Archivio del Tag ‘sionismo’
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Aspettando i missili intelligenti, da Damasco alla val Susa
L’ultimo giorno del mese di agosto del 2013 ci sveglia con un’impressione che sa già di settembre. L’aria è tersa e il cielo blu come solo in certe giornate di vento forte, ma si avverte appena un po’ di brezza. Una lunga nuvola, bianca, si solleva dai pascoli più alti e verticali a far da collana alle cime del Massiccio d’Ambin, prologo delle Alpi francesi. Ma se si abbassa lo sguardo al piano stradale sembrerebbe piena estate: molte saracinesche ancora abbassate, qualche turista mattiniero sorseggia lentamente un cappuccino per portarsi oltralpe l’aroma del caffé italiano… Alle nostre latitudini fa così tutti gli anni: i primi temporali si sono portati via il “caldo africano” (un’ondata che quest’anno è stata breve ma particolarmente intensa). Ma l’Africa incombe. Il suo nord tumultuoso, la tormentata terra di tutti e di nessuno che una volta chiamavamo medio oriente ribolle di giovani che danno vita a primavere ormai ricorrenti anche se i vecchi tentano di congelarli in un inverno arido come il deserto che li circonda. Un inverno innaturale, ardente, e le cui fiamme paiono divampare per un turno stabilito dal dio dei piromani, mandando in cenere – una dopo l’altra – le culle della civiltà euromediterranea. Oggi tocca alla Siria.
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Meyssan: ma gli occidentali sono pronti a colpire Damasco?
Chi ha usato le armi chimiche alla periferia di Damasco il 21 agosto 2013? Riuniti in emergenza all’Onu su richiesta degli occidentali, racconta il giornalista francese Thierry Meyssan, gli ambasciatori sono rimasti sorpresi nel vedere il loro collega russo presentar loro delle foto satellitari che mostrano il tiro di due obici alle ore 01:35 del mattino, dalla zona ribelle di Duma verso le zone ribelli colpite dai gas, cioè Jobar e l’area compresa tra Arbin e Zamalka, in orari coincidenti con la strage. Le foto, aggiunge Meyssan, non ci consentono di sapere se quei cannoni fossero stati dotati di proiettili chimici, ma lasciano pensare che la “Brigata dell’Islam” che occupa Duma abbia preso ben tre piccioni con una fava: rimuovere il sostegno dei suoi rivali in seno all’opposizione, far accusare la Siria di aver fatto ricorso alle armi chimiche e interrompere l’offensiva dell’esercito siriano volta a liberare la capitale.
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Farmaci inutili e business, il lato oscuro della Montalcini
Prima donna ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze, esponente dei Lincei, senatrice a vita dal 2001 «per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale». E naturalmente, Premio Nobel per la Medicina nel 1986, per la scoperta del fattore di accrescimento della fibra nervosa. Icona nazionale, Rita Levi Montalcini, spentasi il 30 dicembre 2012 all’età di 103 anni, fu anche il massimo sponsor di un farmaco rivelatosi disastroso, il Cronassial. Atea, perseguitata per le origini ebraiche, convinta filo-sionista. E trasformata in gloria nazionale, meritevole dello scranno parlamentare a vita, dal presidente Ciampi, l’uomo che più di ogni altro contribuì all’infausto ingresso dell’Italia nell’Eurozona. Al lutto unanime per la perdita dell’insigne neurologa si segnala la massoneria, che raccomanda di sostenere finanziariamente la Fondazione Montalcini, mentre nel web si cerca di scavare nel “lato oscuro” della Montalcini: i suoi legami con il business farmaceutico.
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Ceronetti con la Decrescita: e si scordino il Tav in val Susa
«Dove tutto è visto come puramente relativo e dissacrabile, ha senso assolutizzare il Pil, le cifre aziendali, le pensioni, le tasse, i conti della spesa, la Crescita di merci che non portano per niente a diminuzioni di infelicità o a più ricchezza nei rapporti umani? Emendate il linguaggio e avrete trovato una chiave. Liberate la mente da una formica di falso e vi toglierete dallo stomaco il peso di un elefante». Sembra di sentire Guido Ceronetti, solitario intellettuale tragicista. E infatti è proprio Guido Ceronetti: sono parole raccomandate ai lettori d’agosto della “Stampa”. Titolo: decrescita felice e socialismo utopistico. Visione: nell’idea della decrescita vivono «le grandi ombre premarxiane dei Thoreau, dei Fourier, dei Saint-Simon, dei Gandhi, della società fabiana, dei Malthus, dei Tolstoij, che tuttora indicano altri cammini, altre vie».
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Temono solo una cosa: perdere il monopolio dell’economia
L’economia mi annoia, è un peso sullo stomaco, è grigia, è persino squallida in talune istanze. Ma oggi mi occupo solo di quella, come un forsennato. Ecco perché. Io sono un uomo che fu segnato da un destino: non essere indifferente all’ingiustizia, alla crudeltà, alla sofferenza che entrambe generano. A poco più di vent’anni partii per la mia guerra al male. E fin lì tutto era ok. Oggi ho 54 anni. Per quasi un quarto di secolo la mia guerra fu tutta sbagliata. Non per colpa mia. E’ un fatto istintivo che quando ci si schiera dalla parte del bene si è buoni, e si fanno le cose buone, belle. Cioè, amare, soccorrere, indignarsi, darsi agli altri, esaltare la compassione, incitare la solidarietà, e mischiarsi ai tuoi simili buoni e belli, le “belle anime”.
