Archivio del Tag ‘tasse’
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Barnard: prima dell’Euro, il debito era la nostra ricchezza
La cosa migliore che uno Stato a moneta sovrana può fare per i propri cittadini è di spendere a deficit, cioè creare debito pubblico. Abbiamo già visto, e qui ne riparliamo, come la spesa a deficit produca ricchezza fra i cittadini, e come non sia affatto vero che il debito dello Stato a moneta sovrana sia anche il debito dei cittadini: questa è una menzogna. Nel capitolo “Il più grande crimine” dimostrerò che la sopraccitata menzogna fu creata ad arte dalle élites finanziarie per distruggere gli Stati, con essi noi persone e le democrazie partecipative. Ma ora parliamo di questo debito. Innanzi tutto cosa significa. Uno Stato può avere diversi debiti, a seconda del settore economico che si prende in analisi. Ma i principali sono il Debito Pubblico, il Deficit di bilancio e il Debito Estero.
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Fmi: all’Italia il bacio della morte, rifiutato dall’Islanda
Quando ieri ho letto un po’ ovunque i piagnistei per l’avvento cinese, perché «finiremo nelle mani della Cina», perché «arriva il pericolo giallo», non sono riuscita a spaventarmi. Proprio per nulla. Avevo il sentore che il nostro debito in mano ai cinesi non fosse messo peggio che in mano ai francesi, ai tedeschi, o a chiunque altro, e che ci sono sicuramenti sorti più tristi. E infatti. Per la prima volta nella storia, l’esercito del Principe delle Tenebre si sta per avventare su un Paese del G8, ovvero il Fondo Monetario Internazionale si candida a correre a salvamento dell’Italia. Peggio di così è impossibile. Il prestito del Fmi, chiamato da molti analisti internazionali “il Bacio della Morte”, è quello che ha segnato le sorti di tantissimi Paesi in via di sviluppo.
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La Bce finge di aiutarci: rifiutiamoci di pagare il debito
Diritto alla bancarotta, perché la moneta è un bene comune: solo il diritto all’insolvenza degli Stati potrebbe smontare il potere finanziario, che non è affatto neutrale ma è costituito da un super-cartello di 10 istituti di credito che da soli detengono l’87% del debito italiano e, con la complicità della Bce, sono interessati a protrarre all’infinito l’attuale situazione di difficoltà, purché innaffiata con miliardi di euro estorti alle famiglie attraverso manovre come quella di Tremonti. Vie d’uscita? Un’altra Europa, politicamente unita e democratica, dotata di una politica fiscale unitaria. Solo così si potrebbe contrastare lo strapotere della finanza mondiale, che vive di speculazione ed è grande otto volte l’economia reale, ormai paralizzata dai signori della crisi.
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Italia ko, ma resta il quarto paradiso mondiale dei ricchi
«Il convento è povero, ma i frati sono ricchi»: battuta storica, che l’allora ministro delle finanze Rino Formica – socialista autocritico e battitore libero – usò per tratteggiare la situazione del Psi craxiano poco prima della caduta sotto i colpi di Tangentopoli. Lo stesso aforisma oggi calzerebbe a pennello per l’Italia: in uno Stato fra i più inguaiati al mondo per le finanze pubbliche dissestate, brilla il successo planetario dei suoi super-ricchi, che surclassano inglesi e francesi, australiani e olandesi. Nell’Italia prostrata dalla crisi e ora dalla manovra “lacrime e sangue” imposta dalla Bce, il forziere del benessere privato – beni, conti bancari, quote azionarie – resta al riparo da qualsiasi tempesta e sfiora il record europeo dei tedeschi, superato solo da americani e giapponesi.
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Airaudo: assediamo le piazze, vogliono rubarci il futuro
«Indignarsi non basta ma cominciamo a farlo». Parola di Giorgio Airaudo, che annuncia l’avvio della “campagna d’autunno” firmata Fiom per valorizzare il protagonismo degli “indignados” italiani: l’attivismo del “popolo dei referendum” sui beni comuni, cresciuto abche durante l’estate tra mille dibattiti, «può e deve farsi pratica sociale e soggettività politica, supplire alla fragilità dell’opposizione, ridare linfa all’esausta nostra democrazia». Obiettivo, fermare la manovra “lacrime e sangue”: che è «inutile, ingiusta e vendicativa» perché non contempla investimenti per rilanciare l’economia, fa pagare il conto della crisi soltanto ai soliti noti e inoltre prende di mira i giovani, negando loro una speranza di futuro.
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Attenti a quei due: Sarkò e Merkel commissariano l’Europa
Adesso basta: Nicolas Sarkozy e Angela Merkel dettano la nuova strategia della politica economica del Vecchio Continente: no agli “eurobond” cari a Tremonti, sì alla tassa sulle transazioni finanziarie; pareggio di bilancio da inserire nelle Costituzioni e, ancora una volta, «promozione della crescita». Il messaggio di fondo è ormai chiaro, scrive Matteo Cavallito sul “Fatto Quotidiano”: Parigi e Berlino prendono ufficialmente la guida della carovana europea lanciando una nuova politica di gestione dell’economia continentale. Obiettivo: difendere il sistema europeo vacillante, dopo l’ondata speculativa che ha messo in crisi anche le “locomotive virtuose”. Prezzo da pagare: fine delle sovranità nazionali e taglio del welfare per abbattere i costi della spesa sociale.
