Archivio del Tag ‘socialismo’
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Traviare la Germania? Ci riescono sempre, e sono guai
Così seria, rigorosa, diligente. E così facile da manipolare. Per questo la Germania finisce per essere il problema numero uno dell’Europa: lo fu con Hitler, lo è oggi con la Merkel e il suo rigore devastante. Lo afferma “Grande Oriente Democratico”, sito curato da Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere) che svela il ruolo fondamentale, a livello internazionale, di 36 Ur-Lodges che rappresentano il vertice occulto, apolide e massonico, del supremo potere mondiale, decisivo nella storia del ‘900 e nell’attualità dei nostri giorni. «A fronte delle giuste considerazioni sui vantaggi (cinici) conseguiti dal sistema-Germania grazie alle attuali politiche suicide della Ue – premette il post – bisogna tuttavia rifuggire da qualsivoglia demonizzazione del popolo tedesco», composto da «grandi filosofi, artisti, intellettuali di spessore», ma anche da «una genia piuttosto facile da manipolare». Ovvero: «Non è colpa loro e non è un problema razziale-biologico, quanto piuttosto socio-culturale». In altre parole: a scadenze fisse, l’Europa (che non è “innocente”) paga il prezzo, tremendo, della grande fragilità psicologica della Germania.«Per le stesse ragioni per le quali la cultura clerical-fascista e poi comunista e democristiana ha reso larghe fasce di italiani ipocriti, corrotti, doppiogiochisti e vili (dimenticando la grande lezione dei patrioti risorgimentali), i tedeschi si innamorano di dogmi fideistici in modo assoluto e ne deducono una serie di comportamenti scellerati, almeno fino a quando qualche shock traumatico non li ridesta alla ragione e allo spirito critico», scrive “Grande Oriente Democratico”, ricordando che negli anni ‘30 «la crescita economica e militare della Germania hitleriana fu finanziata anche da ingenti capitali provenienti da determinati ambienti finanziari massonici inglesi e statunitensi (di matrice conservatrice e reazionaria)». Ambienti «simpatizzanti con l’esperimento nazionalsocialista tedesco e con quello fascista italiano». E tutto questo «proprio mentre, con spregiudicata mistificazione manipolatrice per le solite masse di gonzi, fascisti e nazisti imprecavano contro le consorterie demo-pluto-giudaico-massoniche». In realtà, «i massoni progressisti furono ovunque perseguitati, nell’Europa a dominazione nazi-fascista», e la massoneria in quanto istituzione ufficiale fu messa fuori legge. L’altra massoneria, quella reazionaria, era invece pienamente in sella.«La regia economica dell’Italia fu affidata da Mussolini al massone (ed ex socialista) Alberto Beneduce», continua il sito curato da Magaldi, osservando che, nel contempo, il Gran Consiglio del Fascismo «era quasi completamente composto di ex massoni reazionari». E in parallelo, la direzione dell’economia della Germania nazista fu coordinata dal massone Hjalmar Schacht. Intendendiamoci: «Non c’è dubbio che il popolo tedesco, esasperato dalle dissennate politiche vessatorie propugnate dagli anglo-francesi dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e ancor più dal ritiro dei capitali statunitensi a seguito della Grande Crisi del 1929, fu abilmente condotto ad affidarsi alle cure del nazionalsocialismo». Il partito di Hitler «fu finanziato originariamente dalla più influente, cosmopolita e massonica (di inclinazione reazionaria) industria e alta finanza tedesca, significativamente collegata con ambienti “fraterni” della City di Londra e di Wall Street, i quali a loro volta intervennero a far ri-affluire capitali in Germania dopo che Hitler fu salito al potere».L’esperimento tedesco avrebbe letteralmente seppellito la democrazia in Europa, se non fosse stato bloccato da forze determinanti. “Grande Oriente Democratico” sottolinea «l’intervento provvidenziale (e in extremis) dei massoni progressisti euro-atlantici (a partire dalla cerchia di Roosevelt e con l’apporto dei massoni conservatori riuniti attorno a Winston Churchill, “guariti” dalla simpatia per il fascismo, pur in presenza di certa aristocrazia massonica britannica legata a filo doppio con il regime nazista». Senza l’intervento statunitense del 1941, ovviamente, «l’Europa sarebbe divenuta un continente egemonizzato da un’oligarchia sovranazionale che aveva nella Germania hitleriana la sua formidabile e parzialmente dissimulata testa di ponte». E ora, «a distanza di molti decenni e in uno scenario altrettanto complesso di dissimulazioni e mistificazioni mediatico-politiche», ecco che «il veleno della manipolazione del popolo teutonico» è stato nuovamente «cosparso a piene mani», da quando nel 2005 Angela Merkel ha iniziato la sua esperienza di governo alla guida dei tedeschi riunificati. Corsi e ricorsi: così come la congiura anti-germanica dopo la Prima Guerra Mondiale spinse i tedeschi tra le braccia di Hitler (e dei suoi sostenitori occulti), analogamente – con qualche eccezione – la coscienza collettiva tedesca «è stata plasmata negli ultimi anni per concordare e convergere su un progetto egemonico neo-nazionalista, che è anche sostanzialmente anti-europeista».Il sito curato da Magaldi accusa la Germania odierna di «perseguire sfacciatamente un disegno di destrutturazione degli Stati europei più fragili, al fine di realizzare una odiosa forma di egemonia cinica e predatoria», peraltro – come già negli anni ‘30 – anche oggi «guidata da fili che riconducono a burattinai sovra-nazionali, globali e cosmopoliti, indifferenti ai destini dei popoli europei nello stesso grado in cui lo sono della manovalanza cinese, asiatica, africana o sudamericana». Di nuovo, «la popolazione della Germania è stata irretita e manipolata». Il miraggio è quello di «una straordinaria egemonia continentale esattamente come lo fu ieri, negli anni del regime hitleriano». Non a caso, «le politiche di austerità, rigore, suicidio e de-crescita del resto d’Europa sono il fondamento su cui il governo della Merkel sta edificando un luciferino e cinico benessere per larghe fasce (anche se non tutte) della sua nazione. E intanto altri soggetti hanno realizzato e realizzeranno colossali profitti speculando sul balletto degli spread che coinvolge i bond di tutte le nazioni europee che non siano la Germania».Se la Germania riuscirà a completare, con le legislazioni del rigore, «quella egemonia razzista e nazionalista che non fu raggiunta dal regime hitleriano» a suon di bombe e stragim, i veri burattinai di tutta l’operazione anti-europea in corso «si godranno i dividendi economici, con l’acquisizione e sostituzione a prezzi stracciati di industrie private dei paesi schiacciati dalla crisi, nonché mediante il business colossale della privatizzazione dei servizi locali di pubblica utilità e della dismissione di beni e industrie statali». Magaldi include anche i dividendi “politici” di quella che definisce «una involuzione tecnocratica ed oligarchica del Vecchio Continente». Corsi e ricorsi, anche nel bene? Magaldi, che è presidente del Movimento Roosevelt (metapolitico e trasversale, per il “risveglio” democratico dei partiti) si augura che «salti fuori un nuovo gruppo di combattenti come quello che permise al “fratello” Franklin Delano Roosevelt (e poi ai “fratelli” Truman e Marshall) di ristabilire libertà, democrazia e benessere per l’Europa e per l’Occidente».Così seria, rigorosa, diligente. E così facile da manipolare. Per questo la Germania finisce per essere il problema numero uno dell’Europa: lo fu con Hitler, lo è oggi con la Merkel e il suo rigore devastante. Lo afferma “Grande Oriente Democratico”, sito curato da Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere) che svela il ruolo fondamentale, a livello internazionale, di 36 Ur-Lodges che rappresentano il vertice occulto, apolide e massonico, del supremo potere mondiale, decisivo nella storia del ‘900 e nell’attualità dei nostri giorni. «A fronte delle giuste considerazioni sui vantaggi (cinici) conseguiti dal sistema-Germania grazie alle attuali politiche suicide della Ue – premette il post – bisogna tuttavia rifuggire da qualsivoglia demonizzazione del popolo tedesco», composto da «grandi filosofi, artisti, intellettuali di spessore», ma anche da «una genia piuttosto facile da manipolare». Ovvero: «Non è colpa loro e non è un problema razziale-biologico, quanto piuttosto socio-culturale». In altre parole: a scadenze fisse, l’Europa (che non è “innocente”) paga il prezzo, tremendo, della grande fragilità psicologica della Germania.
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Magaldi: gli Occhionero bruciati per imporre 007 infedeli?
