la bancarotta». Parola di Peter Bofinger, uno dei cinque “saggi” del supremo consiglio economico del governo tedesco, secondo cui il nuovo piano di Berlino sul taglio dei debiti “sovrani” nell’Eurozona, con la fine delle garanzie pubbliche sui titoli di Stato, innescherà l’inarrestabile crisi delle obbligazioni europee e potrebbe costringere l’Italia e la Spagna a ripristinare le loro valute. «E’ il modo più veloce per porre fine all’Eurozona», dichiara al “Telegraph” il professor Bofinger, che spiega: «Potrebbe arrivare molto velocemente un attacco speculativo». Per questo, aggiunge, l’unica via d’uscita è il ritorno alla moneta nazionale. Tutto questo, dopo che il “German Council of Econonomic Advisers” ha chiesto l’introduzione di uno specifico meccanismo da attivare per eventuali “insolvenze sovrane”, anche a costo di sovvertire i principi finanziari dell’“ordine del dopoguerra’ in Europa. Stop ai bail-out, i salvataggi statali, proprio come previsto dal Trattato di Maastricht.Il piano tedesco ha il sostegno della Bundesbank e, più di recente, del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, «che di solito riesce a imporre la sua volontà, nell’Eurozona», scrive Ambrose Evans-Pritchard sul “Telegraph”, in un articolo ripreso da “Come Don Chisciotte”. «Colloqui molto delicati sono attualmente in corso nelle principali capitali europee e stanno provocando dei forti brividi a Roma, Madrid e Lisbona». Secondo questo schema, riassume Pritchard, ad ogni futura crisi del “debito sovrano”, gli obbligazionisti (cioè i detentori dei titoli di Stato) dovranno subire delle perdite (“haircut”), prima che ci possa essere un salvataggio da parte dell’Esm, il Fondo Salva-Stati europeo. «Questo piano provocherà dei guai», ha dichiarato Lorenzo Codogno, già capo-economista del Tesoro italiano. Il bail-in sui debiti sovrani (salvataggio interno, anche con preliveo forzoso) corrisponde a quello entrato in vigore lo scorso gennaio nei riguardi degli obbligazionisti delle banche, che ha contribuito alla drastica svendita delle azioni bancarie dell’Eurozona.In una nota, Bofinger avverte che il piano tedesco potrebbe auto-avverarsi molto in fretta, innescando «una corsa alla vendita delle obbligazioni da parte degli investitori, per liberarsi delle loro partecipazioni ed evitare l’’haircut». Italia, Portogallo e Spagna non potrebbero difendersi perché prive dei propri strumenti monetari: «Questi paesi rischierebbero di essere colpiti da una pericolosa crisi di fiducia», conclude. Il “German Council” ritiene che il primo passo sia quello di assegnare un più alto “rischio-ponderazione” al debito pubblico detenuto dalle banche, in termini di titoli di Stato, e anche un limite a quanto ne possono acquistare, «con l’esplicito obbiettivo di costringerle a cederne per 604 miliardi di euro: dovrebbero in alternativa raccogliere 35 miliardi di capitale fresco, perché la situazione possa essere ritenuta “gestibile”», scrive Evans-Pritchard. «Si tratta di un problema nevralgico, per l’Italia, dove le banche possiedono 400 miliardi di euro di debito pubblico e hanno effettivamente utilizzato i fondi della Banca Centrale Europea per sostenere il Tesoro italiano».Per ora, Mario Draghi ha aggirato la questione: «E’ un problema con cui abbiamo a che fare: è necessario un approccio ponderato e graduale». Ma il Portogallo è già nell’occhio del ciclone, sottolinea Pritchard: Lisbona deve affrontare sia un rallentamento dell’economia che uno scontro con Bruxelles sull’austerità. Lo spread portoghese è salito a 410 punti-base rispetto a quello tedesco, spingendo gli oneri finanziari a livelli insostenibili. Il debito pubblico del Portogallo è al 132% del Pil, mentre l’indebitamento totale è al 341%, il più alto d’Europa. Il paese è caduto nella trappola del debito-deflazione e, per poterne sfuggire, avrebbe bisogno di anni e anni di forte crescita. Il paese «potrebbe perdere l’accesso al mercato finanziario», ha dichiarato Mark Dowding, della “Blue Bay”. «Abbiamo visto una situazione molto brutta, la scorsa settimana. I grandi Fondi statunitensi che avevano investito nei titoli di Stato portoghesi stanno cercando di uscire da quelle posizioni. Con i riscatti che sono in corso, si tratta di una vera e propria ‘tempesta perfetta’». Se la crisi dovesse perdurare, aggiunge Evans-Pritchard, le preoccupazioni per un nuovo salvataggio della Troika – e per le condizioni che sarebbero imposte – potrebbero rapidamente prendere piede.Il “German Council” ritiene che lo speciale status normativo del “debito sovrano” posseduto dalle banche debba essere eliminato: chi detiene bond pubblici deve “rischiare” il proprio capitale. Peccato che – con l’euro – l’emissione di titoli è l’unico strumento di finanziamento dello Stato. Proprio la finanza pubblica, la sovranità nazionale democratica, è il grande obiettivo dell’operazione-Eurozona, che punta a demolire l’interesse pubblico sabotando la capacità finanziaria dello Stato per consegnare il sistema al pieno dominio dell’élite economico-finanziaria. Il piano-Schäuble vuole che i titoli di Stato non siano più “sicuri”, garantiti dal Tesoro, ma condizionati alle coperture bancarie, come qualsiasi obbligazione privata. Sicché, «i rischi maggiori sono per le banche di Grecia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia». L’obiettivo