Archivio del Tag ‘risorse’
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Green Deal, maxi-raggiro: raddoppia la razzia della Terra
Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.Pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali. Un commentary uscito su “Nature Geoscience” pochi anni fa stima che, solo per convertire un settimo della produzione di energia primaria mondiale (25.000 TWh), potrebbe essere necessario triplicare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonnellate l’anno a quasi 35), quintuplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonnellate a poco più di 10) e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili neanche il 15% del fabbisogno energetico mondiale. Non solo, va considerato anche un aspetto tecnico: il “filone d’oro” esiste solo nei fumetti. Per fare un esempio, in un giacimento di rame, mediamente il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%. Questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonnellate di roccia. Le grandi miniere d’oro sudafricane macinano 5/6.000 tonnellate di roccia al giorno per estrarre meno di 20 tonnellate di metallo prezioso l’anno. Ma non basta.Come si produce l’alluminio? Beh, con un procedimento che consuma moltissima energia: per produrre una tonnellata di alluminio, infatti, sono necessari circa 30.000 kwh (tra energia termica ed elettrica). E anche la siderurgia è un’attività energivora: la produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti. Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 25.000 Twh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 7.000/40.000 Twh l’anno di energia fossile in più. E non è finita qui. Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, infatti, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi di anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi target del Green Deal, avrà bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo. È bene sottolineare che queste stime non sono le maldicenze di un mercante di dubbi pagato da Big Oil. L’Onu, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto ampi rapporti in cui arrivano a conclusioni analoghe: serviranno moltissime risorse naturali in più. Gli studi che approfondiscono l’argomento d’altro canto sono numerosi, e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli del mondo: “Pnas”, “Science”, “Nature”.Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, da “Le Scienze” alle tante testate digitali, curiosamente in lingua italiana non esiste un singolo approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio. La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali in pochi decenni. Oppure come sia possibile che, mentre ci si indigna per i disastri ambientali in Amazzonia o in Australia, si progetti di scavare fosse profonde 170 km per cercare i metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria eolica e solare (una prospettiva che per il momento, tra l’altro, è fantascienza pura, dato che si parla di operare a temperature e pressioni ingestibili con la tecnologia attuale).La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità. Immaginatela 40 volte più grande. Su “Econopoly” ci eravamo già occupati di questo aspetto e lo avevamo fatto ben prima che la pandemia di Covid-19 mettesse in luce che la scienza non è affatto monolitica come la dipingono alcuni media (sul clima impazzito ascoltate gli scienziati: ok, ma quali?). In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali. Quindi, in buona sostanza, uno scenario molto diverso da quello che viene venduto all’opinione pubblica.Non si tratta di una distopia, di un futuro lontano avvolto nelle nebbie del probabilmente e del forse: la Commissione Europea ha appena annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea e il prezzo del rame vola (+40% da marzo a oggi), trainato proprio dalla domanda legata alle auto elettriche cinesi e al Green Deal europeo. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche. Sospinti dall’emotività, alimentiamo una bolla epocale. Ci sono altre soluzioni? La temperatura continua ad aumentare, non possiamo fare finta di niente. Certo che ci sono altre soluzioni. E di nuovo, ci si scontra con il muro di gomma della divulgazione: l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così. Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (Dac). La cattura diretta è una tecnologia dall’apparenza pionieristica, ma in realtà molto semplice, che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Niente di fantascientifico, esistono decine di impianti pilota perfettamente funzionanti in tutto il mondo.Genericamente questa tecnologia viene ridicolizzata in quanto molto costosa: i risultati certificati a livello scientifico si attestano su un costo minimo di 94 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Oggettivamente, un costo non indifferente dato che ne emettiamo quasi 37 miliardi di tonnellate l’anno. Chiunque faccia notare che stiamo parlando dei dati relativi a un impianto pilota, molto piccolo, e che in un impianto di grandi dimensioni i costi potrebbero essere già ora molto più bassi, viene accusato di pensiero magico, nonostante il potenziale delle economie di scala sia noto e facilmente misurabile. Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate. Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe “solo” 3.000 miliardi l’anno! È veramente difficile capire come si possa definire la cattura diretta costosa, appoggiando contemporaneamente una soluzione che costa il doppio.Da non dimenticare, poi, come sottolinea proprio “Nature”, che la cattura diretta ha un vantaggio fondamentale rispetto a tutte le altre soluzioni: minimizza l’incertezza, aggredisce il nocciolo del problema. Da una parte parliamo di ridurre l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera attraverso complessi meccanismi culturali e sociali, dall’altra di toglierla direttamente con una tecnologia. Ancora più curioso è il caso della riforestazione e dell’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica: parliamo di agricoltura intensiva con rese superiori a quella chimica tradizionale), due opzioni perfettamente ecosostenibili che ci permetterebbero di tamponare rapidamente il problema del cambiamento climatico, con un dispendio di risorse limitato e ricadute socioeconomiche allettanti. Eppure, le iniziative in questa direzione sono continuamente sotto il fuoco degli scienziati, dei divulgatori e degli attivisti green. Un paradosso. L’accusa è spiazzante: l’adozione di queste soluzioni potrebbe rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.Ma l’obiettivo finale di questo gigantesco sforzo è mettere al sicuro il pianeta dall’incertezza climatica oppure far fare un mucchio di soldi alla lobby delle energie rinnovabili? Oramai è diventato molto difficile capirlo. Elon Musk è indubbiamente un imprenditore brillante, un genio del nostro tempo, ma non per questo ci dobbiamo sentire obbligati a versargli 1.000/2.000 miliardi di dollari l’anno, generosamente irrorati da fondi pubblici che togliamo alla sanità o all’educazione, solo per fare due esempi. Sarebbe bello poter chiosare, come d’altronde va molto di moda in questi tempi, dicendo che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, perché ne va del nostro futuro. Ma se a monte c’è un filtro che seleziona quali informazioni devono arrivare ai media e quali no, questo diventa solo l’ennesimo esercizio di stile altezzoso e inconcludente. «Va notato che l’Ipcc nel suo quinto rapporto, coerentemente con tutte le precedenti relazioni di valutazione, non affronta esplicitamente la questione delle implicazioni materiali degli scenari di sviluppo climatico» (World Bank).(Enrico Mariutti, “La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?”, dal “Sole 24 Ore” dell’11 novembre 2020; l’articolo è pubblicato nel supplemento “Econopolis”. Ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, nonché autore de “La decarbonizzazione felice”, Mariutti è il “founder” della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Isag, Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie).Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.
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Ospedali, business Covid: 2.000 euro al giorno a paziente
Parliamo del grande business che si cela dietro gli ospedali Covid: per ogni ricoverato, la struttura ospedaliera riceve 2.000 euro al giorno. A spiegarlo non è una persona fuori dal sistema dalle istituzioni, ma il l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Intanto, i numeri reali della delle terapie intensive rimangono dubbi, misteriosi, perché neanche i primari – pensate – possono comunicare quanti posti liberi ci sono, in quelle terapie intensive. Un ospedale con 100 malati di Covid in reparto riceve della propria Regione 200.000 euro al giorno: lo rivela appunto Bertolaso, un uomo che il sistema lo conosce bene. Nascono così tanti dubbi e sorgono mille domande sulla gestione di tutta questa emergenza, sul colossale business e sui conflitti d’interesse. «Come si può pensare che, spontaneamente, i vari ospedali si privino di malati di Covid per mandarli altrove?», si chiede ancora Bertolaso. Insomma, detta così forse sembrare fin troppo cinico, ma i malati Covid rappresentano una vera e propria risorsa economica per gli ospedali (e un importante eborso per lo Stato, che tramite le Regioni eroga ai nosocomi ben 2.000 euro al giorno per ogni paziente ricoverato).L’ex capo della protezione civile critica anche le misure introdotte da questo governo, che – dice – sforna Dpcm sempre più restrittivi: un segnale di resa, imponendo chiusure progressive con pesantissime conseguenze sull’economia. E poi, continua Bertolaso, mancano le contromisure propositive: «Dov’è la soluzione, se mi chiudi dentro casa ma poi mi costringi a 10 ore di fila per fare un tampone?». Intanto si cerca di fare chiarezza sui dati che arrivano dalle terapie intensive, che secondo gli ultimi aggiornamenti sarebbero sature al 14% (media nazionale), con punte che non superano il 22%, come accade in Campania. Non è però facile conoscere la reale situazione interna degli ospedali: i dati vengono forniti solo dalla direzione sanitaria. Abbiamo chiesto al professor Pietro Luigi Garavelli, primario di malattie infettive presso l’ospedale di Novara, quali fossero le condizioni della terapia intensiva. Ci ha risposto così: «La situazione a Novara? Mi fa una domanda alla quale io non posso rispondere, perché esiste un disposto regionale in base al quale io posso parlare, discutere di Covid, di tutto e di più dal punto di vista scientifico e divulgativo; ma per parlare di dati relativi all’ospedale dove lavoro, la competenza è della direzione sanitaria».È stato molto chiaro, Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo presso l’ospedale di Novara; lui non è nelle condizioni di rispondere, non può fornire nemmeno i dati relativi ai suoi reparti. E dunque vogliamo fare un appello, noi di “ByoBlu”: chiunque di voi volesse raccontarci, invece, la reale situazione che c’è in questi ospedali italiani all’epoca del Covid-19 può farlo (ovviamente anche in forma anonima) scrivendoci all’indirizzo redazione@byoblu.com. Ovviamente il nostro appello si riferisce a medici, infermieri e, insomma, operatori del settore che conoscono davvero la reale situazione all’interno delle strutture ospedaliere italiane, oggigiorno.(Virginia Camerieri ed Emanuele Canta, testo del servizio “2.000 euro al giorno, il business degli ospedali Covid”, trasmesso da “ByoBlu” il 27 ottobre 2020 e ripreso in video su Facebook).Parliamo del grande business che si cela dietro gli ospedali Covid: per ogni ricoverato, la struttura ospedaliera riceve 2.000 euro al giorno. A spiegarlo non è una persona fuori dal sistema dalle istituzioni, ma il l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Intanto, i numeri reali della delle terapie intensive rimangono dubbi, misteriosi, perché neanche i primari – pensate – possono comunicare quanti posti liberi ci sono, in quelle terapie intensive. Un ospedale con 100 malati di Covid in reparto riceve della propria Regione 200.000 euro al giorno: lo rivela appunto Bertolaso, un uomo che il sistema lo conosce bene. Nascono così tanti dubbi e sorgono mille domande sulla gestione di tutta questa emergenza, sul colossale business e sui conflitti d’interesse. «Come si può pensare che, spontaneamente, i vari ospedali si privino di malati di Covid per mandarli altrove?», si chiede ancora Bertolaso. Insomma, detta così forse sembrare fin troppo cinico, ma i malati Covid rappresentano una vera e propria risorsa economica per gli ospedali (e un importante eborso per lo Stato, che tramite le Regioni eroga ai nosocomi ben 2.000 euro al giorno per ogni paziente ricoverato).
