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Basta fango: se tutti i partiti si unissero per salvare il paese
Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.Fango e morte per i libici, gli yemeniti, gli stessi europei fatti a pezzi nelle piazze dal sedicente Isis, sotto il naso di polizie distratte. Fango e botte, per buon peso: sprangate in faccia ai manifestanti di Hong Kong e a quelli di Parigi. C’è chi la chiama terza guerra mondiale a rate, a puntate, a geometria variabile. Con tanto sangue, e soprattutto fango, a ogni latitudine. La piccola Italia (non così piccola, ma rimpicciolita dagli stregoni dell’Ue) diventa addirittura microscopica, nella fanghiglia della sua non-politica di ieri e di oggi. Non un partito vero, che pensi al domani: tutto è fermo alle elezioni del giorno dopo. Sondaggi, telegiornali, talkshow. Il non-governo attanagliato dal terrore del voto, l’opposizione che non va oltre l’ovvio disgusto per le non-decisioni dei prestanome che occupano i palazzi. La cosiddetta crisi morde sempre di più: acciaierie in panne e banche sull’orlo del tracollo, viadotti che si schiantano, fabbriche che chiudono, industrie che scappano all’estero per pagare meno (sia il lavoro che le tasse). Politica assente: massima irrisione, la non-protesta delle Sardine. Una beffa grottesca: festicciole e canzoni, al funerale dell’Italia.Uno spettacolo surreale, offerto al mondo che ci guarda, e che osserva la nostra incapacità strutturale di leggere la crisi, di riconoscerne i mandanti e gli esecutori. Attaccano Salvini, i dimostranti ipnotizzati dalla disinformazione: se la prendono con un micro-leader che domani forse non esisterà nemmeno più, e che comunque (questa la sua colpa) non ha ancora fatto assolutamente niente per restituire al paese una visione precisa, nonché una strategia su come uscire dall’oceano di fango nel quale sta affondando. Quel che non si perdona, alla Lega, è di essere l’unico partito a suo modo vitale, legittimato dal consenso? In effetti sembra fuori posto, questa Lega – prontamente assediata dalle inchieste – nell’Italia dell’anonimo e cardinalizio Conte, dell’esanime Zingaretti, della caricatura Renzi, degli zombie un po’ cialtroni che fino a ieri promettevano un mondo a 5 stelle. Altro? Macché. Fango per tutti, a reti unificate, senza sforzarsi di capire perché siamo finiti così in basso. Cos’è il debito pubblico? Cosa sono l’Eurozona, il Mes, la Brexit, il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio? Cos’è davvero l’avanzo primario, che da quasi trent’anni fa sì che lo Stato prelevi dai cittadini, sotto forma di tasse, più di quanto il governo non spenda, per gli italiani, in termini di servizi?Economia, questa sconosciuta: deve provvedere Mario Draghi, nientemeno, a suggerire che la via d’uscita può essere dalla parte opposta, rispetto al plumbeo rigorismo della Bce. Proprio lui, Draghi, è come se dicesse: ci si salva facendo l’esatto contrario di quel che ho fatto io, in tutti questi anni, prima al Tesoro e poi a Bankitalia, quindi a Francoforte. Modern Money Theory: emissione illimitata di liquidità, a costo zero. Altro che super-tasse, altro che austerity imposta per volere divino. Deficit positivo: vuol dire soldi da investire, lavoro, consumi, economia (e alla fine, risanamento del bilancio). Il “nuovo” Draghi, keynesiano e sovranitario, potrebbe essere l’eroe perfetto, per le Sardine – per loro, e per chiunque aspiri a recuperare il senso delle cose, il contatto con la realtà (cos’è lo Stato e a cosa serve, come deve funzionare). “Prestatore di ultima istanza”: parole divenute antiche solo qui, in questa Europa nanizzata dall’Ue, dai trattati intangibili che la recintano, deprimendola. Atroce, storicamente, per un continente dove – tra Parigi e Londra – nacque la democrazia moderna, già incubata in modo larvale nel medioevo italiano dei Comuni, e poi evocata tra le barricate della Repubblica Romana. Mazzini e Garibaldi: non volevano forse una democrazia europea, di popoli fratelli? Sappiamo com’è andata: due guerre mondiali. Poi la pace tra le rovine, la ricostruzione, la prodigiosa rinascita nel Belpaese. Fino a quando, lassù, non s’è deciso che potesse bastare, e che dovessimo tornare a soffrire.Modern Money Theory: massima eresia. La sventola Draghi, e nessuno fiata. Nessuno lo intervista, lo interroga, lo incalza. Sarebbe la notizia del secolo, in teoria, in materia finanziaria. Certo, non è merce maneggevole per l’insultificio. Meglio il fango, certo: è tanto più comodo. Nel fango si sguazza un po’ tutti, perché non è difficile trovare il bersaglio adatto, visto il livello dello zoo politico. Sarebbe bello vedere un altro film. Gente che accetta di sedersi allo stesso tavolo, a discutere. Fine del tifo, della gara di rutti. Tema: rimettere insieme i frantumi. Unirsi, con un obbligo: cancellare la lavagna delle prossime elezioni, e mettersi a pensare. Trovare, insieme, il gusto del bicchiere mezzo pieno. Ce ne sarebbe, da studiare. Prima, però, converrebbe archiviare le bandiere. Si fa così, da sempre, quando si vuole la pace. Si mettono da parte i vecchi rancori, le liturgie rituali, le identità solo formali. Destra e sinistra: che senso hanno, oggi? Cos’ha fatto, di buono, il centrodestra di governo? E in cosa si è distinto, il centrosinistra, rispetto ai tagli sociali dell’era berlusconiana? Entrambe le fazioni hanno obbedito a diktat. L’hanno votata insieme, la legge Fornero. Hanno mostrato il medesimo rispetto reverenziale per lo sciagurato Patto di Stabilità, che in capo a dieci anni ha ridotto le strade dei paesi italiani a campi minati, dove si fa lo slalom tra le buche perché il Comune non ha i soldi per l’asfalto.Hanno ragione, le Sardine, a reclamare una diversa estetica, gentile e dialogante. Mancano il bersaglio, certo: sparano all’orso di cartone, senza avvedersi che il luna park è recintato come un lager, dove tutto è proibito. Siamo prigionieri, ecco il punto. Beninteso, prigionieri europei del terzo millennio: privilegiati, senza nessuna guerra in casa da settant’anni. Siamo persino liberi di parlare, di insultarci allegramente, di vomitare fango contro gli orsetti di cartone. Ma è tutto qui, quel che sappiamo fare? Non ci viene il sospetto che le nostre animose divisioni siano l’habitat perfetto, per chi vuole continuare a portarci via tutto? Nei decenni della sovranità relativa, monetaria, l’Italia divenne la quarta potenza industriale del pianeta. E questo, nonostante le sue piaghe: mafia, evasione fiscale di massa, corruzione dilagante della politica. Eppure il paese cresceva, tutti stavano meglio e sapevano che i figli avrebbero avuto ancora più opportunità. Il deficit aveva fatto da motore, e il mastodonte Iri era il volano di un’economia che trascinava migliaia di aziende. Poi hanno fatto a pezzi tutto, dando la colpa a noi: al debito delle cicale, alla mafia, agli evasori, ai politici corrotti.Con queste miserabili menzogne hanno eretto il recinto spinato dell’attuale luna park, su cui sventola la bandierina blu-stellata della cosiddetta Europa. Mafia, evasione, corruzione? Esattamente come prima. La differenza? Non possiamo più spendere. Il risultato è una specie di catastrofe: meno servizi, meno welfare, meno sanità, meno pensioni. Meno soldi, meno consumi, meno futuro, meno tutto. Rigore, tasse, delimitazioni assurde come la suprema frode del famigerato tetto del 3% alla spesa pubblica: pura invenzione di un’ideologia maligna, spacciata per norma scientifica, per legge economica. Balordo imbroglio, grazie al caos organizzato a tradimento. Dopo decenni di cospicue regalie statali, la grande industria se la svigna in Serbia, in Romania e in Polonia, dove le maestranze costano di meno. La Fiat scappa in Olanda, lasciando a secco il fisco del paese che l’ha coperta di miliardi per decenni. E che dire dell’inflessibile Germania? Trucca i suoi conti pubblici, facendo dimagrire il debito di Stato depennando quello delle Regioni e la spesa pensionistica. E noi in piazza, valorosamente, a intonare gli inni dell’antifascismo di un secolo fa, mentre i predoni del 2019 ridono degli italiani, ingenui incorreggibili.Che bello, se qualcuno mettesse in produzione l’altro film: quello che manca. Tutti seduti allo stesso tavolo. Di Maio e Renzi, Salvini e Zingaretti, la Meloni. Conferenza a reti unificate, per dire: signori, c’è un problema. Le regole vanno cambiate. Siamo tutti d’accordo, finalmente. Vogliamo salvare gli italiani, tornare alla democrazia reale dello Stato. Lanciare una democrazia continentale. Far nascere qualcosa che ancora non esiste: una Unione Europea, di gente che si aiuta. Bello e impossibile? Soltanto un sogno, un’utopia? Pure, proprio da lì si parte: sono i sogni a dissipare il fango. Il resto, poi, viene da sé. Di fronte a un orizzonte nuovo, chi mai perderebbe ancora tempo a vomitare insulti? Molto sta nel crederci, all’orizzonte amico. Serve qualcuno che innanzitutto lo disegni, faccia vedere quanto sarebbe attraente, e spieghi anche quali passi, esattamente, sarebbe necessario compiere, verso la meta. Prima, però, deve tornare il sole almeno nei pensieri: per metter fine al fango, alla paura, alla stupidità dell’odio. Sta a noi, la prima mossa: se scoppia la pace, si mette male per gli sfruttatori. Lo sanno bene, i padroni del luna park. Gli unici a non saperlo ancora, a quanto pare, siamo noi?(Giorgio Cattaneo, “Basta fango: se tutti i partiti italiani si unissero, per salvare il paese”, dal blog del Movimento Roosevelt del 18 dicembre 2019).Fango su fango, per produrre altro fango, lungo un desolato orizzonte di fango. Tutto è uguale a niente, ormai? Buio sul povero Giulio Regeni, massacrato in Egitto: anni di parole contro il truce regime del Cairo, e silenzio assordante sugli elusivi committenti di Giulio, le ambigue e reticenti agenzie di Cambridge che probabilmente lo mandarono al macello, a sua insaputa. Fango su fango, anche se si vuole inquadrare il martirio dei migranti: tutto sembra risolversi nell’insulso derby violento all’italiana, pro o contro Salvini, senza uno sputo di analisi sull’immane tragedia dell’Africa. Solo maschere, per questo piccolo avanspettacolo nutrito di personaggi come Carola Rackete e Greta Thunberg (perfetta, la svedese, per eludere – con il suo dogma climatico – il vero dramma dell’avvelenamento terrestre). A vincere è il fango, declinato ovunque. Fango sulla Russia, anche in salsa olimpionica: tutto si esaurisce negli ipotetici Russiagate, senza che nessuno si interroghi sul ruolo di Mosca, di Bruxelles, di Berlino e di Washington. I media fotografano una società che, anziché pensare, insulta. Fango su Trump, per le presunte intrusioni in Ucraina, dopo che il paese fu travolto da una rivoluzione colorata, progettata a tavolino e finita con la consegna del gas ucraino al figlio di Joe Biden, allora vice di Obama. Fango su tutti, a turno: sui siriani e gli iracheni, sui palestinesi, sui curdi.
