Archivio del Tag ‘sociale’
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Reset: il dirigismo della paura, al passo col potere cinese
«Negli Usa sembra che qualcuno stia pensando di contrapporsi al vincente dirigismo totalitario cinese, inventandosi una forma di dirigismo totalitario occidentale, con la scusa del Covid e l’opportunità di attuare un altro nuovo Great Reset». Lo afferma Ettore Gotti Tedeschi, banchiere e accademico italiano, dal 2009 al 2012 presidente dello Ior, l’istituto finanziario vaticano. Il Nuovo Great Reset, scrive Gotti Tedeschi in una lettera aperta a “La Verità”, ripresa da “Rinascimento Italiano”, sembra proporsi obiettivi altamente umanitari, giusti, buoni e salvifici: «Esattamente come se li proponeva 50 anni fa l’Old Great Reset, cioè il Nuovo Ordine Mondiale di Kissinger, un po’ utopistico e un po’ contrario a leggi naturali, e pertanto fallito». E nonostante il suo fallimento, «invece di pensare a perché è successo», viene oggi proposta «una versione aggiornata, ma pressoché identica, di nuovo-nuovo ordine mondiale». Quest’ultimo progetto di Reset «si propone di ripensare la finanza, privilegiando la società (cioè gli “stakeholders”) verso i capitalisti azionisti (gli “shareholders”), imponendo un nuovo modello economico sostenibile ambientalisticamente».Niente di nuovo sotto il sole, se non i metodi: come già il New World Order disegnato mezzo secolo fa, scrive l’ex banchiere di Ratzinger, il Nuovo Reset è agevolato dal digitale, dal 5G e dall’intelligenza artificiale, ma stavolta si impone «anche con la “minaccia” di nuove pandemie, se non si realizzasse tutto ciò in una forma di cooperazione globale». Secondo Gotti Tedeschi, ci si dimentica che «ciò che è successo fino ad oggi è proprio dovuto agli errori del primo Reset, cioè al fallimentare Old Great Reset di 50 anni fa». E’ questo, infatti, che ha provocato «una innaturale e insostenibile crescita economica», fatta di «iper-consumismo e delocalizzazone delle produzioni in Cina», che poi hanno fatto esplodere il problema ambientale, insieme al maxi-debito e a infinite bolle finanziarie. «La delocalizzazione ha anche però creato il gigantesco potere cinese, che spaventa: per fronteggiarlo ora si pensa al Reset n° 2, che lascia intendere una proposta di un totalitarismo occidentale al posto della vecchia democrazia, inefficace e perdente».Il primo sospetto evocato da Gotti Tedeschi si riferisce al sogno del capitalista “nudo”, cioè alla volontà di “statalizzarsi” per controllare il mercato: «Ciò diventa possibile grazie al Covid che, creando una serie di paure (di morire, di impoverirsi) giustifica e fa accettare ogni soluzione ed accelera le implementazioni». Il secondo sospetto è che, con questo nuovo Reset, si stia concependo «un nuovo sistema capitalistico occidentale», messo a punto «per contrastare quello orientale». Come? «Trasformando il capitalismo liberista occidentale (perdente) in capitalismo dirigista socialista, in grado di contrapporsi a quello cinese totalitario (e vincente)». Infatti, aggiunge l’ex banchiere vaticano, il modello capitalistico autoritario cinese «ha dimostrato di esser vincente verso quello democratico, in un momento come quello attuale, di crisi economico-finanziaria, sociale, sanitaria, politica». Vincente, il modello cinese, proprio perché autoritario. La gestione della crisi pandemica sembra volerci convincere di questo: che l’autoritarismo pragmatico «funzioni meglio» delle nostre democrazie, “mature” e un po’ stanche.Cosicché, chi ha immaginato questo Nuovo Reset, «con la scusa di volere realizzare una solidarietà distributiva, altruistica, concepita dai nuovi benefattori dell’umanità», in realtà «sta probabilmente concependo, con una astuta manovra, la strategia di adattamento del capitalismo al modello competitivo necessario in questi tempi». Certo, aggiunge il professore, per convincere tutti «aveva bisogno di un “rating etico”, di una legittimazione morale da parte della massima autorità morale al mondo», che Gotti Tedeschi individua nel Vaticano: chiaro riferimento al via libera che Bergoglio ha dato all’operazione. Un piano che «con il Covid è più facilmente imponibile, senza discussioni e senza più eccessive riserve morali». Sicché, tra Occidente e Oriente «potrebbe ora iniziare una nuova “guerra fredda”», ben diversa però da quella – storica – che nel dopoguerra oppose «il dirigismo economico pianificato sovietico (che perdette)», alla libertà di mercato americano (che vinse). «Oggi il confronto potrebbe essere tra un dirigismo economico totalitario cinese, già sperimentato, con un neo-modello sperimentale, dirigistico economico-sanitario american-europeo». Fondato su tutto – sistemi e modelli, struttura e tecnologie – tranne che «sull’uomo che dovrebbe usarli».«Negli Usa sembra che qualcuno stia pensando di contrapporsi al vincente dirigismo totalitario cinese, inventandosi una forma di dirigismo totalitario occidentale, con la scusa del Covid e l’opportunità di attuare un altro nuovo Great Reset». Lo afferma Ettore Gotti Tedeschi, banchiere e accademico italiano, dal 2009 al 2012 presidente dello Ior, l’istituto finanziario vaticano. Il Nuovo Great Reset, scrive Gotti Tedeschi in una lettera aperta a “La Verità”, ripresa da “Rinascimento Europeo“, sembra proporsi obiettivi altamente umanitari, giusti, buoni e salvifici: «Esattamente come se li proponeva 50 anni fa l’Old Great Reset, cioè il Nuovo Ordine Mondiale di Kissinger, un po’ utopistico e un po’ contrario a leggi naturali, e pertanto fallito». E nonostante il suo fallimento, «invece di pensare a perché è successo», viene oggi proposta «una versione aggiornata, ma pressoché identica, di nuovo-nuovo ordine mondiale». Quest’ultimo progetto di Reset «si propone di ripensare la finanza, privilegiando la società (cioè gli “stakeholders”) verso i capitalisti azionisti (gli “shareholders”), imponendo un nuovo modello economico sostenibile ambientalisticamente».
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Stop al Great Reset: due morti sfiorano il principe Carlo
«Il principe Carlo ne ha perso un altro», dice Angela Merkel. «Sono due», conferma Vladimir Putin, al telefono con la cancelliera. «Il primo era il suo preferito, lo sai», aggiunge la Merkel. «Sì, sono stato informato». La tedesca: «Non è una coincidenza». «Sappiamo anche questo», chiosa il russo. Ma chi erano, i due morti menzionati? Il ceco Petr Kellner e il britannico Sir Richard Sutton, beniamini di Carlo d’Inghilterra e descritti come uomini-chiave del cosiddetto Grande Reset. Sono scomparsi nei giorni scorsi a distanza di pochissime ore: il primo caduto insieme al suo elicottero, il secondo accoltellato nella sua abitazione. E il favoloso colloquio telefonico tra Merkel e Putin? Lo pubblica “Mitt Dolcino”, sia pure prendendolo con le molle: lo definisce “report apodittico”, e lo attribuisce a «una Sorcha Faal in maschera», lasciando intendere che l’autrice del post (sul blog “What Does It Mean”) si avvalga di fonti d’intelligence.Né deve stupire la possibilità di una telefonata confidenziale come quella, tra Mosca e Berlino, dato che i capi dei due paesi militano nella stessa superloggia, la “Golden Eurasia”, dai tempi della Germania Est. Sia pure senza prove, e per di più «in un volutamente pessimo inglese», scrive Franco Leaf su “Mitt Dolcino”, il post di “Sorcha Faal” «riafferma il legame Merkel-Putin», e soprattutto «ci parla di una strana moria fra gli alti esponenti del Great Reset». La cosa più interessante di quella trascrizione, però, è lo scambio fra il presidente Putin e la cancelliera Merkel sulle loro rispettive posizioni, per come sono state articolate al World Economic Forum di Davos. Se la Merkel ha definito la pandemia «il disastro del secolo», che ha messo a nudo «le debolezze della nostra società», secondo Putin «è del tutto pleonastico sostenere che non ci siano paralleli diretti nella storia: alcuni esperti – e io rispetto la loro opinione – stanno paragonando la situazione attuale a quella degli anni Trenta».Putin, poi, sottolinea «le negative conseguenze demografiche della crisi sociale», nonché «la crisi dei valori, che potrebbe portare alla perdita dell’eredità civile e culturale di interi continenti». Durante questo scambio – scrive Sorcha Faal”- Putin e la Merkel hanno discusso a lungo l’agenda di Davos. La parte più sorprendente sembra mostrarla la trascrizione (dal tedesco) sulle due “perdite” attribuite a Carlo d’Inghilterra, «nelle vesti di uno dei principali sostenitori del programma socialista-globalista “The Great Reset”». Due dei suoi più stretti alleati per lo sviluppo di questo programma – si legge su “What Does It Mean” – erano l’uomo più ricco della Gran Bretagna, Sir Richard Sutton, e Petr Kellner, l’uomo più ricco della Repubblica Ceca». Il principe Carlo incontrò Kellner per la prima volta quando visitò la Repubblica Ceca nel 1991 e, nel 2009, guidò lo sforzo per farlo selezionare come il “giovane leader globale” del World Economic Forum, si ricorda nel post ripreso da “Mitt Dolcino”.