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Virus e vaccino, per arrivare al mondo post-umano di Colao
Stanno cercando in ogni modo di prolungare l’emergenza, paventando rischi maggiori di quelli probabilmente effettivi. Più il tempo passa, più verrà indebolito il nostro sistema economico, il nostro tessuto sociale. Più è distrutto, più è facile rifarlo in un altro modo: con nuovi criteri e nuovi padroni, capaci di comprare più facilmente quello che costerà di meno, o i settori che saranno semi-distrutti. Ci stanno imponendo un’emergenza che sembra infinita: tengono alta la paura del Covid, perché altrimenti non potrebbero più presentarci il vaccino come unica possibile vie d’uscita. Ma c’è dell’altro, ed è anche peggio: mentre il Comitato Tecnico-Scientifico sta usando il virus per distruggere l’economia, la task-force per la ricostruzione (ancora più pericolosa) pensa di sfruttare la crisi per cambiare per sempre l’economia, sottraendola al controllo degli italiani. Cts e task-force sono due “corni” di un unico demone. Il Cts è fatto di scienziati abbondantemente venduti al potere, ed è espresso da organismi internzionali come l’Oms e l’Onu. Per loro l’unica salvezza sarà il “messia” vaccino. Ovviamente, il Cts si guarda bene dal dire che la vera salvezza sta innanzitutto nel rafforzare il proprio sistema immunitario. Suggerimenti e indicazioni, da loro? Zero: la gente deve stare male per poi potersi vaccinare, e vacciandosi stare ancora peggio, e quindi assumere ancora più farmaci. Indovinate per chi lavorano, questi?Poi c’è il secondo “corno”, la task-force di Colao. Lavora per la ripresa? Non è così, faranno altro. L’ha detto lo stesso Colao: «Non si può sprecare una crisi». E’ un’opportunità unica, per cambiare la struttura economico-sociale del paese. Conoscendoli, significa: globalizzarla, meccanizzarla, robotizzarla, dandola ancora più in pasto alla finanza internazionale, sottraendola agli italiani che lavorano, all’iniziativa individuale, e mascherandola persino da Green New Deal e da ottimistica ripresa dopo il Covid. Vittorio Colao sta a Londra, loro si parlano via web. E’ una sorta di nuvola nera, quella che incombe sopra Palazzo Chigi. Gli uomini della task-force parlano ai loro maggiordomi del governo, a questi burattini prestati ai poteri da masse incoscenti di italiani, che li hanno votati (e nel caso di Conte, nemmeno li hanno votati). E allora scopriamola, la pericolosità di questa task-force e del potere vero che rappresenta. Vittorio Colao è un uomo della finanza internazionale. In questo momento è il grande profeta del 5G, della cosiddetta transizione digitale. E’ passato per Morgan Stanley, McKinsey, poi Rcs, poi Omnitel, Vodafone e ora General Atlantic, un mega-fondo da 35 miliardi di dollari che già lavora (con una task-force sua) studiando come intervenire nel tessuto socio-economico della ripresa.Come? Comprando, stravolgendo e finanziando solo chi vuole, nell’ambito dell’imminente programma, una sorta di Piano Marshall nel quale useranno un’economia distrutta dalla crisi per ricostruirla come voglino loro. Vogliono cioè meccanizzarci, tecnologizzarci, verticalizzarci, centralizzarci, mondializzarci. Come dice Colao: «Le peggiori crisi sono quelle che si sprecano». E attenti ai professori della task-force: sembrano italiani, ma sono “amerikani” (con la kappa), allevati nelle grandi università del potere mondiale. Per esempio Enrico Moretti, della Berkeley. Apprezzatissimo da Obama, Moretti vuole una società nella quale le piccole e medie imprese (e il turismo) non siano più al centro. A guidare tutto devono essere solo i colossi connessi all’elettronica, sul modello Seattle-Microsoft. Moretti teorizza la necessità di smontare il tessuto economico e sociale italiano, in cambio di strutture mondiali nelle mani della grande finanza. Poi c’è Marianna Mazzuccato, della London University. Dice: bisogna dare allo Stato, e non più ai privati, la guida della rivoluzione tecnologica. Vuole un dirigismo centralista, che faccia affluire solo a qualcuno i soldi delle nostre tasse, a danno della nostra libera impresa, finora fiorente.A completare il “tridente” dei professori “amerikani” è Raffaella Sadun, economista della Harvard Business School. Sogna manager sempre più abili nella transizione tecnologica dall’umano al post-umano. Poi c’è Roberto Cingolani, che oggi lavora a Leonardo (armamenti). E’ un fisico, esperto in robotizzazione. Accanto a loro c’è Stefano Simontacchi, potentissimo avvocato d’affari: ci sarà bisogno, infatti, di far affluire nei posti giusti il mare di soldi in arrivo. E attenti ancora: nella task-force di Colao ci sono gli uomini del famigerato Club di Roma: Enrico Giovannini, Francesco Starace. Il Club di Roma fu fondato a metà del ‘900 da un potere “nero” come il centro studi della Fiat, attraverso il brillante manager Aurelio Peccei. La sua specialità: usare (o creare) emergenze. C’è la sovrappopolazione? Loro fanno finta che questo sia un problema. C’è il riscaldamento climatico? Idem: fingono che sia un’emergenza. C’è un problema di acqua, nel mondo? Lo fanno diventare un dramma planetario, attraverso il quale si faranno le guerre. Le risorse terrestri sono meno disponibili? Loro raccontano che fra vent’anni saranno esaurite: lo dicevano già negli anni ‘70, e non si sono affatto esaurite.Gli uomini del Club di Roma sfruttano le emergenze per fare strategia della tensione. Per dire poi: serve più controllo, gli Stati non bastano, serve più mondialismo, occorrono strutture internazionali. Sono grandi artefici del mondialismo, e agiscono sempre nello stesso modo: sfruttando le emergenze, o creandole. Sono specialisti, in questo. E quindi perché non dovrebbero buttarsi a pesce nell’emergenza attuale, per dirigere poi la società nella direzione indicata dal loro club, che è da sempre al servizio dei peggiori poteri mondialisti? Questa task-force avrà a disposizione una quantità incredibile di soldi, gestita dai grandi poteri come l’Ue. Una parte è già stata destibnata al Green New Deal, creato grazie alla finta emergenza climatica. Tantissimi soldi, e per fare cosa? Per digitalizzare il mondo e inondarlo di auto elettriche? E perché il Green New Deal non parla di ridurre i campi elettromagnetici? Li vuole anzi aumentare, tra 5G e satelliti. Vogliono meno imprese, meno libertà. E noi saremo incastrati nella ragnatela di un web sempre più pervasivo e invasivo. Bastone e carota: la cupola dei virologi, questa sorta di Papato finto-scientifico, usa il virus come una volta si adoperavano i terroristi per fare strategia della tensione. Obiettivo: portarci alla carota, cioè il vaccino. Che sarà solo il primo passo, verso il mondo disumano per il quale lavorano questi poteri che oggi maneggiano il Covid nel modo che vediamo, disastrando deliberamente l’economia.(Fausto Carotenuto, dichiarazioni rilasciate nel video “Una cupola contro di noi, dove vogliono portaci”, pubblicato su YouTube già nel maggio scorso e ora rilanciato da “Coscienze in Rete”).Stanno cercando in ogni modo di prolungare l’emergenza, paventando rischi maggiori di quelli probabilmente effettivi. Più il tempo passa, più verrà indebolito il nostro sistema economico, il nostro tessuto sociale. Più è distrutto, più è facile rifarlo in un altro modo: con nuovi criteri e nuovi padroni, capaci di comprare più facilmente quello che costerà di meno, o i settori che saranno semi-distrutti. Ci stanno imponendo un’emergenza che sembra infinita: tengono alta la paura del Covid, perché altrimenti non potrebbero più presentarci il vaccino come unica possibile vie d’uscita. Ma c’è dell’altro, ed è anche peggio: mentre il Comitato Tecnico-Scientifico sta usando il virus per distruggere l’economia, la task-force per la ricostruzione (ancora più pericolosa) pensa di sfruttare la crisi per cambiare per sempre l’economia, sottraendola al controllo degli italiani. Cts e task-force sono due “corni” di un unico demone. Il Cts è fatto di scienziati abbondantemente venduti al potere, ed è espresso da organismi internazionali come l’Oms e l’Onu. Per loro l’unica salvezza sarà il “messia” vaccino. Ovviamente, il Cts si guarda bene dal dire che la vera salvezza sta innanzitutto nel rafforzare il proprio sistema immunitario. Suggerimenti e indicazioni, da loro? Zero: la gente deve stare male per poi potersi vaccinare, e vacciandosi stare ancora peggio, e quindi assumere ancora più farmaci. Indovinate per chi lavorano, questi?
