Archivio del Tag ‘Rifondazione comunista’
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Tav, bombe e menzogne: storia di una vergogna nazionale
Massimo Numa, destinatario di un misterioso pacco-bomba recapitatogli alla redazione della “Stampa”, è il giornalista più noto in valle di Susa, e il più temuto. Nella rovente estate 2011, gli attivisti lo accusarono direttamente: sostennero che proprio dal suo computer era partita una email-fantasma, firmata “Alessio”, nella quale si tentava di sostenere che un militante No-Tav, gravemente ferito al volto da un lacrimogeno il 23 luglio, fosse in realtà finito all’ospedale per essere semplicemente “caduto da solo”. Lo stesso Numa ammise che quella velenosa mail, palesemente destinata a inquinare la verità, era stata davvero inviata dal suo ufficio, anche se – disse – non era stato lui a spedirla. Nonostante questo increscioso episodio, non solo Numa è rimasto regolarmente in servizio alla redazione della “Stampa”, ma il direttore del giornale, Mario Calabresi, gli ha consentito di continuare a occuparsi quotidianamente della drammatica vertenza della valle di Susa, come se nulla fosse accaduto.
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No-Tav “terroristi”: escalation contro la valle di Susa
«Nessuno chiede impunità a prescindere, i reati commessi vanno perseguiti. Ma il rigore nelle contestazioni e il senso delle proporzioni sono parte integrante di un diritto penale garantista e coerente con la Costituzione: discostarsi da questa strada è un pericolo per tutti, anche per questo la val Susa è un caso nazionale». Così Ugo Mattei, Alberto Lucarelli e l’ex magistrato Livio Pepino contestano l’escalation giudiziaria della Procura di Torino, che ha accusato di “terrorismo” i No-Tav sotto inchiesta per i recenti assalti notturni al cantiere di Chiomonte. L’accusa è di “attentato per finalità terroristiche o di eversione dell’ordine democratico” ai sensi dell’articolo 280 del codice penale, che prevede pene fino a vent’anni di carcere. «Un’intollerabile sproporzione tra eventuali reati e repressione», protesta il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano. E se Rifondazione Comunista invoca un ricorso alla corte europea di giustizia, attraverso il parlamentare Ivan Della Valle il “Movimento 5 Stelle” preannuncia la richiesta dell’invio alla Procura di Torino degli ispettori ministeriali, «per verificare che gli inquirenti torinesi agiscano nel pieno rispetto della legalità».
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L’impresentabilità di Silvio (e dei suoi valorosi oppositori)
Berlusconi impresentabile? Più o meno quanto i suoi valorosi “oppositori”, che in vent’anni non hanno fatto mai nulla per ostacolarlo concretamente. Parola di Aldo Giannuli, uno che a disarcionare il Cavaliere ci provò davvero, nei primissimi giorni del lontano 1994: insieme all’allora deputato Pds Nicola Coalianni aveva predisposto un disegno di legge sull’incandidabilità dell’uomo di Arcore. Ma a fermarlo fu Achille Occhetto, quello della “gioiosa macchina da guerra”. L’iter parlamentare per la legge anti-Berlusconi sarebbe durato mesi e avrebbe comportato il rinvio del voto, mentre Occhetto aveva fretta di «andare a vincere le elezioni a marzo». Poi sappiamo com’è andata, dice oggi Giannuli, che osserva: «E’ da quell’antico pasticcio che nasce tutta la tematica sul conflitto di interesse, costantemente agitato dalla sinistra in ogni campagna elettorale e mai tradotto in una legge». Imbarazzante: «Non è che sia una figura magnifica quella di un paese che ha avuto per quattro volte, come presidente del Consiglio, un signore che era un frequentatore abusivo delle assemblee elettive, salvo poi accorgersene vent’anni dopo. Vi sembra serio?».
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Amato e De Gennaro, uomini chiave per l’inciucio-horror
Stati Uniti, massonerie, Vaticano, poteri forti. C’è un partito più potente dei partiti che tifa per le “larghe intese” tra Pd e Pdl: sono i politici trasversali di lungo corso, i manager di Stato e i burocrati sopravvissuti a mille ribaltoni, che tremano ogni volta che sentono parlare di accordo tra Grillo e Bersani. «Il partito del governissimo si muove nel silenzio, non appare in tv, ma ha le idee molto chiare sugli uomini giusti per costruire una diga morbida e assorbente all’urto della nuova politica», scrive Marco Lillo sul “Fatto Quotidiano”. Istituzioni secolari come la Chiesa e la massoneria vedono come il fumo negli occhi il “governo di scopo”, e sperano che Bersani non riesca nella missione impossibile di strappare al “Movimento 5 Stelle” la fiducia al Senato. Più rassicurante, per il palazzi romani, la seconda ipotesi: “governissimo” Pd-Pdl, riciclando nomi della portata di Amato e addirittura De Gennaro, capo della polizia all’epoca della mattanza della Diaz.