«Due settimane fa, il 27 marzo, Petr Kellner è morto in un misterioso incidente d’elicottero in Alaska», disastro aereo «analogo a quello di Olivier Dassault», industriale e parlamentare francese, erede dell’impero familiare (Dassault, un colosso dell’aviazione: dai jet privati Falcon ai caccia Mirage e Rafale). Classe 1964, Petr Kellner è deceduto in Alaska sulle montagne a circa 80 chilometri da Anchorage, dove era andato per fare eliski. Kellner ha perso la vita assieme ad altre cinque persone, tra le quali due guide locali e il pilota dell’elicottero. Alla guida del fondo d’investimento Ppf, Kellner era stato protagonista della stagioni della grande privatizzazione nell’allora Cecoslovacchia post-sovietica. Un operatore di primissimo piano: banche e assicurazioni, energia, immobiliare e grande distribuzione, con interessi anche in Slovacchia, Russia e Bielorussia, Cina, Vietnam e Kazakhstan. Dal 2007 al 2011 era anche entrato a far parte, in Italia, del Cda delle Generali.L’inglese Richard Sutton, un baronetto di 83 anni, è stato invece aggredito il 7 aprile all’interno della sua villa vicino a Gillingham, nel Dorset (una dimora valutata oltre due milioni di euro). Sutton era un imprenditore che gestiva molte proprietà e alberghi importanti del Regno Unito, come l’Athenaeum Hotel di Mayfair e lo Sheraton Grand London di Park Lane. Figurava nella lista del “Sunday Times” delle persone più facoltose del paese, al 453esimo posto, e il suo patrimonio era valutato in oltre 300 milioni di sterline (quasi 350 milioni di euro). A queste due morti misteriose s’è aggiunta la notizia che – sempre il 9 aprile – il padre di Carlo, il principe Filippo di Edimburgo, è morto in ospedale all’età di 99 anni.Durante una conversazione con la “Deutsche Press Agentur”, come riportato dal tabloid “Express”, trent’anni fa il principe Filippo ebbe a dire: «Nel caso in cui mi reincarnassi, vorrei tornare come un virus mortale, per contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione». Una battuta di spirito, che oggi assume un retrogusto quasi inquietante: ricorda i moniti del Club di Roma, che per mezzo secolo ha parlato della crescita demografica come di una calamità planetaria, ben prima che spuntassero i teorici della decrescita e poi i personaggi come Greta Thunberg, profeti di sventura trasformati in fenomeni mediatici mondiali.«L’importanza di quanto si son detti il presidente Putin e la cancelliera Merkel – entrambi d’accordo sul fatto che le morti misteriose degli alleati del principe Carlo, Sir Richard Sutton e Petr Kellner, non siano una coincidenza – è monumentale», sottolinea “Sorcha Faal” nel post citato da “Mitt Dolcino”. Il contatto tra Mosca e Berlino, secondo “What Does It Mean”, «suggerisce fortemente che queste morti siano in realtà degli omicidi mirati: un messaggio rivolto a chi sostiene il “Great Reset”». Secondo il post, c’era da aspettarselo: «A fronte dell’agenda socialista-globalista volta a “resettare” il mondo intero, le potenti forze che vi si oppongono non permetteranno mai che ciò accada». E’ ancge il motivo, sempre secondo “Sorcha Faal”, per il quale «il presidente Putin ha avvertito quei pericolosi idioti del Wef che il percorso che stanno percorrendo è esattamente come quello degli anni Trenta», che portò fatalmente alla Seconda Guerra Mondiale.«Il principe Carlo ne ha perso un altro», dice Angela Merkel. «Sono due», conferma Vladimir Putin, al telefono con la cancelliera. «Il primo era il suo preferito, lo sai», aggiunge la Merkel. «Sì, sono stato informato». La tedesca: «Non è una coincidenza». «Sappiamo anche questo», chiosa il russo. Ma chi erano, i due morti menzionati? Il ceco Petr Kellner e il britannico Sir Richard Sutton, beniamini di Carlo d’Inghilterra e descritti come uomini-chiave del cosiddetto Grande Reset. Sono scomparsi nei giorni scorsi a distanza di pochissime ore: il primo caduto insieme al suo elicottero, il secondo accoltellato nella sua abitazione. E il favoloso colloquio telefonico tra Merkel e Putin? Lo pubblica “Mitt Dolcino“, sia pure prendendolo con le molle: lo definisce “report apodittico”, e lo attribuisce a «una Sorcha Faal in maschera», lasciando intendere che l’autrice del post (sul blog “What Does It Mean”) si avvalga di fonti d’intelligence.
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Covid: basta ritardare le cure, ed ecco la strage di Stato
Primo, non curare: evitare di somministrare farmaci appropriati, in modo tempestivo, a chi manifesta le avvisaglie del Covid. I sintomi sono chiari, dicono i medici: ed è possibile intervenire con successo, fermando sul nascere l’esplosione della malattia, attraverso il ricorso a medicinali opportuni, diversi per ogni singola fase della patologia. Lo spiegano bene i dottori, volontari, che – per colmare il vuoto devastante lasciato delle autorità sanitarie – si sono raccolti in associazioni come “Ippocrate”, che assistono le persone colpite dalla sindrome Covid: fondamentali, dicono, sono le cure precoci. Terapie domiciliari: letteralmente risolutive. Ormai a confermarlo sono le statistiche: in un anno, un medico romano come il dottor Mariano Amici ha curato a guarito il 100% del suoi pazienti (non meno di 2.000) senza doverne far ricoverare nemmeno uno. Che fine farebbe, l’emergenza pandemica, se l’Italia si decidesse finalmente a dotarsi di un protocollo nazionale per le cure domestiche? Che senso avrebbero le zone rosse, e la stessa corsa alla vaccinazione?Visto da questa angolazione, il dibattito sui vaccini (efficaci o meno, innocui o rischiosi, obbligatori o facoltativi) perde completamente di senso: se il Covid diventa una specie di super-influenza affrontabile da casa, sotto controllo medico e con l’impiego di farmaci assolutamente ordinari e collaudati, che senso ha vaccinarsi? E perché imporre ancora la sciagura nazionale del distanziamento (sciagura economica, sociale, psicologica e sanitaria) se dal Covid si può uscire con antinfiammatori, cortisonici e altri medicinali, evitando tranquillamente il ricovero in ospedale? La tragedia è proprio questa: a far esplodere il terrore generale, con l’aiuto dei grandi media, è stato lo stress inflitto alle strutture ospedaliere, letteralmente prese d’assalto da malati ormai in gravi condizioni, molti addirittura in pericolo di vita, essendo stati abbandonati per giorni nelle loro case, senza cure. L’indicazione sanitaria nazionale, infatti, parla ancora di “Tachipirina e vigile attesa”. Vigile attesa di cosa? Del fatale peggioramento: che costringerà il malato a essere ricoverato fuori tempo massimo, quando ormai nemmeno l’ospedale in alcuni casi potrà più salvarlo.Questa è la storia, infame, dell’emergenza Covid. I gestori politici della sanità continuano a ripetere che la Terra è piatta: non esistono cure, se non in ospedale (quando ormai è tardi), e non esistono misure di prevenzione che non siano il vaccino. Secondo le cifre ufficiali, questa tragica sceneggiata basata sull’impostura è già costata oltre centomila morti. Se il governo Conte ha avviato con zelo straordinario la procedura del terrore, il governo Draghi non accenna a interromperla. Certo, nel frattempo emergono le imprese dei “compagni di merende” che spegnevano le voci di dissenso e zittivano i funzionari onesti, pronti a denunciare l’assenza di un piano pandemico aggiornato (che avrebbe limitato il caos e, probabilmente, i morti). Ma il ministro della sanità – l’atroce Roberto Speranza – dopo un anno è ancora al suo posto: pronto a rinchiudere 60 milioni di italiani, per una malattia che ormai i medici hanno capito che è curabilissima da casa, rendendo irrilevante la vaccinazione. Strage di Stato, la chiamano Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni: per quanto ancora verrà tenuta in piedi, questa farsa sanguinosa?Primo, non curare: evitare di somministrare farmaci appropriati, in modo tempestivo, a chi manifesta le avvisaglie del Covid. I sintomi sono chiari, dicono i medici: ed è possibile intervenire con successo, fermando sul nascere l’esplosione della malattia, attraverso il ricorso a medicinali opportuni, diversi per ogni singola fase della patologia. Lo spiegano bene i dottori, volontari, che – per colmare il vuoto devastante lasciato delle autorità sanitarie – si sono raccolti in associazioni come “Ippocrate”, che assistono le persone colpite dalla sindrome Covid: fondamentali, dicono, sono le cure precoci. Terapie domiciliari: letteralmente risolutive. Ormai a confermarlo sono le statistiche: in un anno, un medico romano come il dottor Mariano Amici ha curato a guarito il 100% del suoi pazienti (non meno di 2.000) senza doverne far ricoverare nemmeno uno. Che fine farebbe, l’emergenza pandemica, se l’Italia si decidesse finalmente a dotarsi di un protocollo nazionale per le cure domestiche? Che senso avrebbero le zone rosse, e la stessa corsa alla vaccinazione?
