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Marine Le Pen spaventa Draghi: Francia sovrana, addio Ue
Il rigore è miracoloso, perché produce crescita. Magia? No: errore. O meglio: falsificazione della realtà, grazie a dati incompleti, parziali e truccati. Così la comunità economica internazionale ha clamorosamente bocciato Harvard, il santuario del neoliberismo imbroglione, e il falso “vangelo” di Ken Rogoff e Carmen Reinhart, fondato su cifre sballate. Proprio Harvard è la sede che Mario Draghi ha scelto per “rispondere” a distanza a Marine Le Pen, che promette di fare della Francia il paese che scardinerà l’impostura di Bruxelles. La scelta dell’euro è irreversibile, ha sottolineato testualmente Draghi, evidentemente a nome dei super-banchieri che rappresenta. Dall’euro non c’è ritorno (come dall’inferno) perché, dice l’ex stratega della Goldman Sachs, esponente di una micidiale super-lobby come il Gruppo dei Trenta, la moneta unica è frutto di una storica decisione degli Stati europei. Curiosa concezione della storia: come se la vicenda del mondo non fosse una trama fluida di continui cambiamenti. Tutto è sempre reversibile, compresa la miserabile moneta europea. Sta a dimostrarlo la Le Pen: sovranità e fine dell’austerity, o la Francia saluterà non solo l’euro, ma anche l’Unione Europea.I sondaggi del “Nouvelle Observateur” che danno il Front National primo partito francese alle europee della primavera 2014 fanno tremare non solo l’Eliseo, ma anche l’Unione Europea e i suoi veri padroni, i “Masters of Universe” che pilotano l’atroce crisi europea attraverso l’Eurotower di Francoforte affidata all’ex banchiere centrale italiano. «Se le elezioni confermassero i risultati dei sondaggi, la vittoria di una forza dichiaratamente antieuropea porterebbe i mercati a scommettere nuovamente sull’uscita dei paesi periferici dall’area euro», scrive il “Keynes blog” in una nota ripresa da “Come Don Chisciotte”. «Non si può escludere che a quel punto la Le Pen, che si dice già pronta a guidare la Francia come presidente, potrebbe diventare un esempio da seguire nelle periferie europee». Di fronte al 24% pronosticato dal sondaggio, François Hollande non ha avuto meglio da dire che occorre «rialzare la testa di fronte agli estremismi e alla xenofobia».Il successo annunciato della Le Pen «è dovuto in buona parte al fatto che la Francia socialista ha abbassato la testa di fronte alla Germania: Hollande aveva promesso in campagna elettorale di ricontrattare il Fiscal Compact e imporre una svolta all’Europa, ma ha infranto questa promessa già pochi giorni dopo la vittoria», sottolinea il blog. Le classi dirigenti europee sembrano ignorare totalmente la popolarità di chi denuncia in modo diretto l’abuso di potere commesso da Bruxelles, e «insistono nel percorrere la strada del rigore e dell’abbattimento dei redditi». In realtà, l’ostinazione nel non prendere atto dell’insostenibilità dell’euro sembra resistere di fronte all’evidenza, «sorretta dall’illusione che l’austerità e le “riforme strutturali” stiano producendo un nuovo equilibrio nell’Eurozona». Presto, il successo della Le Pen contagerà anche l’Italia, dove «una classe dirigente incapace di autocritica si illude di ottenere qualcosa dall’Ue rispettando alla lettera i parametri di Maastricht e presentandosi in Europa con il cappello in mano». Scriveva Keynes: «Le persone timide in posizione di responsabilità sono un passivo per la nazione».Il rigore è miracoloso, perché produce crescita. Magia? No: errore. O meglio: falsificazione della realtà, grazie a dati incompleti, parziali e truccati. Così la comunità economica internazionale ha clamorosamente bocciato Harvard, il santuario del neoliberismo imbroglione, e il falso “vangelo” di Ken Rogoff e Carmen Reinhart, fondato su cifre sballate. Proprio Harvard è la sede che Mario Draghi ha scelto per “rispondere” a distanza a Marine Le Pen, che promette di fare della Francia il paese che scardinerà l’impostura di Bruxelles. La scelta dell’euro è irreversibile, ha sottolineato testualmente Draghi, evidentemente a nome dei super-banchieri che rappresenta. Dall’euro non c’è ritorno (come dall’inferno) perché, dice l’ex stratega della Goldman Sachs, esponente di una micidiale super-lobby come il Gruppo dei Trenta, la moneta unica è frutto di una storica decisione degli Stati europei. Curiosa concezione della storia: come se la vicenda del mondo non fosse una trama fluida di continui cambiamenti. Tutto è sempre reversibile, compresa la miserabile moneta europea. Sta a dimostrarlo la Le Pen: sovranità e fine dell’austerity, o la Francia saluterà non solo l’euro, ma anche l’Unione Europea.
