Archivio del Tag ‘sindacati’
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Spread, Isis, Covid: se la guerra russa mette fine alla farsa
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli Usa – risalente ai tempi dei Bush: non era affatto previsto (anzi: era solennemente vitetato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici, alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina. Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata: in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria. La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan; la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca, fiero avversario della narrazione “pandemica”. Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello: mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti. Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev, mentre i tagliagole dello Stato Islamico terrorizzavano la popolazione siriana.Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni: dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan, facendo volare lo jihaidsmo, gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia, e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani. Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama. Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso: la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi. Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia. E’ lo stesso potere che – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid, denunciandone il carattere golpista e corruttivo. Lo stesso Putin si è distinto anche nello smascherare la distorsione politica messa in piedi, sempre sulla base di menzogne, per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario, se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.Probabilmente mai, negli ultimi cent’anni, si era scesi così in basso: l’impero marittimo euro-atlantico, mercantilista e bellicista dietro il paravento della democrazia e della libertà (in casa propria), dopo le atomiche sui civili di Hiroshima e Nagasaki deve ancora scontare l’infame, sanguinosa menzogna dell’11 Settembre, e oggi parla attraverso l’ometto finito alla Casa Bianca nel 2020 in mezzo al colossale imbroglio del voto postale e dei software di Dominion. E’ esattamente il potere che ha trasformato la Cina nel paese-mostro della tessera a punti che misura la buona condotta del suddito, il potere che – d’intesa coi cinesi – ha trasformato un ipotetico virus (mai isolato biologicamente) in una micidiale arma di distruzione di massa: distruzione sociale, politica, economica, psicologica. E’ il potere che ieri usava lo spread e oggi il Tso, i lockdown, i coprifuoco, il Green Pass. Il potere che finge di idolatrare Greta, per imporre la sua legge possibilmente con le buone, ma – nel caso, come si è visto – anche con le cattive. Ora, in modo drammatico, le cannonate russe sembrano interropere questa farsa mondiale, fondata sull’ipnosi. Nessuno azzarda previsioni precise, sugli eventuali sviluppi dell’improvviso cambio di copione. La sensazione, però, è che un’intera epoca stia letteralmente per crollare, in modo pericoloso e inevitabilmente rovinoso.(Giorgio Cattaneo, 26 febbraio 2022).«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
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Paura e dominio: la malattia perfetta, che non finisce mai
La malattia perfetta. Quella che non si sa come sia nata, come si affronti, come si curi. La malattia che si associa a mille altre malattie. Che può esser causa di tutti i possibili sintomi. Che non finisce mai, che produce conseguenze a ripetizione, che lascia uno strascico infinito. La malattia molto contagiosa, assolutamente insidiosa, che puoi avere anche senza saperlo. Che solo il sistema ha modo di diagnosticare. Che solo con un approccio preventivo, ufficiale, indefinitamente reiterato e standardizzato, nei confronti del quale è pretesa un’adesione acritica e una fede cieca, può essere affrontata. Che solo un cocktail di norme rigide, confuse, mutevoli e contraddittorie può regolamentare. Una malattia burocratica, la cui gestione è sottratta ai medici e affidata agli archivi elettronici. Che non riceve assistenza dagli ambulatori ma dai call center. Che va trattata con questionari e con quesiti a cui rispondere a distanza, e non con auscultazioni e visite specialistiche.Una malattia che paralizza e disattiva il sistema sanitario pubblico a vantaggio delle grandi catene di cliniche private. Una malattia che crea isolamento e divisione, diffidenza e disprezzo. Una malattia che serve a imporre restrizioni e sottomissioni. Che produce discriminazione e sottrazione sistematica di ogni diritto e di ogni libertà personale. Che impone il potere di polizia, la criminalizzazione del dissenso, la delazione e il tradimento. Che richiede lo stato di emergenza, l’uomo forte al comando, la sospensione delle norme costituzionali. Che comporta l’allontanamento sociale dei dissidenti, il disprezzo pubblico verso i dubbiosi, la perdita del lavoro per chi non si allinea. La malattia che distrugge le piccole realtà imprenditoriali consegnando il loro giro d’affari, frutto del lavoro di decenni o addirittura di secoli, a gigantesche multinazionali nate ieri e già in cima all’economia mondiale. Che produce quantità industriali di disoccupati assicurando risparmi stellari al sistema pensionistico statale e accelerando vertiginosamente quel processo di automazione produttiva che porterà, quanto prima, alla piena sostituzione della macchina all’uomo.Macchine che obbediscono senza chiedere. Che non necessitano di illuminazione, riscaldamento, assicurazioni sugli infortuni, tutele sindacali, contratti, stipendi. Macchine che eseguono senza dissentire. Senza scioperare mai. Una malattia che sbatte fuori dalle scuole gli insegnanti più critici, che forma i giovani alla sudditanza e alla paura. Quella paura sulla base della quale ogni popolo può esser dominato e asservito al potere. Quella paura della morte che soltanto una malattia perfetta come questa può risvegliare e mantener costante in ogni singolo attimo della giornata. La malattia perfetta. Quella che non inizia e non finisce. La malattia che scava una profonda e fredda tomba, una volta per tutte, nell’esistenza vuota di chi ha ucciso per sempre, dietro ai suoi occhi ciechi, ogni attitudine al Pensiero.(Pietro Ratto, “La malattia perfetta”, dalla pagina Facebook di Ratto, “Bosco Ceduo”, 21 febbraio 2022).La malattia perfetta. Quella che non si sa come sia nata, come si affronti, come si curi. La malattia che si associa a mille altre malattie. Che può esser causa di tutti i possibili sintomi. Che non finisce mai, che produce conseguenze a ripetizione, che lascia uno strascico infinito. La malattia molto contagiosa, assolutamente insidiosa, che puoi avere anche senza saperlo. Che solo il sistema ha modo di diagnosticare. Che solo con un approccio preventivo, ufficiale, indefinitamente reiterato e standardizzato, nei confronti del quale è pretesa un’adesione acritica e una fede cieca, può essere affrontata. Che solo un cocktail di norme rigide, confuse, mutevoli e contraddittorie può regolamentare. Una malattia burocratica, la cui gestione è sottratta ai medici e affidata agli archivi elettronici. Che non riceve assistenza dagli ambulatori ma dai call center. Che va trattata con questionari e con quesiti a cui rispondere a distanza, e non con auscultazioni e visite specialistiche.
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Sciopero della fame: il governo ci ha dichiarato guerra
Perché questo sciopero della fame? E’ lo Stato che ci condanna alla fame: siamo in 40 mila, attualmente, ad essere privati dell’intero stipendio, e tra pochi giorni forse anche di più. Chi commette colpe gravi, di lesione agli altri, viene sospeso con metà stipendio e mantiene assegno familiare per gli alimenti. A noi invece tolgono tutto, non ci restano neppure gli assegni familiari o indennità per alimenti. Ci vogliono prendere per fame. Lo sciopero della fame è questo: mostrare che lo Stato ci sta affamando. E’ una risposta nonviolenta alla deriva di uno Stato sempre più totalitario, che si sta appropriando del corpo dei cittadini. Prima di essere sospeso, facevo il tampone ogni due giorni; eppure vengo accusato di mettere a rischio la salute pubblica. Cosa rispondo? Che appunto non esiste alcuna logica sanitaria in questo provvedimento. E’ chiaro che si tratta di una misura punitiva riservata a dei dissidenti politici.Dobbiamo finalmente comprendere che ciò che più mette a rischio la salute di tutti noi, è la distruzione dello Stato di diritto. La storia ci racconta come nascono i totalitarismi: durante le emergenze, soprattutto se queste durano a lungo, le persone vengono private delle loro libertà fondamentali, umiliate, ricattate, annichilite nella loro dignità. La storia ci racconta che il virus dell’odio è il più grande pericolo per il benessere psicofisico di ogni comunità. Non mi sono mai considerato un professore, ma uno studente anziano che continua a guidare gli studenti più giovani: io non insegno, ma imparo insieme ai ragazzi, che sono compagni di viaggio. Come negli anni abbiamo insieme appreso storia e filosofia, così ho discusso con loro questa mia scelta. Ho spiegato che avevo bisogno di disobbedire ad un ordine ingiusto, per poter continuare ad essere libero di pensare, libero di dubitare, libero di proseguire la mia ricerca scientifica.I ragazzi mi hanno risposto con una grande comprensione. Ma la risposta più vera e profonda si vedrà negli anni. Ognuno semina qualcosa nell’animo altrui. Mi chiedo invece quali frutti nasceranno dai seminatori di odio. Perché questo tracollo della sinistra, ossessionata dal mito della sicurezza e dell’obbedienza, un tempo parole chiave della destra? Prima di essere “di sinistra” o “di destra”, occorre essere “umani”. Provare umanità, compassione, comprensione. Mettere al centro la dignità dell’uomo e della donna, prima di ogni ideologia. Senza questa comprensione il tracollo è inevitabile. Le idee sono lo strumento, ma l’obiettivo è l’essere umano. Purtroppo, spesso, nella storia, per seguire l’ideologia, si è perso di vista l’essere umano. Così è successo anche questa volta, e così siamo caduti in una guerra contro una minoranza di cittadini inermi.Sto ricevendo tantissimi messaggi di sostegno, da tutta Italia e anche da fuori Italia: tanti vogliono aderire allo sciopero. Ma non dobbiamo concentrarci in un solo modo di lotta; mi auguro sempre più disobbedienza pacifica. E’ l’unico modo per resistere al potere senza scatenare una reazione violenta spropositata. Ricordiamoci sempre che lo Stato ha armi e potere, noi abbiamo solo il nostro corpo. Le regole sono contraddittorie, i decreti ogni due settimane creano un senso di incertezza e controllo continuo. Credo che sia una scelta voluta. E’ una sorta di tortura psicologica verso tutti i cittadini, anche verso chi obbedisce. Nessuno, neppure chi obbedisce, sa più quanto durerà la propria libertà, quando dureranno i propri diritti. Per questo non devono esserci divisioni né odio né disprezzo tra vaccinati e non vaccinati. Tutti dobbiamo lottare per ripristinare lo Stato di diritto.(Davide Tutino, dichiarazioni rilasciate a Linda Maggiori per l’intervista “Siamo 40 mila, condannati alla fame”, pubblicata da “Pressenza” il 3 gennaio 2022. Professore di storia e filosofia di un liceo di Roma e referente del sindacato Fisi per il Lazio, Tutino è stato sospeso dall’insegnamento dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale scolastico e il 31 dicembre 2021 ha iniziato il suo sciopero della fame. Costretto a prenotare il proprio Tso, il 3 gennaio il professore si è presentato al centro vaccinale di Grottaferrata insieme all’avvocato Ida Nazzaro, uno dei legali dell’associazione “Umanità e Ragione”. Constatato il suo stato di deperimento fisico, il medico vaccinatore ha ritenuto di esentarlo dal trattamento. «Questo provvedimento apre una piccola, grande crepa nella norma sull’obbligo, ma soprattutto apre la strada ad una lotta nonviolenta di massa», ha dichiarato Tutino, che prosegue comunque il suo digiuno per chiedere che il governo fermi la “condanna alla fame” per decine di migliaia di cittadini, privati del lavoro e del pane per ragioni politiche, non sanitarie, e che tutti i dispositivi di sicurezza imposti dal governo, tamponi compresi, siano gratuiti per i lavoratori).Perché questo sciopero della fame? E’ lo Stato che ci condanna alla fame: siamo in 40 mila, attualmente, ad essere privati dell’intero stipendio, e tra pochi giorni forse anche di più. Chi commette colpe gravi, di lesione agli altri, viene sospeso con metà stipendio e mantiene assegno familiare per gli alimenti. A noi invece tolgono tutto, non ci restano neppure gli assegni familiari o indennità per alimenti. Ci vogliono prendere per fame. Lo sciopero della fame è questo: mostrare che lo Stato ci sta affamando. E’ una risposta nonviolenta alla deriva di uno Stato sempre più totalitario, che si sta appropriando del corpo dei cittadini. Prima di essere sospeso, facevo il tampone ogni due giorni; eppure vengo accusato di mettere a rischio la salute pubblica. Cosa rispondo? Che appunto non esiste alcuna logica sanitaria in questo provvedimento. E’ chiaro che si tratta di una misura punitiva riservata a dei dissidenti politici.
