Archivio del Tag ‘risorse’
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Uccidere la democrazia: piano perfetto, nato 40 anni fa
C’è una domanda centrale, assillante, che tutti ci facciamo: perché le cose non cambiano? Perché, nonostante decenni di manifestazioni, gruppi organizzati e proteste, le cose in realtà tendono a non cambiare mai? E’ una domanda che ci sta alla gola. Vorremmo tutti saper rispondere, vorremmo tutti vedere che c’è una risposta immediata o almeno decente, a questa movimentazione di società civile (che peraltro è in aumento) contro il cosiddetto potere, contro le malefatte del potere. E la risposta è semplicissima: le cose non cambiano perché noi non sappiamo chi è il potere. E quindi stiamo combattendo contro un obiettivo sbagliato. Se non sai chi è veramente chi governa la tua vita, combatti contro quelli che, in realtà, non governano la tua vita. Il potere, il vero potere, è stato di un’astuzia incredibile. E’ riuscito, negli ultimi 35 anni, a rimanere completamente nascosto; a proporre alle opinioni pubbliche un volto del potere che è falso, cioè a proporre le cosiddette marionette del potere.
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Consumo di suolo: ne abbiamo solo per altri 60 anni
Sembra incredibile. L’umanità ha coltivato la terra per migliaia di anni, e non c’è nulla che ci appaia più “infinito” della risorsa suolo coltivabile. Invece non è così: sembra che ne abbiamo solo per altri 60 anni, continuando con la tendenza in atto. E non sono catastrofisti svitati o decrescitisti allarmisti a dirlo, ma nientedimeno che il World Economic Forum. Trovate tutto qui sul “Time”, ecco una traduzione: «Un calcolo a spanne dell’attuale tendenza di degrado dei suoli suggerisce che abbiamo circa 60 anni di terra coltivabile rimasta. Il 40% delle terre agricole del mondo sono classificate come degradate o molto degradate – quest’ultima definizione significa che il 70% dello strato superficiale, quello che consente alle piante di crescere, è ormai andato».
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Ma Ingroia non spiega come finanziare la rinascita del paese
Per favore, non perdiamo subito la faccia e chiariamo almeno due punti. Primo, il “quarto polo” non avrà mai nulla a che fare col centrosinistra, che resta “nemico” perché complice dei poteri forti. Secondo: l’Italia non parteciperà mai a più a missioni militari fuori dai propri confini. Giulietto Chiesa, fondatore di “Alternativa”, è tra i promotori del comitato No-Debito, una delle fonti di opinione del nascituro “quarto polo” capitanato da Ingroia e De Magistris. Chiesa è spazientito: nel “manifesto” del nuovo gruppo, che si candida a sinistra del centrosinistra, non c’è traccia di indicazioni sulle alleanze o sul “no” alla guerra, né tantomeno sulle regole da condividere per poi passare alla corsa contro il tempo per l’eventuale raccolta di firme. “Io ci sto”, l’appello lanciato da Ingroia, è una piattaforma di buone intenzioni che però, incredibilmente, di fronte alla crisi non dice una sola parola sul cuore del problema: dittatura della finanza e sovranità democratica.
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Grillo scelga i migliori, se vuol salvare la Terza Repubblica
Machiavelli scrisse il “Principe” per trovare soluzioni politiche pratiche e per immaginare un soggetto forte che le mettesse in atto. Pensava che nella crisi di allora ci fosse comunque un’opportunità. Anche nella crisi di oggi sorgono opportunità, cambieranno gli interpreti, muteranno i partiti politici. E in molti già ora vogliono dire la loro, esserci, sfiorare i panni che il “Principe” potrà vestire. Che “Principe” avremo nel 2013? Monti? Berlusconi? Bersani? O magari proprio Grillo, come si augura Pino Cabras? Stretto collaboratore di Giulietto Chiesa nel laboratorio politico “Alternativa”, Cabras lancia una proposta precisa: allargare la rappresentanza dei “5 Stelle”, aprire agli indipendenti, irrobustire le candidature e puntare su un programma forte, in grado di ribaltare per davvero il futuro della Terza Repubblica che si va preparando.
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Michele Serra: la crisi finirà solo con una guerra mondiale?