Lo scandalo della cyber-security con l’arresto dei fratelli Occhionero? Fatto scoppiare ad arte, per imporre un nuovo super-controllore gradito a Renzi (e all’ultra-destra massonica cui il leader Pd guarderebbe) ma sgradito agli ambienti della massoneria internazionale progressista. E’ la tesi, dirompente, enunciata dal massone Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014 ma completamente oscurato dai grandi media, nonostante rivelasse – in modo del tutto inedito – i più segreti retroscena del “back office” del potere, consentendo una clamorosa rilettura dell’intera storia del ‘900, inclusa quella italiana, mettendo in luce il ruolo del “convitato di pietra”, la massoneria, nella sua versione apolide, quella delle 36 Ur-Lodges che reggerebbero i grandi giochi mondiali. «Ho più volte offerto di esibire prove concrete, un dossier di 6.000 pagine – protesta Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio” – ma nessuno si è finora azzardato a smentirmi». Contro la “congiura del silenzio”, Magaldi ora interviene anche sull’ultimo caso di cronaca, quello dei fratelli Occhionero, indicando una regia interamente massonica dietro alla vicenda. Nomi eccellenti? Mario Draghi, Marco Carrai, Anna Maria Tarantola, Mario Monti. E l’onnipresente, ma invisibile, Michael Ledeen.«Giulio e Francesca Romana Occhionero hanno agito in piena sintonia e reciproca consapevolezza di quello che ciascuno faceva», dichiara Magaldi ad “Affari Italiani”. I due «sono stati coperti e protetti, per anni, accumulando molti dati sensibili a favore di chi li proteggeva e ispirava». Avrebbero accumulato, per conto terzi, «una mole infinitamente più grande di dati rispetto a quella sinora scoperta dagli investigatori». Per Magaldi, Giulio Occhionero «ambiva a far parte di una specifica Ur-Lodge», una superloggia sovranazionale, la “White Eagle”, «operante principalmente tra Usa, Regno Unito, Malta e il Medio Oriente». Della “White Eagle”, dice ancora Magaldi, fa parte Ledeen, il politologo statunitense la cui storia si è intrecciata più volte con quella italiana, anche sul caso Moro. Un altro studioso di formazione massonica, Gianfranco Carpeoro, nel libro “Dalla massoneria al terrorismo” (Revoluzione-UnoEditori) collega Ledeen anche a Licio Gelli e all’omicidio del leader socialista svedese Olof Palme, attribuendo a Ledeen anche la militanza nel B’nai B’rith, la super-massoneria israeliana controllata dal Mossad. Ma che c’entra, tutto questo, con il caso dei due italiani accusati di cyber-spionaggio?«Al fratello Occhionero – spiega Magaldi, sempre intervistato da “Affari Italiani” – stava stretta l’appartenenza ad una loggia, la “Paolo Ungari-Nicola Ricciotti Pensiero e Azione” all’Oriente di Roma, che fa parte di una obbedienza ordinaria e nazionale come il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani». Per Magaldi, il Goi sarebbe «una di quelle entità massoniche ormai in stato di declino e di relativa marginalità, rispetto a quei circuiti delle superlogge che ho iniziato a descrivere nel libro “Massoni”», di cui sta per uscire il sequel, intitolato “Globalizzazione e Massoneria”. In realtà, aggiunge Magaldi, Giulio Occhionero e la sorella Francesca Romana «coltivavano l’ambizione di essere ammessi a una specifica superloggia sovranazionale, la “White Eagle”». Per questo, «hanno agito su commissione di personaggi collegati come affiliati o come ‘compagni di strada/aspiranti affiliati’ di questa Ur-Lodge». Chiarisce Magaldi: «La massoneria sempre meno rilevante del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani c’entra poco, con questa intricata vicenda». Lo “spionaggio” ai danni di alcuni dignitari del Goi «era soprattutto un’esigenza personalistica di Giulio Occhionero, qualcosa di irrilevante per i suoi mandanti in ‘super-grembiulino’».Diverso invece il caso della “sorveglianza” del gran maestro del Goi, Stefano Bisi, che per Magaldi «va ricondotta allo spionaggio sul fratello Mario Draghi (mi dicono avvenuta anche su altre utenze rispetto a quelle sin qui individuate dagli investigatori), di cui Bisi è in qualche modo un servizievole esecutore per questioni massoniche di natura locale». Servizievole esecutore? Magaldi afferma che il ruolo di Bisi risale «ai tempi del ‘groviglio armonioso’ legato al Monte dei Paschi di Siena, allorché Draghi, come governatore di Bankitalia, non vigilò adeguatamente su alcune condotte del management della banca senese». E Bisi, come massone e giornalista (caporedattore e poi vicedirettore del “Corriere di Siena”, testata influente nella città toscana, «aveva le mani in pasta in diverse questioni Mps, ispirando la sua azione di concerto con il fratello Draghi e con la sorella libera muratrice Anna Maria Tarantola, capo della Vigilanza di Bankitalia, la quale, in virtù della sua clamorosa ‘mancata vigilanza’ sulle questioni più scabrose in capo a Mps, fu premiata dal massone Mario Monti con la nomina a presidente Rai nel 2012».Ma se questi sono piccoli risvolti italiani, continua Magaldi, «la massoneria che invece c’entra molto, con tutto questo affaire del cyber-spionaggio imputato ai fratelli Occhionero, è quella della Ur-Lodge sovranazionale neoaristocratica “White Eagle”». Chi potrebbe essere il committente del cyberspionaggio? «Se dal nome della superloggia sovranazionale coinvolta andiamo nel particolare dei personaggi che hanno fatto da tramite con Giulio e Francesca Romana Occhionero, la questione si fa clamorosa», sostiene Magaldi. Che aggiunge: «Uno dei personaggi che consiglio agli inquirenti di ascoltare con attenzione su questa vicenda è il massone conservatore e reazionario Micheal Ledeen, appunto affiliato di peso alla “White Eagle”». Un altro personaggio che secondo Magaldi «varrebbe la pena sentire come ‘persona informata dei fatti’ è Marco Carrai, wannabe supermassone, con specifica propensione proprio verso la “White Eagle”, come il suo caro amico Matteo Renzi». Nel lessico libero-muratorio, il “wannabe” è colui che chiede di essere accolto, in questo caso in una superloggia internazionale.Quale potrebbe essere l’obiettivo di questa attività di spionaggio? «Qualcuno, per anni, ha raccolto e utilizzato le informazioni sensibili che i fratelli Occhionero gli hanno passato, coprendone e proteggendone in vario modo le attività», sostiene Magaldi, che svela l’identità delle sue fonti riservate: si tratta di «cari e fraterni amici in capo a importanti strutture di intelligence militare e civile di area euro-atlantica». Queste fonti, continua Magaldi, gli hanno rivelato che «da qualche tempo, Giulio e Francesca Romana Occhionero erano diventati ‘sacrificabili’ per ottenere, cinicamente, attraverso uno scandalo fatto scoppiare ad arte sulla loro vicenda, una ristrutturazione della cybersecurity italiana a livello nazionale». Una ristrutturazione che, «sin qui, non si era potuta realizzare», e che «avrebbe potuto portare al suo vertice una persona gradita a Matteo Renzi, ma sgradita a diversi ambienti massonico-progressisti dell’intelligence italiana e statunitense, con cui quella italiana tradizionalmente collabora in modo privilegiato».Lo stesso Magaldi ha più volte fatto riferimento alla “speciale protezione” di cui avrebbe goduto il nostro paese, specie negli ultimi anni, in cui l’opinione pubblica europea è stata scossa dai devastanti attentati che hanno colpito la Francia. E nel suo libro, Magaldi sottolinea il ruolo decisivo di un super-massone di altissimo rango, come il sociologo Arthur Schlesinger Jr., collaboratore strategico della Casa Bianca, cui l’autore attribuisce un ruolo-chiave, negli anni ‘60 e ‘70, nel tentativo (riuscito) di sventare i tre diversi colpi di Stato che avrebbero posto fine alla democrazia italiana. Anche per questo, probabilmente, Magaldi invita a non sottovalutare i possibili retroscena del cyber-spionaggio, settore delicatissimo da cui dipende, davvero, la sicurezza nazionale, specie in tempi come questi, gremiti di sanguinosi attentati palesemente “inquinati” da settori deviati dell’intelligence. Attraverso i suoi contatti con i «circuiti liberomuratori progressisti sovranazionali», Gioele Magaldi dichiara di impegnarsi a vigilare «affinché nessuno strumentalizzi questo scandalo per far conferire ad ‘amici degli amici’ incarichi tali da mettere in pericolo proprio quella sicurezza nazionale informatica italiana che si pretenderebbe di voler tutelare».Lo scandalo della cyber-security con l’arresto dei fratelli Occhionero? Fatto scoppiare ad arte, per imporre un nuovo super-controllore gradito a Renzi (e all’ultra-destra massonica cui il leader Pd guarderebbe) ma sgradito agli ambienti della massoneria internazionale progressista. E’ la tesi, dirompente, enunciata dal massone Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico e autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata”, pubblicato da Chiarelettere a fine 2014 ma completamente oscurato dai grandi media, nonostante rivelasse – in modo del tutto inedito – i più segreti retroscena del “back office” del potere, consentendo una clamorosa rilettura dell’intera storia del ‘900, inclusa quella italiana, mettendo in luce il ruolo del “convitato di pietra”, la massoneria, nella sua versione apolide, quella delle 36 Ur-Lodges che reggerebbero i grandi giochi mondiali. «Ho più volte offerto di esibire prove concrete, un dossier di 6.000 pagine – protesta Magaldi, ai microfoni di “Colors Radio” – ma nessuno si è finora azzardato a smentirmi». Contro la “congiura del silenzio”, Magaldi ora interviene anche sull’ultimo caso di cronaca, quello dei fratelli Occhionero, indicando una regia interamente massonica dietro alla vicenda. Nomi eccellenti? Mario Draghi, Marco Carrai, Anna Maria Tarantola, Mario Monti. E l’onnipresente, ma invisibile, Michael Ledeen.
