Archivio del Tag ‘sovranità’
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Euro-tagli, e la Regione finisce nella lotteria delle banche
Privatizzare la finanza pubblica, amputandola del suo potere naturale di spesa. Fino all’estrema aberrazione: la perdita della moneta e delle possibilità di manovra che la sovranità finanziaria consente, facoltà particolarmente preziosa in tempi di crisi. Dallo Stato centrale, letteralmente “disabilitato” dal neoliberismo a partire dal divorzio fra Tesoro e Bankitalia, fino alle sue estreme propaggini territoriali, le Regioni. Costrette anch’esse, per finanziarsi, a ricorrere al mercato finanziario privato, secondo procedure fisiologicamente anomale, dal momento che la “mission” delle banche non è ovviamente il bene pubblico ma il profitto privato. Nella trappola è finito anche il Piemonte, negli ultimi anni di boom del credito a basso costo, prima della grande crisi. Visti i tagli crescenti dei trasferimenti statali, la Regione ha acquisito strumenti finanziari per proteggersi dai rischi e tentare di sfruttare le “opportunità” offerte dai prodotti più “innovativi” delle banche. Salvo poi scoprire che i propri funzionari forse non erano così a loro agio con la lingua madre del business, l’inglese.
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Ostaggi della Germania: la nostra crisi è il loro business
Un governo inerte che vive solo di rinvii, soprattutto in materia di economia e tassazione: persino il Fmi ammette che la politica di rigore è suicida, ma nessuno osa contrastare il diktat della Germania. Che, per fare profitto, ha bisogno esattamente di questo: indebolire di proposito il Sud Europa, per imporre il suo export demolendo la concorrenza industriale stritolata dalla crisi e “rubando” manodopera specializzata. Queste, spiega Guglielmo Forges Davanzati su “Micromega”, sono le ragioni per le quali «il governo tedesco ha interesse a mantenere (e perpetuare) un’Europa a doppia velocità». L’economia tedesca costituisce oggi il 23% del Pil dell’Eurozona. La crescita economica tedesca è essenzialmente trainata dalle esportazioni: e circa il 60% dell’export tedesco è rivolto ai paesi dell’Eurozona. «A fronte di ciò, il resto dell’Eurozona (i paesi mediterranei, innanzitutto) fa registrare tassi di crescita negativi, consistenti aumenti della disoccupazione – e in particolare della disoccupazione giovanile – riduzione dei consumi e degli investimenti». E nessuno ferma la Germania, perché temono che salterebbe in aria l’euro.
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Letta, l’esultanza e la realtà: Italia svenduta agli stranieri
E bravo Letta: il premier esulta per il contentino strappato a Bruxelles, che ci concede di spendere un po’ di soldi – i nostri, comunque – mentre il piano europeo di devastazione del paese va avanti indisturbato, e senza che i media mainstream e i partiti ne parlino mai. «Le vittorie di Letta sono quantitativamente insignificanti e servono a non parlare dei vizi strutturali macroeconomici dell’Eurosistema», accusa l’analista indipendente Marco Della Luna, che “smaschera” – conti alla mano – la reale portata dell’operazione d’immagine gestita dal governo. «Dal potere europeo – spiega Della Luna – Enrico Letta ha ottenuto 1,5 miliardi spendibili in due anni a partire dal prossimo gennaio, e altri 7 miliardi in cofinanziamento, cioè 3,5 messi dall’Italia e 3,5 messi dall’Ue, però con soldi dei contributi italiani, grazie a una deroga al plafond del 3% di disavanzo pubblico». Sostanzialmente, per tutto il 2014, «si tratta dell’autorizzazione a spendere soldi quasi tutti nostri».
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Barnard: ricattati dall’Ue, non osate ricostruire l’Aquila
Trovo un po’ fuorviante buttare l’accento sul “chiediamo all’Europa”: all’Europa non si può chiedere niente, è retta da un sistema di tecnocrati che hanno fatto trattati per cui lo Stato italiano è oggi completamente esautorato da qualsiasi decisione. Lei, Fassina, cita il Fiscal Compact, e cita precisamente l’articolo 3 – parte 1, comma C – dove viene previsto un possibile allentamento dei parametri di riduzione del deficit, se succede qualcosa. Lo prevede nel breve termine e pure nel medio termine: vuol dire che – per L’Aquila – bisognerebbe ripagare questo esborso in poche settimane o pochi mesi, ritrovando i fondi per ripianarlo. Quindi, all’Europa non si può chiedere niente. Il problema è che voi non ne avete il coraggio. Cioè: la politica italiana non ha coraggio. Ma perché non avete coraggio, mentre invece gli altri ce l’hanno? La Germania ha avuto un coraggio indecente quando ha chiesto la parificazione del marco – uno a uno – con la Germania dell’Est, che è stato come se l’Europa avesse permesso alla Germania un’espansione del deficit di migliaia di miliardi.