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Sardine, il galateo del nulla. Feltri: il loro show è già finito
Le Sardine non meritano antipatia e mi dispiace per la brutta fine che faranno. La loro morte è segnata. La frequentazione decennale degli antri della politica mi autorizza a fare la Cassandra della loro caduta in padella. Le friggeranno, povere Sardine. Se le spartiranno, magari con una fetta di limone e le patate lesse. Le si vede in queste ultime ore, corteggiate e adulate, in visita ad esempio da Lucia Annunziata e Lilli Gruber. Credendo di visitare le loro rispettabili nonne partigiane e post-comuniste, ci pare di sentirle dire: «Ma che bocca grande che hai». Gnam. Nei loro esordi le Sardine hanno avuto la leggerezza delle favole. Dotati di squame e di pinne come la celebre Sirenetta di Andersen e di Walt Disney, ma anche di belle facce e bei capelli, i loro capi si sono esibiti guizzanti, e hanno incantato le anime belle, cui sono apparsi come pesciolini un po’ volanti sulle nuvole del sogno. Sardine Peter Pan. Avannotti nati nelle vasche del nulla, senza padri né madri, tutti le volevano adottare. Così parevano avere un destino di maturità durevole: diversa dai girotondini, dai movimenti dei viola e degli arancioni. Nessuna grevità di tratto, all’inizio facce pulite e ignote.Ragazzi antisalviniani sì, ma moderatamente, e solo perché Matteo fa troppi tweet: si calmasse, e magari ci si sarebbe potuti accompagnare anche con lui (figuriamoci). Sì, sardine un po’ di sinistra, ma si sa come sono i ragazzi, e però senza la zavorra della falce e del martello a tirarli giù nel fondo limaccioso della vecchia politica. Con queste loro costumanze vezzose, i cartelli pitturati da bambini delle elementari, a colori pastello, hanno sedotto persino qualcuno a destra, speranzoso che la nascente popolarità di un movimento strappasse le penne e tagliasse le unghie alla Lega, mettendola fuori moda. C’è voluto meno di un mese perché questo fascino presso l’opinione pubblica poco o niente militante finisse a ramengo, proprio mentre è cresciuto a vista d’occhio l’appetito dei pescecani rossi e gialli affamati di consensi perduti, bisognosi di ingurgitare il pesce azzurro. Gnam.In origine, almeno il primo giorno, le Sardine non parevano destinate a questa sorte. Non si sa se per malizia o per convinzione avevano evitato anche di cantare “Bella ciao”. Vedendo in effigie e ascoltando in tivù i quattro inventori bolognesi di questi raduni, ho apprezzato in loro l’attitudine a usare lo shampoo e i congiuntivi. Non erano antipatici. Il problema – sin dalle loro prime trionfali apparizioni – era che non si capiva se ci fosse qualcosa nella profondità dei loro ricami verbali sulla gentilezza, la sincerità, eccetera. Non dico idee, non esageriamo, ma uno spunto di originalità, un attaccamento alle questioni pratiche, e una proposta di soluzione. Ilva, Alitalia, tasse, migrazioni. Possibile che gli stesse bene tutto, ma proprio tutto del governo, e la sola protesta fosse diretta a chi non governava né Bologna, né l’Emilia-Romagna e tanto meno l’Italia? Ma sì: aria fritta di sinistra, tale quale il loro destino. In tanti anziani militanti, bisognosi di rigenerare le loro illusioni perdute di sessantottini, l’ultimo è stato ieri Gad Lerner, si ostinano a vedere in costoro la palingenesi della sinistra, la rigenerazione dalle ceneri della fenice morta.Non andrà così. La faccenda è diventata chiara dopo che le 160 sardine gallonate si sono chiuse nel palazzo occupato e hanno cavato dalle loro zucche cinque punticini innocui di galateo del nulla, e un solo punto politico: no ai decreti sulla sicurezza. Proprio quel no che è stato la dannazione della sinistra, e la causa del suo sprofondamento. Una ricetta di sicure sconfitte condivisa da ciascuna delle varie correnti del Pd e dei Cinque Stelle, nonché da Italia Viva, +Europa, Calenda, Verdi. Tutti. Dall’ala antisalviniana di Forza Italia fino ai filo palestinesi arabi sono pronti a contendersi i singoli capi acciughe per metterli alla testa di qualche sciagurata lista civica per le regionali e con l’intento di fagocitarli facendoli parlare a qualche congresso, infilandoli nel loro acquario. Finiranno nel loro menù. Sardine fritte. E pure pesanti da digerire.(Vittorio Feltri, “Il futuro di Mattia Santori e Sardine: non meritano antipatia, ma la loro morte”, da “Libero” del 17 dicembre 2019).Le Sardine non meritano antipatia e mi dispiace per la brutta fine che faranno. La loro morte è segnata. La frequentazione decennale degli antri della politica mi autorizza a fare la Cassandra della loro caduta in padella. Le friggeranno, povere Sardine. Se le spartiranno, magari con una fetta di limone e le patate lesse. Le si vede in queste ultime ore, corteggiate e adulate, in visita ad esempio da Lucia Annunziata e Lilli Gruber. Credendo di visitare le loro rispettabili nonne partigiane e post-comuniste, ci pare di sentirle dire: «Ma che bocca grande che hai». Gnam. Nei loro esordi le Sardine hanno avuto la leggerezza delle favole. Dotati di squame e di pinne come la celebre Sirenetta di Andersen e di Walt Disney, ma anche di belle facce e bei capelli, i loro capi si sono esibiti guizzanti, e hanno incantato le anime belle, cui sono apparsi come pesciolini un po’ volanti sulle nuvole del sogno. Sardine Peter Pan. Avannotti nati nelle vasche del nulla, senza padri né madri, tutti le volevano adottare. Così parevano avere un destino di maturità durevole: diversa dai girotondini, dai movimenti dei viola e degli arancioni. Nessuna grevità di tratto, all’inizio facce pulite e ignote.