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“Ho ucciso per molto meno”: la pandemia vista da Rasputin
«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?La prima cosa che noterebbe, il vecchio Rasputin, è la labilità della nostra memoria, purtroppo cortissima. Davvero è così facile raccontarci qualsiasi storia? Quella della cosiddetta pandemia, com’era prevedibile, ha cancellato in un battibaleno tutte le altre. Ulteriore prodigio, grazie al sapiente uso della paura – maneggiata manipolando i numeri reali della crisi sanitaria – la narrazione corrente non ha spento solo le memorie, ma anche molte altre risorse umane, legate alle capacità collettive di raziocinio. Se ne ricava uno spettacolo spaventoso, il peggiore possibile: da un lato la sceneggiatura omette in modo sistematico l’esistenza delle terapie ormai praticate con successo, dall’altro la platea seguita a dividersi in opposte tifoserie, il plaudente “popolo delle mascherine” contro gli “irresponsabili” che osano protestare, declassati al rango di dementi “negazionisti”. La canzone in voga ormai un secolo fa era semplicissima: “Io resto a casa”. La si cantava da migliaia di balconi, in soave letizia, come se si trattasse di una faccenda di qualche settimana: la classica quarantena. Poi si vide che il copione fiduciosamente illustrato era tutt’altro che attendibile: paura e speranza non erano esattamente gli ingredienti adatti a uscire dai guai. Semplice imperizia italica o colossale imbroglio, cinicamente progettato lontanissimo dai soliti palazzi?«Ho ucciso per molto meno», ripeterebbe il nerissimo “Raspa”, di fronte al devastante show planetario: la reticenza dei sapienti e la censura imposta agli scienziati dissidenti, il bavaglio alle verità scomode (vulgo, “fake news”), l’apparente stato confusionale della politica, i governi in bambola. E le moltitudini annientate nella loro dignità ordinaria di studenti, lavoratori ed esercenti, imprenditori, pensionati, esseri umani. Cittadini del mondo trasformati in pecorelle da zittire, causa forza maggiore, non si sa fino a quando, nell’attesa vagamente umoristica di un vaccino salvifico, sfuggente come la genetica mutevole del virus Rna. Forse, quello che va accadendo inesorabilmente lo si vedrebbe meglio dalla Luna, con un telescopio: la devastazione planetaria finirà per spalancare, uno alla volta, tutti gli occhi che ancora si ostinano a fissare solo l’indice puntato verso il cielo? Alla fine, il senso degli oscuri avvenimenti in corso servirà a riconquistare l’accesso a una nuova dimensione terrestre, orientata dalla luce? In altri termini: era “necessario” un infarto globale di questa portata, per mostrare all’intera famiglia umana l’inderogabile urgenza – a quale prezzo, lo si comincia a vedere – di gettare nella spazzatura il vecchio mondo?E’ nel naufragio, spiega Coleridge, che l’umana stirpe offre sempre il peggio di sé. Quale esito sortirà, dunque, questo naufragio così ferocemente inquinato dalla follia di tante dicerie? Davvero c’è chi crede ancora all’incidente, alla fatalità malata di una piaga senza soluzioni? Davvero c’è chi ancora pensa che, domani, il mare tornerà tranquillo e il campionato ricomincerà? Di fronte agli scettici, Giulietto Chiesa ripeteva: non crediate che un collasso del pianeta non sia da prendere in considerazione, pensate solo a cosa dev’esser stato, all’epoca, il crollo dell’Impero Romano. Negli ultimi decenni c’era chi temeva seriamente per la tenuta dell’ecosistema, e un giorno s’è trovato di fronte la piccola Greta. C’era chi paventava il pericolo di guerre nucleari, e invece ha dovuto fare i conti con terroristi esotici, gente con il turbante e il Rolex d’oro al polso. Altri ancora, inascoltati, segnalavano la stranissima insistenza, da parte di famosi personaggi, sull’improvvisa necessità di un trattamento sanitario obbligatorio, universale, reso letteralmente inevitabile da un’imminente pandemia. Se fosse come Astolfo a cavalcioni della Luna, riuscirebbe l’immortale Rasputin a recitare, ancora – persino da lassù – quella sua mitica battuta, che sembra scritta oggi. Davvero siete conciati così male? Per molto meno – direbbe il furfante – io avrei messo mano alla pistola. E non mi dite, aggiungerebbe, che non è colpa vostra, se non sapete più a chi credere.(Giorgio Cattaneo, “Ho ucciso per molto meno: la pandemia vista da Rasputin”, dal blog del Movimento Roosevelt del 17 ottobre 2020).«Ho ucciso per molto meno», è il refrain del sulfureo Rasputin nelle storie di Corto Maltese, pensate e disegnate dal genio iniziatico di Hugo Pratt. Quante volte saremmo stati “uccisi per molto meno”, ultimamente? Per una questione di decimali, il Berlusconi distratto dalle “cene eleganti” fu ricattato con lo spread e detronizzato brutalmente. Oggi, l’accelerazione esponenziale del famosissimo debito pubblico farebbe impallidire quello di allora, presentato come pietra tombale del sistema-paese. A ruota, Madame Fornero s’incanaglì – con tanto di lacrime di coccodrillo preventive – contro gli anziani lavoratori esausti, a fine corsa, trasformando l’agognata pensione in un miraggio inafferrabile. E ora? S’è perso il conto delle deroghe alle restrizioni imposte al welfare: le facce di latta dell’Unione Europea, i Guardiani del Rigore, hanno svelato che i divieti (presentati allora come limiti assoluti, fisiologicamente invalicabili) sono invece mere convenzioni politiche: tranquillamente stracciabili, all’occorrenza. «Ho ucciso per molto meno», ringhierebbe Grigorij Rasputin, anche di fronte all’ultimo dogma platealmente crollato: che fine avrebbe fatto, il Salvini che straparlò di “pieni poteri”, se avesse osato impugnare anche solo il 10% dei poteri (pienissimi) esercitati in modo ferreo dal mini-premier venuto dal nulla e mai votato da nessuno?
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L’Italia ha in cassa 98 miliardi: usi quelli, non i prestiti Ue
«Sembra che l’appoggio francese al Recovery Fund sia stato condizionato alla disponibilità italiana a cedere asset strategici a gruppi espressione o collegati all’economia transalpina. Occorrerà quindi vedere se ci saranno transazioni bilaterali in cui la proprietà francese dei nostri asset strategici andrà a consolidarsi». Non solo: «Oltre a una condizionalità formale palese, potrebbe essercene una occulta, concordata nell’ambito dei negoziati che hanno preceduto il Consiglio Europeo che ha dato il via libera al Recovery Fund». Lo afferma Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, intervistato da Lorenzo Torrisi per il “Sussidiario”. Lombardi segnala inoltre che il saldo di Tesoreria, cioè l’ammontare del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia (con cui gestisce gli incassi e i pagamenti), non solo ha raggiunto livelli record, ma continua a crescere, e oggi sfiora i 100 miliardi di euro. Perché non usare subito quei soldi per salvare le aziende – che stanno per chiudere, massacrate dal lockdown – anziché insistere con l’elemosina del Mes, vincolata a pesanti condizionalità? In altre parole: il governo ha in cassa una somma enorme, grazie ai massicci aiuti garantiti dalla Bce dopo che Christine Lagarde ha provveduto ad acquistare titoli di Stato italiani. Soldi a palate, spendibili subito: perché il governo esita? Oltretutto, dice Lombardi, l’iter per il Recovery Fund si annuncia lunghissimo e incerto.Se l’esecutivo ha presentato una prima bozza su come spendere i soldi che arriverebbero forse tra un anno, la Commissione Europea deve ancora inviare a Roma le sue linee guida. Dopodiché, come ha spiegato Conte, a metà ottobre inizieranno delle interlocuzioni (prima a livello nazionale, poi tra governo e Bruxelles) per individuare i progetti che potranno essere finanziati con le risorse del Recovery Fund. «Di fatto – scrive Torrisi sul “Sussidiario” – si sta prendendo sempre più consapevolezza che bisognerà attendere almeno la primavera per ricevere la prima tranche dei complessivi 209 miliardi di euro». Anche per questo motivo «si è tornati a invocare, specie dal Pd, il ricorso dell’Italia al Mes», tanto più che il ministro della salute, Speranza, ha presentato al premier «un piano di investimenti nella sanità da 68 miliardi di euro in sei anni». Eppure, stando alle risorse attualmente già in cassa, non ci sarebbe alcuna necessità di ricorrere al Mes. Per Domenico Lombardi, è stata «sopravvalutata la facilità» con cui si potrà attingere alle risorse europee. Tra l’altro, ricorda Torrisi, il Recovery Fund dovrà essere ratificato da tutti i paesi membri. E anche in questo caso, precisa Lombardi, «gli esperti avevano avvertito che si trattava di risorse condizionate».L’ex consulente del Fmi sottolinea l’esigenza di pretendere «la necessaria trasparenza nelle interlocuzioni tra governo e Commissione, così che tutti gli stakeholder siano debitamente informati sulle condizionalità che si andranno formando e che non conosciamo». Prima fra tutte, l’incognita rappresentata dalla Francia, che secondo fonti di stampa avrebbe richiesto il controllo di quote crescenti dell’economia italiana, in cambio dell’ok di Macron al piano di aiuti per il nostro paese. Quanto alla citata trasparenza, osserva Torrisi, «non è detto che il Parlamento italiano verrà chiamato ad approvare quello che sarà il Recovery Plan, frutto del negoziato tra governo e Commissione Europea». Su questo, Lombardi afferma: «Mi auguro che dinanzi a ogni prestito internazionale, soprattutto di dimensioni significative, la maggioranza che sostiene questo governo abbia l’opportunità di esprimersi in Parlamento, così come è stato del resto annunciato nel caso di accesso al Mes». Un sospetto: «Temo che la decisione sul Mes sia stata già presa tempo fa, e che adesso si stia cercando il momento opportuno per garantirne l’attuazione politica», dice Lombardi. «Così si spiegano le reiterate sottolineature sulle condizioni finanziarie convenienti legate a questo prestito».In realtà, aggiunge Lombardi, «trovo goffo questo tentativo di ottenere un suggello politico sulla base degli aspetti di convenienza finanziaria, anche perché – spiega – se siamo dinanzi a una scelta fondamentale legata al ruolo dell’Italia nell’Europa, la semplice valutazione finanziaria appare del tutto inadeguata». Proprio a livello finanziario, infatti, emerge l’importante saldo attivo di Tesoreria: il 3 luglio era di circa 70 miliardi di euro, oggi sappiamo che a fine luglio è salito a 80 miliardi, e a fine agosto è arrivato addirittura a 98 miliardi. Oltretutto – aggiunge Lombardi – il 4 settembre il Mef ha annunciato di aver cancellato l’asta dei Bot trimestrali prevista per il 9 settembre «in seguito all’assenza di specifiche esigenze di cassa». Se il Mes fosse così strategico, il ricorso al fondo speciale «dovrebbe fondarsi su dati accurati», cosa che secondo Lombardi «non sembra stia avvenendo». Insiste l’ex stratega del Fondo Monetario: «Non possiamo assistere alla scomparsa di imprese dal tessuto economico e sociale del paese e contemporaneamente avere un saldo di Tesoreria così elevato», che oltretutto tiene conto persino del calo delle entrate tributarie (-7,7%) registrato nei primi sette mesi dell’anno, per colpa del lockdown.