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Cardini: giustizia, la rivoluzione che l’umanità attende
Il generale malessere del mondo, la crisi europea, le strane “primavere arabe” e il ritorno di potenze come la Francia, pronte a strumentalizzare i movimenti islamisti. E poi le rivolte in Egitto e in Turchia, che hanno messo i media di fronte a una domanda drammatica: di fronte a tanta ingiusizia, l’unica via d’uscita sarà una rivoluzione necessariamente globale? Ebbene sì, risponde lo storico Franco Cardini: serve una rivoluzione mondiale basata sulla giustizia e sulla redistribuzione della ricchezza, capace di trasformare i consumi salvaguardando il rapporto con l’ambiente. La «rivoluzione del futuro», inutile non vederla, ormai «ci sta davanti», sospinta dalla potenza formidabile del Bric, il cartello dei grandi paesi emergenti: Brasile, Russia, India e Cina, cui domani potrebbe aggiungersi anche l’Iran. «Questa rivoluzione potrà anche non verificarsi, oppure fallire: ma allora saremo tutti condannati».
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Foa: chi è nell’euro perde lavoro. Volete la prova? Eccola
La fonte è a prova di smentita: trattasi dell’Organizzazione internazionale del Lavoro. Il dato inequivocabile, poiché statistico. Secondo le cifre diffuse alcuni giorni fa e di cui ben pochi hanno parlato in Europa, i 19 paesi dove l’occupazione è tornata sopra i livelli prima della crisi dei mutui subprime del 2008 sono Argentina, Turchia, Ungheria, Repubblica Dominicana, Malta, Romania, Armenia, Brasile, Cile, Lussemburgo, Germania, Colombia, Israele, Uruguay, Perù, Russia, Svizzera, Kazakistan, Thailandia. I paesi che l’Organizzazione internazionale del lavoro considera in continuo declino sono Giordania, Croazia, Grecia, Spagna, Italia, Marocco, Sri Lanka, Belgio, Portogallo, Slovacchia, Francia, Irlanda, Slovenia, Giamaica, Finlandia, Cipro, Giappone, Danimarca, Olanda, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia.
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Grecia, Cipro e Siria messe ko, per rubargli il gas dell’Egeo
Grecia, Cipro, Siria. Tre crisi ben distinte, secondo la narrazione mainstream: il debito pubblico non più tollerato dall’Europa del rigore, la fragilità del sistema bancario dell’isola mediterranea, la rivolta armata contro il regime di Assad. Peccato che nessuno veda cosa c’è sotto: ma proprio in fondo, là in basso, nel fondale marino dell’Egeo. Tecnicamente: uno smisurato giacimento di gas. Un tesoro inestimabile, a cui avrebbero accesso – per diritto internazionale – sia i greci massacrati dalla Troika, sia i ciprioti strapazzati da Bruxelles, sia i siriani assediati dai miliziani Nato travestiti da ribelli. Quel tesoro lo vogliono per intero, e a prezzi stracciati, le Sette Sorelle. E’ questo il vero motivo per cui si sta cercando di radere al suolo la sovranità della Grecia, di Cipro e della Siria. Non si tratta di una tesi, ma di fatti che il mondo diplomatico conosce. Parola di Agostino Chiesa Alciator, già console italiano in Francia. Che avverte: il disastro che ci sta rovinando addosso – crisi economica, catastrofe finanziaria, focolai di guerra permanente in ogni angolo del pianeta – ha una precisa di data d’inizio: 11 settembre. Non quello del 2001, le Torri Gemelle. Si tratta di undici anni prima: la caduta del Muro di Berlino.