dichiarato, naturalmente, è un altro: ridurre il legame fra “debito sovrano” e banche attraverso una separazione parziale, per prevenire che le crisi del debito pubblico possano diffondersi e “smontare” i sistemi bancari nazionali. Ma la verità è ben diversa: il piano mira proprio a indebolire i sistemi nazionali.Per Bofinger, il vero problema è che la Germania e i paesi-creditori dell’Eurozona si rifiutano di accettare le implicazioni di una vera unione monetaria, cioè la condivisione del debito e l’unione fiscale. A suo parere, la nozione di “meccanismo d’insolvenza sovrana” è interpretata in modo sbagliato: «Perpetua la bufala che la radice della crisi sia negli abusi fiscali dei governi». In realtà, annota Evans-Pritchard, il debito pubblico è esploso nel 2008 perché i paesi in crisi hanno dovuto prendere misure d’emergenza per evitare il collasso delle loro economie, dopo il crack Lehman a Wall Street. Ma quello era solo l’ultimo capitolo. Il problema è a monte, come spiega l’economista democratico e sovranista Nino Galloni: il dramma, per l’Italia (crisi e declino, deindustrializzazione) cominciò nel lontano 1981, quando – ben prima dell’adozione dell’euro – il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi tagliarono il cordone ombelicale tra Banca d’Italia e bilancio: da quel momento, la banca centrale smise di essere il “bancomat del governo”, a costo zero, e lo Stato dovette affidarsi alla finanza privata, cui vendere titoli di Stato, a beneficio esclusivo degli “investitori” e dei loro interessi.L’euro ha reso “sistemico” il quadro, sprofondando l’Europa in una crisi senza precedenti, con disoccupazione mai vista dal dopoguerra. Ora, il nuovo piano dei tedeschi consentirebbe inoltre agli investitori privati di agire come “giudici” della solvibilità degli Stati, sottolinea Evans-Pritchard. La pensa così anche Peter Bofinger, che avverte: «Non possiamo consentire un sistema in cui i mercati diventano padroni dei governi». Il “German Council” è «alquanto sprezzante nelle sue conclusioni», annota il giornalista economico inglese. «Ha schiacciato qualsiasi discorso relativo ad un Tesoro o ad un’Autorità Fiscale condivisa: l’unico modo per sostenere l’unione monetaria è di imporre un controllo rigoroso e di rafforzare le norme esistenti». Con buona pace dell’Europa che affonda, con il suo euro, e con politici che ancora evitano di denunciare apertamente la tragedia innescata dalla moneta europea a controllo tedesco.Euro e Germania, ultimo capitolo della catastrofe: «Se fossi un politico italiano vorrei tornare alla mia moneta il più velocemente possibile: è questo l’unico modo per evitare la bancarotta». Parola di Peter Bofinger, uno dei cinque “saggi” del supremo consiglio economico del governo tedesco, secondo cui il nuovo piano di Berlino sul taglio dei debiti “sovrani” nell’Eurozona, con la fine delle garanzie pubbliche sui titoli di Stato, innescherà l’inarrestabile crisi delle obbligazioni europee e potrebbe costringere l’Italia e la Spagna a ripristinare le loro valute. «E’ il modo più veloce per porre fine all’Eurozona», dichiara al “Telegraph” il professor Bofinger, che spiega: «Potrebbe arrivare molto velocemente un attacco speculativo». Per questo, aggiunge, l’unica via d’uscita è il ritorno alla moneta nazionale. Tutto questo, dopo che il “German Council of Econonomic Advisers” ha chiesto l’introduzione di uno specifico meccanismo da attivare per eventuali “insolvenze sovrane”, anche a costo di sovvertire i principi finanziari dell’“ordine del dopoguerra’ in Europa. Stop ai bail-out, i salvataggi statali, proprio come previsto dal Trattato di Maastricht.
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Nazionalizzare il denaro, l’unica rivoluzione per noi schiavi
Noi uomini siamo portati a pensare che sia possibile risolvere un problema, una crisi, un’ingiustizia, attraverso un’azione collettiva delle persone interessate e consapevoli. Se scopriamo quello che ci sembra essere la causa di un grave male che affligge la società (questa causa potrebbe essere il signoraggio o un certo uso delle onde elettromagnetiche o i vaccini o le registrazioni anagrafiche, tanto per fare qualche esempio), siamo portati a pensare che, diffondendo la consapevolezza di questa nostra scoperta fondamentale, susciteremo una reazione collettiva e coordinata dei nostri simili che potrà risolvere il problema dal basso, con un’azione di massa, magari rivoluzionaria. Solo che tale reazione collettiva e coordinata, nel mondo reale, non vuole partire: il grosso della popolazione non si interessa, se si interessa non capisce, se capisce presto dimentica, se non dimentica comunque non si coordina e non agisce. Questa è l’umanità reale, con i suoi reali comportamenti. Mi obietterete che però, di fatto, l’umanità è capace di fare rivoluzioni. Lo ha dimostrato. Avete ragione.L’attuale situazione della società è veramente molto grave e con pessime prospettive, soprattutto perché la cosiddetta crisi economica appare ormai chiaramente come uno strumento volontariamente attivato e mantenuto per concentrare il reddito e la ricchezza, ma anche il potere politico, nelle mani di pochi grandi finanzieri che si deresponsabilizzano celandosi dietro istituzioni politiche ufficiali che essi hanno svuotato di potere