Archivio del Tag ‘tagli’
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Loretta Napoleoni: l’euro crollerà entro la fine dell’anno
Molto probabilmente entro la fine dell’anno vedremo un’implosione dell’euro, o almeno di alcune parti dell’euro. Sicuramente accadrà in Grecia, specie se il Fmi farà quello che è stato detto. Anche perché i greci, non avendo possibilità di stampare moneta, se gli vengono negati gli aiuti economici o dal Fmi o dalla Bce, dovranno necessariamente trovare un mezzo per scambiare i prodotti e quindi dovranno stampare una loro moneta e chiaramente stamperanno la Dracma perché l’euro non lo possono stampare. Certo, si può cambiare, si può fare un euro a due velocità, si possono fare tante cose, però così come è concepita l’idea che in Spagna, in Grecia, Italia, Germania, Finlandia ci sia la stessa moneta non è possibile perché le economie sono diverse.
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Salvare l’Europa? Gli Usa: basta tagli, serve più debito
Indovinate chi ha detto questa frase: «L’economia americana stenta a crescere perché la spesa a deficit del governo sta calando significativamente». Esatto, la spesa a deficit: quella dello Stato a favore dei cittadini, a cui l’Europa ha dichiarato guerra. E chi si mette, ora, a difendere il debito pubblico come sacrosanto diritto e motore fondamentale per il salvataggio dell’economia? Magari il fantasma di John Maynard Keynes, il grande economista inglese nemico delle élite, il genio che sognava un’economia pubblica democratica? Sbagliato, dice Paolo Barnard, l’inventore di questo strano indovinello pubblicato sul suo sito il 24 luglio: quella frase “impossibile”, che a Bruxelles e Francoforte varrebbe la fucilazione, l’ha pronunciata nientemeno che Timothy Geithner, il ministro del Tesoro statunitense, nell’annuale conferenza “Delivering Alpha” all’inizio di luglio.
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Atroci sofferenze inutili: Monti ha fallito tutti gli obiettivi
È possibile fare un breve e disincantato bilancio del governo Monti? La prima, avvilente constatazione, è che in quasi 9 mesi di “riforme” e di “vertici decisivi” la montagna del debito pubblico italiano non è stata neppure scalfita. Anzi si è fatta ancora più alta e imponente. Il debito ammontava a 1.897 miliardi di euro nel dicembre 2011, oggi è arrivato a. 1.966.Dunque, la ragione fondamentale della nostra condizione di rischio, la causa causarum delle nostre difficoltà presenti e future si è ulteriormente aggravata. Lo spread si mantiene elevato e torna sui 500 punti. Il Pil – questo vecchio totem delle società capitalistiche – è nel frattempo diminuito e diminuirà ancora. Scenderà di oltre il 2% nel 2012. Dicono gli esperti che si riprenderà nel 2013. Ma per quale felice congiunzione degli astri non è dato sapere. Qui, infatti, la scienza economica si muta in astrologia, dà gli oroscopi.
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Guerra all’Italia: torneremo poveri come cent’anni fa
Nel disinteresse generale il Parlamento ha approvato il Fiscal Compact. E questo disinteresse, costruito dalla disinformazione di regime, è l’ultimo segnale del disfacimento della nostra democrazia. In tutta Europa, di Europa si discute e sull’Europa ci si divide. In Irlanda si è fatto un referendum. Da noi una Camera quasi vuota e con l’assenza dei principali leaders, approva il più brutale e vasto servaggio economico della storia repubblicana. Secondo quel patto, che i cittadini non per colpa loro ignorano, l’Italia si impegna a dimezzare in venti anni lo stock del debito pubblico. Cioè dobbiamo pagare 1000 miliardi, 50 all’anno. In aggiunta agli interessi che ora ci costano 80 miliardi all’anno. Insomma un costo paragonabile alle riparazioni di una guerra perduta. E di guerra infatti ha parlato Monti, guerra al popolo italiano.