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Bizzi e Martini: l’Italia è in trappola, come ne usciremo?
«A questo punto, considero realistico che si possa verificare lo scenario peggiore: e cioè che l’attuale “stato d’assedio” si protragga per il tutto il 2022, visto che l’élite di Davos punta essenzialmente sull’Europa, dove può contare su governi “amici” per condurre a termine i suoi piani». Previsione pessimistica firmata da Matt Martini, co-autore con Nicola Bizzi del bestseller “Operazione Corona”. Lo stesso Super Green Pass non lascerebbe molte speranze: «Andranno avanti per questa strada e per molti mesi: tutto sembra lasciarlo presagire». Nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, condotta insieme a Tom Bosco e allo stesso Bizzi, Martini insiste: «E’ evidente che sono caduti dei diaframmi, che fino a ieri tenevano in piedi la possibilità di un progressivo abbandono della narrazione pandemica: qualcosa è cambiato, a quanto pare, vista l’improvvisa accelerazione degli eventi». Meno disperante l’analisi di Bizzi, secondo cui sarebbe ormai imminente l’approvazione, da parte dell’Ema, dei farmaci monoclonali: cosa che farebbe decadere l’attuale campagna “vaccinale”, basata su farmaci ancora formalmente “sperimentali” fino a tutto il 2023, quindi scartabili non appena emergesse un’alternativa terapeutica ufficiale.Beninteso, Bizzi non risparmia critiche feroci all’establishment nazionale. «Ai miei occhi – scandisce lo storico, editore di Aurora Boreale – lo Stato italiano ha perso ogni legittimità: è ormai in guerra contro una parte consistente dei propri cittadini, in spregio a qualsiasi diritto costituzionale, a qualsiasi legge, a qualsiasi normativa civile». Rincara la dose Bizzi: «Li considero criminali: chi segrega milioni di cittadini in maniera nazista, distopico-orwelliana, non merita più alcuna legittimazione». Un appello ai cittadini: «Quand’è che vi deciderete ad aprire gli occhi? Vi stanno prendendo il giro da due anni, ormai». Lo stesso Bizzi, all’inizio della scorsa primavera, aveva anticipato una previsione: in base a un accordo riservato, si sarebbe verificata una graduale de-escalation dell’emergenza a partire da metà aprile. Evento puntualmente confermato dagli allentamenti attuati a cominciare dalla Gran Bretagna. «Poi evidentemente l’accordo si è rotto, qualcuno non è stato ai patti». Possibile motivo? «Al terrore del Covid non sono riusciti a sostituire in modo altrettanto efficace l’altro terrore emergenziale, quello climatico».Per Bizzi, infatti, siamo ai “tempi supplementari” della narrazione-1. Ribadisce l’analista: tutto sarebbe dovuto finire il 31 dicembre 2021. «E il piano era stato svelato con largo anticipo agli ambienti della politica che conta, cioè ai segretari dei partiti». Insieme a loro, aggiunge Bizzi, erano stati informati «i dirigenti dei sindacati e i direttori dei grandi media, ma anche i responsabili delle grosse catene di supermercati, i dirigenti delle Poste, i vertici di Confindustria, Confcommercio e Confesercenti». Tutti “sapevano” che l’emergenza “pandemica” sarebbe stata sgonfiata, gradualmente, in questi mesi. «A loro, fin dall’inizio, avevano detto che tutta questa pagliacciata, in Italia, sarebbe dovuta finire entro il 2021. Già da settembre – avevano detto – le mascherine sarebbero state eliminate anche dai luoghi al chiuso, mentre la campagna “vaccinale” si sarebbe esaurita già entro il mese di agosto». Non è andata così, come s’è visto, se siamo davvero arrivati ai “tempi supplementari” della storia politico-mediatica inaugurata all’inizio del 2020 dal primissimo lockdown, quello di Wuhan.«Se siamo ancora nei guai – dice Bizzi – è perché non riescono a sostituire, in maniera soft, la narrazione-1 (il Covid) con la narrazione-2, cioè l’emergenza climatico-ambientale. E sono nel panico: perché c’è una buona metà del mondo che si sta rifiutando di innescare un’emergenza permanente motivata da ragioni climatico-ambientali». Verissimo: vi si oppongono larga parte degli Stati americani, senza contare grandi potenze come l’India, il Brasile e tanti altri player mondiali, inclusa la Russia. «I gestori dell’emergenza sono con le spalle al muro», aggiunge Bizzi: «Per quanto mi riguarda, hanno già perso. E infatti, per continuare la narrazione-1, hanno fatto pressioni stratosferiche per rimandare all’infinito – da settembre a ottobre, poi da ottobre a novembre, e oltre – l’uscita delle terapie basate sugli anticorpi monoclonali. Farmaci finora approvati solo dalla Gran Bretagna e dalla Svizzera, che però sono fuori dall’Ue». Ma attenzione: «Se un singolo paese dell’Unione Europea – uno solo – li approvasse, costringerebbe tutti i paesi Ue ad archiviare definitivamente la campagna sperimentale in corso», quella basata sui “non-vaccini” genici.«Lo sanno molto bene, ed è per questo che sono andati avanti con i “tempi supplementari”. Ma non potranno andare oltre l’inizio del 2022 – puntualizza sempre Bizzi – perché l’Ema ormai è prossima all’approvazione di quei farmaci, nell’area Ue. E Stati come la Germania e la Spagna (probabilmente anche la Polonia) sono in dirittura d’arrivo per l’approvazione. La stessa Francia, come anche la Germania, ne sta già acquistando enormi quantitativi». Per contro, Matt Martini si sforza di mettere a fuoco lo scenario peggiore: quello che, per ora, si sta manifestando in tutta la sua devastante virulenza. Sta infatti ripartendo – in quasi tutta l’Europa, in particolare l’Eurozona – il vecchio refrain del 2020 (quello dei lockdowm) con in più le imposizioni “vaccinali” cui viene condizionata la residua possibilità di circolazione delle persone. Esistono eccezioni importanti come la Spagna e la Danimarca, oltre alla Svezia, ma il trend sembra preoccupante: e allinea anche paesi come Israele e Sudafrica.Dell’Italia, sottoposta alla Premiata Macelleria Draghi, non è nemmeno il caso di parlare. «A proposito: se si fosse creduto convintamente nella possibilità del referendum per abrogare il Green Pass, per il quale andava presentato mezzo milione di firme entro il 30 ottobre, non credo che oggi ci ritroveremmo in una situazione così buia». Secondo Martini, «il governo non avrebbe osato premere sull’acceleratore». Se lo ha fatto – è la tesi – è anche perché non è stato fronteggiato, sul piano politico, da una massa visibile di cittadini. Cosa aspettarsi per l’immediato futuro? Niente di buono, purtroppo, secondo la previsione più pessimistica. «Come da copione, ora il mainstream racconta che le “varianti”, in sostanza, “bucano” i vaccini attualmente disponibili. Il primo a lasciar capire come sarebbe potuta andare a finire, questa storia, è stato Bill Gates: disse che, per chiudere il capitolo Covid, avremmo avuto bisogno di “vaccini di nuova generazione”. Non mi stupirei se fossero in arrivo: vorrebbe dire tornare al piano iniziale della gestione “pandemica”, quello che allarma chi teme che l’operazione comprenda anche il proposito di “depopolare” parte del pianeta».«A questo punto, considero realistico che si possa verificare lo scenario peggiore: e cioè che l’attuale “stato d’assedio” si protragga per tutto il 2022, visto che l’élite di Davos punta essenzialmente sull’Europa, dove può contare su governi “amici” per condurre a termine i suoi piani». Previsione pessimistica firmata da Matt Martini, co-autore con Nicola Bizzi del bestseller “Operazione Corona”. Lo stesso Super Green Pass non lascerebbe molte speranze: «Andranno avanti per questa strada e per molti mesi: tutto sembra lasciarlo presagire». Nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, condotta insieme a Tom Bosco e allo stesso Bizzi, Martini insiste: «E’ evidente che sono caduti dei diaframmi, che fino a ieri tenevano in piedi la possibilità di un progressivo abbandono della narrazione pandemica: qualcosa è cambiato, a quanto pare, vista l’improvvisa accelerazione degli eventi». Meno disperante l’analisi di Bizzi, secondo cui sarebbe ormai imminente l’approvazione, da parte dell’Ema, dei farmaci monoclonali: cosa che farebbe decadere l’attuale campagna “vaccinale”, basata su farmaci ancora formalmente “sperimentali” fino a tutto il 2023, quindi scartabili non appena emergesse un’alternativa terapeutica ufficiale.