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Val Susa a 5 Stelle, ora il partito No-Tav assedia Torino
Val Susa a 5 stelle: «Avremo percentuali bulgare», aveva avvertito il portavoce No-Tav Alberto Perino, e così è stato. I grillini sono saldamente il primo partito in tutta la valle minacciata dalla Torino-Lione. Il record spetta a Venaus, paese simbolo della storica “resistenza” del 2005: Grillo rimedia addirittura il 58,1% dei voti, nonostante l’8,8 raccolto dal sindaco Nilo Durbiano, capolista al Senato per “Rivoluzione civile”. Va al “Movimento 5 Stelle” anche Avigliana (37,8%), capoluogo produttivo della valle e città natale di Piero Fassino, oltre che dell’ex sindaco Carla Mattioli, espulsa dal Pd per la sua posizione No-Tav e ora candidata alla Camera con Vendola. A gonfie vele anche Bussoleno, altro centro della protesta contro la Torino-Lione, dove Grillo raccoglie il 46,3% e spedisce a Roma, in carrozza, il neo-senatore Marco Scibona. Sempre a Bussoleno, dove Rifondazione è sempre stata fortemente radicata, Ingroia “supera lo sbarramento” raccogliendo il 4,6% dei voti, nonostante la mancata candidatura di Nicoletta Dosio, storica attivista No-Tav.
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Caccia al voto No-Tav, ma con candidati in ordine sparso
Laboratorio sociale, battistrada, modello, cantiere politico. E’ l’intransigente movimento No-Tav, da anni “bestia nera” di qualsiasi premier, ministro dell’interno o delle infrastrutture, non importa se di centrodestra o centrosinistra. Possibile “votare No-Tav” alle elezioni di febbraio? Soltanto scegliendo candidati No-Tav in ordine sparso. Si va dai grillini a Sel fino a “Rivoluzione civile”, il cartello elettorale di Ingroia. Dispersione assoluta, sotto la dura legge del “Porcellum”, con anche l’incognita della soglia di sbarramento. L’offerta elettorale propone due validissimi amministratori, Nilo Durbiano di Venaus e Carla Mattioli di Avigliana, il primo capolista al Senato con Ingroia e la seconda candidata alla Camera con Vendola, e in più l’attivista Marco Scibona, di Bussoleno, in pole position come capolista del “Movimento 5 Stelle” al Senato.
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Giannuli: dire no-Monti non basta, l’alternativa dov’è?
«Fra un delinquente capace e un onestissimo imbecille è sempre da preferire il primo, non fosse altro perché il delinquente, debitamente sorvegliato, può anche comportarsi correttamente, mentre l’imbecille non può fare altro che comportarsi da imbecille». Parola di Aldo Giannuli, che fotografa il desolante panorama elettorale italiano: gli unici gruppi estranei al disastro politico degli ultimi anni sono quelli di Grillo e Ingroia, e nessuno dei due ha finora detto una sola parola su come uscire dalla crisi che strangola gli italiani. Non guasterebbe «qualche contenuto che non sia proprio aria fritta», scrive Giannuli nel suo blog: «Non basta dirsi “contro Monti”, vorremmo anche sapere qualcosa di più su cosa significa questa proclamazione». Ovvero: cosa si pensa «sulla permanenza nell’euro, su come gestire il debito pubblico, sulla patrimoniale, sul fisco, sulle politiche occupazionali».
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Cremaschi: caro Ingroia, la vera mafia è quella di Bruxelles
Caro Ingroia, l’antimafia non basta: perché oggi il vero nemico che ci minaccia è molto più pericoloso del potere delle cosche, persino di quelle che si infiltrano nell’economia fino ad avvelenarla. Deve cadere il Muro di Bruxelles, quello che ricatta i popoli dell’Eurozona sulla base dei diktat emanati dalle oligarchie finanziarie, ordini firmati da tecnocrati non eletti da nessuno, a cui – grazie all’attuale personale politico – siamo costretti a sottometterci, per fare la stessa fine della Grecia. Dopo i “garanti” dei movimenti firmatari dell’appello “Cambiare si può”, anche l’ex leader della Fiom Giorgio Cremaschi, vicino ai No-Tav e promotore del Comitato No-Debito e del “No-Monti Day”, prende le distanze dalla lista “arancione” capeggiata da Antonio Ingroia, ipotetico leader del “quarto polo”, sul quale confluiscono i partiti di Di Pietro, Ferrero e Diliberto, insieme ai Verdi di Bonelli.