effettivo; e al contempo per far accettare alla gente di avere meno diritti, meno libertà, meno dignità, meno benessere, e di essere governata da lontano e da soggetti irresponsabili. Insomma è una crisi indotta a scopi di ingegneria sociale. Appare altrettanto chiaro che, pertanto, non è possibile risolverla per le vie interne dell’ordinamento giuridico nazionale o internazionale, cioè ad esempio attraverso le elezioni e i parlamenti, dato che esse sono interamente controllate dall’oligarchia al potere su scala globale. Quindi solo un’azione rivoluzionaria dal basso, una rivoluzione popolare, parrebbe idonea a risolvere il problema.Lo conferma il fatto che sono rimasti e rimangono completamente inascoltati, anche di fronte all’avverarsi delle loro previsioni, gli autorevoli economisti che, dagli anni ’70 ad oggi, hanno preavvertito le istituzioni dei disastri che sarebbero stati causati dalle riforme monetarie e bancarie in cantiere, perché hanno proposto e stanno proponendo rimedi razionali. Sono rimasti inascoltati perché parlavano dal punto di vista dell’interesse collettivo, non di quello dell’élite decidente. Molto semplice. Ed eccoci ritornati all’opzione rivoluzionaria. Ma questa opzione deve fare i conti con i dati della realtà storica seguenti. Pensiamo alle grandi rivoluzioni popolari: quella francese, quella sovietica, quella cinese, quella nazista, quella khomeinista in Persia. Tutte sono avvenute a furor di popolo, il popolo si aspettava di risolvere i suoi problemi, ma le cose sono andate diversamente, nel senso che il popolo ha subito un forte peggioramento della sua situazione.In Francia, dopo la rivoluzione, vi fu un ventennio di stragi, con il periodo del Terrore, poi delle guerre contro le coalizioni monarchiche, poi delle guerre napoleoniche, e intere generazioni di giovani furono annientate sui campi di battaglia. Alla fine, in Francia ritornò la monarchia – non è buffo? – e per giunta la Francia si ritrovò subalterna al Regno Unito, cioè perse la sua indipendenza politica. Certo, la rivoluzione francese pose fine al feudalesimo e mise al potere il capitalismo. Negli altri esempi citati, sappiamo tutti che cosa avvenne a quelle nazioni dalle loro rivoluzioni popolari in termini di guerre, distruzioni, dittature, arretratezza. Alle volte, in periodi di acuta crisi, nei quali era evidente una qualche particolare causa della crisi, gli interessi collettivi hanno ottenuto riforme a loro tutela contro gli interessi delle classi sfruttatrice dominanti. Cito come esempi le riforme dei Gracchi nella Roma antica e il Glass-Steagall Act a seguito della crisi del ’29, entrambe tese a porre freno al saccheggio della società da parte della classe finanziaria.Ma poi, in tutti i casi di questo tipo, le classi dominanti, attraverso una pianificazione politica di medio e lungo termine, con azione di lobbying e corruzione, approfittando della cronica distrazione del popolo, hanno sempre recuperato le posizioni perdute e hanno portato avanti i loro interessi contro la popolazione subalterna. Ciò avvenne al tempo dei Gracchi, ed è avvenuto anche ultimamente, con l’abolizione del Glass Steagall Act nel 1999 e tutta una serie di riforme del diritto finanziario e bancario, che hanno permesso le megafrodi bancarie con cui i banchieri hanno realizzato e stanno realizzando enormi profitti a danno della collettività anche oggi e praticamente senza mai pagare il fio. Gli interessi concentrati e consapevoli vincono su sempre su quelli diffusi, nel medio e lungo periodo. Di solito però già anche nel breve periodo.La via rivoluzionaria, nel mondo odierno, è peraltro impraticabile, sia perché l’oligarchia al potere a un enorme vantaggio tecnologico e militare su qualsiasi movimento popolare, disponendo non solo di argomenti ma anche di strumenti di monitoraggio e intervento capillari nella vita di ciascuno, il sogno di tutti i dittatori della storia; sia perché è un mondo interdipendente, perciò, quand’anche un paese insorgesse e se liberasse dai suoi oppressori finanziari e politici, verrebbe bloccato e messo in ginocchio nel giro di pochi giorni. Pensiamo inoltre che l’Italia è un paese e militarmente occupato dagli Stati Uniti con oltre 130 basi militari. E che dipende da forniture esterne per sopravvivere, innanzitutto dal petrolio, che si paga in dollari.Siamo insomma condannati a restare stabilmente in questa situazione e in questo trend peggiorativo, che ci porta verso abissi di insicurezza, di privazione di diritti e libertà, di invasione delle nostre vite da parte di un potere tecnologico incontenibile, entro un regime alla Orwell? Con ragionevole sicurezza, in base all’osservazione dei fatti storici, a questa domanda si può rispondere di no, poiché la storia ci mostra che i sistemi di potere, regni, imperi e repubbliche, così come le costituzioni e le condizioni giuridiche ed economiche, non sono mai stati stabili, non sono mai durati a lungo, soprattutto da quando l’umanità si è messa a commerciare e ha sviluppato varie tecnologie. Cioè da più di 25 secoli. Anche gli imperi apparentemente più solidi, più forti, più invincibili, sono crollati, si sono frantumati, perlomeno a causa di processi disorganizzati ivi interni. Senza bisogno di rivoluzioni popolari.Se esaminate per esempio la storia di Roma, dall’epoca monarchica