Archivio del Tag ‘tagli’
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Cremaschi: Berlusconi troppo soft. Via lui, ci massacreranno
Da Standard&Poor’s, alla Confindustria, al “Corriere della Sera”, è un coro unico. Berlusconi se ne deve andare. Non è paradossale che l’uomo più ricco d’Italia, colui che ha governato il sistema politico italiano negli ultimi vent’anni nel nome dell’impresa e del mercato, sia sfiduciato da questi ultimi. Per il capitale gli Stati sono come aziende, e se gli amministratori delegati sono inaffidabili e impresentabili devono essere licenziati. La crisi della democrazia italiana sta anche in questo: che gli enormi guasti sociali, civili, morali, che l’hanno colpita, per opera decisiva di Silvio Berlusconi, non sarebbero stati sufficienti a farlo cadere se non ci fosse stata la crisi del debito.
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Prima rubano, poi chiedono il conto: l’Islanda non ci sta
«Mi chiamo Hordur Torfason, sono un artista indipendente islandese. Penso che parte del mio lavoro di artista sia anche combattere il cattivo uso del potere». A 66 anni, Hordur Torfason è diventato il leader della rivoluzione silenziosa contro la finanza globale. E’ successo in Islanda: 320.000 abitanti su una superficie grande un terzo dell’Italia. Nell’ottobre del 2008, falliscono le tre maggiori banche del paese: travolte dalla crisi dei subprime, non riescono a ripagare i creditori stranieri e vengono nazionalizzate dal governo del conservatore Geir Harde. Come da prassi, il governo in bancarotta accetta gli aiuti del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea per far fronte ai debiti: 3,5 miliardi di euro che intende chiedere agli islandesi con una manovra fiscale da 100 euro al mese a famiglia per 15 anni. Ma alla socializzazione del debito, l’Islanda risponde di no.
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Il contagio: dalla crisi una rivolta che cambierà il mondo
Dagli indignados di Madrid e Barcellona alle “primavere” di piazza Tahrir al Cairo e della kasbah di Tunisi fino al movimento che in Italia ha portato alla vittoria dei Sì ai referendum di giugno. C’è un filo rosso che collega l’ondata di proteste che ha coinvolto le giovani generazioni delle due sponde del Mediterraneo: un rinnovato impegno civile e la critica radicale alle leadership, democratiche e non, al potere in quei paesi. Ne è convinta Loretta Napoleoni, saggista, docente ed esperta di economia, che in questi giorni torna in libreria con “Il Contagio. Perché la crisi economica rivoluzionerà le nostre economie”. Secondo la scrittrice, la miccia che ha acceso le recenti sollevazioni popolari è proprio la crisi.
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Autunno caldo, siamo sotto attacco: difendiamoci
Questo agosto ci ha riservato una serie di sorprese – relative, ma sorprese – la più importante delle quali è la conquista di Tripoli e il crollo della Libia. Noi occidentali, quasi tutti insieme, abbiamo realizzato una delle più invereconde operazioni militari, politiche e psicologiche mai tentate, paragonabile soltanto all’Iraq. Adesso la Libia diventerà un protettorato, l’Occidente sta digerendo questo nuovo pasto. Manca soltanto il ruttino finale dell’assassinio di Gheddafi, poi verrà il turno della Siria: perché gli Stati Uniti hanno problemi importanti da risolvere, una crisi che arriva e sarà molto grande, quindi un’altra guerra farà comodo e servirà a stabilire chi ha il potere nel mondo in una situazione così critica.
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Guerra civile europea: dalla cura Bce aspettiamoci il peggio
«L’operaio tedesco non vuol pagare il conto del pescatore greco», dicono i pasdaran dell’integralismo economicista. Mettendo lavoratori contro lavoratori, la classe dirigente finanziaria ha portato l’Europa sull’orlo della guerra civile. Le dimissioni di Stark segnano un punto di svolta: un alto funzionario dello Stato tedesco alimenta l’idea (falsa) che i laboriosi nordici stiano sostenendo i pigri mediterranei, mentre la verità è che le banche hanno favorito l’indebitamento per sostenere le esportazioni tedesche. Per spostare risorse e reddito dalla società verso le casse del grande capitale, gli ideologi neoliberisti hanno ripetuto un milione di volte una serie di panzane, che grazie al bombardamento mediatico e alla subalternità culturale della sinistra sono diventati luoghi comuni, ovvietà indiscutibili, anche se sono pure e semplici contraffazioni.
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Addio Rai, la Dandini: anch’io epurata perché scomoda
Andremo in onda il prima possibile: dove, quando e come sarete i primi a saperlo. Su La7, su Sky? Non lo so. Valuteremo cercando di capire come farlo al meglio. Al massimo lo faremo in piazza. O al cinema. Volevo prendermi un anno sabbatico ma per tigna avevo deciso di andare in onda. Abbiamo tenuto duro perchè li abbiamo stanati. Volevo essere cacciata perchè così il percorso si chiude e si capisce. La Rai non sono loro, io ho un patto con gli abbonati. Lavoriamo al programma da quattro mesi, la squadra scalpita. E poi la gente per strada e via mail mi dice continuamente «non dargliela vinta». Siamo stati ingenui. In Rai ho visto vendere e affittare dei format inesistenti.
