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Covid, guarirete da casa: la tardiva verità dei mascalzoni
Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno mezzo – e 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti – non curati, e ormai gravi – finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?Non è finita: si scopre che i famosi farmaci monoclonali (basati sull’intuizione di Giuseppe De Donno, quella del plasma iperimmune) sono già disponibili dal 7 agosto. E non solo: il direttore dell’Aifa, Giuseppe Magrini, in un’intervista al “Corriere della Sera” (l’8 agosto) ha annunciato che il 30 settembre avrà termine la Grande Campagna Vaccinale di Massa, incentivata dalla “macelleria democratica” introdotta con il Green Pass e il Tso obbligatorio imposto brutalmente a medici, infermieri, insegnanti e studenti, da parte di un governo che ora preme anche sui bambini e, in ogni caso, vieta ai “renitenti” l’accesso a bar e ristoranti, cinema e teatri, mostre e musei, palestre, discoteche, stadi sportivi, concerti e mezzi di trasporto pubblici (per ora, i treni a lunga percorrenza). Misure che sfidano la Costituzione e irritano una parte del sistema giudiziario (Magistratura Democratica), dato il carattere pericolosamente discriminatorio, che ha spinto più d’uno a parlare di “apartheid”.A insorgere (come in Piemonte) sono gli stessi operatori preposti ai controlli, che annunciano che si rifiuteranno di effettuare le verifiche per scoprire chi è davvero in possesso del lasciapassare: l’avvertimento – pubblico – arriva da Protezione Civile, Croce Rossa, Anpas e Associazione Nazionale Carabinieri, mentre la stessa Regione Piemonte scrive al Garante della Privacy per spiegare perché gli esercenti piemontesi non intendono trasformarsi in gendarmi, rendendo grottesco un provvedimento adottato (in questi termini) solo dalla Francia di Macron, oltre che dall’Italia di Draghi e Mattarella. Sullo sfondo, i segnali in arrivo parlano chiaro: cure domiciliari, farmaci monoclonali e fine del tour de force del generale Figliuolo, che ormai intuisce prossima la soglia che vedrà il 70% degli italiani disposti a subire l’inoculo genico, impropriamente chiamato “vaccino”. Tutti indizi che lasciano presagire l’avvicinarsi della fine dell’incubo psico-sanitario inaugurato dal folle lockdown nazionale del 2020 e proseguito con zone rosse e coprifuoco.Scontata la responsabilità dei medici ospedalieri, incolpevoli, che nel marzo 2020 si calcola abbiano contribuito alla morte di moltissimi pazienti, cui fu somministrato ossigeno anziché eparina: i sanitari scambiarono per polmoniti le tante trombo-flebiti improvvisamente c comparse. Resta però il nodo – tutto politico – della questione: i corpi furono inceneriti senza esequie, e soprattutto senza effettuare autopsie, come richiesto dal ministero della sanità. Proprio la violazione di questa pazzesca disposizione permise poi, ai sanitari, di cominciare a “leggere” correttamente la patologia, trovando infine le contromisure cliniche. Con però un enorme limite oggettivo: all’ospedale finivano persone (quasi sempre anziane e già molto malate) ormai alle prese con difficoltà respiratorie acute e la compromissione grave degli organi vitali. Ai medici ospedalieri – rianimatori, in primis – fu quindi chiesto qualcosa di mostruoso: dover necessariamente scegliere chi salvare e chi no, data la marea dei ricoveri simultanei.E tutto questo, dopo che il governo Conte aveva “dimenticato” di aggiornare e comunque attuare il piano dell’Oms per l’emergenza pandemica, che avrebbe verosimilmente limitato i danni, attraverso misure tempestive e selettive. Ma peggio: nonostante la catastrofe della primavera 2020, le negligenze criminose e i reiterati avvertimenti di moltissimi medici (come quelli che ad aprile segnalarono a Speranza l’efficacia di farmaci come il cortisone, senza ricevere uno straccio di risposta dal ministro), si è continuato stolidamente – nell’ultimo semestre di Conte e nel primo di Draghi – a ignorare la scoperta dell’acqua calda, che poi sarebbe questa: se si viene curati in modo ordinario ma tempestivo, a casa, e con farmaci normalissimi, è quasi impossibile finire all’ospedale, anche se si è molto anziani. Lo dimostra il bilancio esibito dai medici-eroi dell’associazione Ippocrate: 60.000 guarigioni domiciliari su 60.000 pazienti, senza neppure un ricovero.Una verità semplicemente insopportabile – ha spiegato Massimo Mazzucco, nel reportage “Covid, le cure proibite” (nel frattempo rimosso da YouTube) – per chi aveva già deciso, da chissà quanto tempo, che dall’incubo di dovesse uscire in un solo modo: con l’inoculo del materiale genico abusivamente chiamato “vaccino”. Spiega Mazzucco: se fosse stata ammessa per tempo, in via ufficiale, l’esistenza di efficaci terapie (quella che viene ammessa oggi, con oltre un anno di ritardo), sarebbe stato impossibile ottenere dall’Ema, e quindi dall’Aifa, l’autorizzazione per i “vaccini genici”, che per legge hanno lo status di farmaci “sperimentali” fino al 31 dicembre 2023. Chiaro, no? Convalidando le cure precoci, sarebbe stato impossibile somministrare quei farmaci, non ancora testati per anni, come invece i vaccini veri e propri. Domanda Mazzucco: quante persone sono morte, nel frattempo, perché lasciate senza cure per troppi giorni e quindi ricoverate ormai tardi? Quante vittime è costato, questo scherzetto che intanto ha fruttato decine di miliardi?E a proposito di business: quello dei tamponi, finora usati come bocca della verità per quantificare i contagi, vale almeno dieci volte tanto, rispetto a quello dei “non-vaccini”. Kery Mullis, Premio Nobel per la Chimica, è l’inventore del test Pcr: ha dichiarato che, se si vuole, si scopre qualsiasi virus in chiunque. Affermazione clamorosa, che i debunker del mainstream (quelli che fanno sparire i video da YouTube) si sono affrettati a smentire in ogni modo: Mullis non avrebbe mai sconsigliato di utilizzare il tampone come cartina di tornasole per il coronavirus. Peccato che a confermarlo siano fior di medici: se si aumentano le “amplificazioni” del campione, portandole a 40-45 (contro le 20-25 consigliate) dal prelievo biologico può emergere di tutto, anche tracce di vecchie influenze, che è facilissimo protocollare come “Covid”. Il dottor Mariano Amici – 2.000 pazienti Covid curati e guariti nelle loro case, a Roma, nel giro di un anno – è diventato famoso, in televisione (fino a essere “cacciato” da Bruno Vespa) facendo risultare “positivo al Covid” un frutto come il kiwi, sottoposto a tampone.I grandi media – tutti asserviti al potere della narrazione dominante (salvo rarissime eccezioni) – hanno partecipato all’operazione psico-terroristica, incoraggiata da Conte anche con moneta sonante: per un anno e mezzo, non hanno fatto altro che amplificare il panico e silenziare chiunque annunciasse soluzioni. Negli ultimi mesi, non potendo più esibire tenebrose processioni di feretri, hanno finto di scambiare i contagi (chiamandoli “casi”) per vere e proprie patologie ospedaliere, sposando in pieno il delirio dei due governi-Covid e dei loro tecnocrati, installati nei posti di comando, a cui hanno fatto eco – ininterrottamente – i virologi televisivi nostrani (tra gli scienziati meno quotati al mondo, stando al ranking ufficiale che si basa sulla reale attività scientifica prodotta). Mai ascoltato un Nobel come Montagnier, e men che meno gli eminenti epidemiologi anti-Ebola che, attraverso la Great Barrington Declaration, già nel 2020 denunciarono la follia delle restrizioni, completamente inutili per il Covid, raccomandando invece l’unica via maestra: le terapie domiciliari sollecite.Così si è arrivati al doppio disastro: la strage sanitaria, divenuta anche umanitaria – con numeri in realtà non controllabili – e la strage politico-democratica, con le proibizioni imposte da Conte (inaudite e terribili, ma temporanee) ora trasformate nella versione di Draghi (meno drastiche ma altrettanto vessatorie, e in più a carattere potenzialmente permanente), di fronte a un ipotetico virus che – lo ha ammesso il Cdc, l’istituto superiore di sanità Usa – non è mai stato neppure “isolato” con certezza, ma solo “sequenziato”. Non a caso, infatti, il “rivoluzionario” preparato genico spacciato per vaccino, celebrato da Big Pharma come vanto della Scienza, non contiene l’agente patogeno, come invece i normali vaccini antinfluenzali: non lo contiene perché, tecnicamente, non esiste? Domanda non peregrina: il professor Stefano Scoglio, candidato al Nobel per la Medicina nel 2018, ha ricordato che lo stesso virus Hiv potrebbe non essere mai esistito, come tale.Non si tratterebbe di una frode scientifica, ha chiarito un chimico farmaceutico come Matt Martini, ma di un possibile, colossale abbaglio: le particelle molecolari oggi chiamate ancora “virus Rna”, un giorno, potrebbero rivelarsi una chimera? Ossia: impronte di materia mai davvero isolate, e “lette” come tali solo in base ad algoritmi digitali, cioè senza ordinari riscontri biologici da laboratorio? Se questa ipotesi fosse confermata, come suggeriscono alcuni scienziati di livello mondiale – aggiunge Martini – la stessa scienza potrebbe trovarsi di fronte alla storica necessità di rivedere i propri paradigmi. Ma intendiamoci: si tratta di riflessioni che in Italia hanno spazio solo su media indipendenti e minuscoli, di nicchia, subito bollati come “complottisti” da chi riesce a non vomitare di fronte allo spettacolo della menzogna offerto dall’establishment, salvo accanirsi verso chi tenta di trovare risposte, in un habitat dove la verità è diventata reato, dove i medici-coraggio come De Donno vengono trovati impiccati, e dove le cure precoci – la scoperta dell’acqua calda – arrivano solo dopo i “vaccini genici” (che non immunizzano nessuno dalla possibilità di contrarre il contagio, e di contagiare il prossimo) imposti con il disgustoso ricatto del Green Pass.Giuseppe Conte lavorava col favore delle tenebre? Mario Draghi, in compenso, approfitta del solleone estivo: risale al 16 agosto la firma dell’accordo Stato-Regioni, con il quale l’indecente ministro della sanità (non a caso sempre lo stesso, dal 2019) prende finalmente atto della sensazionale notizia: di Covid si può anche morire, ma – in pratica – solo se si viene abbandonati a se stessi, a casa, senza cure, per giorni e settimane (Tachipirina e vigile attesa, lo storico protocollo della vergogna). Dopo un anno e mezzo – e più di 130.000 morti, stando ai dati ufficiali – la scoperta dell’acqua calda diventa legge: se curati subito, i pazienti colpiti dalla sindrome Covid difficilmente finiranno all’ospedale. Lo avevano gridato decine di medici, per un anno, mentre i pazienti (non curati, e ormai gravi) finivano al pronto soccorso, spesso fuori tempo massimo, a ingrossare il bollettino di guerra e il tragico show inaugurato a Bergamo con la sfilata notturna dei camion militari carichi di bare. Qualcuno pagherà mai, per tutto questo?