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Magaldi: strage di Stato, indagate Speranza e complici
«Ha tentato in modo arrogante e mafioso di occultare una verità che un funzionario onesto aveva evidenziato». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, attacca il ministro Roberto Speranza: così come lo stesso Conte, non poteva essere all’oscuro delle inaudite manovre messe in atto per insabbiare il dossier di un valente funzionario dell’Oms, Francesco Zambon, che all’inizio della primavera 2020 aveva inutilmente segnalato l’assenza di un piano pandemico aggiornato. «Mi complimento con Massimo Giletti, che l’11 aprile nel suo programma su La7, “Non è l’arena”, ha riassunto la vicenda: Ranieri Guerra, già direttore generale del ministero della salute e dunque responsabile dei piani pandemici, prima non ha aggiornato il piano per l’Italia, e poi – divenuto direttore vicario dell’Oms – si è vantato con Silvio Brusaferro, neo-portavoce del Cts, di aver intimato a Zambon di cambiare le carte in tavola, arrivando infine a far ritirare il rapporto».Per Magaldi, «anche Brusaferro dovrebbe essere costretto a dimettersi subito, per rimozione della verità e per truffa», nell’ambito di una manovra che l’ha visto agire come «compagno di merende di Ranieri Guerra e dello stesso Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto del ministro Speranza». Insiste Magaldi: non è immaginabile che Speranza non fosse al corrente dei fatti, impegnato com’era a «promuovere la logica del terrore e delle morti, molte delle quali evitabili con un piano pandemico aggiornato e prontamente applicato, quindi con una ben diversa capacità di gestione dell’emergenza». Conclusione: l’esponente di Leu «non può più essere ministro, dopo questa storia: Draghi non può permettersi di continuare ad avere un “ministro della malasanità” come Speranza, che mi auguro venga anche processato, specie dopo le verminose comunicazioni tra Guerra e Brusaferro, mostrate in primis da Giletti: sono parte di un comportamento non scusabile e non accettabile, che probabilmente presenta anche profili penali».Esponente della massoneria sovranazionale progressista, Magaldi preme su Draghi: «Ho informazioni ancora più esplosive su quanto è accaduto e sta ancora accadendo», premette. «Credo che Draghi sia sempre più incline a meditare: non solo sulla gente da cui è circondato e di cui deve liberarsi al più presto, ma anche sul paradigma finora adottato». Sottolinea il leader “rooseveltiano”: «Ancora prima della salute viene la libertà: se tuteli la libertà e persegui la verità, allora tutelerai anche la salute. Invece, quelli come Speranza – che hanno messo al primo posto la salute biologica e calpestato le libertà costituzionali – alla fine non si sono curati nemmeno della salute, come viene fuori dagli scandali che stanno emergendo». Magaldi cita il saggio “Strage di Stato” (Lemma Press), scritto dal medico Pasquale Bacco e dal magistrato Angelo Giorgianni. «Il libro dà conto di verità inaudite e ben documentate: ed è stato vittima di uno scandaloso linciaggio, che denota una vocazione alla menzogna, alla diffamazione e alla calunnia».Magaldi accusa Giuliano Ferrara, fondatore del “Foglio”, che definisce «preclaro esemplare di conformismo e piaggeria nei confronti del potere: ha agito da cialtrone, criminalizzando quel libro senza neppure averlo letto, altrimenti si sarebbe accorto che non contiene affatto gli accenti “negazionisti” che gli ha attribuito». In altre parole, Ferrara «ha fatto il processo alle intenzioni», avvezzo a dare del “negazionista” «a chiunque si discosti dal pensiero unico». Magaldi critica anche il magistrato antimafia Nicola Gratteri, che ha preso le distanze da quel libro nonostante ne avesse firmato la prefazione: «E’ stato costretto all’abiura perché evidentemente non ha la stoffa di Giordano Bruno. Come diceva Manzoni di Don Abbondio: uno il coraggio non se lo può dare».Magaldi conferma la denuncia contenuta nel libro di Bacco e Giorgianni: «La vicenda Covid è stata una strage di Stato, che peraltro è tuttora in corso: con omicidi, sequestri di persona e atti di violenza privata». Il paese sta crollando, non certo risollevato dai magri “ristori” di Draghi: «Un commerciante a Scanzano ha scritto: “Se mi private della possibilità di lavorare, non mi sento più in dovere di pagare le tasse”». La rabbia sociale è in aumento: «Ormai, intorno a noi vediamo macerie, economiche ed esistenziali. E c’è gente che ha visto morire amici e parenti che potevano essere assistiti diversamente, morti perché mal curati e non perché il virus, di per sé, fosse così letale». Altro scandalo, infatti, la perdurante mancanza di un protocollo sanitario nazionale per le cure precoci, a domicilio: «Tutte vie non percorse: si è deciso di affidarsi al solo vaccino, che non è una terapia ma una semplice profilassi preventiva. Speriamo almeno che sia efficace».Tra le spine degli ultimi giorni, anche l’obbligo vaccinale per i sanitari: una sorta di Tso, con la somministrazione di farmaci recentissimi e ancora sostanzialmente sperimentali. «Il Movimento Roosevelt – annuncia Magaldi – si batterà per assistere i medici “renitenti”, in eventuali azioni legali: deve restare inviolato il diritto del cittadino a non essere “violentato” sul piano terapeutico, come invece facevano i nazisti con i loro prigionieri, ridotti a cavie». Probabilmente, non sono molti i medici e gli infermieri contrari a vaccinarsi. Però il governo, osserva Magaldi, sembra avere paura proprio della loro protesta: «Il potere costituito teme sempre gli eretici, e a maggior ragione – come in questo caso – se i dubbi sono espressi dai sanitari: si rischia di compromettere il conformismo “militare” complessivo che sorregge il paradigma “terroristico”, vigente da ormai un anno».Purtroppo, conclude il leader “rooseveltiano”, «su tutta questa vicenda pesa come un macigno il fatto che siano saltati alcuni principi costituzionali: prima vanno ripristinati quelli». Ormai, aggiunge, «la libertà di pensiero e di espressione è sempre più soffocata, anche sui social media». Urge l’adozione di un cambio di paradigma, insiste Magaldi: aiuti immediati e sostanziosi per le aziende in agonia, e finalmente cure efficaci e tempestive per chi contrae il Covid, senza quindi dover più ricorrere (tardivamente) all’ospedale. Prima ancora: «Il cittadino deve restare libero di scegliere di rischiare: tra le possibili conseguenze del coronavirus e le possibili conseguenze di un vaccino». Mario Draghi? «Credo che debba studiare di più, sul piano del rapporto tra effettiva tutela della salute e rispetto di quei principi democratici e liberali, in nome dei quali ha giustamente dato del tiranno al “fratello contro-iniziato” Erdogan». Primo passo, dunque: «Fare pulizia, come già avvenuto nel caso di Arcuri, anche nella catena di comando della sanità». Un ambiente che Magaldi vede «affollato di mascalzoni che devono andarsene a calci nel culo, indagati ed eventualmente condannati dalla magistratura: non possono essere loro, i dispensatori della verità di Stato, in una faccenda seria come quella del Covid».«Ha tentato in modo arrogante e mafioso di occultare una verità che un funzionario onesto aveva evidenziato». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, attacca il ministro Roberto Speranza: così come lo stesso Conte, non poteva essere all’oscuro delle inaudite manovre messe in atto per insabbiare il dossier di un valente funzionario dell’Oms, Francesco Zambon, che all’inizio della primavera 2020 aveva inutilmente segnalato l’assenza di un piano pandemico aggiornato. «Mi complimento con Massimo Giletti, che l’11 aprile nel suo programma su La7, “Non è l’arena”, ha riassunto la vicenda: Ranieri Guerra, già direttore generale del ministero della salute e dunque responsabile dei piani pandemici, prima non ha aggiornato il piano per l’Italia, e poi – divenuto direttore vicario dell’Oms – si è vantato con Silvio Brusaferro, neo-portavoce del Cts, di aver intimato a Zambon di cambiare le carte in tavola, arrivando infine a far ritirare il rapporto». Per Magaldi, «anche Brusaferro dovrebbe essere costretto a dimettersi subito, per rimozione della verità e per truffa», nell’ambito di una manovra che l’ha visto agire come «compagno di merende di Ranieri Guerra e dello stesso Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto del ministro Speranza».
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Vaccino eterno, e niente cure: è il patto del 12 aprile?