a quella repubblicana a quella del principato e a quella del dominatus, cioè da Diocleziano in poi, vedrete che gli assetti costituzionali, economici, organizzativi, demografici, si trasformano incessantemente, e che le cose più costanti sono proprio i meccanismi che alimentano squilibri: la lenta demolizione dell’agricoltura e della popolazione in Italia, il trasferimento della ricchezza e del potere dall’aristocrazia terriera senatoriale alla classe finanziaria equestre, il travaso di oro da occidente a oriente (causato dal passivo della bilancia commerciale). Insomma, i grandi cambiamenti avvengono, sono sempre avvenuti, nella storia. Sono avvenuti non solo per effetto di azioni volontarie (collettive o individuali), ma pure e soprattutto per il concorso di forze e di processi molteplici, impersonali, perlopiù incompresi o fraintesi, perlopiù irresistibili, e solitamente con esiti diversi da quelli previsti, progettati, desiderati. Fattori di tipo climatico, economico, demografico o tecnico-scientifico. Pensate all’inaridimento delle fertili pianure nordafricane, al declino demografico della Grecia antica, al declino tecnologico dell’Impero romano, alla divaricazione economica operata dall’introduzione dell’euro tra i paesi che lo usano.Altra illusione abituale: l’uomo pensa che le cose continueranno ad andare in futuro nel modo in cui sono andate in passato, e mira sempre a raggiungere qualche assetto definitivo e sicuro, nel privato come nel pubblico: l’amore per sempre, il matrimonio indissolubile, il posto fisso, i diritti umani inalienabili, un’organizzazione statale perenne, definitiva, perfetta, come la repubblica progettata da Platone. O almeno destinata a durare 1000 anni, come il Reich vagheggiato da Hitler. Ma, al contrario, tutti gli assetti prodotti dall’uomo sono impermanenti, caduchi, transeunti, provvisori. Come l’uomo stesso. Tutto scorre, giustamente osserva Eraclito. Non riusciamo a stabilizzare un tubo. Il grande Cesare Ottaviano Augusto aveva capito i difetti strutturali del possente sistema-paese che governava, e cercò di correggerli, ma non vi riuscì, e come lui non vi riuscirono molti, a Roma e altrove.I grandi cambiamenti, le trasformazioni sistemiche, avvengono, ma solitamente sono molto diversi dai progetti di coloro che li causano: il divenire storico sfugge dal controllo e dalla pianificazione. Pensate per esempio alla I Guerra Mondiale: ognuna delle potenze che vi parteciparono aveva i suoi piani, le sue previsioni, le sue intenzioni, e tutte furono smentite dallo svilupparsi dei fatti. La guerra stessa assunse caratteri che nessuno aveva immaginato. Il suo esito fu… di innescare fascismo, nazismo e una seconda guerra mondiale. Invero, nessuno è mai riuscito a governare la storia, né a prevederla. Tanto meno ci sono riuscite le rivoluzioni popolari, le quali hanno bensì dato colpi e prodotto effetti, ma non gli effetti voluti e progettati, bensì gli altri e impreveduti – almeno per esse. Il comportamento collettivo è sempre miope e ottuso. I popoli non riescono a evitare fallimenti prevedibili.Anche l’attuale tecnocrazia globalizzata, come sistema di potere, è destinata a deteriorarsi, e a cadere, magari proprio perché primo poi le sfuggirà di mano la stessa tecnologia, che si sviluppa e moltiplica le sue capacità in modo praticamente è miracoloso – come Skynet della serie Terminator. Oppure forse cadrà per la sua contrarietà ai bisogni oggettivi, fisiologici, degli esseri umani: essa, guidata com’è dalla logica del bilancio, del rendimento annuale o comunque di brevissimo termine, sta forzando l’uomo e la comunità ad adattarsi a vivere secondo questo brevissimo termine, accettando la precarietà, la discontinuità, l’instabilità come caratteri di fondo dell’esistenza, e rinunciando alla sicurezza, alla progettabilità di lungo termine, alla stabilità, che sono esigenze oggettivamente insite nell’essere umano. E’ una violenza radicale e protratta, implementata attraverso il controllo delle istituzioni. Se scoppiamo, allora potremo dire davvero di essere noi il cambiamento. Oppure ancora è una catastrofe geofisica, climatica, ecologica, il fattore che sta per rimescolare le carte.La popolazione generale, anche buona parte di quelli con istruzione superiore, è consapevole del suo malessere, dell’insicurezza oggettiva in cui sempre più vive, di alcune malefatte compiute da certi potenti; ha una consapevolezza aneddotica, episodica, spesso personificata, dei mali del sistema; ma non è consapevole delle cause strutturali e non manifeste. Non saprebbe dove intervenire, anche potendo. Quindi, mi direte, tu stai dicendo che non c’è niente da fare, per uscire dall’attuale situazione, perché non abbiamo la capacità di correggerla, e del resto essa prima o poi finirà da sé. In effetti, più o meno è così. Più o meno, perché razionalmente e realisticamente ci sono alcune cose da fare, anche per cercare di fare in modo che l’uscita dall’attuale condizione sia verso una condizione non peggiore, magari migliore. Innanzitutto, bisogna fare cose per mettersi al riparo, per difendersi, a livello privato, personale. L’azione politica è pressoché inutile o controproducente, come dimostrano i casi di quei movimenti e di quei partiti che, dopo avere iniziato con grande promesse di rottura, o si sono