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Mafia, finanza e slot machines: l’ultimo scandalo italiano
«Moralmente, non riesco più a esercitare questa professione. Sono stanco di essere considerato come un delinquente. Quello che mi pesa di più è che la gente ha ragione. Sono un dipendente dello Stato, costretto a queste regole ignobili. E se voglio continuare a fare questo lavoro, sono obbligato a essere il braccio armato di uno Stato criminale». L’uomo che parla – con viso coperto e voce travisata – è un noleggiatore di slot machines. Apre una video-denuncia realizzata da Claudio Testa, imprenditore del settore, che squarcia il velo sull’ultimo scandalo italiano, quello delle macchinette da gioco presenti nei bar e nelle tabacchierie: la guerra sporca contro la “ludopatia”, che ha portato alla chiusura delle sale gioco (sprangate a partire dal lockdown 2020) nasconde un disegno imbarazzante. Far crollare il settore privato legato ai “dispositivi da intrattenimento” (150.000 operatori coinvolti, oltre 100 miliardi di fatturato e 5 miliardi di tasse) avvantaggia intanto la criminalità organizzata. E soprattutto: spiana la strada alla grande finanza internazionale, pronta a fare un sol boccone dell’intero comparto.E’ la cronaca a parlare, coi numeri. Gamma Bidco, società controllata da fondi gestiti da Apollo Management IX – scrive “Finanza Report” – ha annunciato che Gamenet Group, controllata al 100% dalla società, ha concluso l’acquisizione del 100% della partecipazione detenuta da International Game Technology in Lottomatica Scommesse e Lottomatica Videolot Rete, tra gli operatori leader nel mercato italiano dell’online, delle scommesse sportive e delle “gaming machines”. «Con circa 1,6 miliardi di ricavi e 22 miliardi di raccolta nel 2019, la nuova Lottomatica diventa il primo player nel mercato regolamentato italiano del gioco». Attraverso Lottomatica, dunque, i finanziatori di Apollo (uno dei maggiori fondi d’investimento del pianeta) ereditano una base di clienti online di circa 800.000 giocatori, più una rete in franchising di 3.000 punti-scommesse. E questo, oltre a 1.400 sale giochi, 13.600 tabaccherie e bar, nonché 120 sale da gioco di proprietà. Dall’altra parte della strada, invece, il settore dei piccoli imprenditori sta morendo: strangolato da regole statali folli, che oltretutto depredano gli stessi giocatori, unici al mondo a essere spennati così tanto.«Sopra la gente lo Stato campa, sotto lo Stato la gente crepa», premette Claudio Testa, parafrasando un vecchio adagio popolare. Serve a lanciare un appello, “Io non apro”, che fa il verso a quello dei ristoratori oppressi dalle restrizioni-Covid. «Sono stato tra i promotori di “Io Apro”», chiarisce Testa, che spiega: «Un ristoratore poteva forzare la legge e tenere aperto nonostante i divieti, invece una sala gioco non può: per funzionare, deve avere i terminati collegati al sistema, che è statale. E quindi dico ai noleggiatori: non riaprite. Se non entra più un euro, in quelle macchinette, lo Stato sarà costretto a rinegoziare tutte le clausole, vergognose, che hanno portato il settore sull’orlo del collasso». Nel video, Claudio Testa propone immagini eloquenti, come quelle delle manifestazioni svoltesi a Roma e Milano lo scorso 12 febbraio, con 10.000 persone nelle piazze per chiedere di “liberare il gioco legale”. E’ lo stesso Nicola Porro a chiarire: «Aver bloccato il gioco legale non solo ha tolto 5 miliardi di introiti alle casse dello Stato, ma ha reso molto più forte il gioco illegale, gestito dalla mafia che campa sul gioco d’azzardo».Lo sottolinea anche Federico Cafiero de Rao, procuratore nazionale antimafia: «Giocare attraverso percorsi illegali significa sovvenzionare la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta», oltretutto derubando i giocatori: «In caso di vincita non si ha certezza di avere il risultato sperato». Sul tema insistono anche “Le Iene”, su Italia1: «Mentre le sale da gioco restano chiuse e 150.000 lavoratori fanno la fame, quelle illegali prosperano e la criminalità ringrazia». Ma se è così facile lucrare sul gioco illegale – sottolinea Claudio Testa – è perché, in Italia, le regole del “gioco lecito” sono semplicemente indecenti. Lo spiega benissimo “Achille”, l’operatore mascherato: «Ogni giocatore sa benissimo che, con gli apparecchi da intrattenimento, non si vince: difatti è un luogo comune definirli “macchinette mangiasoldi”». Attenzione: il problema è italiano. «Queste macchinette dovevano far divertire i giocatori, ma in Italia non l’hanno mai fatto. Gli apparecchi presenti in bar, tabaccherie, circoli e sale da gioco – identificati nell’articolo 110, comma 6, del Tulps (il Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) nacquero a condizione che restituissero una percentuale di vincita, a favore degli utilizzatori, non inferiore al 75% del “giocato”. Nel resto mondo, invece, la percentuale oscilla tra l’84 e il 96%».Capito? Siamo partiti con uno svantaggio che penalizzava i giocatori italiani, fino al 21% di differenziale. La quota-vincita doveva essere attorno al 90%, e invece era stata bloccata al 75%. Ma peggio: «Ora il gioco non paga oltre il 65%». E a chi va quel 35% non pagato al giocatore, ricavato abbassando le percentuali di vincita? «Non certo alla filiera del “gioco lecito”», assicura Testa. «E chi ha fatto le spese di questa scelta scellerata? Sempre e solo il povero giocatore». Il caso italiano è famigerato, nel mondo: per i produttori mondiali di questi apparecchi, spiega “Achille”, un margine di remunerazione delle vincite inferiore all’84% riduce o elimina definitivamente il carattere di intrattenimento (da un apparecchio che, invece, nasce proprio per intrattenere). E quando il “gioco lecito” non è più intrattenimento, diventa gioco d’azzardo. «E’ il governo», protesta in una piazza romana Antonia Campanella, «ad aver fatto sì che l’intrattenimento si trasformasse in gioco d’azzardo». Come? «Aumentando sempre di più i prelievi, la tassazione».«Siamo tassati sul “giocato”, siamo tassati sulle vincite: se un cliente vince deve lasciare il 20% allo Stato. E la beffa – aggiunge Antonia – è che il governo ha aumentato due volte la tassazione quando gli esercizi erano chiusi per il lockdown e le altre restrizioni introdotte con il Covid». Un sospetto fondato: «Probabilente questo gioco piace così tanto, al governo, che lo vuole prendere tutto per sé». Conferma, sempre a “Le Iene”, un rappresentante del Consorzio Noleggiatori Italiani: «Il 70-80% dell’introito degli apparecchi va nelle tasche dello Stato: lo stesso “reddito di cittadinanza”, in parte, è stato finanziato proprio dall’aumento della tassazione sui nostri apparecchi». Si domanda Claudio Testa: «Il legislatore era forse inconsapevole, fin dall’inizio, di imporre parametri ben diversi da quelli stabiliti nel resto del mondo?». Lo stesso “Achille”, il noleggiatore, gli ha confidato che i produttori mondiali di slot machines si sono rifiutati di tarare al 75% le vincite per le macchinette destinate all’Italia: «Sarebbe come chiedere alla Fiat di fabbricare auto senza i freni. Infatti in Italia non esistono produttori di slot, ma solo assemblatori».Poche voci, nel mondo della politica, sembrano pronte a pronuciarsi con franchezza su questa situazione: «Il governo vi disistima, ha un pregiudizio etico verso di voi», dice Andrea Ruggeri (Forza Italia) rivolto agli operatori scesi in piazza a Roma. Riassume la stessa Antonia Campanella: «Hanno fatto il Decreto Dignità e ci hanno calunniato in tutti i modi, come se fossimo il male assoluto». Il noleggiatore, l’esercente e l’operatore di sala – assicura Claudio Testa – vorrebbero un altro rapporto, con il giocatore. «Siamo stanchi di amministrare questo settore in questo modo», protesta “Achille”. «Gli apparecchi di intrattenimento sono diventati lo strumento di un disegno criminoso, che va a discapito (e non a tutela) dei giocatori». Ci rimettono anche gli operatori, aggiunge Testa, che illumina un altro dei lati oscuri di questa storia: quello creditizio. «Le banche – racconta – stanno stranamente chiudendo i conti correnti delle aziende che operano nel “gaming”. Ma così, le aziende non possono più versare il Preu (Prelievo Erariale Unico, oggi pari al 24% del giocato): e se all’erario non si versa il Preu, si incorre nel reato di peculato contro lo Stato». Come non chiamarla persecuzione?Uno degli stratagemmi perversi (ipocriti) utilizzati in questa “guerra sporca” contro le slot machines è la recente crociata contro la ludopatia, cioè la dipendenza dal gioco. «La dipendenza – sintetizza la psichiatra Sarah Viola – è la sostituzione della relazione con l’altro con un oggetto. Qualsiasi oggetto: alcol, droghe, sesso, shopping, device elettronici, gioco». Protesta Claudio Testa: «Se vogliamo davvero contrastare la ludopatia, perché non combattiamo tutti gli altri giochi, tipo “gratta e vinci” e Superenalotto? E a proposito: perché non indaghiamo anche sulle percentuali di vincita dei “gratta e vinci”? Forse non lo sapete, ma oggi sono intorno al 35%». La beffa è dimostrata, sostiene Claudio: «Comprando un blocco di “gratta e vinci” da 500 euro, un tempo si vincevano 400-420 euro. Oggi, acquistando lo stesso blocco da 500 euro, il “gratta e vinci” restituisce mediamente 120-130 euro. E non è ludopatia anche quella del “gratta e vinci”?». Ancora: «Perché combattere la ludopatia ma non le altre dipendenze come l’alcol, il fumo, lo shopping compulsivo, i device elettronici?».Ricapitolando: anche invocando la guerra contro la ludopatia, lo Stato picchia duro proprio sulle slot machines, dopo il massacro sociale dei lockdown e proprio adesso un colosso finanziario come Apollo si getta su Lottomatica, o meglio su un settore che sembra ormai decotto, alla frutta. Perché spendere un miliardo per comprarsi tutto il settore Vlt e Slot di Lottomatica? «Questi potentissimi investitori hanno “capito” che gestire direttamente un business da 103 miliardi di euro, che rende il 35%, potrebbe risultare un buon affare: piatto ricco, mi ci ficco». Piatto ancora più ricco se, per inciso, venissero eliminati gli attuali intermediari: cioè l’intera filiera italiana del settore (esercenti, noleggiatori, operatori di sala). Domanda: a questo serve lo sforzo attuale di portarli verso la chiusura? «Per raggiungere questo obiettivo, i fondi d’investimento potrebbero chiedere l’appoggio di presidenti di Regione e politici vari, anche sindaci, che magari alla fine “spunterebbero” qualcosa per questa loro collaborazione: vi pare inverosimile?».