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Moro ucciso da Gladio, per sabotare il socialismo in Europa
Cossiga è stato colui che ha lavorato per i registi di 40 anni di storia italiana. Ha sempre lavorato con copertura della massoneria inglese, però si è messo al servizio dell’operazione più vergognosa (non tanto nello scopo, ma ma nel modo) che sia stata fatta nell’ambito dell’intelligence sul territorio italiano: l’operazione Stay Behind, altrimenti detta Gladio. E poi è rimasto prigioniero, di questa cosa. Tenete presente che la vera responsabile della morte di Moro è la Stay Behind, cioè Gladio. Questa è una cosa che non ha detto nessuno, finora, e che è vera. E’ la cricca costituita da Cossiga, Gelli, Santovito. Non scordiamoci che Gelli partecipava alle riunioni, quand’è stato rapito Moro. La cricca – Gelli, Santovito, Michael Ledeen – che è la regia dell’operazione Stay Behind, è quella che ha deciso le cose più raccapriccianti della strategia della tensione. E’ una pagina vergognosa della storia italiana, della quale Cossiga – che ho conosciuto ed era una persona amabile, per certi aspetti – è rimasto prigioniero, tutta la vita. Ha avuto il rimorso di Moro, e lo ha manifestato in tutti i modi, ma nello stesso tempo sapeva di esser stato parte di quella regia, e di tutta una serie di regie.Purtroppo, la Stay Behind ha tanti morti sulla coscienza, tanti attentati. Ed è una cosa in cui la massoneria razionaria ha avuto parte, non solo tramite la figura di Gelli, ma anche tramite una serie di figure di raccordo, compreso Michael Ledeen, che è massone ma anche Ur-massone, perché fa parte di una Ur-Lodge; è massone del B’nai B’rith, la massoneria ebraica, e faceva anche parte di una Ur-Lodge. Perché, a un certo punto, della strategia della tensione non c’è stato più bisogno? Perché hanno praticamente smantellato la possibilità, per l’Europa, di essere socialista, progressista. Hanno ammazzato Olof Palme, hanno fatto fuori Craxi, hanno segato le gambe a Mitterrand: è stata una strategia complessa, che ha portato a determinare l’attuale quadro politico – molto stabile, peraltro. Hanno sabotato il socialismo. I socialisti di adesso sono solo fantocci, come Hollande. Il socialismo era una sorta di tutela di ogni individuo. Qual è stata la risposta del potere, al socialismo? Creare al suo interno il comunismo: perché il comunismo non tutela l’individuo, ma le masse. E le masse fanno sempre comodo, al potere: quando l’invididuo viene ridotto a massa, il potere festeggia. Che ce lo riduca il capitalismo o ce lo riduca il comunismo, è uguale.L’unica ideologia tanto laica da evitare questo esito era il socialismo, però ormai l’hanno disgregato dappertutto, riducendolo a simulacro. Il socialismo è la possibilità di ogni individuo di far valere i suoi diritti, e di avere dei diritti. Oggi il potere fa due cose: molti diritti te li toglie, e quelli che ti lascia ti invita a non esercitarli, li esercita lui per te. Il socialismo era fondato sulla tutela individuale. Quando poi muore il socialismo utopistico di Produhon, Leblanc, e nasce il socialismo materialista che si allinea con il capitalismo nel considerare gli individui “massa”, già lì si perde l’identità originaria. Il socialismo è un sistema per il quale ogni uomo ha diritto a lottare per la sua felicità, per la sua realizzazione. Non è un mettere tutti alla pari obbligatoriamente, è far partire tutti alla pari. Certo che poi non si arriva, alla pari: c’è chi arriva più avanti, chi resta più indietro; però la partenza dev’essere alla pari. E in questa società la partenza non è alla pari.(Gianfranco Carpeoro, dichirazioni rilasciate durante la diretta web-streaming “Carpeoro Racconta”, in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights” il 15 gennaio 2017, su YouTube).Cossiga è stato colui che ha lavorato per i registi di 40 anni di storia italiana. Ha sempre lavorato con copertura della massoneria inglese, però si è messo al servizio dell’operazione più vergognosa (non tanto nello scopo, ma nel modo) che sia stata fatta nell’ambito dell’intelligence sul territorio italiano: l’operazione Stay Behind, altrimenti detta Gladio. E poi è rimasto prigioniero, di questa cosa. Tenete presente che la vera responsabile della morte di Moro è la Stay Behind, cioè Gladio. Questa è una cosa che non ha detto nessuno, finora, e che è vera. E’ la cricca costituita da Cossiga, Gelli, Santovito. Non scordiamoci che Gelli partecipava alle riunioni, quand’è stato rapito Moro. La cricca – Gelli, Santovito, Michael Ledeen – che è la regia dell’operazione Stay Behind, è quella che ha deciso le cose più raccapriccianti della strategia della tensione. E’ una pagina vergognosa della storia italiana, della quale Cossiga – che ho conosciuto ed era una persona amabile, per certi aspetti – è rimasto prigioniero, tutta la vita. Ha avuto il rimorso di Moro, e lo ha manifestato in tutti i modi, ma nello stesso tempo sapeva di esser stato parte di quella regia, e di tutta una serie di regie.
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Illusioni e delusioni, lo show del Magus sul ring del potere
Incoerenza e fellonia conclamata anche da parte dei 5 Stelle, il cui vertice si schiera sottobanco con l’establishment euro-economicida tentando, ancora, di raccontare ai follower e agli elettori italiani la favola bella della rivoluzione gentile a colpi di democrazia diretta via Casaleggio Associati? Se c’è un capolavoro assoluto e perfetto, a cura del potere che ci manipola incessamente da decenni, per un outsider “guerrigliero” come Paolo Barnard è proprio questo: aver storicamente tolto, agli elettori, ogni possibilità di incidere realmente nei destini della comunità, nazionale e internazionale, facendo semplicemente piazza pulita di qualsiasi reale oppositore, di qualsiasi vero antagonista di un sistema che è teleguidato dalla grande finanza paramassonica ma gode del pieno consenso della gran parte del pubblico, sempre passivo, ridotto a massa composita di ex cittadini trasformati in docili spettatori, in semplici consumatori, cui la relativa libertà del web consente di coltivare l’illusione della partecipazione, affidata ai social media e alle riserve indiane, i blog della cosiddetta controinformazione complottistica.Per Barnard, la politica occidentale è stata scientificamente colonizzata dal potere economico, a partire dagli anni ‘70, sulla scorta del Memorandum Powell tradotto in tutte le lingue, attraverso la Trilaterale dei Kissinger e dei Rockefeller, e declinato in manuali di propaganda che hanno fatto storia, fino alla “Crisi della democrazia” celeberata nel Vangelo di Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki, per arrivare ai Chigaco Boys di Milton Friedman e al Nobel per l’Economia assegnato al grande stratega europeo del governo “illuminato” dell’élite, l’austriaco Friedrick von Hayek. Università, editoria, informazione: un unico grande coro, per dire che il mercato ha sempre ragione, che “non c’è alternativa” (Thatcher), che bisogna rimuovere ogni ostacolo alla finanza speculativa (Bill Clinton). E’ così che la destra economica si è imposta anche sulla sinistra, colonizzando partiti, sindacati e leader, da Massimo D’Alema a Gerhard Schroeder, da Tony Blair a Romano Prodi, per affermare l’onnipotenza “storica” nel neoliberismo, fino all’ordoliberismo dei super-massoni Angela Merkel, Mario Draghi, Wolfgang Schaeuble, Giorgio Napolitano, Jacques Attali, Jens Weidmann, François Hollande.Cade Grillo, perdendo la sua residua “credibilità antisistema” proprio mentre si affaccia sugli Usa e sul mondo il nuovo regno del presidente Trump, presentatosi come alfiere del “popolo” contro l’oligarchia? Illusioni ottiche, sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, massone e scrittore, esperto di simbologia e studioso del potere come «schema astratto, che “fabbrica” persone utili si suoi scopi». Il super-potere apolide ha rottamato per via giudiziaria la Prima Repubblica italiana, gremita anche di personaggi come Craxi e Andreotti, scomodi per il nuovo vertice europeo che si doveva imporre? Vero, ma i partiti di Craxi e Andreotti «facevano i congressi con i morti, gestendo pacchetti di voti di militanti defunti da tempo». E i cittadini dov’erano? A casa, come sempre. Rassegnati alla “fine della storia” celebrata dall’ultimo cantore della Trilaterale, Francis Fukuyama. Persuasi della “morte delle ideologie”. Una liberazione? Al contrario: «L’ideologia – sottolina Carpeoro – contiene il futuro: è l’idea di come vorremmo la società fra trent’anni. C’è qualche politico, oggi, che pensa a un orizzonte che vada oltre i sei mesi?».Carpeoro è uno studioso dei Rosacroce, misteriosi antesignani dell’anarchismo socialista utopico e pre-marxista, le cui prime parole d’ordine sono probabilmente contenute nel manifesto “Fama Fraternitatis”, che nel 1614 chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni. Un mondo migliore, liberato dalla logica del dominio, la cui comparsa sulla Terra uno studioso come Francesco Saba Sardi fa risalire addirittura al neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e l’improvvisa necessità di possedere terre, gestirle, difenderle, conquistarle. Proprio l’esigenza di sudditi, destinati a lavorare e combattere, secondo Saba Sardi partorì “l’invenzione” della religione, da parte del re-sacerdote, come pretesto per l’obbedienza e la sottomissione, da cui – per successiva e ulteriore degenerazione – nacque il Magus, l’uomo del potere che utilizza la conoscenza per manipolare la comunità.E’ una storia lunga 12.000 anni, con di mezzo imperi e dominazioni, millenni di evoluzione, grandiosi progressi, guerre, rivoluzioni. Per Carpeoro, però, siamo ancora e sempre prigionieri del cerchio magico tracciato da Magus di turno: all’interno del cerchio vivono promesse di miracoli, fuori dal cerchio ci minaccia il Nemico. «Rompere il cerchio significa imparare a chiedersi perché, il perché delle cose». Ovvero: «Perché questo sistema prevede che, perché noi stiamo meglio, altri devono per forza stare peggio?». Il Magus ha una caratteristica invariabile: non rischia mai, davvero. Durante la sanguinosa fase storica della decolonizzazione, nel secondo ‘900, l’ideologia comunista ha partorito personaggi come Patrick Lumumba, Ernesto Che Guevara, Thomas Sankara. Hanno tutti pagato, con la vita, il prezzo delle loro idee. Loro la vedevano, eccome, la proiezione nel tempo della società ideale. Oggi invece – altra epoca, altro millennio – i più restano a casa, con idee a portata di click, limitandosi ad assistere alla caduta del Magus di turno, senza mai mettere in discussione – nella vita quotidiana – il potere che l’aveva creato, per accomodare il pubblico nel suo rassicurante cerchio magico. Poi il cerchio esplode, come una bolla di sapone, nel lutto degli adepti. Il potere invece se la ride, sta già fabbricando il Magus che verrà.Incoerenza e fellonia conclamata anche da parte dei 5 Stelle, il cui vertice si schiera sottobanco con l’establishment euro-economicida tentando, ancora, di raccontare ai follower e agli elettori italiani la favola bella della rivoluzione gentile a colpi di democrazia diretta via Casaleggio Associati? Se c’è un capolavoro assoluto e perfetto, a cura del potere che ci manipola incessamente da decenni, per un outsider “guerrigliero” come Paolo Barnard è proprio questo: aver storicamente tolto, agli elettori, ogni possibilità di incidere realmente nei destini della comunità, nazionale e internazionale, facendo semplicemente piazza pulita di qualsiasi reale oppositore, di qualsiasi vero antagonista di un sistema che è teleguidato dalla grande finanza paramassonica ma gode del pieno consenso della gran parte del pubblico, sempre passivo, ridotto a massa composita di ex cittadini trasformati in docili spettatori, in semplici consumatori, cui la relativa libertà del web consente di coltivare l’illusione della partecipazione, affidata ai social media e alle riserve indiane, i blog della cosiddetta controinformazione complottistica.