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Magaldi: se rimane nel centrodestra, Salvini non ha futuro
«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Lo stesso Johnson ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».Cosa c’è da festeggiare? Proprio niente, dice Magaldi, in web-streaming su YouTube. Per contro, non è il caso di commettere i soliti errori ottici: «Johnson non è affatto “un fascista”, intendiamoci: come conservatore inglese è anzi antifascista. Certo è un neoliberista radicale, mentre Blair e Clinton erano per il neoliberismo “soft” della cosiddetta Terza Via teorizzata da Anthony Giddens, poi imitati da epigoni italiani come D’Alema e Renzi». Variazioni cosmetiche sul tema, e medesimo risultato: privatizzazioni selvagge. «In questi decenni – dice Magaldi – il finto scontro fra centrodestra e centrosinistra, a colpi di insulti tribali, è servito solo a proteggere i manipolatori: gli stessi poteri hanno imposto la loro agenda, sia alla destra che alla sinistra». Non l’ha ancora capito, Salvini? «Se resta ancorato al centrodestra, il leader della Lega non ha futuro», afferma Magaldi. «La Lega – aggiunge – avrebbe persino qualcosa da imparare, dai conservatori inglesi: con Cameron hanno varato i matrimoni gay quando in Italia non s’era ancora arrivati nemmeno alle “unioni civili” volute da Renzi». Altro capitolo del classico trazionalismo della destra italiana, la criminalizzazione della droga: «Salvini è riuscito a fare una crociata persino contro i negozi di cannabis terapeutica, in un paese dove tutti si possono drogare in barba alla legge, facendo la felicità del narcotraffico mafioso».Magaldi è antiproibizionista: «Legalizzare le droghe vorrebbe dire controllarne il mercato, sottraendolo alla criminalità. Accadde la stessa cosa negli Usa, quando Roosevelt mise fine all’ipocrisia del proibizionismo sull’alcol». Un consiglio al leader della Lega: prosegua nel cammino intrapreso per trasformare l’ex Lega Nord in un soggetto diverso, non più ancorato al centrodestra, capace di opporsi agli abusi di questa Ue presidiata da finti europeisti come Merkel e Macron. Quanto alle Sardine, c’è poco da aggiungere: «Anche a me piace cantare Bella Ciao, senza dimenticare però che a cantarla non erano solo i partigiani artefici della futura democrazia, ma anche i comunisti che sognavano di trasformare l’Italia in un incubo come la Jugoslavia, l’Albania, l’Ungheria». Se la Lega può stonare e la Gran Bretagna si affida agli squali del neoliberismo che nuotano all’ombra di Boris Johnson, certo non brilla la sinistra inglese: «Sono contento che abbia perso, Jeremy Corbyn. Comunque, non poteva vincere: troppo estremista sulle nazionalizzazioni». Magaldi cita l’esempio virtuoso del socialista svedese Olof Palme: impegnava lo Stato come partner delle aziende in crisi, per salvare il lavoro. «Corbyn poi ha insistito solo sulle tasse: ma persino Draghi ha appena evocato la Modern Money Theory, cioè la via ultra-keynesiana per finanziare lo Stato (emettendo moneta) senza per forza inasprire il carico fiscale».Magaldi cita un saggio dei Premi Nobel per l’Economia, la francese Esther Duflo e l’indiano Abhijit Banerjee, marito e moglie, presentato da Goffredo Buccini sul “Corriere della Sera”. Titolo: “Good economics for hard times”. In uscita da Laterza, questa “buona economia per tempi duri” ha una premessa: vaccinarsi dall’odio politico quotidiano, fatto solo di slogan e insulti. Primo: tornare a riconoscere la dignità dell’avversario. Viceversa, se prevale la rissa, vincono i soliti poteri invisibili e ci rimettono gli elettori, tutti insieme. «La sinistra “illuminata” parla in termini “millenaristici” dell’ascesa mondiale della nuova destra, la quale ricambia i pregiudizi», scrive Buccini. «I punti di vista sono “tribalizzati”, non solo sulla politica ma anche sui problemi sociali: tutte questioni che richiederebbero qualcosa più di un tweet». L’Italia agonizza, vaso di coccio tra vari di ferro, mentre la politica balbetta. Il Mes, l’Ilva, i mille fronti aperti. Il Conte-bis sembra già morto, i 5 Stelle sono allo sbando e il Pd spera nelle Sardine, che si limitano a sparare su Salvini: il quale, ora, tende la mano per un possibile patto di salvezza nazionale, viste le troppe emergenze concomitanti. Sarà tattica, ma è sempre meglio dei latrati che salgono dalle piazze dei giovani odiatori.«Non scherziamo, sul fascismo: è stato un fatto storico, serio e tragico. Evocarlo a casaccio, oggi, significa mancare di rispetto a chi lo ha subito davvero». Gioele Magaldi attacca «l’analfabetismo funzionale» degli slogan delle Sardine, che riempiono le piazze grazie all’odio per Salvini ma senza proporre niente: «Non vanno oltre le generiche dichiarazioni di principio, il livello è quello del concorso di Miss Italia». Vuoi un mondo migliore? Bene, ma allora perché non riesci a formulare una sola proposta? «L’Italia ha bisogno di investimenti per 200 miliardi, da non computare nel deficit: possibile che dalle Sardine non arrivi nemmeno un’idea?». Possibile, sì: a loro basta vomitare disprezzo su Salvini, cui rimproverano persino l’uso dei social media. «Mi vorrebbero proibire Facebook?», si domanda l’Uomo Nero, che ha appena festeggiato il trionfo di Boris Johnson. Male, prende nota il presidente del Movimento Roosevelt: «E’ ora di finirla, con la politica tribale. Non ha senso esultare perché a Londra ha vinto la destra», sostiene Magaldi. «Il leader del Brexit Party, Nigel Farage, ammise si avere mentito, al referendum, garantendo che la Brexit avrebbe regalato chissà cosa, agli inglesi». Per inciso: «Farage tutela gli interessi dei suoi amici affaristi. E il primo “regalo” della Brexit, infatti, sarebbe la privatizzazione della sanità britannica».
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La truffa delle Sardine, ennesimo pacco rifilato agli italiani
Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.Non ci si stupisca, quindi, se ci indebitiamo, se non abbiamo soldi per il futuro delle nuove generazioni e se il Pd, pur perdendo puntualmente le elezioni, è sempre al governo e nei ministeri che contano (ad esempio all’economia). Da una di queste dinamiche, in molte parti del mondo, nascono fenomeni come le Sardine che puntano sull’andare di “moda” (grazie all’appoggio delle Tv) e che in Italia cercano di far rientrare voti da dove sono usciti, voti persi a causa del fatto che parte dell’elettorato storico del Pci/Pds ha un’altra idea di sinistra. Qualcosa di prodromico fu sperimentato negli anni ‘70 dal Pci visto che, dopo l’omicidio Moro, Berlinguer si arrese alla Cia e sposò il cosiddetto eurocomunismo, cioè l’impegno a rinunciare gradualmente ai diritti sociali sostituendo i voti persi dalle classi operaie con quelli dei movimenti. Avete mai sentito le Sardine porre come target la piena occupazione o l’emettere moneta per investire in acquedotti pubblici sicuri e di alta qualità in ogni angolo d’Italia? Come no? Ma non erano contro la CO2?Avete mai sentito critiche contro la moneta tedesca chiamata euro? Io ho ascoltato a reti unificate solo una narrazione di comodo che ci parla di “Europa bella bella”; peccato che tedeschi e francesi non la pensino così e siano sovranisti in economia, finanza, lavoro e sui temi migratori, cioè alla radice del vivere! E una lotta senza quartiere per impedire l’erogazione della tangente di cui sopra? Hanno mai citato i crimini francesi in Niger e la mannaia del franco Cfa in Africa occidentale? Dov’eravano, le Sardine, quando ci fu da difendere la Costituzione nel 2012 da Monti (che ci infilò pareggio di bilancio e Fiscal Compact) e nel 2016 quando ci provò Matteo Renzi? No, signori: se la sinistra è ciò che penso io, le Sardine sono una truffa. E non sono in una scatoletta, sono un pacco.(Marco Giannini, Libreidee, 16 dicembre 2019).Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.
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Brexit, Carpeoro: siamo perduti, perché l’Europa non esiste
La Brexit è voluta soprattutto dagli Stati Uniti, che fin dall’inizio sono stati contro l’Europa: si sono resi conto che l’Europa poteva essere un interlocutore indipendente, autonomo, e questo gli Usa non lo vogliono. Per loro, il soggetto più affidabile (sotto il profilo della ancillarità) è la Gran Bretagna, e così se la sono recuperata. C’è poco da esultare, perché comunque la Brexit è una ferita a una speranza: quella di fare dei veri Stati Uniti d’Europa che non siano questa Europa (che fa pena) e che realizzino un’aggregazione storica e culturale di un mondo. Alla gente non importa? La gente ragiona di pancia: per chi è cristiano, è la gente che ha deciso che dovesse essere crocifisso Gesù, e non Barabba. Spesso, la gente si schiera dalla parte sbagliata. La prospettiva europea è ineludibile, a mio parere, perché quello dell’Europa è un mondo che si è evoluto secondo accavallamenti di culture diverse, che necessita dell’integrazione e della formattazione, poi, di un progetto unico. Il mondo dell’Europa prevede una serie di componenti: la penisola greca, l’Italia, la penisola ispanica, la Francia, poi il perfezionamento del contatto con i popoli britannici, e poi le popolazioni del Nord. Ed è mancata la fase finale, la sintesi culturale: cioè il mettere assieme tutte queste voci e farne un’armonia, una musica.
