Archivio del Tag ‘sanità’
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No-Imu, rivolta fiscale contro la “patrimoniale dei poveri”
Primi segnali di rivolta nell’Italia ricattata dai poteri forti della finanza mondiale, che hanno imposto il governo Monti per tagliare la spesa sociale fino a pretendere la follia del pareggio di bilancio: lo Stato non più sovrano e ridotto a campare di tasse, senza poter più investire un solo euro sui cittadini. Il primo a sollevarsi è stato Paolo Barnard: «Sbagliato pagare le tasse per un totale che superi il 40% del Pil, il saldo deve restare attivo a favore della popolazione», tenendo conto che oggi la spesa pubblica sfiora il 50% del prodotto interno lordo. Se Barnard propone una “autoriduzione” orizzontale dei tributi, la battaglia politica si concentra sull’Imu, l’imposta sulla casa che resuscita l’Ici: abolirla fu un errore, dice Monti, rimproverando Berlusconi. Proprio la rivolta contro l’Imu viene ora agitata da Roberto Maroni, che spera di far dimenticare gli scandali della Lega. E il Piemonte di Roberto Cota sarà la prima Regione italiana a “licenziare” Equitalia. Concorde persino il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
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Crimini e misfatti: tutti gli orrori del governo Monti
“Micromega” li chiama “errori”, ma quella che Marco Travaglio riassume – sulle pagine dell’“Espresso” – è una spaventosa galleria di orrori. Davanti ai quali si potrebbe dire, con una battuta, che ci vorrebbero dei tecnici per ripararne tutti i guasti: «Ma se questi guasti li fa il governo tecnico, chi li ripara?». In pochi mesi, il “governo dei banchieri” creato da Napolitano ha totalizzato un record micidiale di disastri, grazie alla ferrea guida dal super-lobbysta Monti, già advisor di Goldman Sachs e stratega della Trilateral Commission per l’Europa, membro dell’élite finanziaria mondiale incarnata dal Gruppo Bilderberg e già “ministro” della Commissione Europea, massima espressione dell’oligarchia tecnocratica contro cui l’Europa – per via elettorale – sta cominciando finalmente a ribellarsi, mentre affonda nella spirale della recessione con l’euro che trasforma in un incubo la voragine dei debiti sovrani.
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Barnard: aprite gli occhi, la nostra rovina è il loro business
Nella savana, il leone è in agguato e punta la sua preda. Deve scegliere fra due uomini, quello armato di fucile e l’altro, quello disarmato. Chi attaccherà? L’uomo col fucile è l’America, che dispone del dollaro sovrano: finora ha mirato al risparmio, comprimendo la spesa, per la gioia dei parassiti della finanza, gli usurai del debito che hanno prosperato grazie alla complicità dei politici. Ma potrebbe sempre svegliarsi, l’America, e decidersi a usare il fucile – cioè fabbricare dollari e distribuirli, immettendo ricchezza a costo zero nelle famiglie e nelle aziende. Per questo il leone sceglierà l’altra vittima, quella disarmata. Indovinato: l’uomo senza fucile siamo noi, l’Eurozona. Incredibile ma vero: ci hanno portato al macello, nella savana dei leoni, raccontandoci che sarebbe stata una passeggiata. Ora ci tagliano i viveri e versano lacrime, sulle note dell’inno della crisi universale? Tutto perfettamente previsto: era il loro piano. Movente: incassi record, sulla nostra pelle.
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Avviso a Monti e Bersani: la Francia boccia la loro Europa
L’Europa è stanca: di “rigore” si può morire, e non se ne vede il motivo. Mentre l’Olanda andrà ad elezioni anticipate, in mancanza di un accordo politico “lacrime e sangue” per rispettare i diktat di bilancio del Fiscal Compact – lo Stato obbligato a ridurre ulteriormente la spesa sociale per contenere il debito – il primo turno delle presidenziali francesi punisce “Merkozy” e premia sia la sinistra di François Hollande che l’estrema destra di Marine Le Pen, entrambe contrarie alla “dittatura della Bce”. A differenza dell’Italia, dove Pd e Pdl al riparo di Mario Monti eseguono alla lettera il programma di austerity imposto da Bruxelles, o della Spagna, dove il neopremier Mariano Rajoy applica le durissime direttive di Francoforte, da Parigi ad Amsterdam la scure tecnocratica dell’eurocrisi sembra destinata ad incontrare un ostacolo imprevisto: la politica.