spenti, oppure si sono omologati al sistema che dovevano abbattere, come in Grecia e in Spagna. Anche tra i grilli nostrani molti danno segni di volersi alleare col Partito Democratico per stabilizzarsi nel potere e nei suoi vantaggi.L’azione collettiva raramente parte e ancora più raramente è efficace, ma l’azione individuale o su scala di piccoli gruppi è fattibile, sul fronte della tutela della salute, del patrimonio, della libertà, considerando sempre anche l’opzione dell’emigrazione verso paesi che consentono una migliore tutela di questi valori. Certamente, di fronte a un drastico e rapido peggioramento della condizione di vita e del livello di dignità, a breve potrebbe anche porsi fortemente l’opzione del suicidio, del suicidio stoico, cioè dell’uomo che rifiuta di vivere privato della libertà e della dignità: pensiamo a Lucio Anneo Seneca che si suicida per non soggiacere agli arbitri e ai capricci di Nerone. Ma non preoccupatevi: pochissimi seguiranno Seneca, in ogni caso, perché gli uomini si adattano facilmente a una vita di pecore schiave, o di topi che sopravvivono arrangiandosi negli angoli bui.Che cosa resta da fare, in positivo, dopo tanti “non podemos”? Proprio grazie a ciò che dicevo all’inizio, ossia alla indeterminatezza e libertà del divenire storico, alla sua apertura, non può mai venir meno la possibilità di entrare in modo rilevante in questo divenire. Poche verità storiche sono certe e comprovate come la potenza esercitata dalle idee nei millenni: Platone, Aristotele, Gesù, Galileo, Marx, Freud, Einstein, e Fra’ Luca Pacioli, l’inventore della partita doppia – solo per fare qualche nome – sono più che mai attuali e attivi, sono potentissimi… La Rivoluzione Francese mancò gli obiettivi pratici di breve e medio termine, ma nel lunghissimo termine essa è – si può ben dire – ancora in svolgimento… nei cambiamenti nel pensiero, nella coscienza collettiva, nelle dinamiche sociali… nell’aver creato una cosa che cosa prima assente, in Europa, dai tempi di Atene, ossia il pubblico dibattito politico.Assieme all’amico psichiatra Paolo Cioni, col saggio “Neuroschiavi”, ho cercato di dare un contributo mirato all’analisi e al contrasto ai mezzi di rimbecillimento e irreggimentazione di massa che tanta parte hanno nella governance sociale, nella compressione della libertà mentale e critica che è l’anima di quel dibattito. E in altri saggi, in solitaria oppure in cooperazione con qualche amico, ho diretto i riflettori su quello strumento di dominazione e sfruttamento sociale che è il potere monetario vestito nelle banche private, e sui suoi meccanismi occultati dalle prassi contabili oggi applicate, e la cui comprensione da qualche anno si viene ora diffondendo. La sua comprensione a livello perlomeno di classi imprenditoriali e intellettuali sarebbe un presupposto per un possibile rivolgimento strutturale della società, per una possibile fine del regime parassitario imposto dal capitalismo finanziario attraverso proprio quelle prassi contabili false, le quali sono alla base del fatto che esso è divenuto un perfetto strumento di dominio sociale: uno strumento che, da un lato, rende la società e l’economia e le istituzioni sempre più dipendenti da sé stesso e sempre più forzatamente obbedienti ai suoi dettami, perché sotto permanente ricatto di fatali conseguenze; e che, dall’altro lato, attraverso l’uso di moneta-debito progressivamente indebitante, sottrae alla società una quota sempre crescente di reddito, pubblico e privato, sotto forma di interessi, di bail out (saccheggio dell’erario) e bail in (saccheggio dei risparmi o investimenti finanziari).E’ una prigionia estorsiva sistemica, in via di perfezionamento, rispetto a cui le truffette del tipo Banca Popolare dell’Etruria sono soltanto incidenti dovuti all’avidità di banchieri locali, incidenti da coprire subito in qualche modo al fine di poter proseguire col perfezionamento del sistema, col piano di lungo periodo. Prima della rivoluzione del 1789, i popolani francesi, sfruttati dai signori feudali, avevano fatto jacqueries, ossia assalti ai depositi di granaglie dei castelli sotto la spinta della fame – cioè avevano attaccato la sola superficie del problema. Questo equivale ai nostri movimentisti, agli indignados, a quelli che oggi manifestano contro i banchieri che li hanno fregati e chiedono rimborsi da parte dello Stato e carcere ai furbetti del credito e le dimissioni della bella ministra Boschi. Niente di risolutivo.Il salto di qualità che dalle jacqueries (le quali lasciano il tempo che trovano) portò alla vera rivoluzione (che cambia invece il tempo), sia pur nel senso che abbiamo visto, avvenne allorquando, nell’agosto del 1789, alla guida del popolino, si misero intellettuali che sapevano dove mettere le mani, e allora gli insorti penetrarono nei castelli non per rubare la farina, ma per aprire i forzieri e distruggere gli atti di proprietà dei fondi terrieri in essi custoditi, facendo così crollare il sistema latifondista. L’equivalente di questa operazione, oggi, potrebbe essere – dico: potrebbe – il pubblico smascheramento dei sistematici falsi in bilancio con cui i banchieri privati creano la quasi totalità dei mezzi monetari circolanti senza pagare su tale creazione alcuna tassa e senza assumersi le responsabilità politiche e sociali dell’esercizio di un tale primario potere pubblico, e la conseguente nazionalizzazione del sistema monetario-creditizio con la liberazione della società dalla moneta indebitante ora in uso. Ma ciò non credo possa partire dall’Italia, la quale non ha alcuna tradizione o predisposizione rivoluzionaria.