«E come potrebbero partecipare, alla demolizione della filiera, questi amministratori pubblici?» Semplice, secondo Testa: «Inventandosi la “lotta alla ludopatia”, naturalmente solo quella indotta delle slot machines, presentata come problema sanitario e dunque di competenza delle amministrazioni regionali e locali». La psichiatra sembra confortare questa ipotesi: «A far scattare la dipendenza è proprio l’assenza dell’oggetto del desiderio, la sua disponibilità non immediata», dice Sarah Viola. «Più allontani il soggetto dall’oggetto da cui dipende, più il desiderio aumenta. Più frapponi ostacoli tra il soggetto e l’oggetto della sua dipendenza, più il desiderio cresce. E’ chiaro, dunque, che proibire non fa altro che aumentare la dipendenza». Sarà anche per questo che, in posti come il Lazio – si domanda Claudio Testa – si sono inventati il Distanziometro? «Entro il 30 agosto 2021, tutti gli esercizi con “slot” dislocati nel raggio di 500 metri da “luoghi sensibili” (chiese, scuole, case di cura) dovranno chiudere». Da un’indagine Eurispes apprendiamo che, in pratica, «significa costringere alla chiusura il 97,8% degli esercizi con apparecchi da intrattenimento».Protesta Claudio Testa, esasperato: «Che senso ha, dopo 14 mesi di chiusura, riaprire (forse) a giugno, per poi chiudere definitivamente ad agosto?». Vero, si parla di una eventuale proroga di 12 mesi: «Ma varrebbe come l’ultima sigaretta concessa al condannato a morte: l’effimero piacere che però non annulla il fatale esito finale». E inoltre: «Che senso ha chiudere il Lazio quando puoi andare a giocare in Umbria, in Toscana, in Abruzzo, in Campania? Vogliamo incentivare il turismo ludico?». La verità è che gli operatori del settore «sono considerati una nullità: neppure inseriti nella road map delle riaperture». E dunque «perché continuare a uccidere l’economia di intere famiglie, per conto di una organizzazione – foss’anche lo Stato – che umilia e ignora questi lavoratori?». E non dimentichiamolo: «Chi ha deciso di trasformare il divertimento in gioco d’azzardo, abbassando le percentuali di vincita? Il legislatore, il Monopolio di Stato, i politici. Non certo il concessionario, il noleggiatore, l’esercente, l’operatore di sala».Le conseguenze della stretta sulle slot machines sono scontate e drammatiche: «Se le sale slot legali rimangono chiuse, poi restano aperte quelle in cui le macchinette non sono collegate al sistema di controllo dei Monopoli di Stato. E quindi, se il software è modificato e i giocatori perdono più del dovuto, non se ne accorgono e vengono letteralmente spennati. Certo, sull’apparecchio c’è il marchio “Gioco Legale e Responsabile”: ma la macchinetta è scollegata». A proposito, si domanda Claudio Testa: quanto è “responsabile” abbassare i parametri di vincita, al punto da trasformare un apparecchio di intrattenimento in uno strumento da gioco d’azzardo? Poi ovviamente «i gestori illegali eludono le tasse, staccando le loro macchine dalla rete dei Monopoli». Ma come valutarli, se concedessero maggiori possibilità di vincita? Sarebbero meno scorretti dello Stato? E’ evidente che si rasenta la follia, in una situazione in cui giocatori e operatori sono «vessati, discriminati, offesi, umiliati, depredati e istigati a compiere una reazione compulsiva». Con il più i rischi sociali legati alla situazione attuale: «Con la crisi, e quindi le difficoltà economiche per tante famiglie, il gioco d’azzardo aumenta sempre».Come uscirne? Facendo sciopero, propone il promotore di “Io non apro”: i noleggiatori avrebbero il potere di interrompere la catena. Claudio Testa chiede una trattativa per rinegoziare tutto: da cesinare i parametri e le regolamentazioni imposte a un settore colpito da limitazioni al limite del persecutorio, tramite leggi nazionali, regionali e norme a volte solo comunali, mirate a colpire solo e sempre una parte della filiera, quella delle slot machines. «Se i noleggiatori incrociassero le braccia, tutto il business passerebbe nelle mani della criminalità organizzata: a quel punto, se lo Stato non intervenisse, avremmo la prova del fatto che è connivente». Insiste Testa: «Noleggiatori ed esercenti non vogliono più che i giocatori si rovinino, per colpa di queste logiche imposte dal sistema. Vogliono più vincite per i giocatori, quindi più divertimento, più denaro giocato, più consumazioni per i bar. E meno dipendenza, quindi meno costi sanitari per lo Stato, meno drammi familiari, minor interesse nel settore da parte della criminalità e di quegli investitori speculativi, inclusi gli amministratori locali che vorebbero entrare a far parte anche loro del grande business del “gioco lecito”».Nel video, pubblicato su YouTube e anche sul canale Telegram @ioNONaproGiocoLecito, Claudio Testa pretende il risarcimento totale dei danni finora subiti con le chiusure: «Non vogliamo i “ristori”, che sono elemosine, ma veri e propri indennizzi, secondo la regola assicurativa del “danno emergente e lucro cessante”. E dato che il profitto è cessato per colpa di decisioni del governo, ora è il governo a dover risarcire interamente i danni che ha procurato». Un appello: «Cari noleggiatori: interrompere la vostra attività dimostrerà la vostra ferma intenzione di mettere fine a questa “azione a delinquere” per conto del sistema. E se poi lo Stato subentrerà con forme di gestione diretta, allora si capirà chi è il vero “criminale”». Per dirla con lo slogan di “Io non apro”: “Gioco lecito, game over”. Ovvero: «Stop alla criminalità, alla ludopatia, alla discriminazione, e sì all’intrattenimento». Claudio Testa fa sul serio: «Da questo momento il Re è nudo», dice. «La dea bendata, stavolta, vuole aprire gli occhi».«Moralmente, non riesco più a esercitare questa professione. Sono stanco di essere considerato come un delinquente. Quello che mi pesa di più è che la gente ha ragione. Sono un dipendente dello Stato, costretto a queste regole ignobili. E se voglio continuare a fare questo lavoro, sono obbligato a essere il braccio armato di uno Stato criminale». L’uomo che parla – con viso coperto e voce travisata – è un noleggiatore di slot machines. Apre una video-denuncia realizzata da Claudio Testa, imprenditore del settore, che squarcia il velo sull’ultimo scandalo italiano, quello delle macchinette da gioco presenti nei bar e nelle tabacchierie: la guerra sporca contro la “ludopatia”, che ha portato alla chiusura delle sale gioco (sprangate a partire dal lockdown 2020) nasconde un disegno imbarazzante. Far crollare il settore privato legato ai “dispositivi da intrattenimento” (150.000 operatori coinvolti, oltre 100 miliardi di fatturato e 5 miliardi di tasse) avvantaggia intanto la criminalità organizzata. E soprattutto: spiana la strada alla grande finanza internazionale, pronta a fare un sol boccone dell’intero comparto.
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Pass vaccinale: in arrivo la trappola per i non vaccinati
Sta per scattare la temuta, possibile trappola per i cittadini contrari ad affrontare il rischio di subire il “vaccino genico”, ancora sperimentale, approntato in pochi mesi per tentare di immunizzare il corpo da una patologia curabilissima da casa come la sindrome Covid. In attesa che a metà giugno arrivi il certificato vaccinale dell’Unione Europea, scrive il “Messaggero”, alcune Regioni italiane cercano di anticipare Bruxelles: è il caso della Campania, che ha iniziato la distribuzione di una tesserina plastificata dotata di un chip che certifica l’avvenuta vaccinazione del suo possessore. Da Napoli ne saranno distribuite circa 250.000 ad altrettanti cittadini campani che hanno ricevuto le due somministrazioni. «Ma presto le tesserine saranno milioni, e consentiranno ai loro titolari di entrare in un cinema o in metropolitana o in un ristorante con la prova facilmente dimostrabile di essere immuni dal Covid», scrive il quotidiano romano, dando per scontato – erroneamente – che i “vaccini genici” attualmente in distribuzione siano realmente efficaci, contro il Covid.Il telefonino (o la carta) – e non la tesserina – è invece la strada scelta dal Lazio per il suo pass. Nell’anagrafe laziale sono già registrati circa 500.000 cittadini vaccinati. «Oltre 75.000 hanno già scaricato sul loro telefonino o stampato su un foglio di carta la certificazione vaccinale con la quale possono dimostrare, tutte le volte che ne hanno bisogno, di aver ricevuto le due dosi». Sempre secondo il “Messaggero”, i due certificati vaccinali regionali (e gli altri allo studio in Veneto, Lombardia o, sia pure solo parzialmente paragonabili, in Sicilia e Sardegna) si materializzano «al momento giusto», visto che «potrebbero coadiuvare la graduale riapertura delle attività di ristorazione e sportive in Italia». Si profila dunque una grande discriminazione, tra vaccinati e non vaccinati, visto che i pass regionali «fanno un po’ da prova generale per quella che – da giugno – sarà l’operazione “Covid free certificate” su scala continentale, ovvero la nascita del certificato vaccinale che sarà distribuito a tutti i vaccinati europei sulla base delle medesime regole stabilite dall’Unione Europea».A giugno – ha spiegato il commissario europeo alle vaccinazioni, Thierry Breton – i vaccinati saranno moltissimi, e dunque (secondo lui) il pass «non sarà in alcun modo discriminatorio verso chi, non per sua scelta, non avrà ancora potuto avere il vaccino». Curioso, vero? La card europea (che sarà distribuita dalle singole amministrazioni nazionali in due lingue, quella nazionale e l’inglese) sarà «semplicissima da usare, perché scaricabile sul telefonino». In pratica, dimostrerà l’immunizzazione di una persona con tre percorsi possibili: il vaccino; l’aver avuto il Covid almeno due mesi prima dell’emissione del certificato (e dunque l’avere anticorpi naturali) oppure l’aver fatto un tampone molecolare 48 ore prima. Di nuovo: il “vaccino genico” non esclude affatto che il soggetto non sia più contagioso, come affermano gli stessi specialisti. Quanto al tampone molecolare, viene persino da ridere: centinaia di sanitari hanno spiegato che non si tratta certo di uno strumento affidabile, visto che sconta un margine di errore letteralmente enorme.Aspetti determinanti, che però vengono completamente ignorati. «Entrare in possesso del pass sarà facilissimo – si rallegra il “Messaggero” – perché già oggi tutti i vaccinati vengono registrati presso anagrafi regionali e nazionali con estrema cura». Oltre al codice fiscale, infatti, l’anagrafe registra il vaccino somministrato, le date delle iniezioni, il braccio che ha ricevuto l’inoculazione e anche il lotto produttivo cui apparteneva il farmaco utilizzato. «Dopo la seconda iniezione basterà scaricare i dati su una apposita App, oppure stamparli su carta». Dettaglio comico: «Forse per l’Italia potrebbe essere utilizzata “Immuni”». Nel suo trionfalismo, il “Messaggero” parla di «evidenti vantaggi su tutti i fronti, a partire dai viaggi di lavoro e per turismo». Trenitalia, ad esempio, ha appena lanciato due convogli giornalieri Milano-Roma liberi da Covid, cioè riservati a vaccinati (che si suppone avventurosamente che non siano più contagiosi) o a viaggiatori che siano sottoposti al tampone (che si presume miracolosamente attendibile: questione di fede, anche qui).«Alberghi o centri turistici potrebbero iniziare a lavorare solo con persone sicuramente vaccinate», scrive il “Messaggero”, aprendo le porte alla discirminazione finale tra vaccinati (scambiati per immunizzati) e non vaccinati, degradati al rango di cittadini di seconda classe. «Anche la frequentazione di palestre e piscine o di parti di strutture sportive potrebbe trarne enorme agevolazione», aggiunge il quotidiano, che ormai tifa apertamente per il ricatto: o ti vaccini, o resti escluso dalla vita sociale. Sembra che ormai la strada sia tracciata: «Tutti i dati delle anagrafi regionali confluiscono in una anagrafe nazionale delle vaccinazioni: un gigantesco contenitore informatico, che contabilizza tutti i vaccinati». Una schedatura meticolosa, realizzata con la fiducia “religiosa” nelle proprietà immunologiche di un vaccino che ai sanitari viene imposto già oggi, violando il Codice di Norimberga (e la Costituzione) che vieta di imporre Tso con farmaci ancora solo sperimentali. «Sarà l’anagrafe nazionale – chiosa il “Messaggero” – a garantire il pass europeo a tutti gli italiani che lo chiederanno». E buona salute a tutti.Sta per scattare la temuta, possibile trappola per i cittadini contrari ad affrontare il rischio di subire il “vaccino genico”, ancora sperimentale, approntato in pochi mesi per tentare di immunizzare il corpo da una patologia curabilissima da casa come la sindrome Covid. In attesa che a metà giugno arrivi il certificato vaccinale dell’Unione Europea, scrive il “Messaggero“, alcune Regioni italiane cercano di anticipare Bruxelles: è il caso della Campania, che ha iniziato la distribuzione di una tesserina plastificata dotata di un chip che certifica l’avvenuta vaccinazione del suo possessore. Da Napoli ne saranno distribuite circa 250.000 ad altrettanti cittadini campani che hanno ricevuto le due somministrazioni. «Ma presto le tesserine saranno milioni, e consentiranno ai loro titolari di entrare in un cinema o in metropolitana o in un ristorante con la prova facilmente dimostrabile di essere immuni dal Covid», scrive il quotidiano romano, dando per scontato – erroneamente – che i “vaccini genici” attualmente in distribuzione siano realmente efficaci, contro il Covid.