«Vicende come quella dell’Ilva alimentano un sospetto radicale. Che questa crisi non finirà mai: nel senso che questo sistema produttivo, questa organizzazione del lavoro, questi modelli di consumo hanno concluso la loro parabola ascendente, imboccando la china declinante. Se questo è vero – se, cioè, la crisi è davvero “strutturale” o “di sistema” come dicono in parecchi – chiunque annunci la fine della crisi mente; o si sbaglia; o si sente in dovere di dare conforto». Parola di Michele Serra, che si esprime così, il 28 novembre, su “L’Amaca”, la piccola rubrica quotidiana che tiene su “Repubblica”. Parole chiare, e tanto lontane – per fortuna – dall’ipocrisia che domina la narrazione generalista, le finte analisi della politica, i surreali salotti televisivi.
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Lester Brown: presto non ci sarà più da mangiare per tutti
Il mondo è in una fase di transizione, da un’epoca dominata dal surplus, ad una dominata dalla scarsità. Sono in atto varie tendenze, che interessano sia la domanda che l’offerta e che portano ad un impoverimento delle scorte alimentari mondiali e ad un aumento dei prezzi. Questa situazione non è temporanea, si tratta piuttosto di una transizione di lungo periodo dall’abbondanza alla scarsità. Sotto il punto di vista della domanda c’è l’aumento della popolazione; non è una novità, negli ultimi decenni siamo cresciuti al ritmo di ottanta milioni l’anno. In pratica significa che stasera ci saranno 219.000 persone sedute a cena che ieri sera non c’erano, e che domani ce ne saranno altre 219.000 in più. La crescita della popolazione è continua e non accenna a diminuire. Il secondo elemento che crea l’aumento della richiesta di cibo è l’aumento della ricchezza. Aumentando il reddito, la gente, indipendentemente da dove si trovi, sale nella catena alimentare, e consuma più carne e pollame.
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Pallante: scordiamoci questi partiti, non lavorano per noi
Per favore, lasciamo perdere i partiti: con loro è tempo perso. Sanno solo ripetere la fiaba della crescita, che si sta frantumando giorno per giorno sotto i nostri occhi. Di loro non c’è da fidarsi: sono alleati, da sempre, con la grande industria, la finanza e le multinazionali, comprese quelle degli armamenti, necessari per dominare il pianeta allo scopo di garantirsi il monopolio delle risorse planetarie. Il mondo si è rotto, e non saranno certo loro a ripararlo: serve una nuova alleanza sociale, che metta insieme movimenti liberi, cittadini attivi, sindacati indipendenti, piccole imprese, artigiani e agricoltori. Un patto, per invertire la rotta verso l’unica soluzione possibile: la “decrescita selettiva” della produzione di merci, creando occupazione “utile” fondata sui territori, tagliando gli sprechi. «Solo per l’energia, l’Occidente butta via il 70% di quello che produce». Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita, lancia un appello: uniamo le forze, da subito, per riscrivere l’agenda dell’Italia.
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Come siam piccoli, visti dal forziere energetico del pianeta
Spesso è proprio questione di punti di vista. Non è una grande novità, molti (io no) la pensano sempre così. Ma spesso è utile saper modificare il “punto di vista”: permette di vedere le cose in tre dimensioni, qualche volta di più. Per esempio, qualche tempo fa stavo a bordo del “Demian Bednij”, grossa nave che potrebbe fare la sua figura anche nel Mediterraneo, ma che non arriverà mai in questo mare nostrum. Forse dovrei dire anche chi era Demian Bednij che, in russo, vuol dire Demian “il povero”. Se gli hanno dedicato una grossa nave vuol dire che, per qualcuno, qualche merito lo avrà avuto. Infatti fu un grande poeta russo, che si chiamava in realtà Yefim Alekseevic Pridvorov, che fu amico di Trozkij e di Stalin, ma anche di Mandelstam, e poi odiato dal partito, ma anche il poeta preferito di Nikita Krushev. Eccetera. La storia della rivoluzione bolscevica è piena di queste singolarità, ma tutto questo non c’entra niente con la rivelazione della relatività che io ebbi a bordo del “Demian Bednij”.
