Archivio del Tag ‘storia’
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Harari: ora l’élite dell’Uomo-Dio rottamerà il liberalismo?
I grandiosi progetti umani del XX Secolo si prefiggevano l’obiettivo di salvaguardare una norma universale di agiatezza, salute e pace per ciascuno, senza eccezione. Anche i nuovi progetti del XXI Secolo – ottenere l’immortalità, la felicità eterna e uno status divino – sperano di servire all’intero genere umano. D’altro canto, poiché questi progetti puntano al superamento (anziché al raggiungimento) di una condizione standard, potranno piuttosto creare una nuova casta di super-uomini, che potrebbe disfarsi delle sue radici liberali e trattare i normali uomini non meglio di come gli europei del XIX Secolo trattavano gli africani. E’ probabile che Homo Sapiens migliorerà se stesso passo dopo passo, mescolandosi nel processo con robot e computer, finché i nostri discendenti si guarderanno indietro e si accorgeranno che non sono più quel genere di animale che ha descritto la Bibbia.Questo non accadrà in un giorno o in un anno; in realtà si sta già verificando proprio adesso, attraverso un’innumerevole quantità di azioni abituali. Se le scoperte scientifiche e gli sviluppi tecnologici divideranno l’umanità in una massa di uomini inutili e in una piccola élite di super-uomini potenziati, o se l’autorità sarà trasferita dagli esseri umani agli algoritmi dotati di un’intelligenza superiore, allora il liberalismo collasserà. Sono in molti a ritenere che i nuovi programmi dell’umanità, alla fine, si riducano a un unico progetto, con tante diramazioni: acquisire la condizione di esseri divini. Se questo può suonare scarsamente scientifico o decisamente bizzarro, è perché la gente spesso non ha chiaro il significato di divinità. Non si tratta di una vaga qualità metafisica. E non coincide neppure con l’onnipotenza. Quando parliamo di elevare gli uomini agli dèi, pensiamo a qualcosa di prossimo agli dèi greci o ai Deva indù, piuttosto che all’onnipotente Padre nei cieli, di biblica memoria.I nostri discendenti avranno le stesse fisime, perversioni e limiti, proprio come Zeus e Indra hanno i loro. Ma essi potranno amare, odiare, creare e distruggere su una scala molto più grande della nostra. Un tempo si credeva infatti che gli dèi non fossero onnipotenti, ma piuttosto che possedessero alcune specifiche super-abilità, come quella di progettare e creare esseri viventi, di trasformare i loro stessi corpi, di controllare l’ambiente e il tempo atmosferico, di leggere nelle menti e di comunicare a distanza, di viaggiare ad altissime velocità e, senza dubbio, di sfuggire alla morte vivendo per un tempo indefinito. Nelle antiche società agricole, molte religioni erano sorprendentemente caratterizzate da uno scarso interesse per le questioni metafisiche e quelle relative all’aldilà. Le loro maggiori preoccupazioni ruotavano intorno al tema, molto prosaico, di come incrementare i raccolti. Questo spiega perché il dio dell’Antico Testamento non prometta mai alcuna ricompensa o punizione dopo la morte, e al popolo di Israele prometta solo e sempre conseguenze terrene.(Yuval Noah Harari, dal bestseller “Homo Deus. Breve storia del futuro”, edito in Italia da Bompiani nel 2018 e citato da Mauro Biglino nel video la “Bibbia avrà ragione”. Eminente storico israeliano apprezzato in tutto il mondo, attualmente Harari insegna “World History e processi macrostorici” all’Università Ebraica di Gerusalemme).I grandiosi progetti umani del XX Secolo si prefiggevano l’obiettivo di salvaguardare una norma universale di agiatezza, salute e pace per ciascuno, senza eccezione. Anche i nuovi progetti del XXI Secolo – ottenere l’immortalità, la felicità eterna e uno status divino – sperano di servire all’intero genere umano. D’altro canto, poiché questi progetti puntano al superamento (anziché al raggiungimento) di una condizione standard, potranno piuttosto creare una nuova casta di super-uomini, che potrebbe disfarsi delle sue radici liberali e trattare i normali uomini non meglio di come gli europei del XIX Secolo trattavano gli africani. E’ probabile che Homo Sapiens migliorerà se stesso passo dopo passo, mescolandosi nel processo con robot e computer, finché i nostri discendenti si guarderanno indietro e si accorgeranno che non sono più quel genere di animale che ha descritto la Bibbia.
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Tsunami, clima e potere: dalle Canarie alle Tre Gole
Ipotesi mega-tsunami: uno in America, l’altro in Cina. E’ singolare, la simmetria incarnata da due eventi lontanissimi nello spazio, ma contemporanei: alla preoccupante, anomala eruzione del vulcano Cumbre Vieja alle Canarie fa eco l’ennesima alluvione che sta mettendo sotto pressione la mastodontica Diga delle Tre Gole situata nell’Hubei, la provincia di Wuhan. Coincidenze? Qualcuno sarebbe tentato di pensare che, in tempi di fanta-climatologia (con 50.000 giovani in piazza a Milano al seguito di Greta Thunberg), eventuali malintenzionati potrebbero anche approfittare della situazione, calcando la mano su eventi naturali, al punto da forzarne gli effetti. Un’ipotesi estrema, vagliata da Tom Bosco a “L’Orizzonte degli Eventi”, il 28 settembre, insieme a Nicola Bizzi e Matt Martini. Tema: le catastrofiche conseguenze che i geologi attribuiscono virtualmente all’eruzione delle Canarie, nel caso l’isola occidentale di La Palma smottasse nel mare. In parallelo, si evoca l’altrettanto spaventosa ondata che si abbatterebbe sul territorio cinese se dovesse cedere l’immenso impianto delle Tre Gole, il più imponente che sia mai stato costruito dall’uomo.