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Bergoglio nella Piramide di Astana, “tempio” massonico
A Bergoglio mancava solo la piramide, dopo il presepe “alieno” (con astronauti e guerrieri cornuti) allestito in piazza San Pietro per il desolante Natale 2020, trasformato in un silenzioso deserto in ossequio all’emergenza Covid, senza più neppure la messa di mezzanotte. Il tempo, semmai, Papa Francesco l’ha trovato per raccomandare ai fedeli di vaccinarsi, ignorando le notizie allarmanti sulle reazioni avverse ai primi vaccini, sperimentali, contro il Covid. Sempre sotto Natale, ha fatto clamore la visita in Vaticano di Lynn Forester de Rothschild, gran dama del Council for Inclusive Capitalism raccomandato dai miliardari di Davos. Ora siamo alle piramidi, a quanto pare: non quelle egizie, ma la loro imitazione kazaka. Secondo “Imola Oggi”, infatti, Bergoglio è atteso – nel prossimo mese di giugno – nella capitale del feudo asiatico di sua maestà Nursultan Nazarbaev, già satrapo comunista, ininterrottamente a capo del Kazakhstan dal 1991.Oggi Nazarbayev non è più formalmente presidente, ma è riuscito a ribattezzare col suo nome (Nur-Sultan) la capitale, Astana: quella dove sorge la gigantesca Piramide della Pace, inaugurata nel 2006. Tra pochi mesi, lo strano tempio ospiterà l’evento al quale potrebbe partecipare il pontefice romano. Sarà la settima edizione del Congress of Leaders of World and Traditional Religions. Un evento interreligioso e interculturale che finora è passato quasi inosservato, elogiato in passato dall’arcivescovo Tomasz Peta, che regge l’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana insieme all’ausiliare Athanasius Schneider. Astana è sede metropolitana della Chiesa cattolica in Kazakhstan: nel 2016 annoverava 55.000 battezzati su 3,8 milioni di abitanti. Quanto al meeting di giugno, «non si tratta del solito convegno ecumenista», premette “Imola Oggi”. «Si va oltre: siamo di fronte a una istituzione ecumenico-indifferentista “di Stato”, con tanto di citazioni e foto del presidente kazako Nazarbaev (e del suo successore) nella homepage del sito ufficiale».Il fulcro del messaggio è incardinato proprio in quella grande piramide multireligiosa, «dal sapore nettamente massonico-deista, nella capitale di un paese ex sovietico caraterizzato dalla molteplicità delle fedi degli abitanti». La piramide è stata battezzata “Palazzo della Pace e della Riconciliazione”. Il sito ufficiale turistico di Astana spiega che è stata costruita appositamente per ospitare il Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. «Contiene alloggi per diverse religioni: ebraismo, Islam, cristianesimo, buddismo, induismo, taoismo e altre fedi. Ospita anche un teatro dell’opera da 1.500 posti, un museo nazionale di cultura, una nuova “università della civiltà”, una biblioteca e un centro di ricerca per i gruppi etnici e geografici del Kazakhstan». Una costruzione spettacolare e imponente, alta 62 metri e con lati di 62 metri.«L’edificio è concepito come un centro globale per la comprensione religiosa, la rinuncia alla violenza e la promozione della fede e dell’uguaglianza umana». Ancora: la Piramide della Pace «esprime lo spirito del Kazakhstan, dove culture, tradizioni e rappresentanti di varie nazionalità convivono in pace, armonia e accordo». Questo il clima, dichiarato, del meeting: «Immersi nel bagliore dorato e azzurro del vetro (colori presi dalla bandiera del Kazakhstan), 200 delegati delle principali religioni e fedi del mondo si incontreranno ogni tre anni in una camera circolare, basata sulla sala riunioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York». Ci sarà dunque anche Bergoglio, per l’edizione 2021? «Sbigottiti per il silenzio quasi generale su un fatto di questo peso, in una delle diocesi ritenute tra le più conservatrici al mondo, abbiamo continuato ad approfondire e sono emersi aspetti che rendono il quadro peggiore del previsto», scrive “Imola Oggi”.Secondo il giornale, evidentemente, la chiara matrice massonica dell’iniziativa basterenne, da sola, a destare sospetti. La stessa città di Nazarbayev, peraltro, è stata sontuosamente ricostruita come una sorta di tempio massonico a cielo aperto. Tempo fa, un acuto saggista come Gianfranco Carpeoro, massone progressista e spesso critico con i grembiulini, ha rivolto dure accuse al Kazakshan: sarebbe stato scelto come roccaforte della peggior massoneria internazionale di segno oligarchico, quella che da decenni progetta e attua la “sovragestione occulta” dei maggiori eventi mondiali. Per trent’anni avvocato (all’anagrafe, Pecoraro), Carpeoro ha evocato ombre kazake sul fenomeno del doping cui vengono sottoposti i ciclisti, «per testare droghe sintetiche performanti». Coincidenza: si chiama proprio Astana una delle grandi squadre ciclistiche mondiali. Per Carpeoro, il ciclismo – dato lo sforzo fisico che richiede – è lo sport ideale per sperimentare nuovi prodotti clandestini, «evidentemente realizzati in ambiente industriale farmaceutico», ma dietro la regia di una “piramide massonica” internazionale che utilizzerebbe proprio il Kazakhstan come centro finanziario.L’ex repubblica sovietica di Nazarbayev non è certo un modello di democrazia: rieletto per l’ultima volta il 26 aprile 2015, l’anziano “sultano” ha vinto le elezioni presidenziali con il 97,75% dei voti. Quanto a Bergoglio, la sua politica verso l’Asia è dominata soprattutto dalla Cina: Mike Pompeo, segretario di Stato di Donald Trump, lo ha pubblicamente rimproverato per aver concesso al regime dittatoriale di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni”, annuncia imminenti, precise rivelazioni sull’origine massonico-reazionaria dell’emergenza Covid, imposta per sdoganare il sistema-Cina (niente libertà, né diritti) come modello alternativo alla democrazia occidentale. Bergoglio ha già fatto capire da che parte sta, approvando lockdown, coprifuoco, distanziamenti e altre restrizioni incostituzionali. A giugno sarà davvero presente nella piramide di Astana, tempio della massoneria neo-feudale che vorrebbe ingabbiare il mondo?A Bergoglio mancava solo la piramide, dopo il presepe “alieno” (con astronauti e guerrieri cornuti) allestito in piazza San Pietro per il desolante Natale 2020, trasformato in un silenzioso deserto in ossequio all’emergenza coronavirus, senza più neppure la messa di mezzanotte. Il tempo, semmai, Papa Francesco l’ha trovato per raccomandare ai fedeli di vaccinarsi, ignorando le notizie allarmanti sulle reazioni avverse ai primi vaccini, sperimentali, contro il Covid. Sempre sotto Natale, ha fatto clamore la visita in Vaticano di Lynn Forester de Rothschild, gran dama del Council for Inclusive Capitalism raccomandato dai miliardari di Davos. Ora siamo alle piramidi, a quanto pare: non quelle egizie, ma la loro imitazione kazaka. Secondo “Imola Oggi“, infatti, Bergoglio è atteso – nel prossimo mese di giugno – nella capitale del feudo asiatico di sua maestà Nursultan Nazarbaev, già satrapo comunista, ininterrottamente a capo del Kazakhstan dal 1991.