«Credo che insistere sulla necessità di accedere al Mes di fronte a un saldo del genere – scandisce Lombardi – testimoni in modo incontrovertibile la scelta politica sottostante alla richiesta di ricorrere al Meccanismo Europeo di Stabilità». Tradotto: sottoporre l’Italia alle pesanti condizionalità previste, nonostante il paese disponga oggi di una straordinaria liquidità. Pressioni esterne, dunque? Il fatto che il pacchetto Mes sia ancora in discussione, ragiona Lombardi, significa sue cose: da un lato testimonia «la volontà di una parte del governo di ponderare bene questa scelta», e dall’altro risulta «coerente con pressioni che l’Italia potrebbe avere ricevuto, magari anche nell’ambito di quei negoziati per il buon esito del Recovery Fund». Non c’è la “pistola fumante”, ma gli indizi abbondano: «Può darsi che, nell’ambito delle varie condizionalità di tipo politico (non tecnico) concordate in sede di negoziato prima o durante il Consiglio Europeo di luglio, sia stato compreso anche l’accesso dell’Italia al Mes». Si andrebbero quindi a sommare pesantissime condizionalità? «Per un’economia a elevato debito come quella italiana – sostiene Lombardi – potrebbero facilmente scattare delle clausole di salvaguardia che rischierebbero di introdurre nel nostro paese delle scelte che non verrebbero prese esclusivamente dal governo italiano».Il rischio, chiarisce lo stesso Torrisi, è quello di un’eterodirezione nella gestione del debito, soprattutto nel momento in cui torneranno in vigore le regole del Patto di Stabilità, attualmente sospese. Chiaramente – conferma Lombardi – l’Italia sarebbe più esposta, su quel fronte: «Quando si hanno dei rapporti creditizi in essere, l’opinione dei creditori conta». E così, «la visione che altri paesi europei hanno dei problemi italiani e delle loro soluzioni avrebbe un peso ancora maggiore, rispetto alla situazione attuale». Un rischio che sarebbe meglio evitare, ovviamente. In questi giorni, mentre è stata cancellata l’asta dei Bot trimestrali, è stato collocato un Btp ventennale, le cui richieste hanno superato gli 80 miliardi di euro. Questo si inserisce in una serie di altre iniziative, come il Btp Italia e il Btp Futura, che mirano a migliorare la gestione del debito pubblico e il “classamento” dei titoli, cosa che magari costa al Tesoro un po’ di più, ma che garantisce maggior stabilità e minor esposizione alle fronde speculative. Sono tutte iniziative ottime, aggiunge Lombardi, che testimoniano un eccellente accesso al mercato di cui oggi l’Italia gode. E visto che il Mes è destinato a paesi in difficoltà con i mercati finanziari, conclude Lombardi, «non vedo perché l’Italia dovrebbe crearsi uno stigma quando è invece in grado di soddisfare pienamente la sua domanda di cassa e addirittura avere un saldo di Tesoreria a livelli record».Questo saldo record, ipotizza Torrisi, potrebbe essere tenuto alto in via precauzionale, temendo un cambio di linea della Bce: finora, grazie a Christine Lagarde, la banca centrale ha acquistato in maniera massiccia titoli di Stato italiani, mettendo al sicuro il bilancio di Roma. E se domani tutto dovesse mutare? Se la Bce dovesse cambiare veramente linea – obietta Lombardi – il prestito del Mes, a livello quantitativo, «sarebbe una goccia nel mare». Detto questo, «effettivamente il motivo precauzionale per il saldo di Tesoreria è importante», ammette l’ex consulente del Fmi. «Ma non possiamo dimenticare – aggiunge – che nel contempo ci sono imprese che stanno morendo o sono già morte». Proprio perché gli operatori economici «stanno fronteggiando un’incertezza inedita, nella nostra storia recente», secondo Lombardi «sarebbe utile che lo Stato onorasse il pagamento dei suoi debiti con le imprese in tempi assai più brevi, utilizzando proprio parte di quel saldo di Tesoreria». Avendo un’esigenza di rifinanziamento così massiccia, per via dell’enorme debito pubblico, «la migliore assicurazione per l’Italia è rivitalizzare il tessuto economico». chiosa Lombardi: «Questo lo si fa non solo stanziando contabilmente risorse, ma aumentando la velocità di circolazione delle stesse».«Sembra che l’appoggio francese al Recovery Fund sia stato condizionato alla disponibilità italiana a cedere asset strategici a gruppi espressione o collegati all’economia transalpina. Occorrerà quindi vedere se ci saranno transazioni bilaterali in cui la proprietà francese dei nostri asset strategici andrà a consolidarsi». Non solo: «Oltre a una condizionalità formale palese, potrebbe essercene una occulta, concordata nell’ambito dei negoziati che hanno preceduto il Consiglio Europeo che ha dato il via libera al Recovery Fund». Lo afferma Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, intervistato da Lorenzo Torrisi per il “Sussidiario“. Lombardi segnala inoltre che il saldo di Tesoreria, cioè l’ammontare del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia (con cui gestisce gli incassi e i pagamenti), non solo ha raggiunto livelli record, ma continua a crescere, e oggi sfiora i 100 miliardi di euro. Perché non usare subito quei soldi per salvare le aziende – che stanno per chiudere, massacrate dal lockdown – anziché insistere con l’elemosina del Mes, vincolata a pesanti condizionalità? In altre parole: il governo ha in cassa una somma enorme, grazie ai massicci aiuti garantiti dalla Bce dopo che Christine Lagarde ha provveduto ad acquistare titoli di Stato italiani. Soldi a palate, spendibili subito: perché il governo esita? Oltretutto, dice Lombardi, l’iter per il Recovery Fund si annuncia lunghissimo e incerto.
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Della Siega: il coraggio di ripartire dall’Italia dei Comuni
«La notizia peggiore forse è questa: molte famiglie, qui in paese, quest’anno non avranno i soldi per iscrivere i figli all’università. E questo significa una sola cosa: tagliare il futuro, e dire addio a quel che resta dell’ascensore sociale». Il paese in questione è Varmo, nella piana friulana a meno di venti chilometri dal mare, sulla riva sinistra del Tagliamento, a metà strada tra Udine e Pordenone. Un borgo duramente colpito dal terremoto del 1976 e poi rifiorito, come molti altri, grazie alla proverbiale, silenziosa tenacia dei friulani. E’ di poche parole anche l’uomo che potrebbe diventarne il sindaco: Massimo Della Siega, 56 anni, odontoiatra e medico ospedaliero (in prima linea – durante il lockdown – tra i malati di Covid). Un evento rovinoso, destinato a cambiare la storia. Ma non per sempre: «Pur mantenendo la doverosa prudenza che la situazione impone – dice il medico – oggi abbiamo il dovere di osservare la realtà attuale: clinicamente il virus non è più la minaccia di qualche mese fa. Quindi è ora di rimboccarci le maniche e ricominciare a vivere, senza più stare ad ascoltare chi vorrebbe prolungare all’infinito il clima di emergenza e di paura, che poi è quello che ha prodotto il disastro economico che ora l’Italia intera dovrà affrontare».Massimo Della Siega è stato invitato a candidarsi, come sindaco, da due gruppi civici, “ViviAmo Varmo” e “Varmo comunità”. Nelle elezioni comunali, specie nei paesi con pochi abitanti (appena 2700, in questo caso), gli schemi classici – centrodestra contro centrosinistra – lasciano il tempo che trovano. Specie se poi a dover «fare sintesi» è un personaggio come il dottor Della Siega, per vocazione abituato all’ascolto e al dialogo: prima le idee, purché buone, a prescindere dalla fonte da cui provengono. «Sarà un fatto di carattere», dice, in web-streaming su YouTube: a vincere è il pragmatismo del medico, dell’approccio scientifico. «Poi, certo, nel mio modo di essere influisce anche la mia esperienza del Movimento Roosevelt, che è laico e trasversale, oltre le appartenenze, pur nell’ispirazione liberal-socialista». Lo conferma – in video-chat con Massimo su “MrTv” – il conterraneo Roberto Hechich, altro dirigente “rooseveltiano”, che riassume: «Qui si tratta di rianimare la politica italiana, parlando a tutti i partiti – nessuno escluso – per aiutarli a ritrovare la sovranità di fondo della democrazia sostanziale, confiscata attraverso i pericolosi equivoci di un’Europa mai nata. Lo si è visto anche adesso, con il Covid: aiuti scarsi, tardivi e gravati da pesanti condizionalità».Beninteso: il caso di Varmo resta un’esperienza civica, profondamente comunale, in cui a essere “rooseveltiana” è la storia (personale) del candidato sindaco, ben attento a concentrarsi sul paese con un programma di buon senso. Esempio: «In cassa ci sono un sacco di soldi che dovevano essere spesi per opere pubbliche, ma sono rimasti bloccati: amministrare non è mai facile, tra mille lacci e laccioli, ma forse è giunta l’ora di abbandonare le titubanze, perché la situazione oggi lo richiede». Oppure: «Il territorio è frazionato, e le periferie si sentono trascurate: noi istituiremo una Consulta permanente delle borgate, in modo che tutti possano segnalare puntualmente le loro necessità». La capacità di ascolto resta la prima virtù: del medico, e a maggior ragione del politico. E le prime note che al candidato tocca ascoltare, anche a Varmo, oggi sono dolenti: «Tutti sanno che la vera emergenza è quella economica: la drammatica eredità del Covid. Molte attività non riusciranno a riprendersi, molte famiglie faticheranno a vivere». Sarà proprio questa la prima linea nella quale si impegnerà il Comune: «Abbiamo risorse limitate, ma le useremo per dare ossigeno a chi non ce la fa: è una priorità assoluta».A Massimo Della Siega ha fatto piacere ascoltare il sermone di Mario Draghi al Meeting di Rimini, con la netta distinzione tra “debito buono” e “debito cattivo”. «L’ho sempre pensato anch’io, nel mio piccolo: non bisogna aver paura di fare deficit per sostenere iniziative destinate a creare lavoro, e al tempo stesso occorre evitare gli sprechi, cioè le spese improduttive». La comunità di Varmo è la prima a saperlo: gente abituata a utilizzare in modo oculato gli investimenti. L’industria è di taglio artigianale: chimica, tessile, alimentare, legno, profumi, lavorazione dei metalli. Solida agricoltura: foraggi, cereali e zootecnia. Le campagne – le Grave Fiuliane – producono fantastici vini, grazie ai terreni di origine alluvionale: nei millenni, il Tagliamento ha trascinato a valle i ciottoli dolomitici delle Alpi Carniche, arricchendo il suolo di mineralità marina che poi, nei calici, si traduce in profumi ed eccellenza vinicola. Non è che l’ennesima pagina del riscatto nazionale, di cui proprio il vino è diventato un ambasciatore importante, anche in termini di export.La parola d’ordine, oggi, è proprio questa: risollevarsi. «E’ un impegno, la partecipazione civica, che dovrebbe coinvolgere moltissimi italiani», dice Gioele Magaldi, che del Movimento Roosevelt è il fondatore: «L’esempio di Massimo Della Siega testimonia benissimo la capacità di interpretare il presente: oggi più che mai, è necessario scendere in campo in prima persona». Il Comune, peraltro, rappresenta una dimensione ideale: gli eletti sono direttamente controllabili, in piena trasparenza, dagli elettori che li hanno democraticamente scelti. Non è poco, in un mondo in cui il potere è diventato lontanissimo e post-democratico, quasi invisibile, affidato a vertici pressoché irraggiungibili (nazionali, europei, planetari). Candidarsi a casa propria, innanzitutto, significa accettare una scommessa: dimostrare che è possibilissimo, malgrado tutto, fare qualcosa di buono, e lo si può fare partendo proprio dal paese in cui si vive. “Dal particulare all’universale”, era un motto del grande Rinascimento italiano. Oggi lo si potrebbe tradurre con un altro termine: “glocal”. «Pensare globalmente, e agire localmente», sintetizzava Alex Langer, ideologo dei primissimi Verdi italiani.