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Parla a tutti gli italiani il coraggio di “Nandra” Schilirò
Mezza Italia s’è desta, in difesa di “Nandra” Schilirò, commissario di polizia (vicequestore a Roma) che ha trovato il coraggio di salire sul palco di piazza San Giovanni a ricordare agli italiani di essere, appunto, cittadini italiani, non sudditi della Corea del Nord intimiditi dal ricatto e rintronati dalle frottole ufficiali sparate all’infinito, a reti unificate. In un paese normale, chi sedesse al governo dovrebbe semplicemente morire di vergogna, di fronte ad affermazioni tanto urticanti, se avesse ancora in funzione una coscienza capace di suscitarlo, il sentimento della vergogna: sentirebbe quanto è avvilente che un valoroso funzionario delle forze dell’ordine, pluri-premiato per la sua difficile attività, avverta il bisogno di esporsi al rischio di provocare imbarazzo, mettendo a repentaglio il suo avvenire, pur di ribadire le ragioni che portarono una ragazza di Catania a studiare legge e arruolarsi in polizia. Si chiama: civiltà del diritto. Sintetizzando: giustizia e libertà, come avrebbe detto Ferruccio Parri, uno che di dittature se ne intendeva.Di Nunzia Alessandra Schilirò parlano gli occhi, innanzitutto: non hanno esitazioni, non ammettono la possibilità di tollerare il lezzo della codardia e della disonestà, nei giorni dell’infamia nazionale inflitta a sessanta milioni di persone. Se la verità diventa reato, e la libertà un lusso risalente a lontani giorni felici, da qualche parte spuntano la maglietta blu e i pantaloni verdi di chi porta l’Annunciazione già nel nome di battesimo, come osserva Silvana De Mari, fotografando il valore profetico di un’inquietudine sofferta e temerariamente esposta ai riflettori, sapendo che non c’è più tempo per fingere che tutto si sistemi da sé. “Alea iacta est”, disse il condottiero, rompendo gli indugi: sembrano belle, le frasi dei libri di storia. E lo sono, quando si ha la certezza che non sia la storia stessa, un giorno, a crollarci addosso: basta essere convinti di vivere ancora al riparo di leggi che tutelano l’inviolabilità della persona e i suoi fondamentali diritti umani.Tutti a sbranarla, adesso, l’Antigone in uniforme: rischia il licenziamento, gongolano i fogliacci di regime che intascano incentivi per pubblicare solo veline, costringendo i non-morti a sintonizzarsi su Radio Londra per sapere come vanno davvero le cose. Sibilano voci vuote, piene di polvere: masticano ghiaia e carne umana, tritano muscoli, allungano le zampe sui bambini. Nunzia Alessandra Schilirò aveva già chiarito come la pensa, pubblicando con “ByoBlu” il romanzo “La ragazza con la rotella in più”, che lei stessa ha definito “real spiritual fantasy”, genere crossover «che più di ogni altro consente di raccontare la realtà più cupa, quella che non si può raccontare». Premonizioni: un faro acceso su «ciò che non va, nel mondo», impastando la realtà con «elementi sovrannaturali e di mistero». Vale a dire: la dimensione “magica” della vita. Chi emana editti e decreti la conosce fin troppo bene, probabilmente, al punto da pregustare il 15 ottobre l’apertura della Porta dell’Inferno, quella di Rodin, davanti al Quirinale.Ecco come la vede, “Nandra” Schilirò: «Non siamo esseri mortali e razionali, ma molto di più, esattamente così come la vita non è solo ciò che vediamo, visto che esiste un mondo invisibile che governa il mondo esteriore». Letteratura, certo: fantasy. Però fa effetto, se l’autrice poi – in altra veste – sale su una pedana a recitare il credo di Gandhi, a ricordare l’esempio di Falcone e Borsellino, sapendo che sarà letteralmente fatta a pezzi da chi non tollera un gesto come il suo. La rivoluzione (morale, interiore) è sempre una scommessa, come ricorda Maurizio Maggiani nel suo strepitoso ultimo libro, “L’eterna gioventù”. Qualcosa che sfida la ragione della paura, scavalca la dura legge del bisogno e umilia la mediocrità della rassegnazione sporca, della rinuncia a vivere. Oggi, chi dirige il Truman Show ha un’opportunità straordinaria: non nasconderlo più, il valore non solo professionale che tracima da certe divise. E’ l’intransigenza obbligatoria, inevitabile, di chi ricorda che – ovunque capiti di trovarsi – non si può mai dimenticare di riconoscersi, innanzitutto, come persone: esseri umani, capaci di usare anche il cuore.(Giorgio Cattaneo, 28 settembre 2021).Mezza Italia s’è desta, in difesa di “Nandra” Schilirò, commissario di polizia (vicequestore a Roma) che ha trovato il coraggio di salire sul palco di piazza San Giovanni a ricordare agli italiani di essere, appunto, cittadini italiani, non sudditi della Corea del Nord intimiditi dal ricatto e rintronati dalle frottole ufficiali sparate all’infinito, a reti unificate. In un paese normale, chi sedesse al governo potrebbe semplicemente morire di vergogna, di fronte ad affermazioni tanto urticanti, se avesse ancora in funzione una coscienza capace di suscitarlo, il sentimento della vergogna: sentirebbe quanto è avvilente che un valoroso funzionario delle forze dell’ordine, pluri-premiato per la sua difficile attività, avverta il bisogno di esporsi al rischio di provocare imbarazzo, mettendo a repentaglio il suo avvenire, pur di ribadire le ragioni che portarono una ragazza di Catania a studiare legge e arruolarsi in polizia. Si chiama: civiltà del diritto. Sintetizzando: giustizia e libertà, come avrebbe detto Ferruccio Parri, uno che di dittature se ne intendeva.
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1439: perché la Cina cedette a Firenze la via dell’America?
In cambio di che cosa, esattamente, i cinesi “cedettero” alla famiglia Medici l’accesso all’America, nel 1439? Se lo domanda Nicola Bizzi, nella trasmissione web-streaming “Il Sentiero di Atlantide”, sul canale YouTube “Facciamo Finta Che”, di Gianluca Lamberti. Cioè: la Cina e l’America a Firenze, mezzo secolo prima dell’impresa ufficiale di Cristoforo Colombo? Sembra una storia surreale. Ma del resto, c’è qualcosa di più surreale del Green Pass e del regime di segregazione cui è sottoposta l’Italia, da quasi due anni, in virtù della più grande “pandemia di asintomatici” della storia dell’umanità? Sicché, il Celeste Impero avrebbe consegnato alla Firenze medicea le chiavi del continente americano? E ricevendo quale contropartita? «Evidentemente era qualcosa di enorme, che però non è mai trapelato». Un altro ricercatore italiano – Riccardo Magnani – si spinge addirittura a capovolgere il quadro: non sarebbe stata Firenze a mettere le mani sull’America, ma (al contrario) era il continente americano a candidarsi a guidare l’Europa. Come? Insediando a Firenze nientemeno che un esponente della famiglia reale incaica: Lorenzo il Magnifico.
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Roma ha paura della rivoluzione di Michele Giovagnoli?