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Buffonata-Covid, siamo ai tempi supplementari: ecco perché
Qualcosa si è inceppato, qualcuno non è stato ai patti: è l’unica ragione per cui siamo ancora alle prese con la narrazione Covid, che doveva chiudersi entro fine anno. Lo afferma lo storico Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, con Tom Bosco e Matt Martini. La scorsa primavera, Bizzi aveva ampiamente anticipato i segnali della de-escalation, programmata per aprile, poi puntualmente giunti a partire dalla Gran Bretagna, decisa a mettere gradualmente fine al “terrorismo sanitario”. Poi però qualcosa è andato storto: a luglio, dice Bizzi, il piano per uscire dall’incubo (politico-mediatico) della “pandemia” è stato disatteso da alcuni player, come i poteri che in Italia si esprimono attraverso Draghi. Il punto – osserva Bizzi – è che l’emergenza sanitaria “doveva” essere sostituita con l’emergenza climatica permanente, che però non sta funzionando: vi si oppongono svariate potenze, a livello mondiale. Ergo: i gestori della paura sono tornati all’emergenza-1, quella sanitaria. Da cui però non saprebbero più come uscire, vista anche la marea montante del dissenso, di fronte al Green Pass e alla follia “vaccinale”.«L’aver deciso addirittura di vietare le manifestazioni nel cuore delle città è l’estrema ammissione di debolezza, da parte di un potere che ormai teme il popolo». Vero, il coro dei media mainstream è invariato: continuano a raccontare che di Covid si muore, come se le cure non esistessero (e le terapie domiciliari non sono ancora state introdotte nella medicina di base: all’ospedale finisce solo chi non è stato curato per tempo, a casa). Verità scandalose: è lo stesso Istituto Superiore di Sanità ad ammettere che sono stati appena 3.783 (non 130.000) gli italiani morti a causa del solo Covid, cioè non affetti anche da patologie gravissime compresenti. Nulla però che, per il momento, incrini il granitico consenso di media e partiti, Confindustria e sindacati, a supporto delle scellerate politiche sanitarie tuttora in vigore. Ma attenzione: sono i semplici cittadini, ormai, a dire basta. Alle amministrative di ottobre, un italiano su due ha disertato le urne (e ai ballottaggi ha votato solo un elettore su tre). Non solo: l’Ansa annuncia che oltre il 54% degli italiani non guarda più la Tv in prima serata. In compenso, segnala Tom Bosco, si registra una strana impennata nella vendita libri, come pare non si vedesse dagli anni Settanta.«C’è una maggioranza silenziosa – dice Bizzi – che farà pesare la sua contrarietà, di fronte alle ultime, deliranti coercizioni dittatoriali: questo governo ha contro un buon 70% degli italiani, che rifiuteranno la “terza dose” e l’imposizione del Green Pass a tempo indeterminato». Non sarà facile fermare le proteste, nonostante le ingiunzioni di stampo “cileno” per blindare le città. A proposito: non è casuale che arrivi proprio oggi a Milano (centro nevralgico della protesta) un testimonial del peso di Robert Kennedy Junior, capace di denunciare l’impostura-Covid e i rischi connessi alla campagna “vaccinale” effettuata con sieri genici che starebbero producendo una vera e propria strage, oscurata dai media. Non si contano più i casi di pericardite sopraggiunti dopo l’inoculo, e il bilancio delle vittime sarebbe molto diverso da quello ufficialmente ammesso. In un recente convegno a Bolzano, un luminare della patologia come il professor Paolo Bellavite ha parlato di oltre 600 morti, solo in Italia, nel giro di pochi mesi. E per la farmacovigilanza dell’Ema, ad agosto erano già 24.000 le morti sospette, in Europa, correlabili con l’iniezione C-19.«Non sanno più come uscirne», insiste Bizzi: «Tale Sergio Brignani, del cosiddetto Comitato Tecnico-Scientifico, promette 5-10 anni di copertura immunologica, con la “terza dose”. Toni che ricordano una svendita di pentole da cucina». Dal canto suo, Matt Martini cita il virologo televisivo Roberto Burioni: «S’è messo a dire che non serve, fare il dosaggio anticorpale prima della “terza dose”, perché non ci sarebbe correlazione tra la presenza di anticorpi e la copertura immunitaria. Ma così – dice Martini – si negano le basi della stessa immunologia. Ed è l’ennesima conferma del fatto che, dietro l’intera narrazione Covid-vaccini, non vi sia proprio niente di scientifico». La riprova sembra arrivare da altri paesi, che dimostrano il vero tenore della sfida in corso, interamente politica: negli Usa l’obbligo vaccinale decretato da Biden è stato bloccato dalla magistratura. E sempre i giudici, in Spagna, hanno costretto il governo a rinunciare alle restrizioni, definite incostituzionali. In Italia, invece, si può tutto?Molto dipenderà dall’atteggiamento dei singoli cittadini, come quelli che il 14 novembre a Firenze si stringeranno attorno alla coraggiosa Nunzia Alessandra Schilirò, emarginata dal governo e pure oggetto di amenità complottistiche (come lo stesso Stefano Puzzer) da parte dei paranoici sempre pronti a chiedersi “chi c’è dietro” la determinazione di chi osa rivendicare il proprio diritto alla libertà. Tra i supporter di “Nandra”, per contro, si schierano gli agenti delle forze dell’ordine che – a migliaia – hanno aderito all’associazione “Osa”, che contesta apertamente la “dittatura sanitaria”. Nicola Bizzi accenna a precise segnalazioni da parte di “sensitivi”: «I loro presagi non sono da prendere per oro colato, beninteso: però annunciano grandi eventi di segno positivo, per noi, a partire dalla fine di novembre». Se qualcuno si mette a ridere, di fronte alla parola “sensitivi”, vale la pena ricordare – a proposito di affermazioni veramente surreali – quelle pronunciate da Draghi, secondo cui «se non ti vaccini muori, e fai morire chi è vicino a te».Funzionano così bene, i non-vaccini C-19, che dopo due dosi si pensa già di imporre la terza. Se qualcuno immagina che l’Italia sia popolata da 60 milioni di imbecilli, probabilmente ha sbagliato i conti. La manifestazione di Firenze, “Venere Vincerà”, schiera in prima linea le donne, e non a caso: si prevede infatti che facciano argine di fronte all’infamia definitiva, cioè la pretesa di inoculare il siero genico sperimentale anche ai bambini di 5 anni. Certo, con questo potere post-democratico non si scherza. «Il decreto sul Green Pass – osserva Matt Martini – sarà convertito in legge il 20 novembre: in quella data ci sarà un’eclissi lunare, fatto per noi teoricamente infausto, sul piano astrologico. Come se anche quella data fosse stata scelta di proposito, per potenziare gli effetti dell’imposizione». Sottolinea Bizzi: «Non c’è un solo atto del governo Draghi che sia stato compiuto senza prima consultare il calendario astrologico». Si ricorderà la scelta del 15 ottobre per varare il Green Pass obbligatorio, in coincidenza con l’inaugurazione alle Scuderie del Quirinale della mostra su Auguste Rodin e la sua Porta dell’Inferno.A proposito di allusioni simboliche: durante il G20, il lancio delle monetine nella Fontana di Trevi – dice ancora Martini – è sembrato un auspicio: la fine del cash, da sostituire con la moneta digitale. Si sa che il momento della foto-ricordo dei “grandi della Terra” davanti alla celebre fontana è stato turbato dal terribile spettacolo di un gabbiano che ha assalito e ucciso una cornacchia, tingendo l’acqua di sangue. Episodio, annota lo stesso Martini, che è stato collegato alla strage delle colombe bianche liberate qualche anno fa da Bergoglio e subito aggredite da corvi e gabbiani. «Stavolta, corvi e gabbiani si scannano tra loro: come se due grandi poteri, ieri alleati, fossero arrivati ai ferri corti». Nicola Bizzi cita un vescovo cristiano-ortodosso: non è vero che il Cremlino abbia cambiato posizione sul Covid (in Russia non esistono obblighi vaccinali né Green Pass). Il boom dei contagi, di cui parlano i media? «I casi riguardano soprattutto regioni della Siberia centro-meridionale, che Boris Eltsin cedette sciaguratamente “in comodato d’uso” alla Cina, per via delle risorse del sottosuolo: e pare che i cinesi vi stiano seppellendo rifiuti tossici, possibile vera causa di tanti decessi recenti».Ormai la verità salta agli occhi, a chi non è obnubilato dalle menzogne ufficiali: il governo italiano ha messo da parte diritti umani e Costituzione, rifiutando di curare i pazienti per arrivare a imporre il Green Pass dopo il fatale inoculo. L’Italia resta una trincea decisiva: mezza Europa è in bilico, tentata di seguire la via (suicida) imboccata da Conte e Draghi, con il placet di Bergoglio. Altri paesi – dalla Spagna alla Svezia, passando per il Regno Unito – si sono lasciati alle spalle l’orrore, basato sulla falsificazione dei dati e sulla criminale rinuncia alle cure precoci. Altra notizia: la strage silenziosa provocata dagli inoculi mRna sta perforando il silenzio complice dei media. Ed è in crescita esponenziale il numero di cittadini non più disposti a subire il brutale ricatto imposto dal governo Draghi. Come reagire? Semplice: disertando il lavoro. Lo propone l’alchimista Michele Giovagnoli: «Stiamo fermi per 21 giorni, a partire dall’11 dicembre, e vediamo chi dovrà cedere». Scontato: ci attendono altri giorni convulsi. E l’esecutivo stesso sa benissimo che sta imponendo qualcosa di inaccettabile. «Siamo arrivati ai “tempi supplementari” della faccenda Covid», sintetizza Bizzi: «Questa pagliacciata dovrà finire. Vedremo quando, e come».Qualcosa si è inceppato, qualcuno non è stato ai patti: è l’unica ragione per cui siamo ancora alle prese con la narrazione Covid, che doveva chiudersi entro fine anno. Lo afferma lo storico Nicola Bizzi nella trasmissione “L’Orizzonte degli Eventi”, con Tom Bosco e Matt Martini. La scorsa primavera, Bizzi aveva ampiamente anticipato i segnali della de-escalation, programmata per aprile, poi puntualmente giunti a partire dalla Gran Bretagna, decisa a mettere gradualmente fine al “terrorismo sanitario”. Poi però qualcosa è andato storto: a luglio, dice Bizzi, il piano per uscire dall’incubo (politico-mediatico) della “pandemia” è stato disatteso da alcuni player, come i poteri che in Italia si esprimono attraverso Draghi. Il punto – osserva Bizzi – è che l’emergenza sanitaria “doveva” essere sostituita con l’emergenza climatica permanente, che però non sta funzionando: vi si oppongono svariate potenze, a livello mondiale. Ergo: i gestori della paura sono tornati all’emergenza-1, quella sanitaria. Da cui però non saprebbero più come uscire, vista anche la marea montante del dissenso, di fronte al Green Pass e alla follia “vaccinale”.
