Archivio del Tag ‘sinistra’
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Luca, la resistenza della val Susa e l’uomo della Tienanmen
C’è un ragazzo inerme, in bilico su un traliccio, tallonato da un agente-rocciatore. E c’è un cinese, altrettanto inerme, con in mano un sacchetto e una giacca, che sbarra la strada a un carro armato. Il mezzo corazzato si sposta per evitarlo, ma il cinese lo anticipa scartando di lato e torna a sistemarsi davanti ai cingoli. Se il cinese usa il proprio corpo per comunicare coi soldati a bordo del primo tank che apre la colonna diretta a piazza Tienanmen, il ragazzo sul traliccio – con altrettanto coraggio – utilizza anche le parole per dialogare con i suoi inseguitori, li avverte: attenti, se mi incalzate fin quassù toccherò i cavi della linea elettrica. Pochi istanti dopo, quando precipita a terra fulminato, un poliziotto si porta d’istinto le mani alla testa, in un riflesso umano di angoscia. Il poliziotto indossa il casco blu del suo reparto antisommossa; il governo l’ha spedito ad occupare altri prati da recintare, in un posto in mezzo alle montagne in cui si racconta che forse, un giorno, potrebbe aprirsi un cantiere.
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Anche l’Italia tra gli sconfitti della guerra contro Gheddafi
Gheddafi voleva una moneta unica africana, sostenuta dai proventi del petrolio, per uno sviluppo autonomo dell’Africa, capace di sganciare il continente nero dal controllo dell’Occidente: scommessa stroncata sul nascere, con la guerra. Un golpe, travestito da rivoluzione: non che i libici fossero felici di subire la spietata dittatura di Gheddafi, ma i leader della “nuova Libia” – tutti quanti: Jalil, Jibril, Younis – erano i più stretti collaboratori del “macellaio di Tripoli”. Qualcuno lo aveva capito fin dall’inizio: mentre le folle di Tunisi e del Cairo avevano assediato i palazzi del potere, il 17 febbraio 2011 erano stati gruppi armati ad attaccare posti di polizia e sedi governative a Bengasi. Operazione celebrata dai media come “lotta di liberazione”, in realtà pianificata da Parigi e Londra con l’appoggio di Washington, e totalmente subita da Roma: Berlusconi quella guerra non la voleva, e nel deserto libico l’Italia ha perso una quota molto rilevante della propria sovranità energetica.
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Revelli: naufragio Italia, la sinistra ha abbandonato la nave
Torna un antico fantasma: la povertà. Uno spettro, quello della morte per fame, che la civiltà occidentale si era illusa di aver archiviato per sempre. Ora torna ad affacciarsi, sotto forma di paura, precarietà, indigenza. L’Italia è in piena decadenza, la povertà è in continua crescita e gli italiani sono disorientati: nonostante il vergognoso arricchimento di pochi, i penultimi se la prendono con gli ultimi, mentre la politica ha toccato il fondo e ora si rassegna all’azione dei “tecnici”. Fanno venire i brividi le cifre sciorinate da Marco Revelli nel suo ultimo libro “Poveri, noi”: «Siamo cambiati nell’ultimo quarto di secolo, ci siamo guardati allo specchio e non ci siamo riconosciuti più: un paese, il nostro, sfigurato dal rancore, dall’ostilità reciproca, dalle solitudini, dalla frustrazione, dall’invidia sociale».
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Il movimento dei forconi: il Sud è il bancomat d’Italia
Li ho incontrati alla scuola di politica di Filaga sui monti Sicani. Mi dissero: siamo alla disperazione, pronti alle armi, ci manca solo un leader. Ed io risposi: guardate che non ho fatto neanche il militare! Non rivogliono il Regno delle due Sicilie ma sono stanchi di essere depredati e di recitare il ruolo di “Bancomat d’Italia”. In Sicilia il Movimento dei Forconi blocca la regione. I giornali ignorano il fatto. E c’è chi ipotizza strani legami politici dietro queste proteste. Ogni volta che il Sud protesta, e vi assicuro che ha tonnellate di ragioni per farlo, si trova sempre qualche motivo per infamare le ragioni della protesta. Io a questo movimento ho dedicato un capitolo del mio ultimo libro “Giù al sud”, quando non ne parlava nessuno.