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Le finte rivoluzioni del 2019: la previsione di Carotenuto
«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.«Questi e numerosi altri segnali mostrano con evidenza che il blocco granitico di potere gesuita-massonico ha ormai delle forti incrinature. Foriere di forti tempeste, di feroci scontri», scriveva Carotenuto su “Coscienze in Rete”, esattamente un anno fa. «Come già per Matteo Salvini in uniforme da poliziotto lo scorso anno, la presidenza Trump appare come un elemento di forte rottura degli equilibri precedenti, e continuerà ad avere certamente un ruolo destabilizzante – come dimostrano le prese di posizione filo-sioniste su Gerusalemme, l’attiva campagna industrialista e antiecologista, le guerre commerciali al resto del mondo e l’aperto sostegno ai peggiori ambienti economici americani». Da una parte, scriveva Carotenuto, «sarà il più forte ostacolo ai disegni di dominazione del gruppo gesuita-massonico», ma dall’altra «anche un elemento amplificatore di forme-pensiero degradanti, aggressive, violente, antiumane». Secondo l’analista, «una modalità molto diversa da quella “gesuitica”, fredda e apparentemente “buona”, ma sempre per fini manipolatori. Che tuttavia già da qualche anno non stava dando i risultati sperati di “seduzione” ampia ed efficace dell’opinione pubblica».I gruppi di manipolazione mondialisti, scriveva sempre Carotenuto, «hanno ormai chiaramente deciso di puntare su un periodo di emergenze e di spaccature, che prepari il terreno in modo forzoso ad una nuova, successiva spinta alla centralizzazione, e ad una ulteriore perdita di libertà e sovranità locali». Temi che, manco a dirlo, non sono neppure sfiorati né dai “gretini” né dalle Sardine: i baby-ecologisti non menzionano nessuna delle minacce reali, a partire dal 5G, mentre gli odiatori di Salvini ignorano del tutto il primo problema italiano, l’Unione Europea. Tutto questo accade, anche, dopo il crollo del governo gialloverde: la Lega all’opposizione, e i 5 Stelle (dimentichi di ogni promessa) aggrappati alle poltrone del Conte-bis. «Avevamo scritto che avremmo probabilmente visto un Cinquestelle chiaramente indirizzato a cercare di agguantare le poltrone di comando di Palazzo Chigi. E avevamo anticipato che, qualora questo fosse avvenuto, la dirigenza M5S avrebbe svelato il proprio vero volto di strumento del potere, di nuovi camuffamenti manipolatori delle solite vecchie congreghe. Una presidenza del Consiglio e altri incarichi di governo nelle mani di uomini chiaramente vicini ai gesuiti, e le stupefacenti virate in senso filo-americano, filo-Nato, filo-euro, filo-Unione Europea, filo-finanza internazionale, filo-vaccini, filo-spese militari, filo-Tap e altro, la dicono lunga su chi veramente si cela dietro gli impulsi sani di tanti bravi ragazzi».Bravi idealisti, «illusi per anni dalle seduttive parole di una maschera Grillo ormai ridotta al silenzio». Sono e saranno i primi, scriveva Carotenuto, «a soffrire per i brutali “tradimenti”, che vedremo crescere e farsi evidenti nel 2019». L’analista intravedeva «un nuovo teatro di finta alternanza democratica, nel quale la Lega si porrà come nuova destra egoica e conservatrice, e il M5S come nuova sinistra fintamente progressista». Dietro le quinte, «i soliti poteri occulti» continuano «a gestire e manipolare la struttura istituzionale politica, economica, scientifica e culturale». Oggi, a un anno di distanza, Carotenuto è estremamente preoccupato dal Conte-bis: lo vede come un terminale pericoloso del potere centralista. Grazie alla sua debolezza politica (lo zombie Zingaretti, il defunto M5S) l’esecutivo giallorosso guidato da Conte, «espresso dal medesimo network di potere vaticano che gestiva Andreotti», è perfetto per infliggere all’Italia un’overdose di rigore: guerra al contante e inasprimento fiscale, fino all’incubo del Mes. E nelle piazze, “gretini” e Sardine, a cantare Bella Ciao. «Anche nel 2019 – scriveva Carotenuto – ogni crisi verrà fomentata o usata per controllarci meglio, per spingerci infine verso formazioni centralizzate mondialiste o premondialiste. Faranno tutto questo, come nel 2018 e negli anni precedenti, solamente per bloccare il più grande fenomeno dei nostri tempi: il risveglio delle coscienze».«Cari amici, nel 2019 aspettiamoci altre finte rivoluzioni». Era il 29 dicembre dell’anno “gialloverde”, quello in cui gli italiani si erano illusi di poter avere un governo a 5 Stelle, deciso a farsi rispettare in Europa e a restituire giustizia sociale in Italia. Dodici mesi dopo, eccoci qua: alle prese con Greta e con le Sardine. Seppellito da Grillo il famoso “uno vale uno”, archiviato l’inguardabile Salvini vestito da poliziotto. Il copione è cambiato: piazze sempre piene, ma per lo sciopero climatico o i flash-mob contro “il fascismo”. Animi sempre accesi, naturalmente: contro qualcosa, o qualcuno, che (esattamente come prima) non è mai chi comanda, davvero. Autore della “profezia” sul 2019, Fausto Carotenuto, già analista politico dell’intelligence Nato. Previsioni peraltro già formulate a partire dal 2015: «La guida occulta mondiale rimarrà saldamente nelle mani della piramide gesuita-massonica, anche se il superiore gioco del divide et impera comincerà a creare fratture competitive anche in questo fronte». Nel 2018, la messa a fuoco si è fatta progressiva: il caos sulla Brexit, la presidenza Trump, il ruolo dei sovranisti «solo apparentemente anti-sistema». E poi le manifeste debolezze del quadro intereuropeo, i fallimenti e le spaccature del Pd, il risorgere delle destre “parafasciste”, le voci di dissenso a Papa Francesco nelle gerarchie cattoliche.
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Ilva, Mes, Alitalia, Unicredit: quanto ci costa il Conte-bis?
«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrove Lao-Xi sul “Sussidiario”. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama”): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».A fare veramente paura è il Mes, il “fondo ammazza-Stati” oggi nell’occhio del ciclone. «L’anno scorso di questi tempi l’allora ministro Paolo Savona fece una proposta alternativa al Mes, ma non trovò sponde o orecchie tra i leader di M5S e Lega», ricorda Lao-Xi. Ora Di Maio e Salvini vogliono dire no al “meccanismo di salvaguardia” europeo: secondo Salvini e Meloni, Conte sarebbe stato coinvolto (in gran segreto, insieme al ministro dell’economia Gualtieri) nella revisione dell’accordo. Si esporrebbe l’Italia a pericoli esiziali: la teorica possibilità di “ristrutturazione” del debito, in caso di ricorso al Mes, costringerebbe le banche a praticare il bail-in, il prelievo forzoso dai conti correnti. Osservando dalla Cina tutte le trappole che assediano l’Italia, Lao-Xi osserva: «Sono problemi enormi, che avrebbero bisogno di idee concrete su come rilanciare il paese e quindi trovare iniziative e risorse per far fronte allo tsunami in corso». Domanda: «Davanti a tutto ciò, cosa sta facendo il governo di Giuseppe Conte? E che cosa sta facendo l’opposizione, che pare solo solo concentrata sul voto regionale in Emilia-Romagna? Basta sommare il breve elenco – aggiunge l’analista – e si nota a vista d’occhio che il conto potrebbe superare le centinaia di miliardi, che non ci sono».La verità, continua Lao-Xi, è che «l’Italia sta precipitando in un pozzo senza fondo». La lotta contro l’immigrazione di Salvini o quella del movimento delle Sardine contro Salvini? «Dividono su come affrontare un dramma che sta cambiando il paese», certo. «Ma alla luce dell’elenco appena fatto, paiono giochi di distrazione di massa». Si inrerroga l’analista: «Perché con questi drammi non si cerca di smuovere le acque e andare al voto anticipato? Perché Salvini non va a Taranto e presidia l’Ilva? Perché non chiede ragioni di Unicredit, dei ponti, di Alitalia?». Quanto a ministri e parlamentari, «sembrano viaggiare in una nuvola, preoccupati solo di prendere lo stipendio a fine mese». Ovvero: «Dai professionisti della politica sembra si sia passati ad allucinati tossicodipendenti della politica: i problemi non importano, vivo nel mio mondo col solo orizzonte di un altro stipendio e di evitare le elezioni anticipate». Nelle ultime tre tornate politiche, il 40% del corpo elettorale ha cambiato le proprie intenzioni di voto. In queste condizioni, conclude Lao-Xi, il 90% dei parlamentari non è sicuro della sua rielezione. «Per tutti costoro, altri due anni e mezzo a Montecitorio significano 500.000 euro netti: una fortuna, specie per i tanti che a fine legislatura potrebbero prendere meno di 10.000 euro all’anno».Il debito pubblico è alto, ammette Lao-Xi, ma i tassi d’interesse sul maxi-debito sono bassi. Non solo: «I risparmi degli italiani sono alti, e il surplus commerciale florido». Indicatori teoricamente decisivi, per il rating del paese: eppure, “l’Europa” non li considera mai. L’Ue preferisce colpire l’Italia, piegandola ai suoi voleri (complice, oggi, il docilissimo Conte) solo in virtù dei conti pubblici, per giunta in un’Unione che tollera le legislazioni tributarie di paesi come Olanda e Lussemburgo, veri e propri paradisi fiscali che drenano in modo sleale le risorse finanziarie dei “partner” europei. L’Italia ne soffre moltissimo: «I soldi per gli investimenti non ci sono – scrive Lao-Xi – ma almeno una certa fetta di italiani, l’Italia che produce, resta ricca». Che succederà? «Tutto può impazzire se arriva una crisi internazionale che fa schizzare i tassi di interesse. Ci sarà? Nessuno può saperlo». I parlamentari incollati alla poltrina ostentano scetticismo, anche per tutelare i loro interessi. E se la tempesta scoppierà, chiosa Lao-Xi, «sarà colpa del mondo, del diavolo, del bieco destino, della sfortuna… Mai della loro impreparazione».