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Spetta ai ricchi finanziare la decrescita che ci attende
Lavorare tutti. E soprattutto: consumare meno, e meglio. Obiettivo: affrontare la transizione sempre più vicina, visto il collasso mondiale della società della “crescita infinita”. Se la recessione, volenti o nolenti, è già l’orizzonte comune, s’impone una domanda-chiave: come uscire vivi dai rottami planetari del capitalismo finanziario per entrare gradualmente nella società del futuro? Stampare più moneta, rischiando l’inflazione? Puntare sulla green economy? Da sola la riconversione ecologica non basta: se il mercato alza bandiera bianca, serve l’intervento diretto dello Stato. Una rivoluzione fiscale: tassare il patrimonio, non il reddito. E finanziare così la nuova occupazione: lavori socialmente utili, per uscire dalla crisi ed entrare in una nuova era dell’umanità.
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Ridateci l’Italia: lettera aperta al futuro governo senza B.
Il voto di maggio 2011 ha aperto una nuova fase della politica italiana. I suoi effetti, insieme al risultato dei referendum di giugno, possono imprimere una spallata decisiva per un cambio politico. Questa svolta contiene grandi speranze, perchè esprime risultati che vanno contro la casta politica e indicano un risveglio popolare. Ma contiene anche grandi pericoli, perché può nutrire illusioni mentre è chiaro che le classi dominanti cercano di riorganizzarsi per meglio realizzare la macelleria sociale che si propongono di fare. Anche usando, ancora una volta, la sinistra.
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Spagnoli beffati dal crac: i miliardari non pagano tasse
Lieve sforzo di immaginazione. Provate a pensare per un attimo di essere cittadini spagnoli. Per anni vi hanno convinto che l’economia andava bene, che la crescita era sostenibile e che tutto sarebbe filato perfettamente liscio per moltissimo tempo ancora. Siete stati caldamente invitati a indebitarvi per consumare di più e già che c’eravate avete scelto di dare retta a quelle banche che erano disposte a concedervi un mutuo a fronte di garanzie pressoché nulle. Avevate un lavoro e una casa di proprietà, il sole splendeva e le vostre squadre di calcio (le più indebitate dell’area euro, ma ancora non lo sapevate) giocavano il miglior fútbol del Continente. Poi un giorno tutto è andato a rotoli.
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Salvare l’Italia dal debito? Tagliamo sprechi e corruzione
Se sono bastati i 25 miliardi di tagli del 2010 per scatenare la protesta sociale, cosa accadrebbe se l’Europa chiedesse all’Italia di rientrare dalla voragine del suo debito? L’ipotetica maxi-rata, in teoria, ammonterebbe a 90 miliardi di euro l’anno. Una cifra mostruosa, che nessun governo oggi potrebbe prendere in considerazione. Missione impossibile, dunque? Con questa politica, certamente. Ma se invece si tagliassero di colpo sprechi, evasione e corruzione, l’Italia potrebbe perfino consentirsi una condotta virtuosa: uscendo dalla spirale del debito pubblico, che ormai rasenta i 2.000 miliardi, e permettendosi persino di scovare risorse strategiche per investire finalmente sul futuro.
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Finanziare il futuro: ora paghi chi ha già avuto tutto
Dice Silvio Berlusconi che mai e poi mai un governo da lui presieduto varerà una tassa patrimoniale. Rischia così di finire subito in archivio una delle poche proposte concrete e interessanti emerse in un dibattito pubblico monopolizzato dalle note vicende. Ma forse non è il caso di disperare: bisogna prima vedere quanto durerà, il governo in carica, e magari capire se anche Giulio Tremonti è così ostile all’ipotesi di una patrimoniale. Per fortuna, in attesa degli sviluppi politici, un primo risultato è stato messo a segno. I recenti interventi di Walter Veltroni e Giuliano Amato, nonché la dettagliata proposta di tassazione del patrimonio immobiliare avanzata da Pellegrino Capaldo l’altroieri sul “Corriere della Sera”, hanno sdoganato il tema dalla terra di nessuno in cui si trovava
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Sarkozy: tassare la finanza per ridurre la povertà nel mondo
Una tassa su tutte le transazioni finanziarie, per ridurre la povertà mondiale entro il 2015. E’ la clamorosa proposta del presidente francese, Nicolas Sarkozy, lanciata nel corso del suo intervento al vertice delle Nazioni Unite: l’assemblea riunisce a New York i leader mondiali, 140 capi di Stato e di governo, tra cui il presidente americano Barack Obama, il premier cinese Wen Jiabao e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Obiettivo: discutere su come raggiungere gli “obiettivi del millennio”. All’ordine del giorno anche i rapporti Nato-Russia, la riforma del Consiglio di Sicurezza Onu, le relazioni tra Occidente e Iran, il rilancio della Conferenza sul Disarmo e la pace in Medio Oriente.