Archivio del Tag ‘Sergio Chiamparino’
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Primarie: malgrado il Pd, metà degli elettori contro la Tav
Non molto informati. Piuttosto frammentati nel giudizio sull’opportunità della Torino-Lione. E, soprattutto, poco inclini a seguire le posizioni marcatamente a favore dell’opera espresse dai vertici del partito. È questo il rapporto tra il popolo delle primarie del centrosinistra e il Tav, che emerge da un studio dell’Osservatorio di comunicazione politica dell’Università di Torino e del Cls di Cagliari su un campione di 653 elettori che il 27 febbraio hanno scelto Piero Fassino come sindaco di Torino. Con un dato interessante: solo il 55,3% degli elettori che nel 2008 aveva votato Pd ritiene il Tav una priorità o un’opportunità senza se e senza ma.
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Vent’anni di lacrimogeni, la ricetta del Pd per la val Susa
Vent’anni di lacrimogeni e di arresti, vent’anni di popolazione perennemente ostile. Questo è uno dei prezzi che ormai sembra disposto a pagare chi si ostina a fare la linea Tav in Val Susa. Gli altri prezzi gli osservatori onesti li hanno già squadernati davanti a noi: sono le devastazioni ambientali, sono le decine di miliardi dirottati dalle infrastrutture necessarie e dalla scuola per essere inceneriti nell’affarismo politico delle classi dirigenti italiane. Vent’anni di lacrimogeni sono un prezzo da esercito coloniale, sono cifre da Cisgiordania occupata. In un clima di conflitto così forte giocano la loro parte infiltrati e provocatori, ma il centro del discorso politico non potrà essere quello, sebbene i violenti pesino e svolgano perfettamente il loro ruolo
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Giulietto Chiesa: i No-Tav ci aiutano a difendere l’Italia
«Si può essere più antichi di coloro che credono nelle botte come un modo per risolvere il problema? Anche il rispetto della volontà popolare fa parte della storia del progresso». Parola di Furio Colombo, che Giulietto Chiesa cita nel suo ultimo video-editoriale all’indomani dell’alba di guerriglia vissuta coi No-Tav nella trincea di Chiomonte. Costretto con un migliaio di profughi a cercare scampo nel bosco, Chiesa non ha dubbi: la Torino-Lione non si farà mai e la ritirata dei valsusini da Chiomonte è stata un successo, perché ora l’Italia si accorgerà che la cricca che vuole devastare la valle di Susa è la stessa a cui gli italiani hanno appena impartito la storica lezione dei referendum per i beni comuni.
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Trionfo No-Tav: l’Italia scopre la resistenza della val Susa
Lunedì 27 giugno 2011: data che lascerà un segno nella disastrata agenda politica italiana, grazie all’eroica resistenza civile dei No-Tav che hanno costretto il governo all’uso della forza per sequestrare la valle di Susa, facendo esplodere una protesta che sembra aver finalmente aperto gli occhi all’opinione pubblica nazionale rinvigorita dai referendum e sempre più stanca di ladri e cialtroni. I nano-politici che pensavano di schiacciare una volta per tutte il dissenso contro la Torino-Lione ricorrendo ai lacrimogeni hanno commesso il più clamoroso degli autogol: i valsusini, fino a ieri assediati nella trincea della “Libera Repubblica della Maddalena”, ora vedranno ribaltato il loro ruolo e potranno guidare l’assedio democratico, fino alla vittoria finale.
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L’Italia dei referendum difenderà la valle di Susa
Dopo la valanga dei referendum, la valle di Susa diventa “capitale del bene comune”: imminente la convocazione, al “presidio” No-Tav di Chiomonte, della prima assemblea nazionale dei comitati referendari che il 12-13 giugno hanno trascinato alle urne 27 milioni di italiani. «Scoprirete presto che non siete affatto isolati», dice Giorgio Cremaschi, dirigente Fiom, salito in valle di Susa a sostenere i presidianti che occupano fisicamente l’area alpina prescelta per il cantiere di apertura della Torino-Lione. Il vento sta cambiando: la maggioranza degli italiani potrebbe «scendere in campo per opporsi a chi promette sviluppo e lavoro ma in realtà, con le grandi opere come questa, è interessato solo al profitto di qualcuno».
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Istigazione a delinquere: anche la Procura contro i No-Tav
«Resistere, resistere, resistere»: così Alberto Perino, popolare portavoce della protesta No-Tav, ha esortato gli attivisti del movimento radunati al presidio di Chiomonte, il 17 giugno, poche dopo il blitz della Digos che all’alba gli ha recapitato un avviso di garanzia della Procura di Torino. Insieme ad altri 7 militanti, Perino è accusato di resistenza a pubblico ufficiale, lancio di pietre, puntamento laser e taglio di alberi. L’episodio contestato è quello della notte tra il 23 e il 24 maggio, quando il primo convoglio di mezzi per il futuro cantiere della Torino-Lione, scortato dai carabinieri lungo l’autostrada del Fréjus, fu fermato da una sassaiola in prossimità del “presidio” della Maddalena, che i No-Tav occupano per tentare di impedire l’avvio dei lavori. Per Perino anche l’accusa di “istigazione a delinquere”.