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Revelli: larghe intese per manomettere la democrazia
Siamo alla manomissione bipartisan della Costituzione. Pd e Pdl hanno tradito la saggezza dei nostri Padri costituenti facendo saltare quella fondamentale clausola di salvaguardia, vorrebbero cambiare decine di articoli della Carta e la stessa forma di governo: dalla democrazia parlamentare a un qualche tipo di presidenzialismo, d’altra parte già anticipato nei fatti dal presidente Napolitano. Il sistema politico è stato inchiodato sulla figura criminale di Silvio Berlusconi e ai suoi ricatti. Prima la minaccia di Aventino, poi il videomessaggio, infine l’ultima disperata mossa imposta ai ministri rappresentano tutti segni eversivi, di fronte ad una sentenza fondata su ragioni e prove di colpevolezza fortissime. Ma bisogna dire che tutta l’esperienza del governo Letta, ex origine, rappresentava un modo per istituzionalizzare quella selvaggia anomalia italiana che è la figura politica e insieme criminale di Berlusconi, facendone addirittura un partner legittimato di una nuova Costituente.In una condizione economica di assoluta emergenza, di spoliazione del patrimonio produttivo, di conti in disordine, l’Europa aveva intimato le larghe intese nel cui programma, fin dall’origine, stava la sospensione del nostro assetto istituzionale – manomettendo la Costituzione – in nome di emergenze peraltro non affrontate, ma costantemente dilazionate. Le scelte intraprese da Berlusconi e dalla sua corte di servitori – il Pdl non è un partito – in tutti questi mesi di partnership, prima ancora dei terremoti istituzionali che vediamo in diretta, hanno provocato danni gravissimi e irreversibili allo stato mentale del paese e alla sua classe politica. Per mesi al Cavaliere in precario equilibrio sul suo cavallo è stata data una “golden share” governativa che ha costantemente usato per ricattare e minacciare, e far apparire come normale l’inaccettabile. E che ora continua a usare, vedremo se per far saltare tutto, o per tentare di prolungare ancora il proprio gioco personale.Un governo di scopo – capeggiato da una figura di alto profilo giuridico-morale ed esterna all’attuale scenario politico – che ci conduca a nuove elezioni in pochi mesi, andava già fatto a maggio scorso. Un esecutivo con due-tre punti chiave: nuova legge elettorale, in primis, e provvedimenti per tamponare il dramma dei cassintegrati e la crisi sociale nel paese. Chi ipotizzerei a capo di questo governo di cambiamento? Rodotà andrebbe benissimo. Con le larghe intese, andiamo peggio di 150 giorni fa. E bisognava pensarci allora. Vero, anche la Germania va verso le larghe intese, ma in Germania non esiste una figura come Berlusconi né un partito come il Pdl: sono larghe intese ben differenti dalle nostre. Detto questo, bisogna aggiungere che quello delle larghe intese è, per l’Europa, un paradigma totalizzante che caratterizza gli attuali assetti e non tollera deviazioni: le loro ricette aumentano le disuguaglianze, impoveriscono le fasce popolari ed erodono la coesione sociale.C’è un’estrema e disperata domanda di rappresentanza. Sarebbe cieco ridurre tutto agli orfani della sinistra radicale. Esistono milioni di esodati dalla politica indecisi su chi votare e se votare. L’astensionismo è in crescita, molti si rifugiano nel M5S, altri nei frammenti della sinistra radicale. C’è ancora chi – turandosi il naso – dà la preferenza al Pd. Tra poco lo scenario sarà molto diverso. Avremo una nuova Forza Italia trasformata in lugubre macchina da guerra del suo capo, una formazione eversiva in rivolta contro l’ordinamento giudiziario. Il Pd avrà presumibilmente come leader Matteo Renzi, il quale ha tessuto pubblicamente l’elogio della disuguaglianza e le cui idee sul lavoro sono vicine al più radicale neoliberismo (alla Ichino, per intenderci). Il M5S, intorno al 20-25 per cento, non sarà in grado di imprimere un sostanziale cambiamento. Dobbiamo capire fin da subito come porci in questo futuro scenario. C’è il rischio concreto che la cultura democratica radicale e costituzionale sia fuori dalla scena, con danni enormi per la democrazia.