Archivio del Tag ‘tagli’
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Barnard: stop tasse a Monti, in nome del popolo italiano
Perché pagare le “nuove tasse di Monti”, se il governo tecnico è stato imposto forzando la Costituzione, per ordine dell’élite finanziaria mondiale che sta piegando ai suoi voleri l’intera Europa? Se l’obiettivo finale è il pareggio di bilancio, ovvero la certificazione della morte clinica dello Stato come “sindacato dei cittadini”, l’unica strada è sabotare il governo “golpista”, usando la sua stessa arma: il denaro. Dopo aver denunciato il premier e il capo dello Stato per il “golpe finanziario” che sta mettendo in ginocchio l’Italia, Paolo Barnard lancia un appello esplicito all’obiezione fiscale verso la tassazione speciale dell’austerity: il giornalista propone una sorta di “autoriduzione” delle imposte, in modo che il prelievo tributario non superi il 40% del Pil. Violare apertamente la normativa? Per Barnard, sarebbe una “risposta” perfettamente democratica al carattere «illegittimo» del governo che la impone.
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Il futuro è nero: anziché salvarci, pensano a neutralizzarci
Disfarsi dell’euro e tornare alle monete nazionali per consentire agli Stati di tornare a investire sul lavoro e il benessere per tutti? Caro Krugman, sarebbe bello: ma forse non è più possibile, dato il carattere globale di una crisi che ormai fa i conti con la pericolosa scarsità di risorse, di fronte al boom demografico del pianeta. Al punto che un economista “eretico” come Serge Latouche, teorico francese della Decrescita, la vede nerissima: «Quello che ci attende, se non cambieremo rotta, è ancora peggiore: un razionamento drastico del denaro, che provocherà conflitti planetari sempre più violenti». Una catastrofe sociale imminente, che «farà da brodo di coltura per movimenti fascisti e xenofobi, di cui già vediamo le avvisaglie e che in un futuro prevedibile si incaricheranno della gestione della penuria con sistemi autoritari».
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No ai banchieri: nonostante l’Italia, l’Europa s’è desta?
Nonostante il tragicomico Bersani, che tenta di festeggiare Hollande quando i socialisti in Francia propongono l’esatto contrario della politica del Pd in Italia – cioè il “no” all’Europa del rigore, che impoverisce tutti tranne i ricchi e i banchieri – proprio il fronte “no-euro” potrebbe presto diventare il primo “partito”, nell’Europa piegata dalla crisi. A partire dai francesi, gli elettori si schierano contro le politiche dell’Unione Europea, la moneta unica e le ricette della banca centrale. Mentre in Italia i vecchi partiti sigillano il “grande sonno” nella cassaforte politica di Mario Monti, il resto dell’Europa sembra finalmente svegliarsi: in Olanda e Repubblica Ceca il governo è caduto in mancanza di un accordo “lacrime e sangue” come quello italiano, la Polonia in fase di crescita si guarda bene dall’adottare l’euro e persino nel Regno Unito, che non ha mai rinunciato alla sterlina, vola nei sondaggi il partito che chiede l’uscita dall’Unione Europea, mentre l’austerità fa crollare i consensi del governo Cameron.
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Barnard: aprite gli occhi, la nostra rovina è il loro business
Nella savana, il leone è in agguato e punta la sua preda. Deve scegliere fra due uomini, quello armato di fucile e l’altro, quello disarmato. Chi attaccherà? L’uomo col fucile è l’America, che dispone del dollaro sovrano: finora ha mirato al risparmio, comprimendo la spesa, per la gioia dei parassiti della finanza, gli usurai del debito che hanno prosperato grazie alla complicità dei politici. Ma potrebbe sempre svegliarsi, l’America, e decidersi a usare il fucile – cioè fabbricare dollari e distribuirli, immettendo ricchezza a costo zero nelle famiglie e nelle aziende. Per questo il leone sceglierà l’altra vittima, quella disarmata. Indovinato: l’uomo senza fucile siamo noi, l’Eurozona. Incredibile ma vero: ci hanno portato al macello, nella savana dei leoni, raccontandoci che sarebbe stata una passeggiata. Ora ci tagliano i viveri e versano lacrime, sulle note dell’inno della crisi universale? Tutto perfettamente previsto: era il loro piano. Movente: incassi record, sulla nostra pelle.