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Caduto il Muro, addio Italia: un declino che viene da lontano
L’inizio del declino italiano ha una data esatta ed è il 26 dicembre 1991. Quel giorno si sciolse ufficialmente l’Unione sovietica e finì la guerra fredda. E con la guerra fredda finì anche quella che potremmo chiamare l’eccezione italiana. Perché per 35 anni l’Italia era stata la frontiera geografica e politica dell’impero occidentale. Frontiera geografica (orientale) perché il blocco sovietico cominciava proprio sull’altra riva dell’Adriatico. Frontiera politica perché il Pci era il più forte partito comunista dell’Occidente. Quindi tutto fu messo in opera (e tutto fu consentito) perché l’Italia americana fosse una “success story”. Da qui il miracolo economico, da qui la straordinaria stabilità politica di un regime sostanzialmente monopartitico (i gabinetti cadevano sì uno dopo l’altro, ma a rotazione le poltrone erano occupate sempre dagli stessi).
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Salvare il pianeta? Prima, salviamo il genere umano
È più facile rimettere in discussione i nostri sistemi di consumo piuttosto che quelli di produzione? Se nessuno più ignora l’ampiezza della crisi ambientale che l’umanità sta affrontando, la crisi di civiltà a cui questa si accompagna rimane poco conosciuta. Non si può tuttavia uscire dall’impotenza se non la si diagnostica e non se ne misura l’effettiva gravità. Il pianeta Terra, modo di dire per designare il nostro habitat naturale, peggiora a vista d’occhio, ne siamo largamente consapevoli e non c’è formazione politica che non includa, almeno nei suoi discorsi, la causa ecologica. Il pianeta Uomo, modo di dire per designare il genere umano, peggiora in maniera altrettanto allarmante, ma non si è consapevoli del livello di gravità raggiunto e non c’è formazione politica in grado non foss’altro di attribuire alla causa antropologica un’importanza pari a quella ecologica.
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Eluana e acqua pubblica: il no del Pd, nuovo centrodestra
Questo 2011 si chiude con l’ennesima conferma di quello che un po’ tutti pensano, magari anche di nascosto da se stessi. Il Pd è sì un grande partito, è sì moderno, ma soprattutto non è più di sinistra (sempre se mai lo fosse stato). Lasciando perdere per un attimo l’appoggio al governo di Mario Monti (che non è poco, ma è argomento ormai inflazionato), siccome sono le “piccole” cose che spiegano ben più delle grandi analisi, basta andarsi a rivedere quanto succede nel tanto decantato “Pd dei territori”. In Friuli Venezia Giulia il partito di Bersani vota con Pdl, Udc, Fli (che poi cosa c’è da stupirsi? Governano già insieme l’Italia…) e anche con la cattivissima e anti-nazionale Lega Nord un ordine del giorno presentato dai cattolici di Casini che vietano alla regione di finanziare il film di Marco Bellocchio su Eluana Englaro.
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Addio Giorgio Bocca, l’ultimo partigiano della verità
«Io sono l’ultimo», grida il ribelle di Auschwitz. Ha già al collo la corda del boia nazista, e le sue parole dilagano nel deserto raggelato del terrore sulla Appelplatz, davanti ai prigionieri schierati per lo spettacolo, con la testa china e piena di vergogna per il coraggio solitario e irraggiungibile di quell’oscuro individuo senza nome che aveva osato sfidare la legge infernale del lager. E’ una delle pagine memorabili del diario universale di Primo Levi dal campo di sterminio. “Sì, questo era un uomo”, scrisse Giorgio Bocca in un altrettanto memorabile articolo di fondo, su “Repubblica”, per prendere commiato dal grande scrittore torinese: stesso nitore spietato, stessa fermezza. Una lucidità titanica, più forte dell’emozione, coltivata giorno per giorno da una sorta di religione laica, in nome di un umanesimo irriducibile.
