Archivio del Tag ‘tagli’
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Europa, frenata storica sulla Torino-Lione: costa troppo
«E adesso chi glielo dice che avevano ragione loro?». L’epigramma è dell’ex direttore del “Manifesto”, Riccardo Barenghi, in arte “Jena”: gli bastano poche parole, sulla “Stampa” del 13 luglio, per archiviare la contestatissima linea Tav dopo la sortita del ministro del bilancio francese, Jerome Cahuzac, rilanciata il giorno prima da “Le Figaro”: troppi progetti faraonici di dubbia utilità, ormai proibitivi in tempi di crisi. In cima alla lista nera di Parigi c’è proprio la Torino-Lione: solo a fine anno, ha annunciato il ministro, una speciale commissione parlamentare appositamente costituita valuterà se ha davvero senso che la Francia si indebiti fino al collo per spendere i 12 miliardi di euro previsti per la tratta transalpina dell’alta velocità italo-francese. E se le diplomazie tentano di spegnere la polemica (nessun problema con Parigi, dice il ministro Passera: la Torino-Lione si farà) il secondo round della doccia fredda arriva da Bruxelles: Francia e Italia non sperino che l’Europa finanzi la Torino-Lione.
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Robecchi: perché non abbattere gli statali coi caccia F-35?
Non è vero che il governo Monti non ne azzecca una. Anzi, se ci pensate, chiamare “spending review” dei ferocissimi tagli è un’idea geniale. Tipo chiamare “delete wedding” un sanguinoso divorzio, oppure “leg reducing” l’amputazione di una gamba. E’ dunque lecito tirare un sospiro di sollievo nell’apprendere che spariranno 18.000 posti letto negli ospedali, ma che in compenso compariranno 90 cacciabombardieri Strike Fighter F-35 che costano una dozzina di miliardi. Non fate quella faccia e non fatevi prendere dalla demagogia. Amici, sveglia! Quegli aerei ci servono come il pane, e sapete perché? Perché abbiamo speso una fortuna per costruirci una nuova portaerei, la Cavour, che però ha il ponte un po’ corto. Quindi ci servono aerei che decollano in poco spazio, anche se sono cari, e i vecchi catorci a decollo verticale non vanno più di moda.La Cavour in navigazione ci costa 200.000 euro al giorno, e sono soldi buttati se sopra non ci mettiamo aerei adatti. Tecnicamente è come spendere un sacco di soldi per comprare un ferro da stiro e poi scoprire che può stirare solo camicie di cachemire purissimo. O butti il ferro bestemmiando come un carrettiere, o cominci a investire in camicie più di Briatore. Dunque spenderemo 12 miliardi in aerei da bombardamento per non avere il senso di colpa di spendere 200 mila euro al giorno per niente. Avessimo investito di più in psichiatri per generali, ministri e lobby degli armamenti non saremmo a questo punto. Ma ora che la cosa è fatta conviene ottimizzare.Come potremmo usare 90 cacciabombardieri fighissimi e supertecnologici in modo produttivo e addirittura proficuo nell’attuazione della spending review? Magari facendogli bombardare, incenerendolo all’istante, un lavoratore statale su dieci e abbattendo con i razzi intelligenti a ricerca termica un miliardo all’anno del fondo sanitario nazionale. Chissà, forse passando a volo radente sulle spese dei comuni si potranno tagliare servizi ai cittadini per 7,2 miliardi, il che equivale a fare il pieno di carburante alla portaerei Cavour per una decina d’anni. Niente male, no?(Alessandro Robecchi, “Abbattiamo gli statali con gli F-35″, da “Micromega” del 12 luglio 2012).Non è vero che il governo Monti non ne azzecca una. Anzi, se ci pensate, chiamare “spending review” dei ferocissimi tagli è un’idea geniale. Tipo chiamare “delete wedding” un sanguinoso divorzio, oppure “leg reducing” l’amputazione di una gamba. E’ dunque lecito tirare un sospiro di sollievo nell’apprendere che spariranno 18.000 posti letto negli ospedali, ma che in compenso compariranno 90 cacciabombardieri Strike Fighter F-35 che costano una dozzina di miliardi. Non fate quella faccia e non fatevi prendere dalla demagogia. Amici, sveglia! Quegli aerei ci servono come il pane, e sapete perché? Perché abbiamo speso una fortuna per costruirci una nuova portaerei, la Cavour, che però ha il ponte un po’ corto. Quindi ci servono aerei che decollano in poco spazio, anche se sono cari, e i vecchi catorci a decollo verticale non vanno più di moda.