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Postini licenziati a migliaia, mentre l’azienda fa utili record
Poste a gonfie vele, ma postini a casa: nonostante gli utili che sfiorano il miliardo di euro, Poste Italiane si prepara a licenziare quasi duemila dipendenti. Parola d’ordine: “razionalizzare” l’organizzazione del lavoro. In piena crisi, l’amministrazione privatizzata delle poste non guarda in faccia a nessuno e si prepara a lasciare senza stipendio 1.765 persone. Per ora, ad essere interessate dai tagli sono 5 regioni: Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Basilicata. Dal 2013 in poi, la “razionalizzazione” delle zone di recapito dovrebbe investire tutta Italia e portare – secondo la Cgil – a qualcosa come 12.000 “esuberi”: entro un anno, una vera propria ecatombe per i dipendenti delle Poste, che si ritroveranno disoccupati.
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Avviso a Monti e Bersani: la Francia boccia la loro Europa
L’Europa è stanca: di “rigore” si può morire, e non se ne vede il motivo. Mentre l’Olanda andrà ad elezioni anticipate, in mancanza di un accordo politico “lacrime e sangue” per rispettare i diktat di bilancio del Fiscal Compact – lo Stato obbligato a ridurre ulteriormente la spesa sociale per contenere il debito – il primo turno delle presidenziali francesi punisce “Merkozy” e premia sia la sinistra di François Hollande che l’estrema destra di Marine Le Pen, entrambe contrarie alla “dittatura della Bce”. A differenza dell’Italia, dove Pd e Pdl al riparo di Mario Monti eseguono alla lettera il programma di austerity imposto da Bruxelles, o della Spagna, dove il neopremier Mariano Rajoy applica le durissime direttive di Francoforte, da Parigi ad Amsterdam la scure tecnocratica dell’eurocrisi sembra destinata ad incontrare un ostacolo imprevisto: la politica.
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Ladri, traditori e golpisti tecnici: morte all’Italia, per legge
Il pareggio di bilancio? «E’ un altro tassello del colpo di Stato strisciante, anticostituzionale, che è in corso in Italia dallo scorso autunno, cioè con l’arrivo al governo della coppia Napolitano-Monti». Giulietto Chiesa non ricorre a perifrasi: parla di “abuso di potere”, firmato da «un Parlamento di zombie, a legittimazione zero», dato che non rappresenta più il popolo italiano. Pareggio di bilancio significa, in pratica, la fine dello Stato: niente più investimenti, non un soldo destinato agli italiani. Per ogni tipo di sviluppo economico e sociale non resterà che una strada: la privatizzazione generale dell’Italia, per cessione diretta di beni e servizi o per via indiretta, cioè attraverso il ricorso ai famigerati “mercati” finanziari internazionali. Un suicidio scientifico, per mano “tecnica”, proprio mentre la politica affonda – non casualmente – nel fango degli scandali, suggerendo la peggiore delle conclusioni: perché andare ancora a votare, visto che ormai la democrazia non serve più?
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Monti sbaglia tutto: e da oggi, salvare l’Italia sarà illegale
Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo John Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la “domanda aggregata” insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia. Secondo questo principio, il deficit si sarebbe poi ripagato quando la crescita fosse ripresa. Ora, impedendo costituzionalmente il deficit di bilancio dello Stato – se non per casi eccezionali e comunque per periodi di tempo limitati – tutto ciò sarà impossibile. Da oggi il nostro paese abbraccia ufficialmente l’ideologia economica per la quale la priorità è evitare il deficit spending, ossia che lo Stato possa finanziare parte della domanda indebitandosi. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo, si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30.