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Castelli scarica la Tav: è tardi, forse può saltare tutto
Aria di fallimento per la Torino-Lione? Mentre il governo traballa, dopo la “sberla” dei referendum su acqua, nucleare e giustizia e in attesa del fatidico verdetto di Pontida, il pratone bergamasco dal quale ora si capirà se e come la Lega staccherà la spina dall’esecutivo del Cavaliere, un dirigente leghista come l’ex guardasigilli Roberto Castelli, ora viceministro per le infrastrutture, si mostra pessimista sulla realizzazione della contestatissima linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, alla quale la valle di Susa si oppone strenuamente da vent’anni. «Un progetto vecchio e ormai superato», aveva avvertito mesi fa l’europarlamentare Pdl Vito Bonsignore. E ora, l’allarmato pessimismo di Castelli.
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Val Susa, l’Italia di domani e i manganelli del centrosinistra
Arrivano notizie splendide dalla Val di Susa, dove a migliaia stanno presidiando la valle per impedire l’inizio dei lavori dell’Alta Velocità. Splendide perché ci dicono che l’Italia è viva, intellettualmente e moralmente. Arrivano notizie orribili da Torino. Dove il nuovo sindaco, Piero Fassino, del Pd, ha sostanzialmente invitato alla repressione, dichiarando a più riprese che “l’alta velocità s’ha da fare”. A quanto pare, a tutti i costi. Al Pd non è bastato fare la guerra in Libia, bombardando anche i civili. Adesso il centrosinistra lancia la caccia all’uomo in Val di Susa. Poiché è evidente che, per cominciare i lavori, occorrerà l’intervento della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, che bastoneranno, lanceranno gas lacrimogeni, e poi arresteranno i “facinorosi” che vogliono difendere la loro valle (ma anche tutti noi) e il semplice buon senso.
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Per favore, non massacrateci: No-Tav, appello ad Amnesty
«Scriviamo per attirare la vostra attenzione sul clima di minaccia ed annunciate violenze che i politici e gli imprenditori torinesi stanno creando contro il sacrosanto diritto di noi cittadini di protestare in modo pacifico, per contrastare la costruzione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione». Così l’appello che i No-Tav “sotto assedio” a Chiomonte in valle di Susa indirizzano ad Amnesty International, dopo l’accorata lettera aperta rivolta ai «cittadini in uniforme», gli agenti delle forze dell’ordine: «Non siamo noi i violenti, riflettete: quello che vi chiedono è di usare la forza per consentire la rapina dell’Italia, attraverso il colossale sperpero della Torino-Lione». E mentre la Cisl – senza Bonanni – “sbarca” a Susa per schierarsi coi cantieri, Fiom e Cobas restano accanto alla valle di Susa, che mobilita i suoi sindaci come nel 2005 per fermare l’assalto delle ruspe.
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Tav, nessuna pietà: piegare la valle di Susa ad ogni costo
Nessuna pietà per la valle di Susa: questione di ore, e i militanti No-Tav saranno nuovamente attaccati dalle forze antisommossa, pronte a sgombrare il campo “ad ogni costo” su ordine del governo per consentire l’apertura a Chiomonte del primo cantiere della Torino-Lione entro il 31 maggio. Si teme che l’assalto venga sferrato nella notte fra domenica e lunedì, scrive “Il Fatto Quotidiano”, una volta diradatasi la folla accorsa numerosa, sabato 28, per colorare la protesta lungo i tornanti del Colle delle Finestre su cui si è arrampicato il Giro d’Italia. Ma non c’erano solo attivisti valsusini: ha raggiunto i No-Tav una delegazione di operai della Fincantieri, per sostenere la resistenza della valle di Susa contro la maxi-opera «inutile», mentre i cantieri navali di Genova e Napoli sono sotto minaccia di chiusura.
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Vendola e Grillo, il nuovo che avanza in ordine sparso
Fateci caso: col suo exploit clamoroso, Beppe Grillo sfiora il 10% proprio a Bologna, dove il Pd mantiene la posizione per il rotto della cuffia. E proprio Bologna è la città di Fini e Casini, ovvero l’aspirante Terzo Polo, non certo premiato dagli elettori il 16 maggio. E quindi: è Grillo l’unica vera novità sul mercato elettorale italiano, grazie allo sfascio berlusconiano del centrodestra arrivato a terrorizzare i moderati, alla lunga crisi irrisolta del centrosinistra e al velleitarismo debole dei centristi. Nuovo che avanza? Macché. Secondo gli analisti più critici, non si va oltre l’esito agonistico del derby che Berlusconi ha voluto e disastrosamente perso, imboccando il viale del tramonto. Ma nel campo opposto regna il caos, senza ancora un’alterativa – né elettorale, né tantomeno politica – per uscire dalla grande crisi.
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Fassino ai Subsonica: tranquilli, non spegneremo Torino
C’era una volta la grigia tecnocity dell’Avvocato, la città industriale delle periferie operaie cresciute attorno ai mausolei risorgimentali del centro storico sabaudo. “Tutto era Fiat”, conferma Mimmo Calopresti in un documentario d’epoca, mentre Gianni Amelio, chiamato a dirigere il Torino Film Festival, in “Così ridevano” ricorda i tempi non gloriosi in cui la borghesia subalpina avvertiva: “Non si affitta ai meridionali”. Sembra un milione di anni fa. Prima di andarsene, l’Avvocato – sempre lui – patrocinò l’ultimo atto del suo regno: le Olimpiadi. Torino stava uscendo dal grigiore grazie al nuovo sindaco della società civile, Valentino Castellani, inaugurando una trasformazione spettacolare: da capitale dell’auto a “ville lumière” della cultura. Col successore Chiamparino, “il sindaco più amato dagli italiani”, dieci anni di trionfi. E ora, se vincesse Fassino? «Per favore, non spegnete Torino», raccomanda Max Casacci, facendosi portavoce del “popolo della movida”.