(Marco Revelli, dichiarazione rilasciate a Giacomo Russa Spena per l’intervista “12 ottobre, una piazza aperta alle voci sofferenti della società”, pubblicata da “Micromega” il 30 settembre 2013).Siamo alla manomissione bipartisan della Costituzione. Pd e Pdl hanno tradito la saggezza dei nostri Padri costituenti facendo saltare quella fondamentale clausola di salvaguardia, vorrebbero cambiare decine di articoli della Carta e la stessa forma di governo: dalla democrazia parlamentare a un qualche tipo di presidenzialismo, d’altra parte già anticipato nei fatti dal presidente Napolitano. Il sistema politico è stato inchiodato sulla figura criminale di Silvio Berlusconi e ai suoi ricatti. Prima la minaccia di Aventino, poi il videomessaggio, infine l’ultima disperata mossa imposta ai ministri rappresentano tutti segni eversivi, di fronte ad una sentenza fondata su ragioni e prove di colpevolezza fortissime. Ma bisogna dire che tutta l’esperienza del governo Letta, ex origine, rappresentava un modo per istituzionalizzare quella selvaggia anomalia italiana che è la figura politica e insieme criminale di Berlusconi, facendone addirittura un partner legittimato di una nuova Costituente.
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Delors e l’euro, la moneta-mostro ideata da Goldman Sachs
Alle elementari avevo un maestro perverso. Questo bruto dalla chioma fiammeggiante si divertiva a colpire i suoi allievi con due canne di vimini scuro, che aveva battezzato Katie e Maggie, però quando Mr C. non stava frustandoci il palmo delle mani, ci teneva delle dotte lezioni per spiegarci tutti i motivi che non ci dovevano mai indurre ad usare la violenza. Ecco José Manuel Barroso, mi ricorda proprio Mr C. – anche se i due uomini non hanno nessuna somiglianza fisica tra di loro. Il capo della Commissione Europea sta tenendo le fila di un esperimento sadico che ha inflitto sofferenze a milioni di persone che non avevano avuto niente a che vedere con la crisi finanziaria, oggi però vuol farci credere di aver trovato una sua coscienza sociale. Questo mese Barroso e soci stanno presentandoci un cinico esperimento di austerità – addolcita. Un nuovo documento politico emesso dalla Commissione ricorda che ci dovrebbe essere un maggior controllo sulle politiche occupazionali nei paesi della zona euro.
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La cena segreta: Draghi da Scalfari con Letta e Napolitano
«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà di Berlusconi nel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.«Non sapremo mai cosa si sono detti», ma possiamo desumerlo dall’articolo in cui Scalfari, due giorni dopo, “spiega” che il governo Letta, così come l’esecutivo Monti, non è stato una scelta, ma solo «il prodotto necessario d’una situazione priva di alternative». Napolitano, Letta e Draghi? Sono «lo scudo Italia-Europa». Cioè «i nostri tre punti di forza, che hanno l’Europa come obiettivo preminente per l’avvenire di tutti». Ben più drastica, e di segno diametralmente opposto, l’interpretazione di “Movisol”, il movimento internazionale per i diritti civili presieduto da Liliana Gorini: «L’Ue trama un altro golpe in Italia per prorogare lo “stato di necessità”». Enrico Letta, sostiene “Movisol” nel suo sito, ha superato il voto di fiducia alle Camere anche grazie ai meccanismi di “stabilizzazione” politica messi in atto da Bruxelles per «assicurare che saranno prese decisioni conformi allo “stato di necessità”» decretato dall’Unione Europea. Traduzione: «Le elezioni vanno evitate a tutti i costi e il golpe avviato con la nomina di Mario Monti deve proseguire, per assicurare che gli italiani si immolino per salvare l’euro».