Occhio alla data: 12 aprile. Il primo a evocarla, in Italia, era stato Nicola Bizzi. Tema: l’inizio della fine, per le restrizioni Covid, sulla base di un patto che sarebbe stato siglato, lontano dai riflettori, a fine 2020. Ora una conferma viene dal Regno Unito: è stato Boris Johnson in persona, dopo aver stra-vaccinato gli inglesi, ad annunciare che il 12 aprile la Gran Bretagna avrebbe riaperto i battenti, compresi quelli notturni dei pub. L’effetto del patto evocato da Bizzi? L’accordo – dice lo storico, editore di Aurola Boreale nonché massone e in contatto con fonti di intelligence – avrebbe riguardato la stessa piramide del grande potere, spaccatasi in due: al progetto originario dei “falchi” (prolungare l’emergenza “sanitaria” fino al 2023) si sarebbe opposta la fazione delle “colombe”, capitanata dai Rothschild, decisa a far cessare l’allarme in tempi più ragionevoli. Precisamente, a partire dal 12 aprile 2021. La contropartita, concessa ai “falchi”: il business planetario dei vaccini, al quale peraltro sembra aver dato il via libera lo stesso Mario Draghi, che dichiara di vedere nella vaccinazione di massa l’unica possibile via d’uscita dal Covid.Come dire: vi lasciamo fare, comprandovi tonnellate di dosi vaccinali, a patto che voi – a vostra volta – non ostacoliate la normale ripresa dell’economia e, in generale, della vita sociale. E’ davvero così? Certo, la precisione della “profezia” di Bizzi fa pensare: 12 aprile. Quanto a Draghi, se un simile tacito accordo esistesse davvero, potrebbe non essere incoerente con l’intera traiettoria dell’azione politica dell’ex capo della Bce. Gioele Magaldi lo presenta come “neoaristocratico pentito”, supermassone già ai vertici dell’élite europea del rigore, ma poi convertitosi e tornato ai lidi keynesiani dell’economia democratica (alla cui scuola, peraltro, il giovane Mario era cresciuto, sotto la guida del professor Federico Caffè). Come si sta muovendo, Draghi? E’ abbastanza evidente: cerca di traghettare l’Italia fuori dai guai, ma senza smascherare gli “inventori” dell’emergenza che ha quasi schiantato il paese, da un lato imponendo il lockdown e dall’altro evitando (per un anno intero) di curare i malati a casa, col risultato di provocare l’inevitabile corsa all’ospedale, spesso fuori tempo massimo.Pare sia davvero il maggiore dei tabù: fior di medici anche italiani, come i volontari dell’associazione “Ippocrate”, dimostrano che – intervenendo tempestivamente, e con i farmaci giusti – dal Covid si guarisce praticamente sempre, evitando di finire all’ospedale. Il dottor Mariano Amici, di Roma, vanta un bilancio invidiabile: 2.000 pazienti guariti, in un anno, grazie alle cure precoci. Nessuna perdita, nessun ricovero. Chiave di volta: le terapie domiciliari, somministrate in modo sollecito. Domanda: ma se dal Covid si guarisce così, che senso ha vaccinarsi? E che senso ha costringere alla vaccinazione i sanitari, quando sono gli stessi scienziati “vaccinisti” ad ammettere che il vaccino non impedisce al vaccinato di restare contagioso? Poi ovviamente ci sono le incognite di questi farmaci, che in realtà sono “preparati genici” ancora sperimentali: com’è possibile imporne l’inoculo, per legge? E Mario Draghi – sponsorizzato dalla massoneria progressista – non avrebbe dovuto essere il garante di certi diritti, a presidio delle libertà sospese nel tragico 2020?Non solo: prende quota il “partito” che vorrebbe imporre il “pass vaccinale”. Corollario: dato che i vaccini genici per il Covid garantiscono un’ipotetica copertura solo per qualche mese, si prefigura una sorta di campagna vaccinale permanente, teoricamente prolungabile in eterno, per la gioia di Big Pharma. E’ sempre l’effetto del patto segreto di cui parla Bizzi? In altre parole: all’emergenza eterna si è sostituito l’obbligo vaccinale perenne? Sono domande a cui prima o poi occorrerà rispondere, se si immagina una vera “ripartenza” per il sistema-Italia. Oltretutto, il “corona” non sarà certo l’ultimo virus ad apparire sulla scena: e se si instaura la prassi corrente che cosa facciamo, ogni volta il lockdown in attesa del “salvifico” vaccino? Trattasi, evidentemente, di una deformazione logica, prima ancora che politica o sanitaria.Dall’incubo – ormai appare evidente, agli osservatori attenti – si uscirà in un solo modo: chiarendo com’è facile, sotto controllo medico, guarire presto e bene. Ma dirlo, ancora, non si può. E lo stesso Draghi finge di non saperlo. Il che la dice lunga, probabilmente, sul genere di minaccia che incombe: se ai “falchi” non si lascia il “premio di consolazione” del vaccino, dobbiamo aspettarci il peggio? In questi termini, la missione di Draghi (dando per buono il suo impegno per il paese) si mostra estremamente ardua: come se l’Italia non potesse permettersi di svelare il trucco, dovendo innanzitutto uscire dal ruolo di Cenerentola europea, al quale l’hanno relegata gli oligarchi dell’austerity. Quasi che Draghi, tra le righe, dicesse: posso mettercela tutta per far cessare il rigore, ponendo le basi per un cambio di paradigma storico, a livello europeo; ma non chiedetemi anche di denunciare il raggiro del “terrorismo sanitario”. Non ce la possiamo ancora consentire, dunque, la verità sul Covid?In realtà, non se la consente quasi nessuno, in Europa: Germania e Francia sono allineate alla consegna del coprifuoco, e la Gran Bretagna – che in modo quasi spavaldo voleva puntare sui contagi in libertà per raggiungere l’immunità di gregge, è stata riconcotta all’ovile (è il caso di dirlo) con “l’incidente” che ha portato Boris Johnson in serio pericolo di vita. A cantare tutt’altra canzone sono paesi come la Svizzera e la Svezia, per non parlare della Russia: la prima, con Putin, a decretare l’uscita dall’emergenza. Ancora una volta: decisioni politiche, non sanitarie. Sembra che tutti la conoscano, la “vera vertà”, ma non se la possano permettere: passi, che a subire il copione fosse – in Italia – un signor nessuno come l’imbarazzante prestanome Giuseppe Conte, prono a qualsiasi diktat. Se però ad accodarsi all’ipocrisia generale è anche un certo Mario Draghi, tuttora presidente del Gruppo dei Trenta, significa che la partita – ancora pienamente in corso – ha un rilievo che probabilmente non è sbagliato definire storico.Occhio alla data: 12 aprile. Il primo a evocarla, in Italia, era stato Nicola Bizzi. Tema: l’inizio della fine, per le restrizioni Covid, sulla base di un patto che sarebbe stato siglato, lontano dai riflettori, a fine 2020. Ora una conferma viene dal Regno Unito: è stato Boris Johnson in persona, dopo aver stra-vaccinato gli inglesi, ad annunciare che il 12 aprile la Gran Bretagna avrebbe riaperto i battenti, compresi quelli notturni dei pub. L’effetto del patto evocato da Bizzi? L’accordo – dice lo storico, editore di Aurora Boreale nonché massone e in contatto con fonti di intelligence – avrebbe riguardato la stessa piramide del grande potere, spaccatasi in due: al progetto originario dei “falchi” (prolungare l’emergenza “sanitaria” fino al 2023) si sarebbe opposta la fazione delle “colombe”, capitanata dai Rothschild, decisa a far cessare l’allarme in tempi più ragionevoli. Precisamente, a partire dal 12 aprile 2021. La contropartita, concessa ai “falchi”: il business planetario dei vaccini, al quale peraltro sembra aver dato il via libera lo stesso Mario Draghi, che dichiara di vedere nella vaccinazione di massa l’unica possibile via d’uscita dal Covid.
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L’allegro becchino: un “utile idiota” per il lavoro sporco
L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).Il grande punto interrogativo è come mai il premier abbia cambiato tutta la filiera di comando della squadra anti-Covid, dal commissario Arcuri al ministro per le Regioni Boccia, dal capo della Protezione Civile Borrelli al coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico, Miozzo, ma si sia tenuto Speranza, il ministro ossimoro, dispensatore di ottimismo nel nome, uccellaccio del malaugurio nei fatti. Decisione davvero inspiegabile, giacché l’Italia pullula di luminari della medicina e non sarebbe stato difficile sostituire Speranza, che non è neppure odontotecnico, con qualcuno che conoscesse l’esistenza di un virus chiamato Covid prima del gennaio scorso, quando ancora il precedente governo assicurava ai cittadini che l’Italia era «prontissima» a fronteggiare la pandemia.Certo il ministro non deve il mantenimento della poltrona alla forza parlamentare che rappresenta. “Liberi e Uguali” ha un esiguo 3% e non si sa neppure se alla prossima tornata elettorale si ripresenterà. Le ragioni della resistenza di Speranza stanno probabilmente nel ruolo che il premier Draghi gli ha ritagliato. SuperMario ci tiene alla propria immagine e non intende sbriciolarla con l’esperienza di governo, anche perché ambisce a vette più elevate. Ecco così che, da buon comunista, mister chiusure risulta perfetto nella parte dell’utile idiota del grande banchiere. Se c’è da comunicare qualche rogna o mettere la faccia su una disgrazia, il ministro è l’unica speranza per il presidente del consiglio di sfangarla e continuare a passare per fenomeno agli occhi degli italiani. Perché l’uomo si presti a fare il punching-ball di Draghi, rimediando anche una sequela di esecrabili insulti e intollerabili minacce, non è difficile capirlo.Come ogni politico di seconda fila, Speranza non perde occasione per stare al centro della scena, anche se il prezzo è rimediare figuracce. Lo ha fatto anche nel Pd, prima di andarsene, dove ha giocato per oltre un anno a fare la minoranza della minoranza, parte ingrata ma che gli garantiva presenza mediatica altrimenti non ottenibile. Una sovraesposizione che però ha poco capitalizzato nelle urne, malgrado il ruolo di leader di partito. Il titolare della salute infatti da oltre un anno decide delle vite di sessanta milioni di italiani dal basso delle meno di quattromila preferenze personali prese nel seggio di casa, in Lucania; a dimostrazione di quanto la nostra democrazia sia scarsamente rappresentativa. Sembrerà incredibile, ma il leader di “Liberi Uguali” è convinto di agire nell’interesse della sinistra.Nello sfortunato libro dal titolo “Così guariremo”, che il kamikaze rosso voleva pubblicare a ottobre e ha ritirato dalle librerie in un estremo sussulto di decenza e realismo, il ministro teorizzava che il Covid sarebbe stato un’occasione unica per la sinistra per rimodellare la società secondo la propria ideologia. Tutti incarcerati, azzerati, schizzati e rinciuliti, un po’ come i popoli dell’antico blocco comunista. L’epidemia come una panacea, uno strumento di appiattimento sociale e culturale, la soluzione per chi non sa cosa fare della propria vita e va in panico se deve organizzarsi il sabato sera, il disincentivo naturale a qualsiasi iniziativa imprenditoriale e lo scivolo universale alla sussistenza patologica.Forse Speranza insegue ancora questo sogno quando annuncia di non potere indicare le date delle riaperture. Eppure sarebbe semplice. I vaccini rendono immuni, o nel peggiore dei casi consentono di sviluppare il Covid in maniera leggera e mai letale. Il governo ha annunciato l’arrivo di decine di milioni di fiale. La vituperata Lombardia, per esempio, ha fatto sapere che, se il governo non ci sta illudendo ancora e farà arrivare le dosi promesse, l’8 maggio avrà vaccinato tutti i cittadini sopra i settant’anni, che costituiscono il 96% dei decessi. Un politico che fosse degno di questo nome, incline ad assumersi le proprie responsabilità e che davvero lavorasse per liberare gli italiani, avrebbe annunciato la riapertura totale e l’addio alle zone colorate entro metà maggio.Capisco che aver dichiarato il virus sconfitto a settembre scorso abbia scottato non poco il leader rosso, però non possiamo accogliere come una buona notizia la sua minacciosa prudenza. Per chiuderci a ottobre, ci aveva promesso un Natale libero, che invece ci ha fatto passare in gabbia paventando la ripresa di gennaio, poi slittata a Carnevale, quando ristoratori e albergatori hanno saputo la sera prima dell’annunciata riapertura che la clausura sarebbe stata invece prorogata. Ora ci arriva questa mancata previsione, con il ritorno della bella stagione e i ragazzi che, al posto di andare a scuola con la mascherina, giocano a calcio nei parchi a volto scoperto. In questa clausura senza speranza siamo ormai liberi di fare tutto tranne che lavorare, studiare e imbastire qualcosa di utile al paese.(Pietro Senaldi, “Allegro becchino, per conto di chi fa il lavoro sporco”, da “Libero” del 4 aprile 2021).L’allegro becchino. Il ministro della salute ha annunciato, felice come una Pasqua, che non sa quando l’Italia potrà riaprire. Con un pelo di sadismo, dalle colonne del “Corriere della Sera”, Speranza ha tenuto a far sapere ai cittadini reclusi e agli imprenditori rovinati dalle serrate che lui prende le sue decisioni «con animo sereno». Imporre sacrifici agli altri non toglie il sonno al carceriere, che rimprovera a Salvini di «soffiare sulle inquietudini di chi soffre», espressione che, quando non erano al governo, i comunisti come il leader di “Liberi e Uguali” traducevano con «dare voce agli oppressi». L’ex ragazzo spazzola di Bersani invita la Lega a «tenere unito il paese»; da che pulpito, lui che quando convoca le riunioni al suo ministero si premura di escludere i suoi sottosegretari, che siano grillini (Sileri), forzisti (Costa) o piddini (Zampa, prima che fosse fatta fuori da Draghi e poi risarcita dal partito con una poltrona a nostre spese).