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Ida Magli: come previsto, l’euro è la rovina dell’Europa
«Spero che i pochi amici che abbiamo, che vogliono bene all’Italia, spingano i politici a uscire dall’euro». Problema numero uno, i politici: «Ormai sono un’ombra, degli spettri nel Parlamento». Parola di Ida Magli, autorevole antropologa: una delle poche voci, vent’anni fa, a mettere in guardia gli italiani dal trionfalismo europeista che – col Trattato di Maastricht – pose le condizioni per il “massacro sociale” con cui oggi facciamo i conti: privatizzazione del debito pubblico a vantaggio della finanza speculativa e fine della moneta sovrana, arma fondamentale per gestire le crisi proteggendo i cittadini. Risultato: il debito – storico motore dello sviluppo sociale – ora diventa un incubo, e costringe gli Stati sotto ricatto a svendere i “gioielli di famiglia” alle stesse multinazionali che, attraverso la grande finanza e i suoi emissari – Bce e Commissione Europea – hanno manovrato per scatenare il panico con un obiettivo chiaro: fare man bassa dei beni comuni, ovvero l’ultimo terreno di conquista rimasto, in un’economia ridotta in mutande.
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La Consulta: vietato privatizzare i beni comuni degli italiani
Per una volta occorre usarla, la parola vittoria. Piena, cristallina, senza ombre. Il voto popolare, la decisione presa da 27 milioni di italiani non può più essere ignorata con vere e proprie norme truffa. La Corte costituzionale ieri ha riportato la lancetta del tempo al 13 giugno dello scorso anno, quando nelle piazze italiane i movimenti esultavano di fronte a un risultato straordinario e senza precedenti. Avevamo appena votato quattro quesiti, ma per tutti quell’appuntamento aveva un nome, uno spettro da respingere: privatizzazione. Ovvero la cessione di quello che le stesse multinazionali chiamano “l’essenziale per la vita” alle corporation, che, cariche dei soldi della finanza tossica, erano pronte a superare le Alpi, conquistando Comune dopo Comune il paese.
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Fiscal Compact, l’usura è legge: la libertà dell’Italia è finita
Oggi è un giorno nero, per la democrazia e anche per l’economia del nostro paese. Nel disinteresse più generale – anche dei leader politici, perché in gran parte non erano nemmeno presenti alla discussione – il Parlamento ha definitivamente approvato il Fiscal Compact. Io sono sicuro che la gran parte dei cittadini italiani non sanno neanche di che si tratti – non per colpa loro, ma perché nessuno li informa. Bene, il Fiscal Compact è una specie di accordo di usura della durata di vent’anni. Con questo accordo, noi sottoponiamo il nostro paese a un pacco di cambiali usuraie nei confronti della finanza internazionale. Ci impegniamo, cioè, per i prossimi vent’anni, a ridurre della metà l’ammontare complessivo del debito – oltre naturalmente al pagamento degli interessi, che continua.
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Pallante: macché Tav, meglio tanti cantieri utili per tutti
Il quotidiano francese “Le Figaro” ha riportato la notizia che la Francia intende riesaminare ed eventualmente rinunciare a dieci progetti di linee ferroviarie ad alta velocità, tra cui la Torino-Lione a causa dei costi elevatissimi e della riduzione del traffico merci. Pare che, finalmente, la crisi economica e la scarsità di risorse costringano a rivedere le priorità: è finito il tempo delle grandi opere pubbliche finanziate con enormi debiti che ricadono sulle spalle della collettività e sulle generazioni future sotto forma di tasse e tagli ai servizi pubblici e allo stato sociale. Per questo, da tempo, il Movimento per la Decrescita Felice afferma che occorre spostare la priorità dalla crescita del Pil alla crescita dell’occupazione in lavori utili.