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Chomsky: pericolo-Israele, gli americani lo scopriranno
Ci sarebbe solo da vestirsi in giacca e cravatta e andare alle sedi delle grandi imprese, General Electric, JP Morgan Chase, alla Camera di Commercio, al “Wall Street Journal”, e spiegare gentilmente che la politica statunitense in Medio Oriente – il rapporto con Israele – è contraria ai loro interessi. Non è un segreto che il capitale privato ha una enorme influenza sulla politica del governo. Quindi se la “lobby” impone agli Stati Uniti delle politiche che sono contrarie agli interessi di questa gente che dirige effettivamente il paese, dovremmo essere in grado di convincerli. La lobby israeliana potrebbe essere neutralizzata in cinque secondi. Dobbiamo anche domandarci: perché coloro che ideano e decidono la politica del governo statunitense accettano qualcosa che è contrario ai loro interessi?
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Arafat assassinato col polonio, il super-veleno degli 007
Avvelenato col polonio-210: Yasser Arafat, storico padre della causa palestinese, sarebbe morto in seguito ad avvelenamento progressivo causato dal raro metalloide altamente radioattivo, talvolta utilizzato dai servizi segreti per eliminare nemici senza lasciare tracce visibili. La presenza del polonio è stata invece riscontrata oggi, quasi otto anni dopo la sua strana morte, sugli effetti personali di Arafat: lo spazzolino da denti, gli indumenti e l’inseparabile kefiah. A dare la notizia, il portavoce dell’Istituto Svizzero di Radiofisica di Losanna. Rivelazione subito ripresa da “Al Jazeera”, in un dossier che riapre il giallo sull’improvvisa scomparsa del leader palestinese, l’11 novembre 2004 in un ospedale parigino, in seguito ad una malattia repentina e misteriosa.
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Vik, vincitore anche da morto: non ho mai smesso di sognare
«Non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera, semmai voglio essere ricordato per i miei sogni. Dovessi morire, tra cento anni, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto ciò che diceva Nelson Mandela: un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare. Vittorio Arrigoni, un vincitore». Vittorio si accompagnava con docilità alla grandezza reale dei suoi sogni, ma alludeva inevitabilmente alla nera ombra che si abbinava al suo raro coraggio fisico, un’ombra che lo ha raggiunto prima di quei cent’anni, proprio un anno fa. Un anno dopo la morte di Vittorio Arrigoni siamo interrogati in profondità dal “vincitore”, anche quando scontiamo la sconfitta profanatrice che ha spezzato la sua vita.
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Israele, Golia travestito da Davide: la finta pace sia con voi
Scrivo mentre la Assemblea dell’Onu discute il riconoscimento formale dello Stato Palestinese. Sarà un grande ed inedito passo avanti verso il soddisfacimento dei diritti di quel popolo, conculcati vilmente, cinicamente, dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè dai grandi e cinici padroni del mondo, per sessanta interminabili anni. Ma io guardo la cartina geografica e vedo come stanno le cose oggi. Vedo cos’era la Palestina nel 1946, cosa ne fu nel 1947, cosa ne restò nel 1967. E vedo adesso un puzzle di micro territori staccati gli uni dagli altri, un quinto, un decimo, forse meno, di quel territorio originario, fatto di misere nicchie isolate, impoverite, senz’acqua, senza diritti, vessate, martoriate.
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Israele, scuola di odio: oggi bimbi, domani killer in uniforme
Palestinesi? No, meglio: arabi. A meno che non ci sia di mezzo l’argomento principe: il terrorismo. Allora, come d’incanto, gli “arabi” che vivono tra Betlemme e Gaza diventano, magicamente, “palestinesi”. Per il resto, rimangono semplicemente “arabi”, magari a dorso di cammello, vestiti come Ali Babà. «Spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello Stato, che non vuole progredire». E’ quello che raccontano i libri di testo israeliani, che a partire dalla scuola elementare preparano i futuri soldati di leva a prendere a fucilate gli “arabi” dei Territori Occupati e magari qualche scomodo attivista loro amico, come l’americana Rachel Corrie o l’italiano Vittorio Arrigoni. Un’indecenza, alla quale ora si ribella una docente universitaria israeliana, Nurit Peled-Elhanan.
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Pulizia etnica a Gaza: pastori massacrati a cannonate
Ieri nell’obitorio di Beit Hanoun, dinnanzi a me mutilato, stava disteso il vero volto dei negoziati di pace. Nelle celle frigorifero spalancate, i veri frutti dei colloqui voluti da Benjamin Netanyahu, la pratica della pace israeliana che mentre in gessato scuro con una mano ingessata dà pacche sulle spalle ai pupazzi di Ramallah, con l’altra armeggia il tritacarne di un’occupazione mai disinnescata. I volti delle ultime vittime civili palestinesi presentano le scarnificazioni del rituale dello Shalom come è inteso da Netanyahu, e prima di lui da Olmert, da Sharon, da Perez, da Rabin, da Golda Meir fino a Ben Gurion, e ancora prima negli spregevoli piani prospettati a fine ottocento da Theodor Herzl.
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Vaccinarsi, con Primo Levi, dal cancro del negazionismo
Chiedere perdono agli ebrei? Impossibile. Sono arroganti, tracotanti, bugiardi. Pretendono che il mondo chieda loro scusa, all’infinito, per i crimini della Shoah, sicuramente una persecuzione risalente a settant’anni fa, ma non certo un genocidio: non ci sono prove che siano state sterminate sei milioni di persone, men che meno nelle camere a gas. Fantasie, invenzioni. Leggende. E’ la tesi che un ricercatore dell’università La Sapienza di Roma espone ora sui numerosi blog di cui è curatore. L’ennesimo scandalo del delirio negazionista.