“Movisol”, che si richiama all’economista statunitense Lyndon LaRouche, più volte candidato alla presidenza Usa e autore di una proposta per la ristrutturazione democratica del sistema finanziario mondiale, attribuisce grande importanza al vertice informale del 20 settembre, nel quale include anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, eletta in Parlamento dal partito di Vendola. Scalfari e i suoi commensali? «Tutti membri della corrente spinelliana del “partito britannico”». Chiari i riferimenti al padre nobile del federalismo europeo, l’intellettuale antifascista Altiero Spinelli, e ad un’altra famosa cena, tristemente nota: quella del ’92 in cui, a bordo del panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia, l’allora direttore del Tesoro, Mario Draghi, fu messo a parte del primo grande piano di privatizzazioni selvagge ai danni del patrimonio pubblico italiano. Sul vascello dei reali inglesi, insieme a Draghi, il gotha della finanza anglosassone: è lo stesso super-clan planetario – oggi Gruppo dei Trenta, Bilderberg, Goldman Sachs – di cui allora l’opinione pubblica non aveva praticamente mai sentito parlare.«Ciò che il partito britannico teme – scrive “Movisol” – è che il sentimento anti-austerità nella popolazione italiana (che Berlusconi sicuramente sfrutta per salvarsi, ma questo è solo una complicazione per gli smarriti) possa sfociare in un definitivo voto anti-euro in caso di nuove elezioni». Attenzione: il fronte anti-euro si sta finalmente organizzando su scala pan-europea. Il 23 settembre a Roma si è tenuto il primo incontro degli euroscettici del nord e del sud del continente. Presenze importanti: da Hans-Olaf Henkel dell’università di Mannheim, già capo della Confindustria tedesca, a Brigitte Granville, economista della Queen Mary University di Londra. Fra gli italiani, oltre a Carlo Borghi e Alberto Bagnai, anche l’ex ministro Giuseppe Guarino, secondo cui la politica “zero deficit” dell’Ue non solo è sbagliata, ingiusta e suicida, ma è pure illegale persino per la stessa normativa comunitaria.«Per giustificare l’illegalità – sostiene “Movisol” – l’Ue ha costantemente usato l’argomentazione dello “stato di necessità”, che secondo Karl Schmitt autorizza a sospendere la Costituzione». In realtà, «lo stato di necessità è dettato dall’imperativo di salvare il sistema oligarchico», e nell’estate 2011 Bruxelles lo ha imposto all’Italia «manipolando il valore dei suoi titoli di Stato: la Bce ha prima lasciato cadere i titoli, ed è intervenuta successivamente ad acquistarli per sostenere il governo Monti». Si ripeterà il giochetto con Letta? Altra domanda: è questo che Draghi ha discusso nella “cena delle trame”? E il suo annuncio al Parlamento Europeo che la Bce è pronta ad un’altra mega-iniezione di liquidità per le banche (Ltro) ha a che fare con questo? Ma soprattutto: Draghi cosa avrebbe chiesto, in cambio, ai suoi illustri commensali? «Il Financial Stability Assessment del Fmi per l’Italia, rilasciato il 27 settembre – conclude “Movisol” – raccomanda l’applicazione del bail-in (prelievo forzoso) per soccorrere le banche italiane. È quanto ha chiesto Draghi? O si è limitato a sollecitare le privatizzazioni, in consueto “stile Britannia”?». Magari lo si potrebbe chiedere a Scalfari, se solo facesse ancora il giornalista.«Mancava soltanto Francesco, il Papa. Lo aspettavano per il caffè ma poi ha dato buca. Tutti gli altri erano lì», racconta Paolo Guzzanti sul “Giornale”. Metti una sera a cena: con Napolitano, Letta e nientemeno che sua maestà Mario Draghi. Dove? A casa di Eugenio Scalfari, il fondatore di “Repubblica”. Che, tra un colloquio e l’altro col Pontefice, trova anche il tempo di occuparsi del destino della nazione. Non in qualità di giornalista, come forse ci si aspetterebbe, e neppure di “consigliere del principe”. Anche perché in questo caso i principi sono addirittura tre. E il consigliato è lui, che riceve precise istruzioni da trasmettere alla plebe dei lettori. Loro, gli italiani incorreggibili che dimostrano «l’incapacità della massa di fare progressi» e cedono di fronte all’altro grande male che affligge il paese, «la caparbietà di Berlusconi nel privilegiare se stesso». Un racconto lunare, quello che offre “Dapospia” attingendo al “Fatto Quotidiano”, sulla famosa cena (ovviamente informale, dunque top secret) del 20 settembre: la folla di agenti in borghese e l’inattesa processione di auto blu in piazza della Minerva, nel cuore di Roma, alla vigilia del tremebondo ricatto berlusconiano contro il governo Letta.