(Marco Della Luna, estratto da “Crisi, rottura del sistema e trasformazione”, testo preparato per la conferenza organizzata dalla casa editrice Nexus a Cagliari il 17 gennaio 2016 e ripreso dal blog di Della Luna).Noi uomini siamo portati a pensare che sia possibile risolvere un problema, una crisi, un’ingiustizia, attraverso un’azione collettiva delle persone interessate e consapevoli. Se scopriamo quello che ci sembra essere la causa di un grave male che affligge la società (questa causa potrebbe essere il signoraggio o un certo uso delle onde elettromagnetiche o i vaccini o le registrazioni anagrafiche, tanto per fare qualche esempio), siamo portati a pensare che, diffondendo la consapevolezza di questa nostra scoperta fondamentale, susciteremo una reazione collettiva e coordinata dei nostri simili che potrà risolvere il problema dal basso, con un’azione di massa, magari rivoluzionaria. Solo che tale reazione collettiva e coordinata, nel mondo reale, non vuole partire: il grosso della popolazione non si interessa, se si interessa non capisce, se capisce presto dimentica, se non dimentica comunque non si coordina e non agisce. Questa è l’umanità reale, con i suoi reali comportamenti. Mi obietterete che però, di fatto, l’umanità è capace di fare rivoluzioni. Lo ha dimostrato. Avete ragione.
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Goldman Sachs offre risparmi al riparo dal prelievo forzoso
Ho appena fatto in tempo a scriverlo la settimana scorsa che prontamente è arrivato (con intera pagina pubblicitaria sulla “Repubblica” e sul “Corriere”) il rilancio dell’offerta della Goldman Sachs che offre obbligazioni decennali in dollari Usa a queste condizioni: cedola fissa al 6% per i primi due anni; cedola variabile Usd 3 mesi, con valore minimo 1,25% p.a. e massimo 6% p.a. dal terzo anno alla fine della scadenza (al lordo degli eventuali oneri fiscali). Provo a tradurre in soldoni (mi pare il caso di dirlo) per i non addetti: c’è un signore che offre titoli obbligazionari (dunque cui non si applicano le regole del bail-in, anche qualora l’emissione avvenisse da parte della emittente europea e non dalla casa madre) il cui rendimento netto si aggirerebbe intorno al 4% e in una moneta che si sta apprezzando sull’euro, per cui, alla fine, il rendimento potrebbe essere anche superiore. Lasciamo perdere le altre clausole pure interessanti, per non essere dispersivi e andiamo al sodo, magari con un esempio. L’avvocato Sempronio ha un capitale pari a 200.000 euro attualmente investito in parte in voci diverse presso una banca italiana che, sì e no, gli dà il 3% netto ma che, soprattutto, lo espone al rischio di un prelievo forzoso dal suo conto in caso di bisogno, sulla base delle norme stabilite dal bail-in.Ha come alternative: a- investire il titoli di Stato ad un rendimento non superiore al 2% netto con qualche eccezione per gli ultra-ventennali e con una tendenza (almeno per ora) al ribasso, e in una moneta la cui tendenza attuale e prevedibile è al deprezzamento; b- investire nell’offerta della Goldman al 4% netto per un decennale, in una moneta tendenzialmente in apprezzamento. Voi cosa fareste? Se ci fosse Massimo Catalano di “Quelli della Notte” direbbe: «E’ molto meglio prendere più soldi e con meno rischi ed una moneta che sale di valore, che prendere meno, con più rischi ed in una moneta calante». Vi pare? E, dunque, mi pare normale che una bella fetta dei clienti con conti oltre i 100.000 euro andrà alla ricerca di occasioni di investimento sottratte al rischio bail-in e, scartati i titoli di Stato per la loro scarsa appetibilità, si dirigerà verso l’offerta Goldman. Non ci vuole molto a capire che banche italiane e ministero del Tesoro si troveranno nelle condizioni di dover, prima o poi, alzare i rispettivi interessi. Il che non gioverà alla contabilità delle une e dell’altro.Il bail-in, allo stato attuale, si applica ai conti superiori ai 100.000 euro; ma, quando i conti di quell’entità si saranno assottigliati sin quasi a scomparire, sarà giocoforza o entrare in una spirale di debito sempre più difficile da gestire oppure, man mano, abbassare il livello al di sopra del quale si applica il “diritto di prelievo”, contando sul fatto che i piccoli risparmiatori hanno meno propensione alla mobilità. Il denaro costerà di più e, di riflesso, le banche non potranno offrire altro che mutui sempre più costosi a privati e imprese. Quanto allo Stato, ovviamente un rialzo degli interessi si tradurrà in un aumento della pressione fiscale (come se ce ne fosse bisogno), ed il risultato finale per cittadini ed imprese sarà: mutui più costosi e tasse più alte. Perfetto, il massimo della linea Pd: “la via italiana al fallimento”. Ho l’impressione che, già dai prossimi mesi, le tendenze di mercato saranno sempre peggiori. Allegria!