Archivio del Tag ‘storia’
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L’Italia crolla, ma per fortuna c’è Lupi che tifa Tav
Ci si domanda da quale assurdo mondo parallelo escano le sgangherate parole del partitocrate Maurizio Lupi, oggi ministro, secondo cui la mostruosa e inutile linea Tav Torino-Lione si deve fare, punto e basta, in quanto opera di valore strategico. Trent’anni fa, le onnipotenti élite planetarie in piena globalizzazione modellavano le prime fantasie ferroviarie in chiave post-sovietica, manovrando alla bisogna la servile tecnocrazia europea. A quei tempi era normale ascoltare amenità persino divertenti sul futuro dei trasporti, puro trionfalismo avveniristico di khrusceviana memoria. Molti entusiasti camerieri locali, politici di professione con amici cementieri, all’epoca finirono dietro le sbarre. Ma i loro successori non persero il vizio: certe superstizioni fanta-ferroviarie erano dure a morire. Una in particolare, la Torino-Lione, divenne col passare degli anni una specie di leggenda: il treno superveloce per passeggeri che avrebbe sostituito l’aereo. Il mito resistette persino all’avvento – quello sì rivoluzionario – dei voli low cost: per tenere in vita la bufala della Torino-Lione bastò convertire il progetto, da passeggeri a merci.
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Grillo teme il peggio: Italia alla fame già quest’autunno
Grillo “scommette” sulla catastrofe dell’Italia? C’è da augurarsi che si sbagli, perché nessuno – neppure il fragile “Movimento 5 Stelle”, appeso agli umori del leader – riuscirebbe a salvarsi dal collasso di un paese allo stremo, se davvero nei prossimi mesi dovesse crollare il nostro sistema economico e sociale, con la chiusura in massa di aziende e licenziamenti a tappeto. Eppure, sostiene Aldo Giannuli, l’intransigenza di Grillo – a partire dalla porta sbattuta in faccia a Bersani – si spiega solo con il fondato timore dell’ex comico: Grillo è davvero convinto che l’autunno 2013 sia la prova generale dell’apocalisse. Una burrasca senza precedenti dal dopoguerra, affrontabile solo con una pattuglia di uomini fidatissimi, agli ordini del comandante supremo. Che non ha voluto fidarsi del Pd, neppure di fronte a offerte clamorose: legge anticorruzione, riforma Rai, abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, reddito di cittadinanza, legge sul conflitto d’interesse e magari anche il nome del presidente della Repubblica.
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Barbari sociopatici: profilo dell’élite che domina il mondo
Dal tunnel della crisi c’è una sola uscita di sicurezza. Non è l’economia, ma qualcosa di ancora più importante: si chiama democrazia. «L’alternativa alla società ordinata dal principio economico è la società ordinata dal principio politico». Quindi, «l’alternativa al capitalismo non è una nuova forma economica, ma una nuova forma politica: l’alternativa al capitalismo è la democrazia». Se infatti il capitalismo è in tilt, è solo dalla democrazia che potrà nascerà la nuova funzione economica: «E’ solo dalla civiltà, dalla civis, che può provenire l’emancipazione dalla barbarie». E’ la conclusione a cui perviene Pierluigi Fagan, esplorando la “fenomenologia dello spirito barbaro” che alimenta il pensiero liberale. Punto di partenza: il carattere antisociale di maxi-criminali finanziari come Bernard Madoff o di uomini super-potenti come Lloyd Blankfein, “ceo” di Goldman Sachs. C’è chi li ritiene casi umani, patologici, affetti da sindrome Adp, ovvero “disturbo antisociale della personalità”.
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Ray Manzarek, l’architetto della leggenda chiamata Doors
“Per tutta la vita non facciamo altro che sudare e risparmiare, in vista di una tomba poco profonda. Dev’esserci qualcos’altro, diciamo, per difendere questo posto”. Sono versi tratti da “The Soft Parade”, te la ricordi Ray? Con un post comparso sulla pagina Facebook dei Doors, è stato dato l’annuncio della scomparsa avvenuta all’età di 74 anni di Ray Manzarek, tastierista e fondatore della mitica band. Manzarek è morto in Germania presso la RoMed Clinic di Rosenheim dopo aver combattuto, con il sostegno della famiglia, una lunga battaglia contro il cancro. “Ingegnere del suono” dei Doors, come amava definirsi, Raymond Daniel Manzarek nasce a Chicago il 12 febbraio 1939, e a sette anni ha la sua prima infatuazione per il pianoforte, strumento con il quale incomincia a esplorare le nere strade del blues, del rock’n’roll e del boogie woogie.