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Lockdown inutili e disastrosi, referendum in Svizzera
Approfittando di una disposizione unica nella loro Costituzione, gli attivisti svizzeri hanno raccolto firme sufficienti per indire un referendum nazionale volto a togliere al governo i poteri di imporre misure di blocco conseguenti a una pandemia. Il gruppo Amici della Costituzione ha raccolto 86.000 firme per richiedere una votazione a livello nazionale per decidere se abrogare la legge Covid-19 del 2020 del governo approvata a settembre, scrive “Business Insider”. La Costituzione svizzera prevede il ricorso alla democrazia diretta, in base alla quale i cittadini possono indire un referendum per annullare leggi introdotte dal Parlamento se sono in grado di raccogliere 50.000 firme in 100 giorni. Avendo superato ampiamente tale requisito, il voto è previsto per giugno. La settimana scorsa il governo svizzero ha annunciato restrizioni più severe con lo scopo dichiarato di limitare la diffusione di nuove varianti del Covid-19 che si dice siano state scoperte per la prima volta in Gran Bretagna.Hanno imposto la chiusura di negozi che vendono prodotti “non essenziali”, limitato gli incontri privati a cinque persone e ordinato alle aziende di chiedere ai dipendenti di lavorare da casa, ove possibile, o di far indossare mascherine al personale. Hanno anche prolungato la chiusura dei ristoranti, oltre che dei siti culturali e sportivi, fino alla fine di febbraio, riferisce la “Reuters”. Christoph Pfluger, membro del consiglio di amministrazione di Amici della Costituzione, ha dichiarato che il gruppo ritiene che il governo stia «approfittando della pandemia per aumentare il controllo e ridurre la democrazia». Il gruppo ha anche affermato che la legge Civid-19 è «sproporzionata» e «manifestamente inefficace», mentre altri hanno sostenuto che dà al governo troppo potere per imporre un «sistema obbligatorio di vaccini insufficientemente testati». Secondo quanto riporta “The Local”, Pfluger ha detto: «Il successo del referendum costituirebbe un invito alle autorità ad esercitare la massima cautela nella campagna di vaccinazione e anche a imporre una moratoria».Questo dibattito in Svizzera si inserisce nel quadro di diversi studi che confermano il danno sproporzionato arrecato agli individui e alla società nel suo complesso dall’attuazione delle misure di blocco. La rivista “Newsweek” ha recentemente pubblicato uno studio dell’Università di Stanford (ITALIANO) che ha concluso di non poter «trovare un chiaro e significativo effetto benefico» delle misure di blocco «sulla diffusione dei casi in qualsiasi paese». In effetti, lo studio ha affermato che i lockdown draconiani possono di fatto aumentare i tassi di infezione. Tre professori sono giunti a questa stessa conclusione lo scorso autunno quando hanno scritto: «Se l’isolamento ha davvero modificato il corso di questa pandemia, allora il conteggio dei casi di coronavirus avrebbe dovuto chiaramente diminuire quando e dove l’isolamento ha avuto luogo. L’effetto avrebbe dovuto essere ovvio. A giudicare dalle prove, la risposta è chiara: l’isolamento obbligatorio ha avuto poco effetto sulla diffusione del coronavirus».Un altro rapporto pubblicato a novembre sottolinea l’incommensurabile danno inflitto dalle misure di lockdown nei settori della salute mentale, dell’economia, della disoccupazione, della criminalità e dell’istruzione. Questi includono un raddoppio delle tendenze suicide nel complesso, con un enorme numero di giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 24 anni che a fine giugno hanno riferito di aver avuto idee suicide. A quel tempo, il 40% degli adulti americani aveva dichiarato di avere problemi di salute mentale. I sintomi dell’ansia erano triplicati e quelli della depressione erano quadruplicati rispetto ai dati del 2019. Le visite al pronto soccorso legate a problemi di salute mentale sono aumentate del 24% per i bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni e del 31% per quelli tra i 12 e i 17 anni, rispetto al 2019. Il 39% di quelli nella fascia di reddito basso, che vivono con un reddito familiare di 40.000 dollari o meno, ha dichiarato di aver perso il lavoro. C’è stato un aumento del 53% cento degli omicidi da giugno ad agosto, con picchi relativi ad abusi domestici, tra cui, ad esempio, un aumento del 25% delle chiamate a un ente di beneficenza del Regno Unito per gli abusi in famiglia.Uno studio pubblicato a luglio dalla Heritage Foundation ha rilevato che i lockdown draconiani del tipo adottato in molti Stati americani sono meno efficaci nel combattere il Covid-19 rispetto alle strategie più strettamente dirette a coloro che sono maggiormente a rischio. Con la consapevolezza che «la possibilità di morte dovuta al Covid-19 è più di mille volte superiore nei vecchi e nei malati rispetto ai giovani», e che «man mano che aumenta l’immunità nella popolazione, il rischio di infezione per tutti – compresi i più vulnerabili – diminuisce» dato che la popolazione si sposta verso «l’immunità di gregge», decine di migliaia di medici e scienziati della sanità pubblica e sostengono invece questo approccio più strettamente mirato che chiamano “Focused Protection” (protezione mirata). Questa valutazione, presentata nella Dichiarazione di Great Barrington, adotta come obiettivo centrale la protezione dei soggetti vulnerabili, mentre coloro che non rientrano in questa categoria dovrebbero «essere immediatamente autorizzati a riprendere la vita normale».Secondo il loro giudizio professionale, questo è «l’approccio migliore che bilancia rischi e benefici del raggiungimento dell’immunità di gregge», e quindi la protezione dell’intera popolazione dagli effetti nefasti del virus e delle draconiane misure di lockdown. Mentre la Svizzera procede sulla via del referendum, lo fa come una delle più antiche democrazie del mondo, con una Costituzione che enfatizza la libertà individuale, poiché si impegna a «proteggere la libertà e i diritti del popolo». Con la sua disposizione sulla democrazia diretta, la Svizzera indice ogni anno molteplici referendum su ogni tipo di argomento. Lo scorso marzo, però, mentre si avvicinavano al loro “momento Brexit” con un voto nazionale volto a ridurre i rapporti della nazione con l’Unione Europea, il governo ha annullato il voto e sospeso le campagne per altri referendum a causa delle misure di limitazione della pandemia. Come concluse allora la “Reuters”, «la tradizione di democrazia diretta del paese è stata vittima dell’epidemia».(Patrick Delaney, “Svizzera: referendum contro i lockdown”, da “LifeSiteNews” del 19 gennaio 2021, tradotto da Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte).Approfittando di una disposizione unica nella loro Costituzione, gli attivisti svizzeri hanno raccolto firme sufficienti per indire un referendum nazionale volto a togliere al governo i poteri di imporre misure di blocco conseguenti a una pandemia. Il gruppo Amici della Costituzione ha raccolto 86.000 firme per richiedere una votazione a livello nazionale per decidere se abrogare la legge Covid-19 del 2020 del governo approvata a settembre, scrive “Business Insider”. La Costituzione svizzera prevede il ricorso alla democrazia diretta, in base alla quale i cittadini possono indire un referendum per annullare leggi introdotte dal Parlamento se sono in grado di raccogliere 50.000 firme in 100 giorni. Avendo superato ampiamente tale requisito, il voto è previsto per giugno. La settimana scorsa il governo svizzero ha annunciato restrizioni più severe con lo scopo dichiarato di limitare la diffusione di nuove varianti del Covid-19 che si dice siano state scoperte per la prima volta in Gran Bretagna.
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Covid, l’Italia crolla: meno 420 miliardi. Ed è solo l’inizio
La Cgia di Mestre è sempre stata un punto di riferimento dei giornalisti economici italiani. Quando era ancora vivo Giuseppe Bortolussi con gli studi della Cgia in Italia di aprivano i quotidiani. Sarà stato per la spiccata personalità del segretario degli artigiani, scomparso nel 2015, sarà stato perchè Bortolussi difendeva una categoria che anni fa era comodo appoggiare (il famigerato popolo delle partite Iva), fatto è che gli studi della Cgia di Mestre erano citati a livello nazionale per qualità e serietà. Ora una coltre di silenzio copre i dati sciorinati dall’ufficio studi delle piccole imprese italiane. Come mai? Avanziamo un’ipotesi: i dati odierni della Cgia sono troppo crudi e troppo scomodi per esseri spiattellati in prima pagina a 9 colonne. A fronte di una classe dirigente che non la smette di incensarsi e ad appellarsi a “cause di forza maggiore”, il fallimento rivelato dai numeri è sconcertante. Le piccole aziende, infatti, hanno subito una perdita di 420 miliardi di euro nell’anno dell’emergenza da Covid-19.La memoria, allora, non può che andare al dibattito recente sull’economia del Belpaese. Ricordate ad esempio un tal ministro montiano Fabrizio Barca che auspicava una patrimoniale di 400 miliardi per rimettere in piedi il paese? Bene. Nel 2020 non solo non sono entrati i miliardi necessari ad abbassare il debito, ma ci siamo fumati – e solo nel settore degli artigiani – una robetta come 420 miliardi di euro di fatturato. Nell’indagine appena sfornata, la Cgia di Mestre si è soffermata sui settori in difficoltà, in particolare quello del turismo, ma anche il settore degli eventi, quello fieristico, i mercati ambulanti, la filiera dello sport e del tempo libero, l’intrattenimento, le discoteche ed i parchi di divertimento e tematici, i taxi ed i bus. Ma anche la filiera delle attività culturali e spettacolo, il commercio al dettaglio e gli agenti di commercio. La crisi non ha travolto proprio tutti, perchè il settore web non solo si è salvato, ma ha avuto un incremento record, almeno del 17%, secondo la Cgia.I guai sono per chi non vive di realtà virtuale: il Mezzogiorno d’Italia, ad esempio, è la parte dell’Europa che più delle altre sta subendo gli effetti negativi della pandemia, sia da un punto di vista economico che sociale. Tuttavia, c’è un denominatore comune che emerge lungo tutto lo stivale: la crisi delle città d’arte. Venezia, Firenze, Pisa, Roma, Verona, Milano, Matera, Padova, Siracusa, Napoli, Cagliari, Genova, Palermo, Torino e Bari sono solo alcuni dei Comuni che quest’anno hanno subito un crollo verticale delle presenze. A fronte di questa situazione, le filiere richiamate più sopra e ubicate in queste città sono risultate essere le più in affanno e potrebbero anche non risollevarsi mai più, facendo diventare l’Italia una sorta di museo a cielo aperto; un paese fantasma con i soggetti più facoltosi rifugiati in campagna oppure all’estero, come capitò immediatamente dopo le invasioni barbariche nella prima parte del medioevo.(Massimo Bordin, “Toc-toc, la Cgia registra un crollo di 420 miliardi: ed è solo l’inizio”, dal blog “Micidial” del 28 dicembre 2020).La Cgia di Mestre è sempre stata un punto di riferimento dei giornalisti economici italiani. Quando era ancora vivo Giuseppe Bortolussi con gli studi della Cgia in Italia di aprivano i quotidiani. Sarà stato per la spiccata personalità del segretario degli artigiani, scomparso nel 2015, sarà stato perchè Bortolussi difendeva una categoria che anni fa era comodo appoggiare (il famigerato popolo delle partite Iva), fatto è che gli studi della Cgia di Mestre erano citati a livello nazionale per qualità e serietà. Ora una coltre di silenzio copre i dati sciorinati dall’ufficio studi delle piccole imprese italiane. Come mai? Avanziamo un’ipotesi: i dati odierni della Cgia sono troppo crudi e troppo scomodi per esseri spiattellati in prima pagina a 9 colonne. A fronte di una classe dirigente che non la smette di incensarsi e ad appellarsi a “cause di forza maggiore”, il fallimento rivelato dai numeri è sconcertante. Le piccole aziende, infatti, hanno subito una perdita di 420 miliardi di euro nell’anno dell’emergenza da Covid-19.