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Il sogno di Monti: operai sudditi e niente più sindacati
Come tutti i reazionari, il presidente del consiglio Monti ha affermato che la rovina dell’Italia sono i sindacati. Naturalmente lo ha affermato nel suo linguaggio bocconiano, parlando di concertazione, ma il significato sociale delle sue parole è chiaro, così come quello democratico. Monti è interprete di un potere borghese multinazionale che considera ogni vincolo sociale un ostacolo allo sviluppo degli affari. Marchionne, che non deve accontentare l’ipocrisia del Partito democratico, dice le stesse cose con ben più aspro tono. La risposta sindacale, in particolare della Cgil, a queste affermazioni è stata penosa. Voi non vedete i meriti di una concertazione che ha salvato l’Italia, siete irriconoscenti! E’ vero, ma proprio questo dato di fatto dovrebbe richiedere risposte meno subalterne.
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Stato-mafia, intercettazioni: Napolitano frena i magistrati
Stoppare i magistrati solo perché nella rete delle intercettazioni è finito il Quirinale? Roba da monarchia, più che da repubblica: all’epoca di Vittorio Emanuele III, scrive su “Micromega” il giurista Domenico Gallo, ne sarebbe nato uno scandalo. E il pm, che allora si chiamava Procuratore del Re, sarebbe stato destituito su due piedi, in base allo Statuto Albertino che considerava “sacra e inviolabile” la persona del sovrano. Oggi è Napolitano ad opporsi ai giudici, che hanno catturato la sua voce per puro caso, intercettando il telefono dell’ex ministro Nicola Mancino, allarmato per le voci sul suo ipotetico ruolo nella presunta “trattativa Stato-mafia” che, secondo le indagini di Palermo, potrebbe aver provocato la morte di Paolo Borsellino. E Sonia Alfano, europarlamentare dell’Idv in prima linea contro la mafia, auspica l’impeachment per l’uomo del Colle.
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Atene, pulizia etnica: Bruxelles scatena odio nazi-xenofobo
Le sfilate di “Alba Dorata” ad Atene ricordano i cortei nazisti dei primi anni ‘30. Al posto dei simboli uncinati vi sono nelle strade centinaia di bandiere della Grecia, bianche e azzurre, sventolate per rivendicare nazionalità e appartenenza. L’identità ellenica viene posta in contrapposizione alle alchimie della Bce, è vista come l’affermazione di un nuovo spirito nazionale. Nei filmati, i cortei di “Alba Dorata” sembrano interminabili. La rabbia ha bisogno di nemici. Il primo è l’Europa, vista come una matrigna, come Saturno che divora i suoi figli, come una padrona in casa d’altri, sempre più odiata e lontana. Il secondo sono gli immigrati. Lo straniero che è oggi in competizione per un lavoro, per un pezzo di pane, per il sussidio governativo, per sfamare la propria famiglia.
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Italia in saldo: svendere il paese per 20 miliardi l’anno
Eutanasia dell’Italia, a colpi di 20 miliardi di euro all’anno. Il suicidio programmato del patrimonio pubblico della nazione che ha appena festeggiato i primi 150 anni di vita è «una strada praticabile», secondo il neo-ministro dell’economia Vittorio Grilli, per ridurre strutturalmente il debito pubblico. Regalando – di fatto – i beni pubblici degli italiani al grande capitale finanziario: lo stesso che ha provocato la crisi e sottratto agli Stati la leva della moneta sovrana, strategica per risalire la china senza dover ricorrere a tagli criminosi. Intervistato dal “Corriere della Sera”, Grilli auspica un piano pluriennale per garantire «vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi l’anno, pari all’1% del Pil». E’ la legge – folle – del “pareggio di bilancio” imposto dall’élite tecnocratica dell’Unione Europea mediante trattati-capestro come il Fiscal Compact: drenare a sangue le risorse pubbliche, costringendo lo Stato a comportarsi come un’azienda privata – neppure virtuosa, ma fallimentare: un’azienda che non è più in grado di fare investimenti vitali.