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La domenica delle salme, ma come nelle barzellette
Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.E poi che noia, quegli italiani fragorosi e senza fantasia. Pronti ad assieparsi (pericolosamente) in centro, anziché sparire nelle periferie. Perché non si smaterializzano? Perché non scompaiono per sempre, lontano dagli occhi e dal cuore? Perché non lasciano che a presidiare le strade – come nella “Domenica delle salme” – sia il gas esilarante, asperso con amore dai venerabili sacerdoti della rettitudine? Così pensava, allora, il sopravvivente medio, affetto da quieto cretinismo. Diceva, a se stesso: come non apprezzare l’onniveggente provvidenza del buon pastore? Perché ostinarsi a ignorare gli sforzi titanicamente profusi per garantire allo zoo un avvenire migliore di quello toccato in sorte dopo l’infelice epidemia di angoscia? Proprio come nelle barzellette, quelle di una volta: la sfortuna si era malauguratamente abbattuta sul reame, seminando lutti, ma poi – finalmente – la coalizione dei buoni aveva preso il sopravvento, scongiurando le peggiori conseguenze. Certo, erano stati richiesti i necessari sacrifici: toccava soffrire ancora, tutti insieme; ma solo per poter festeggiare, un giorno, lo scampato pericolo.Come nelle barzellette, fingevano che esistessero ancora le norme partorite dalle rovine dell’ultima guerra visibile, onestamente dichiarata. Poi le dichiarazioni di guerra erano venute meno: era diventato preferibile farle, le guerre, ma senza più avvertire nessuno. Così, come nelle barzellette, c’erano state sfortunate crisi, incidentali terrorismi, occasionali emergenze. Solo per comodità cosmetica, oltre che per dare l’impressione di una parvenza di normalità, partiti e sindacati non erano ancora stati formalmente smantellati: di tanto in tanto pigolavano ancora, biascicavano qualcosa di graziosamente irrilevante. Come nelle barzellette, fingevano sempre di dividersi in Orazi e Curiazi, e davano a credere che fossero loro, a prendere le decisioni. Nel solenne autunno del 2021, in un clima di letizia universale ulteriormente rallegrato dall’incombente, fatale censimento dei bambini, trovavano anche il tempo di dedicarsi al più ameno dei passatempi: la sensazionale elezione del futuro presidente della Repubblica.Come nelle barzellette di una volta: c’erano un italiano, un francese, un tedesco e un americano. L’inglese aveva tagliato la corda, il russo non si era nemmeno presentato. Il cinese era ovunque, ma fingevano di non vederlo. L’americano invece stava su tutti i giornali, per via dei suoi trionfi planetari nelle gare di rutti. Imbarazzante? Non più delle modalità che lo avevano condotto alla Casa Bianca. Così, quei simpaticoni ogni tanto si incontravano, nei loro summit. Tema: salvare il mondo (come nelle barzellette). Qualcuno voleva diventare Papa, qualcun altro – più modestamente – presidente. Quello travestito da dittatore l’avevano appena fatto santo. I grandi elettori applaudivano, terrorizzati, mentre il centro delle città si riempiva di armigeri e reticolati. Non votava più nessuno, non era più di moda: i comuni mortali dovevano rassegnarsi a obbedir tacendo, col braccio tatuato dal codice a barre. Era consentito ridere, ma solo se autorizzati. La voglia di ridere, comunque, era passata a tutti.
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Il film: Sandro Pertini a Roma con Stefano Puzzer
«Il capo dello Stato, Sandro Pertini, ha raggiunto in piazza del Popolo il leader dei portuali triestini, Stefano Puzzer. I due hanno preso un caffè insieme, discutendo su come dare un senso più umano all’esistenza, conciliando diritti e doveri nel rispetto delle leggi e della sensibilità democratica di ciascuno». L’audio è tratto dal film “La libertà è un incubo”, tuttora in lavorazione. Nelle sale, la pellicola potrebbe non uscire mai. Del resto, i cinema sono deserti ormai da secoli: qualsiasi manifestazione di umana socialità, infatti, mina irreparabilmente il protocollo della Sicurezza Universale, valorosamente introdotto nella Repubblica dei Banchi a Rotelle, dove il nuovo Calendario Perpetuo ufficialmente approvato da Zeus in persona – scandito da Ondate e Dosi – ha fortunatamente sostituito l’obsoleto lunario dei nonni, quello in cui ancora comparivano ingenue festività arcaiche come il Natale.La pellicola, diretta dal nonno di Stanley Kubrick, avrebbe un carattere dichiaratamente profetico. La apre un bambino, di nome Eric Arthur Blair. Annuncia: «Un giorno mi farò chiamare George Orwell e vi farò un brutto ritratto, al quale però non darete il minimo credito. Non immaginereste mai, in tempo di pace, di potervi ridurre così». In un’Italia resa irriconoscibile dalle misure psico-austeritarie introdotte dal Dipartimento Speciale di Felicità Sanitaria, le piazze sono letteralmente off limits: le manifestazioni sono concesse solo ai sindacalisti, purché accompagnati fraternamente da spietati plutocrati e vili affaristi riesumati da vite precedenti. La storia è gremita di simboli, ispirati al mondo surreale di Salvador Dalì: quando i Grandi della Terra Piatta si schierano davanti alla Fontana di Trevi, la vasca si trasforma in un lago di sangue dopo che un gabbiano ha aggredito e ucciso una cornacchia, costringendo gli eroi del G20 a pazientare, per avere una foto ricordo meno truculenta.Un vecchio cieco, Omero (nel film, lo stesso Dalì) farnetica, ricordando l’analoga strage che i corvi, quella volta, fecero delle colombe bianche liberate nel cielo del Vaticano al momento dell’elezione del primo Papa cinese della storia, quello che sussurrava – alle bambine svedesi – il segreto della prosperità del pianeta. La pellicola è sovrabbondante di aspetti scientifico-spettacolari, come i test (ministeriali) sul moto oscillatorio dei veicoli della forza pubblica, nell’antica capitale della cristianità. Tra i momenti più visionari spicca il ballo mascherato davanti alla Porta dell’Inferno, un allegro sabba in cui si mescolano virologi e climatologi, travestiti da ballerine in tutù. Sinceri gli applausi della platea, gremita di ex giornalisti, mentre dei politici non c’è più traccia. C’è chi mette in dubbio che siano mai realmente esistiti. Quando a un campione di giovani viene infatti mostrata una foto di John Fitzgerald Kennedy, rispondono prontamente: «Ah, certo: quel simpatico attore di Hollywood».«Il capo dello Stato, Sandro Pertini, ha raggiunto in piazza del Popolo il leader dei portuali triestini, Stefano Puzzer. I due hanno preso un caffè insieme, discutendo su come dare un senso più umano all’esistenza, conciliando diritti e doveri nel rispetto delle leggi e della sensibilità democratica di ciascuno». L’audio è tratto dal film “La libertà è un incubo”, tuttora in lavorazione. Nelle sale, la pellicola potrebbe non uscire mai. Del resto, i cinema sono deserti ormai da secoli: qualsiasi manifestazione di umana socialità, infatti, mina irreparabilmente il protocollo della Sicurezza Universale, valorosamente introdotto nella Repubblica dei Banchi a Rotelle, dove il nuovo Calendario Perpetuo ufficialmente approvato da Zeus in persona – scandito da Ondate e Dosi – ha fortunatamente sostituito l’obsoleto lunario degli antenati, quello in cui ancora comparivano ingenue festività arcaiche come il Natale.