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Cugia: ragazzi, abbattete il Faraone e il suo regno dell’odio
Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.Ho sempre trovato detestabile chi, dai 50 in su, scrive film per giovani, musica per giovani, s’inventa una politica per giovani o fa abbigliamento per giovani. Anche se disegna un nuovo slip gli scappa sempre un vecchio merletto. Lo stesso se scrive una canzone o fa un partito. Prima o poi ricasca nella muffa, perché si rivolge al giovane rimasto intrappolato dentro se stesso, non ai giovani d’oggi, e questa svista fatale avviene inesorabilmente, eccetto ai geni che non hanno età. La mia generazione ha fabbricato una trappola letale per le generazioni successive. Li ha lasciati senza lavoro e senz’anima. Gli ha rifilato una collana infinita di specchietti per le allodole, un futuro che ricorda i faraoni con gli schiavi. Ragazzi non aspettatevi che i faraoni si ribellino per voi. È impensabile che gente dell’età (e della mentalità) di Donald Trump possa rappresentare un radicale cambiamento della vostra vita. Dovrete aprirvi un varco, una breccia in questo orrendo muro, e in condizioni impossibili.Per ribaltare le cose a questo punto ci vorrebbero dieci nuovi Martin Luther King venticinquenni e una mezza dozzina di Mahatma Gandhi, più almeno un’Anna Kuliscioff, un Che Guevara, un Voltaire, una Evita Peron e un Napoleone per paese. E non li troverete nelle nostre drogherie. Sto dicendo che ci vorrebbero almeno 21 grandi giovani di cui nessuno conosce ancora il volto o il nome. Ma o con la pace o con le più brusche maniere la nuova generazione deve dispiegare le sue grandi anime. Perché fra voi le grandi anime ci sono e su questo solo un cretino ha dubbi. Non vedo l’ora di poter lanciare una pantofola dalla finestra in segno di giubilo quando sfileranno il giorno della rivolta.(Diego Cugia, “Ragazzi, rompete il muro”, dalla pagina Facebook di Cugia).Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.
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Avevamo Olof Palme, poi sull’Europa hanno spento la luce
Nessuno sceglie, nessuno parla, nessuno denuncia. Nessuno decide: come se non fosse tempo di determinazioni importanti. Ciascuno, nel frattempo, gioca la sua partita, nelle retrovie, lontanissimo dal match decisivo. Gentiloni, Renzi, Grillo e tutti gli altri. Capitani e comparse, chi è di scena? Di chi è il turno? Beppe Sala? Virginia Raggi? I padri nobili del referendum che doveva salvare l’Italia o affossarla? Dopo esser riuscito solo in parte a esaudire i desideri del grande potere, fingendo di risollevare le sorti del paese, il piazzista Renzi prova a stilare il calendario del suo glorioso ritorno – ma senza smettere di scherzare, senza nemmeno provare a mettersi dalla parte giusta, quella degli italiani stritolati dalla morsa dell’oligarchia che ha affidato l’Europa (e l’Italia in paticolare) alle amorevoli cure della Bce e dalla Commissione Europea. Al governo non ci sono politici: c’è il Fiscal Compact, c’è il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione da Mario Monti con il voto bipartisan di Berlusconi e del silente Bersani, l’uomo secondo cui, misteriosamente, il Pd sarebbe qualcosa di diverso dal supremo potere cui obbedisce la nomenklatura di Bruxelles che taglia sovranità e democrazia, rottama e privatizza gli Stati, riduce i cittadini a sudditi.Gli italiani votano No al referendum, e prontamente viene sistemato a Palazzo Chigi l’ectoplasma del governo appena battuto, inutilmente bocciato dagli elettori. Nel frattempo un calendario provvidenziale scatena le tempestive bufere giudiziarie che scuotono le due città più importanti, dirompenti e chiassose, quasi come gli attentati dinamitardi che insanguinano la tenebrosa Turchia di Erdogan, sponsor Nato dell’Isis, o le bombe russe e siriane cadute su Aleppo, dove giornali e televisioni scoprono che una guerra devastante si è trasformata in un martirio di popolazioni, ma si guardano bene dal ricordare al pubblico chi l’ha iniziata, quella guerra, chi l’ha finanziata e armata, chi – dalla Casa Bianca – l’ha protetta con la menzogna quotidiana, con l’intelligence e i missili, con la disinformazione più cieca. L’Italia (governo) ha tifato per Hillary e Obama, ha fatto la òla per il Ttip, ha approvato le sanzioni alla Russia, ha belato ininterrottamente a Bruxelles, ha lasciato che la Germania macellasse la Grecia. E alla fine ha provato persino a recitare il copione della diversità, invocando – ma solo per finta, per scherzo – un allenamento dell’austerity, cioè della norma fisiologica adottata dal regime Ue per depotenziare l’Europa, riducendola a comparsa internazionale, nel momento in cui – caduto il Muro di Berlino – poteva finalmente giocare la protagonista.Il peccato originale? Fu commesso trent’anni fa, il 1° marzo 1986, con l’assassinio di Olof Palme in Svezia. Lo scrive Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. Nella sua ricostruzione, Palme fu ucciso da un complotto rimasto oscuro, del quale però alcune tracce – anche scritte – portano a un certo Licio Gelli e al suo “principale”, il politologo americano Michael Ledeen, ancora in circolazione e più che mai influente, anche nel retrobottega del governo Renzi. Olof Palme, leader socialdemocratico, era il padre del moderno welfare europeo, il massimo profeta della filosofia politica dell’interesse pubblico, la promozione del benessere diffuso, l’estensione dei diritti, la democrazia avanzata in cui si coniugano libertà e socialismo, lavoro e dignità, pari opportunità per tutti. Era il prototipo, Olof Palme, di un’Europa diversa: un’Europa amica, autorevole, giusta. Un’Europa che non abbiamo mai visto, che mai avrebbe sprofondato gli Stati nella catastrofe della crisi, lasciandoli in balìa di incursoni e predoni, con mano libera nei palazzi del potere locale grazie a una piccola casta di governatori asserviti, di vassalli obbedienti, di mediocri traditori travestiti da algidi burocrati o, all’occorrenza, da sulfurei masanielli dal roboante eloquio (ma dall’innocuo agire). L’infima Italia del 2016, il paese dove nessuno propone vere vie d’uscita, sembra la fotografia perfetta di questa Europa pericolosamente in avaria.Nessuno sceglie, nessuno parla, nessuno denuncia. Nessuno decide: come se non fosse tempo di determinazioni importanti. Ciascuno, nel frattempo, gioca la sua partita, nelle retrovie, lontanissimo dal match decisivo. Gentiloni, Renzi, Grillo e tutti gli altri. Capitani e comparse, chi è di scena? Beppe Sala? Virginia Raggi? I padri nobili del referendum che doveva salvare l’Italia o affossarla? Dopo esser riuscito solo in parte a esaudire i desideri del grande potere, fingendo di risollevare le sorti del paese, il piazzista Renzi prova a stilare il calendario del suo glorioso ritorno – ma senza smettere di scherzare, senza nemmeno provare a mettersi dalla parte giusta, quella degli italiani stritolati dalla morsa dell’oligarchia che ha affidato l’Europa (e l’Italia in particolare) alle amorevoli cure della Bce e dalla Commissione Europea. Al governo non ci sono più politici: c’è il Fiscal Compact, ormai; c’è il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione da Mario Monti con il voto bipartisan di Berlusconi e del silente Bersani, l’uomo secondo cui, misteriosamente, il Pd sarebbe qualcosa di diverso dal supremo potere cui obbedisce la nomenklatura di Bruxelles che taglia sovranità e democrazia, rottama e privatizza gli Stati, riduce i cittadini a sudditi.