«L’importante è restare connessi, uniti, ascoltando le ragioni di tutti», dice Massimo Della Siega, pensando a Varmo e al Medio Friuli nel quale il paese è collocato: se i Comuni scontano i tempi di vacche magre accelerati dal Patto di Stabilità e dalla continua diminuzione di risorse statali, è giunto il momento di fare rete. «Nel nostro caso, l’idea è quella di aprire canali di comunicazione coi paesi vicini, per mettere in piedi servizi migliori». In altre parole, l’unione fa la forza. «La crisi economica indotta dall’emergenza Covid avrà conseguenze pesantissime: chi ancora non se ne fosse accorto, lo scoprirà nei prossimi mesi». La prima arma è la consapevolezza: essere lucidi, saper valutare la situazione. Serve a mettere in campo una strategia vincente per uscire dal tunnel. Quasi mezzo secolo fa, a schiantare il Friuli fu il sisma. Oggi, un terremoto di altro genere – ancora peggiore – sta frustando l’Italia, tutta quanta. I friulani non si lasciarono abbattere, allora. E non hanno l’aria di volersi arrendere nemmeno stavolta. E chissà che anche Varmo, nel suo piccolo, non possa fare storia.Il Varmo, piccolo affluente del Tagliamento, dà il titolo all’omonima novella di Ippolito Nievo: gli intrecci dell’umanità minuta (fine Ottocento) vivono di vita propria, grazie alla magia del paesaggio a cui ciascuno sente di appartenere. Sempre a Varmo sono ambientati due romanzi, “La casa a nord-est” e “La stazione di Varmo”, di Sergio Maldini, amico del giovane Pasolini e poi di Dino Buzzati. Il terzo romanzo potrebbe scriverlo, delibera su delibera, lo stesso Massimo Della Siega, rubando un po’ di tempo ai suoi pazienti all’ospedale. L’impegno degli italiani – oggi, in piena Era del Covid – ha un sapore inevitabilmente diverso: il paese intero è finito in terapia intensiva insieme alla sua economia, e la politica non sta certo meglio. Proprio il Comune resta la prima trincea, immediata, in cui è possibile incidere: non contro qualcuno, ma per ottenere qualcosa che faccia bene a tutti. E’ il dono più prezioso, in fondo: la consapevolezza di essere una comunità pienamente democratica, dove nessuno deve restare indietro. Le regole generali sono da riscrivere? Certo, ma occorre tempo. In municipio, invece, l’impresa è a portata di mano: si può cominciare da subito. Basta guardarsi negli occhi, per capire – insieme – da dove ripartire.(Giorgio Cattaneo, 5 settembre 2020).«La notizia peggiore forse è questa: molte famiglie, qui in paese, quest’anno non avranno i soldi per iscrivere i figli all’università. E questo significa una sola cosa: tagliare il futuro, e dire addio a quel che resta dell’ascensore sociale». Il paese in questione è Varmo, nella piana friulana a meno di venti chilometri dal mare, sulla riva sinistra del Tagliamento, a metà strada tra Udine e Pordenone. Un borgo duramente colpito dal terremoto del 1976 e poi rifiorito, come molti altri, grazie alla proverbiale, silenziosa tenacia dei friulani. E’ di poche parole anche l’uomo che potrebbe diventarne il sindaco: Massimo Della Siega, 56 anni, odontoiatra e medico ospedaliero (in prima linea – durante il lockdown – tra i malati di Covid). Un evento rovinoso, destinato a cambiare la storia. Ma non per sempre: «Pur mantenendo la doverosa prudenza che la situazione impone – dice il medico – oggi abbiamo il dovere di osservare la realtà attuale: clinicamente il virus non è più la minaccia di qualche mese fa. Quindi è ora di rimboccarci le maniche e ricominciare a vivere, senza più stare ad ascoltare chi vorrebbe prolungare all’infinito il clima di emergenza e di paura, che poi è quello che ha prodotto il disastro economico che ora l’Italia intera dovrà affrontare».
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Oscurato Rand Paul, che smaschera il guerrafondaio Biden
Il potere della propaganda è ormai fenomeno globale, sia nelle dimensioni che nella pervasività. Quello che abbiamo notato a casa nostra in questi terribili mesi di verità imbavagliata e proibita, di menzogna strillata e travestita di autorevolezza, non accade ovviamente solo in Italia. A casa nostra abbiamo assistito alla roboante, autoreferenziale propaganda da parte di autonominatisi alfieri della scienza – ormai trasformata in un dogma dalle caratteristiche messianiche – mentre tutte le voci discordanti (peraltro anch’esse sostenute da autorevoli uomini di scienza) sono state, quando non è stato possibile ignorarle per via della fama del ‘dissidente’ di turno, sdegnosamente bollate di negazionismo e antiscientificità. Poi, naturalmente, come nel caso del recente sdoganamento da parte di Trump e del Fda della cura del plasma iperimmune per il Covid-19, abbiamo visto lo squallido, miserevole voltafaccia di chi fino a ieri lo voleva proibire, mentre oggi si gonfia di orgoglio per la ‘italianità’ della terapia. Uno spettacolo talmente disgustoso che chi sta scrivendo fatica a non correre al bagno a dare di stomaco.Per noi e per tutti coloro che hanno cercato in questi mesi apocalittici di rettificare le evidenti menzogne ripetute a macchinetta da una stampa ormai ridotta a megafono del sistema è stato come urlare a perdifiato da un chilometro di distanza mentre i ‘custodi della verità’ utilizzavano un impianto di altoparlanti di 10.000 watt. E questo è ormai il loro paradigma, ripetuto globalmente. Se le verità scomode non sono funzionali all’agenda del potere le si ignora, se non le si può combattere apertamente. Ultimo episodio di una gravità eccezionale – anche se poco apprezzabile dal lettore italiano che non conosca le dinamiche della politica americana – è stato il ‘silenziamento’ del discorso del senatore Rand Paul (Rep-Kentucky) alla Convention nazionale repubblicana da parte del mainstream media, con la “Cnn” che l’ha tagliato del tutto e la “Fox” che ha sostituito la parte contro la guerra con un’intervista.Il senatore Rand Paul, invero uno dei pochi politici americani di spessore e intelligenza, non è sempre andato d’amore e d’accordo con il presidente Donald Trump, il cui carattere e le cui improvvide esternazioni non lo rendono invero particolarmente gradevole a molti – anzi, lo ha combattuto duramente quando entrambi erano in lizza per le primarie repubblicane nella corsa alla presidenza del 2016. Paul dunque, nel suo intervento, pur ammettendo di non essere sempre d’accordo con il presidente – e questo non può che andare a suo merito, come espressione di libertà di pensiero e di parola – ha affermato che il desiderio di Trump di porre fine alle “guerre infinite” compensa alla grande le differenze tra loro due: «Sto sostenendo il presidente Trump perché egli crede, come me, che un’America forte non può combattere guerre infinite; non dobbiamo lasciare il nostro sangue e le nostre risorse nel pantano del Medio Oriente», definendo Trump «il primo presidente, in una generazione, a cercare di porre fine alla guerra, piuttosto che iniziarne una».Paul ha continuato ad attaccare quello che ha definito «il disastroso record di Joe Biden», ricordando come il senatore Biden abbia a suo tempo votato per appoggiare la scelta del presidente George W. Bush di usare la forza in Iraq: «Temo che Biden sceglierebbe di nuovo la guerra. Ha sostenuto la guerra in Serbia, Siria, Libia. Joe Biden continuerà a versare il nostro sangue e sciupare le nostre risorse». Ma questo messaggio contro la guerra, come si è detto, non è stato reso disponibile ai telespettatori della “Cnn”, mentre “Fox News”, che ha snobbato la maggior parte della prima notte della Convention, ha sostituito parti del discorso di Paul con il presentatore Tucker Carlson che ha intervistato Donald Trump in diretta. La “Msnbc” ha intervallato il discorso di Paul con le considerazioni della conduttrice Rachel Maddow, che ha tentato di contraddire l’affermazione di Paul che Trump stava «riportando a casa i nostri eroi».Maddow ha affermato che il numero totale di personale dispiegato all’estero è cresciuto sotto la presidenza Trump, mentre Paul si riferiva principalmente agli schieramenti di truppe nei punti caldi nel Medio Oriente in conflitto. Come si vede, dunque, anche in questo caso, il paradigma è perfetto; nessuna voce dissenziente rispetto a quella del Ministero della Verità di orwelliana memoria è ormai consentita e, se colui che la espone è troppo in alto per venir eliminato o aggredito, la sua voce viene semplicemente silenziata. Penso sia dunque evidente a tutti come questa scelta di propaganda e di censura globali non possa che essere considerata appartenente ad una emergenza bellica, in cui ogni garanzia democratica e costituzionale – a livello globale – di espressione del proprio pensiero e parola sia stata sospesa.(Piero Cammerinesi, “Come ti silenzio il senatore”, da “Libero Pensare” del 26 agosto 2020).Il potere della propaganda è ormai fenomeno globale, sia nelle dimensioni che nella pervasività. Quello che abbiamo notato a casa nostra in questi terribili mesi di verità imbavagliata e proibita, di menzogna strillata e travestita di autorevolezza, non accade ovviamente solo in Italia. A casa nostra abbiamo assistito alla roboante, autoreferenziale propaganda da parte di autonominatisi alfieri della scienza – ormai trasformata in un dogma dalle caratteristiche messianiche – mentre tutte le voci discordanti (peraltro anch’esse sostenute da autorevoli uomini di scienza) sono state, quando non è stato possibile ignorarle per via della fama del ‘dissidente’ di turno, sdegnosamente bollate di negazionismo e antiscientificità. Poi, naturalmente, come nel caso del recente sdoganamento da parte di Trump e del Fda della cura del plasma iperimmune per il Covid-19, abbiamo visto lo squallido, miserevole voltafaccia di chi fino a ieri lo voleva proibire, mentre oggi si gonfia di orgoglio per la ‘italianità’ della terapia. Uno spettacolo talmente disgustoso che chi sta scrivendo fatica a non correre al bagno a dare di stomaco.