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Magaldi avverte Draghi: avanti così, e addio Quirinale
Caro Mario Draghi, attento a come ti comporti: avanti così, e il Quirinale lo vedrai col binocolo. Sarai infatti impallinato da tanti, insospettabili franchi tiratori, che – nel caso – agiranno come quando, nella corsa al Colle, fu ingloriosamente silurato Prodi. Il messaggio al “fratello Mario” è esplicito. Lo firma, mettendoci la faccia, Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ed esponente dei circuiti massonici “progressisti”, da sempre contrari alle politiche di austerity a lungo perseguite dall’ex capo della Bce. Nella sua visione politologica, anche sulla scorta di cospicue rivelazioni (mai smentite da nessuno), Magaldi propone una particolare lettura degli eventi storico-politici, partendo dal ruolo delle superlogge sovranazionali, elusive e determinanti. Una galassia bifronte di entità che, dietro le quinte, condizionerebbero i governi, nello scontro intestino – ultradecennale – che schiera da un lato i fautori del neoliberismo economico e della post-democrazia di segno “neoaristocratico”, e dall’altro i supermassoni che si dichiarano paladini della prospettiva post-keynesiana e del progressivo sviluppo degli spazi di cittadinanza democratica.Prima ancora che fossero i sindacati ad alzare la guardia, contestando la severità dell’annuncia riforma delle pensioni, Magaldi ha colto in un dettaglio – il rifiuto di prorogare i bonus edilizi per le facciate degli edifici, richiesto dal ministro Franceschini – il segno dell’ipotetica retromarcia che, dice, a Draghi potrebbe costare carissima: cioè l’addio alla presidenza della Repubblica, che è la meta a cui mira l’ex super-banchiere. «Sulla corsa al Colle vi sono molti depistaggi», premette Magaldi, in video-chat con Fabio Frabetti di “Border Nights” il 25 ottobre: «Essendo io stesso parte di un piano, insieme ad altri, per portare Draghi al Quirinale, vi posso dire che l’idea che prosegua a fare il presidente del Consiglio è una falsa pista». Racconta Magaldi: «Ci sono tre strategie diverse, ognuna con un suo piano di depistaggio, con le quali – come in una partita a scacchi – Draghi conta di ascendere al Colle». Ma, se non cambia musica, «la strada per il Quirinale gli verrà sbarrata e sabotata, sicuramente da parte dei massoni progressisti». Come? Ricorrendo al cecchinaggio del “fuoco amico”, coperto dall’anonimato.«Al “fratello” Draghi – dice Magaldi – voglio ricordare che in Parlamento ci sono molte persone che, per così dire, hanno dei debiti verso qualcuno, e questi debiti vengono reclamati; ed è così che, poi, emergono i franchi tiratori verso questo o quel candidato». Aggiunge: «Auspichiamo che non serva risvegliare, richiamare questi debiti, e quindi invitare alcuni insospettabili franchi tiratori a impallinare l’elezione di Draghi». Un avvertimento estretamente preciso. Motivato da che cosa? Proprio dalla risposta rifilata a Franceschini sui bonus edilizi, decisivi per il rilancio dei borghi storici e quindi del turismo. «Dire che “non ci sono abbastanza soldi”, che “la coperta è troppo corta”, significa ritornare a un paradigma della penuria, quello dell’austerity», sottolinea Magaldi: «I denari non dovrebbero mai essere un problema, come lo stesso Draghi aveva spiegato ai giornalisti allarmati per il crescente indebitamento dell’Italia. Aveva chiarito loro che uno Stato non può mai essere insolvente, e che il “debito buono”, cioè produttivo (in termini di Pil, occupazione e infine anche tasse), non deve preoccupare».Ora, rimettersi invece ad agitare lo spettro del debito – contraddicendo la linea esposta dal “nuovo” Draghi negli ultimi due anni – significa rilanciare «una vecchia canzone stonata, liberista e poi neoliberista: una ricetta che non ha mai funzionato». Va ricordato che lo stesso Magaldi non ha certo fatto sconti, a Mario Draghi: nel libro “Massoni” lo presenta come autorevole esponente di ben cinque superlogge internazionali di matrice reazionaria, imputandogli una serie inerarrabile di malefatte: dalle privatizzazioni selvagge all’epoca del Britannia fino allo spietato rigore europeo. Per contro, sempre Magaldi era stato il primo – due anni fa – a segnalare l’inversione di rotta: Draghi avrebbe espresso la volontà di abbandonare i vecchi sodali, arrivando a dire – ancora da presidente della Bce – che sarebbe stato utile azzerare tutte le politiche dell’euro-austerità, ricorrendo persino alla Modern Money Theory (emissione illimitata di denaro, a costo zero). Tesi rilanciata nella drammatica primavera del 2020, in un editoriale sul “Financial Times” che ha fatto il giro del mondo: basta, con la storica demonizzazione il debito; è il momento di investire somme immense sul rilancio dell’economia, senza badare a spese.Una svolta insincera, se ora Draghi si rimette a denunciare proprio il deficit? «Non penso che Draghi abbia mentito a noi massoni progressisti, prendendoci in giro», ragiona Magaldi. «Non credo che la svolta annunciata due anni fa fosse solo un mezzo per accreditarsi e farsi perdonare le brutte performance del suo passato. Nel caso, certo, mi arrenderò all’evidenza; ma non voglio credere a questo». Alcuni dicono: come si fa a fidarsi di un “lupo” come Draghi? «Rispondo laicamente: va bene chiunque, a prescindere dai suoi trascorsi, se a un certo punto intende intraprendere un percorso virtuoso». Dice ancora Magaldi: «Io no ho pregiudizi, e penso che il problema di Draghi è che si stia barcamenando: soggetto a mille pressioni, ha scelto di rimanere anche un po’ ambiguo rispetto ai suoi vecchi sodali neoaristocratici, anche perché ci sono i fondi europei da ricevere». Come dire: forse, la “stoccata” a Franceschini serve a non insospettire troppo i suoi ex amici, gli arcigni guardiani del rigore. Come per indurli a pensare: ha solo fatto finta, di aver cambiato casacca, ma in realtà è sempre “uno dei nostri”.«Credo cioè che Draghi stia cercando di confondere le acque», insiste Magaldi, che comunque avverte: «Capiamo tutto, ma c’è un limite: se rendi concreto il fatto che “non puoi spendere”, su una cosa importante, “perché i soldi non bastano”, allora stai tornando a un paradigma antico. E qui nasce un problema enorme, più grave di quello creato dal Green Pass». Ovvero: «Il “non ci sono abbastanza soldi” avrebbe conseguenze più esiziali rispetto a quelle del Green Pass, che comunque tra qualche mese non esisterà nemmeno più». Certo, riconosce Magaldi: il “lasciapassare” è ingiusto, per chi deve lavorare. «Ma che dire di chi un lavoro non ce l’ha neppure, perché non si sono ancora create le condizioni per un vero rilancio economico che garantisca più occupazione?». Beniteso: il Movimento Roosevelt (presieduto da Magaldi) resta assolutamente contrario al “lasciapassare”, come esplicitamente messo per iscritto già lo scorso 2 agosto. «Siamo contrari al Green Pass e, con i nostri avvocati, ora aiuteremo legalmente chiunque voglia resistere a questa vessazione: è uno strumento ipocrita, ideato per costringere le persone a vaccinarsi, senza che il governo si assuma le responsabilità che un obbligo vaccinale comporterebbe».Sul tema Covid, Magaldi si è espresso ripetutamente, nei mesi scorsi: «Il paese è stato travolto dalle peggiori politiche emergenziali messe in piedi col pretesto di contrastare un virus caratterizzato da un’alta contagiosità, ma con una letalità piuttosto bassa. Nulla che potesse giustificare in alcun modo il “terrorismo sanitario” a reti unificate. Ed è interessante che persino il mainstream abbia ora dato spazio all’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo cui le persone morte solo a causa del virus (e non anche di altre patologie) non sono le 130.000 sbandierate, ma circa 3.700, appena». Come affrontare la pandemia? «Sarebbe stato meglio mettere in sicurezza i soggetti fragili (consigliando loro di isolarsi, ma senza obbligarli) e favorire una contaminazione tra i più forti, agevolando così il processo di immunizzazione naturale collettiva». Ancora oggi, Magaldi non ha digerito le imposizioni del governo Conte: «Personalmente trovo che lockdown e coprifuoco fossero misure peggiori del Green Pass, più inaccettabili». E Draghi? «Lo capisco: credo che abbia fatto ricorso al Green Pass (che, ripeto, non approvo) solo per poter essere libero di riaprire velocemente il paese e rilanciare l’economia».E’ nota l’analisi prospettica che l’autore di “Massoni” ha offerto, riguardo alla manipolazione della crisi-Covid: dietro, vi scorge la mano della stessa élite (che definisce massonica e “neoaristocratica”) che architettò l’omicidio di John Kennedy e il golpe in Cile, fino all’apotesi terroristica dell’11 Settembre e alle imprese dell’Isis. Ultima mossa: la paralisi del pianeta per via “pandemica”, con l’obiettivo di trasformare la dittatura cinese – sorretta sempre da quell’élite reazionaria – in possibile modello per un Occidente non più democratico, spaventato col “terrorismo sanitario” e ridotto in condizioni di sottomissione, con risvolti orwelliani. Di qui una serie di contromosse in atto, dal fronte “progressista” (che sostenne Trump nel 2016), fino all’opzione incarnata dal “nuovo” Draghi. Perché sarebbe un bene, se approdasse al Quirinale? Per Magaldi, «potrebbe dare all’Italia una centralità che il nostro paese non ha mai avuto». In teoria, il momento è propizio: «Tanti personaggi negativi, finalmente, stanno venendo meno».In Germania, il “falco” Jens Weidmann ha dovuto lasciare la Bundesbank, e la stessa Angela Merkel è appena uscita di scena. Quanto alla Francia, le quotazioni di Macron sono in drammatico ribasso. Draghi al Quirinale per sette anni, dunque? Sì – ribadisce il leader “rooseveltiano” – ma ad una condizione: che non tradisca gli impegni presi coi “progressisti”, visto che quello che sta accadendo oggi è «qualcosa di molto più grave e pericoloso del Green Pass». Chiosa Magaldi, ribadendo il suo monito: «Se non si trova un ragionevole compromesso sulla storia del bonus edilizio per le facciate (una vicenda ormai simbolicamente importante), e se Draghi in questi prossimi mesi non si preoccupa di dare segnali inequivocabili per confermare di aver effettivamente sposato il paradigma post-keynesiano, senza lasciare più che si sospetti che vi sia invece un suo ritorno al passato, vi posso dire che il “fratello Mario” fallirà l’elezione al Quirinale».Caro Mario Draghi, attento a come ti comporti: avanti così, e il Quirinale lo vedrai col binocolo. Sarai infatti impallinato da tanti, insospettabili franchi tiratori, che – nel caso – agiranno come quando, nella corsa al Colle, fu ingloriosamente silurato Prodi. Il messaggio al “fratello Mario” è esplicito. Lo firma, mettendoci la faccia, Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” (Chiarelettere, 2014) ed esponente dei circuiti massonici “progressisti”, da sempre contrari alle politiche di austerity a lungo perseguite dall’ex capo della Bce. Nella sua visione politologica, anche sulla scorta di cospicue rivelazioni (mai smentite da nessuno), Magaldi propone una particolare lettura degli eventi storico-politici, partendo dal ruolo delle superlogge sovranazionali, elusive e determinanti. Una galassia bifronte di entità che, dietro le quinte, condizionerebbero i governi, nello scontro intestino – ultradecennale – che schiera da un lato i fautori del neoliberismo economico e della post-democrazia di segno “neoaristocratico”, e dall’altro i supermassoni che si dichiarano paladini della prospettiva post-keynesiana e del progressivo sviluppo degli spazi di cittadinanza democratica.