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Monti: sanità senza soldi. Staccheremo la spina ai malati?
Via gli ospedali: costano troppo. E i malati? Pazienza, si arrangino. Chi se lo può permettere, si rivolgerà a cliniche private. Neppure i peggiori tangentocrati del passato erano mai arrivati a tanto: minacciare di chiudere il servizio sanitario nazionale, per presunta mancanza di fondi, è l’ennesimo record del salvatore della patria spedito a Palazzo Chigi direttamente dalla Goldman Sachs, dai Bilderberg e della Trilaterale, col placet di Napolitano, di Bersani e degli altri candidati alle primarie del centrosinistra. Presto, dichiara testualmente Monti il 27 novembre 2012, non sarà più possibile garantire la sostenibilità finanziaria del sistema sanitario nazionale. Spaventato dalle immediate reazioni suscitate («Se vuole privatizzare la sanità, lo dica», avverte Susanna Camusso della Cgil), il professore tenta di smentirsi in capo a una manciata di minuti: non è a rischio la sostenibilità finanziaria, si contraddice il premier, ma – aggiunge – è necessario trovare altre modalità per sostenere i costi della sanità pubblica.
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Energia e clima: il futuro è sporco, nero come il carbone
Il futuro è sporco: nero come il carbone che alimenta le centrali di oggi e, soprattutto, quelle di domani. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, “la domanda di carbone nel mondo crescerà del 21% entro il 2035”. Sono già più di mille i nuovi impianti in arrivo: bruciando il buon vecchio combustibile fossile, immetteranno in atmosfera una quantità di gas serra pari a quelle dell’intera Cina, ormai il più grande inquinatore del pianeta. Catastrofe climatica assicurata, avverte il World Resources Institute, ma l’allarme cade nel vuoto: l’importante, per i super-produttori, è garantirsi energia a basso costo. Proprio la Repubblica Popolare, insieme all’India, ospiterà più di tre quarti di questi nuovi impianti. I due giganti asiatici però non sono soli: fra i 10 principali importatori e utilizzatori di carbone restano anche nazioni europee “virtuose” come la Germania, il Regno Unito e, nonostante la forte vocazione nuclearista, la Francia.
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Arriva una guerra mondiale: lo dicono i guru della finanza
Mentre Israele bombarda Gaza per colpire Hamas, alleato di ferro dell’Iran, all’indomani dello scandalo Petraeus che ha azzoppato la Cia e con essa il generale più prestigioso del Pentagono, i guru della finanza mondiale vedono ormai la guerra come destino imminente dell’umanità, o almeno dell’Occidente stritolato dai debiti: «Crediamo che la guerra sia un’inevitabile conseguenza della attuale situazione economica mondiale», avverte Kyle Bass, super-manager di hedge funds americani e fondatore di “Hayman Capital”. «Trilioni di dollari di debiti saranno ristrutturati – scrive Bass sul “Washington’s Blog” – e milioni di risparmiatori finanziariamente prudenti perderanno una percentuale rilevante del loro potere d’acquisto reale, esattamente al momento sbagliato nella loro vita: ancora una volta, il mondo non finirà, ma il tessuto sociale delle nazioni dilapidatrici sarà sfilacciato e in alcuni casi strappato. Purtroppo, guardando indietro nella storia economica, troppo spesso la guerra è la manifestazione di una semplice entropia economica sostenuta fino alla sua logica conclusione».
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Pallante: facciamo decrescere gli sprechi, non il lavoro
Decrescita non significa diminuzione: se fosse diminuzione, non si uscirebbe dalla logica quantitativa della crescita. Il concetto di decrescita implica l’introduzione di criteri di valutazione qualitativi. Cioè: molte cose che consumiamo, le sprechiamo. Abbiamo delle case che, per essere riscaldate, per ogni metro quadrato consumano mediamente 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano all’anno, quando in Germania non danno la licenza di abitabilità a case che ne consumino più di 7, e le case migliori ne consumano 1,5. Il problema è che dobbiamo introdurre elementi di valutazione: non tutte le merci che fanno crescere il prodotto interno lordo sono beni, sono utili. E allora, se partiamo da questa premessa, sviluppiamo delle tecnologie in grado di ridurre gli sprechi.