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Barnard: l’evasione fiscale ci parla, e oggi va ascoltata
In Italia, circa 270 miliardi di euro sfuggono al fisco ogni anno. Lì dentro c’è di tutto: dal “nero” di cittadini e aziende alle fughe di capitali nei paradisi fiscali, dall’artigiano che non paga l’Iva “per sfamarsi” all’immobiliarista che scoppia di soldi ma non ne ha mai abbastanza. «Abbiamo compassione per il primo e ci fa incazzare il secondo», scrive Paolo Barnard, che però avverte: «Se guardiamo alla realtà contabile dell’evasione fiscale con occhi fermi e non isterici, e se invece di gridare contro l’evasione proviamo ad ascoltarla, allora tutto cambia». Cosa fa chi evade? «Si tiene dei soldi, così non li incassa lo Stato». E cosa fa con quei soldi? «Li spende, o li investe in risparmi». In ogni caso, spese e investimenti contribuiscono all’economia. E Barnard, che considera “illegale” la super-tassazione imposta dall’Eurozona, denuncia la corrente mistificazione sulle tasse. E sostiene che l’evasione, che certo discrimina i “pagatori” virtuosi rispetto agli evasori, non può comunque avere sulle casse statali l’impatto che viene comunemente evocato.
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Italia vicina al collasso voluto dall’Ue, e la casta obbedisce
Svalutazione interna del 10%, vale a dire: l’Italia deve “costare” meno. Meno soldi per salari, pensioni e servizi, mettendo mano alle “riforme strutturali” neoliberiste invocate da Mario Monti e ora sul tavolo di Letta, Alfano e Saccomanni, cioè la “squadra” messa insieme da Napolitano. E’ la drammatica “ricetta” avanzata dall’élite finanziaria mondiale per tramite del famigerato Fmi, che nella settimana della crisi-burla ha recapitato a Roma un dossier di 300 pagine in cui il braccio armato della Troika disegna l’imminente fallimento del nostro paese, prenotandone la resa: cessione dello Stato a prezzi di realizzo, smantellamento di quel che resta del welfare, ulteriore compressione degli stipendi. Il rapporto rivela che il saldo della nostra bilancia dei pagamenti è migliorato solo “per disgrazia ricevuta”: spendiamo meno per le importazioni perché stanno franando i consumi sotto la scure dell’austerità, mentre le aziende chiudono e il 25% dei giovanissimi vive in famiglie che non sanno più come arrivare alla fine del mese.
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Dal sangue di Lampedusa nasca una Carta del Futuro
Incredibile nella sua ipocrisia, il mainstream italiano – politica e media – non si fa scrupolo di criticare la sordità dell’Europa di fronte all’ennesima strage degli innocenti, a Lampedusa, continuando a tacere sulla strage economica che la stessa Europa sta organizzando ai danni di altri innocenti, i popoli dei paesi mediterranei, strangolati nella spirale senza fine del ricatto finanziario che produce povertà, disperazione e suicidi. «È stato molto significativo che il primo viaggio apostolico di Papa Francesco, a luglio, sia stato proprio a Lampedusa, lungo una riva che è snodo di tragedie planetarie, tradotte in infinite tragedie umane individuali», scrive Giulietto Chiesa, presidente del laboratorio politico “Alternativa”. «Si attende ancora, invece, un risveglio di tutte le classi dirigenti europee, che però, in quelle acque, vedrebbero rispecchiarsi le proprie facce, ossia le cause delle tragedie».
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Diversamente italiani, uniti per obbedire ai nostri boia
Questo governo fa ancora più schifo di quello che l’ha preceduto. I ministri sono gli stessi, i voti che riceve per la fiducia pure, ma è tutto ancora più sfacciato. Prima il governo Letta dichiarava di esistere per stato di necessità, per costrizione parlamentare. Ora rinasce nella convinzione euforica del Pd e dei transfughi del Pdl, e anche nella frustrata e velenosa reazione di Silvio Berlusconi al destino giudiziario che lo attende. Tutto il Palazzo gioisce, “Corriere della Sera” e “La Repubblica”, Confindustria e Cgil Cisl Uil, conferenza episcopale e Borsa hanno il governo vero che chiedevano. Naturalmente contento è il governo tedesco dell’Europa, che ha spinto come non mai per questo sbocco, trovando nuovi statisti di riferimento nel ministro delle leggi per la precarietà Sacconi, nell’uomo della sanità lombarda Formigoni, nel ministro dell’interno Alfano che porta gli alpini dall’Afghanistan in val di Susa, e in tanti altri democratici modello, tra cui il noto omofobo Giovanardi.