(Aldo Giannuli, “Banche, bail-in e offerte americane”, dal blog di Giannuli del 26 gennaio 2016).Ho appena fatto in tempo a scriverlo la settimana scorsa che prontamente è arrivato (con intera pagina pubblicitaria sulla “Repubblica” e sul “Corriere”) il rilancio dell’offerta della Goldman Sachs che offre obbligazioni decennali in dollari Usa a queste condizioni: cedola fissa al 6% per i primi due anni; cedola variabile Usd 3 mesi, con valore minimo 1,25% p.a. e massimo 6% p.a. dal terzo anno alla fine della scadenza (al lordo degli eventuali oneri fiscali). Provo a tradurre in soldoni (mi pare il caso di dirlo) per i non addetti: c’è un signore che offre titoli obbligazionari (dunque cui non si applicano le regole del bail-in, anche qualora l’emissione avvenisse da parte della emittente europea e non dalla casa madre) il cui rendimento netto si aggirerebbe intorno al 4% e in una moneta che si sta apprezzando sull’euro, per cui, alla fine, il rendimento potrebbe essere anche superiore. Lasciamo perdere le altre clausole pure interessanti, per non essere dispersivi e andiamo al sodo, magari con un esempio. L’avvocato Sempronio ha un capitale pari a 200.000 euro attualmente investito in parte in voci diverse presso una banca italiana che, sì e no, gli dà il 3% netto ma che, soprattutto, lo espone al rischio di un prelievo forzoso dal suo conto in caso di bisogno, sulla base delle norme stabilite dal bail-in.
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Gli americani frodati dall’élite che mette in pericolo il mondo
Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinchè ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la dustruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.Personalmente ho sempre lavorato a documentare questi crimini nei miei articoli e nei mei libri (pubblicati da Clarity Press). Chiunque creda ancora nella purezza delle intenzioni della politica estera di Washington è semplicemente un caso perso. Russia e Cina adesso hanno forgiato una allenza che è semplicemente troppo forte per Washington. Russia e Cina insieme non consentiranno a Washington nessun ulteriore ingerenza nella loro sicurezza e nei loro interessi nazionali. I paesi che essi ritengono strategicamente importanti saranno protetti dall’alleanza. Mentre il mondo pian piano si sveglia e comprende il male che l’Occidente oggi rappresenta, sempre più paesi cercheranno la protezione di Russia e Cina. L’America, inoltre, sta fallendo sotto il fronte economico. Nei miei articoli ed il mio libro “Il fallimento del capitalismo lassez-faire”, che è stato pubblicato in inglese, cinese, coreano, ceco e tedesco, ho dimostrato come Washington abbia sempre promosso e incoraggiato un processo nel corso del quale i profitti a breve termine di manager e grandi investitori, e Wall Street in senso ampio, svisceravano l’economia reale Usa, delocalizzando la vera produzione, le conoscenze manifatturiere, le tecnologie e annesse posizioni di lavoro qualificato, verso Cina, India ed altri paesi, lasciando l’America con una economia ormai talmente spolpata che la media dei redditi delle famiglie è in costante caduta da anni.Ad oggi il 50% degli americani di 25 anni vivono con genitori o nonni in quanto non riescono a trovare impieghi sufficienti a permettersi una esistenza indipendente. La dura realtà è puntualmente coperta dai media prostituiti Usa, fonte di storielle fantasiose su una fantomatica ripresa economica americana. I fatti reali dell’esistenza sono talmente dissimili da ciò che i media vorrebbero far apparire che non posso che restare perplesso. Avendo insegnato economia, essendo stato editore del “Wall Street Journal” e assistente del segretario per la politica economica del ministero del Tesoro Usa, non posso che essere perplesso dalla corruzione sistematica che governa il settore finanziario, il Tesoro, le agenzie preposte alla regolamentazione finanziaria e la Federal Reserve. Ai miei tempi sarebbero fioccati avvisi di garanzia e sentenze di tribunale contro banchieri e burocrati di alto rango.Nell’America di oggi non esistono mercati finanziari liberi. Tutti i mercati sono manipolati dalla Federal Reserve e dal Tesoro in concerto. Le agenzie di regolamentazione, controllate dalle stesse persone ed entità sulle quali dovrebbero teoricamente vigilare, chiudono un occhio su qualunque cosa, e anche nei rari casi in cui non lo fanno è tutto ugualmente inutile poichè non hanno alcun potere di far rispettare la legge dal momento che gli interessi privati sono sempre, immensamente, più forti delle leggi. Anche le agenzie statistiche del governo sono state corrotte. Manipolazioni sono state messe in atto allo scopo di sottostimare il tasso di inflazione. La bugia non soltanto risparmia a Washington l’onere di reindicizzare i sussidi adeguandoli al costo della vita reale, liberando altri soldi per le infinite guerre, ma specialmente, sottostimando l’inflazione il governo fa apparire dal nulla incrementi del Pil spacciati come reali, contando l’inflazione come crescita reale, allo stesso modo, d’altronde, in cui il governo fa figurare un 5% di disoccupazione escludendo dal computo tutti gli scoraggiati che hanno cercato troppo a lungo e per i quali continuare a cercare rappresenta ormai solo una perdita di tempo.Come mai la quota di disoccupati ufficiale è del 5% ma nessuno riesce a trovare un lavoro? Come fa ad essere del 5% quando la metà delle persone di 25 anni sono costrette a vivere in casa dei parenti perchè non riescono a permettersi