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Totalitarismo: il pensiero conforme dell’Imbecille Globale
A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.C’è l’Imbecille Cantante che dal palco, ispirato direttamente dal dio degli artisti, dichiara che lui canta contro tutti i muri e tutti i razzismi. Che eroe, sei tutti noi. Poi vedi l’Imbecille Attore o Regista che dal podio lancia il suo messaggio originale e assai accorato, perfettamente uguale a quello del precedente cantautore, ma lui lo recita come se l’umanità l’ascoltasse per la prima volta dalla sua viva voce. «Io non amo i muri, non mi piace chi vuole alzare muri». Che bravo, che anticonformista. Segue a ruota l’Imbecille Intellettuale, profeta e opinionista che per distinguersi dal volgo rozzo e ignorante, dichiara anche lui la Medesima Cosa, sui muri ci piscio, morte al razzismo, morte a Hitler (defunto sempre da 72 anni), viva l’accoglienza, i neri, i gay e i trans. L’Idiota Collettivo, versione ebete dell’Intellettuale Collettivo post-gramsciano, non pensa in proprio ma scarica l’app ideologica che genera risposte in automatico. Poi c’è l’Imbecille a mezzo stampa o a mezzobusto che riscrive o recita ispirato l’identica pisciatina contro i Muri. E poi c’è il Presidente o la Presidente, che in veste d’Imbecille Istituzionale, esprime lo stesso, identico Concetto, col piglio intrepido di chi sfida i Poteri Forti (ai cui piedi è accucciato o funge da zerbino).Non c’è film, telefilm, concerto, spettacolo teatrale o sportivo, gag e omelia tv in cui non si ribadisca la lotta tra il Bene e il Male: Aperti e Filantropi contro Chiusi & Ottusi, Accoglienti contro Razzisti, Omofili contro Omofobi, Xenofili contro Xenofobi e Negrofobi. Voi quelli del Muro, noi quelli del Telepass. Le bestie da scacciare sono quasi sempre vaghe, anonime, mitologiche; e già, il male è sempre oscuro, cospira nel buio, non ha volto, solo maschere storiche o ridicole. Ma il repertorio è ricco di bersagli, quasi tutti definiti sovranisti. Tu senti uno, cambi canale e ne senti un altro idem, spegni la tv e senti alla radio un altro ma il Discorso è sempre quello, apri il giornale e leggi ancora l’Identica Opinione; a scuola idem con patate, all’Università peggio-mi-sento, i Palloni Gonfiati dai media compilano lo stesso Modello Unico. Nessuno di loro è sfiorato da dubbi, invece a te sorge un primo dubbio: è un’allucinazione o è sempre la stessa persona, l’Imbecille Globale, che cambia veste, fattezze e mansioni e ripete all’infinito l’Identico Discorso?Segue un secondo dubbio: ricordo male o eravamo in democrazia, che vuol dire libertà e pluralismo, cioè opinioni libere e divergenti a confronto? Loro non credono alla Verità, sono relativisti, però guai a dissentire dal Discorso Obbligato con fervorino finale anti-Muro. Ma possibile che tutti la pensino allo stesso modo, conformi, allineati e omologati, e ritengano che la cosa più urgente e più importante del momento, il Messaggio Unisono da dare all’Umanità sia sempre quello? Allora ti sorge un terzo dubbio. E se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo? Se fosse lui il Portavoce multiplo del Non-Pensiero Unico, cioè del nuovo regime totalitario-globalitario? E se fosse proprio quell’Uniformità Totale e quel corale accodarsi la miseria prioritaria del nostro tempo? Non so voi, ma io di quell’Imbecille Planetario che ripete il Discorso Unico e Identico all’Infinito, non ne posso più.(Marcello Veneziani, “Il pensiero conforme dell’Imbecille globale”, dal blog di Veneziani del18 novembre 2020).A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.
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L’America nella nebbia: nel 2000 i brogli favorirono Bush
Nel calcio, quando il campo da gioco è invaso dalla nebbia e la visibilità scende a zero, l’arbitro interrompe la partita: la cosa migliore sarebbe rigiocarla. L’ecltoplasma chiamato Joe Biden, il vecchio che in pubblico sbaciucchia le bambine e in privato manda avanti il figliolo a fare affari inconfessabili coi peggiori oligarchi cinesi e ucraini, sta forse per vincere le elezioni più nebbiose della storia americana? Nella regione industriale dei Grandi Laghi, dove Donald Trump aveva appena incassato una squillante vittoria sulla base delle schede votate da elettori in carne e ossa, la strana nebbia blu dei “democrat” alla Nancy Pelosi, quella secondo cui alla fine vincerà Biden, in un modo o nell’altro, sta facendo letteralmente sparire dalla vista il perimetro dello sport politico più importante del pianeta? Un gioco di prestigio, costruito con tonnellate di schede pre-stampate, sta davvero trasformando in un ricordo la lealtà costituzionale delle presidenziali statunitensi? Elezioni-evento, adrenalinicamente esasperate e decantate come specchio dell’innocenza sostanziale del maggior impero del pianeta, formidabile motore – negli ultimi cent’anni – di tutto il meglio e tutto il peggio che il mondo ha potuto assaggiare. Anche questo (insieme alla nostra sicurezza sanitaria) sta dunque per finire, nella nebbia della Rust Belt invasa da voti postali stampati in serie?E’ quanto sostiene il presidente teoricamente destinato a restare in carica fino al 22 gennaio 2021, quell’impresentabile e insopportabile Uomo Nero che è riuscito a mandare in bestia milioni di cittadini, non solo americani, per i suoi modi studiatamente sbrigativi, atipici, deliberatamente alieni rispetto all’ipocrisia corrente del politicamente corretto, che nasconde i suoi orrori geopolitici dietro sorrisi, diplomazia, minuetti e lanci a canestro come quelli nei quali eccelle Barack Obama, l’equivoco vivente più famoso del mondo, iscritto per sbaglio nel campionato dei Buoni in cui milita anche il pontefice romano che ha adottato il nome di Francesco d’Assisi. Dai palazzi vaticani starà certo osservando lo spettacolo della nebbia anche lui, il Papa argentino che convisse a lungo coi generali fascisti tra i fantasmi dei desaparecidos, e che – poche settimane fa – è stato brutalmente accusato, proprio dall’amministrazione Trump, di avere stipulato per la prima volta nella storia una sorta di patto col diavolo, concedendo al governo di Pechino il potere di designare i vescovi cattolici nel subcontinente post-maoista, ora arruolato a pieno titolo nel fronte turbo-mondialista di Davos, quello che da tempo sognava e prevedeva un’epidemia coi fiocchi, come quella che ha paralizzato il mondo e soprattutto inceppato la scontatissima rielezione di Donald Trump.A proposito: è letteralmente impazzito, il 45esimo presidente degli Stati Uniti? Nel contestare in modo così aspro il risultato, a spoglio ancora in corso, non si rende conto di lesionare il prestigio istituzionale della superpotenza? Cosa spinge il presidente uscente ad agire in modo tanto avventato, almeno in apparenza, senza curarsi del pericolo di veder riesplodere nelle strade americane la violenza scatenata nei mesi scorsi dalle squadracce neofasciste di Antifa, prezzolate per strumentalizzare le sacrosante proteste per la barbara uccisione di George Floyd da parte della polizia? La celebratissima “prima democrazia del mondo” rischia di dare uno spettacolo di sé paragonabile a quello del magistrale affresco storico realizzato da Martin Scorsese in una pellicola come “Gangs of New York”? Il momento è altamente drammatico: come quando, nel 1991, il mondo intero restò col fiato sospeso di fronte alle imprese dei golpisti di Mosca che avevano deposto e sequestrato Gorbaciov, l’eroe che aveva invano sperato in un vero, umanissimo “nuovo ordine mondiale”, basato sulla concordia e la cooperazione, dopo l’infinito logoramento della guerra fredda, sotto il ricatto incrociato del terrore nucleare.In attesa di capire quali colpi di scena si consumeranno ancora dalle parti di Washington, in una partita che non può che includere anche il Pentagono, oltre all’evocazione (fuori misura?) della Corte Suprema come estremo arbitro della contesa più pazza di sempre, è inevitabile scorgere la platea che se lo sta godendo, lo spettacolo della nebbia. Accanto a Obama e Bergoglio, nella platea è facile scorgere il diletto Macron, onorato in Vaticano il giorno dopo aver insultato il governo italiano, due anni fa. Il presidente che faceva picchiare i migranti africani rispedendoli in Italia ha appena bombardato il Mali, per rappresaglia dopo gli attentati di Nizza, con la scusa dell’origine maliana di uno dei killer. Sul suo sito, Mitt Doclino segnala un dettaglio: il Mali aveva tentato di smarcarsi dalla stretta coloniale francese, chiedendo aiuto proprio agli Stati Uniti. Vi rendete conto – si domanda Mitt Doclino – che fine farebbe l’Italia, se venisse meno anche l’ultimo paracadute americano, di fronte all’aggressività dell’ordoliberismo franco-tedesco? Per inciso: siamo il paese che si è lasciato “scippare” dalla Francia persino la vetta del Monte Bianco. Bel simbolo: il tetto d’Europa non sarebbe più italiano, se si continuasse a lasciar fare, seguendo l’esempio degli inesistenti Conte e Di Maio, letteralmente non pervenuti.Si dirà che Conte e Di Maio hanno ben altre rogne di cui occuparsi, oggi. Di Maio, poi, può godersi il suo cretaore, Beppe Grillo, che sciorina sul suo blog la mappa del Bengodi, il nuovo planisfero del “reddito universale” cui sarebbero destinati i superstiti del Great Reset, quelli ancora vivi dopo l’accurata distruzione della sovranità economica. Impossibile non notare anche l’ex comico, nella nebbia della tribuna che si sta gustando lo scempio americano. Impossibile non immaginare un intero parterre di potentissimi padreterni, pronti a ridere largo di fronte al voto postale statunitense: George Soros e gli uomini di Davos, il cinese Xi Jinping, i padroni del web e quelli delle televisioni, il mitologico Bill Gates coi suoi vaccini e i suoi microchip, l’altrettanto favoloso Elon Musk con le sue “costellazioni” di satelliti 5G. Tutti a tifare contro il Puzzone della Casa Bianca: interi settori del Deep State più maleodorante, gli “specialisti” di antiterrorismo che hanno assistito al dilagare indisturbato del terrorismo, i club più esclusivi di Big Pharma e il loro guru mondiale Anthony Fauci, buon amico del presidente etiope di un’Oms ormai largamente finanziata dalla Cina, il colosso globalista teleguidato da azionisti come Vanguard, State Street e BlackRock.E’ vero che il nebbione è fitto, ma solo un cieco potrebbe non vedere il ponte velenoso che collega Wuhan a Washington. L’ultima volta che negli Usa qualcuno denunciò brogli elettorali, sappiamo come finì: Al Gore rimase a casa, e venne eletto Bush. Era il 2001: poco dopo crollarono le Torri Gemelle ed esplose l’inferno in Afghanistan e in Iraq. Il mondo non sarebbe più stato lo stesso. E’ la medesima canzone che intonano, non da oggi, i profeti del Grande Reset: state a casa, andrà tutto bene, ce ne occuperemo noi. Parola d’ordine: tremare e obbedire. Al netto della cecità dei più ottusi, era proprio questa – la libertà – la vera posta in gioco nelle “elezioni del secolo”, che hanno opposto il controverso “patriota” Trump a un flebile ometto di cartapesta, un semplice prestanome dai capelli bianchi. Finisce qui, l’incontro? Qualche arbitro fischierà la fine e The Donald si ritirerà, come fece Gore nonostante l’imbroglio dei voti della Florida presieduto dal governatore Jeb Bush, fratello del candidato presidente? Questo tempo che stiamo vivendo – tra mascherine e lockdown, distanziamento e coprifuoco, strategia della paura e disinformazione martellante a reti unificate – ha l’aria di essere davvero apocalittico, cioè rivelatore: a questo è servito, essenzialmente, l’indice accusatore agitato, spesso fuori misura, dall’urlatore Donald Trump, che ora si dichiara frodato dalla nebbia, il più subdolo dei trucchi.Nel calcio, quando il campo da gioco è invaso dalla nebbia e la visibilità scende a zero, l’arbitro interrompe la partita: la cosa migliore sarebbe rigiocarla. L’ecltoplasma chiamato Joe Biden, l’anziano signore che in pubblico sbaciucchia le bambine e in privato manda avanti il figliolo a fare affari inconfessabili coi peggiori oligarchi cinesi e ucraini, sta forse per vincere le elezioni più nebbiose della storia americana? Nella regione industriale dei Grandi Laghi, dove Donald Trump aveva appena incassato una squillante vittoria sulla base delle schede votate da elettori in carne e ossa, la strana nebbia blu dei “democrat” alla Nancy Pelosi, quella secondo cui alla fine vincerà Biden, in un modo o nell’altro, sta facendo letteralmente sparire dalla vista il perimetro dello sport politico più importante del pianeta? Un gioco di prestigio, costruito con tonnellate di schede pre-stampate, sta davvero trasformando in un ricordo la lealtà costituzionale delle presidenziali statunitensi? Elezioni-evento, adrenalinicamente esasperate e decantate come specchio dell’innocenza sostanziale del maggior impero del pianeta, formidabile motore – negli ultimi cent’anni – di tutto quello che il mondo ha potuto assaggiare. Anche questo (insieme alla nostra sicurezza sanitaria) sta dunque per finire, nella nebbia della Rust Belt invasa da voti postali stampati in serie?