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Roubini: tempesta perfetta, il mondo collasserà nel 2013
La “tempesta perfetta” per l’economia globale nel 2013 si sta puntualmente sviluppando: con un catastrofismo che spiazza perfino gli adepti del suo pessimismo, l’economista francese Nouriel Roubini conferma i suoi presagi via Twitter e in un’intervista a “Bloomberg.Tv”. Apocalittico sull’Eurozona, Roubini prevede che la Finlandia uscirà dall’euro prima della Grecia. Le avvisaglie ci sono tutte e, secondo il professore, non lasciano scampo: la “tempesta perfetta” del prossimo anno sarà molto peggio della crisi del 2008. Docente alla New York University, già a maggio aveva indicato i quattro scenari-chiave per la catastrofe: il ristagno degli Stati Uniti, l’acuirsi del problema dei debiti sovrani europei, la decelerazione delle economie emergenti come quella cinese e il rischio di conflitto militare in Iran. Per “Dottor Catastrofe”, i dati sull’inflazione in Cina e le deludenti cifre dell’occupazione negli Usa mostrano che la “tempesta perfetta” sta davvero per scatenarsi.
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La fabbrica del debito, perfetta per ricattare l’umanità
In Europa, alla stregua di altre parti del mondo, la lotta di classe oggi si dispiega e concentra intorno al debito. Con una crisi del debito che arriva a toccare gli Stati Uniti e il mondo anglosassone, ovvero i paesi che hanno prodotto, oltre all’ultimo disastro finanziario, soprattutto il neoliberismo. La relazione creditore-debitore, che sarà al centro della nostra argomentazione, intensifica i meccanismi di sfruttamento e di dominio in forma trasversale, senza fare alcuna distinzione tra occupati e disoccupati, consumatori e produttori, attivi e inattivi, pensionati o beneficiari di sussidi. Di fronte al capitale, che si presenta come il Grande Creditore, il Creditore universale, sono tutti “debitori”, colpevoli e responsabili.
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Ricatto criminale: è la legge di Mario Monti, il dittatore
Mario Monti comanda in virtù di un’autorità attribuitagli per “stato di eccezione”. È investito di poteri politici pieni per un tempo sinora dichiarato limitato, ma ormai aperto a un appetito che, si sa, vien mangiando. È un classico dittatore, insomma. Ed essendo tale, ragiona e parla come un autocrate. Ma come, diranno gli illusi, lo statista grigio topo, il sobrio uomo del loden, lui, un dittatore? Per far suo lo stile di pensiero totalitario di un dittatore non gli occorre mica farsi prestare una giacca sgargiante da Sacha Baron Cohen, né gli serve ammazzare oppositori con risa perfide durante una visita in sala torture. Può bastare la sua voce monocorde e l’immeritata fama di “tecnico”, per zittire il capo di Confindustria in nome di un precetto che non può tollerare dissensi: la regola dello spread.
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Organizzare la speranza, oltre il massacro che sta arrivando
La prima notizia è che le cose vanno di male in peggio: si profila il taglio epocale del sistema di welfare sul quale si sono basati decenni di progresso e pace sociale. Decenni turbati da crisi profonde, ma con sempre una luce in fondo al tunnel: un sistema di diritti e di solidarietà garantite, nonché la fiducia in un avvenire migliore, per sé e per i propri figli. La seconda notizia forse è ancora più preoccupante: la società civile non reagisce e, per ora, si limita a subire in silenzio le spietate punizioni di massa che gli scienziati europei del “rigore” hanno commissionato a Mario Monti. Dietro la maschera del saggio guaritore incaricato di organizzare la “ripresa” mediante le più drastiche “riforme strutturali”, medicina amara ma necessaria, il tecnocrate del Bilderberg e della Goldman Sachs, esponente dell’élite finanziaria mondiale, sta inoculando nel sangue italiano tossine mortali, in grado di stroncare per decenni qualsiasi economia.
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Come in Grecia: la criminalità economica è al governo
La truffa più grande che stiamo subendo è quella che ci vuol far credere che le misure che il governo Monti ha preso, prende e prenderà, hanno lo scopo di evitare di finire come la Grecia. E’ vero esattamente il contrario. Le misure sono come quelle che hanno portato la Grecia alla catastrofe economica e al disastro sociale. Magari vengono scaglionate nel tempo, in modo da evitare un impatto complessivo ed immediato che forse avrebbe costretto i sindacati più tremebondi d’Europa – Cgil, Cisl e Uil – a lottare. Ma le misure sono le stesse. Prima il massacro sulle pensioni, aggravato dalla manifesta incompetenza del ministro Fornero, a cui Bersani, Berlusconi e Casini non han fatto mancare la fiducia, alla faccia degli esodati. Poi la controriforma del lavoro, che ha liberalizzato precarietà e licenziamenti mentre la crisi economica avanza. Ed ora la manovra correttiva di tagli sociali, ipocritamente coperta dal solito trucco dell’uso dell’inglese. Ma quale spending review del cavolo!