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Preve: intellettuali e rinnegati di sinistra, feccia di venduti
Domenica 4 dicembre, gli italiani hanno assistito in diretta televisiva «alla somatizzazione della crisi capitalistica» sotto forma di pianto: quello di Elsa Fornero, membro della giunta tecnocratica di Mario Monti. Lacrime di coccodrillo? Senz’altro, se sgorgano nel momento supremo in cui il “governo tecnico” spiega quanto e come abbatterà la sua scure sul totem sociale delle pensioni. Eppure, il filosofo Costanzo Preve valuta positivamente lo sfogo della neo-ministra: «Monti e Draghi, serpenti british senz’anima, non lo avrebbero fatto mai». Insomma, «forse non tutto è ancora perduto», dice Preve, «se il complesso di colpa si intrufola nel gruppo sociale più osceno della storia umana». Lacrime o meno, il pericolo sono proprio loro: gli intellettuali che, per il pensatore comunitarista, hanno “tradito il popolo” nel modo più subdolo.
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Macché Rigor Montis: ripudiamo l’euro e quest’Europa
E’ la sindrome del cammello, che un cattivo padrone carica ogni volta di pesi a malapena sopportabili: benzina, tasse, balzelli. Pretesto: risanare il fardello che ci trasciniamo, 1.900 miliardi di debito. «Una corsa folle – protesta Pino Cabras – che non può essere risolta con le soluzioni imposte dalla tecnocrazia europea subalterna a Wall Street». Una parte della sinistra si è accodata, senza batter ciglio, alla ricetta di Mario Monti, «questo tecnico che agirebbe per regole oggettive», quasi fosse super-partes e devoto a leggi naturali, fisiologiche, che non possono essere messe in discussione. L’alternativa? Non esiste, alzano le spalle intellettuali come Massimo Cacciari: le regole son queste, rassegnamoci e lasciamo fare ai “tecnici”.
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Berlusmonti e il Pd: lacrime gratis, sangue a pagamento
Finalmente conosciamo la terapia, la condanna e il tipo di morte certificata dal governo tecnico del sig. Monti Mario che doveva essere la discontinuità, mentre, al contrario, toglie la maschera di quello che è: il governo “Berlusmonti”. Una sola sintesi: se Berlusconi dice: «Monti ci ascolta» e lo appoggia solo con la fiducia, è segno che questo governo è la protesi meccanica (governo tecnico) di Berlusconi che continua a manovrare da dietro e davanti le quinte. Tutte le misure, all’80% e passa, sono tasse sui redditi (si fa per ridere!) bassi e medio-bassi. Il resto sono pennellate di vasellina per mettere a tacere il genio del Pd che si è impiccato da solo nella casa del boia, portando la corda. Logico, per senso di responsabilità.
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Perché il maxi-spreco Tav? Chiedetelo alle banche francesi
Paolo Flores D’Arcais, pur senza manifestare un particolare entusiasmo, ha salutato nel governo Monti l’epifania di una destra finalmente “presentabile” e “civile”. Uno che è stato pronto a credere che la Nato potesse andare in soccorso di una vera ribellione popolare, è disposto anche a credere che possa esistere una destra presentabile e civile. A riguardo della sinistra si potrebbe sempre dire ciò che Nietzsche diceva a proposito di Dio, e cioè che almeno ha la scusante di non esistere; dato che ciò che viene definito come “sinistra” non è altro che una nicchia di parcheggio per personale politico che attende l’opportunità di collocarsi a destra.