Di cosa ha paura, il governo che prende a sprangate in faccia gli italiani, trattandoli come animali d’allevamento? Le piazze ribollono, contro l’incombente dittatura sanitaria. Ma forse gli slogan furenti sono più facili, da tollerare, rispetto ai messaggi realmente rivoluzionari: forse anche perché il sentimento della rabbia può essere “nutriente”, per chi esercita il dominio, quasi quanto l’altrui sofferenza, l’altrui dolore. Un male in questo caso inferto a milioni di persone mentendo a tutti, cioè raccontando ancora la fiaba di un’emergenza artificiale, per avere l’alibi che porti a quello che fin dall’inizio era il vero obiettivo, la digitalizzazione totale di massa imposta per decreto. Il sogno di Davos: l’obbedienza universale definitiva, per via cibernetica, pensata per una popolazione post-umana (che l’Istat prevede in forte declino demografico, immaginando un’Italia dimezzata e ridotta a una nazione di appena 32 milioni di persone).Se gli esperti di proiezioni statistiche parlano di “denatalità”, la sensazione è che le fauci di un mostro siano ormai spalancate, pronte – dal 15 ottobre 2021 – ad azzannare chiunque, in nome di imprecisate divinità, proprio nell’anno in cui Bergoglio ha reso omaggio in Iraq alla piramide di Ur, simbolo del culto mesopotamico degli Anunnaki, i signori delle stelle che secondo Zecharia Sitchin discesero dal pianeta Nibiru. Tornando coi piedi per terra: nell’ottobre del 1931 il regime fascista richiese il giuramento di fedeltà ai professori universitari. Soltanto in 14 (nella storiografia ufficiale se ne indicano 12) rifiutarono di subire l’imposizione. Oggi appartiene a tutt’altro contesto, la motivazione di chi si oppone alla coercizione di sapore totalitario varata dal governo Draghi. E’ un diktat che fa a pugni con la Costituzione italiana e con le stesse direttive dell’Unione Europea, che proibiscono di discriminare i cittadini intenzionati a non sottoporsi all’inoculo del siero sperimentale, l’intruglio presentato come farmaco “vaccinale” progettato per inibire la sindrome Covid e frenare la diffusione virale del morbo.In televisione, voci come quelle di Mario Giordano e Carlo Freccero (in tandem con Barbara Palombelli) hanno cominciato a smontare la farsa che tiene in ostaggio l’Occidente da un anno e mezzo, mentre il resto del mondo se ne va liberando e gran parte dell’Europa – dalla Gran Bretagna alla Spagna, passando il Nord Europa e l’Est Europeo – non intende seguire l’Italia nella sua pericolosa follia. Le cifre sono lapidarie: in Inghilterra, 9 malati su 10 sono stati “vaccinati” (fonte: il ministero della sanità britannico). Analogo il bilancio di Israele: gli ospedali sono pieni di pazienti Covid, reduci anche da tre dosi di siero. Eppure, secondo Bergoglio, sottoporsi all’inoculo sarebbe “un atto d’amore”. E per Draghi, addirittura, sottrarsi all’iniezione equivale a commettere omicidio. Testualmente: «Se non ti vaccini, ti ammali e muori. E fai morire anche gli altri». E’ vero il contrario: secondo l’Ema, sono ormai 24.000 le morti sospette e direttamente correlabili all’inoculo, senza contare i 2 milioni di europei costretti a ricorrere a cure sanitarie dopo l’iniezione.Il cosiddetto vaccino-Covid non protegge nessuno: né chi lo ha assunto, né le persone che vengono in contatto con i “vaccinati”, che possono restare contagiosi. Nonostante questo, il governo Draghi vara l’obbligo vaccinale mascherato, grazie al ricatto del Green Pass, infliggendo alla popolazione italiana la più grande confisca delle libertà personali e degli stessi diritti umani. A motivare la ribellione morale di tanti milioni di cittadini è proprio la piena consapevolezza dell’abuso fondato sulla menzogna, commesso dopo aver negato, oscurato e criminalizzato le terapie che consentono di trattare il Covid come qualsiasi altra malattia. Il fatto che solo per questa patologia venga messo in piedi un regime che non ha precedenti, nella storia degli ultimi settant’anni, annulla di per sé il valore di qualunque possibile intervento l’esecutivo possa promuovere, per ridare fiato all’economia dopo il blackout del 2020, che è stato un vero e proprio colpo di grazia dopo decenni di rapina neoliberista ed eurocratica, orchestrata da strateghi come lo stesso Draghi.Se la politica è clinicamente morta e i reggenti (tutti quanti, da Confindustria ai sindacati) si accodano alle direttive autoritarie del governo zootecnico, c’è chi tiene duro e continua a marciare “in direzione ostinata e contraria”, per citare l’anarchico Fabrizio De André. Tra questi, spicca la figura atipica di Michele Giovagnoli, alchimista, di professione formatore. Già all’inizio del 2020 aveva fiutato il Grande Freddo in arrivo, e negli ultimi due mesi si è messo in marcia, visitando le principali piazze italiane, per il suo “Agorà d’amore”. Incontri entusiasmanti, rincuoranti, seguiti (sul web) da decine di migliaia di persone. “Il santone dell’amore”, lo ha prontamente ribattezzato il “Resto del Carlino”, canzonandolo per l’esposizione del simbolo della sua campagna: il cuore. Messaggio esplicito: se si archivia la sterile protesta e, semplicemente, si abbandona il campo in nome dei valori umani più autentici, si aiuta a far nascere una comunità alternativa e non più solo di nicchia, con le sue scuole parentali ormai affollate di alunni e insegnanti decisi a stare alla larga dalla scuola pubblica, trasformata in reclusorio per bambini.In altre parole: disertare, per sottrarsi a ogni ricatto e restare liberi. Fa paura, tutto questo? Sembrerebbe di sì, se è vero che il 25 settembre le autorità di Roma hanno negato a Giovagnoli il permesso di incontrare i suoi supporter in piazza Campo dei Fiori, ai piedi della statua di Giordano Bruno. Un modo come un altro per impedirgli di parlare, da quel luogo simbolico. Corsi e ricorsi: il 17 febbraio 1600 fu messa la mordacchia, a Filippo Bruno da Nola, già frate Giordano, in modo che non potesse rivolgere neppure un estremo saluto alla folla che si era radunata per assistere alla sua morte. Dava così fastidio, l’idea che Giovagnoli potesse richiamare direttamente il sacrificio di Giordano Bruno e la sua titanica fermezza nel rifiutare l’abiura? Giovagnoli omaggia i tanti italiani che stanno pagando di persona per sottrarsi al ricatto. Come Andrea Camperio Ciani, sociologo di fama internazionale, che ha lasciato un presidio culturale prestigioso come l’Università di Padova.Non certo una città a caso, ricorda Michele, in un video girato a tarda ora dopo aver dovuto abbandonare Roma: come dimenticare il padovano Palazzo della Ragione, realizzato da Pietro D’Abano con il contributo di personaggi come Giotto e Dante? Concepirono