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Travaglio: il golpetto di Napolitano sugli inutili caccia F-35
Com’è noto i cacciabombardieri F-35 sono inutili, ma sarebbero uno spreco anche se fossero utili. Pare infatti che queste carcasse volanti cappòttino da ferme. Tant’è che Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Australia e Turchia hanno già rimesso in discussione il progetto. Noi no, anzi. L’8 aprile 2009, due giorni dopo il terremoto in Abruzzo, mentre si raccoglievano 300 vittime, si soccorrevano migliaia di feriti e il governo Berlusconi faceva passerella sulle macerie senza trovare un euro per ricostruire L’Aquila, le commissioni difesa di Camera e Senato votavano il via libera per l’acquisto di 131 F-35 (poi ridotti a 90) al modico costo di 15 miliardi. Nessun voto contrario: l’impavido Pd, anziché opporsi, uscì dalla stanza e non partecipò al voto, in linea con il suo programma scritto direttamente da Ponzio Pilato (a parte la senatrice Negri che, in un soprassalto di coraggio, restò dentro e si astenne).
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La lezione dei greci: l’umanità è più forte dello spread
«I greci, uomini e donne, hanno vissuto sotto due imperi per 15 secoli. La precarietà non li spaventa, ci convivono da sempre. Supereranno anche questa. Stanno soffrendo tanto, ma credo stiano dando una lezione a tutta l’Europa. L’ennesima lezione ellenica: le persone, i popoli, contano più dello spread o delle rigide regole di Bruxelles». Parola di Giuseppe Ciulla, giornalista Rai, reduce da un viaggio di quattromila chilometri nel corpo vivo della Grecia martoriata a sangue dalla spietata crudeltà finanziaria della Troika europea, gli ideologi del rigore al servizio dell’élite mondiale che ha fatto del popolo Atene un gigantesco test per un esperimento mostruoso: verificare fino a che punto può sopravvivere un popolo depredato dei suoi diritti e spogliato di tutto. Sorpresa: secondo Ciulla, i greci sono più forti dei loro “aguzzini”, e alla fine vinceranno.
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Venti di guerra: gli Usa minacciano, e i servi obbediscono
Il caso Snowden avrà ripercussioni sicuramente drammatiche, come dimostrano i fatti delle ultime ore. Pensateci bene: a Morales, presidente di un paese col quale l’Italia ha regolari rapporti diplomatici, è stato impedito di sorvolare il territorio italiano, e di altri paesi europei, sulla base di una precisa richiesta degli Usa. Cioè: Washington ha dato ordini al governo italiano, che ha obbedito per impedire il passaggio. Pensavano che a bordo dell’aereo di Morales ci fosse Snowden, e che Morales lo stesse trasportando in America Latina. Situazione assolutamente paradossale, perché gli europei, che sono stati svillaneggiati e spiati nonostante siano degli alleati, si sono adeguati a un ordine che li umilia ulteriormente e li costringe a violare le leggi – perché questa non si può definire altrimenti che una violazione delle leggi: un presidente di uno Stato sovrano viene messo in una situazione di questo genere, e l’Italia agisce di conseguenza.
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Morales-Snowden, l’America apre la caccia al dissidente
Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.L’Italia e gli altri avrebbero avuto tantissimi motivi per aprire mille fascicoli contro le conclamate violazioni spionistiche di Washington, ma non hanno fatto nulla. Viceversa, una presunta presenza del dissidente su un aereo protetto da tutte le immunità è stata sanzionata con una velocità di esecuzione impressionante, che – semplicemente – denuda la vera catena di comando: una catena militare da guerra mondiale, che si fa beffe di qualsiasi ragione storica e giuridica che fin qui ha sempre impedito simili atti. In occasione dei casi di Assange, di Manning e di Snowden, abbiamo a lungo cercato di volgere nella nostra lingua l’intraducibile termine “whistleblower”. Letteralmente sarebbero coloro che lanciano un allarme per via di una condotta illegale o minacciosa di un’organizzazione di cui fanno parte. Si tratta di funzionari che si trovano fra le mani informazioni sensibili e decidono di farle conoscere. Nel farlo rivestono un ruolo misto fra “confidenti”, “obiettori di coscienza” e “attivisti politici”. Ma dicendo così non arriviamo al centro del significato. Il termine dissidente, applicato a Snowden, appare improvvisamente, invece, come l’unica misura per capire