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Una strana religione politica, contro la teologia mondialista
Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie errate e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.Una vera e propria strategia della tensione a livello globale, per far accettare misure inaccettabili come la sospensione delle libertà democratiche, dopo aver ridotto i cittadini a sudditi docilissimi e terrorizzati, grazie alla piena complicità dei grandi media, trasformati in organi di propaganda (in Italia, assistiti persino da una censura governativa sfrontatamente ufficiale, istituzionalizzata da Giuseppe Conte con apposita task-force a Palazzo Chigi). Se l’analisi di monsignor Viganò offre spunti altamente suggestivi e utili per riflettere sul “male oscuro” che sembra intenzionato a impossessarsi del pianeta, e contro cui si ergerebbe Trump per opporvisi coraggiosamente, è la configurazione del “bene” disegnata dal cardinale a lasciare decisamente perplessi, laddove il “male”, secondo Viganò, sarebbe incarnato da un nemico come “la massoneria”, presa in blocco e senza nessun distinguo. Dettaglio quasi umoristico: Viganò sembra ignorare il fatto che lo stesso Trump, come moltissimi altri presidenti americani, sia un massone, e per giunta – come pubblicamente ammesso da più parti – aiutato in modo decisivo, nel 2016, dalla massoneria “progressista”, che scelse The Donald per metter fine all’ipocrisia finto-democratica dei Clinton, potente ingranaggio dell’élite finanziaria ultra-oligarchica.Non sorprende che i riferimenti socio-culturali di Viganò, esponente del clero cattolico più tradizionalista e ostile alle libertà garantite dai diritti civili, restino quelli – Dio e famiglia – che risuonavano nella Chiesa reazionaria di Pio IX, grande avversario della modernità e campione di un oscurantismo autoritario di antica data, proprio mentre le avanguardie sociali dell’Italia ottocentesca ribollivano di fervore libertario e risorgimentale. A stupire, semmai, sono i richiami patriottici dei tanti fan di Viganò, che al Moloch del globalismo contrappongono il baluardo dell’identità nazionale, intendendo l’Italia essenzialmente come comunità religiosa, cattolica e pure anti-massonica, quasi ignorando l’origine interamente libero-muratoria dell’Unità d’Italia, strenuamente contrastata proprio dal Vaticano. Come ogni storico sa, infatti, se la massoneria partorì la carboneria per dare corso al piano di emancipazione del Balpaese, furono massoni come Cavour e Garibaldi a progettare e condurre a termine il processo unitario, mettendo fine a quello “spezzatino di Stati e staterelli” che condannava l’Italia a restare una mera espressione geografica.Forse, gli estimatori di Viganò dimenticano anche che il neonato Stato unitario era marcatamente anticlericale, e lo rimase per mezzo secolo: il crocifisso nelle scuole fu introdotto solo nel ‘900 da Mussolini, quando il regime fascista si alleò con la Chiesa dando vita al clerico-fascismo, cioè lo sciagurato assetto politico che finì per accettare anche il gemellaggio con Hitler, dopo che il Duce – in ossequio all’Oltretevere – aveva accettato di rinnegare sia l’aiuto ricevuto in prinicipio dai massoni, sia le sue stesse origini profondamente radicate nel socialismo rivoluzionario, corrente politica tradizionalmente ostile all’oscurantismo clericale che, in Italia e nell’Europa cattolica, aveva frenato in ogni modo il progresso sociale, civile e culturale, ostacolando la diffusione delle conquiste scientifiche. Di norma è il cosiddetto fondamentalismo a mescolare religione e politica, spesso con esiti imbarazzanti: si può arrivare fino alla teocrazia degli ayatollah, anche se in Italia è difficile che si vada oltre al rosario lungamente sventolato da Matteo Salvini nei suoi comizi.Se da un lato suscita sconcerto l’arrendevolezza di Bergoglio (duramente contestato da Viganò) nei confronti del regime di Pechino, che oggi è addirittura autorizzato a influire nelle nomine dei vescovi cattolici presenti in Cina, dall’altro non può che preoccupare i laici, credenti e non, la tendenza a non distinguere tra le varie anime del mondialismo, demonizzando qualsiasi pulsione internazionalistica e prospettando la sola dimensione nazionale (per giunta, interpretata in chiave ierocratica e quasi medievale) come argine contro il devastante dominio neoliberista, mercantile e globalizzato. Chiunque abbia a cuore la libertà, in altre parole, non può accettare l’idea che possa essere una militanza di tipo religioso, quale che sia, a cementare istanze sacrosante come la legittima autodifesa dei cittadini, oggi più che mai trasformati in sudditi. Religione, spiritualità e coscienza sono risorse virtualmente fondamentali, a livello inviduale: ma non è certo su una presunta religione nazionalistica, per giunta aliena rispetto all’universalismo cattolico e condizionata dall’imposizione di dogmi di fede che presuppono obbedienza e sottomissione, che si può fondare un pensiero pubblico in grado di contrastare l’obbedienza e la sottomissione che la nuova religione neoliberista oggi cerca di imporre, con la forza della paura, grazie a un virus dall’origine sospetta e tuttora misteriosa.Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie insufficienti e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.
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Il generale Mini: Covid, guerra civile nel New World Order
Le guerre del futuro saranno collocate in un Nuovo Ordine Mondiale, anche se le guerre sono sostanzialmente sempre le stesse dal 500 avanti Cristo, da quando Sun Tzu delineò “L’arte della guerra” e fino allo scoppio della bomba nucleare. L’approccio ai conflitti del futuro, però, sarà molto diverso e nebuloso per i decisori pubblici: saremo tutti soldati di queste nuove guerre, ma bisogna stabilire con quali mezzi. La guerra globale si combatterà sia per un Ordine Mondiale che per il profitto. Inoltre, si scontreranno attori statali e non. Questi due gruppi possono agire anche contemporaneamente, sovrapponendosi o confondendosi. Esistono false guerre scatenate al solo scopo di accedere alle risorse, che si concretizzano attraverso il terrorismo e la guerra civile (come in Libia, Siria e Iraq). In questi casi ci si rende conto che, senza interessi interni ed esterni, gli scontri non si sarebbero mai verificati. Ci sono anche delle false guerre giustificate da motivi umanitari: ma cosa c’è di umanitario in una guerra che provoca 300.000 morti? E’ sempre esistita una guerra per le risorse, in senso generale, ma oggi non la si fa solo per accaparrarsi quelle tradizionali.La guerra è volta anche ad appropriarsi dei beni comuni: i cosiddetti “global commons” come gli oceani, i fondali sottomarini, l’Artide, l’Antartide, l’atmosfera, lo spazio esterno, il cyberspazio. Tutto è circondato da una grande ipocrisia, che colloca qualsiasi episodio in una sorta di zona grigia, dove tutto si confonde. Ci sono guerre ambigue, in cui non si sa chi è il vincitore, e guerre ibride dove convergono anche una serie di fattori tradizionali. Il potere militare è aumentato a dismisura, con crescenti investimenti economici, che in questo periodo di pandemia sono bloccati. Il Deep State? E’ quella parte dell’establishment che cerca di conservare l’equilibrio precedente e la gerarchia, in un contesto in cui tutti gli Stati sono in profonda competizione tra loro. Una possibile guerra sarà quella combattuta dalla “generazione zero”, cioè quella dei giovani nati tra il 2002 e il 2022: toccherà a loro avviare o evitare il conflitto nucleare. Al momento non ci sono le condizioni, perché chi possiede l’ordigno può attivarlo, ma certamente non sarà in grado di resistere alle reazioni che si verificheranno.Le guerre, oggi, sono diffuse e vengono considerate piccole, da chi le vede dall’esterno, mentre sono immense per chi è costretto a viverle in prima persona. Ma, tra un decennio, il campo di battaglia cambierà. Tra il 2030 e il 2050 ci saranno guerre nel cyberspazio, con super-soldati e piattaforme a controllo autonomo, guidate dall’intelligenza artificiale. In quel contesto, saranno impiegati nei combattimenti meno uomini; ma questo, paradossalmente, comporterà anche meno riguardi verso la vita umana. Per questo nuovo tipo di guerra, non a caso, è in corso la realizzazione di progetti di sopravvivenza. Penso anche al Super-Robot ed effetto sciame, che si basa sulle tre leggi della robotica di Isaac Asimov, coniate intorno agli anni ’50: la prima è quella di non recare danno agli umani; la seconda è che il robot deve obbedire agli ordini impartiti dall’uomo; la terza è che il robot deve pensare alla propria sopravvivenza, purché non sia in contrasto con le altre due leggi precedenti. Nel suo “Discorso sulla servitù volontaria, Étienne de La Boétie dice: «Il padrone usa, per distruggerci, i mezzi che noi stessi gli forniamo».Nella guerra globale emergono due concetti importanti, che possono essere accumunati all’attuale periodo del Covid-19: il primo è che questo virus può essere considerato come un livellatore sociale, che incide sulla sovrappopolazione del pianeta; il secondo è che può paragonarsi a una guerra di distruzione di massa, in cui le cose sembrano apparentemente più chiare, ma allontanano dalla comprensione della realtà. I morti ci saranno, ma le conseguenza economiche e sociali saranno ancora peggiori. Pandemia e guerra? Quella del Covid-19 è un’epidemia davvero strana, che non si sa da dove arrivi e che è risultata imprevedibile, sebbene fosse stata ipotizzata anche dall’intelligence statunitense. Più propriamente, potrebbe trattarsi di una guerra civile: e lo si può notare dai comportamenti della società, dove le persone sono viste come potenziali untori e quindi da abbattere. In condizioni di emergenza, tra l’altro, all’interno degli ospedali sembra che si sia dovuto decidere chi salvare e chi no.Si dovrà considerare e paragonare quello che viene chiesto ai virologi e quello che si vuole sapere dall’intelligence. Ovvero, le informazioni che servono per legittimare le scelte politiche, aspetto importante per comprendere quanto sta accadendo. Di sicuro è che attualmente la cura al virus non è stata ancora trovata. Le guerre biologiche mettono a nudo le vulnerabilità dell’intero sistema sociale perché, quando si ammalano gli anziani, si registra l’inadeguatezza dell’organizzazione. Quando qualcuno parla di eutanasia praticata alle persone anziane, questa non è altro che la conseguenza della cattiva organizzazione dei sistemi sanitari, che sono strutturati in base a logiche privatistiche, in funzione degli utili e non dei bisogni della collettività. Alla Conferenza di Yalta – con Roosevelt, Churchill e Stalin – si disegnarono i destini del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, il Nuovo Ordine Mondiale è nelle mani di Trump, Putin e Xi Jinping, con tarature differenti rispetto agli statisti del 1945, ma che certamente definiranno l’ordine che impatterà sul futuro dell’umanità, con esiti totalmente imprevedibili.(Fabio Mini, dichiarazioni rilasciate l’11 maggio 2020 in video-conferenza al “Master in Intelligence” dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri; testo riassunto da “Kong News” e ripreso da “Mitt Dolcino”. Generale di corpo d’armata, Mini è stato capo di Stato maggiore del comando Nato per il Sud Europa, e dal gennaio 2001 ha guidato il comando interforze delle operazioni nei Balcani. Dall’ottobre 2002 all’ottobre 2003 è stato comandante delle operazioni di pace a guida Nato, nello scenario di guerra in Kosovo, nell’ambito della missione Kfor. Analista geopolitico, saggista ed esperto di strategia militare, scrive per “Limes”, “Repubblica”, “L’Espresso” e “Il Fatto Quotidiano”).Le guerre del futuro saranno collocate in un Nuovo Ordine Mondiale, anche se le guerre sono sostanzialmente sempre le stesse dal 500 avanti Cristo, da quando Sun Tzu delineò “L’arte della guerra” e fino allo scoppio della bomba nucleare. L’approccio ai conflitti del futuro, però, sarà molto diverso e nebuloso per i decisori pubblici: saremo tutti soldati di queste nuove guerre, ma bisogna stabilire con quali mezzi. La guerra globale si combatterà sia per un Ordine Mondiale che per il profitto. Inoltre, si scontreranno attori statali e non. Questi due gruppi possono agire anche contemporaneamente, sovrapponendosi o confondendosi. Esistono false guerre scatenate al solo scopo di accedere alle risorse, che si concretizzano attraverso il terrorismo e la guerra civile (come in Libia, Siria e Iraq). In questi casi ci si rende conto che, senza interessi interni ed esterni, gli scontri non si sarebbero mai verificati. Ci sono anche delle false guerre giustificate da motivi umanitari: ma cosa c’è di umanitario in una guerra che provoca 300.000 morti? E’ sempre esistita una guerra per le risorse, in senso generale, ma oggi non la si fa solo per accaparrarsi quelle tradizionali.