un meraviglioso zodiaco vivente, per insegnare a leggere le energie dell’universo (la cui divulgazione portò Giordano Bruno sul rogo). Tre secoli prima, il Palazzo della Ragione – ispirato all’antico Calendario Tebaico Egizio – era costato la vita anche a Pietro d’Abano: arrestato, torturato, ucciso, processato e infamato anche da morto (la salma, riesumata per essere bruciata). «Sono tanti, oggi, gli eroi che si stanno muovendo al nostro fianco», dice l’alchimista Michele. Tra questi il dottor Riccardo Szumski, medico e sindaco di Santa Lucia di Piave, Treviso: per aggirare vaccino-Covid e Green Pass ha trasferito il suo ufficio in piazza, allestendo un gazebo.Onore anche al maestro Stefano Leoni, docente e vicedirettore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino: «Si è dimesso da vicedirettore, ma non da docente: continuerà a insegnare online per non abbandonare i suoi ragazzi». Ha tanti volti, l’Italia libera che sta sorgendo in questi giorni: centinaia di insegnanti rifiutano di tornare in una scuola dell’orrore, trasformata in carcere. Francesca Del Santo, professoressa di biologia a Sacile (Pordenone) ha scelto di restare a casa. «Pensate agli ex allevi di questi insegnanti, a come saranno fieri di loro: non si sono comportati come i cantanti italiani, gli idoli dei ragazzi, che oggi se ne stanno ben zitti, tutti quanti, di fronte a quello che sta succedendo». E’ un’Italia degna, quella che si va disvelando giorno per giorno: come nel caso di Fabrizio Masucci, presidente e direttore del Museo Cappella Sansevero di Napoli, che ospita il “Cristo velato” di Giuseppe Sanmartino. Anche Masucci ha fatto la sua scelta: dimissioni.«Sono persone che tengono la schiena diritta», dice Giovagnoli, «e ricordano a tutti cos’è davvero l’umanità». Applausi anche «ai docenti dell’Alto Adige che si sono dimessi o si sono fatti sospendere, per tener fede alla loro dignità: grazie a tutti loro, questo tempo finirà». Un messaggio diretto, rivolto ai “disertori”: «Tornerete di fronte ai vostri ragazzi e sarete riconosciuti come quelli che hanno saputo resistere, uomini e donne, tutti pronti a immolarsi per essere fedeli a una causa più alta». Dagli insegnanti alla sterminata lista dei medici, intimiditi e vessati: come Massimo Citro, «fermissimo nelle sue convinzioni nonostante le insolenze subite in televisione: un atteggiamento, il suo, che rivela la stessa fermezza dimostrata da Luc Montagnier». Per inciso: il tour di Michele Giovagnoli è interamente dedicato al dottor Giuseppe De Donno, martire italiano delle cure per il Covid.“Un altro mondo è possibile”, era lo slogan dei No-Global che a furono letteralmente fatti a pezzi nelle strade di Genova, vent’anni fa. Sembrava l’ultimo rigurgito, fuori tempo massimo, del fuoco innescato nel Sessantotto. «Il potere aveva davvero paura di quei ragazzi», ha dichiarato Wayne Madsen, già dirigente dell’intelligence Usa: «Nel 2001 le multinazionali avevano il terrore di un movimento così trasversale e universale, deciso a contestare il tipo di globalizzazione che si andava costruendo». Di lì a poco crollarono le Torri Gemelle, segnando l’agenda del ventennio: guerre, terrorismo, austerity finanziaria. Poi è arrivato il morbo di Wuhan, a chiudere il cerchio. Mezza Europa è determinata a uscire dall’incubo, nel quale paesi come l’India e la Russia non sono mai neppure entrati. Sotto tiro restano Usa e Canada, Australia, Nuova Zelanda e Francia, mentre l’Italia politica (annichilita, azzerata) sottoscrive il delirio inaugurato da Conte e ora reso permanente da Draghi.In questi mesi, Michele Giovagnoli ha riscaldato cuori e contribuito a contenere lo smarrimento di decine di migliaia di persone, tradite dal governo. Che fare? Semplice: restare fermi, immobili, di fronte alle intimidazioni. E cominciare a disertare ristoranti, cinema, manifestazioni. Il Green Pass? No, grazie. Dovremo rinunciare a molti aspetti piacevoli della vita? Sì, ma temporaneamente. Perché – dice Michele – se saremo abbastanza numeri (e lo siamo, a quanto pare) il governo non potrà permettersi il costo anche economico di una diserzione di massa. Comunque la si veda, la politica della paura e della coercizione (che collega Conte a Draghi, senza soluzione di continuità) sta rendendo palese la natura di una certa declinazione del potere, facendo scoprire definitivamente “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Non è per niente allettante, il mondo che stanno apparecchiando. E francamente, non lo era neppure prima che l’abisso si spalancasse.«Noi siamo quelli “sbagliati”», ammette Giovagnoli. «Quelli che vorrebbero utilizzare il cuore, come strumento fondamentale: per questo ci hanno sempre canzonato, fino a emarginarci». Le rivolte studentesche di mezzo secolo fa? «Forse erano troppo in anticipo, sui tempi». Però avevano inaugurato un certo risveglio delle coscienze. «Ora ci hanno sottoposti a una magia potente, quella della paura. Ma così hanno gettato la maschera, mostrando il loro vero volto: non sono qui per fare il nostro bene». Il divorzio sociale è ormai una realtà: è incalcolabile, la quota di cittadini che non si fidano più dei media, dei partiti e delle istituzioni. Sullo strumento della politica, Giovagnoli non scommette più: non c’è più tempo, dice. Le cose ci stanno crollando addosso alla velocità della luce. Non c’è altro da fare, insiste: restare fermi, non aderire a quanto ci viene proposto. «La nostra passività può riuscire addirittura devastante, per chi ha cattive intenzioni: lo dimostra la storia di Gandhi». Tempi durissimi, in arrivo: «Ci sarà un prezzo da pagare, certo. Ma ricordiamocelo: liberi siamo arrivati, su questa Terra, e liberi torneremo a casa».Di cosa ha paura, il governo che prende a sprangate in faccia gli italiani, trattandoli come animali d’allevamento? Le piazze ribollono, contro l’incombente dittatura sanitaria. Ma forse gli slogan furenti sono più facili, da tollerare, rispetto ai messaggi realmente rivoluzionari: forse anche perché il sentimento della rabbia può essere “nutriente”, per chi esercita il dominio, quasi quanto l’altrui sofferenza, l’altrui dolore? Un male in questo caso inferto a milioni di persone mentendo a tutti, cioè raccontando ancora la fiaba di un’emergenza artificiale, per avere l’alibi che porti a quello che fin dall’inizio era il vero obiettivo, la digitalizzazione totale di massa imposta per decreto. Il sogno di Davos: l’obbedienza universale definitiva, per via cibernetica, pensata per una popolazione post-democratica (che l’Istat prevede in forte declino demografico, immaginando un’Italia dimezzata e ridotta a una nazione di appena 32 milioni di persone).