una vita indipendente? Come riferisce John Williams di “Shadowfacts”, se il tasso di disoccupazione includesse i cosiddetti “scoraggiati” che non cercano più attivamente impiego (perchè non ci sono lavori da trovare) il tasso di disoccupazione sarebbe al 23%. La Federal Reserve, strumento privato nelle mani di un gruppetto di grosse banche, è riuscita a creare l’illusione di una ripresa economica almeno da giugno 2009 ad oggi, semplicemente stampando migliaia di miliardi di dollari dei quali non un centesimo è confluito ad alimentare l’economia, ma tutti a gonfiare i prezzi delle azioni delle multinazionali. Le gonfiature artificiali dei prezzi di azioni e obbligazioni sono le “prove” di una economia rigogliosa che la stampa finanziaria prostituita continua senza sosta a sciorinare.Quelle pochissime persone di cultura e buon senso rimaste in America, e dico per esperienza diretta che parliamo davvero di pochissime persone, capiscono benissimo che non è mai esistita una ripresa dall’ultima recessione e che, al contrario, una ulteriore recessione è alle porte. John Williams ha evidenziato come la produzione industriale Usa, debitamente parametrata all’inflazione, non ha mai recuperato i livelli del 2008 ed è ben lontana dal picco del 2000, ed è in costante calo. Il consumatore americano è esausto, schiacchiato da debiti contratti e impossibilità a guadagnare di più. L’intera politica economica americana è concentrata sulla tutela costante di qualche banca a New York, non nel salvataggio dell’economia americana. Economisti blasonati e compari di Wall Street liquiderebbero il problema del declino della produzione industriale con il fatto che “l’America ormai è una economia dei servizi”. Gli economisti pretendono che tali servizi siano servizi altamente tecnologici della New Economy, ma la realtà è che camerieri, baristi, commessi part-time e servizi sanitario-inferimieristici hanno rimpiazzato gli impeghi manufatturieri ed ingegneristici e pagano una frazione rispetto a quest’ultimi, cosa che provoca un collasso della domanda aggregata in tutti gli Usa.Se gli economisti neoliberali (cosa che non accade quasi mai pubblicamente) vengono messi spalle al muro e costretti ad ammettere i problemi, si arrampicano sugli specchi cercando il colpevole nella Cina. Non è chiaro se a questo stadio esistano possibilità di rivitalizzare l’economia americana. Rivitalizzarla richiederebbe una ri-regolamentazione del settore finanziario e fare di tutto per riportare a casa i posti di lavoro e la produzione che sono state svendute a paesi d’oltremare. Richiederebbe, come Michael Hudson sa dimostrare nel suo ultimo libro “Killing the Host”, una rivoluzione nelle politiche fiscali che impedirebbe al settore finanziario di appropiarsi in maniera parassitaria dei surplus generati dall’attività economica reale, poi capitalizzandoli in obbligazione debitorie che garantiscono la perpetua percezione di interessi per il settore finanziario. Il governo Usa, controllato com’è da interessi economici tra i più sporchi e immorali, non permetterebbe mai politiche che anche soltanto si azzardino a sfiorare i bonus faraonici dei managers e i profitti di Wall Street.Il capitalismo Usa di oggi basa i suoi profitti sulla vendita dell’economia americana e con essa tutta la gente che ne dipende per il proprio sostentamento. Nell’ America della “libertà e democrazia” il governo e i poteri economici servono interessi che non hanno assolutamente nessun punto di contatto con gli interessi del popolo americano. La svendita in corso è protetta e mascherata da un panopticon propagandistico fornito dagli economisti neoliberali, prostituti finanziari ed editoriali che si guadagnano da vivere solo e soltanto mentendo dalla mattina alla sera. Quando l’America fallirà, a ruota la seguiranno i vassalli di Washington in Europa, Canada, Australia e Giappone. A meno che nella peggiore delle ipotesi Washington non distrugga il mondo con un conflitto nucleare, a quel punto i rapporti mondiali di forza saranno interamente ridefiniti, e l’Occidente corrotto e dissoluto non sarà nient’altro che la parte più insignificante di questo nuovo mondo.(Paul Craig Roberts, “Ventunesimo secolo, un’epoca di frodi”, dal blog di Craig Roberts del 18 gennaio 2016, tradotto da “Come Don Chisciotte”).Negli ultimi anni del XXesimo secolo, la frode diventò un elemento stabile della politica estera Usa sotto una nuova forma. Sotto falsi pretesti Washington smantellò la Jugoslavia, poi la Serbia, tutto allo scopo di portare avanti una agenda mai dichiarata. Nel XXIesimo secolo la stessa frode si è replicata molteplici volte: Afghanistan, Iraq, Somalia e Libia sono state distrutte; l’Iran e la Siria avrebbero fatto certamente la stessa fine se il presidente russo non avesse preso misure preventive affinché ciò che ciò accadesse. Washington è inoltre dietro alla distruzione dello Yemen in corso, senza dimenticare che ha consentito ed attivamente finanziato la distruzione della Palestina per mano israeliana. In aggiunta si è consentito frequenti operazioni militari in Pakistan senza che alcuna guerra fosse stata dichiarata, uccidendo donne, bambini e anziani sotto la sigla di “lotta al terrorismo”. I crimini di Washington possono rivaleggiare con quelli di qualsiasi nazione in qualsiasi momento storico.