«Care madamine italiane, visto dalla Cina il catalogo è questo». Ilva e Mes, Alitalia e Unicredit: crisi gravissime, governo assente. «E’ il prezzo che dovete pagare per tenervi Conte», scrive Lao-Xi sul “Sussidiario“. Bollettino di una catastrofe annunciata, a partire dall’Ilva di Taranto: attorno alla più grande acciaieria d’Europa «è in gioco tra l’1,5% e il 3% del Pil». Può essere chiusa e, come minimo, verrà dimezzata. «La Puglia salterebbe come un birillo e darebbe inizio a una crisi finanziaria nazionale». Poi c’è Unicredit, la seconda banca italiana (ma solo per il 2% in mano a italiani, come ricorda “Panorama“): ha annunciato 5.000 licenziamenti e la chiusura di una cinquantina di filiali. «Ha già venduto gli investimenti all’estero, la finanziaria Pioneer, la sede storica, i quadri, e impone già tassi negativi ai risparmiatori: è a evidente rischio di saltare, mettendo in pericolo centinaia di miliardi di asset». Poi c’è Alitalia, a cui è stato dato un nuovo prestito-ponte semestrale. «Non ci sono prospettive di rilancio», scrive Lao-Xi. la compagnia di bandiera «ha già bruciato decine di miliardi e non si sa a cosa possa servire il nuovo prestito». Ma non è tutto: sono in stato pietoso le infrastrutture. «Ponti e strade crollano per un temporale un po’ più forte o un terremoto di entità modesta». Secondo alcune stime «ci vorrebbero 40-60 miliardi per rimettere tutto a norma».
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Monti e Berlusconi in piazza con le Sardine, il Mes ringrazia
Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Cha razza di cortocircuito è mai questo? E per quale motivo il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?Seriamente: un tale polverone, fondato sulla nulla, servirebbe sostanzialmente a impedire che in Emilia Romagna, dopo 40 anni, possa governare qualcun altro, al posto del Pci-Pds-Ds-Pd? Ma l’alternanza, in teoria, non sarebbe il sale della democrazia? Non sono democratiche, le Sardine? Hanno paura, anche loro, degli elettori italiani? Sono le Marie Antoniette del terzo millennio, cucinate all’amatriciana, nel paese semiserio di Di Maio? Sono il riflesso tricolore della fobia per la democrazia manifestata dal supremo potere globalista neoaristocratico e dai suoi media di regime, spiazzati negli ultimi anni dalle proteste populiste? Domande retoriche, che Gioele Magaldi rilancia nel vuoto pneumatico della non-politica in cui sta affondando il paese. Penosa, la scialuppa di Conte e Zingaretti, con le sue euro-protesi ortopediche (Gualtieri, Gentiloni, Ursula-Sassoli). Pericolante navicella su cui sgomita Renzi, mentre gli effimeri 5 Stelle svaniscono come neve al sole. Tutti i sondaggi, intanto, decretano un unico verdetto: gli italiani oggi darebbero fiducia proprio a lui, l’orrendo Uomo Nero, in tandem con la sua collega romana e altrettanto tribunizia, Giorgia Meloni. Brrr, che paura: arrivano i fascisti?Questa la linea pletorica del Piave, su cui si accampa il branco delle Sardine. Parola d’ordine: volemose bene, morte al puzzone. «Cioè, fatemi capire: “morto” Salvini, i problemi dell’Italia sarebbero risolti?». Fondato nel 2015, il Movimento Roosevelt (di cui Magaldi è presidente) predica il ritorno alla sovranità della politica. Si spende – in modo trasversale – per spingere i partiti a ritrovare il loro posto nella storia: meglio se si spogliano dei loro panni di maggiordomi del potere finanziario. Da Milano, in un recente convegno, i “rooseveltiani” (tra cui l’economista Nino Galloni) hanno evocato il fantasma di Olof Palme, ineguagliato campione mondiale del welfare. Non sarebbe l’eroe perfetto, per le Sardine? A quanto pare, no: sembra non interessi, l’esplosivo cocktail tra diritti civili e diritti sociali. Cioè: ben venga l’accoglienza dei migranti, benché spacciata come unico surrogato di felicità obbligatoria, in un paese derubato da poteri superiori. Vogliamo dimenticare gli anziani impoveriti, che faticano ad arrivare alla fine del mese? O i giovani laureati costretti a fare i camerieri, se non a fuggire all’estero? Qui crollano i viadotti, si ferma l’Ilva. Disoccupazione, precarietà, rassegnazione: è il tragico declino del sistema-Italia, ma per Palazzo Chigi va tutto bene. Sardine, dove siete? Su che pianeta vivete?Pazzesco, dice Magaldi, l’endorsement del funesto Mario Monti: dove passa lui, non cresce più l’erba. Gli italiani lo ricordano cone un Attila in doppiopetto: è il boia che ha imposto la legge Fornero, il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione. Che c’azzecca, con le Sardine? E che dire della Pascale, ventriloqua di quel Cavaliere sempre pronto a qualsiasi inciucio, con chiunque, pur di garantirsi un posto al sole lasciando il paese sottomesso ai poteri neo-feudali che lo ricattano? Begli amici, care Sardine: ma chi siete, veramente? «Cosa volete? Non lo si è ancora capito (a parte la morte politica di Salvini, ovviamente). Se volessi scendere in piazza con voi, da semplice cittadino – domanda Magaldi – voi Sardine cosa mi proporreste, di preciso?». Le idee non mancherebbero. Tanto per cominciare, un’Unione Europea (quella di oggi, la Disunione Europea, è solo il comitato d’affari di potentati privati). Non c’è una Costituzione democratica, né un governo federale eletto dai popoli, tramite il Parlamento Europeo. Non c’è una politica estera comune. Non c’è nemmeno una politica fiscale: il Conte-bis si appresta a vessare ulteriormente il signor Rossi, mentre l’Ue ammette che Olanda e Lussemburgo restino paradisi fiscali dov’è più conveniente pagare le tasse, se ti chiami Fiat-Fca.E tutto questo le Sardine non lo sanno? Non lo capiscono, che il loro chiasso contro un falso obiettivo (Salvini) è un regalo favoloso per gli sfruttatori del Belpaese? Non si domandano il perché di tanta calorosa accoglienza, da parte di quei media che nel 2011 stesero un tappeto rosso al macellaio Monti? Quanto alla Lega, Magaldi non fa sconti: deve fare ancora tanta strada, l’ex Carroccio, se vuole davvero candidarsi ad aiutare l’Italia a rialzare la testa. «Se non altro – puntualizza il presidente del Movimento Roosevelt – Salvini ha almeno il merito di averci provato, a contestare lo status quo, attaccando il regime dello spread con l’aiuto dei suoi economisti keynesiani come Bagnai e Rinaldi». Certo non l’ha fatto Mattarella, che nel 2018 ha stoppato il professor Paolo Savona negandogli il ministero dell’economia. «Stiamo parlando di un ex ministro di Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica e, prima ancora, governatore di Bankitalia». A proposito: l’attuale capo della banca centrale, Ignazio Visco, ha lanciato l’allarme: il Mes potrebbe devastare le banche italiane e prosciugare i conti correnti. Dai palazzi del governo, silenzio. Idem dalle piazze: non è roba per Sardine, il Mes. In compenso, applausi a Mattarella dal lussuoso parterre milanese della lirica.Ma scusate, insiste Magaldi: «Che particolari meriti avrebbe, il capo della Stato? Ha silurato Savona, sostenendo di voler proteggere l’Italia dai mercati. E ora rieccoli, i mercati, in grande spolvero col Mes: la più grande minaccia per la finanza italiana e per i risparmiatori». Un trattato-capestro, «da respingere in blocco». Silenti le Sardine, chi si agita contro il Mes? Lui: Salvini. Ve lo figurate, un Mes, in un’Europa in cui ci fosse ancora un tipo come Olof Palme, fuoriclasse scandimavo dello Stato sociale? Era il vero leader carismatico dei socialisti europei: le Ilva svedesi le supportava coi soldi del governo, imponendo un management più vicino ai lavoratori. Socialismo liberale: assassinato – con Palme – nel 1986, a Stoccolma, proprio perché (sgombrato il campo dai progressisti, quelli veri) potesse nascere questo aborto di Ue, questa Eurozona infame e senza eurobond, in mano ai banchieri privati della Bce, unici sovrani di mezzo miliardo di persone. Arbitrio e business, senza democrazia, grazie anche al sangue di Olof Palme e di tutti gli altri combattenti, caduti nelle varie macellerie mediatiche, giudiziarie e criminali di quest’Europa tragica e ridicola. Ultima puntata della farsa: le Sardine in piazza contro Salvini. Insieme a Mario Monti, la Pascale e le Madamine Sì-Tav. Prosit: morte al leghista, e buon Natale a tutti.Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Che razza di cortocircuito è mai questo? Per quale motivo, peraltro, il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?