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Vandana Shiva: i brevetti sui semi minacciano la libertà
«Vendete agli amici le sementi del pomodoro giallo salentino, che nessuno coltiva più da due secoli? Ronzate su Internet alla ricerca dell’introvabile seme di pera veneta rinascimentale per abbellire il vostro orto? Ebbene, siete da oggi tutti fuorilegge. Come i pirati che scaricano film coperti da copyright, come i ragazzini che trafficano con i Cd copiati dalla Rete». Così Debora Billi, all’indomani di una sentenza della Corte Europea che già nel 2012 prevedeva il divieto di vendere sementi non iscritte allo specifico albo certificato dell’Unione Europea, prima ancora che – nel 2013 – venisse formalmente proposto il “riordino” della materia, attraverso l’Agenzia delle Varietà Vegetali Europee, cui anche i piccoli produttori dovrebbero sottoporsi, per poter commercializzare i prodotti del loro orto. Super-burocrazia per scoraggiare le piccole coltivazioni? Di questo passo, avvertono l’inglese Ben Gabel del “Real Seed Catalogue” e lo scrittore Mike Adams, i divieti potrebbero insidiare persino gli orticoltori amatoriali.
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Giulietto Chiesa: Pd-Pdl agli ordini dei banditi di Bruxelles
Quello che non ci dicono è che la catastrofe finanziaria, energetica e climatica è imminente: deve ancora cominciare tutto, questo è soltanto l’inizio. Dieci milioni di greci e sessanta milioni di italiani, aggiungiamo gli spagnoli, i portoghesi e adesso anche i francesi, sono stati messi in una situazione devastante da un gruppo di persone che dobbiamo individuare. Dobbiamo capire chi ha fatto tutto questo – e si tratta di morti e feriti, strutture sociali devastate. Che Europa è mai questa? E’ l’Europa delle banche, che hanno preso il potere e hanno scritto le leggi europee: questo dovrebbero dire gli economisti onesti. Le leggi europee sono state scritte dai banchieri: non lo dico io, lo dice Tremonti nel suo ultimo libro, ma lo sapevamo già tutti da tempo. Queste norme hanno prodotto una sperequazione sociale gigantesca e hanno creato un debito che è sostanzialmente una truffa. Il “debito buono” è quello che fanno gli Stati con i loro cittadini; il “debito cattivo” è la speculazione, interamente creata dai cosiddetti “mercati” che ci hanno preso per il collo. Perché non diciamo come stanno le cose?
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Krugman: l’élite ci odia e teme chi può salvarci dalla crisi
Noah Smith ha recentemente espresso un interessante punto di vista sui reali motivi per cui le élites sostengono così tanto l’austerità, anche se in pratica non funziona. Le élites, egli sostiene, vedono le difficoltà economiche come un’opportunità per costringere a delle “riforme” – cioè in sostanza i cambiamenti da loro desiderati, che possano servire o meno a promuovere la crescita economica – e si oppongono a tutte le politiche che potrebbero attenuare la crisi senza rendere necessari questi cambiamenti: «Penso che gli “austerians” siano preoccupati che delle macro-politiche anti-recessione consentirebbero a un paese di “cavarsela” nella crisi senza migliorare le sue istituzioni. In altre parole, temono che uno stimolo di successo potrebbe sprecare le possibilità offerte da una buona crisi».
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Crisi senza colpevoli, secondo la Fiom dell’innocuo Landini
Addio Fiom, fine dell’equivoco: Maurizio Landini evita addirittura di denunciare i responsabili della crisi, guardandosi bene dal ventilare possibili soluzioni. Mentre Usa e Giappone reagiscono alla recessione nell’unico modo possibile, cioè battendo moneta sovrana per aumentare la spesa pubblica, l’Eurozona strangolata dalla moneta unica “privatizzata” dalla Bce riduce il bilancio statale alla canna del gas, falcidiando aziende e lavoratori. E il sindacato dei metalmeccanici Cgil che fa? Si limita agli slogan – diritto al lavoro, istruzione, salute, reddito, cittadinanza, giustizia sociale e democrazia – senza neppure dire perché tutti questi obiettivi oggi sono lontani, e per colpa di chi. «Con gli slogan non si otterranno posti di lavoro», avverte Anna Lami, che osserva come la strada maestra seguita dalla Fiom resta «quella delle gite nella capitale assolata, con le celebrity a fare discorsi edificanti dal palco».