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Freccero: sveglia, il Grande Reset ci ha dichiarato guerra
Sono sconvolto, a Trieste è morta la democrazia. Sono tremendamente preoccupato. La popolazione non vede il grande piano delle élites mondiali, il Grande Reset di Davos. Ne parla Klaus Schwab, il direttore del World Economic Forum nel suo ultimo libro “Covid-19, The Great Reset”. La pandemia è la motivazione giusta per mettere in atto una costrizione sanitaria, come già illustrato anni fa da Michel Foucault nel suo capolavoro “Sorvegliare e punire”, nel capitolo sul “Panottico”. La seconda tappa è la distruzione dell’economia reale. E questa passa attraverso l’Agenda Verde, la decrescita, le tasse sulle energie fossili. Pochi sanno che nel settembre 2019 la finanza mondiale era in procinto di implodere: un rischio reale di insolvenza delle banche. La soluzione, da parte delle banche centrali, è stata di emettere liquidità sui mercati, senza limiti di sorta. Ma per evitare di creare inflazione bisognava paralizzare i consumi delle popolazioni, imprigionandole nelle loro case con strumenti come i lockdown, il coprifuoco, le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti.Altrimenti, come si sarebbe potuto imporre ai cittadini un’agenda tanto assurda? Da quando la pandemia è iniziata, le multinazionali moltiplicano i guadagni, mentre la gente comune è sempre più povera: questo la dice lunga. La gestione della pandemia si è fatta sulla scia del Grande Reset. Al resto basta il piano Schwab. L’obiettivo finale, da raggiungersi entro il 2030, è illustrato da uno slogan del Wef: nel 2030 non possederai nulla, ma sarai felice! Come? Con il fallimento delle piccole e medie imprese a favore di banche e multinazionali. Andiamo verso una nuova rivoluzione industriale, mostruosa. “La quarta rivoluzione industriale”, un altro libro di Schwab, spiega cosa deve accadere. L’uomo deve integrarsi con l’intelligenza artificiale, diventando un ibrido uomo-macchina. Questa ibridazione può essere fatta dall’esterno, con la tessera digitale, e dall’interno: con un chip. Per questo è venuta a volatilizzarsi la privacy, in ogni settore.E’ un processo legato a quest’ossessione del controllo che ha ispirato Schwab. Nei suoi testi è un elemento cardine. Porterà a un nuovo tipo di società con il fallimento del particolare e del nostro tessuto produttivo. Molti ridicolizzano questo scenario? Non c’è alcun complotto. Cosa è accaduto lo ha spiegato benissimo Warren Buffett, quando ha detto: «La lotta di classe esiste e l’abbiamo vinta noi, le élites». C’è una guerra in atto nell’informazione? Più che guerra direi che c’è una propaganda a senso unico. Accade perché le élites possiedono, oltre a tutta la ricchezza del pianeta, tutti i grandi gruppi di informazione: che sono così pochi da poter essere indicati con le dita della mano. Come la lotta di classe delle élites è stata vinta perché non aveva un antagonista, così anche la propaganda si è imposta in mancanza di antagonisti. Piuttosto oggi c’è una resistenza. Se la società è informazione, la resistenza oggi è resistenza mediatica.Con il passaggio dall’economia reale alla finanza, la lotta di classe ha cambiato segno. Nell’economia reale lo sfruttamento passava attraverso la proprietà dei mezzi di produzione; pertanto, la lotta di classe era fra padroni e operai. Nella finanza invece lo sfruttamento passa attraverso la moneta a debito. La nuova lotta di classe, quella di oggi, avviene tra le banche, che possono emettere moneta solo indebitando tutti gli altri, e il resto del popolo è oppresso dal debito. Questo “popolo dell’economia” non comprende solo gli operai, ma anche gli imprenditori, strangolati dal debito. Il serial “La casa di carta” è una grande allegoria di questa nuova lotta di classe: per questo ha avuto un così grande successo. Una banda di Robin Hood decide di svaligiare la banca centrale. Tutti pensano che usciranno da quella banca portando in spalla sacchi di banconote già stampate. Invece si barricano dentro e cominciano a stampare moneta.Nella lotta di classe tradizionale, la destra sono i padroni e la sinistra gli operai. La sinistra pertanto svolge un ruolo di parte attiva. Nella lotta di classe di oggi, la lotta è tra l’alto e il basso. Le élites oggi sono parte attiva, cioè conducono il gioco. Ma si gioca tra banche e popolo pieno di debiti. Cosa può fare, il popolo? Intanto può solo prendere coscienza. Ma la coscienza che può prendere il popolo non sembrano averla i sindacati, ancora appiattiti sul mito ottocentesco del lavoro come fonte di ricchezza. E in nome di questo lavoro sacrificano i diritti dei lavoratori. In questi due anni, poi, si è molto parlato di scienza e scienziati. Se dal lato epistemologico (cioè della filosofia della scienza) oggi la scienza si pone limiti rigorosi, dal lato della vulgata e della propaganda viene indicato come scientifico proprio ciò che si sottrae ad ogni verifica. Tutti coloro che esprimono dubbi sulla vaccinazione con i nuovi sieri sperimentali (scienziati compresi, perché la comunità è divisa) vengono additati come pazzi, untori, irresponsabili.Pensiamo ai vaccini: ci vengono imposti come scientifici senza aver terminato il ciclo di sperimentazione, previsto sul bugiardino nel 2023. Non a caso siamo obbligati a sottoscrivere il cosiddetto consenso informato per liberare da ogni responsabilità l’apparato, lo Stato, che ce li impone. È un assurdo scientifico. Inoltre, le persone vaccinate che chiedono più vaccinazioni credono che i vaccini proteggano dal virus e le vaccinazioni dal contagio. Non è così. Lo abbiamo visto dai numeri. Se i non-vaccinati fossero fanatici, come alcuni vaccinati, dovrebbero richiedere per legge l’allontanamento dei vaccinati. Diverse ricerche americane dimostrano che i Millennials e la Generazione Zeta sono quella parte della società che ha meglio accettato le misure governative di contenimento della pandemia e le campagne di vaccinazione. I Millennials sono nati e cresciuti in un grande Truman Show. Hanno imparato a usare i gadget digitali, prima di imparare a scrivere. Sono quella generazione nata e cresciuta insieme alle tecnologie digitali.I Millennials si identificano nelle tecnologie e vogliono salvare il mondo attraverso queste; sono consumatori che forse non si rendono conto di essere loro i primi ad essere consumati, perché necessari e strumentali alle web company e a chi le governa. A scuola hanno imparato gli obiettivi dell’Agenda 2030. Nel tempo libero socializzano on line e non dal vero. Questi ragazzi sono cresciuti praticando da sempre il distanziamento sociale ed il lockdown spontaneamente. Per questo li hanno accettati subito come naturali. Questa realtà era già la loro vita. E’ questo il dramma. Sta accadendo qualcosa di nuovo, in Italia? Le piazze piene di queste settimane. Per due anni siamo stati inerti, come paese, mentre tutto il mondo si ribellava. Eravamo in preda a un’ipnosi collettiva che ci paralizzava. Il Green Pass ha prodotto il miracolo. Orgogliose delle loro vittorie, le élites si sono divertite in questi anni a fare a pezzi, attraverso falsi obiettivi e un condizionamento martellante, il valore della solidarietà sociale. Ma prima sono arrivate le parole del vicequestore di Roma Schilirò, poi le piazze piene e oggi i portuali di Trieste. Mi sono commosso. Riportano in vita una parola che era cancellata dal nostro vocabolario: solidarietà. Bisogna ricominciare da lì.(Carlo Freccero, dichiarazioni rilasciate ad Antonio Amorosi per l’intrervista “La pandemia serve a distruggere l’economia, a Trieste è morta la democrazia”, pubblicata da “Affari Italiani” il 18 ottobre 2021).Sono sconvolto, a Trieste è morta la democrazia. Sono tremendamente preoccupato. La popolazione non vede il grande piano delle élites mondiali, il Grande Reset di Davos. Ne parla Klaus Schwab, il direttore del World Economic Forum nel suo ultimo libro “Covid-19, The Great Reset”. La pandemia è la motivazione giusta per mettere in atto una costrizione sanitaria, come già illustrato anni fa da Michel Foucault nel suo capolavoro “Sorvegliare e punire”, nel capitolo sul “Panottico”. La seconda tappa è la distruzione dell’economia reale. E questa passa attraverso l’Agenda Verde, la decrescita, le tasse sulle energie fossili. Pochi sanno che nel settembre 2019 la finanza mondiale era in procinto di implodere: un rischio reale di insolvenza delle banche. La soluzione, da parte delle banche centrali, è stata di emettere liquidità sui mercati, senza limiti di sorta. Ma per evitare di creare inflazione bisognava paralizzare i consumi delle popolazioni, imprigionandole nelle loro case con strumenti come i lockdown, il coprifuoco, le limitazioni ai viaggi e agli spostamenti.