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Italia in svendita sul panfilo inglese: sdoganato il Britannia
La prima volta che mi imbattei nella storia del panfilo reale inglese “Britannia”, molti anni fa, era su qualche sito di quelli parecchio deragliati. Si raccontava la vicenda di un misterioso e segretissimo incontro al vertice nel 1993, sul panfilo Britannia appunto, che ancorato al largo del porto di Civitavecchia aveva ospitato Mario Draghi, Azeglio Ciampi e qualche decina di affaristi italiani ed inglesi con lo scopo di spartirsi la torta delle nostre imminenti privatizzazioni e fare bieco commercio delle aziende pubbliche con lo straniero. Tale incredibile storia, affiancata da articoli sui Rettiliani e gli Illuminati, suonava ancora più assurda e quindi la riposi nel dimenticatoio.
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Fmi: all’Italia il bacio della morte, rifiutato dall’Islanda
Quando ieri ho letto un po’ ovunque i piagnistei per l’avvento cinese, perché «finiremo nelle mani della Cina», perché «arriva il pericolo giallo», non sono riuscita a spaventarmi. Proprio per nulla. Avevo il sentore che il nostro debito in mano ai cinesi non fosse messo peggio che in mano ai francesi, ai tedeschi, o a chiunque altro, e che ci sono sicuramenti sorti più tristi. E infatti. Per la prima volta nella storia, l’esercito del Principe delle Tenebre si sta per avventare su un Paese del G8, ovvero il Fondo Monetario Internazionale si candida a correre a salvamento dell’Italia. Peggio di così è impossibile. Il prestito del Fmi, chiamato da molti analisti internazionali “il Bacio della Morte”, è quello che ha segnato le sorti di tantissimi Paesi in via di sviluppo.
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Debito? Falso problema. Krugman: l’incubo sono i disoccupati
Nei giorni scorsi sono stati resi noti due numeri che a Washington dovrebbero indurre tutti a esclamare: «Mio Dio, che cosa abbiamo combinato?». Il primo di questi numeri è zero, corrispondente ai posti di lavoro creati ad agosto. Il secondo numero è due, corrispondente al tasso di interesse sui bond decennali statunitensi, il più basso che si sia mai registrato. Presi insieme, si può dire che i due numeri stiano gridando a squarciagola una cosa sola: la massa di persone all’interno della Beltway (l’establishment di Washington) si sta preoccupando per le cose sbagliate e di conseguenza sta infliggendo al paese danni devastanti.
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Jacopo Fo: come salvarsi dal crollo del Sistema Italia
Scommettiamo che quel leader carismatico è un cretino? Basta andare per esclusione, applicando il mini-decalogo approntato da Jacopo Fo: se il candidato rientra nelle categorie indicate, meglio lasciar perdere. Non sarà di alcun aiuto per «sopravvivere al crollo del Sistema Italia», ormai prossimo, a quanto pare, dato che «abbiamo cercato di evitare il tracollo ma non ci siamo riusciti». Abbiamo dato tutta la colpa a Berlusconi, al bunga-bunga, ai giornalisti cialtroni e magari persino al Papa, dando retta alla «sinistra seriosa, supponente e parolaia» che «ci ha portati allo sfracello». Servono idee nuove, ripete Jacopo Fo: modi di lottare e comunicare completamente nuovi, perché quelli vecchi non funzionano. Obiettivo: «Capire come fare barriera contro l’imminente Macelleria Sociale».
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Unica via d’uscita: bancarotta controllata e addio Euro
Pagheremo perché dobbiamo pagare, però che questo pagamento non sia un pagamento che finisce nel tasche delle banche internazionali: che sia invece un pagamento che finisce nelle tasche degli italiani, che dà la possibilità all’economia italiana di riprendersi. Perché così, altrimenti, noi nel giro di 6 mesi, 9 mesi, un anno, sicuramente andremo in bancarotta. E da allora sarà ancora più difficile riprenderci. La manovra di Tremonti in realtà serve a ben poco. Prima di tutto perché è troppo piccola, 45 miliardi di euro non bastano sicuramente a rassicurare i mercati nei confronti di un debito complessivo italiano di 1.800 miliardi di euro. Il che vuole dire che il debito pubblico dell’Italia è maggiore della somma del debito di tutti gli altri paesi Pigs, quindi parliamo del Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna.
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La Bce finge di aiutarci: rifiutiamoci di pagare il debito
Diritto alla bancarotta, perché la moneta è un bene comune: solo il diritto all’insolvenza degli Stati potrebbe smontare il potere finanziario, che non è affatto neutrale ma è costituito da un super-cartello di 10 istituti di credito che da soli detengono l’87% del debito italiano e, con la complicità della Bce, sono interessati a protrarre all’infinito l’attuale situazione di difficoltà, purché innaffiata con miliardi di euro estorti alle famiglie attraverso manovre come quella di Tremonti. Vie d’uscita? Un’altra Europa, politicamente unita e democratica, dotata di una politica fiscale unitaria. Solo così si potrebbe contrastare lo strapotere della finanza mondiale, che vive di speculazione ed è grande otto volte l’economia reale, ormai paralizzata dai signori della crisi.