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Maggiani: libertà, è la legge che batte nel nostro cuore
“Il cavaliere dell’eterna gioventù seguì, verso la cinquantina, la legge che batteva nel suo cuore”. E’ un verso del poeta Hikmet, il poeta turco rivoluzionario che ha passato più vita in galera che libero. Ed è l’origine del titolo, “L’eterna gioventù”, della mia storia. E’ l’eterna gioventù di chi vive per la vita, di chi vive le epoche della storia sapendo che la sua missione di umano, la sua missione di cavaliere (perché è Don Chisciotte, il cavaliere dell’eterna gioventù) è quella di continuare indefesso. Sempre, fino alla fine, e la fine non arriverà mai: non ci sarà mai, una fine, perché la storia non ha mai fine. La sua missione è quella di continuare a seguire la legge del suo cuore. La legge che lo vuole rivoltoso, che lo vuole ostinato rivoltoso contro il sopruso, contro la servitù, contro la stupidità, contro l’oppressione. Questo libro è dedicato ai perseveranti. Io conosco i perseveranti: ho avuto la gioia e l’onore di conoscerne tanti, nella vita. Io stesso vorrei potermi dire un perseverante.I perseveranti sono quelli che vivono le epoche, le stagioni, gli anni della vita senza mai retrocedere dai principi che li guidano, dalla legge che batte nel loro cuore. I perseveranti sono i retti, sono i giusti, sono gli indomiti, sono i coraggiosi. Ma sono anche gli allegri, i gioiosi: che attraversano le epoche sapendo di lavorare per la vita, e mai per la morte. Io ho raccontato questa storia per noi, per me e per voi. Per noi che ci sentiamo sconfitti, che ci sentiamo derubati, che ci sentiamo annientati dallo strapotere del vincitore: il potere assoluto che governa ogni cosa della nostra vita. Governa addirittura i nostri sogni: sa come reprimerli, sa come cacciarli in un angolo buio dove fatichiamo anche noi a cercarli e a trovarli. E ci porta via una cosa che è preziosa. E’ preziosa, per la nostra vita. E’ preziosa per vivere, non per sopravvivere: ci porta via le nostre storie. Come possiamo, senza le nostre storie? Senza le nostre leggende…Le leggende che hanno tenuto assieme i nostri padri, i padri dei nostri padri: tenuti assieme in una storia comune, in un’identità comune, universale. Le nostre storie: le storie dei nostri eroi. Le storie degli eroi che sono dimenticati, o che non hanno mai avuto voce, ma che sono vissuti, che vivono, che stanno vivendo. Anche questa è un’epoca di eroi. Solo che è difficile trovarli, nella melma in cui, come in un girone dell’inferno, il potere degli usurpatori ci vuole tenere. Io credo che la mia storia sia un dovere civile (averla scritta e raccontata): il dovere – per quello che posso, e non è tanto – di ricostruire una delle molte leggende. Tenere assieme le molte storie che conosco, che mi sono state raccontate. Tenerle assieme alle mie storie, alle storie nostre.Ho raccontato una storia molto lunga, che comincia “nel fosco fin del secolo morente”, alla tragica fine del XIX secolo, e arriva a domani. Perché sì: perché c’è un domani, nella storia. Perché c’è un domani per me, c’è un domani per noi, c’è un domani per voi. C’è, ci deve essere. E le nostre storie servono a farci camminare a testa alta. Servono a farci essere felici di ciò che siamo: felici di una cosa forse terribile, ma vera e sacrosanta. Cioè: felici di combattere, sapendo che possiamo essere sconfitti, ma sapendo che la storia non finisce mai. Mai: l’ultimo atto non è stato ancora scritto. E non è detto che si possa vivere sempre e solo nella sconfitta: si può vivere anche nelle vittorie. E’ possibile. E’ quello che possono fare gli umani. E’ quello che possiamo fare noi.Io non posso convincervi a leggere la mia storia. Posso solo convincervi a questo: a partecipare, nelle vostre storie. E se sono anche le mie, allora lo facciamo assieme: partecipare di una storia comune, mettere insieme i brandelli dispersi delle grandi, grandi vite che ci hanno preceduto, e delle grandi vite che ancora stiamo vivendo. Tornare a mettere insieme la grande leggenda degli uomini liberi. La grande leggenda che vive nella storia. Le leggende non sono favole. Le leggende sono grandi storie dentro la storia, che vivono della storia e sono più grandi, anche, della storia. Perché la storia scritta nei manuali non può (e a volte non vuole) contenere le vite, ma solo i documenti, solo gli oggetti, solo le cose morte che restano per poter essere compulsate e poter essere indagate. No, la storia è fatta delle vite. E ogni vita è una grande vita. E mettere assieme grandi vite è mettere assieme una grande leggenda: la nostra grande leggenda.(Maurizio Maggiani, video-presentazione del suo ultimo romanzo, “L’eterna gioventù”, appena uscito per i tipi di Feltrinelli).“Il cavaliere dell’eterna gioventù seguì, verso la cinquantina, la legge che batteva nel suo cuore”. E’ un verso del poeta Hikmet, il poeta turco rivoluzionario che ha passato più vita in galera che libero. Ed è l’origine del titolo, “L’eterna gioventù”, della mia storia. E’ l’eterna gioventù di chi vive per la vita, di chi vive le epoche della storia sapendo che la sua missione di umano, la sua missione di cavaliere (perché è Don Chisciotte, il cavaliere dell’eterna gioventù) è quella di continuare indefesso. Sempre, fino alla fine, e la fine non arriverà mai: non ci sarà mai, una fine, perché la storia non ha mai fine. La sua missione è quella di continuare a seguire la legge del suo cuore. La legge che lo vuole rivoltoso, che lo vuole ostinato rivoltoso contro il sopruso, contro la servitù, contro la stupidità, contro l’oppressione. Questo libro è dedicato ai perseveranti. Io conosco i perseveranti: ho avuto la gioia e l’onore di conoscerne tanti, nella vita. Io stesso vorrei potermi dire un perseverante.
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Giordano, Freccero: la verità in Tv dopo un anno e mezzo
Sta accadendo qualcosa di inaudito: stiamo assistendo a ripetuti atti di coraggio, da parte di giornalisti che hanno cominciato ad aprire gli occhi e non ne possono più, della narrazione corrente. Il primo a rompere il silenzio è stato Mario Giordano, su Rete4, che ha messo in dubbio la verità ufficiale sul Covid. Ebbene, Giordano è stato ferocemente attaccato dai vertici Mediaset. Attraverso “Dagospia”, ha anche fatto trapelare spezzoni di conversazioni avute con Fedele Confalonieri, che lo ha minacciato nei modi più inimmaginabili. Eppure, nonostante questo, c’è chi demonizza Giordano come finto eroe, come “gatekeeper”. Un osservatore indipendente come Cesare Sacchetti oggi arriva scrivere che Carlo Freccero, protagonista dell’inaudito exploit dalla Palombelli, sarebbe l’ennesimo “falso buono”. Invito Sacchetti, che stimo, a tornare coi piedi per terra. Faccio una premessa: se parlassi del contenuto di tutte le informative che ricevo, rischierei di compromettere alcune operazioni che sono in itinere. Ebbene: oltre un mese fa mi avevano anticipato che diversi giornalisti e personaggi televisivi, fra cui Paolo Mieli, Marco Travaglio, Barbara Palombelli (e altri nomi, che per ora non faccio) avrebbero cominciato a uscire dal coro.
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Abbandonare l’Italia, oppure resistere alla “dittatura”?
