Archivio del Tag ‘Siria’
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Barack Obush, l’America in declino venderà cara la pelle
Che significa e come si è svolta l’oscura uscita di scena di Osama bin Laden? Che fine ha fatto Al-Qa’ida, ed è mai stata come ci hanno raccontato? Chi sta andando al potere in Egitto e altrove, dopo le primavere arabe, e in che modo gli Stati Uniti tentano di controllare la riorganizzazione del potere? Chi sono i cirenaici a sostegno dei quali gli Usa e noialtri abbiamo deciso di far guerra a Gheddafi? Eroici difensori della libertà o i complici di turno dell’impero? Che svolgimento avranno i tesissimi rapporti con Iran e Siria? In che modo la crisi dei Paesi europei più deboli è legata alla guerra euro-dollaro? E che cosa stanno tentando di fare gli Stati Uniti, segretamente o meno, per controbilanciare la rapidissima ascesa cinese?
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Milioni in piazza con Assad, la Siria smentisce i nostri media
Milioni di siriani sono scesi in piazza in tutto il paese, martedì 21 Giugno 2011. La folla era un oceano a Damasco, Aleppo, Homs e Tartus. Questo scenario, nei deboli richiami sui siti dei quotidiani nostrani, si riduce a «migliaia di lealisti». La notizia viene nascosta, ma sarà difficile farlo a lungo. Quale notizia? Che esistono basi di consenso reali per le riforme annunciate dal presidente Bashar al-Assad nel suo discorso all’università di Damasco. Nel registrare questo consenso non parliamo di favoriti del regime che difendono privilegi. Non ha senso ridurre un evento simile a una misura così meschina, quando le strade proprio non ce la fanno a contenere la massa umana.
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Pax petrolifera, Palestina: ora Obama scarica Israele?
Sostegno alle riforme, sfida ai dittatori e partnership economica con Medio Oriente e Nord Africa. E soprattutto: rilancio del negoziato israelo-palestinese. Sono i quattro pilastri della nuova ricetta Obama sui «grandi cambiamenti in atto» grazie alle rivolte arabe. Per la prima volta, un presidente Usa scende in campo personalmente sulla questione più spinosa, la “guerra infinita” tra Israele e Palestina, che ha congelato la regione petrolifera per mezzo secolo. Applausi da Anp ed Europa, mentre il governo Netanyahu rifiuta l’idea di «tornare alle frontiere del 1967» disegnate dall’Onu, e Hamas per ora non si fida dell’America, che giudica «di parte», come in effetti è stata finora. La svolta di Obama però lascia intravedere un cambio d’orizzonte radicale, decisamente spiazzante.
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Sdoganare Al Qaeda: Obama-Osama, convergenza postuma
Obama e Osama d’accordo nel sostenere le rivoluzioni arabe. Il discorso pronunciato dal presidente degli Stati Uniti e il messaggio postumo di Bin Laden, diffuso poche ore prima dalla solita agenzia privata d’intelligence legata al governo Usa (il Site), contengono lo stesso elogio della “primavera araba”. A parte i riferimenti di circostanza ai tradizionali nemici di al Qaeda (gli ebrei e l’Occidente), le parole del defunto sceicco del terrore potrebbero benissimo essere sottoscritte dal presidente Usa. Come si spiega questa inattesa convergenza politica?
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Un tempio riscrive la civiltà: così nacque l’agricoltura
Sì, il paradiso terrestre esisteva. E anche se non c’entrano serpenti e mele l’abbiamo perduto, nel momento in cui abbiamo deciso di rompere il patto con la natura: quando abbiamo cominciato a scannarci per il possesso del nuovo bene primario dell’umanità, la terra coltivata. E’ una rivelazione clamorosa, quella dell’archeologo Klaus Schmidt, che ha scoperto in Turchia un tempio gigantesco, che risale a migliaia di anni prima delle Piramidi. Se fino a ieri si riteneva che, per costruire edifici così grandi e impegnativi, la civiltà fosse già in possesso dell’agricoltura, unico mezzo per mantenere sul posto centinaia o migliaia di operai, Schmidt ribalta il concetto: l’agricoltura è nata proprio per questo, per poter costruire quell’edificio religioso.
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Riciclare Al Qaeda per fermare la Primavera Araba
Osama Bin Laden è morto ufficialmente il 1° maggio 2011 perché non poteva compiere, alla svelta, il terzo voltafaccia della sua impetuosa carriera: prima uomo Cia in Afghanistan contro l’Urss, poi leader antiamericano. Ora i suoi sauditi servono nuovamente, come ai vecchi tempi, dalla parte dell’America: in Libia per eliminare Gheddafi e mettere le mani sul petrolio, in Egitto per annullare la rivoluzione democratica di piazza Tahrir e in Siria, per demolire Bashar Assad che non rompe con l’Iran, non fa la pace con Israele e non abbandona i palestinesi al loro destino. L’improvviso accordo tra Hamas e Abu Mazen, che ha spiazzato Tel Aviv? E’ la risposta dei palestinesi contro chi vorrebbe trasformare Assad in un dittatore, dopo aver infiltrato anche l’esercito siriano di cecchini che sparano sulla folla.