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La Fiat crolla: smentiti i maggiordomi di Marchionne
Mentre le cronache ormai descrivono il crollo verticale delle vendite Fiat, «con le redazioni che cadono sorpresissime dal pero», Pino Cabras si diverte a mettere in fila due articoli del 2010, scritti a ridosso del referendum di Pomigliano, «quando Otelma Marchionne ci regalava la previsione sbruffona di fare 6 milioni di auto l’anno, se solo i sindacati si fossero tolti dal suo scroto manageriale». Il primo servizio, del “Corriere della Sera”, descrive le posizioni del Pd; il secondo è un editoriale di Giulietto Chiesa. «Potrete apprezzare quanto le posizioni del Pd avessero i piedi saldamente appoggiati sulle nuvole – scrive Cabras su “Megachip” – e quanto invece l’articolo di Chiesa sia confermato alla virgola col passare degli anni». Due anni dopo, mentre la Fiat affonda, il Pd “suicida” la Costituzione votando il pareggio di bilancio, e «tiene il sacco a Otelma Monti quando vaneggia di numeri futuri come il tasso di crescita del 2020».
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Tutti contro Grillo: la nomenklatura ora teme gli elettori
«Con questi leader non vinceremo mai», disse anni fa Nanni Moretti, davanti agli attoniti Rutelli e Fassino. Sicuramente, finora, hanno vinto loro: i leader. Sempre lassù, inamovibili. E pronti, oggi, a firmare apertamente il patto definitivo coi poteri forti per sacrificare l’Italia, come comandano i signori di Bruxelles, di Berlino e di Francoforte: lacrime e langue per tutti, tranne che per loro. Rivista oggi, la coraggiosa invettiva di Moretti sembra quasi ingenua. Rispetto a ieri, però, sulla scena c’è un personaggio in più: la paura. I vecchi leader – sempre gli stessi – ora tremano: leggono i risultati dei sondaggi e si sentono sempre meno al sicuro. Temono addirittura un comico, Beppe Grillo, che li ha sfidati pubblicamente, facendo subito bingo: il “Movimento 5 Stelle” convince oltre il 7% dei futuri elettori. Senza contare tutti gli altri, cioè la vera grande incognita: quasi un italiano su due non ha più voglia di votare per i vecchi partiti, schiacciati tra la “cura Monti” e gli scandali del finanziamento pubblico che hanno travolto persino la Lega.
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L’antipolitica è al governo: i partiti ricattano gli italiani
Nella manifestazione che ha visto migliaia di lavoratori bresciani farsi alcuni chilometri di corteo per poi giungere a presidiare l’autostrada, era comune il sentimento di rabbia e indignazione contro i principali partiti. Ma come, gridavano i lavoratori, questi ci hanno portato via le pensioni, il contratto nazionale, ora vogliono cancellare l’articolo 18, ci riempiono di tasse, tagliano i servizi e poi ci chiedono i soldi per sostenerli? Trovo ridicole le affermazioni del segretario del Partito democratico, che con il suo solito tono televisivo dice “attenzione o cadiamo tutti”. Forse non ha capito che in mezzo alla gente che soffre e che lotta questa non è una minaccia ma una speranza, un augurio.
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L’Argentina sovrana sfratta i vampiri del suo petrolio
L’Argentina della rinascita nazionale, basata sulla ritrovata sovranità monetaria, si scrolla di dosso i vampiri liberisti che – a suon di tangenti – le avevano “rubato” il suo petrolio. La presidente Cristina Kirchner ha annunciato l’inizio di un processo che porterà ad una rinazionalizzazione della compagnia petrolifera Ypf, svenduta da Menem nel 1992 alla spagnola Repsol che divenne così una delle principali compagnie petrolifere del mondo, nonostante la Spagna non possieda una goccia di petrolio. Da Madrid, venti di guerra contro il governo argentino, giusto per occultare l’incapacità del governo Rajoy di fronte alla crisi. E intanto viene alla luce la verità sulla privatizzazione di Ypf e sull’azione delle multinazionali iberiche in America Latina: mazzette ai politici corrotti, ricatti contro i lavoratori e zero rispetto per l’ambiente.