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Monika, figlia di nazisti, riuscì a vendicare Che Guevara
Amburgo, Germania, ore 9.40 del 1° aprile 1971. Una bella donna elegante, dagli occhi azzurri, entra nell’ufficio del console della Bolivia, al quale ha chiesto un incontro qualche giorno prima, e attende pazientemente di essere ricevuta. Quando entra nell’ufficio nel suo abito scuro, il console Roberto Quintanilla Pereira resta folgorato dalla bellezza dell’ospite “australiana”, che nell’attesa sta osservando i quadri appesi alle pareti. La ragazza lo fissa negli occhi, poi estrae un revolver e gli spara. Tre colpi a freddo, tutti a segno. Nessuna resistenza, nessuna lotta. Nella fuga, la donna si lascia alle spalle una parrucca, la sua borsa, la sua Colt Cobra 38 Special. E un foglio, sul quale si legge: “Victoria o muerte. Eln”. Il console a terra privo di vita è l’ex colonnello responsabile, meno di quattro anni prima, dell’ultimo oltraggio a Ernesto “Che” Guevara: gli amputò le mani, dopo averlo fatto fucilare a La Higuera il 9 ottobre 1967.
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L’inferno neoliberale: la peggior colpa del genocida Videla
Jorge Rafael Videla, il dittatore argentino dei 30.000 desaparecidos, muore in carcere da sconfitto, da ergastolano, da genocida. Come ha detto Estela Carlotto, la leader delle nonne di Plaza de Mayo, «era un uomo disumanizzato» ed è fin troppo semplice applicare a lui la categoria arendtiana di “banalità del male” di chi mise metodicamente in atto un sistematico piano genocidiario, tendente al sequestro di persona di massa, al furto di ogni bene mobile e immobile delle sue vittime, all’assassinio e alla sparizione di persone. Lasciò i figli senza genitori e i genitori senza figli. Ciò succede in molte guerre di sterminio, ma a Videla e ai suoi non bastava. Perciò, peculiarità creola dell’orrore, volle che i morti restassero senza nome, i desaparecidos, e i vivi – i figli di questi, spesso appena neonati – restassero senza identità. Le puerpere venivano lasciate in vita solo fino al parto e centinaia di bambini furono smistati a caso «per salvare la società occidentale e cristiana».
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Scacco a Obama, padroni del futuro i signori della guerra
L’attentato di Boston, i bombardamenti israeliani su Damasco, la finta crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord: sembrano eventi del tutto scollegati tra loro, ma purtroppo non lo sono. Al contrario, sembrano tutti segnali del convergere verso una “resa dei conti” su scala planetaria, tra Usa e Cina. Riletti in controluce, gli ultimi eventi parlano chiaro: a Boston si fanno prove generali per sospendere la democrazia sostituendola con lo stato d’assedio, utilizzando la paura. In Siria, l’intervento militare di Israele rischia di far precipitare la crisi verso un conflitto epocale con l’Iran. E la sfida ridicola inscenata da Pyongyang serve solo a consentire al Pentagono di traslocare armamenti in prossimità dei confini cinesi. E il presidente Obama? Non pervenuto. E’ lui il cuore del problema: «Adesso – dice Giulietto Chiesa – si vede in trasparenza che l’“uomo nuovo” della politica statunitense ha la stessa libertà di manovra di un fringuello in gabbia».
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Salvatores: la val Susa in un film, grazie a Ridley Scott
Gabriele Salvatores racconterà la resistenza civile della valle di Susa contro il progetto Tav Torino-Lione. Lo farà attraverso la piattaforma di social-movie “Life in a Day”, grazie all’incarico ricevuto da Ridley Scott: «Mi ha chiesto di scegliere una situazione in grado di rappresentare l’Italia, e ho deciso che il luogo giusto è la valle di Susa». L’annuncio è storico: Salvatores l’ha dato in diretta, il 14 maggio, al pubblico di Avigliana che ha accolto calorosamente il Premio Oscar, impegnato a presentare il suo ultimo film, “Educazione siberiana”. La decisione è maturata nel giro di poche ore, dopo l’incontro coi militanti No-Tav al “presidio” di Vaie. Confessioni a cuore aperto, col regista, sulle sofferenze di un territorio sorretto da una straordinaria mobilitazione popolare, ormai ventennale, contro una grande opera percepita come ingiusta, inutile, pericolosa e finanziariamente sanguinosa per l’Italia. «Questa storia va assolutamente raccontata: me ne incarico personalmente», ha promesso il regista di “Mediterraneo”.