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Fiction Bin Laden, Cheney: era estraneo all’11 Settembre
Osama Bin Laden? Mai avuto a che fare con l’11 Settembre. Chi lo dice, i soliti “complottisti”? Ma no, gli americani: per la precisione l’ex vicepresidente Dick Cheney, un super-falco. Possibile? Eccome: l’intervista, radiofonica, è del 29 marzo 2006. Ergo: questa sanguinosa saga durata dieci anni e conclusasi con l’oscuro blitz in Pakistan era tutta una favola? «Ammettiamolo: la democrazia campa di verità costruite, e questa verità è tutta qua: in una costruzione», dice Pierangelo Buttafuoco a “Matrix” il 5 maggio. «Qui c’è una verità costruita su una menzogna, o una menzogna costruita su una verità: è un paradosso, costruito sulla pelle delle persone. Guerre vere, con giochi pericolosissimi, sulla pelle di gente che non c’entrava niente. La cosa da evitare è ridurre a caricatura chi si pone delle domande».
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Capitan America e gli OsamaLeaks: pronti alla Guerra 2.0
A parte gli “asini che volano”, finiti subito nel radar di Giulietto Chiesa, quello che più colpisce nella “fiction” andata in scena in Pakistan, dove «stavolta gli sceneggiatori della Cia hanno davvero esagerato con le loro fantasiose teorie della cospirazione» è l’enfasi con cui i media “mainstream” parlano della «miniera d’oro» ritrovata in casa Osama. Ebbene sì, perché «l’inafferrabile primula rossa del terrorismo islamico» non solo abitava da anni stabilmente nello stesso luogo, in barba alle più elementari regole di qualunque fuggiasco (e senza nessun serio dispositivo di difesa), ma «addirittura deteneva tranquillamente con sé, a disposizione, i computer con le memorie e centinaia di dischetti contenenti tutti i segreti, ma proprio tutti tutti, della sua fantomatica organizzazione. Ops, sono caduti in mano al nemico, che sfortuna!».
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Libia, rischiamo una guerra mondiale con Cina e Russia
Attenti: stiamo giocando col fuoco. Che ci fa la Nato in Africa? Qualcuno crede davvero che l’Occidente spenda tutti quei soldi in bombe e portaerei perché è interessato alla libertà dei popoli oppressi, come quello libico? E perché allora non interviene anche in Bahrein o in Arabia Saudita, dove dominano regimi altrettanto dispotici? La posta in gioco è il petrolio? Non solo. L’aspetto più pericoloso è un altro: attaccando Libia e Siria, gli Usa in declino, che tra cinque anni saranno sorpassati dall’economia cinese, stanno cercando di sfrattare dal Mediterraneo la Cina e la Russia. Rischiamo seriamente un’escalation anche nucleare, che può portare alla Terza Guerra Mondiale. A dirlo non è Wikileaks, ma il professor Paul Craig Roberts, già braccio destro di Ronald Reagan.
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L’Italia bombarda Gheddafi e la Siria scruta la crisi libica
Anche l’Italia entra ufficialmente in guerra con la Libia di Gheddafi: d’ora in poi i caccia tricolori spareranno missili, per stroncare la resistenza militare del Colonnello. E’ stato Barack Obama a ottenere l’ok di Berlusconi, che ora dovrà vedersela con le barricate già annunciate dalla Lega, contraria all’intervento armato diretto, dopo la concessione delle basi e i sorvoli ricognitivi dei caccia in funzione anti-radar. Sotto il comando unificato della Nato, peraltro richiesto proprio dall’Italia, ora le artiglierie di Gheddafi saranno colpite da cacciabombardieri come i Tornado e gli Amx, specializzati nell’attacco a terra. Non solo: le forze italiane sono considerate strategiche per “illuminare” gli obiettivi dei missili Nato.
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Strage in Siria, Assad nel panico fa sparare sulla protesta
Anche la Siria è in fiamme: almeno 100 morti sono il tragico bilancio della protesta del “venerdì santo”, soffocata dalla feroce repressione scatenata il 22 aprile che ha suscitato le proteste di Usa e Onu. Libertà e democrazia, elezioni, via la censura e la legge marziale che schiaccia il paese da decenni. Risposte: prima promesse vane e ora pallottole, con l’esercito in campo a sparare sulla folla inferocita, nel paese-chiave del Medio Oriente, in bilico fra Turchia e Iran e in attrito permanente con Israele. Il presidente Bashar Assad non sa rispondere alla protesta con validi argomenti e ricorre alla violenza più brutale, prenotando probabilmente il suo suicidio politico, in un autentico bagno di sangue.
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Sangue in Siria, Assad si rassegni e conceda la libertà
«La libertà costa cara. Voi europei sapete bene quanto avete pagato per conquistarla in Italia, in Francia, e altri in America e in Giappone. Beh, adesso tocca a noi siriani. Come voi, dobbiamo lottare. S’è sparso sangue nel Paese, e altro ne scorrerà. Però, non c’è altra scelta». Così parla l’anziano avvocato Haythem al-Maleh, 80 anni, in libertà dopo un anno e mezzo di prigione. Già magistrato, negli anni ’50 e ’60 «quando la magistratura siriana era forte e indipendente», al-Maleh è un dissidente storico: il padre dei diritti civili in Siria, un paese nel quale i dissidenti sono stati incarcerati e decine di migliaia, torturati e uccisi. Un paese ora in fiamme, che non crede più alle promesse del giovane presidente Bashar Assad.