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“Bufale sul web”, l’ultima guerra di Obama contro la verità
Bavaglio ai social, per evitare la valanga “populista”. Hanno speso anni a spiegarci che non esistono i fatti, solo le interpretazioni, senza oggettività? Adesso, pare arrivato il contrordine: media e politici hanno scoperto che bisogna combattere contro la “post-verità”, ossia, secono l’Oxford Dictionary, le “circostanze in cui le credenze contano più dei fatti oggettivi”. «Il concetto di “post-verità” non è granché fresco, ma è stato riesumato in queste settimane e riverniciato per adattarlo a una crociata che è essenzialmente politica», sostiene Daniele Scalea. La grande paura dell’élite? Semplice: la vittoria di Donald Trump. «La tesi di fondo, al di là del ricorso a lessico ricercato e para-scientifico, è che il successo dei movimenti populisti in Occidente sia dovuto non a oggettivo malessere sociale o economico patito dai cittadini, bensì al loro essere turlupinati dalle bufale che girano in Internet». Da qui la pression su Facebook e Google, «avviata da Barack Obama in persona e andata a buon fine» affinché i grandi social media intervenissero per frenare la diffusione di notizie incontrollate. Alla base, c’è un’idea auto-assolutoria: l’establishment è «buono e giusto», gli elettori sono “depistati”.Fino a ieri, scrive Scalea sul “Foglio”, si era soliti prendersela col basso livello d’istruzione e l’analfabetismo funzionale degli elettori. Poi «ci si è accorti che, a furia di dare del cretino ignorante a qualcuno, non te lo fai amico e non lo convinci a votare a tuo favore». Così, «le bordate dell’artiglieria mediatica hanno scelto un nuovo bersaglio: le bufale web». Davvero Internet sta cambiando il panorama dell’informazione, portandoci da un passato fatto di notizie vere e accurate a un presente di bufale virali in cui non si distingue più il vero dal falso? Lo studioso Mario Pireddu ritiene che quest’asserzione sulla post-verità sia, essa stessa, una post-verità, poiché non trova riscontro in nessun dato oggettivo: la maggior parte degli utenti di Internet utilizza fonti più differenziate rispetto a coloro che si informano con mezzi tradizionali (Tv, radio e giornali), e oggi il controllo incrociato sulle news è più facile, rapido e diffuso di un tempo. Ma se le cose stanno così, si domanda Scalea, che cosa si nasconde dietro la crociata sulla post-verità cui stiamo assistendo? «Probabilmente, un’assai tradizionale reazione censoria contro la montante critica rivolta all’establishment».Il confine tra notizia falsa e notizia dubbia «è labile, come sempre più labile è il confine tra notizia e opinione», osserva Scalea: «Con la scusa delle “fake news” si potranno ben colpire le visioni eterodosse, lasciando per giunta il lavoro sporco a impersonali algoritmi sviluppati nella liberal Silicon Valley». In effetti, «sarebbe come pretendere che un software ci dicesse se è più giusto votare per un candidato o per un altro». L’esito, ovviamente, «non sarebbe quello suggerito dall’oggettività del computer, ma dalla soggettività dello sviluppatore», dal momento che «soggettiva, e non oggettiva, è la domanda posta». I media? Non distinguono più tra i fatti e i semplici punti di vista: «Le opinioni, le valutazioni, sono raffrontate con l’opinione prevalente (o per meglio dire, mainstream) e in base alla loro aderenza con essa accreditate di verità o falsità intese in senso assolute». Per Scalea, «il metodo non è molto lontano da quello dell’Inquisizione, ma almeno allora ci si fondava su un testo sacro e una tradizione apostolica, non certo su qualche blog di debunking».In linea di principio, conclude Scalea, «promuovere la verità non è mai sbagliato». Nella pratica, «dal momento che la verità è spesso inafferrabile, quest’intento si è sovente tramutato in disastro». I bolscevichi, ad esempio, «hanno cercato di seguire le verità proposte dal “socialismo scientifico”, coi ben noti risultati». La “Pravda”, che in russo si traduce in modo esplicito (“la verità”), era la loro voce ufficiale. «Non si può realizzare un mondo in cui tutta l’informazione sia sempre verità, senza annichilire il libero discorso e affermare una falsa verità soggettiva e partigiana», conclude Scalea. «Lo stolto che afferma che la Terra sia piatta è il prezzo che paghiamo affinché l’onesto possa indicarci che il “Re è nudo” – senza essere accusato perciò di propinare una bufala e censurato da Facebook e Google».Bavaglio ai social, per evitare la valanga “populista”. Hanno speso anni a spiegarci che non esistono i fatti, solo le interpretazioni, senza oggettività? Adesso, pare arrivato il contrordine: media e politici hanno scoperto che bisogna combattere contro la “post-verità”, ossia, secono l’Oxford Dictionary, le “circostanze in cui le credenze contano più dei fatti oggettivi”. «Il concetto di “post-verità” non è granché fresco, ma è stato riesumato in queste settimane e riverniciato per adattarlo a una crociata che è essenzialmente politica», sostiene Daniele Scalea, analista geopolitico. La grande paura dell’élite? Semplice: la vittoria di Donald Trump. «La tesi di fondo, al di là del ricorso a lessico ricercato e para-scientifico, è che il successo dei movimenti populisti in Occidente sia dovuto non a oggettivo malessere sociale o economico patito dai cittadini, bensì al loro essere turlupinati dalle bufale che girano in Internet». Da qui la pressioni su Facebook e Google, «avviata da Barack Obama in persona e andata a buon fine» affinché i grandi social media intervenissero per frenare la diffusione di notizie incontrollate. Alla base, c’è un’idea auto-assolutoria: l’establishment è «buono e giusto», gli elettori sono “depistati”.
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Il paese scoppia? Ora se ne ‘accorgono’ anche Tv e giornali
Con un’affluenza massiccia e una percentuale schiacciante di “No”, «l’elettorato ha svelato l’esistenza nel nostro paese di un popolo della rivolta», quello che i media mainstream hanno accuratamente evitato di rappresentare. Un “popolo” che «ha bocciato la riforma della Costituzione, il presidente del Consiglio e l’establishment di governo». A votare contro Renzi, scrive Maurizio Molinari sulla “Stampa”, «sono state le famiglie del ceto medio disagiato, impoverito dalla crisi economica, senza speranze di prosperità e benessere per figli e nipoti», ma anche «i giovani senza lavoro, gli operai che si sentono minacciati dai migranti e gli stipendiati a cui le entrate non bastano più». È un “popolo della rivolta”, espressione dello stesso disagio che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit e negli Usa ha incoronato Trump. Caduta l’illusione-Renzi, ora bisogna «dare in fretta risposte chiare alle crisi all’origine della protesta del ceto medio», massacrato dal rigore imposto da Bruxelles e inasprito a partire dal governo Monti, che i giornali – compreso la “Stampa” – solo pochi anni fa accolsero come il salvatore del paese.Contrordine, a quanto pare: anziché i tagli senza anestesia della riforma Fornero «serve un nuovo welfare per le famiglie in difficoltà», scrive oggi il direttore del quotidiano torinese, di fronte alla catastrofe dell’evidenza. Lo stesso Molinari utilizza ancora il lessico renziano, dice che bisogna «far ripartire» l’Italia. Già, ma come? «Non basta un nuovo governo», concede il direttore della “Stampa”: «Bisogna rispettare il popolo della rivolta e rispondere alle sue istanze». Sulle stesse pagine, un osservatore come Mattia Feltri ammette che «ha vinto la gente, il mare di gente che non si fida più». Si tratta di gente «molto ben disposta verso l’inverosimile e diffidente verso il verosimile», secondo Feltri, «per intima ed esasperante convinzione che là fuori c’è qualcuno che lavora alla sua infelicità, perché manca il lavoro, perché si indeboliscono le garanzie, per invidia sociale, perché l’investimento in banca è andato storto, perché ci sono i poteri forti, perché c’è l’Europa, perché c’è una classe dirigente che in quanto tale campa sulla pelle delle periferie, fisiche o esistenziali». Comune denominatore, il «rifiuto feroce dell’establishment farabutto, una condizione che non riguarda soltanto l’Italia, come raccontano di recente la Brexit e Donald Trump».Eppure non è piovuto dal nulla, lo tsunami, anche se i giornalisti oggi se ne meravigliano. Non una recensione, sui media mainstream, dell’esemplare saggio “Il più grande crimine”, in cui Paolo Barnard – giornalista maiuscolo – ricostruisce la genesi dell’inevitabile disastro euro-Ue. Silenzio anche su voci “eretiche” ma terribilmente profetiche come quelle dell’economista Nino Galloni, secondo cui, semplicemente, il sistema-euro equivale in modo matematico al declino italiano. Non un articolo, sui grandi giornali, neppure sul libro “Massoni” di Gioele Magaldi, dove alcune eminenze grigie della super-massoneria internazionale definiscono gli italiani «bambinoni deficienti», capace di accogliere col tappeto rosso «i tre commissari che gli abbiamo inviato, nell’ordine: Monti, Letta, Renzi». Fuori dal coro dei “chi l’avrebbe mai detto?”, si segnala “Il Giornale”, che indica in Giorgio Napolitano l’altro grande sconfitto del 4 dicembre: l’ex capo dello Stato, scrive Gian Maria De Francesco, «s’era abituato a trattare Palazzo Chigi come una propria dépendance, insediandovi l’uomo che ha messo in ginocchio il paese a suon di tasse, condannandolo a una recessione dalla quale ancor oggi fatica a tirarsi fuori nonostante la spesa in deficit di Renzi sotto forma di mance e mancette varie».Per denigrare i 5 Stelle, alla vigilia del voto Napolitano s’era spinto oltre le colonne d’Ercole: «Non esiste politica senza professionalità come non esiste mondo senza élite», aveva detto. «Alla faccia della democrazia e della Costituzione», chiosa De Francesco. Ci si era messo anche l’anziano Eugenio Scalfari: prima della democrazia c’è l’oligarchia, perché il popolo non sa governarsi da solo. Parole nelle quali risuona l’eco della “sinarchia”, la forma di governo evocata a fine ‘800 dall’influente esoterista francese Alexandre Saint-Yves d’Alveydre, come ricorda Gianfranco Carpeoro nel suo saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. Il potere quasi religioso dell’oligarchia “illuminata”: ieri, contro la marea montante del socialismo e dell’anarchismo. Oggi invece la rivolta (solo elettorale) corre via smartphone. Il “popolo” è esasperato? Se ne sono accorti persino loro, i giornalisti. Ben attenti, comunque – ancora – a non dare la parola a chi questa crisi l’aveva annunciata, con anni di anticipo, spiegandone le ragioni nei minimi dettagli. Uno su tutti: senza più sovranità, un paese crolla. Senza la disponibilità di una moneta pubblica crollano il bilancio, l’economia, l’occupazione. A crescere sono solo le tasse e il debito. Ma non è una notizia, è una legge (dell’economia). A proposito di leggi, l’Italia invece ha inserito nella propria Costituzione – così enfaticamente difesa il 4 dicembre – il pareggio di bilancio, cioè la morte clinica dello Stato come soggetto garante del benessere della comunità nazionale.Con un’affluenza massiccia e una percentuale schiacciante di “No”, «l’elettorato ha svelato l’esistenza nel nostro paese di un popolo della rivolta», quello che i media mainstream hanno accuratamente evitato di rappresentare. Un “popolo” che «ha bocciato la riforma della Costituzione, il presidente del Consiglio e l’establishment di governo». A votare contro Renzi, scrive Maurizio Molinari sulla “Stampa”, «sono state le famiglie del ceto medio disagiato, impoverito dalla crisi economica, senza speranze di prosperità e benessere per figli e nipoti», ma anche «i giovani senza lavoro, gli operai che si sentono minacciati dai migranti e gli stipendiati a cui le entrate non bastano più». È un “popolo della rivolta”, espressione dello stesso disagio che in Gran Bretagna ha prodotto la Brexit e negli Usa ha incoronato Trump. Caduta l’illusione-Renzi, ora bisogna «dare in fretta risposte chiare alle crisi all’origine della protesta del ceto medio», massacrato dal rigore imposto da Bruxelles e inasprito a partire dal governo Monti, che i giornali – compreso la “Stampa” – solo pochi anni fa accolsero come il salvatore del paese.