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La Francia ci ruba pure il Monte Bianco, e il governo subisce
Scusate, ma i francesi ci hanno “rubato” anche il Monte Bianco? «Con la tipica calma di chi se ne frega, il governo si è degnato di rispondere il 12 ottobre scorso, impiegando oltre quattordici mesi», scrive “Libero”. A sollevare la questione era stato, il 5 agosto 2019, un deputato di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, con un’interrogazione urgente alla Camera indirizzata a Conte e a Di Maio, ministro degli esteri. I fatti? Dopo 160 anni, all’improvviso, la vetta del Monte Bianco si è trasferita in Francia. O meglio, riassume il giornale di Feltri e Senaldi: i Comuni di Chamonix e St. Gervais hanno spostato unilateralmente il confine, violando un accordo del 1860 che sancisce la sovranità italiana del Rifugio Torino. «Chiusi i tornelli che conducono al versante sud della montagna, i francesi ora incassano i profitti derivanti dall’impianto di risalita e, per confermare la loro conquista cartografica, il 27 giugno 2019 avevano vietato inoltre l’atterraggio in parapendio di tutta la zona». I confini tra Italia e Francia nella zona del massiccio del Monte Bianco, ricorda “Libero”, sono da tempo oggetto di una controversia internazionale, riguardante la stessa cima del “tetto d’Europa” e la zona tra Colle del Gigante e Punta Helbronner, di rilievo per l’Italia come punto di arrivo della funivia proveniente da Courmayeur e come sito dello storico Rifugio Torino.In aula, Lollobrigida s’era impegnato a chiedere di conoscere «quali iniziative si intendessero intraprendere per tutelare l’interesse nazionale e la sovranità dello Stato italiano nelle aree del Monte Bianco», anche «per supportare le istituzioni territoriali coinvolte nella gestione dei problemi amministrativi ed economici relativi alle attività turistiche, sportive ed alpinistiche che si svolgono in quelle zone nevralgiche per l’accesso al massiccio e alla vetta del Monte Bianco». A Conte e Di Maio, si chiedeva anche come «giungere alla definitiva risoluzione di un contenzioso diplomatico che si trascina ormai da oltre 70 anni, durante i quali l’Italia ha sempre subito le iniziative unilaterali ed arbitrarie delle autorità francesi». Con tutta comodità, con oltre un anno di ritrardo è Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli esteri, a spiegare che, «tramite l’ambasciata a Parigi», la Farnesina «ha subito proceduto a rappresentare formalmente e con fermezza, alle autorità francesi, la tradizionale posizione italiana riguardo ai confini». Chiacchiere, a quanto pare. L’accordo sui confini risale al Trattato di Torino del 1860 e lascia il celebre Rifugio Torino su suolo italiano, pur cedendo le contee di Nizza e della Savoia a Parigi.«In base a quell’accordo, tuttora vigente, l’Italia ha inviato quindi una nota alle autorità francesi», le quali tuttavia – aggiunge “Libero” giudicano che si tratti di carta straccia. «Facendo presente che il provvedimento verte su una zona geografica che costituisce da svariati decenni l’oggetto di un contenzioso tra Francia e Italia», si sostiene che le autorità «si sono dimostrate disponibili ad affrontare la questione nella Commissione mista per la manutenzione del tracciato dei confini». In pratica, chiosa il quotidiano, «le feluche si preparano a discuterne amabilmente davanti a un tè, magari accompagnato da un pasticcino montblanc, ma intanto il Rifugio Torino è passato in mani francesi». E’ l’ennesimo figurone, da paese-zerbino, rimediato da un’Italia che ormai non ha più nemmeno l’ombra di una politica estera. Con la Francia, poi, il Belpaese è letteralmente fantozziano: muto, quando gli uomini di Macron (ospite d’onore a casa Bergoglio) definirono “vomitevole” la politica italiana sui migranti, salvo “depositare” abusivamente in valle di Susa, come pacchi postali, gli africani a cui la Francia chiude la porta in faccia, dopo averli riempiti di manganellate. Ora siamo all’estremo insulto simbolico: via il tricolore italiano, persino dal Monte Bianco.Scusate, ma i francesi ci hanno “rubato” anche il Monte Bianco? «Con la tipica calma di chi se ne frega, il governo si è degnato di rispondere il 12 ottobre scorso, impiegando oltre quattordici mesi», scrive “Libero“. A sollevare la questione era stato, il 5 agosto 2019, un deputato di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, con un’interrogazione urgente alla Camera indirizzata a Conte e a Di Maio, ministro degli esteri. I fatti? Dopo 160 anni, all’improvviso, la vetta del Monte Bianco si è trasferita in Francia. O meglio, riassume il giornale di Feltri e Senaldi: i Comuni di Chamonix e St. Gervais hanno spostato unilateralmente il confine, violando un accordo del 1860 che sancisce la sovranità italiana del Rifugio Torino. «Chiusi i tornelli che conducono al versante sud della montagna, i francesi ora incassano i profitti derivanti dall’impianto di risalita e, per confermare la loro conquista cartografica, il 27 giugno 2019 avevano vietato inoltre l’atterraggio in parapendio di tutta la zona». I confini tra Italia e Francia nella zona del massiccio del Monte Bianco, ricorda “Libero”, sono da tempo oggetto di una controversia internazionale, riguardante la stessa cima del “tetto d’Europa” e la zona tra Colle del Gigante e Punta Helbronner, di rilievo per l’Italia come punto di arrivo della funivia proveniente da Courmayeur e come sito dello storico Rifugio Torino.
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Firmano 15.000 scienziati: le misure anti-Covid sono follia
In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche Covid-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata. Provenienti sia da sinistra che da destra e da tutto il mondo, abbiamo dedicato la nostra carriera alla protezione delle persone. Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica a breve e lungo termine. I risultati (per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale – che porta a una maggiore mortalità in eccesso negli anni a venire, con la classe lavoratrice e i membri più giovani della società che portano il peso più gravoso. Tenere gli studenti fuori dalla scuola è una grave ingiustizia. Mantenere queste misure in atto fino a quando un vaccino non sarà disponibile causerà danni irreparabili, con danni sproporzionati ai meno privilegiati.Fortunatamente, la nostra comprensione del virus sta crescendo. Sappiamo che la vulnerabilità alla morte da Covid-19 è più di mille volte maggiore negli anziani e negli infermi rispetto ai giovani. In effetti, per i bambini, Covid-19 è meno pericoloso di molti altri danni, compresa l’influenza. Man mano che l’immunità cresce nella popolazione, il rischio di infezione per tutti, compresi i più vulnerabili, diminuisce. Sappiamo che tutte le popolazioni alla fine raggiungeranno l’immunità di gregge – cioè il punto in cui il tasso di nuove infezioni è stabile – e che questo può essere assistito da (ma non dipende da) un vaccino. Il nostro obiettivo dovrebbe quindi essere quello di ridurre al minimo la mortalità e i danni sociali fino a raggiungere l’immunità della mandria. L’approccio più compassionevole, che bilancia i rischi e i benefici del raggiungimento dell’immunità della mandria, è quello di consentire a coloro che sono a minimo rischio di morte di vivere normalmente la loro vita per costruire l’immunità al virus attraverso l’infezione naturale, proteggendo meglio coloro che sono al rischio. Chiamiamo questa protezione “mirata”.L’adozione di misure per proteggere i vulnerabili dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle risposte di salute pubblica al Covid-19. A titolo di esempio, le case di cura dovrebbero utilizzare personale con immunità acquisita ed eseguire frequenti test Pcr di altro personale e di tutti i visitatori. La rotazione del personale dovrebbe essere ridotta al minimo. I pensionati che vivono a casa dovrebbero farsi consegnare generi alimentari e altri generi di prima necessità. Quando possibile, dovrebbero incontrare i membri della famiglia all’esterno piuttosto che all’interno. È possibile attuare un elenco completo e dettagliato di misure, compresi gli approcci alle famiglie multigenerazionali, che rientra nell’ambito e nelle capacità dei professionisti della sanità pubblica.Coloro che non sono vulnerabili dovrebbero essere immediatamente autorizzati a riprendere la vita normalmente. Semplici misure igieniche, come lavarsi le mani e stare a casa quando si ammalano, dovrebbero essere praticate da tutti per ridurre la soglia di immunità della mandria. Le scuole e le università dovrebbero essere aperte all’insegnamento di persona. Le attività extracurriculari, come gli sport, dovrebbero essere riprese. I giovani adulti a basso rischio dovrebbero lavorare normalmente, piuttosto che da casa. Dovrebbero aprire ristoranti e altre attività. Le arti, la musica, lo sport e altre attività culturali dovrebbero riprendere. Le persone più a rischio possono partecipare se lo desiderano, mentre la società nel suo insieme gode della protezione conferita ai più vulnerabili da coloro che hanno costruito l’immunità di gregge.(”Dichiarazione di Great Barrington”, redatta il 4 ottobre 2020 a Great Barrington, Massachusetts, Stati Uniti. Primi firmatari: Martin Kulldorff, professore di medicina presso l’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo con esperienza nella rilevazione e nel monitoraggio di epidemie di malattie infettive e nella valutazione della sicurezza dei vaccini; Sunetra Gupta, professore all’Università di Oxford, epidemiologo con esperienza in immunologia, sviluppo di vaccini e modelli matematici di malattie infettive; Jay Bhattacharya, professore presso la Stanford University Medical School, medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politiche per la salute pubblica che si occupa di malattie infettive e popolazioni vulnerabili. Hanno finora aderito quasi 15.000 medici e scienziati. E’ possibile sostenere la Dochiarazione con una sottoscrizione on-line, da parte del pubblico).https://gbdeclaration.org/In qualità di epidemiologi di malattie infettive e scienziati della salute pubblica, nutriamo gravi preoccupazioni per gli impatti dannosi sulla salute fisica e mentale delle politiche Covid-19 prevalenti e raccomandiamo un approccio che chiamiamo Protezione mirata. Provenienti sia da sinistra che da destra e da tutto il mondo, abbiamo dedicato la nostra carriera alla protezione delle persone. Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica a breve e lungo termine. I risultati (per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale – che porta a una maggiore mortalità in eccesso negli anni a venire, con la classe lavoratrice e i membri più giovani della società che portano il peso più gravoso. Tenere gli studenti fuori dalla scuola è una grave ingiustizia. Mantenere queste misure in atto fino a quando un vaccino non sarà disponibile causerà danni irreparabili, con danni sproporzionati ai meno privilegiati.