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Lockdown: piano militare creato da Rumsfeld nel 2005
La Covid 19 è il passato, un passato remoto. Un tempo andato, mai dimenticato. Perché c’è chi ha davvero documentato il trapasso di un’epoca. Al netto della propaganda, per ciò che diranno dal futuro voltandosi indietro, fino al nostro presente. Paolo Borgognone, storico di razza, autore di saggi preziosissimi che riescono sempre a decifrare senza troppi fronzoli la nostra contemporaneità, entra a piedi uniti nel tema che ormai sta monopolizzando da un anno intero le nostre esistenze, financo le nostre coscienze: la malattia “Covid 19. A cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova”. L’autore ha scelto di narrare un passato remoto, dove una epidemia influenzale fu utilizzata per cambiare il mondo: «In Occidente il passaggio dal capitalismo finanziario al capitalismo integralmente digitalizzato fu gestito previo smantellamento d’ogni residuo di economia reale e di vita comunitaria convenzionale». Il libro narra gli accadimenti legando la cronaca, le diagnosi del mondo scientifico, i fatti politici, economici e geopolitici che la gestione della crisi provocò ad una società intera, atomizzata per decreto.Le tappe che hanno scandito l’emergenza sanitaria ed epidemiologica del 2020, da Wuhan a Codogno, fino alle bare di Bergamo caricate su camion militari che psicologicamente piegarono le ginocchia all’Italia. Alternando statistiche accreditate e dati ufficiali, l’anatomia degli eventi si intreccia con le decisioni politiche sovranazionali e nazionali fino ad affrontare il confinamento di intere collettività, secondo i programmi elaborati nel 2005 da Richard Hatchett - un neocon direttore del Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) – su invito dell’allora segretario alla difesa Usa e magnate di Big Pharma, Donald Rumsfeld: «Un piano d’isolamento domiciliare obbligatorio per l’intera popolazione, da attivare in caso di attacco bioterroristico».Nel 2020, per la prima volta, i governi occidentali «applicarono il piano Hatchett che, però, non era affatto una misura sanitaria, bensì un mezzo per trasformare le società, per introdurre un nuovo modello di organizzazione socioeconomica e di convivenza civile improntato al principio della rifeudalizzazione. Il lockdown non era, ovunque venisse applicato, una misura sanitaria, bensì amministrativo-militare. Il distanziamento fisico era altresì una misura militare e non sanitaria». Il capitalismo finanziario e multinazionale, dopo decenni di profitti stratosferici a danno dell’economia reale, adesso reclamava l’intera torta. Il Forum dei multimiliardari riuniti a Davos lo chiamò il “Grande Reset”: l’anno zero, cioè l’eliminazione della classe media, ossia la morte improvvisa di quella che era diventata la “società signorile di massa”, come l’aveva definita il sociologo Luca Ricolfi.Strano a dirsi, proprio nell’epoca dominata dai padroni del vapore digitale, detentori dei mezzi di produzione di Intelligenza Artificiale, si rischiava di tornare ai tempi antichi, ad «una società esclusivamente signorile, in cui lo 0,1 per cento della popolazione avrebbe fatto parte della casta dei signori del trasnumanesimo e il restante 99,9 per cento sarebbe andato a ingrossare le schiere dei plebei post-umani». Paolo Borgognone ci porta ad esplorare il capitale e le sue fazioni, da quella prevalente liberal-globalista a quella nazional-globalista (ricordate Donald Trump?), ma anche gli equilibri geopolitici. La nuova Guerra Fredda – Stati Uniti vs Cina – dove il gigante asiatico, uscito prima di tutti dalla crisi Covid, mostrava i muscoli grazie alla sua supremazia nelle reti 5G, l’infrastruttura fondamentale della nuova società digitale: «La chiave per la quarta rivoluzione industriale, così come le ferrovie avevano dato vita alla prima rivoluzione industriale».La Paura veicolata incessantemente dai grandi media, la cittadinanza nella psicosi. Mesi dopo mesi, ormai è un anno: «I cambi di fase radicali necessitano, per essere avviati e completati in poco tempo, di periodi di shockterapia». “Covid 19. A cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova”: il grande saggio di Paolo Borgognone è un documento fondamentale non solo per decifrare il nostro presente, ma soprattutto per chi verrà, perché dal futuro possa studiare e indagare per capire cosa, nel 2021, ci sta accadendo realmente. Se è vero, come è vero, che la storia ciclicamente si ripete, il lettore di domani forse potrà rispondere, coi fatti e con la ragione, alla domanda cruciale che l’autore ci pone alla fine del saggio. Non la sveleremo, perché essa vale la lettura dell’intera opera.(Jacopo Brogi, “Covid 19. A cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova”, da “Come Don Chisciotte” del 5 aprile 2021. Il libro: Paolo Borgognone, “Covid 19. A cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova”, Iniziative Editoriali Il Cerchio, 344 pagine, 32 euro).La Covid 19 è il passato, un passato remoto. Un tempo andato, mai dimenticato. Perché c’è chi ha davvero documentato il trapasso di un’epoca. Al netto della propaganda, per ciò che diranno dal futuro voltandosi indietro, fino al nostro presente. Paolo Borgognone, storico di razza, autore di saggi preziosissimi che riescono sempre a decifrare senza troppi fronzoli la nostra contemporaneità, entra a piedi uniti nel tema che ormai sta monopolizzando da un anno intero le nostre esistenze, financo le nostre coscienze: la malattia “Covid 19. A cosa serve, come ce lo raccontano, a chi giova”. L’autore ha scelto di narrare un passato remoto, dove una epidemia influenzale fu utilizzata per cambiare il mondo: «In Occidente il passaggio dal capitalismo finanziario al capitalismo integralmente digitalizzato fu gestito previo smantellamento d’ogni residuo di economia reale e di vita comunitaria convenzionale». Il libro narra gli accadimenti legando la cronaca, le diagnosi del mondo scientifico, i fatti politici, economici e geopolitici che la gestione della crisi provocò ad una società intera, atomizzata per decreto.