la portata di quel che sta accadendo in Occidente. La parola ha un sapore da Cecoslovacchia anni settanta, ma è da rispolverare qui ed ora, dove i porti sicuri per chi contesta il potere dall’interno sono in via di totale dissoluzione.La scala su cui misuriamo il ruolo di Edward Snowden per l’America deve essere la stessa su cui si misurava la figura di Andrej Sakharov per l’Unione Sovietica. Sakharov fu il più importante dissidente del Paese al quale contribuì a donare la potenza soverchiante e terribile della bomba all’idrogeno. La sua Bomba Zar, esplosa nell’ottobre 1961, rivelava all’umanità un potere in grado di distruggere il mondo. Snowden ha rivelato la potenza di un altro tipo di bomba, in grado di distruggere il mondo che conosciamo in un altra maniera ancora. La vera arma-fine-di-mondo non usa più, o non soltanto, una deflagrazione termonucleare. È un sistema che coordina tutte le possibili interferenze nelle trasmissioni verso un unico scopo: il dominio planetario che non ammette contrasto. Chi non lo comprende, o lo sottovaluta, sarà il complice della fine della democrazia, e della corsa verso la guerra. Chi lo comprende dall’interno, cioè chi è un dissidente, è già ora trattato con la massima determinazione.Le sovranità di ogni paese, anche quelle meno limitate, sono e saranno soggette a una pressione crescente. Fa impressione leggere la lista sempre più lunga degli Stati che non concederanno asilo a Snowden. Il diktat di Washington vuole piegare tutti. Forse era questo il vero senso di “Yes We Can”. Deve essere chiaro che non ci sarà consentito di stare in mezzo. Il caso Snowden non sa che farsene di intellettuali liberi che sono soltanto liberi di non rischiare. La libertà è a rischio, e dovremo capirlo ora, partendo anche da un piccolo passo, cominciando a chiedere a Emma Bonino – o ad altri decisori che non possono starsene nell’ombra – in base a quale autorità e con quali misteriosi accordi hanno negato il transito nello spazio aereo italiano al velivolo di Morales. Gli amici della libertà e della sovranità devono farsi sentire subito, e dire da che parte stanno.(Pino Cabras, “La Superpotenza apre la caccia grossa ai dissidenti”, da “Megachip” del 3 luglio 2013).Il sequestro del presidente della Bolivia, Evo Morales, costretto ad atterrare a Vienna durante il suo volo di ritorno da Mosca e poi costretto a subire una perquisizione dell’aereo, rappresenta una novità eccezionale e gravissima, che manifesta un salto di qualità dell’imperialismo americano. Molti paesi, tra cui Francia, Spagna, Italia, Portogallo, in perfetta coordinazione, hanno negato il sorvolo all’aereo del presidente di una repubblica democratica con cui intrattengono normali rapporti diplomatici, in base al semplice sospetto che potesse trasportare il massimo dissidente della nostra epoca, Edward Snowden. Mentre scrivo, i principali organi di stampa mantengono la notizia con un taglio basso. Invece, attenzione, è una di quelle notizie che segnano un passaggio d’epoca. La patina democratica del potere occidentale è stata totalmente smascherata dallo scandalo dello spionaggio senza limiti, il Datagate. Quel che prima era osceno, cioè “fuori scena”, è ora visibile a tutti, ed è il volto pieno e terribile del potere imperiale. Quel potere è in ballo e balla. E ballerà ancora, al ritmo che vorrà l’imperatore. Agli altri un unico compito: obbedire.
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Zero privacy, il futuro progettato dal vero potere mondiale
Secondo Marlon Brando, la privacy non era «semplicemente un diritto, ma un prerequisito assoluto per vivere». Bei tempi. Oggi, «proteggere è veramente un parolone, anche un po’ improprio», accusa Glauco Benigni: «Ciò che appare è che la sfera pubblica globalizzata – i governi, i militari, i trader, i tecnocrati – vogliano impedire che la raccolta e il trattamento dei dati sia ostacolata dal sacrosanto bisogno di riservatezza, e per far questo hanno organizzato un sistema molto complesso di protezione regolata, al quale è impossibile sottrarsi e nel quale è quasi impossibile intervenire». Ma allora Orwell aveva ragione? «La domanda ormai appare retorica». Governi ossessionati dalla sicurezza, trader ossessionati dal guadagno e tecnocrati facilitatori del controllo formano una terna che non consente scampo: «La privacy è stata abbindolata, sedotta e stuprata da bambina. E ora, i suoi stupratori travestiti da padri di famiglia ne fanno mercimonio».