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A rischio 5 milioni di posti di lavoro, 4 mini-aziende su 10
«Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili», a causa della drammatica flessione del Pil in seguito al lockdown, evento non compensato da adeguati aiuti europei. Effetti: sono a rischio chiusura 4 piccole aziende su 10, con conseguenze devastanti sulla disoccupazione e quindi sulle entrate statali. Secondo “Proiezioni di Borsa”, newsmagazine finanziario, i segnali sono inequivocabili: «L’arrivo di uno tsunami si manifesta prima con delle onde anomale. Poi arriva l’onda enorme, che spazza e travolge tutto quello che trova sulla sua strada. E quando si ritira lascia solo danni e devastazione. E’ ciò che sta per accadere alla economia italiana». Lo conferma Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio. Secondo l’ufficio studi dell’associazione nazionale commercianti, i consumi in Italia oggi sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. «Significa che oggi gli italiani spendono, in consumi di prodotti e servizi, come 25 anni fa». Sono indicativi alcuni dettagli: «Oggi gli italiani spendono più in alimentari che in servizi, fenomeno che non si verificava dal 2007. Inoltre si registra una forte contrazione degli acquisti per automobili, scarpe e vestiti».Il commercio e la domanda interna sono una parte rilevante del Pil italiano. «Una riduzione della domanda interna di beni e servizi – scrive “Proiezioni di Borsa” – può mandare in crisi decine di migliaia di attività commerciali e di piccole e piccolissime imprese. Una loro chiusura farà aumentare la disoccupazione in Italia». Il fenomeno per ora è attutito grazie alle misure-tampone del governo. Con il Decreto Agosto, l’esecutivo ha prolungato la cassa integrazione e i termini del divieto di licenziamento, anche se con dei “paletti”. «Ma cosa accadrà quando anche queste misure cadranno?». Secondo uno studio Istat, su aziende con almeno 3 dipendenti, sono a rischio chiusura il 40% delle microimprese, mentre potrebbe chiudere i battenti il 19% delle grandi imprese. «Nella ristorazione e nell’ambito dei servizi turistici, oltre 6 alberghi e ristoranti su 10 sono in pericolo chiusura». In termini occupazionali, per l’Istat sono in pericolo 3,6 milioni di posti di lavoro nelle imprese, a cui si aggiungono 800.000 addetti nella ristorazione e nell’accoglienza turistica. «A questi si sommano altri 700.000 addetti del settore dello sport, cultura e intrattenimento».Se facciamo la somma, conclude “Proiezioni di Borsa”, nei prossimi mesi circa 5 milioni di persone rischiano di perdere il lavoro. «Non è uno tsunami, è una ecatombe. Se anche solo la metà di questi lavoratori perdesse il posto, per l’economia nazionale sarebbe un colpo terribile». E attenzione, stiamo parlando di una indagine su aziende con almeno 3 dipendenti. E le partite Iva? E le aziende familiari con due componenti? Sempre secondo l’Istat, a giugno il tasso di disoccupazione in Italia è salito all’8,8% (ad aprile il dato era al 6,3%). Drammatico il dato per i giovani, il cui tasso di disoccupazione a giugno è al 27,6% contro poco più del 20% di aprile. «Ma il dato più indicativo, e se volete drammatico, è il forte aumento delle persone in cerca di lavoro, pari al 7,9%. Rispetto a maggio 2020, a giugno quasi 150.000 persone si sono messe in cerca di occupazione». Attezione: «Meno occupazione significa meno reddito, quindi meno domanda da consumi, quindi meno produzione, quindi meno lavoro. Andiamo verso un periodo in cui ci sarà un incremento della disoccupazione che non si vede come possa essere riassorbita».Un’azienda che chiude non porta danni solo per l’economia, ma anche allo Stato (meno entrate fiscali). E per ogni azienda che rimane in piedi, ma vede ridursi il suo giro d’affari, le entrate tributarie si riducono. Se per quest’anno Bankitalia prevede un calo del Pil tra il 9,2% al 13,1%, significa che le entrate tributarie diminuiranno del 10% circa. «Infatti, nel periodo gennaio-maggio 2020 lo Stato ha accusato mancate entrate per 15 miliardi (dati del Mef). In percentuale è una cifra pari al 9,3% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019». Per i prossimi mesi e per buona parte del prossimo anno, continua “Proiezioni di Borsa”, lo Stato incasserà meno tasse ma dovrà fronteggiare maggiori spese: dovrà fare fronte a tutte le misure di sostegno varate a deficit con i 4 decreti, cui si aggiunge l’indennità di disoccupazione (Naspi) che inevitabilmente lieviterà, senza contare le spese ordinarie per mandare avanti la macchina statale. «Ma supponiamo che i costi sociali, previdenziali, sanitari, non aumentassero e rimanessero uguali. Comunque lo Stato avrebbe a disposizione decine di miliardi in meno per fare fronte alle spese fisse della macchina statale. Come vi farà fronte?».«Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili», a causa della drammatica flessione del Pil in seguito al lockdown, evento non compensato da adeguati aiuti europei. Effetti: sono a rischio chiusura 4 piccole aziende su 10, con conseguenze devastanti sulla disoccupazione e quindi sulle entrate statali. Secondo “Proiezioni di Borsa“, newsmagazine finanziario, i segnali sono inequivocabili: «L’arrivo di uno tsunami si manifesta prima con delle onde anomale. Poi arriva l’onda enorme, che spazza e travolge tutto quello che trova sulla sua strada. E quando si ritira lascia solo danni e devastazione. E’ ciò che sta per accadere alla economia italiana». Lo conferma Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio. Secondo l’ufficio studi dell’associazione nazionale commercianti, i consumi in Italia oggi sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. «Significa che oggi gli italiani spendono, in consumi di prodotti e servizi, come 25 anni fa». Sono indicativi alcuni dettagli: «Oggi gli italiani spendono più in alimentari che in servizi, fenomeno che non si verificava dal 2007. Inoltre si registra una forte contrazione degli acquisti per automobili, scarpe e vestiti».
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Emanuele: rivoglio la mia scuola, i miei amici, la mia libertà
Ci ha messi in ginocchio, il virus, lo ha fatto sotto tutti i punti di vista: economia, industria, sport, politica, scuola, istituzioni e, perché no, LIBERTÀ libertà: già, quella che il Covid ci ha negato per mesi. Libertà di andare al cinema, allo stadio, a mangiarci una pizza per poi dire che a casa quella di tua mamma è più buona, libertà di andarsi a fare una passeggiata, di correre e sporcarsi le ginocchia e le scarpe in un prato, libertà di litigare e prendersi a botte con un amico, baciarsi e abbracciarsi con un parente o, meglio dire in questi tempi, un “congiunto”, libertà di fare la spesa in famiglia in un affollatissimo centro commerciale, di passeggiare per via Roma a Torino con tua madre che si ferma ogni tre vetrine e tu non ce la fai più. Libertà di andare a scuola, vedere i propri amici e compagni di classe, essere interrogato da un professore oppure scrivere un tema di due ore in classe, chiedendo al tuo compagno di banco che traccia ha scelto, non perché ti interessi veramente, ma solo per farti richiamare dalla professoressa. Ci manca tutto questo, che noi più comunemente chiamiamo normalità.Dal periodo di quarantena o lockdown stiamo utilizzando la Dad (didattica a distanza) per l’apprendimento. I primi giorni ero un po’ in difficoltà perché a casa avevamo solo due dispositivi per tre persone e non riuscivo tanto nel seguire le spiegazioni e a stare dietro ai compiti, ora mi trovo meglio ma preferisco di sicuro lamentarmi per la sveglia che suona alle sei per prepararmi psicologicamente per l’inizio della giornata scolastica, piuttosto che fissare per ore uno schermo; penso che quasi tutti i ragazzi, seppur maledicendo costantemente la scuola e i professori con le loro verifiche ed interrogazioni, vogliano tornarci, tra quei banchi, perché diciamocelo francamente, almeno fino alla maturità la scuola è la nostra vita, lí costruiamo amicizie che ci segneranno per sempre, vivremo momenti felici e infelici, che rimarranno segnati col pennarello nero indelebile nella nostra memoria.(Emanuele Zallio, “Rivoglio la mia scuola, i miei amici, la mia libertà”, 6 giugno 2020. Emanuele ha 15 anni, è iscritto al primo anno dell’Istituto Superiore Des Ambrois di Oulx, in valle di Susa, provincia di Torino. In queste riflessioni sintetizza il suo punto di vista sul disagio provato durante l’emergenza Covid, da cui il paese non è ancora uscito).Ci ha messi in ginocchio, il virus, lo ha fatto sotto tutti i punti di vista: economia, industria, sport, politica, scuola, istituzioni e, perché no, libertà: già, quella che il Covid ci ha negato per mesi. Libertà di andare al cinema, allo stadio, a mangiarci una pizza per poi dire che a casa quella di tua mamma è più buona, libertà di andarsi a fare una passeggiata, di correre e sporcarsi le ginocchia e le scarpe in un prato, libertà di litigare e prendersi a botte con un amico, baciarsi e abbracciarsi con un parente o, meglio dire in questi tempi, un “congiunto”, libertà di fare la spesa in famiglia in un affollatissimo centro commerciale, di passeggiare per via Roma a Torino con tua madre che si ferma ogni tre vetrine e tu non ce la fai più. Libertà di andare a scuola, vedere i propri amici e compagni di classe, essere interrogato da un professore oppure scrivere un tema di due ore in classe, chiedendo al tuo compagno di banco che traccia ha scelto, non perché ti interessi veramente, ma solo per farti richiamare dalla professoressa. Ci manca tutto questo, che noi più comunemente chiamiamo normalità.