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Magaldi: ristori-flop. Oligarchi con Letta, contro Draghi
«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipiato anche Enrico Montesano.«Quella che pratichiamo è una forma di disobbedienza civile, nonviolenta, per dire dire basta a misure assurde: dall’emergenza Covid si esce innanzitutto ricorrendo finalmente a cure domiciliari precoci, in modo da ridurre molto i ricoveri in ospedale». Magaldi quindi non approva la linea adottata in materia sanitaria da Mario Draghi, che ha volutamente lasciato a Roberto Speranza il ruolo di arcigno “carceriere” degli italiani. «Finora, purtroppo, il nuovo governo non ha osato uscire dalla modalità adottata praticamente da tutti, in Europa, che prevede il ricorso sistematico alle restrizioni», sottolinea il presidente del Movimento Roosevelt. «Da una parte lo capisco: Draghi non intende esporsi all’accusa di esser stato imprudente, che gli verrebbe mossa da chi aspetta solo un suo passo falso. In realtà, il suo piano è semplice: immunizzare al più presto la popolazione, coi vaccini, per poi organizzare finalmente la ripresa. E in questo senso, eliminando Arcuri e altri, qualcosa di buono l’ha fatto».Quanto all’emergenza socio-economica, Magaldi distingue: «Draghi ha esposto propositi rivoluzionari: recuperare Keynes, anche in Europa, per risollevare l’economia in modo decisivo, con investimenti pubblici senza precedenti». Dov’è il problema? «Nell’approccio alla crisi, ormai devastante per milioni di italiani: non puoi limitarti a elemosinare “ristori” che fanno ridere i polli. Se impedisci a un esercizio di lavorare – insiste Magaldi – non puoi elargire solo le briciole: devi rinfondere i titolari di tutti gli introiti perduti». Un invito, quindi: «Meglio che il governo si corregga subito, incrementando i “ristori”, prima che sia troppo tardi: se non interviene per tempo, infatti, molte aziende non riusciranno a riaprire mai più. Ed è una vera catastrofe, che insieme alla ristorazione, allo spettacolo e al turismo coinvolge, in modo devastante, un vastissimo indotto».Altro campanello d’allarme, per il leader “rooseveltiano”, l’ascesa di Enrico Letta alla guida del Pd. «Ha l’aria di essere tornato in campo proprio per dare fastidio a Draghi, per conto dei poteri oligarchici che temono ciò che il neo-premier potrebbe fare». L’accusa di Magaldi discende dal profilo dello stesso Letta: «E’ un servizievole paramassone, abituato a eseguire ordini provenienti dai poteri che contano. E oggi – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt – quei poteri massonici di segno “neoaristocratico” hanno davvero paura, di fronte ai propositi enunciati da Draghi: cioè l’abolizione definitiva dell’austerity, facendo dell’Italia il punto di partenza per una rigenerazione (economica, sociale e democratica) della stessa Europa». Un piano che l’ex presidente della Bce ha enunciato già l’anno scorso, in un intervento sul “Financial Times”: utilizzare la pandemia come alibi per cancellare il rigore neoliberista, rimettendo mano all’intervento strategico dello Stato nell’economia, senza più badare a spese.I poteri reazionari a cui risponde Letta, secondo Magaldi, potrebbero anche utilizzare il neo-segretario del Pd per ostacolare Draghi nella sua proiezione verso il Quirinale. Tra i fantasmi appostati dietro l’angolo, per esempio, c’è sempre Romano Prodi: Magaldi l’ha definito «globalizzatore in grembiulino», militante nell’area massonica conservatrice (nonostante la sua collocazione tattica nel centrosinistra). Neppure Letta – che massone non è – ha mai mostrato segni di “pentimento”, rispetto al suo passato di pallido continuatore del massone oligarchico Monti. Tutti spettri, le cui ombre si allungano sul futuro di quello che i media avevano ribattezzato Super-Mario. «Se ci tiene a diventare capo dello Stato – chiosa Magaldi, esponente italiano del circuito massonico progressista sovranazionale – Draghi farà bene a correggere il suo approccio di fronte al Covid, limitando le restrizioni (come chiede la Lega) e soprattutto a metter mano a ben altri fondi, per indennizzare le aziende ancora incredibilmente costrette alla chiusura».«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipato anche Enrico Montesano.
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Draghi ascolti Ippocrate: dal Covid si guarisce a casa
Ammesso che il Premio Nobel abbia ancora un senso, forse sarebbe il caso di conferirlo a chi ha imparato a guarire i malati di Covid senza neppure ricoverarli in ospedale. In Italia operano 60 medici, volontari: sicuramente si irriterebbero, se qualcuno li chiamasse eroi. Fanno una cosa semplicissima, il loro dovere. In questo mondo affollato di impostori e soprattutto di codardi, loro sfoderano il coraggio elementare di chi non scherzava, quando – all’inizio della carriera – prestò il famoso giuramento nel nome di un medico greco, nato nel V secolo avanti Cristo. E’ da lui – Ippocrate – che la loro associazione prende in prestito il nome, evocandone la missione: stare dalla parte del malato, sempre, ad ogni costo. E in questo caso, che cosa ottengono? Incredibile: la guarigione. Letteralmente: la guarigione del 100% dei malati, curati a casa, con le medicine appropriate. Non è uno scherzo: guariscono proprio tutti. Il mitico Covid, nelle loro mani, diventa un’affezione perfettamente affrontabile. Sono maghi, stregoni, taumaturghi? No: sono medici. Non dispongono certo di superpoteri. Ma sanno una cosa, l’unica che conti: occorre agire subito, scegliendo con sicurezza le medicine da somministrare.E’ addirittura offensiva, la semplicità della soluzione: intervenire entro la prima settimana, e con i farmaci adatti. Risultato: in ospedale non ci finisce più nessuno. Lo dicono le statistiche che premiano i valorosi medici di Ippocrate, veri e propri salvatori di vite umane, in un paese che – dopo un anno – ancora rinchiude la gente agli arresti domiciliari, e ancora intasa gli ospedali di pazienti ormai gravi solo perché trascurati per troppi giorni. E ora annaspa tra gli imprevisti e le incognite di un piano vaccinale che suona innanzitutto stonato, se si propone di immunizzare la popolazione da un virus Rna, mutante per natura e quindi quasi inafferrabile, alla distanza. Ascoltare Mauro Rango, il portavoce di Ippocrate, può far impazzire di rabbia: illustra la più semplice delle soluzioni, finora deliberatamente ignorata. Da tutti: governi, Regioni, virologi di grido. Poche mosse, precise. Primo: visitare il paziente e verificare i sintomi che manifesta. Secondo: somministrare i farmaci giusti (che sono diversi: alcuni per la prima fase della malattia, altri per la seconda, altri ancora per la terza). Farmaci collaudati, sicuri. E che funzionano sempre, sotto controllo medico. E così, la mortalità del Covid si riduce a zero.Non solo: Ippocrate si preoccupa di condividere quanto ha imparato. Ha predisposto un vademecum, destinato ai medici che vogliano imparare. Mostra una casistica-tipo con ben 40 situazioni diverse: per ognuna, la ricetta consigliata. Ancora: se un medico vuole aderire alla rete dei volontari, deve prima sottoporsi a un training assistito. Per una settimana, lavorerà fianco a fianco con i colleghi di Ippocrate: solo allora sarà abilitato a intervenire, a domicilio, per guarire pazienti alle prese con la sindrome Covid. Funziona così: il paziente lancia un Sos via email, e viene contattato dal medico più vicino. Massima collaborazione coi medici di famiglia: Ippocrate fornisce tutte le istruzioni del caso. Missione: guarire il malato, presto e bene, evitando il ricovero in ospedale. Certo, è volontariato: come in Burundi. Solo che non siamo in Africa, ma in Italia. Ed è passato un anno intero – 365 giorni – senza che nessuna autorità politico-sanitaria abbia fatto nulla, per evitare che l’Italia, in questo, continuasse ad assomigliare a un paese del terzo mondo.Sono molti, ormai, i medici che hanno imparato la lezione: qualcosa di analogo (un protocollo per le cure precoci domiciliari, decisive) l’ha prodotto Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri di Milano. Finora una sola Regione, il Piemonte, l’ha preso in considerazione: ha predisposto una procedura per le terapie domestiche (con i farmaci adatti) da somministrare con tempestività, proprio per alleggerire la pressione ospedaliera. Ma è Ippocrate a svettare, in questo panorama disarmante: per emergere, ha dovuto implorare una giornalista televisiva, Angela Camuso. La stessa giornalista, a sua volta, ha dovuto supplicare il conduttore (Mario Giordano, di “Rete 4″) per convincerlo a trasmettere il servizio. Semplicemente – come moltissimi colleghi – Giordano non credeva possibile che dal Covid si potesse guarire a casa (o meglio: che le cure precoci, a domicilio, potessero ridurre praticamente a zero il pericolo di finire all’ospedale). Poi, alla fine, Mario Giordano il servizio su Ippocrate l’ha trasmesso. L’altra notizia è che tutti gli altri giornalisti l’hanno ignorato: come se quella soluzione continuasse a non esistere.Domanda: si può seguitare a vivere così, in Italia, nel 2021? E’ possibile ostinarsi a ignorarla, una soluzione tanto semplice? La cronaca è tombale, da un anno: bollettini di guerra, pieni di vittime lasciate a casa senza cure e poi finite all’ospedale troppo tardi. Numeri alla rinfusa: quelli dei tamponi e quelli dei contagiati, che nella stragrande maggioranza sono asintomatici. Sembra ci si diverta, a parlare di “casi”, come se fossero tutte tragedie. Il revival del medioevo dura ormai da 12 mesi: il lockdown – dice il professor Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo a Novara – serve solo per le malattie da contatto, come l’Ebola. Com’è possibile continuare a fingere di non saperlo? Anche sul Covid, com’è giusto, ci sono diverse scuole di pensiero: c’è chi spera che la bufera passi da sola, isolando nel frattempo le persone a costo di fermare la vita sociale e l’economia, e chi invece punterebbe al depotenziamento progressivo del virus, immaginando che proprio il moltiplicarsi dei contagi (raccomandabile, quindi) possa accelerare l’immunità di gregge.Attenzione: Ippocrate non entra nel merito. Non scende sul terreno dell’epidemiologia. Si limite a dire: abbiamo dei malati, e dobbiamo curarli. Possiamo farlo? La risposta è sì. Come? Agendo tempestivamente e con sapienza, cioè con i medicinali idonei, a seconda della fase della malattia. In questo modo – senza neppure sfiorare il tema-vaccini – si ottiene un risultato epocale: se il sistema sanitario pubblico agisse così, gli ospedali potrebbero finalmente tornare a curare in modo adeguato le altre patologie, svuotando i reparti Covid e le terapie intensive. Perché non succede? Perché il governo centrale non si coordina con le Regioni, in questa direzione? Perché ancora non esiste un protocollo nazionale per mettere i sanitari nelle condizioni di curare e guarire i pazienti, a casa? Perché i medici di famiglia non hanno ancora ricevuto istruzioni, su come agire? Perché l’assistenza salva-vita è affidata ai volontari di Ippocrate, anziché alle Asl? Da qualche settimana, a Palazzo Chigi è insediato Mario Draghi, sul quale molti italiani hanno appuntato speranze importanti. Agire nel modo giusto, ormai, è una questione di vita o di morte. Una questione di giustizia. E a questo punto, anche di onore.(Giorgio Cattaneo, “Appello a Draghi: ascolti Ippocrate, che i malati Covid li guarisce a casa”, dal blog del Movimento Roosevelt del 27 marzo 2021. Fonti: il servizio su Ippocrate trasmesso da Mediaset a “Fuori dal coro”, la video-intervista a Mauro Rango realizzata da Massimo Mazzucco, il sito di Ippocrate che funge da centralino per le emergenze domiciliari Covid e il vademecum-Covid realizzato da Ippocrate, destinato ai medici e disponibile online).Ammesso che il Premio Nobel abbia ancora un senso, forse sarebbe il caso di conferirlo a chi ha imparato a guarire i malati di Covid senza neppure ricoverarli in ospedale. In Italia operano 60 medici, volontari: sicuramente si irriterebbero, se qualcuno li chiamasse eroi. Fanno una cosa semplicissima, il loro dovere. In questo mondo affollato di impostori e soprattutto di codardi, loro sfoderano il coraggio elementare di chi non scherzava, quando – all’inizio della carriera – prestò il famoso giuramento nel nome di un medico greco, nato nel V secolo avanti Cristo. E’ da lui – Ippocrate – che la loro associazione prende in prestito il nome, evocandone la missione: stare dalla parte del malato, sempre, ad ogni costo. E in questo caso, che cosa ottengono? Incredibile: la guarigione. Letteralmente: la guarigione del 100% dei malati, curati a casa, con le medicine appropriate. Non è uno scherzo: guariscono proprio tutti. Il mitico Covid, nelle loro mani, diventa un’affezione perfettamente affrontabile. Sono maghi, stregoni, taumaturghi? No: sono medici. Non dispongono certo di superpoteri. Ma sanno una cosa, l’unica che conti: occorre agire subito, scegliendo con sicurezza le medicine da somministrare.