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Maggiani: mi manca Pertini, la sua fede onesta nel futuro
Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.E la forza, la prestanza, delle idee, mai troppo complicate o ombreggiate, mai troppo prudenti; naturalmente era irascibile, scontroso e affettuoso in modo grandioso, nel modo gradasso dei ragazzi che fa così innamorare le ragazze. Naturalmente fumava come una ciminiera, fumava come se non ci fosse domani, perché per un ragazzo in effetti non c’è domani se il domani è quello dei vecchi, di decadenza e malattia e estinzione, il domani della gioventù è l’avvenire. L’ottuagenario Sandro Pertini era madido di avvenire, aveva tanto di quell’avvenire per le mani che gliene avanzava abbastanza anche per me e per la Repubblica intera. Ecco quello che mi manca di più di quell’uomo, e di me, che la sua, e la mia, gioventù avesse un tale potere da essere la gioventù della Nazione, che la Repubblica potesse ancora essere la giovane repubblica colma di avvenire.Disse Sandro Pertini nel suo ultimo discorso da presidente ai giovani cittadini d’Italia: …E se non volete che le vostre giornate scorrano grigie e monotone, date una nobile ragione alla vostra esistenza. Scegliete voi liberamente, come liberamente scegliemmo noi nella nostra adolescenza. Fate la vostra scelta purché essa presupponga il principio di libertà, se non volete incamminarvi su una strada che vi porterebbe a rovina sicura.(Maurizio Maggiani, “Pertini”, da “Il Secolo XIX” del 25 settembre 2016, articolo ripreso dal sito ufficiale di Maggiani).Sono passati trent’anni e più e Pertini è ancora lì che mi manca. Ho amato quell’uomo come lo hanno amato milioni di suoi concittadini, l’ho amato per le loro stesse ragioni, per le ragioni del suo antipodo Indro Montanelli, “Non è necessario essere socialisti per amare Sandro Pertini. Tutto ciò che egli dice e fa odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Ma non è questo che me lo fa mancare in modo così struggente, colmo di nostalgia. Mi manca di Sandro Pertini la sua giovinezza. Certo che era vecchio di anni, ma quello anagrafico è stato un particolare di nessuna importanza, ha “preso” il Quirinale che era ancora un ragazzo, a quel tempo lo ero anch’io. Aveva addirittura il portamento della giovinezza, e dietro quei suoi occhialacci aveva il suo sguardo. Aveva della giovinezza la sfacciata sincerità, la sincerità come una sfida, come un gesto di baldanza anche contro l’evidenza, e il candore della malizia proprio come un ragazzo.
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Massoni terroristi, quella dell’élite è una religione segreta
C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato che cerca la divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il grande terrorismo non sono che due facce, entrambi atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, democratico, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?Può sembrare incredibile, ma Gianfranco Carpeoro – l’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia la matrice massonica della “sovragestione” del terrorismo, attraverso élite che controllano servizi segreti – sostiene che, in fondo, la colpa è nostra. O meglio: la nostra ignoranza consente al super-potere di manipolarci indisturbato, costruendo mostri. Capeoro cita il suo antico maestro, Francesco Saba Sardi, grande intellettuale inserito dal Quirinale tra le più eminenti personalità culturali della storia italiana: nel mini-saggio “Istituzione dell’ostilità”, riportato testualmente nel libro di Carpeoro, Saba Sardi (traduttore di Borges, Simenon, Pessoa, Joyce e Garcia Marquez, nonché biografo di Picasso) sostiene che solo la nostra disponibilità all’odio ci rende inconsapevoli “soldati” della causa altrui, nient’altro che docili strumenti. Siamo pigri, non ci accorgiamo di vivere in un Truman Show. Prendiamo per buono perfino l’Isis, il cui capo – il “califfo”Abu-Bakr Al Baghdadi – fu stranamente liberato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca, in Iraq, dopo esser stato affiliato alla Ur-Lodge “Hathor Pentalpa”, nella quale (secondo Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni”) hanno militato George W. Bush e Condoleezza Rice, il politologo Michael Ledeen, Nicolas Sarkozy, Tony Blair, il leader turco Erdogan.Impressionante, nella ricostruzione di Carpeoro, l’affollamento dei messaggi simbolici che “firmano” i recenti attentati in Francia, affidati a manovalanza islamista: se la strage del Batalclan (13 novembre) è il “calco” della data-simbolo della persecuzione dei Templari, mentre quella di Nizza (14 luglio) colpisce al cuore i valori della Rivoluzione Francese, “sacri” per la massoneria democratica, devastando peraltro la città natale del massone progressista Garibaldi, anche gli attacchi di Bruxelles (aeroporto e metropolitana, “come in cielo, così in terra”) richiamano universi simbolici tutt’altro che islamici, «secondo un preciso schema operativo – scrive Carpeoro – che sceglie di utilizzare un linguaggio estraneo o addirittura “avverso” agli esecutori», giusto per inquinare le acque. Bruxelles, 22 marzo: stessa data del decreto di soppressione dei Templari, nel 1312. Giorno fatale, il 22 marzo: nel 1457, Gutenberg stampò la prima Bibbia. Nel 1831 venne fondata la Legione Straniera, in funzione anti-araba. Ancora: sempre il 22 marzo (del ‘45) nasceva la Lega Araba, «che l’Isis vede come il fumo negli occhi». E nel 2004 venne ucciso a Gaza lo sceicco Ahmed Yassin, leader spirituale di Hamas. Ma il fatidico 22 marzo “parla” anche ai cattolici osservanti: le letture liturgiche per la messa di quel giorno propongono la restaurazione del regno di Israele (Isaia), che abbreviato è “Is”, come “Islamic State”.Non è un gioco: per Carpeoro, la matrice massonica della “sovragestione” ricalca in modo quasi maniacale – ribaltandoli – gli insegnamenti di Vitruvio, «personaggio storico che ha avuto grande rilievo nella massoneria», perché nel “De Architectura” il grande architetto romano enuclea i principi-cardine, anche etici e spirituali, che devono orientare la scienza della costruzione, riflesso terreno della bellezza universale. Ebbene, i contro-iniziati che incarnano la “sovragestione” li ribaltano in modo puntuale e speculare, secondo lo stereotipo del satanismo: «Hanno utilizzato tutti gli strumenti descritti da Vitruvio: le lettere, per organizzare la disinformazione; il saper disegnare, per delineare il simbolismo dei loro atti; la geometria, per concatenare le distruzioni; l’ottica, per stabilire i punti di osservazione; l’aritmetica, per i tempi degli attentati; la storia, per il linguaggio simbolico delle date». I fantasmi della “sovragestione” «sono colti, sanno disegnare», padroneggiano matematica e filosofia, medicina e giurisprudenza, astronomia e astrologia». Chi sono, in realtà?Massoni, tutti. O forse no: si tratta di paramassoni, ma in fondo ormai «è solo questione di termini», ammette Carpeoro, che – massone lui stesso, già gran maestro dell’“obbedienza” di Palazzo Vitelleschi, poi dimissionario dopo aver disciolto la sua stessa loggia – accusa la massoneria di aver “perso l’anima”, riducendosi a mera struttura di potere. Nel suo libro accenna alle origini mistiche della libera muratoria (bibliche, egizie) come cemento culturale delle primissime corporazioni, quelle dei costruttori di cattedrali, gelosi custodi dei loro “segreti professionali”, basati sulla sacralizzazione del lavoro al servizio della bellezza. Poi, con la fine dei grandi edifici sacri, la nascita della massoneria “speculativa”, tra ortodossia metodologica e devianze, sbandamenti, infiltrazioni. Pietra miliare, il 1717: brucia Londra, ma l’architetto Chistopher Wren, leader della massoneria inglese, incaricato di riedificare la città, rifiuta di ricostruire il Tempio. «Il 1717 è considerato l’anno di nascita della massoneria moderna, ma in realtà segna l’inizio della fine della vera massoneria», network necessariamente cosmopolita che, come tale, faceva gola al potere: gli ex costruttori di cattedrali erano un’élite della conoscenza ben radicata in tutta Europa.Più che gli Illuminati di Baviera, il gruppo visionario creato sempre nel ‘700 da Jean Adam Weischaupt (nuovo ordine mondiale da costruire radendo al suolo il sistema, cominciando dall’abolizione della proprietà privata), secondo l’indagine di Carpeoro la malapianta della “sovragestione” che sta minacciando il pianeta va ricercata nel pensiero oligarchico di personalità più recenti e magari sconosciute ai più, come Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, un medico francese di fine ‘800 che compare tra le figure di maggior rilievo dell’esoterismo del XIX secolo. Al sorgere del socialismo (e dell’anarchia), Saint-Yves contrappose la “sinarchia”: un modello di governo pre-ordinato, basato su schemi universali, con «ruoli e funzioni sociali secondo un ordine di