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Covid, sapevano tutto: potere di vita o di morte su di noi
Avrebbero potuto proteggerci dalla pandemia e non l’hanno fatto: perché? Già il fatto che non ci abbiano protetto è una notizia. I grandi media ci hanno raccontato che il coronavirus è stato uno tsunami che ci ha preso alla sprovvista, e per questo motivo non avevamo difese. Io invece ho scoperto altro, facendomi domande: e non capisco perché gli altri giornalisti non se le siano poste, in questi mesi. Noi viviamo in un mondo in cui il bene più prezioso che esista è il possesso delle informazioni che riguardano il nostro futuro. Vale in ogni ambito: politico, sociale, di sicurezza, meteorlogico, economico-finanziario. Tutti i soggetti investono enormi risorse per capire in anticipo che cosa accadrà, e quindi agire di conseguenza. Questo è il mondo del XXI secolo: è fatto così. Quindi trovavo assurdo che, in un mondo del genere, nessuno avesse nemmeno provato a prevedere l’arrivo di un virus. Ho fatto ricerche anche banali, consultando fonti ufficiali: quelle prodotte dai governi, dagli istituti di ricerca, dalle organizzazioni internazionali. E così ho scoperto che il coronavirus è stato l’evento più annunciato del XXI secolo, il più previsto. Allora, se tutti lo sapevano (tutti quelli che dovevano saperlo), è possibile che non ce ne sia stato uno che abbia mosso un dito per cercare di proteggerci? Non uno che abbia avvertito la popolazione mondiale, tutti noi, dell’arrivo di questo virus, per trovare il modo di proteggerci prima ancora che arrivasse.
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Il virus perfetto: stop all’economia, per salvare la finanza
In uno sforzo puramente teorico, nel cercare di dare un senso a quello che è accaduto e quello che sta accadendo, possiamo cercare di unire alcuni punti per arrivare ad avere un immagine e di concludere un ragionamento credibile. Ricostruiamo sommariamente le tappe. 2008 – Crisi dei mutui subprime: un eccesso di debito causa il collasso del sistema finanziario. Il problema non viene risolto, anzi, si decide di affrontarlo con nuovo debito in misura monumentale, rimandando le conseguenze e amplificandone la pericolosità. Seguono dieci anni di tassi a zero e crescita del debito incontrollata che non riescono a dare impulso all’economia. I tassi a zero e le emissioni monetarie finiscono nella finanza iper-speculativa. Chiunque si può indebitare per comprare azioni e scommettere nel mondo dei derivati. La bolla si gonfia in modo preoccupante. Settembre 2019 – La cuccagna sembra finire da un momento all’altro: la Banca Regolamenti Internazionali lancia l’allarme: qui scoppia tutto. Il 18 ottobre 2019 a New York andava in scena l’Event 201. I big del mondo si riuniscono per una simulazione che nel giro di poche settimane sarebbe diventata reale: le prove generali di un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone.Il 20 gennaio 2020, gli stessi vertici delle nazioni e dei maggiori centri di potere si riuniscono nuovamente a Davos e, molto probabilmente, i capi di Stato e tutti i media ricevono il protocollo di azione su come comportarsi, tutti insieme, per le misure che tutti noi abbiamo dovuto subire, nostro malgrado. Fase finale: i militari vengono dispiegati sui territori, le libertà individuali vengono praticamente azzerate. L’economia viene congelata e le banche centrali, all’unisono, con la Federal Reserve in capofila, iniziano la creazione monetaria più insensata della storia del mondo, iniettando liquidità creata dal nulla direttamente nei conti reciproci con le banche commerciali, nelle grandi corporation, nei gestori dei fondi e anche direttamente al Tesoro, continuando a comprare titoli di Stato. Nel pieno della crisi economica dovuta alle misure adottate per il Covid, viene scatenata anche una guerra civile interna agli Stati Uniti sfruttando e fomentando l’odio razziale. Nel caos generalizzato, con gli Stati Uniti non più uniti, ma divisi come non mai, la Cina sembra uscire trionfante; e questo fa veramente presagire un disegno della fine di un’epoca, quella americana, e l’inizio di un nuovo mondo dominato dalla Cina.A questo punto abbiamo possiamo dire di avere quindi un disegno molto verosimile, che inizia con un problema economico globale estremamente drammatico che bisogna affrontare in modo urgente e concertato. Il mondo globalizzato si riunisce e si accorda su come gestire questa situazione. Cercherò adesso di dare un senso alle misure adottate, piene di contraddizioni, che risultano incomprensibili a tante persone di buon senso che hanno cercato di ragionare sul perché di misure così drastiche e spesso anche addirittura folli e scellerate. Per capire bene l’importanza che ha il mondo finanziario sul mondo reale, bisognerebbe avere un’educazione almeno basilare di come funzionano le banche, il denaro, i commerci, i mercati valutari, le compensazioni tra banche, mercati e nazioni, gli arbitraggi e il sistema bancario ombra, con la realtà intricatissima del mondo dei derivati e dei derivati Otc. Comunque, già aver visto e capito il film “Una Poltrona per Due” dà un’dea di come funzioni il sistema. In modo molto semplice, bisogna sapere che il mondo è tutto collegato. Non c’è niente che possa avvenire in una parte del mondo senza avere ripercussioni da un’altra parte.Quando si creano degli squilibri, bisogna intervenire per aggiustarli. Quando gli squilibri sono talmente giganteschi da compromettere l’esistenza stessa del mondo economico che conosciamo, allora le misure da adottare assumeranno una dimensione proporzionale al problema. Come abbiamo visto al punto 3, nel settembre 2019 stava per esplodere l’intero sistema economico. La Banca Regolamenti Internazionali ha lanciato l’allarme, e i paesi del mondo – tutti avviluppati l’un l’altro in un abbraccio economico controparte – hanno accettato, tutti insieme, di adottare le misure prescritte. La prescrizione è molto semplice: bisogna congelare l’economia. Perché bisogna congelare l’economia? Adesso ve lo spiego. È molto semplice. In un mondo super-indebitato, dove i debiti sorreggono le scommesse nel mondo finanziario, dove le scommesse si basano sul fatto che i tassi siano vicini o pari a zero, non si può far sì che i tassi d’interesse possano salire. Se i tassi salgono, diminuisce il valore del nominale dato a garanzia e si innesca la reazione a catena delle “margin call”. Questo evento sarebbe cataclismico per le banche, gli hedge fund, i fondi pensione e tutto il mercato dei titoli di Stato.Per disinnescare la reazione a catena, l’unico sistema possibile è quello di iniettarci dentro la tutta la liquidità necessaria. In un mondo in cui la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, è difficile giustificare la semplicità con cui una banca centrale digita dei bit sul pc e crea soldi in modo illimitato. Se la gente capisse questa cosa direbbe: se è così facile, perché non dà i soldi direttamente a noi? Questo modo di ragionare mette in luce la grande ingenuità delle persone. La gente crede che le decisioni dei potenti vangano prese per il bene delle persone, mentre quella è l’ultima delle loro preoccupazioni. Le decisioni vengono prese per conservare la solidità della piramide di potere. Il potere, avendo tutti bisogno di soldi per sopravvivere, è ben saldo nelle mani di chi detiene il monopolio del creare i soldi, ovvero le banche, che sono un cartello. Lo slogan “andrà tutto bene”, messo sulla bocca dei fessi in tutto il mondo, voleva dire: andrà bene a noi, non a voi, poveri imbecilli! L’economia è stata quindi congelata per un semplicissimo motivo: per consentire alle banche centrali di creare migliaia di miliardi di nuovo debito e non creare inflazione (l’inflazione danneggia il creditore – la banca – e favorisce il debitore, quindi non deve accadere).Si pensa erroneamente che l’inflazione sia l’aumento dei prezzi, ma l’aumento dei prezzi è soltanto la conseguenza dell’inflazione. Inflazione vuol dire espansione: l’espansione della massa monetaria. Se le banche creano nuovi trilioni di dollari, inflazionano l’economia di nuova moneta disponibile. Se questa moneta inizia a circolare, ad esempio se c’è esuberanza economica, allora si crea inflazione, in modo proporzionale alla massa di nuova moneta messa in circolo. Quando questo accade, le banche hanno un solo modo per intervenire: alzare i tassi per drenare la liquidità. Ma adesso questo è impossibile, perché se si alzano i tassi si innesca l’esplosione delle “margin call” sui Repo e scoppia tutto. L’unica altra opzione per creare liquidità e impedire che circoli è quella di bloccare l’economia, guadagnando tempo prezioso per intervenire là dove ci sono le falle, cercando di tapparle una ad una gettandoci sopra palate di soldi.Ecco la verità di tutta questa triste vicenda, dove ci hanno raccontato di tutto tranne che il vero nocciolo della questione è il nocciolo economico; come sempre. Come in tutte le guerre e in tutte le cose che accadono: l’incipit è sempre economico. Tutto risulta di più facile comprensione, una volta preso atto che le persone, nel mondo, sono gestite come un gregge di pecore. Ci fanno fare quello che torna utile a loro. Le persone che ce lo impongono, i governanti visibili e le teste parlanti della Tv sono solo i cani da pastore. I mandriani sono le banche, proprietarie dei soldi e quindi di tutto il resto. Il sistema economico globale è basato sul debito, e per sua natura genera squilibri che con il tempo divengono esponenziali. Un modo di intervento diffuso era quello di organizzare guerre e dare origine a quello che Schumpeter definì “distruzione creativa”. Adesso è più difficile fare le guerre, perché mancano gli ideali; e i giovani, col fisico da Nintendo, non sono più adatti.Allora è stata scelta una strategia più trasversale: quella della minaccia di un virus invisibile, con cui tutti gli Stati sono obbligati a combattere, indebolendosi e indebitandosi. Sul campo di battaglia restano aziende, controllo delle risorse, devastazione; e il potere si consolida in sempre meno mani. Non sono mancati neanche i militari sul campo, a dare credibilità a tutta la messa in scena, mentre i media all’unisono ripetevano come un disco rotto: siamo in guerra contro il virus. È tutto collegato. E il collante che unisce tutto è il denaro. Siamo tutti dentro al gioco. Come un grande gioco del Monopoli. Quando giochiamo a Monopoli, sappiamo benissimo che i soldi che usiamo sono finti. Quello che ha valore sono le nostre emozioni che nascono durante lo svolgimento, mentre giochiamo. Imprevisti, probabilità, case, alberghi, ferrovie. Sono le nostre emozioni a dare valore a tutto ciò. Quella è la moneta autentica con cui paghiamo per stare al gioco.(Andrea Cecchi, “E’ tutto collegato”, dal blog di Cecchi del 7 agosto 2020).In uno sforzo puramente teorico, nel cercare di dare un senso a quello che è accaduto e quello che sta accadendo, possiamo cercare di unire alcuni punti per arrivare ad avere un immagine e di concludere un ragionamento credibile. Ricostruiamo sommariamente le tappe. 2008 – Crisi dei mutui subprime: un eccesso di debito causa il collasso del sistema finanziario. Il problema non viene risolto, anzi, si decide di affrontarlo con nuovo debito in misura monumentale, rimandando le conseguenze e amplificandone la pericolosità. Seguono dieci anni di tassi a zero e crescita del debito incontrollata che non riescono a dare impulso all’economia. I tassi a zero e le emissioni monetarie finiscono nella finanza iper-speculativa. Chiunque si può indebitare per comprare azioni e scommettere nel mondo dei derivati. La bolla si gonfia in modo preoccupante. Settembre 2019 – La cuccagna sembra finire da un momento all’altro: la Banca Regolamenti Internazionali lancia l’allarme: qui scoppia tutto. Il 18 ottobre 2019 a New York andava in scena l’Event 201. I big del mondo si riuniscono per una simulazione che nel giro di poche settimane sarebbe diventata reale: le prove generali di un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone.