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La Bibbia Nuda: dietro la nostra storia, una regia occulta
E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.Forse è utile fare un bel passo indietro, di almeno vent’anni. Per esempio: fino al 10 settembre 2001, era diffusa la sensazione di vivere nel migliore dei mondi possibili. Non esattamente un pianeta-capolavoro, politicamente parlando, ma distante anni luce da quello che sarebbe venuto dopo, a cominciare dall’alba del giorno seguente: due Boeing contro le Torri Gemelle di New York, senza che un solo jet militare – dopo il primo impatto – si fosse levato a presidiare quelli che erano considerati i cieli più sorvegliati del globo, così da scongiurare almeno la seconda, devastante collisione. Un’avvisaglia poco rassicurante la si era avuta due mesi prima, a Genova, in mezzo a strade e piazze improvvisamente preda della follia di una violenza insensata. Wayne Madsen, già dirigente della Nsa, disse che oltre duemila agenti avevano lavorato, per mesi, a “organizzare” la carneficina del G8 genovese, puntando sul caos scatenato dai misteriosi black bloc, in apparenza venuti dal nulla. Risultato: un temporale anomalo e capace di tramortire l’opinione pubblica, spingendo i giornali a parlare di “sospensione della democrazia”, prima ancora che la vicenda vivesse i suoi pesanti strascichi giudiziari.Solo dieci anni prima, si era aperta una stagione che aveva l’aria di essere straordinariamente promettente, per il pianeta. Mikhail Gorbaciov aveva “scongelato” l’Est Europa facendo cadere il Muro di Berlino: a colpi di spettacolari super-vertici con gli Usa, sembravano spalancarsi orizzonti impensabili. Certo, di lì a poco non erano mancati “incidenti”, anche gravissimi, dopo il golpe contro Gorbaciov e l’ascesa di Eltsin, che aprì le porte alla razzia dell’ex Urss. Esplose l’odioso bagno di sangue dell’ex Jugoslavia: la tragedia infinita della guerra civile balcanica, alle porte della civilissima Europa occidentale, finì per mettere in sordina l’opaco conflitto ceceno, mentre in Israele un estremista ebraico sparava alla schiena di Yitzhak Rabin, uccidendo l’uomo che aveva osato firmare una vera pace con i palestinesi. Pur nell’immane complessità dei focolai di morte, però, la situazione sembrava ancora affrontabile su scala regionale, con gli strumenti geopolitici della diplomazia, della politica estera, della pressione militare proporzionata. Poi, appunto, il mondo esplose: tutto insieme, e di colpo.Da allora, il pianeta non ha più smesso di esplodere: Afghanistan e Iraq, le rivoluzioni colorate e le primavere arabe, la brutale esecuzione di Gheddafi, la comparsa dell’Isis e il martirio della Siria, gli attentati stragistici in Europa. Che l’orizzonte si fosse subito richiuso, dopo la finestra di speranze alimentate dalla stagione di Gorbaciov, lo si era capito anche dal peso smisurato della globalizzazione neoliberista: il via libera a Wall Street grazie a Clinton, l’ingresso della Cina nel Wto, le delocalizzazioni spericolate, la sparizione della sicurezza sociale. Tutto vertiginosamente accelerato, in pochissimi anni: la fine dei diritti del lavoro e l’avvento del precariato come condizione permanente, i tagli devastanti al welfare e la demolizione della “mid class” occidentale, in Europa crollata sotto il peso dell’iper-fiscalità imposta dall’Eurozona. Fino ad arrivare alla tempesta perfetta degli spread, agli orrori della Grecia, al commissariamento di interi paesi. Paura e incertezza: la netta percezione di avere sempre meno benessere, meno diritti, meno democrazia, meno futuro.Ora siamo nell’era universale del virus, della pandemia tendenzialmente permanente, del distanziamento sociale obbligatorio, delle campagne vaccinali come unica soluzione (in assenza di terapie domiciliari precoci, che molti medici invece ritengono efficaci). Si sprecano le narrazioni distopiche amplificate dagli strateghi visionari di Davos, che disegnano una riconversione addirittura antropologica di un’umanità che parrebbe condannata a una sorta di sottomissione tecnocratica, psico-sanitaria, quasi zootecnica secondo i più pessimisti. A questo si è arrivati per gradi, mediante l’orchestrazione planetaria di una narrazione mediatica soverchiante, inarrestabile, che è riuscita a proporre come un’esperienza inevitabile la tragedia dell’emigrazione dai paesi poveri, nonché a ridurre a problema climatico lo scempio della Terra avvelenata, e persino a presentare le evoluzioni del clima come frutto esclusivo della cattiva condotta di un’umanità colpevole e incorreggibile.Inutile sperare che i grandi media illuminino davvero la grande notte: tra giornali e televisioni, è come se parlasse una sola voce, capace di spegnere (per la prima volta, nella storia) quella dello stesso presidente degli Stati Uniti, letteralmente espulso dal sistema e silenziato, trattato come un reietto, bruscamente cancellato dall’anagrafe mondiale. Un anno davvero fatale, il 2020: che ad aprile, tra le altre cose, si è portato via anche Giulietto Chiesa. Da grande giornalista, era stato tra i primi – con Seymour Hersh, Noam Chomsky, Gore Vidal – a puntare il dito contro il nuovo mostro orwelliano oggi dilagante, l’impero della disinformazione a reti unificate. In Italia, Giulietto Chiesa (con il saggio “La guerra infinita”, uscito nel 2002) era stato il primo in assoluto a dimostrare che la versione ufficiale sui fatti dell’11 Settembre era totalmente inattendibile. In parallelo, poco dopo, un regista come Massimo Mazzucco (trasformatosi in reporter) si vide trasmettere da Canale 5 in prima serata i suoi documentari critici sul crollo delle Twin Towers: lavori che mettevano in luce il carattere inverosimile delle spiegazioni governative.Da allora, la parola “complottismo” ha preso il volo, toccando vette impensabili fino a qualche anno prima. Brutta parola, in effetti: alla voce “complottismo” viene facilmente derubricata (e quindi liquidata, ridicolizzata) qualsiasi argomentazione che ipotizzi l’esistenza stessa di possibili complotti. Colpa anche dei cosiddetti complottisti: sicuri che ogni cospirazione abbia puntualmente successo, e che qualsiasi evento planetario sia sempre e solo frutto di macchinazioni oscure. E dunque: chi ha progettato davvero l’abbattimento delle Torri Gemelle? «Non sta a noi l’onere della prova», rispondevano prontamente Giulietto Chiesa e Massimo Mazzucco, certi che la loro funzione fosse quella (preziosissima) di verificare l’inconsistenza della versione ufficiale. E’ un problema di metodo, in fondo: limitarsi ad affermare solo quanto si è sicuri di poter davvero dimostrare, dati alla mano. Una questione di serietà, di trasparenza. Dire solo quello che si sa, parlare esclusivamente di ciò che si conosce: ed esibirne le prove, incontrovertibili.Grazie alla diffusione worldwide del web e dei social come fenomeno di massa, negli ultimi anni si è fatta strada un’editoria parallela, che tra mille incertezze è comunque riuscita a proporre una narrazione alternativa degli eventi, convalidata qua e là da voci sempre più autorevoli. All’orizzonte, alcuni importanti studiosi – in ogni campo, da quello storico a quello scientifico – prospettamo una sorta di riscrittura generale della storiografia, in gran parte basata su scoperte anche recenti, come quelle della geofisica (i maremoti che avrebbero ridisegnato la geografia del pianeta, 12.000 anni fa), senza contare l’ormai inarrestabile valanga di acquisizioni archeologiche: dalle città sommerse alle tracce di civiltà di gran lunga antecedenti, rispetto a quelle registrate nei libri scolastici. Il solo sito turco di Göbekli Tepe, per esempio, costringe a retrodatare di millenni la stessa introduzione dell’agricoltura.Chi siamo, davvero? Da dove veniamo? Risale ad appena qualche anno fa la scoperta, in Siberia, dell’Uomo di Denisova, altra “sorpresa” con cui la paleontogia ora si trova a fare i conti, senza avere risposte: se il darwinismo trasformato in dogma quasi religioso sta ormai franando, emergono tracce che sembrano alludere a svariati “esordi” della nostra specie, nei più disparati angoli del pianeta, senza che sia stato ancora trovato il famoso anello mancante, genetico, tra noi e le scimmie antropomorfe. Di questo, precisamente, parla la Genesi: se la si legge alla lettera, dice Mauro Biglino, si scopre che quel testo sembra esser stato scritto, non si sa neppure da chi, per raccontare l’origine di un ceppo particolarissimo dei nostri antenati. Per Biglino, il racconto biblico è chiarissimo: sono stati gli Elohim a innestare il loro Dna sugli ominidi che popolavano la Terra. Che poi l’espressione al plurale (”gli Elohim”) venga impropriamente tradotta al singolare con la parola “Dio”, in modo del tutto arbitrario, non