Ormai la stessa voce si rincorre ovunque, anche sui canali web più battuti, come quello di Claudio Messora: abbandonare l’Italia. Per scappare dove? Ovunque i cittadini non siano obbligati a subire il ricatto psico-sanitario, degno di una dittatura. Tutto era cominciato con il grottesco Conte, capace di imporre il lockdown e di invitare a Roma gli “specialisti” cinesi per farsi spiegare (da loro) come gestire la Grande Emergenza, che da noi è letteralmente esplosa dopo aver ignorato il piano pandemico dell’Oms, proibito le autopsie e negato le cure nel frattempo messe a punto dai medici. Poi è arrivato Draghi, con un imperativo categorico: riparire il paese. Ma a una condizione: prima, sottoporre l’intera popolazione alla “timbratura digitale” corporea, presentata come “campagna vaccinale” (mutuando quindi il termine da un presidio sanitario che appartiene alla storia della medicina moderna: il vaccino, ossia l’inoculo dell’agente patogeno depotenziato).Stavolta la faccenda è diversa: niente patogeno. In compenso, nei preparati compare l’ossido magnetico del grafene, virtualmente adatto a “dialogare a distanza” con le antenne 5G nel frattempo installate in tutta la penisola. Chi chiama “no vax” i tanti cittadini che ancora resistono all’imposizione del Tso, magari accusandoli di avere “paura del vaccino”, forse dimentica che a scatenare l’indignazione dei più è semmai il disprezzo che il governo mostra nei loro confronti, calpestando le libertà elementari: fino al punto di arrivare all’ingiunzione ricattatoria più estrema, la perdita del posto di lavoro. Di fronte a questo, cambia l’ordine di grandezza del ragionamento: se oggi mi costringi a questo, sulla base di invenzioni fraudolente (e continuando a ignorare le terapie domiciliari), domani che cosa arriverai a impormi? Ergo: se cedo oggi, non rischio forse di consegnarmi a un futuro da pecorella “cinese”, col suo bravo certificato provvisorio di buona condotta?Questo il sentimento dei tanti milioni di italiani finora restii a cedere: il loro timore è quello di veder archiviato anche l’ultimo residuo scampolo di democrazia. Di qui la tentazione di fare i bagagli, fuggendo all’estero: Spagna, Danimarca, Est Europa, Gran Bretagna. Persino la Russia di Putin, ad alcuni, appare oggi preferibile alla nuova “democratura” italica, dove la marchiatura di massa è potuta procedere (e nemmeno con successo) solo ricorrendo alla menzogna, alla minaccia e all’uso della forza. Si susseguono manifestazioni di piazza contro il Green Pass, c’è chi raccoglie firme per un referendum. Ma il governo Draghi tira dritto, come se gli italiani non esistessero proprio: forse potrebbe fermarlo solo uno sciopero generale, a oltranza. Qualcosa di ultra-utopico, però, se si considera il profilo politico della Cgil di Landini. In compenso, si moltiplicano i fenomeni di resistenza individuale: nuove piattaforme web prenotano bambini e docenti per dribblare la scuola statale, trasformata in gabbia per animaletti domestici dotati di museruola e lasciapassare.Di fronte all’estrema intimazione – quella del trattamento digitale obbligatorio, spacciato per sanitario – rischia davvero di rompersi il patto sociale, come avverte Massimo Cacciari, specie se dalla politica non emerge una sola voce in grado di opporsi a una simile, tenebrosa deriva. Lasciare l’Italia, come ormai si ventila anche dalle parti di “ByoBlu”? Dal canto suo, una voce come quella di Nicola Bizzi si sfoga: perché invece non denunciare l’Italia a livello internazionale, lanciando una sorta di embargo come quelli che colpiscono le dittature? Gli italiani all’estero sono 4 milioni, mentre sono ben 200 milioni i cittadini di origine italiana che abitano i quattro lati del mondo: non è possibile che restino insensibili al grido di dolore che dovessere sorgere dalla madrepadria dei loro antenati. Cosa sta succedendo, in Italia? Se lo domandano un po’ dappertutto: ma da noi ne parla pubblicamente solo “La Verità”, il quotidiano di Maurizio Belpietro, l’unico a svolgere ancora funzioni giornalistiche.Non che il resto del mondo emetta segnali rassicuranti: in Germania molti politici vorrebbero imitare l’Italia, mentre nella Francia di Macron è stato cacciato da Marsiglia un luminare come il professor Didier Raoult, scopritore dell’efficacia dell’idrossiclorochina. Anche da noi i caduti non si contano più: se Giuseppe De Donno è stato trovato appeso a una corda, a Mantova, dopo aver sperimentato con efficacia il plasma iperimmune (e aver vagheggiato l’apertura di un centro clinico speciale, per guarire i malati usando proprio la plasmaferesi), a Novara un medico in prima linea come il primario infettivologo Pietro Luigi Garavelli, con alle spalle brillanti successi nelle terapie-Covid, è arrivato a gettare la spugna: sta valutando la possibilità di abbandonare la professione medica. Uno spettacolo terribile, al quale assistono sgomenti milioni di italiani: quelli che sanno perfettamente quante decine di migliaia di pazienti sono stati guariti, da casa, dai medici coraggiosi come quelli di “Ippocrate”.L’aria che tira, in alcuni paesi leader dell’Occidente, non è equivocabile: negli Usa, 24 Stati sono sul piede di guerra contro Biden, che ha manifestato l’intenzione di rendere obbligatoria la “timbratura”, per tutti. Il che fa pensare a qualcosa di sinistro: nessuna ragione, al mondo (men che meno, il morbo “pandemico” di Wuhan), autorizza la necessità sanitaria di misure così categoriche, evidentemente motivate da ben altre finalità. Colpisce la gran fretta dei “vaccinatori”: come se davvero – ipotizza qualcuno – temessero la scadenza del 2024, astrologicamente propizia ai grandi rivolgimenti sociali, di portata epocale, magari corroborata da possibili interventi “esopolitici” come quelli evocati da chi si interroga sulla curiosa coincidenza della “disclosure aliena”, o almeno sull’apertura – di punto in bianco – dei dossier ufficiali che ammettono l’esistenza degli Ufo, ribattezzati Uap. Fantapolitica? Lo è anche l’agenda del Green New Deal, secondo cui le variazioni climatiche dipenderebbero dalle emissioni umane.L’Italia traccia le strade, diceva Steiner. Nel bene e nel male: è italiano il copyright del fascismo, ma anche quello del Rinascimento (la maggiore rivoluzione culturale del millennio precedente). Era italiano anche il più clamoroso Grande Reset del primo millennio: l’avvento del cristianesimo romano, reso brutalmente obbligatorio da Teodosio. Non è certo la prima volta, che le persone finiscono in trappola. Stavolta la corda potrebbe spezzarsi? Dipende: basta non aspettarsi più niente, dalla politica. E’ la tesi di un alchimista come Michele