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Al lavoro i ladri di felicità: la grande lezione di Trieste
E il bello è che, nella giornata degli idranti e dei lacrimogeni sugli inermi, qualcuno ha anche il coraggio di sostenere di esser stato eletto sindaco di Roma. Eletto da chi, nel vuoto cosmico dei seggi disertati da sette romani su dieci? Quella stessa mattina – a urne aperte – venivano amorevolmente manganellati i portuali di Trieste, spazzati via dalle truppe del ministero dell’interno. Immagini che fanno storia: il ragazzone Stefano Puzzer in lacrime, a terra, le mani strette in quelle dei compagni. L’Italia guarda, non dimenticherà. Vede perfettamente il senso dello spettacolo: spazzare via milioni di italiani fastidiosi, cioè ancora vivi e svegli. Milioni: troppi. Probabilmente destinati addirittura a dimezzarsi, come popolazione complessiva. Lo ha detto l’Istat, di recente: siamo un paese da 32 milioni di persone. Avanti di questo passo ci depopoleremo, semi-estinti dalla dilagante denatalità che affligge un sistema sociale ininterrottamente massacrato dal 1992, quando sua eccellenza Mario Draghi salì sul panfilo Britannia.Le privatizzazioni, la guerra al popolo italiano sotto forma di dismissione del più importante sistema pubblico-privato del mondo. Da lì in poi, come canta Edoardo Bennato, il seguito è una vergogna: mere conseguenze. Fino al venerabile Monti e alla genuflessione dei sindacati-fantoccio, oggi presi in braccio dall’imperatore in persona, mentre la generalità dei registrati all’anagrafe della repubblica – archiviata la Costituzione – viene sottoposta a vessazioni grottesche, medievali, verso un futuro di stampo cinese. La patente a punti, per sperare di restare semi-cittadini (ma sotto ricatto, per sempre). Un gioco antico: prima ti tolgo tutto e poi te ne restituisco una parte, con il peggior autoritarismo paternalistico: ma solo se farai quello che dico io. Di mezzo c’è stato un mare infinito di sciagure, minacce e cedimenti: le crisi finanziarie pilotate, i terrorismi fatti in casa. Oggi vale tutto, anche rincarare la benzina in modo folle. E raccontare, in modo altrettanto folle, oltre che ridicolo, che sarà l’auto elettrica a salvare il pianeta dall’esuberanza siderale del Sole.Eppure, Trieste lo mostra chiaramente: c’è un potere così vuoto e disperato da aver paura di cento ragazzi armati soltanto della loro tuta gialla, ovvero della loro irriducibile dignità di lavoratori. In una parola: armati della loro umanità. Alla faccia delle carnevalate incresciose che il copione sforna, tra porte infere e decreti varati a freddo, senza anestesia, tra gli alalà degli zombie politici presi in ostaggio, ipnotizzati da una sceneggiatura scritta altrove, lontanissimo da noi. Ecco il punto: il mondo ci guarda. Nei giorni scorsi, mentre la stampa nazionale taceva (che strano), la protesta di Trieste campeggiava sulle prime pagine dei quotidiani europei. A renderla visibile ha poi provveduto il Viminale, alla vecchia maniera: sprangate e getti d’acqua contro lavoratori in sciopero, decisi a far valere i diritti costituzionali dell’intera comunità italiana. Prima ti ignorano, poi ti deridono. Ora siamo alla terza fase della dinamica sintetizzata da Gandhi: ti combattono, temendo che sia vicinissimo il momento numero quattro, l’ultimo. La tua vittoria.Sempre nella giornata degli idranti (e delle elezioni-fantasma, a Roma e non solo), sui reticenti foglietti del post-giornalismo italico circolava la seguente indiscrezione: insieme al suo intero governissimo virtuale, sua eccellenza si starebbe preparando a metter fine alla presente pagliacciata, lasciando decadere il regime di apartheid il 31 dicembre. Come dare credito, ai pericolosi buffoni che da quasi due anni hanno sequestrato la vita degli italiani? Gli ottimisti, al contrario, scommettono su un allentamento ancora più rapido, magari truccando un po’ i numeri della campagna zootecnica di digitalizzazione di massa. Trieste, però, cambia le cose. Non ti aspetti più niente, da chi ti prende a secchiate in faccia. Lo fa perché ti teme, perché sa che non sei solo. Sa perfettamente che milioni di esseri umani stanno già inceppando la macchina, letteralmente, con un gesto semplicissimo: astenersi dal partecipare. Stare a casa: adesso sì. Far saltare – senza muovere un dito – i numeri della roulette in cui sono maestri, i bari e i ladri di vite umane, di destini, di gioventù. I ladri di felicità.(Giorgio Cattaneo, 19 ottobre 2021)E il bello è che, nella giornata degli idranti e dei lacrimogeni sugli inermi, qualcuno ha anche il coraggio di sostenere di esser stato eletto sindaco di Roma. Eletto da chi, nel vuoto cosmico dei seggi disertati da sette romani su dieci? Quella stessa mattina – a urne aperte – venivano amorevolmente manganellati i portuali di Trieste, spazzati via dalle truppe del ministero dell’interno. Immagini che fanno storia: il ragazzone Stefano Puzzer in lacrime, a terra, le mani strette in quelle dei compagni. L’Italia guarda, non dimenticherà. Vede perfettamente il senso dello spettacolo: spazzare via milioni di italiani fastidiosi, cioè ancora vivi e svegli. Milioni: troppi. Probabilmente destinati addirittura a dimezzarsi, come popolazione complessiva. Lo ha detto l’Istat, di recente: siamo un paese da 32 milioni di persone. Avanti di questo passo ci depopoleremo, semi-estinti dalla dilagante denatalità che affligge un sistema sociale ininterrottamente massacrato dal 1992, quando sua eccellenza Mario Draghi salì sul panfilo Britannia.
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Barnard contro tutti: sapete qual è il vero complotto?
Se da una parte ci rendiamo conto che non ci è stato raccontato tutto, come facciamo oggi a fidarci di chi ci ha preso in giro? Questa è una bellissima domanda: su questo punto, la schiera di chi si sta agitando per il Green Pass e i vaccini ha assolutamente ragione. La classe politica e (in grande parte) la classe scientifica non sono per niente affidabili: non c’è da fidarsi. La legge del Green Pass in Italia è fatta coi piedi, è fatta da cani: come dice Gianluigi Paragone, è politicamente infame. Le terapie domiciliari? Sono allo studio: la scienza le sta prendendo seriamente in considerazione. Nel frattempo di chi dovremmo fidarci? Di Sgarbi, che urla in televisione che il 20% dei vaccinati sconta effetti collaterali terribili? Macché 20%: è lo 0,0027%. Io dico: manteniamo la calma. Certo, ora mi insulteranno: diranno che ho tradito la causa degli alternativi, dell’opposizione ai poteri. Non è vero, anche se ho detto che il Grande Reset non c’è, non esiste. Se uno legge quel libro, scopre che non c’è assolutamente niente di quello che la gente dice che sia il Grande Reset.Certo che esistono, i progetti che puntano a un sempre maggiore controllo sociale: ma queste cose sono completamente disgiunte dal Covid. Io, che per primo ho denunciato in Italia quello che è stato veramente un complotto economico osceno, europeo, contro di noi e gli altri paesi del Mediterraneo (l’Ue, l’euro: un disegno partito negli anni Trenta), dico che le cose malefiche e nocive, nel mondo, compaiono “a random”. Beninteso: i complotti esistono, ma quando mai hanno davvero cambiato il corso della storia? Funziona così: prima si scatena una sciagura, poi ci sono quelli che se ne approfittano. Nel mio libro “L’origine del virus” documento come il Sars-Cov-2 sia “scappato” dal laboratorio di Wuhan, finanziato dagli Usa, nel silenzio della comunità scientifica. Quindi: “a random” è uscito il Covid, e adesso c’è chi se ne approfitta. Ma questo è normale, succede sempre. La pandemia è stata funzionale all’aumento esponenziale del controllo sociale? Certo: è stata funzionale, appunto, ma non creata apposta. E comunque: tutto quello che succede è sempre funzionale al controllo.Pongo l’accento su una cosa: tutti questi che oggi si agitano col Covid, tutti questi nuovi paladini delle libertà individuali che ora parlano di Reset, com’è che tutti i giorni della loro vita comprano, finanziano e applaudono il più grande, micidiale Reset della storia umana, che è l’arrivo del social network? Sta demolendo la coesione umana, la nostra intelligenza, il progresso: sta demolendo tutto. Gridano contro il Grande Reset del Covid, e poi passano il tempo su Twitter, su Instagram, su Facebook, tra chat e commentini. E ancora peggio: oggi stiamo parlando della privazione delle libertà individuali in relazione al Green Pass, mentre tutta questa gente manda i bambini, generazione dopo generazione, in quel tritacarne osceno che è il sistema scolastico, che fa di tutto per distruggergli l’autostima per sempre e li rende servi obbedienti, apatici idioti incapaci di distinguere ciò che è davvero importante; quando si agitano per qualcosa, è la cosa sbagliata (vedi il Covid).E i nostri bambini li mandiamo a milioni in questo sistema, che ci priva della libertà fondamentale di creare cittadini liberi, combattenti, con un’autostima forte, indipendenti mentalmente. E poi la privazione della libertà sarebbe il vaccino? Altro capitolo: oggi mi domandate chi è Mario Draghi? Be’, innanzitutto è uno psicopatico, in termini medico-clinici. Cioè: un uomo a cui manca totalmente la percezione degli esseri umani. E’ una macchina, è un uomo vitreo: è orrendo. Ed è un pericolo pubblico, dovunque