strati e condizioni rigide, in una concezione piramidale della società». Il tutto, «legittimato da una mistica teocratica tipica delle società più antiche», Egitto e Persia, India. «Significa che alcuni sono naturalmente destinati a comandare». In altre parole, l’esoterista Saint-Yves (fervente cattolico, in strettissimi rapporti col Vaticano) «auspicava il governo di un’élite predestinata e piuttosto aristocratica».Pochissimi sanno “quel che si deve fare”, tutti gli altri devono sottostare alle indicazioni dell’élite. E’ qualcosa di davvero diverso dal pensiero che sembra promanare da Christine Lagarde del Fmi, che Magaldi dichiara affiliata alle Ur-Lodges “Three Eyes” e “Pan-Europa”? E’ tempo di sacrifici? Bisogna (“dovete”) soffrire? A parlare è il marchese Saint-Yves o Mario Monti (Gran Loggia di Londra e Ur-Lodge “Babel Tower”), o magari il “venerabile” Mario Draghi della Bce (“Edmund Burke”, “Pan-Europa”, “Compass Star-Rose”, “Three Eyes” e “Der Ring”)? La nascita delle superlogge internazionali era assolutamente ineluttabile, osserva Carpeoro: la stessa tensione civile e sociale che durante l’Illuminismo aveva condotto i massoni a battersi per «i valori democratici e libertari, propri della dottrina muratoria» condusse le logge di fine ‘800 a coordinarsi, «anche al di fuori dell’organizzazione rituale», affiliando – nelle Ur-Lodges – anche «presidenti, banchieri, industriali», non necessariamente passati per la tradizionale procedura iniziatica.Per quello spiraglio, sottolinea Carpeoro anche nell’articolata trattazione del capitolo italiano su Gelli e la P2 (dove emerge un’Italia di fatto tuttora “sovragestita” da una fantomatica P1, protetta da silenzi e omissioni), il potere avrebbe definitivamente svuotato il network massonico di ogni autentica valenza esoterica e libertaria. Tutto sarebbe ridotto a una piramide che parla una sola lingua, quella del denaro, imposta con la globalizzazione forzata del pianeta a beneficio di una casta di “eletti” che, della massoneria, mantengono solo il linguaggio cifrato, magari per “firmare” crisi, guerre e persino attentati terroristici, sanguinose tappe di una strategia della tensione progettata per imporre agli “inferiori” il dominio della paura. Cosa c’è nella testa dei fantasmi della “sovragestione”? Probabilmente, il verbo di Saint-Yves, la “sinarchia”, una filosofia addirittura mistica, secondo cui «l’élite è in armonia con le leggi universali è in pratica una classe sacerdotale». La “sinarchia”, conclude Carpeoro, è dunque «una forma di teocrazia, un governo di sacerdoti o di re-sacerdoti». Il dogma del rigore, imposto all’Europa, impossibile da discutere: «La “sinarchia” arriva a suggerire che quest’élite illuminata sia in diretto contatto con le intelligenze spirituali che governano l’universo e da cui riceve istruzioni». Per i comuni mortali, nessuna speranza. A meno che non si “risveglino”, nell’unico modo possibile: disertando, rifiutando la guerra che viene quotidianamente allestita.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Dalla massoneria al terrorismo”, sottotitolo “Come alcune logge massoniche sono divenute deviate e come con i servizi segreti vogliono controllare il mondo”, Revoluzione edizioni, 192 pagine, euro 13,90).C’era una volta il massone. Un giorno indossò il cappuccio ma dimenticò squadra e compasso, fino a diventare qualcos’altro. Un paramassone: non più un iniziato alla ricerca della divinità, ma un contro-iniziato che si crede Dio. Sembra una fiaba nera, ma sta dando spettacolo: la grande crisi e il terrorismo permanente non sono che due facce, entrambe atroci, dello stesso show. Ed è così potente, l’incantesimo, da incrinare la storia, compromettendo la pace sin dal dopoguerra, già da Yalta, quando i massoni Roosevelt e Churchill – insieme a Stalin – non accordano ai palestinesi la nascita di un loro Stato, in equilibrio col futuro Stato ebraico, innescando così il provvidenziale focolaio da cui nascerà il primo terrorismo dell’Olp. Quando il miracolo economico travolge anche l’Italia, spalancando orizzonti impensabili, viene fermato e “sacrificato” l’uomo che meglio incarnava un possibile futuro democratico anche per gli arabi, Enrico Mattei. Se ancora l’Europa crede in un modello diverso, socialista, in Svezia viene prontamente ucciso l’apostolo del welfare, Olof Palme. E in Israele finisce assassinato Rabin, colpevole di aver costruito una vera pace geopolitica, che coincide con «una autentica pax massonica». Morte a Rabin, dunque, perché l’odio deve continuare a vincere. Fino a quando?
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Carpeoro: è tutto ipocrita, dal referendum alla Costituzione
Noi viviamo di ipocrisia, non ragioniamo laicamente. Questo è un referendum ipocrita, fatto su una legge ipocrita, da un capo del governo ipocrita, con un’opposizione ipocrita. E uno perché si deve prestare a tutta questa ipocrisia, se tanto sa che dopo non cambia niente? Se passa il Sì verremmo assoggettati all’Europa? Caspita, e ce ne accorgiamo adesso? Tutti gli accordi europei sono passati senza farceli votare. Ed è questa riforma che ci sottomette all’Europa? Ma come ragionano, costoro? Non capiscono la grevità di questo sistema di potere. E si fanno coinvolgere in futili battaglie dalle quali si accorgeranno che non raccoglieranno nulla. Ove dovesse vincere il No, com’è che saremmo liberi dalle burocrazie europee, bancarie e finanziarie? Non succederà, finché non si mette in discussione il paradigma. E la fase iniziale del paradigma è la selezione della classe dirigente, che non può continuare a essere svolta così. Ma per arrivare a questo obiettivo bisogna fare una mezza rivoluzione – nonviolenta, ma una mezza rivoluzione. Forse una rivoluzione intera, perché con i mezzi democratici non è più consentito mettere in discussione questo sistema.Ti è consentito urlare nelle piazze, e poi arrivi anche tu a una fettina di potere, ti eleggi cinque sindaci, venti parlamentari, ma tu sei costretto a essere come gli altri – sei costretto, non puoi scegliere. Oggi, dire che uno è anti-sistema è diventato quasi un’offesa. Per me no: per me, dire che uno è anti-sistema non è un’offesa. Quale effetto e che peso hanno avuto gli ultimi 12-15 referendum che si sono fatti in Italia? Non serve cambiare le leggi, se non si cambia la burocrazia di questo paese. Puoi cambiare il sindaco, ma non il segretario generale. Non è strano che la Raggi, a Roma, si sia presa un personaggio come Marra, cioè esattamente il burocrate che c’era prima? Se non cambi il paradigma, tu puoi cambiare Costituzione e Titolo V, ma le regole sono vuote, senza le persone che poi le devono interpretare e applicare. Le regole possono anche essere buone, se le persone che le devono gestire sono positive. Non vi è nulla di più mobile di una regola, di una legge: la interpreti come vuoi.L’immunità parlamentare: perché nasce? Perché Mussolini gli onorevoli li aveva quasi incarcerati, per non farsi fare opposizione. Così si è fatta la legge sull’immunità, per fare in modo che il parlamentare non fosse attaccabile. Peccato che poi l’immunità parlamentare, che avrebbe dovuto servire soprattutto per reati d’opinione, è stata usata per coprire la corruzione e la mafia, perché i parlamentari che abbiamo eletto sono dei mascalzoni. Quindi, risolvere il problema alla radice significa trovare le formule per non eleggere dei mascalzoni – e non invece togliere l’immunità parlamentare. In che modo questo paese seleziona la sua classe dirigente? Stirpe familiare, potere economico, funzionalità ai sistemi di potere sovranazionali: questi sono gli elementi per cui Monti diventa presidente del Consiglio e Renzi fa quello che fa. Dice che si dimette, se perde il referendum? Il presidente della Repubblica è già pronto a chiedergli di non lasciare l’Italia senza governo; Renzi resterà, magari ottenendo dai suoi padroni europei qualche piccola concessione di facciata.Noi dovremmo rivedere radicalmente queste modalità di selezione della classe dirigente, ma non lo facciamo. E in nessun modo ci insospettisce e ci allarma il fatto che i vertici dei 5 Stelle siano abituali frequentatori di consolati e di sistemi dei servizi segreti americani: lo consideriamo un fatto normale. Ma, finché avremo questo tipo di selezione della classe dirigente, qualunque legge fai, qualunque modifica della Costituzione, non ha effetto. Qualcuno mi dice: eh, ma potrebbe non esserci più democrazia, in caso di vittoria del Sì al referendum. Ah sì? E dov’è la democrazia, in Italia? Abbiamo taroccato le elezioni, compresi i 5 Stelle a Palermo. Di quale ipocrisia ci stiamo nutrendo? Noi non abbiamo una mentalità democratica. Noi riteniamo sacra una Costituzione che è stata fatta dopo un referendum, e che ha messo fuori legge quelli che l’avevano perso, il referendum, cioè i monarchici. Noi abbiamo una Costituzione che non consente al popolo di metterla in discussione.Se il regime è stato scelto con un referendum, perché quella stessa Costituzione dice che non si può tornare indietro? Se il popolo cambia idea, si deve poter tornare indietro. Altro che “la più bella del mondo”: quella Costituzione è nata antidemocratica. E’ nata su un grave attentato alla democrazia: chi ha vinto il referendum ha messo fuori legge chi l’ha perso. I Savoia si erano macchiati di gravi crimini? E allora non lo fai, il referendum. Così li si è legittimati. Li si doveva processare subito, senza fare nessun referendum. Noi siamo ipocriti, dobbiamo sempre mettere la foglia di fico sulla vergogna. Le responsabilità sono sempre individuali. Tutti sanno che il ramo legittimo della monarchia italiana sarebbe quello degli Aosta, non quello dei Savoia. E, fino a prova contraria, Amedeo d’Aosta aveva pure fatto il partigiano. Beninteso: io non sono un monarchico, sono un socialista. Ma perché delegittimare, come facciamo ancora adesso, una forma, quella della monarchia costituzionale, che governa mezza Europa? Svezia, Inghilterra, Belgio, Spagna. Già, perché?