Giovagnoli, secondo cui l’élite che manovra i governi è addirittura antica, vecchia di migliaia di anni, abituata a impartire ordini disumani. Oggi i dominatori mostrano una gran fretta, come se temessero di avere i giorni contati. Lasciare l’Italia? Giovagnoli suggerisce un Piano-B: resistere. Perché – dice – l’aggressività del potere tradisce la sua debolezza, la sua fragilità.Numeri: è ancora molto consistente, la quota di cittadini decisi a non subire il ricatto. E metà di quelli che hanno ceduto l’hanno fatto per disperazione, maledicendo chi li ha costretti. Non è propriamente un vanto, per un governo che parla di rilancio della nazione: che razza di economia ci si può attendere, da una società post-democratica imbrogliata e letteralmente piegata con l’intimidazione e la coercizione? La partita è aperta, dicono gli ottimisti: oltre metà del mondo non ne vuole più sapere, di quest’incubo fabbricato da pericolosi cialtroni. Nel mirino a quanto pare resta soprattutto l’Occidente: è l’uomo bianco, a essere vessato e colpito. Si era illuso che fosse irreversibile, la sontuosa libertà relativa che gli sembrava di aver raggiunto? Tragico errore di valutazione, se è vero che diversi italiani – scopertisi soli, traditi e abbandonati da qualsiasi organizzazione politica – ora accarezzano davvero l’idea di scappare come profughi, lasciandosi alle spalle il paese più bello del mondo.Ormai la stessa voce si rincorre ovunque, anche sui canali web più battuti, come quello di Claudio Messora: abbandonare l’Italia. Per scappare dove? Ovunque i cittadini non siano obbligati a subire il ricatto psico-sanitario, degno di una dittatura. Tutto era cominciato con il grottesco Conte, capace di imporre il lockdown e di invitare a Roma gli “specialisti” cinesi per farsi spiegare (da loro) come gestire la Grande Emergenza, che da noi è letteralmente esplosa dopo aver ignorato il piano pandemico dell’Oms, proibito le autopsie e negato le cure nel frattempo messe a punto dai medici. Poi è arrivato Draghi, con un imperativo categorico: riaprire il paese. Ma a una condizione: prima, sottoporre l’intera popolazione alla “timbratura digitale” corporea, presentata come “campagna vaccinale” (mutuando quindi il termine da un presidio sanitario che appartiene alla storia della medicina moderna: il vaccino, ossia l’inoculo dell’agente patogeno depotenziato).
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Draghi, Greta e l’ultimo delirio: i lockdown “climatici”
Lo storico fiorentino Nicola Bizzi non è certo un futurologo, ma spesso le sue previsioni risuonano poi nella cronaca. L’ultimissima ha preceduto le notizie di oggi, che vedono Mario Draghi in prima linea nel disegnare la nuova emergenza mondiale, quella climatica. E’ destinata a rimpiazzare il sempre più logoro spauracchio del Covid, vale a dire la più grande “pandemia di asintomatici” della storia, per citare la bocconiana eretica Ilaria Bifarini. L’economista è autrice de “Il Grande Reset”, saggio esemplare che mostra come si possa approdare all’orrenda “nuova normalità” dopo aver letteralmente inventato l’apocalisse sanitaria, negando le cure allo scopo di scatenare la crisi ospedaliera e il panico globale, per arrivare dritti al vero risultato atteso, fin dall’inizio, dall’élite di Davos: la digitalizzazione corporea definitiva dell’homo sapiens, a scopo di dominio, usando come alibi la profilassi sanitaria obbligatoria, cioè il Tso che il governo Draghi oggi impone in modo brutale e sfrontato, chiamandolo addirittura “vaccino”.
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Carcere, se si nega ancora la pericolosità del wireless 5G
Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».Naturalmente, in Italia, di 5G è praticamente vietato parlare: chi è vicino al potere si mette a ridere, appena qualcuno accenna alle diffuse preoccupazioni per il wireless di quinta generazione, che si è fatto strada in modo particolarmente subdolo. Proprio per agevolare l’installazione della rete 5G sarebbero stati rasi al suolo decine di migliaia di grandi alberi, nei centri abitati della penisola. E lo stesso governo inglese, come documentato da Massimo Mazzucco, ha ammesso la correlazione: le fronde degli alberi (ricche di acqua) frenano la trasmissione del segnale, assorbendo le onde. In una sconcertante intervista realizzata da Red Ronnie, un prestigioso medico come Massimo Melelli Roia ha ricordato che, durante il lockdown 2020, gli unici “lavori in corso” erano quelli – semi-clandestini, anche notturni – per l’installazione delle antenne 5G. Il dottor Roia è fra quanti temono danni incalcolabili, anche neurologici, da ogni tipo di rete wireless.Vari scienziati – ricorda Melelli Roia – parlano addirittura del rischio di estinzione dell’umanità, nell’arco di sole 5 generazioni, a causa dell’infertilità maschile che potrebbe essere indotta dalle emissioni d’onda, capaci di manomettere il nostro assetto genetico. Se in Germania a finire nei guai è stato un personaggio come Lerchl, è la stessa autorità pubblica, in materia (l’Icnirp, un ente privato con sede a Monaco) a negare tuttora che il 5G possa rappresentare un pericolo. La corte di Brema ha condannato Lerchl anche per aver falsificato il materiale esibito, nel tentativo di dimostrare l’innocuità del nuovo wireless. Nulla che sfiori il governo italiano, dove è presente un super-tecnocrate come Vittorio Colao, massimo “profeta” del 5G nel Belpaese. Sul wireless di quinta generazione, del resto, si basano le proiezioni del Grande Reset di Davos, adottate dal Green New Deal dell’Unione Europea. Avanti tutta, verso quello che – insieme alla campagna “vaccinale” – ha l’aria di poter essere il peggior attentato alla salute pubblica nella nostra storia?Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».Naturalmente, in Italia, di 5G è praticamente vietato parlare: chi è vicino al potere si mette a ridere, appena qualcuno accenna alle diffuse preoccupazioni per il wireless di quinta generazione, che si è fatto strada in modo particolarmente subdolo. Proprio per agevolare l’installazione della rete 5G sarebbero stati rasi al suolo decine di migliaia di grandi alberi, nei centri abitati della penisola. E lo stesso governo inglese, come documentato da Massimo Mazzucco, ha ammesso la correlazione: le fronde degli alberi (ricche di acqua) frenano la trasmissione del segnale, assorbendo le onde. In una sconcertante intervista realizzata da Red Ronnie, un prestigioso medico come Massimo Melelli Roia ha ricordato che, durante il lockdown 2020, gli unici “lavori in corso” erano quelli – semi-clandestini, anche notturni – per l’installazione delle antenne 5G. Il dottor Roia è fra quanti temono danni incalcolabili, anche neurologici, da ogni tipo di rete wireless.Vari scienziati – ricorda Melelli Roia – parlano addirittura del rischio di estinzione dell’umanità, nell’arco di sole 5 generazioni, a causa dell’infertilità maschile che potrebbe essere indotta dalle emissioni d’onda, capaci di manomettere il nostro assetto genetico. Se in Germania a finire nei guai è stato un personaggio come Lerchl, è la stessa autorità pubblica, in materia (l’Icnirp, un ente privato con sede a Monaco) a negare tuttora che il 5G possa rappresentare un pericolo. La corte di Brema ha condannato Lerchl anche per aver falsificato il materiale esibito, nel tentativo di dimostrare l’innocuità del nuovo wireless. Nulla che sfiori il governo italiano, dove è presente un super-tecnocrate come Vittorio Colao, massimo “profeta” del 5G nel Belpaese. Sul wireless di quinta generazione, del resto, si basano le proiezioni del Grande Reset di Davos, adottate dal Green New Deal dell’Unione Europea. Avanti tutta, verso quello che – insieme alla campagna “vaccinale” – ha l’aria di poter essere il peggior attentato alla salute pubblica nella nostra storia?Osi negare che il wireless 5G possa essere dannoso, per l’organismo? Peggio per te: ti farai 6 mesi di carcere o, a scelta, sborserai 250.000 euro di multa. E’ la pena comminata in Germania, a inizio anno, a un noto propagandista del 5G: il professor Alexander Lerchl, biologo dell’università di Brema. «Da oltre un decennio – ricorda Maurizio Martucci su “Oasi Sana” – il docente continuava a negare sia il nesso causale dell’insorgenza cancerogena che la possibile rottura del Dna dovuta all’esposizione cronica da radiofrequenze non ionizzanti, le stesse del 5G e di tutti gli altri standard wireless». Per questo è stato condannato: pena replicabile, si legge nella sentenza, ad ogni eventuale reiterazione del reato. «Con questa storico e inedito pronunciamento – osserva Martucci – i giudici tedeschi hanno praticamente messo una pietra tombale sul “neagazionismo del danno”, spostando ora la questione della moratoria 5G: dal blando “principio di precauzione” al più evidente “principio di prevenzione”».
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Sipario su Wuhan, ma continua la farsa del grande show
Il sipario è calato su Wuhan. Dalla misteriosa città cinese non trapela più nulla, quasi fosse svanita nella nebbia. Quasi fosse sprofondata nelle sabbie mobili del tempo e della memoria. Eppure tutto ebbe origine proprio da lì. Dai suoi mercati, stracolmi di enormi pipistrelli da degustare. Dai suoi laboratori, ricolmi di virus pronti ad infettare il mondo intero. Sembra passata un eternità dai soprannaturali svenimenti in strada, dalle fulminanti morti provocate dal terribile patogeno. Pare notizia del secolo scorso l’atterraggio della task force cinese in Italia per dettare le linee guida, la strategia bellica da seguire nella lotta al nemico invisibile. «Troppa gente in giro», urlavano minacciosi al volgo disperso. Eppure non se ne parla più, come se nulla fosse mai accaduto. Come se a Chernobyl, dopo l’esplosione della centrale nucleare, le conseguenze si fossero viste ovunque tranne che nel disgraziato luogo dell’incidente.Il sipario è calato sull’India. I cadaveri in strada, le cremazioni, le colonne di fumo, i bagni nel Gange. Sembrano i colori sbiaditi di un vecchio dipinto astratto, oramai riposto in una polverosa soffitta. Non succede più nulla in Svezia, dove il troppo laissez faire provocava vittime ogni qualvolta nella penisola italica rimbalzasse la notizie del modo troppo rilassato di gestire la pandemia, del diverso approccio alla malattia. Noi, invece, nel Bel Paese, siamo nel mezzo della commedia. Nuovi attori, nuove comparse, nuove varianti, nuovi antagonisti. Nulla sembra intaccare la sceneggiatura ad hoc creata. Atto dopo atto, questa storia fragile fatta di menzogne, contraddizioni, sotterfugi, violenza e discriminazione, va avanti senza giungere ad un acta est fabula.Viviamo tempi oscuri. Giorni, mesi, anni di tenebre che mai avremmo immaginato di affrontare. Chi resiste, oggi, dimostra grande coraggio e forza d’animo. Più di quanto, egli stesso creda di possedere. «Avrei tanto desiderato che tutto ciò non fosse accaduto ai miei giorni», esclamò Frodo. «Anch’io», disse Gandalf, «come d’altronde tutti coloro che vivono questi avvenimenti. Ma non tocca a noi scegliere. Tutto ciò che possiamo decidere è come disporre del tempo che ci è dato» (J.R.R. Tolkien).(Eleonora Renzi Mosio, dalla sua pagina Facebook, 14 settembre 2021).Il sipario è calato su Wuhan. Dalla misteriosa città cinese non trapela più nulla, quasi fosse svanita nella nebbia. Quasi fosse sprofondata nelle sabbie mobili del tempo e della memoria. Eppure tutto ebbe origine proprio da lì. Dai suoi mercati, stracolmi di enormi pipistrelli da degustare. Dai suoi laboratori, ricolmi di virus pronti ad infettare il mondo intero. Sembra passata un eternità dai soprannaturali svenimenti in strada, dalle fulminanti morti provocate dal terribile patogeno. Pare notizia del secolo scorso l’atterraggio della task force cinese in Italia per dettare le linee guida, la strategia bellica da seguire nella lotta al nemico invisibile. «Troppa gente in giro», urlavano minacciosi al volgo disperso. Eppure non se ne parla più, come se nulla fosse mai accaduto. Come se a Chernobyl, dopo l’esplosione della centrale nucleare, le conseguenze si fossero viste ovunque tranne che nel disgraziato luogo dell’incidente.
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Dall’11 Settembre, demolizione controllata dell’umanità
Te la ricordi, quella vecchia storia? Gli aerei che picchiano contro i palazzi? L’America indifesa, il mondo attonito. L’inferno del fumo, le vittime, i soccorritori intossicati e sepolti dalla cenere. Quanto tempo è passato, da allora? Vent’anni. Cioè niente, in teoria, per i tempi della storia. In questo caso, invece, vent’anni sono tutto. Perché ci sono eventi che forgiano il presente, lo rifondano. Sono avvenimenti esiziali, rispetto ai quali esiste un dopo e un prima. Come si viveva, prima? Si era relativamente liberi, mediamente infelici oppure allegri, spensierati, ordinariamente annoiati o magari indignati dalla contabilità delle ingiustizie. La sensazione era che ogni avversità fosse comunque affrontabile, ogni opinione esprimibile e ogni soluzione discutibile, e che le conseguenze non fossero immediatamente globali. Buoni e cattivi recitavano insieme, nell’avanspettacolo della geopolitica, cioè ai piani bassi dove conta davvero il soldo, la paga del mercenario, il cospicuo fatturato occulto dei mandanti.