è che la conferma di una manipolazione ricorrente, vecchia di millenni.Dall’Eden all’11 Settembre, certo, il salto è vertiginoso: ma in fondo, perché stupirsi delle manipolazioni di oggi, se la deformazione sistematica della narrazione ufficiale risale a oltre duemila anni fa? Biglino cita un padre della Chiesa, il vescovo Eusebio di Cesarea, il quale accredita gli studi del greco Filone di Byblos, che a sua volta riporta le scoperte del fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1200 avanti Cristo: in Egitto, il fenicio avrebbe scoperto le prove (scritte) della primissima manipolazione operata dalla casta sacerdotale egizia, che avrebbe trasformato in divinità metafisiche i personaggi che invece camminavano tra noi, proprio come gli dèi omerici, ai tempi della mitica Età dell’Oro. Si commenta da solo, il coraggio di Mauro Biglino, per dieci anni impegnato in una generosissima maratona infinita, tra centinaia di conferenze in tutta Italia. Unica bussola, la Bibbia: la fedeltà letterale a quel testo, rinuciando a fargli dire cose che non ha mai detto. Niente spiritualità, onniscienza, onnipotenza, eternità: vocaboli assenti, nozioni che nell’Antico Testamento non conosce. Sconvolgente? Sì, certo. Ma utile, oggi più che mai, per irrobustire domande importanti.Biglino – beninteso – non si nega certo la possibilità dell’esistenza del divino: si limita a registrare che nella Bibbia, semplicemente, non ve ne sia traccia. Quelle pagine, semmai, sono affollate di velivoli meccanici, oltre che di stragi efferate e di svariate “divinità” presenti in carne e ossa. Affascinante, se l’Antico Testamento lo si considera alla stregua di una sorta di libro di storia, pieno di echi provenienti da civiltà precedenti e, in molti passi, mutuato – quasi in fotocopia – dai testi dell’epopea sumerica. E’ questo, in fondo, lo sguardo che l’ultimo lavoro in uscita (”La Bibbia nuda”) offre, a chi è pronto ad affrontare un viaggio fatto di suggestioni, scoperte e interrogativi, sapendo mettere da parte per un attimo le proprie convinzioni consolidate. E non è solo un fatto culturale: in un recente saggio che Biglino ha scritto con la professoressa Lorena Forni dell’università Milano Bicocca, si scopre che sull’errata traduzione della Bibbia sono fondati alcuni presupposti-cardine del nostro patrimonio giuridico; il legislatore, cioè, si è basato su verità in apparenza presenti nell’Antico Testamento, ma in realtà smentite dalla corretta traduzione del testo.Nel panorama mondiale del 2021, con un’umanità letteralmente travolta dall’emergenza pandemica (e in parallelo, dalle soluzioni preconfezionate per un futuro non esattamente libero e felice), le pagine de “La Bibbia nuda” – in cui l’opera pluriennale di Biglino viene messa sistematicamente a confronto con gli scenari di oggi – concorrono ad arricchirre l’interessante bibliografia che si va componendo, anno dopo anno, in un periodo che sta vistosamente sfornando trasformazioni epocali, con risvolti anche molto spiazzanti. Risale all’autunno 2019 la storica ammissione della Us Navy: i nostri aerei si imbattono frequentemente in astronavi e dischi volanti. Un’affermazione confermata nella primavera 2020 dal Pentagono, e poi ulteriormente sviluppata dal generale Chaim Eshed, per decenni a capo della sicurezza areospaziale di Israele: da trent’anni, ha detto, noi terrestri collaborariamo stabilmente con entità non terrestri, raggruppate in una sorta di alleanza che chiamiamo Federazione Galattica.Fantascienza? Non più, a quanto pare. Ma in fondo è roba vecchia, dice Mauro Biglino, se sfogliamo pagine come quelle del Libro di Enoch: tra quei versetti non si parla che di decolli e atterraggi. Domanda persino ovvia: e se le pagine di Enoch, Ezechiele (e tante altre) non contenessero che resoconti, ante litteram, di incontri ravvicinatissimi con quelle che poi i sacerdoti avrebbero chiamato divinità? Tutto è possibile, parrebbe, a patto di tenere la mente aperta. Mauro Biglino peraltro non è un ufologo, né un teorico della paleoastronautica. Si mantiene rigorosamente nel perimetro del suo ruolo precipuo, quello di traduttore biblico. Dice: impariamo a rispettarla, la Bibbia, per quello che racconta davvero. E’ sincero, l’Antico Testamento? Non possiamo saperlo. Ma oggi sappiamo – grazie a Biglino, soprattutto – che quell’insieme di libri, ininterrottamente “corretti” fino all’età di Carlomagno, non dice affatto le cose che gli vengono attribuite. Ne afferma altre, e sono interessantissime: vogliamo deciderci a prenderle finalmente in considerazione? Anche perché, per inciso, sulla traduzione teologica della Bibbia (in troppi punti inesatta, quando non falsa) si è basato per secoli, o meglio per millenni, il governo di una parte considerevole del pianeta. Come dire: vietato stupirsi, se un giorno crollano torri e i media si affrettano a veicolare invenzioni e verità di comodo, che poi non reggono alla prova dei fatti.(Il libro: Giorgio Cattaneo, “Mauro Biglino. La Bibbia Nuda”, Tuthi, 342 pagine, 18 euro).E’ perfettamente lecito domandarsi a chi mai possa importare, oggi, della eventuale veridicità del libro più famoso e più diffuso al mondo, la Bibbia. Un testo sacro, per i religiosi. Un insieme di codici simbolici, per gli esoteristi. Una collezione di fiabe, per gli atei. E se invece – al di là di come la si possa pensare, e nel pieno rispetto delle convinzioni di chiunque – quell’insieme di rotoli antichi contenesse indizi sull’origine della nostra possibile, vera storia? Per cercare una risposta, risulta utilissimo il metodo (pratico, lineare) adottato da Mauro Biglino, singolare figura del panorama culturale italiano. Prima, traduttore dell’Antico Testamento per le Edizioni San Paolo, e poi autore di 14 saggi che indagano tra le pieghe del testo biblico, riletto testualmente e senza filtri, teologici o sapienziali. Dopo oltre dieci anni di studi, la domanda resta invariata: e se la Bibbia riflettesse l’eco dell’origine della nostra specie, letteralmente “fabbricata” da individui non umani? E’ proprio questa, l’angolazione che – volendo – consente di passare, in modo verticale, dalla Genesi alla difficilissima attualità del momento presente, in cui l’umanità sembra in balia di forze ostili e smisuratamente potenti.
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Lockdown, medioevo nel 2021: i terrapiattisti del Covid
Uscire dal medioevo: lo chiedeva (in modo “gridato”) un giornalista come Paolo Barnard, co-fondatore di “Report”, almeno dieci anni fa. Nel saggio “Il più grande crimine”, denunciava il carattere neo-feudale dell’élite eurocratica ordoliberista, capace di coniugare neoliberismo economico e autoritarismo politico-sociale nell’adesione fanatica al dogma mercantilista dell’economia “neoclassica”, tra i fantasmi settecenteschi di David Ricardo (prima produco, poi risparmio: senza possibilità di investire a monte, scommettendo sull’economia), come se il denaro fosse ancora un bene materiale e limitato, paragonabile alle materie prime e ai prodotti agricoli come il grano. Al centro della polemica innescata da Barnard campeggiava la grande menzogna sulla “scarsità di moneta”, utilizzata (ormai in tempi di valuta “fiat”, virtualmente illimitata e a costo zero) da un oligopolio privatistico, pronto a imporre l’austerity per ottenere la più grande retrocessione sociale di massa della storia moderna: il debito pubblico come colpa e come handicap, non più interpretato in modo keynesiano come leva strategica destinata a produrre benessere diffuso attraverso investimenti lungimiranti.
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Magaldi: liberi tutti, oppure avremo 10 anni di lockdown
«Chi oggi vorrebbe l’ennesimo lockdown, che è una falsa soluzione, usa il pretesto del Covid per assestare l’ultimo colpo alla nostra libertà: è l’ennesima battaglia, nella lunga guerra scatenata contro la democrazia dagli anni ‘60, a partire dagli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King». Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, è allarmato dalla possibile, nuova stretta anti-Covid. «Il lockdown è una falsa soluzione, ora lo dicono anche gli scienziati, in studi come quelli appena pubblicati sulla rivista “Science”». Un avvertimento che, tanto per cambiare, è stato sottovalutato dai media: «Oltre a non poter estinguere il virus – sottolinea Magaldi – il distanziamento è deleterio: impedisce infatti al nostro organismo di sviluppare i necessari anticorpi». La soluzione? «Semplice: fare esattamente il contrario di quanto si è fatto finora. E cioè: contagiarci tutti, dopo aver messo in sicurezza (isolandoli o vaccinandoli) i soggetti fragili, malati e anziani. Solo così si raggiunge l’immunità di gregge, cioè la soluzione definitiva al problema».