(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nighs” durante la diretta streaming “Carpeoro risponde”, su YouTube il 20 novembre 2016).Noi viviamo di ipocrisia, non ragioniamo laicamente. Questo è un referendum ipocrita, fatto su una legge ipocrita, da un capo del governo ipocrita, con un’opposizione ipocrita. E uno perché si deve prestare a tutta questa ipocrisia, se tanto sa che dopo non cambia niente? Se passa il Sì verremmo assoggettati all’Europa? Caspita, e ce ne accorgiamo adesso? Tutti gli accordi europei sono passati senza farceli votare. Ed è questa riforma che ci sottomette all’Europa? Ma come ragionano, costoro? Non capiscono la grevità di questo sistema di potere. E si fanno coinvolgere in futili battaglie dalle quali si accorgeranno che non raccoglieranno nulla. Ove dovesse vincere il No, com’è che saremmo liberi dalle burocrazie europee, bancarie e finanziarie? Non succederà, finché non si mette in discussione il paradigma. E la fase iniziale del paradigma è la selezione della classe dirigente, che non può continuare a essere svolta così. Ma per arrivare a questo obiettivo bisogna fare una mezza rivoluzione – nonviolenta, ma una mezza rivoluzione. Forse una rivoluzione intera, perché con i mezzi democratici non è più consentito mettere in discussione questo sistema.
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Crivella, sindaco-vescovo di Rio: il Brasile diverrà teocrazia
Marcelo Crivella, 59 anni, pastore pentecostale e vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, è il nuovo primo cittadino di Rio de Janeiro, seconda città carioca dopo San Paolo. Difensore della teoria creazionista e ultraconservatore, parla tranquillamente di teocrazia per il Brasile: sono a rischio i diritti civili e la secolarizzazione del maggior paese sudamericano, secondo Giacomo Russo Spena. «Alla notizia della vittoria, è esplosa la festa nella Chiesa evangelica di Rio de Janeiro: “È il trionfo di Dio”, hanno urlato i fedeli». Al ballottaggio, Crivella ha sconfitto con il 59% dei consensi Marcelo Freixo, esponente di sinistra del Psol, il “Partito Socialismo e Libertà”. «Mi prenderò cura del popolo e sotto il mio governo finalmente si proteggerà la famiglia», ha annunciato a caldo Crivella, che ha promesso di migliorare i servizi e contrastare la corruzione dilagante, che fa esplodere il malcontento nel Brasile post-olimpionico, soprattutto tra le fasce sociali più deboli: «È tra le classi lavoratrici che il suo partito ha intercettato la maggioranza dei voti: la classe media e i poveri hanno espresso infatti la propria preferenza per il partito repubblicano brasiliano (Prb), forza fondata nel 2002 dallo stesso Crivella».Secondo “El Pais”, la vittoria di Crivella e del suo Prb, il braccio politico della Chiesa, è stata trainata dall’elettorato evangelico, che rappresenta un terzo dei quasi 4,9 milioni di elettori, oltre agli elettori più poveri e meno istruiti. Gli evangelici sono rappresentati anche in Parlamento con 80 esponenti (il 14% in più rispetto alla scorsa legislatura), a dimostrazione della loro crescita. Ma chi è Marcello Crivella? A leggere il suo curriculum, scrive Russo Spena su “Micromega”, siamo di fronte a una clamorosa svolta religiosa che, in prospettiva, può mettere a repentaglio la stessa laicità del Brasile. Ingegnere, senatore dal 2002 e cantante gospel, il nuovo sindaco di Rio parla tranquillamente di teocrazia per il paese carioca ed è vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio. Ha sempre fatto della religione un perno centrale della sua vita e per anni ha vissuto in Africa per missioni di evangelizzazione delle tribù locali. Nel 1999 ha redatto un libro pubblicato in inglese con il titolo “Mutis, Sangomas e Nyanga: tradizione o stregoneria”, che comprende anche fotografie in cui l’allora giovane Crivella esegue rituali di esorcismo in paesi come Kenya e Sud Africa.«Nel testo i gay sono condannati per la loro “condotta maligna”, l’aborto viene considerato un abominio e le altre religioni sono etichettate come “demoniache”». Inoltre, continua Russo Spena, si accusano la Chiesa cattolica e l’induismo per “il sacrificio di bambini”. «L’omosessualità è il male supremo, concetto ribadito più volte durante la sua campagna elettorale a Rio». Crivella, tra l’altro, è nipote di Edir Macedo, fondatore della chiesa pentecostale Igreja Universal do Reino do Deus, «un impero miliardario e punta di diamante per l’avanzata dei neopentecostali nella politica brasiliana». Lo zio possiede un canale televisivo importante, “Record”. «E grazie anche all’influenza dei media, in Brasile è in corso una forte processo di evangelizzazione. Nell’era della crisi economica e del discredito dei politici (dopo l’impeachment col quale è stata incastrata la ex presidente Dilma Rousself), il paese è stato travolto da un’onda conservatrice». L’ideale conservatore, osserva il blog “Terradamerica.com”, «ha le sue radici nel dovere morale di resistere all’insicurezza», come sostiene Rogério Baptistini, professore di sociologia dell’Università Presbiteriana Mackenzie.Anche lo storico Boris Fausto, in un’intervista rilasciata alla rivista “Veja”, afferma che un fenomeno (la crescita evangelica) alimenta l’altro (l’onda conservatrice). «L’espansione di queste chiese – si legge su “Terraamerica.com” – favorisce un discorso conservatore a causa di alcuni dei principi che esse sostengono, come il veto al matrimonio omosessuale e il divieto di aborto. I pastori non intervengono nel vuoto: questo discorso trova eco in una tendenza conservatrice già latente nella società brasiliana». L’epicentro di influenza politica evangelica «non è più a livello globale gli Stati Uniti, ma il Brasile», rivela sul “Wall Street Journal” Andrew Chesnut, professore di religione presso la Virginia Commonwealth University, il quale sottolinea come il censimento del 2010 ha mostrato che il numero di brasiliani evangelici sia più che raddoppiato, con vaste aree della popolazione convertite in massa. «Da anni l’avanzata è inarrestabile. Una guerra di proselitismo nella quale le chiese di culto evangelico brasiliane raccolgono successi incredibili dal punto di vista del numero di fedeli, delle donazioni, ottenendo anche l’elezione di politici di area». Lo stesso Prb, la forza di Crivella, ha registrato una grande crescita: se nel 2008 aveva 54 sindaci, oggi ne ha 105, più oltre 1.600 assessori. E contende lo scranno di primo cittadino in altre cinque città nel prossimo ballottaggio. Per Russo Spena, i diritti civili in Brasile sono a rischio, «più di quanto si possa pensare».Marcelo Crivella, 59 anni, pastore pentecostale e vescovo della Chiesa Universale del Regno di Dio, è il nuovo primo cittadino di Rio de Janeiro, seconda città carioca dopo San Paolo. Difensore della teoria creazionista e ultraconservatore, parla tranquillamente di teocrazia per il Brasile: sono a rischio i diritti civili e la secolarizzazione del maggior paese sudamericano, secondo Giacomo Russo Spena. «Alla notizia della vittoria, è esplosa la festa nella Chiesa evangelica di Rio de Janeiro: “È il trionfo di Dio”, hanno urlato i fedeli». Al ballottaggio, Crivella ha sconfitto con il 59% dei consensi Marcelo Freixo, esponente di sinistra del Psol, il “Partito Socialismo e Libertà”. «Mi prenderò cura del popolo e sotto il mio governo finalmente si proteggerà la famiglia», ha annunciato a caldo Crivella, che ha promesso di migliorare i servizi e contrastare la corruzione dilagante, che fa esplodere il malcontento nel Brasile post-olimpionico, soprattutto tra le fasce sociali più deboli: «È tra le classi lavoratrici che il suo partito ha intercettato la maggioranza dei voti: la classe media e i poveri hanno espresso infatti la propria preferenza per il partito repubblicano brasiliano (Prb), forza fondata nel 2002 dallo stesso Crivella».