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Fiat, Repubblica e Vaticano SpA. Moncalvo: siamo alla follia
Stiamo sprofondando nella follia: l’Italia crolla, e nessuno ne parla. «C’è da meravigliarsi che non accada qualcosa, perché lo sconquasso sociale è gigantesco, tra il Vaticano che entra in società con Lapo Elkann (con l’Obolo di San Pietro, destinato ai poveri) e una catena di giornali che, invece di fare le inchieste sul resto del mondo, dovrebbero interrogarsi su chi sono e cosa fanno, realmente, i loro padroni». Gigi Moncalvo, giornalista di lunga esperienza, è letteralmente esterrefatto dalla sequenza degli eventi: Fiat-Fca che cede il comando ai francesi, poi annuncia l’apertura di uno stabilimento (non in Italia: in Marocco) e si prepara a ricevere in omaggio 136 milioni di euro dal governo Conte. Nel frattempo, i giornali tacciono: quelli del gruppo “Espresso” (”Repubblica”, in primis) vengono comprati da John Elkann «al prezzo delle sigarette». Spiccioli: costano la decima parte di quello che Exor ha speso per ricapitalizzare la Juventus, dopo le spese pazze per Cristiano Ronaldo. E attenzione: l’acquisto del gruppo “Espresso-Repubblica” è meno dell’1% del totale degli investimenti finanziari della Exor. «Negli ultimi sei mesi, la holding della famiglia Agnelli ha investito 23,3 miliardi». In Italia, posti di lavoro a rischio: ma i media sorvolano.
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La Fiat riapre, ma in Marocco. E Conte le regala 136 milioni
Sapete benissimo che la Fca, ex Fiat, non è più una società italiana, da anni. Ha la sede legale ad Amsterdam, in Olanda. Ha la sede fiscale nel Regno Unito e quindi paga le tasse a Londra, pur di non pagarle in Italia, ed è quotata alla Borsa di New York. Sapete anche che sta per fondersi, anzi per essere rilevata da una società francese di automotive, la Psa (Citroen-Peugeot), all’interno della quale c’è lo Stato francese. Ebbene, sapete che cosa ha fatto il ministero dello sviluppo economico, nella serata del 26 novembre? Attenti: per chi non paga le tasse in Italia, per chi ha portato all’estero le produzioni, per chi se ne fotte degli operai italiani (perché non gli dà lavoro, glielo sottrae, e li mette in cassa integrazione a spese non della Fiat, ma nostre), be’, il ministero dello sviluppo economico di questo governo ha stanziato 27 milioni di euro di agevolazioni per il gruppo Fca. Ripeto: agevolazioni per 27 milioni di euro. Ma l’investimento complessivo di questo accordo, che è stato firmato tra il ministero ed Fca, non prevede solo questi 27 milioni della prima tranche, ma ben 136,6 milioni di euro, tra il 2019 e il 2022. Quindi, tra pochi mesi, noi regaleremo un pacco di milioni a una società francese. E li stiamo già dando a una società che non paga neanche le tasse in Italia.I primi 27 milioni forniti dal ministero, hanno subito detto in una nota, serviranno all’acquisto di macchinari per l’aggiornamento degli impianti. Ma quanto ci vuole, per acquistare un macchinario, farlo arrivare e aggiornarlo? Ci vogliono un po’ di mesi. E tra poche settimane, questi soldi verrano dati a una società francese, la quale se ne sbatterà delle esigenze italiane e incasserà questi soldi. E attenzione: mentre arrivano questi nostri milioni, 27 subito e gli altri (fino a 136,6 milioni) entro il 2022, Fca ha annunciato che, insieme a Peugeot-Psa, apre una fabbrica italiana in… Marocco! Non in Basilicata o in Campania: in Marocco. E la notizia ha destato un grande entusiasmo da parte dell’industria, del commercio e dell’economia marocchina. Esulta il signor Moulay Hafid Elalamy, uomo d’affari marocchino: il Marocco si prende una nuova fabbrica della Fiat. A rivelarlo non sono giornali italiani, ma il quotidiano economico francese “Les Échos”. Ecco quindi una duplice beffa: abbiamo regalato dei milioni di euro ai francesi, i quali per tutta risposta – insieme al loro amico John Elkann – apriranno una fabbrica in Marocco.Questo è il massimo, se uno pensa alla famosa frase di Stefano Ricucci, “so’ capaci tutti de da’ i froci cor culo degli altri”: in questo caso con il nostro, e soprattutto con i soldi nostri. Complimenti quindi al ministro dello sviluppo economico, complimenti a John Elkann. E complimenti a tutti noi, che stiamo per pagare la seconda rata delle tasse, cui poi seguirà l’Imu, eccetera. Noi almeno le tasse in Italia le paghiamo, questi non le pagano: ammesso che lo facciano, le pagano a Londra o in Lussemburgo. Noi gli regaliamo 27 milioni di euro (anzi, in totale 136,6), e loro aprono lo stabilimento, con i francesi, in Marocco. Questo è il paese delle banane: non il Marocco, ma l’Italia. I 5 Stelle, ora di fronte anche al Mes? Mi meraviglio del fatto che un movimento che aveva promesso di aprire la scatoletta del tonno sia diventato più tonno del tonno. La cosa più incredibile è che si regalino milioni ad Fca proprio in un momento come questo.(Gigi Moncalvo, dichiarazioni rilasciate nella rubrica “Silenzio stampa” della trasmissione web-radio “Forme d’Onda” il 28 novembre 2019. L’attuale ministro dello sviluppo economico, citato da Moncalvo, è il grillino Stefano Patuanelli).Sapete benissimo che la Fca, ex Fiat, non è più una società italiana, da anni. Ha la sede legale ad Amsterdam, in Olanda. Ha la sede fiscale nel Regno Unito e quindi paga le tasse a Londra, pur di non pagarle in Italia, ed è quotata alla Borsa di New York. Sapete anche che sta per fondersi, anzi per essere rilevata da una società francese di automotive, la Psa (Citroen-Peugeot), all’interno della quale c’è lo Stato francese. Ebbene, sapete che cosa ha fatto il ministero dello sviluppo economico, nella serata del 26 novembre? Attenti: per chi non paga le tasse in Italia, per chi ha portato all’estero le produzioni, per chi se ne fotte degli operai italiani (perché non gli dà lavoro, glielo sottrae, e li mette in cassa integrazione a spese non della Fiat, ma nostre), be’, il ministero dello sviluppo economico di questo governo ha stanziato 27 milioni di euro di agevolazioni per il gruppo Fca. Ripeto: agevolazioni per 27 milioni di euro. Ma l’investimento complessivo di questo accordo, che è stato firmato tra il ministero ed Fca, non prevede solo questi 27 milioni della prima tranche, ma ben 136,6 milioni di euro, tra il 2019 e il 2022. Quindi, tra pochi mesi, noi regaleremo un pacco di milioni a una società francese. E li stiamo già dando a una società che non paga neanche le tasse in Italia.