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Amputare la sanità italiana: maxi-tagli sulla pelle dei malati
Qualcosa come 12 miliardi e mezzo da qui al 2014: una stangata storica sulla sanità italiana, per l’effetto combinato della manovra Tremonti e dei nuovi maxi-tagli della cosiddetta “spending review” ordinata dal governo Monti. In due anni e mezzo, Asl e ospedali perderanno per strada oltre il 10% dei finanziamenti. Nel frattempo spunta un altro taglio senza precedenti, quello di 16-18.000 posti letto ospedalieri: chiuderanno gli ospedali con meno di 80 posti e sarà ridotto da 4,2 a 3,7 lo standard di posti per ogni mille abitanti. Dalla bozza del decreto “taglia spesa” spunta anche la sforbiciata del 5% dei costi d’acquisto di beni e servizi con esclusione degli acquisti dei farmaci, mentre la stessa riduzione si applica sui dispositivi medici fino al 31 dicembre di quest’anno. Il fondo sanitario viene tagliato di un miliardo nel 2012 e di 2 nel 2013, ma in tutto la sanità dovrebbe perdere 4,5 miliardi in più rispetto ai tagli della manovra Tremonti.
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Barnard: Monti di menzogne sul vertice strangola-Italia
Il cosiddetto successo di Mario Monti nell’ultimo super-vertice europeo «è una montagna di menzogne che questo indecente tecnocrate dell’economicidio italiano vende a un’intera nazione a rischio, e a imprese al collasso, solo perché i miei colleghi giornalisti sono spazzatura, e solo per calmierare la giusta esasperazione che serpeggia fra noi italiani minacciati oggi nella sopravvivenza economica e dunque democratica». Paolo Barnard non ha dubbi: «Basta studiare quello che si dovrebbe conoscere se si fa questo mestiere per smascherare ogni singola strombazzata di Monti e l’intero racconto teatrale che ne hanno fatto i giornali», “Repubblica” in testa, che tenta di vendere come una vittoria l’intervento del Mes, il Fondo salva-Stati: possibile solo nei confronti dei paesi che abbiano comunque i conti in ordine.
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Massimo Fini: l’Italia, Repubblica fondata sulla schiavitù
Elsa Fornero ha perfettamente ragione: non esiste alcun diritto al lavoro. Questo tipo di diritti, come quello alla salute o alla felicità, appartengono alle astrazioni della Modernità che nulla hanno a che fare con la vita reale. Sono diritti impossibili perché nessuno, foss’anche Domineddio, può garantirli. Esiste, quando c’è, la salute, non un suo diritto. Esiste, in rari momenti della vita di un uomo, un rapido lampo, un attimo fuggente e sempre rimpianto, che chiamiamo felicità, non il suo diritto. Così è inutile sancire il diritto al lavoro se in una società il lavoro non c’è. Ciò che in una società moderna possiamo pretendere è un’altra cosa: l’assicurazione, da parte della collettività, di una vita dignitosa anche per chi il lavoro non ce l’ha e non lo può trovare.
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Ridono solo i banchieri: a noi le tasse, a loro il bottino
Tutti imbambolati gl’italiani hanno fatto confusione tra la vittoria dell’Italia sulla Germania e la “vittoria” di Mario Monti sulla Merkel. Hanno esultato le borse. Voglio ben vedere! Erano le uniche che potevano esultare, visto che sono state le banche a prendersi il bottino. E tutti ad applaudire come zombi. Non ci siamo accorti che tutta l’operazione serviva solo a ”rassicurare i mercati”. Cioè a sistemare i conti dei ladri. Non i nostri. Adesso facciamo i conti. Ma, prima di tutto, facciamo una scommessa: quanto credete che duri la bonaccia dello spread? Io dico che durerà qualche mese, fino a settembre-ottobre. Poi si ricomincia il ballo di San Vito, il “loro” ballo. Solo gl’ingenui di “Repubblica” e gli economisti di regime che tengono bordone possono pensare che la cosiddetta “speculazione” si accontenti di così poco. È come aspettarsi da una tigre affamata che ti mangi solo un braccio. Non esistono tigri del genere.
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Tedeschi o americani? Chiunque vinca, sarà il nostro boia
Allegri, siamo spacciati. L’inedito scontro esploso a Bruxelles non aveva per obiettivo la nostra salvezza. Al contrario, stanno solo decidendo chi scriverà i titoli di coda: il boia di Wall Street o il collega tedesco della Bundesbank? Non cadiamo nell’equivoco, avverte Giulietto Chiesa: la vera posta in gioco non è il braccio di ferro contro la presunta spilorceria della Germania nell’accollarsi l’euro-debito, ma il controllo geopolitico dell’Europa di oggi e di domani. E il nostro destino ha il respiro cortissimo, perché sia le ricette americane che quelle della Merkel prevedono soluzioni nefaste: il nostro futuro nelle mani dei predatori della finanza o, a scelta, in quelle degli autocrati di Berlino. Fine della democrazia, mentre l’intera Europa si condanna a sprofondare in una crisi sociale inaudita e pericolosissima, possibile preludio di una nuova, drammatica Grande Guerra.