si trovi. Naturalmente, le falci che questo psicopatico vorrebbe utilizzare sono tenute ferme dalle restrizioni di una società civile che, bene o male, ancora esiste, inclusi i cadaveri dei sindacati (ma se fosse per lui…). E Draghi è uomo che, in totale mancanza di consapevolezza, porta avanti il disegno neoliberista dell’economia neoclassica – dai folli disegni “random” degli ideologi della distruzione, dei governi filo-nazisti degli anni Trenta – l’ha protratto fino alla costruzione europea di Altiero Spinelli (che, poveretto, non sapeva quel che faceva) e poi tutta l’Europa dei tedeschi, quella di Padoa Schioppa.Draghi è una pedina marcia, funzionale a questo disegno. E’ un uomo orribile, pericolosissimo, ma non è colpevole: perché non sa quello che fa. E’ indottrinato, è un ayatollah del neoclassicismo economico e del neoliberismo: è un esecutore. Ma non di ordini: la sua è una fede. Non è che un arcivescovo prenda ordini dal Papa: ci crede, in quello che fa. E il disegno in cui crede Draghi è assolutamente micidiale. Ripeto, è un uomo pericolosissimo. Quando l’ho visto arrivare al governo, non ci potevo credere. Passino i cretini, gli incompetenti, i pazzi, i corrotti, la feccia dei Berlusconi e dei Renzi; ma questo è uno psicopatico-killer: come cavolo è arrivato qui? Ringraziamo i 5 Stelle: bravo Grillo, bravo Di Maio. Dite che il giornalismo italiano è diventato propaganda? No: è stato propaganda sempre. Il mio Vangelo del Giornalismo è questo: il giornalista dev’essere odiato da tutti. Deve molestare tutti e criticare anche i colleghi. Nessun giornalista fa questo, tutti fanno le “parrocchiette”. Non c’è mai stato, il giornalismo: non è mai esistito.(Paolo Barnard, dichiarazioni rilasciate nell’intervista realizzata da Matteo Gracis su YouTube e anche in quella registrata con Fabio Frabetti per “Money.it”. Dopo anni di silenzio, Barnard è tornato in scena con il suo saggio sulla crisi pandemica. La sua versione: il virus è pericoloso, è frutto di manipolazione genetica, è fuoriuscito dal laboratorio di Wuhan finanziato dagli Usa e si è propagato grazie all’omertà del regime di Pechino, dittatoriale quanto quello della Corea del Nord. Barnard contesta il Green Pass ma promuove i vaccini, ritenendoli capaci di minimizzare l’impatto della patologia. Il libro: Paolo Barnard, “L’origine del virus. Le verità tenute nascoste che hanno ucciso milioni di persone”. Edito da Chiarelettere, il libro si avvale di due co-autori, Angus Dalgleish e Steven Quay, tra i più autorevoli virologi al mondo).Se da una parte ci rendiamo conto che non ci è stato raccontato tutto, come facciamo oggi a fidarci di chi ci ha preso in giro? Questa è una bellissima domanda: su questo punto, la schiera di chi si sta agitando per il Green Pass e i vaccini ha assolutamente ragione. La classe politica e (in grande parte) la classe scientifica non sono per niente affidabili: non c’è da fidarsi. La legge del Green Pass in Italia è fatta coi piedi, è fatta da cani: come dice Gianluigi Paragone, è politicamente infame. Le terapie domiciliari? Sono allo studio: la scienza le sta prendendo seriamente in considerazione. Nel frattempo di chi dovremmo fidarci? Di Sgarbi, che urla in televisione che il 20% dei vaccinati sconta effetti collaterali terribili? Macché 20%: è lo 0,0027%. Io dico: manteniamo la calma. Certo, ora mi insulteranno: diranno che ho tradito la causa degli alternativi, dell’opposizione ai poteri. Non è vero, anche se ho detto che il Grande Reset non c’è, non esiste. Se uno legge quel libro, scopre che non c’è assolutamente niente di quello che la gente dice che sia il Grande Reset.
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No al Green Pass: un italiano su due diserta le elezioni
886.837Votare? No, grazie. Non è più una crepa, ma una voragine: «Quando si vota in città importanti e c’è un astensionismo intorno al 50% – ammette Giorgia Meloni – non è una crisi della politica, ma della democrazia». Solo il 54,69% degli aventi diritto ha preso parte alle elezioni comunali del 3-4 ottobre: un elettore su due è rimasto lontano dalle urne. Record negativi a Milano e Napoli, dove ha votato rispettivamente il 47,69% e il 47,18% degli aventi diritto. A ruota Torino (48,07%) e Roma (48,83%). Il sapore è quello di una diserzione generale: un atto di sfiducia pesantissimo, di fronte a quanto sta accadendo nel paese. E’ come se un italiano su due avesse bocciato il sistema politico che continua a recitare la farsa di una crisi fondata sulla disinformazione e sul ricatto. Una sciagura che erode libertà e diritti, lesionando la democrazia nata nel 1945. L’avvertimento è tacito, ma esplicito: se pensate di continuare su questa strada, lungo il vicolo cieco della coercizione, sappiate che non vi seguiremo.Numeri impietosi: sono rimasti a casa 6 milioni di cittadini, sui 12 chiamati a votare. Bilancio ancora più increscioso, se si pensa che il voto per amministrative, fino a ieri, era sempre rimasto al riparo dallo “sciopero bianco” degli astensionisti. Stavolta è diverso: a imporsi è il messaggio di chi rifiuta il Green Pass, e quindi i grandi partiti – tutti - sostanzialmente complici di un regime anomalo, passato dal mitico “andrà tutto bene” (epoca Conte) all’attuale Tso imposto da Draghi («Se non ti vaccini, muori»). Maschere di cartone: due facce della stessa medaglia, impegnate in una recita sinistra. Quella a cui si sta gradualmente opponendo la coscienza civile del paese, come dimostrano episodi eloquenti come la coraggiosa denuncia di Nunzia Alessandra Schilirò, vicequestore di Roma, secondo cui «il Green Pass è incostituzionale oltre che inutile, sul piano sanitario».La risposta? «Stare fermi», come raccomandato dall’alchimista Michele Giovagnoli: non partecipare, disertare, scioperare. E magari ritirare i bambini dalle aule, dando vita alle “scuole parentali” di cui si sta letteralmente riempiendo il paese, mentre autorevoli docenti universitari rinunciano a insegnare, rifiutando di sottoporsi alla vessazione. Primo risultato: le urne semi-deserte. Il caso di Torino fotografa bene il fenomeno: un tempo metropoli e oggi abitata da meno di 900.000 persone, la prima capitale d’Italia ha registrato il voto di appena 331.000 cittadini. Il candidato del cosiddetto centrosinistra, in pole position per diventare sindaco, è stato votato da appena 140.000 torinesi. Se i politologi potranno divertirsi a rilevare il crollo dei 5 Stelle, cioè la scuderia del sindaco uscente (meno di 30.000 voti, appena il 9%), non consola il magro bottino degli outsider.Da Paragone al valoroso Ugo Mattei fino agli attivisti del Movimento 3V, passando per “comunisti” vari (compresi quelli di Rizzo e di “Potere al Popolo”), non arrivano a racimolare – messi insieme – neppure un 10% dei consensi. E’ come se fossero stati punite anche le voci “contro”, per aver comunque voluto partecipare al vecchio gioco delle urne, pur sapendo che sarebbe stato largamente dominato dalle forze che – a Roma e nelle Regioni – puntellano la nuova modalità orwelliana di potere, sorretta dai fantasmi che siedono in Parlamento, facendo dell’Italia l’esempio di autoritarismo che oggi imbarazza il resto d’Europa. Mezzo paese è inquieto, e lo sta letteralmente mettendo per iscritto. Con anche la firma di Antonio Nicolosi, segretario generale dell’Unarma: per la più antica associazione sindacale dei carabinieri, «il Green Pass è inaccettabile».E’ vero che le amministrative servono a coinvolgere il cittadino solo nel governo della sua città. Ma – data la situazione di oggi, con almeno 15 milioni di italiani decisi a resistere all’abuso – probabilmente è parsa di cattivo gusto, l’omissione (in campagna elettorale) del tema sta costringendo le famiglie a subire misure inaudite, presentate sulla base della più spregiudicata mistificazione della realtà. “Io resto a casa” era lo slogan del gregge spaventato da Conte, in stile cinese, nel 2020: oggi invece rischia di trasformarsi in un incubo, per i partiti impegnati nelle speculazioni post-elettorali e nelle astruse trame quirinalizie. Facciano pure, non sono più affar nostro: è quello che sembra dire un italiano su due, nel drammatico autunno 2021 che sta facendo emergere un’altra Italia, non più disposta a farsi prendere in giro dai tanti cantastorie del potere.Votare? No, grazie. Non è più una crepa, ma una voragine: «Quando si vota in città importanti e c’è un astensionismo intorno al 50% – ammette Giorgia Meloni – non è una crisi della politica, ma della democrazia». Solo il 54,69% degli aventi diritto ha preso parte alle elezioni comunali del 3-4 ottobre: un elettore su due è rimasto lontano dalle urne. Record negativi a Milano e Napoli, dove ha votato rispettivamente il 47,69% e il 47,18% degli aventi diritto. A ruota Torino (48,07%) e Roma (48,83%). Il sapore è quello di una diserzione generale: un atto di sfiducia pesantissimo, di fronte a quanto sta accadendo nel paese. E’ come se un italiano su due avesse bocciato il sistema politico che continua a recitare la farsa di una crisi fondata sulla disinformazione e sul ricatto. Una sciagura che erode libertà e diritti, lesionando la democrazia nata nel 1945. L’avvertimento è tacito, ma esplicito: se pensate di continuare su questa strada, lungo il vicolo cieco della coercizione, sappiate che non vi seguiremo.