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Il Mes e i Miserabili: come siamo caduti in basso, e perché
Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari leghisti e un emissario del grillino Fraccaro.«Non firmiamo niente», conclusero, dopo aver solo potuto guardare da lontano quelle 40 pagine, scritte in inglese, senza la possibilità di fotocopiarle. Alla faccia della sovranità parlamentare. L’ha ripetuto, Borghi, nella diretta web-streaming su ByoBlu con Claudio Messora e Francesco Toscano, poche ore dopo l’infuocata assise delle Camere: la bozza di revisione del micidiale Mes, i cui funzionari si pongono al di sopra di qualsiasi legge, non punibili in nessun caso, ha seguito la stessa procedura clandestina del Ttip, il trattato-fantasma concepito per scavalcare i governi e lasciare alle multinazionali l’ultima parola sui contenziosi con gli Stati. Qui è ancora peggio, rincara Borghi: almeno, l’accesso formale al testo del Ttip (sempre in inglese, non fotografabile neppure con lo smartphone) era previsto dall’agenda. Invece, quei 40 fogli del Mes-2 sarebbero stati esibiti la scorsa estate solo per gentile concessione di Conte, in imbarazzo con i suoi azionisti di riferimento, Lega e 5 Stelle. Uno strappo alla regola: in base al rigido protocollo, le informazioni riservatissime sul rinnovato Meccanismo Europeo di Stabilità, in teoria, si sarebbero dovute limitare unicamente al premier, assistito d’ufficio dal solo ministro dell’economia (all’epoca, Giovanni Tria).Citato da Salvini nella sua requisitoria in aula contro Conte, l’esperto Guido Salerno Aletta, di “Milano Finanza”, conferma l’allarme già lanciato da Antonio Patuelli dell’Abi e, ancor più autorevolmente, dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. E cioè: se l’Italia fosse costretta a ricorrere al Mes, il nuovo Fondo potrebbe chiedere in cambio pesantissime “condizionalità”, inclusa la “ristrutturazione” del debito. Tradotto: le banche, detentrici dei titoli di Stato, potrebbero attingere direttamente ai conti correnti degli italiani. In alternativa, il governo dovrebbe imporre una patrimoniale. Lo conferma, sempre a “ByoBlu”, un tecnocrate come Carlo Cottarelli: per l’Italia il rischio è serio, visto l’attuale sistema di finanziamento (titoli di Stato, con moneta non sovrana) e un debito che galleggia oltre il 130% del prodotto interno lordo. Il documento, infatti, prevede che tutto vada liscio solo per i paesi con un debito non superiore al 60% del Pil, in linea con la “teologia” di Maastricht. Problema: le regole del rigore, pensate trent’anni fa per un’Europa in crescita, si sono scontrate con la realtà della stagnazione, riuscendo solo ad aggravare la crisi e condannare intere economie. E oggi, nel 2019, ancora si insiste con una ricetta perversa e socialmente devastante, votata alla rovina generale?“Non venitemi a dire che non lo sapevate”, è la fragile autodifesa di Conte, che tenta di coinvolgere Salvini e Di Maio, entrambi vicepremier all’epoca dell’incubazione del Mes-2. Vero a metà, a quanto pare: da un lato, il capo della Lega e il portavoce dei 5 Stelle non hanno mai rigettato, a prescindere, la prospettiva dell’ex Fondo salva-Stati. Dall’altro, però, si erano riservati di analizzarlo in modo approfondito. Salvo scoprire, oggi, che il Mes avrebbe viaggiato in clandestinità: un piatto avvelenato, da servire ai Parlamenti solo a cose fatte. E qui, Conte traballa. Accusato frontalmente da Salvini e Giorgia Meloni, è isolato dalla freddezza di Di Maio: i 5 Stelle potrebbero ribellarsi e staccare la spina al governo, pur di bloccare il fondo “ammazza-Stati”? Se il Pd e i renziani fanno quadrato attorno all’attuale titolare dell’economia, cioè il tecnocrate Roberto Gualtieri (creatura di Buxelles), dalla sinistra si sfila “Liberi e Uguali”: per Stefano Fassina, già viceministro di Enrico Letta, l’Italia deve rispedire al mittente, rifiutandosi di approvarlo, questo pericoloso congegno a orologeria.Conte avrebbe già dato il suo ok, all’insaputa di tutti? Malissimo: proprio su questo sembra giocarsi la sopravvivenza del professor-avvocato a Palazzo Chigi, incalzato dalla Lega che si prepara alla mobilitazione popolare, a suon di firme, prima ancora di valutare una mozione di sfiducia, nel caso in cui una frangia dei 300 parlamentari grillini prendesse le distanze da quello che, sulla carta, si presenta come il più insidioso attentato alle tasche degli italiani. Mesi fa, un ex analista dell’intelligence come Fausto Carotenuto aveva confessato: «Temo il Conte-bis, la sua debolezza politica ne farà lo strumento perfetto per l’élite europea intenzionata a farci del male». Oggi, di fronte alla rissa parlamentare sull’ipotetico Fondo Monetario Europeo, un osservatore privilegiato come Gioele Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, allarga decisamente l’orizzonte: ma ci rendiamo conto, dice, di cosa stiamo parlando? Lo capiamo, per quale motivo siamo finiti così in basso? Vogliamo deciderci a vederlo, il problema? Alzi la mano chi sa spiegarsi, precisamente, per quale motivo la moneta (europea) è diventata qualcosa da mendicare, da prendere in prestito a caro prezzo, lasciando in pegno interi paesi (e ora, magari, anche il patrimonio di milioni di cittadini).Chiarisce l’economista Nino Galloni, che del Movimento Roosevelt è vicepresidente: ci rendiamo conto che l’Italia ha sì un enorme debito pubblico, ma in compenso vanta un debito privato irrisorio e un ingentissimo patrimonio fatto di risparmi, di capitali e immobili, a garanzia del sistema economico nazionale? E perché allora il rating delle agenzie, adottato da Bruxelles come unico parametro, considera solo il debito contabile dello Stato? Chiedetelo a Prodi, taglia corto un altro “rooseveltiano” come Gianfranco Carpeoro: fu il professore di Bologna, osannato come salvatore della patria dopo aver sfasciato l’Iri che sorreggeva l’industria italiana, a genuflettersi ai signori dell’euro, rinunciando a far pesare il valore reale dell’Italia. Quanto agli eurocrati, un grande imprenditore come Fabio Zoffi, che opera in Germania, ha avuto il coraggio di sbugiardare i guardiani dell’austerity altrui: al “Giornale” ha ricordato che Berlino, mediante svariati artifici contabili, omette enormi cifre nel computo del deficit. Il debito tedesco (quello reale) sarebbe il doppio di quello italiano. Attenzione, avverte Zoffi: proprio grazie al super-debito, sia pure occulto, la Germania funziona meglio dell’Italia. Ergo: anziché tagliare la spesa, perché non allargarla? Il famoso tetto del 3% non è certo una legge economica: è solo un diktat politico-ideologico, che ha finora depresso l’economia.Né si creda che sia intelligente prendersela col signor Franz, dice da parte sua il comunista Marco Rizzo, consultato sempre da Messora: il popolo tedesco non ha idea di quello che combina, alle sue spalle, l’élite che lo governa. Vale per tutti gli altri, inclusi i francesi. La soluzione? Sincronizzare i popoli, coalizzarli contro questa oligarchia che ha privatizzato la moneta. Da tutt’altro versante, quello social-liberale, Gioele Magaldi (in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”), punta il dito contro lo scandaloso dumping fiscale, su cui nessuno fiata: «Che Europa è mai questa, dove si consente che in paesi come l’Olanda e il Lussemburgo sia più conveniente pagare le tasse?». Risultato: l’emorragia di entrate fiscali (Fiat docet), grazie alla fuga delle grandi aziende. Su questo, niente da ridire? Meglio la piccola crociata, vagamente infame, contro l’idraulico che lavora in nero? E i media che fanno, continuano a dormire? Marco Travaglio, addirittura, s’è messo ad incensare Conte: «Saprebbe indicare, Travaglio, un solo illuminante atto di governo che abbia contraddistinto il premier, da quando è a Palazzo Chigi, con l’unica evidente intenzione di restarvi il più a lungo possibile, non importa come, obbedendo ai politici che contano in Europa, anche a scapito degli italiani?».Mai stato tenero, Magaldi, nemmeno con Lega e 5 Stelle. L’accusa: dovevano almeno avviare il cambiamento promesso. «Invece si sono limitati alle chiacchiere: esattamente come Renzi, proprio per questo scaricato a suo tempo dagli elettori». Renzi s’era rimesso in pista, ma ora è stato speronato dalle inchieste sul finanziamento della fondazione Open. «Giusto che la magistratura indaghi, ma senza far politica su questo: ipocrita pensare che i partiti vivano d’aria. Ma sopprattutto: Renzi va bocciato politicamente, perché per l’Italia non ha fatto nulla». Oggi, il mostro ha le sembianze del Mes. E prima ancora: Trattato di Maastricht e Trattato di Lisbona, Fiscal Compact, pareggio di bilancio in Costituzione. «Io sono ultra-europeista», dice Magaldi, «ma intendiamoci: un’Unione Europea non è mai esistita». Chi