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Monti sbaglia tutto: e da oggi, salvare l’Italia sarà illegale
Il pareggio di bilancio, di fatto, sancisce l’illegalità del keynesismo. Secondo John Maynard Keynes, nei periodi di recessione, con la “domanda aggregata” insufficiente, era lo Stato, tramite il deficit spending, a far ripartire l’economia. Secondo questo principio, il deficit si sarebbe poi ripagato quando la crescita fosse ripresa. Ora, impedendo costituzionalmente il deficit di bilancio dello Stato – se non per casi eccezionali e comunque per periodi di tempo limitati – tutto ciò sarà impossibile. Da oggi il nostro paese abbraccia ufficialmente l’ideologia economica per la quale la priorità è evitare il deficit spending, ossia che lo Stato possa finanziare parte della domanda indebitandosi. Questa cosa può sembrare apparentemente ragionevole per paesi indebitati come il nostro, ma in realtà è assolutamente folle. Così facendo, si stanno replicando gli errori drammatici degli anni ’30.
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Bello pagare le tasse? Grillo: dipende dall’uso che se ne fa
«Le tasse sono bellissime». Lo disse Padoa Schioppa. Io però aggiungerei: «Dipende dall’uso che se ne fa!». Le tasse per comprare cacciabombardieri, per finanziare finte missioni di pace in Iraq e in Afghanistan, per i rimborsi elettorali di un miliardo di euro ai partiti, per le centinaia di milioni di contributi ai giornali? Per i vitalizi dei parlamentari ottenuti dopo una legislatura, per tenere in piedi le Province, per i costi da monarchia rinascimentale del Quirinale, per le Grandi Opere Inutili come la Tav, la Gronda o Expo 2015? Per i maxi emolumenti dei parlamentari, dei consiglieri regionali e provinciali, per le doppie e triple pensioni, per centinaia di migliaia di auto blu? Potrei continuare per ore.
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Tav, la talpa occulta della Casta che ci scava nelle tasche
Probabilmente non vincerà nessuno e perderemo tutti. Sulle grandi opere si sta scommettendo il futuro delle nostre economie, in particolare in Italia, perché le architetture finanziarie che si costruiscono su queste grandi opere sono meccanismi per scavare un debito pubblico occultato nella contabilità di società di diritto privato. Il cosiddetto project financing, del quale si riempiono la bocca molti politici quando le risorse pubbliche vengono a mancare, è esattamente il meccanismo che ha prodotto la crisi del 2009. In quel caso, il debito era costruito su finanziamenti privati; in questo caso, l’impacchettamento del debito è costruito sul debito pubblico. E il project financing è esattamente questo: una talpa, che provoca un debito pubblico futuro che prima o poi, inevitabilmente, emergerà. Questa talpa è già partita da molti anni – dall’inizio degli anni ’90, dal “dopo Tangentopoli” in poi – ed emergerà, prima o poi, perché è un debito occultato.
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Licenziare per crescere? Barnard: siete bugiardi e criminali
Licenziare per crescere? Follia, ossimoro. Ma attenti: il nuovo dogma riciclato dal club di Mario Monti in realtà è roba vecchia. La coniò cent’anni fa l’economista inglese Arthur Cecil Pigou, alfiere della scuola “neoclassica” europea, nemica dell’economia democratica fondata sulla condivisione progressiva della ricchezza prodotta. Quello di Pigou non era un errore, ma un calcolo: impoverire milioni di lavoratori significa innanzitutto concentrare fortune inaudite nelle mani di pochissimi “rentiers”, veri eredi dei nobili che in Francia nel 1789 esasperarono il paese fino a far scoppiare la Rivoluzione. Come può un lavoratore amputato nel reddito essere poi colui che consuma abbastanza da sorreggere l’economia a cui l’azienda stessa si rivolge? E, come disse Keynes: in un’economia che soffre per il calo dei consumi, a loro volta come fanno le aziende ad assumere lavoratori?