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Carpeoro: Paolo Borsellino avrebbe fatto crollare il mondo
Si torna a parlare del milione di dollari in contanti che sarebbero stati consegnati ai Nar da Licio Gelli alla vigilia della strage di Bologna, cioè poco prima del 2 agosto 1980. I Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari (terrorismo “nero”) hanno avuto lo stesso ruolo delle Brigate Rosse: erano infiltrati, e sono stati strumento di una serie di pratiche eversive. Dietro a tutte quelle storie c’è l’operazione Stay Behind, quindi il generale Santovito e la mano di quel gruppo che oggi è rappresentato da Michael Ledeen. Il loro obiettivo era destabilizzare il nostro paese, perché in quel momento l’Italia era un laboratorio pericoloso: c’era un Partito Socialista che stava crescendo in un certo modo, e c’era un Partito Comunista che comunque si qualificava con un apparente, progressivo allontanamento dalle posizioni sovietiche. Tutte cose che, a certi gruppi reazionari americani, non convenivano. Ma quella sovragestione non è solo statunitense: è anche inglese, per esempio. Poi gli attentati eclatanti terminano, quando l’obiettivo viene raggiunto. Gradualmente, in Italia, i personaggi pericolosi vengono fatti fuori: Moro, Berlinguer (morto per i fatti suoi), Craxi. Dal dopo-Craxi, inizia un altro tipo di stagione, rappresentata da Romano Prodi, che dura tuttora.A quel punto, mi si domanda, non c’era più bisogno di attentati? Quelli attribuiti alla mafia erano dovuti a motivi contingenti, che poi sono cessati. Oggi, se vogliamo, Matteo Messina Denaro è un apostolo della stabilità politica esattamente come Romano Prodi. L’attentato a Falcone, però, non ha la stessa matrice di quello costato la vita a Borsellino: i due giudici sono morti per motivazioni diverse. Falcone è morto perché, nella sua posizione, era diventato ancora più fastidioso, sia per la mafia che per un certo assetto politico che c’era dietro alla mafia (per come veniva governata Palermo, per esempio). Borsellino invece è morto per una sua indagine precisa, che non doveva andare avanti. Riguardava una realtà finanziaria internazionale che, a seguito di quell’inchiesta, avrebbe comportato una specie di Giudizio Universale. Soldi che arrivavano in Italia per determinati scopi? Non solo: anche soldi che partivano, dall’Italia, per determinati scopi; soldi che partivano da tutto il mondo, sempre per determinati scopi. La maggior parte dei soldi, dopo gli anni Ottanta, sono arrivati dal traffico della droga. Il narcotraffico serve a fare soldi: tanti. E i soldi servono a diventare molto potenti, e a diventare intoccabili: definitivamente. Oggi è ancora parzialmente così.Falcone ha scrutato nel Deep State internazionale? Falcone era un uomo più strategico, Borsellino era un uomo più tattico. Dietro a ogni inchiesta di Falcone c’era comunque sempre una grande strategia, mentre Borsellino stava facendo un’inchiesta specifica, in senso pragmatico e con la capacità che lo catatterizzava. Borsellino, quando chiudeva un’inchiesta, non scriveva un capitolo della storia della mafia (quello lo faceva Falcone). Qual era il meccanismo scoperto da Borsellino? Aveva scoperto una struttura di sovragestione bancaria e finanziaria inimmaginabile. Era un flusso di soldi, da e verso l’Italia: quando servivano per fare cose in Italia, arrivavano in Italia; quando servivano per fare cose altrove, andavano altrove. Per scopi privati? Per causare cambiamenti politici? Dipende. Si può dire che l’annosa retorica sulle figure di Falcone e Borsellino serva un po’ anche a distogliere l’attenzione da quello che stavano veramente facendo. Tant’è vero che “l’agenda rossa” è sparita: e là dentro, Borsellino scriveva tutto.L’Italia però non è l’unico “laboratorio”, in questo senso: esperimenti importanti, riguardo alla modernizzazione della sovragestione e della mafia, sono stati condotti anche negli Usa, in Francia, in Germania. Probabilmente Craxi avrebbe rischiato la vita, se fosse rimasto al suo posto. Prodi, ricorda qualcuno, fu toccato dall’indagine “Why Not” di De Magistris, dopo che furono trovate delle carte Sim collegate a una loggia massonica di San Marino. Tutto vero, ma chi poi fermò De Magistris sbagliò il calcolo: come giudice era talmente incapace che non avrebbe creato problemi, se lo avessero lasciato andare avanti. Quelle scoperte da Borsellino sono le stesse realtà che denunciava Kennedy? Con alcune differenze: ai tempi di Kennedy, la situazione era un po’ diversa. Gratteri è in pericolo come Falcone e Borsellino? Probabilmente sì, anche se non sono in grado di certificarlo. Le mafie, si dice, sono ormai diventate un’unica entità; oggi c’è la globalizzazione: perché, riguardo alla mafia, non dovrebbe essere successa la stessa cosa? Attualmente il potere non appartiene a nessuno, in esclusiva; a detenerlo è una serie di trust e di organismi complessi, che costituiscono quella che io chiamo sovragestione.Prodi non è legato solo a Usa, Francia e Germania; collabora anche con la Cina. In questa sovragestione, la Cina ha il ruolo – di diritto – di un super-soggetto economico, che ha rivendicato il suo spazio e se l’è conquistato. Il suo peso, rispetto a quello degli Usa, dipende un po’ dai momenti: quattro o cinque anni fa contava di più. Nella sovragestione è compresa anche una parte del Vaticano, anche se il suo ruolo è ormai marginale rispetto a quello di vent’anni fa. Oggi il Vaticano è più debole, dal punto di vista del potere: ha sempre meno seguaci, e quindi in prospettiva anche meno risorse finanziarie. Quanto alla mafia, capace di firnare stragi e condurre trattative con lo Stato, è una struttura che è potuta crescere in assenza dello Stato. La figura ingombrante di Casalino, accanto a Conte? Fa parte dello specchio del degrado di questo paese: c’è uno specchio generale di degrado, nel quale anche la vicenda politico-personale di Rocco Casalino fa la sua porca figura. Il rapporto tra Conte e la sovragestione? Conte è un frutto della sovragestione. Lui lo sa? Penso di sì. L’appoggio vaticano di cui gode conta quanto il Vaticano oggi, cioè abbastanza poco, però Conte ne fa buon uso. E Mattarella? E’ sostanzialmente una persona per bene, che per una serie di motivi ha comunque fatto delle scelte che io non condivido.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della conversazione web-streaming “Carpeoro Racconta”, con Fabio Frabetti di “Border Nights”, su YouTube il 26 luglio 2020. Scrittore e saggista, eminente simbologo e autore di volumi come “Dalla massoneria al terrorismo” uscito nel 2016 per Revoluzione, sei mesi fa Carpeoro si era già espresso sulla fine di Borsellino, affermando che il magistrato aveva scoperto un flusso di denaro mafioso utilizzato per finanziare importanti politici del Nord Europa, perché usassero l’Ue in chiave anti-italiana).Si torna a parlare del milione di dollari in contanti che sarebbero stati consegnati ai Nar da Licio Gelli alla vigilia della strage di Bologna, cioè poco prima del 2 agosto 1980. I Nar, Nuclei Armati Rivoluzionari (terrorismo “nero”) hanno avuto lo stesso ruolo delle Brigate Rosse: erano infiltrati, e sono stati strumento di una serie di pratiche eversive. Dietro a tutte quelle storie c’è l’operazione Stay Behind, quindi il generale Santovito e la mano di quel gruppo che oggi è rappresentato da Michael Ledeen. Il loro obiettivo era destabilizzare il nostro paese, perché in quel momento l’Italia era un laboratorio pericoloso: c’era un Partito Socialista che stava crescendo in un certo modo, e c’era un Partito Comunista che comunque si qualificava con un apparente, progressivo allontanamento dalle posizioni sovietiche. Tutte cose che, a certi gruppi reazionari americani, non convenivano. Ma quella sovragestione non è solo statunitense: è anche inglese, per esempio. Poi gli attentati eclatanti terminano, quando l’obiettivo viene raggiunto. Gradualmente, in Italia, i personaggi pericolosi vengono fatti fuori: Moro, Berlinguer (morto per i fatti suoi), Craxi. Dal dopo-Craxi, inizia un altro tipo di stagione, rappresentata da Romano Prodi, che dura tuttora.