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Comunque vada, siamo rovinati: il dopo-Silvio è la Troika
Il dopo-Silvio? Uno solo: Bruxelles. E’ ormai evidente che l’Italia «non è in crisi contingente, ma in sfacelo strutturale». Le nostre istituzioni sono «completamente sottomesse e governate dalla Trojka e da Berlino». Per effetto del blocco dei cambi intra-Eurozona e delle sue conseguenze, la situazione porterà a uno scontro tra paesi euro-forti e paesi euro-deboli, data la crescente contrapposizione degli interessi e la polarizzazione dell’Unione Europea: da una parte il blocco centro-settentrionale (coi suoi satelliti orientali), che ha l’iniziativa politica ormai in esclusiva, e dall’altra una periferia sempre più povera, de-capitalizzata e indebitata. Marco Della Luna non ha dubbi: «Credo che i poteri forti (non facciamo i nomi, italiani e non – sarebbe superfluo) lavorino da tempo per evitare il secondo scenario e per realizzare il primo: fare dell’Italia un protettorato, cioè una povera donna di marciapiede spoliata, sfruttata e pestata dai suoi fratelli forti europei».
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Giovani, addio lavoro: spezzare l’Italia, missione compiuta
Allarme, dramma, tragedia. Sono i vocaboli con cui giornali, sindacati e Confindustria definiscono la catastrofe della disoccupazione indotta dalle politiche di rigore volute da Bruxelles. In Italia quasi un giovane su due non ha lavoro e, nel complesso, gli italiani disoccupati sono oltre 3 milioni. Un dato in continuo aumento: situazione desolante, fotografata dall’Istat e da Eurostat. Un record storico, addirittura, per i giovanissimi tra i 15 e i 24 anni: la massa dei senza lavoro supera il 40%, raggiungendo una soglia mai toccata dal 1977, anno d’inizio delle rilevazioni trimestrali. Peggio di noi, solo Spagna e Grecia. E’ la resa del Sud Europa al micidiale “economicidio” decretato dall’Eurozona: niente moneta sovrana e quindi tagli alla spesa pubblica, terremoto sul sistema di welfare, frana del credito, crollo dei consumi, agonia delle aziende e lavoratori a spasso. Da Monti a Letta, la musica non cambia: anzi, rispetto allo scorso anno la disoccupazione è cresciuta ancora, dell’1,4%, mentre la politica non accenna a riconoscere la causa del problema.
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Larghe intese e larghi affari, a cominciare dal magico Tav
Si fingono avversari in televisione, ma dietro le quinte sono amici. Anzi: soci. Negli ambienti giudiziari la chiamano «larga intesa degli affari». Destra e sinistra: «Tutti insieme appassionatamente, in un gioco abilissimo e sotterraneo di nomi e prestanome», rivela Lirio Abbate in un reportage su “L’Espresso”. Professionisti e tecnici, segretari di partito e ministri, capi-corrente, deputati e senatori. «I pupari e le marionette. Per muovere affari di milioni, velocizzare pratiche di appalti pubblici, approvare decreti per favorire imprese amiche, cambiare componenti di commissioni di vigilanza e authority». Di fatto, questo significa «svuotare le istituzioni e piegare le regole democratiche in uno spoil system che genera un sistema viziato», che diventa «un magma rovente che fonde gli appetiti meno nobili, una suburra in cui tutti si scambiano favori e dialogano per concretizzare interessi senza badare a casacche e stemmi di partito», a cominciare dalla madre di tutti i subappalti, la famigerata Tav.
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Cremaschi: quelli che svendono il paese a loro insaputa
Ora governanti e manager dicono che non lo sapevano, preferiscono fare la figura dei cretini piuttosto che quella dei complici. Ma la svendita di Telecom è solo un altro atto di un percorso annunciato e realizzato da decenni, da parte di una classe politica e imprenditoriale che ha cercato di salvare se stessa e i suoi fallimenti con la vendita all’incanto dei beni del paese. E che ha usato il liberismo, l’euro e il Fiscal Compact, la Merkel come scusa e protezione del proprio potere. Ora dopo la svendita di Telecom alla principale concorrente, la Telefonica spagnola, assisteremo a qualche giorno di lacrime di coccodrillo e di compunte dissertazioni sulle politiche industriali e le riforme. Poi tutto continuerà come prima perché tutta l’Italia è in svendita. La Grecia dopo qualche anno di politiche di austerità europea ha conservato di suo il debito pubblico e la polizia che bastona chi protesta. Tutto il resto è venduto, appaltato, posto sotto controllo estero. Noi, più lentamente ma altrettanto inesorabilmente, stiamo percorrendo la stessa strada. Perché abbiamo la stessa classe dirigente.