l’ha detto, ad esempio, che a decidere tutto sia la Bce, non controllata da politici, a loro volta tenuti a rispondere agli elettori? Ora siamo all’apice dell’aberrazione: anziché un ente prestatore di ultima istanza, deputato a finanziare gli Stati in modo virtualmente illimitato, si darebbe vita allo strozzinaggio istituzionale di un organismo ancora meno democratico, super-bancario, abilitato a ricattare popoli scavalcando definitivamente i governi.Al di là di come andrà a finire la miserabile vicenda Mes, incluso lo scaricabarile tra politici, Magaldi sintetizza: tutta quella robaccia va stracciata e riscritta da zero. E’ che ora di svegliarsi, tutti, ma per davvero. Le piccole Sardine? Si decidano: chiedano conto della situazione a chi comanda davvero, in Italia. I sovranisti? Vicolo cieco: a che serve trincerarsi entro i confini, quando è Bruxelles che detiene le leve strategiche, le regole che condizionano l’economia? Vale anche per i rossobruni di Vox Italia: l’oligarchia non ha nulla da temere, da chi rifiuta la battaglia continentale. La risposta? Democrazia, da imporre ai gerarchi dell’Ue. In pillole: «L’Italia sta crollando: viadotti che cadono, scuole a pezzi. Disoccupazione, tasse altissime, aziende che non vengono pagate. Servono 200 miliardi, per rimettere in corsa il paese». E si pensa di elemosinarli al Mes, mettendosi al collo il cappio degli usurai? Non è questione di virgole o di percentuali, insiste Magaldi: c’è da far saltare tutto. Cambiare le regole, da cima a fondo. Primo: «Un’Europa democratica, con la sua Costituzione, e un governo federale finalmente eletto dal Parlamento Europeo». Secondo: «Una banca centrale che emetta eurobond, e sostenga in modo illimitato i debiti pubblici, mettendo fine al ricatto dello spread». O così, o moriremo: malati di Mes, o si qualsiasi altro morbo letale fabbricato in provetta, nei laboratori segreti che hanno sabotato la democrazia per dare vita a questo morto vivente, questo zombie travestito da Sacro Romano Impero, senza più cittadini ma soltanto sudditi.Ma che razza di paese siamo? Si sprecano commenti sul look del conducente, mentre qualcuno ha manomesso i freni del pullman, e non da oggi. Ancora stiamo lì a disputare sulle briciole miserabili del Mes, anziché rovesciare finalmente il banco? E’ un tavolo truccato, dove i bari si giocano a dadi il futuro dei popoli, parlando abusivamente a loro nome. Un teatro dell’assurdo, questa Unione Europea spacciata per Europa. Il club ha reclutato tra le sue comparse anche Giuseppe Conte, l’ex avvocato del popolo gialloverde: ricondotto all’ovile sorvegliato da figuranti di lungo corso come Paolo Gentiloni e David Sassoli, uno commissario Ue e l’altro presidente del Parlamento Europeo. Esponenti dell’immortale Pd, premiati dopo aver perso le elezioni e messi lì per assicurare ai dormienti l’eterno riposo. Finito nella bufera, e subito smentito dall’Eurogruppo (il Mes è già stato approvato, dicono i tecnocrati), il povero Conte ha balbettato in aula la sua tiepida versione sull’ultimo trattato-capestro, vendendolo come ancora negoziabile, e comunque nient’affatto “segreto” nella sua gestazione. Falso, lo smentisce il leghista Claudio Borghi: la scorsa estate, rivela, il testo è stato visionato solo di sfuggita, a Palazzo Chigi, da tre parlamentari (di cui due leghisti) e un emissario del grillino Fraccaro.
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Mes, paghiamo noi per la Germania: Conte è come Monti
Ho ascoltato l’intervento di Giuseppe Conte in Parlamento e l’ho trovato sciagurato in quanto rappresenta un’orgia montiana! In poche veritiere parole vi spiego come avviene una crisi finanziaria e lo farò come se parlassi a mia zia di 90 anni. Un grosso colosso finanziario, ad esempio Deutsche Bank, è carico di titoli tossici per un ammontare pari a 3 volte il Pil dell’intera Europa. Ad un certo punto alcuni debitori privati non riescono a restituire i crediti a questa banca, ed è per questo che sono definiti “tossici” (non essendo coperti da adeguato riscontro reale); per non fallire la banca si rifà sugli Stati, visto che è creditrice pure verso di essi (gli Stati hanno politici servizievoli, pagano tutto e puntuale), per la precisione verso gli Stati di cui detiene Btp, Bot, ecc, che rappresentano il debito pubblico (dei paesi in questione). A questo punto lo spread sale, perché i paesi non possono avere nell’immediato simili quantità di liquidi, e la colpa di tutto ricade su questi ultimi. Non sulla Germania, quindi… indovinate un po’ quale paese in particolare finirà sotto accusa? Altro che Mes, che integra e che non ha nel mirino nessun paese in particolare, caro premier (studi la sostanza, non si fermi come Don Abbondio ai cavilli, al “Latinorum”)!Ricordo che quando l’inglese Lehman Brothers fallì, la Banca d’Inghilterra, teoricamente più esposta, ripianò tutte le sofferenze emettendo moneta e superando così, senza troppi contraccolpi sociali, questa emergenza. Invece del Mes deve essere la Bce a garantire! E’ l’ora di smetterla di mettere di mezzo gli italiani in nome del neoliberismo turbofinanziario. Al contrario degli inglesi, “l’Europa dei popoli” socializzò le perdite, cioè le fece pagare ai cittadini (leggasi suicidi, tagli, licenziamenti, tasse), cosa che fece scandalizzare Beppe Grillo, all’epoca non ancora fulminato sulla via della casa di Bibbona (insieme al figlio indagato). All’epoca i politici nascosero la “soluzione inglese” e congiuntamente, con gli stessi toni autorevoli attuali di Conte, dalle parti del Pd e dintorni, ci dissero che non potevamo emettere moneta perché si sarebbe fatta viva l’inflazione. Il sottoscritto (e in formato deluxe Alberto Bagnai) si dette da fare per diffondere questa stortura. Niente da fare. Successivamente, per salvare l’euro (non per salvare noi cittadini, sia chiaro) Draghi sentenziò «whatever it takes», e finalmente azionò il bazooka della Bce emettendo una enorme quantità (bolla) di denaro, direttamente e rigorosamente nelle casseforti delle banche private di mezzo mondo.Tutto ciò non provocò nessuno scompenso inflattivo: ma si sapeva; bastava studiare, per dirla alla Giuseppe Conte oggi in Parlamento, perché questa versione (allo stesso modo delle ragioni del Mes) era una burla, visto che la moneta è endogena (solo se circola si genera inflazione, cioè se si crea lavoro e/o alzando i salari). Una burla costata carissima, e adesso ci risiamo! Gli attori sono gli stessi, con il M5S al posto di Scelta Civica. Il Mes non è altro che un sistema per socializzare le perdite, cioè per far ripagare alla gente la prossima crisi; eppure, anche oggi in Parlamento, con un linguaggio simile al politichese della Prima Repubblica, viene descritto come meccanismo virtuoso (sic!) e inclusivo (straSic!). Le banche non hanno imparato niente dal 2007 perché non conoscono il rischio di impresa! Continuano a giocare i soldi “ai cavalli” perché conviene loro, se va bene ottengono enormi profitti speculativi (che paghiamo noi cittadini, indirettamente); quando perdono, poi, paga pantalone (noi cittadini, direttamente col Mes). Orgia neoliberista, quindi. Secondo il premier, il Mes renderebbe stabile l’Unione Monetaria e si incamminerebbe verso la condivisione dei rischi ma, in conclusione, è una ingiusta forma di drenaggio di liquidità dalle tasche dei contribuenti a quelle delle banche. Questo è bene saperlo; e questo era bene chiarire, a prescindere dalle proprie opinioni in merito.(Marco Giannini, Libreidee, 2 dicembre 2019).Ho ascoltato l’intervento di Giuseppe Conte in Parlamento e l’ho trovato sciagurato in quanto rappresenta un’orgia montiana! In poche veritiere parole vi spiego come avviene una crisi finanziaria e lo farò come se parlassi a mia zia di 90 anni. Un grosso colosso finanziario, ad esempio Deutsche Bank, è carico di titoli tossici per un ammontare pari a 3 volte il Pil dell’intera Europa. Ad un certo punto alcuni debitori privati non riescono a restituire i crediti a questa banca, ed è per questo che sono definiti “tossici” (non essendo coperti da adeguato riscontro reale); per non fallire la banca si rifà sugli Stati, visto che è creditrice pure verso di essi (gli Stati hanno politici servizievoli, pagano tutto e puntuale), per la precisione verso gli Stati di cui detiene Btp, Bot, ecc, che rappresentano il debito pubblico (dei paesi in questione). A questo punto lo spread sale, perché i paesi non possono avere nell’immediato simili quantità di liquidi, e la colpa di tutto ricade su questi ultimi. Non sulla Germania, quindi… indovinate un po’ quale paese in particolare finirà sotto accusa? Altro che Mes, che integra e che non ha nel mirino nessun paese in particolare, caro premier (studi la sostanza, non si fermi come Don Abbondio ai cavilli, al “Latinorum”)!