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Luca Mercalli al premier: Tav, il silenzio degli arroganti
Caro presidente Monti, l’8 gennaio a “Che tempo che fa” le ho donato una copia del mio libro “Prepariamoci” e Lei, squisitamente, mi ha stretto la mano e detto: «Ne abbiamo bisogno». Un mese dopo, assieme ad alcune centinaia di docenti di atenei italiani, ricercatori e professionisti (inclusi Vincenzo Balzani, Luciano Gallino, Alberto Magnaghi, Salvatore Settis) firmavo un appello per sollecitare una Sua riconsiderazione delle argomentazioni tecnico-economiche a supporto della linea ad alta capacità Torino-Lione, che da anni risultano non convincenti. A tutt’oggi non solo non è giunto un Suo cenno di considerazione, quanto piuttosto la perentoria affermazione che i dati sono definitivi e invarianti, le decisioni sono assunte, il progetto deve andare avanti anche manu militari. Non mi aspettavo una tale chiusura, ora fonte di una profonda spaccatura in una parte del mondo intellettuale e scientifico italiano.
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La politica italiana si rifiuta di giustificare la Torino-Lione
Pochi indizi certi: l’assassino è la Tav, mentre la vittima è la popolazione italiana, a cominciare da quella che vive in valle di Susa. Tuttavia, direbbe il commissario del telefilm, manca sempre il movente. L’ipotetico crimine resta senza un perché, mentre l’elenco dei feriti si allunga: almeno un centinaio in più, dopo il ruvido sgombero dell’autostrada del Fréjus il 29 febbraio. «Me ne hanno date tante», protesta il leader No-Tav Alberto Perino, rimasto per ore seduto sull’asfalto, inerme, e poi caricato con gli altri dall’impeto dei reparti antisommossa che hanno inseguito i manifestanti fin dentro l’abitato di Bussoleno, rastrellando strade e persino bar, sfondando porte. Lo dicono i video girati da reporter come Cosimo Caridi e Andreas Mazzia del “Fatto Quotidiano”, al termine di una terribile giornata di tensione avvelenata da notizie diffuse in modo incontrollato dai grandi media, i cui editori sono direttamente coinvolti nella cordata dei “general contractor” dell’alta velocità.
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Siria, sangue e menzogne: e se un giorno toccasse a noi?
Una “tecnica” (in inglese technical) è un tipo di veicolo militare low cost, un micidiale accrocchio composto da un mezzo civile con un cassone (tipicamente un pick-up) attrezzato con armi pesanti, quali lanciarazzi e grosse mitragliatrici. È spaventosamente efficace e distruttivo. Gli hanno dato anche altri nomi: gunship, guerrilla truck, battlewagon, gunwagon. Noi continuiamo a chiamarlo con il nome che ne battezzò la comparsa in Somalia. Guardiamolo bene, fissiamocelo in testa, quel veicolo. Quando la “tecnica” scorrazzerà nelle nostre strade di sempre, in slalom tra le macerie, l’involucro della nostra normalità sarà stato già frantumato.
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Bruxelles non ci lascia scampo: il nostro nemico è l’euro
Oramai è tutto chiaro: per salvare l’euro è necessario ridurre il gap di competitività fra i paesi dell’Eurozona, allineandosi all’istante con la Germania. Mission impossible: Berlino ha impiegato dieci anni per ridurre il costo del lavoro preservando il welfare, mentre all’Europa del Sud si chiede un salto nel vuoto, senza paracadute e senza la minima possibilità di successo. «L’unica speranza di salvezza, per i ceti popolari e medi, è la fuoriuscita immediata dall’Eurozona e dall’Unione Europea», dice esplicitamente Fabrizio Tringali, di “Alternativa”. «Senza la consapevolezza di questo, ogni battaglia di resistenza alle misure imposte dalla tecnocrazia europea si sconterà contro il ricatto della necessità di tali misure per salvare l’euro e l’unità dell’Unione».