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Sinistra radicale? Giannuli: lasciate perdere, siete finiti
Diversi amici e compagni mi sollecitano un parere su cosa dovrebbe fare la sinistra radicale in vista delle elezioni. Risposta semplice: nulla, e passare la mano. Infatti, almeno per questo giro, non c’è nulla da fare, la sinistra radicale si è suicidata: non si possono perdere 4 anni e 10 mesi e pretendere di risolvere tutto con un tentativo degli ultimi due mesi, siamo seri! Iniziamo da Vendola: la scelta di sottoscrivere l’alleanza con il Pd si è risolta nel disastro che era stato facile prevedere. Nichi, che due anni fa di questi tempi, sognava di arrivare primo in elezioni primarie della sinistra (e forse avrebbe potuto anche farcela) non è arrivato neppure al secondo turno, surclassato da Renzi che ha preso il doppio dei suoi voti. Per cui, l’alternativa a Bersani non era alla sua sinistra ma alla sua destra ed a Nichi non resta che fare la ruota di scorta di un Pd esplicitamente orientato a mantenere la linea fallimentare del rigore montiano.
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Vendola sconfitto: non può attaccare Monti stando col Pd
Tocca ammetterlo, e dispiace soprattutto se almeno idealmente ci si sente vicini alle proposte e alla cultura di Nichi Vendola: ma l’unico vero sconfitto di queste primarie-concorso è proprio lui. La sua strategia – come tanti del suo mondo gli avevano già fatto notare – si è dimostrata un fallimento. E il misero 15 per cento era in realtà una storia già scritta. Praticamente da tre anni a questa parte il leader di Sel ha fatto fuoco e fiamme giorno per giorno: voleva le primarie, le voleva a tutti i costi. Perché le primarie erano il rumore del mare che un bambino ascolta dentro la conchiglia, e roba del genere, raccontava lui. Pareva quasi che il futuro della sinistra, che il riscatto dei lavoratori, degli studenti, della Fiom, degli sfruttati di tutto il mondo stesse lì: nelle primarie. Un modo un po’ edulcorato per rappresentare la realtà di un Paese, e soprattutto di una coalizione sorretta dal Pd, che nel frattempo ha votato tutti i provvedimenti del governo Monti (che a parole Vendola combatte).
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Manganelli: sì all’identificativo per gli agenti antisommossa
Sì alla matricola su caschi e divise per identificare gli agenti della polizia antisommossa e quindi scoraggiare eventuali comportamenti violenti, oggi coperti dall’anonimato. Il capo della polizia, Antonio Manganelli, approva: sarebbe un provvedimento «opportuno e utile», per «distendere gli animi». Poliziotti “targati”? «Credo che si possa percorrere questa strada», dice Manganelli, intervistato da Giovanni Floris di “Ballarò”, su RaiTre. Ma, al tempo stesso, ancora una volta il numero uno della polizia avverte: troppi agenti sono finiti sotto stress perché coinvolti in situazioni-limite, chiamati ad affrontare problemi che non spetterebbero a loro, ma alla politica. Condizioni estreme e anomale: il disagio sociale in atto è «frutto di un diffuso malcontento, di una situazione generalizzata di degrado, di problemi sociali irrisolti, che diventano irrimediabilmente problemi di polizia». E le proteste di questi giorni «temo siano solo l’inizio». Ma la politica tace, e preferisce spedire in piazza la polizia – salvo poi magari prenderne le difese a posteriori, in modo ipocrita.
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Torino-Lione e trivelle: blitz nella notte, come in guerra
Di sorpresa e col favore delle tenebre: come per un’operazione di guerra. Dopo la mezzanotte, al termine di una giornata i cui i No-Tav sono rimasti inutilmente autoconvocati (e depistati) per ore, a Chiomonte, in attesa dell’annunciata visita del ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri – confermata, poi smentita e quindi annullata, nonostante lo straordinario presidio di polizia – all’1,30 di notte un corteo composto da quattro colonne di blindati, non meno di mille uomini secondo “La Stampa”, ha scortato 12 Tir da Orbassano nell’hinterland torinese fino all’autoporto di Susa, dove un’ottantina di operai e tecnici procederanno alle nuove prospezioni geologiche in vista dell’apertura del cantiere per la Torino-Lione nella primavera 2013. Tutto questo, alla vigilia del summit del 3 dicembre a Lione tra Hollande e Monti, dopo il verdetto negativo della Corte dei Conti francese: la maxi-opera, come sostengono i No-Tav, sarebbe inutile e troppo costosa.