Archivio del Tag ‘ricerca’
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Monti affonda l’Italia ma vuole lo scalpo dei lavoratori
Il confronto sulla produttività tra governo e parti sociali, che entra nel vivo in questi giorni, è un imbroglio a partire dal suo nome. Non molto tempo fa il Cnel ha annunciato una ricerca che proprio per i suoi risultati sorprendenti è stata subito rimossa. Sulla base di essa, il decennio più produttivo degli ultimi quarant’anni è stato quello tra il 1970 e il 79. Sì, proprio il decennio delle conquiste sindacali, sociali, civili, della scala mobile, del posto fisso, degli orari e dei contratti rigidi, dello stato sociale e della grande industria pubblica. Proprio quel decennio ha visto il nostro paese raggiungere il tasso di produttività più alto di tutto l’Occidente industriale. Da allora quel tasso è progressivamente diminuito, con un andamento parallelo alla regressione delle condizioni del mondo del lavoro. Fino agli anni Duemila, che con l’euro e le privatizzazioni hanno visto un vero e proprio tracollo sia del salario sia della produttività.
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Il Cnel: Italia in declino a partire dall’avvento dell’euro
Negli anni Settanta, l’Italia era al primo posto per crescita della produttività nell’industria rispetto ai principali Paesi nostri concorrenti nel mondo, mentre negli anni Duemila siamo in coda alla classifica. Lo afferma l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro curato dal giuslavorista Carlo Dell’Aringa per il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro presieduto da Antonio Marzano. Nel decennio 1970-1979, in Italia il valore aggiunto nel settore manifatturiero era cresciuto in media del 6,5% l’anno. Meglio del Giappone e dell’Olanda, appena sopra il 5%, e molto meglio di Francia e Germania, ferme al 4%. Per non parlare degli Usa, attestati al 2,7% prima di riconquistare la leaderiship mondiale negli anni Novanta, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche e informatiche. Ma è nel primo decennio del Duemila, cioè dopo l’introduzione dell’euro, che la produttività nel nostro Paese precipita a un misero 0,4% in media d’anno, contro l’1,8% della Germania, il 2,5% della Francia, il 2,8% dell’Olanda, il 3% del Regno Unito. E meglio di noi ha fatto anche la Spagna (1,5%).
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Guerra e clima: quello che Obama e Romney non dicono
Quando lo spettacolo quadriennale delle elezioni arriva al culmine, è utile chiedersi come le campagne di propaganda politica trattano dei problemi cruciali che dobbiamo affrontare. La risposta semplice è: male o per nulla. Se è così, sorgono alcune importanti domande; perché, e che cosa possiamo fare a riguardo? Ci sono due argomenti di importanza assoluta, perché è in gioco il destino della nostra specie: il disastro ambientale e la guerra nucleare. Il primo appare regolarmente sulle prime pagine dei giornali. Il 19 settembre, per esempio, Justin Gillis ha scritto sul “New York Times” che lo scioglimento del ghiaccio del Mare Artico si era fermato per un anno, «ma non prima di aver demolito il record precedente – e aver lanciato nuovi avvertimenti sul rapido ritmo dei cambiamento nella regione».
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Biologico? No, grazie. Come suicidare l’Italia che funziona
Non abbiamo più soldi, e quindi vi chiudiamo. Anzi, meglio: per ora vi svuotiamo, così nessuno potrà dire che abbiamo spento il “motore” dell’agricoltura biologica. La Provincia di Torino è irremovibile: vuole mettere in liquidazione il Crab, il prestigioso sportello del Bio piemontese – punto di riferimento per tutto il comparto dell’agricoltura biologica italiana – dato che la Regione Piemonte non intende rinnovare il proprio impegno finanziario. Piccole cifre: il centro, dislocato in val Pellice, costa 280.000 euro all’anno, di cui però solo un terzo a carico degli enti locali: il resto proviene da finanziamenti a progetto, che gli stessi ricercatori si procurano attivando fondi speciali europei. Non stiamo parlando dell’Ilva di Taranto, ma di un minuscolo ufficio con appena 7 operatori: vittime della brutale “spending review” del governo Monti, 4 di loro resterebbero a casa.
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Tagli ciechi: il Piemonte amputa l’eccellenza del Bio
Spending review, tagli orizzontali, trascuratezza degli enti pubblici: il disastro-Italia non risparmia nulla, neppure le poche eccellenze rimaste. Come il Crab, lo sportello piemontese per l’agricoltura biologica. Che, nell’indifferenza generale, rischia di chiudere. Poco importa se, pur costando 280mila euro all’anno, ne genera da solo oltre mezzo milione, attraverso l’assistenza diretta alle aziende agricole, o attività che spaziano dal monitoraggio dei suoli agli studi per limitare lo spreco di acqua, fino alla lotta biologica contro i parassiti. I progetti di questo centro, spesso sviluppati con la collaborazione di università italiane ed estere, sono frutto del lavoro dei suoi ricercatori. «Noi non sperperiamo il denaro pubblico, produciamo sostenibilità ambientale», fanno presente. «Eppure ci vogliono chiudere».
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Appello al Piemonte: non chiudete lo sportello del Bio
Si fa presto a dire “biologico”. Filiere corte, chilometri zero. Prodotti locali d’eccellenza, che – per fortuna – inondano le campagne italiane e le mille fiere enogastronomiche promosse e sostenute dagli enti pubblici. Peccato che poi ci si dimentichi che quegli stessi prodotti nascono dal duro lavoro quotidiano di contadini spesso isolati ma sempre più consapevoli del loro ruolo ecologico. Agricoltori-custodi, li chiamano, e ormai sono un network in crescita. Anche grazie all’impegno di centri di eccellenza italiana come il Crab, lo sportello piemontese dell’agricoltura biologica che ora – nell’indifferenza generale – rischia addirittura di chiudere, per mancanza di fondi. Spending review, tagli orizzontali: eppure il Crab fa girare mezzo milione di euro all’anno (economia pulita) e costa solo 280.000 euro. Ma attenzione: i due terzi della spesa sono già ampiamente coperti da progetti speciali, a termine
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Vaccini inutili e dannosi: il business avvelena i neonati
Effetti indesiderati o appositamente voluti per far soldi sulla pelle di esseri indifesi col pretesto scientifico? «Il nome – denuncia il giornalista Gianni Lannes – è quello di un killer legalmente autorizzato ad avvelenare i bambini e a trasformarli in pazienti cronici, danneggiando irreversibilmente le loro difese immunitarie». Si chiama “Infanrix Hexa”, costa quasi 100 euro ed è il vaccino esavalente, somministrato in un’unica soluzione, prodotto dalla britannica Glaxo, condannata più volte negli Usa per aver provocato la morte di parecchie persone. L’obbligo di legge per i neonati riguarda solo difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. Ma nella dose diffusa ci sono gli antigeni per altre due malattie infettive. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la copertura è ottimale e non c’è nessun rischio provato. Anzi, «il vero scandalo è contrarre virus perché si rifiuta il vaccino».
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Trichet, laurea ad honorem per bancarotta fraudolenta
Il 17 settembre l’Università di Bologna ha attribuito la laurea ad honorem a Jean-Claude Trichet. Chi è Jean-Claude Trichet e cosa ha fatto per meritare questa onorificenza da una istituzione in cui un tempo si coltivava lo studio e la dignità? Jean-Claude Trichet è stato presidente della Banca Centrale Europea negli anni in cui l’Europa, dove da cinque secoli milioni di ingegneri e poeti, agronome e operai, contadine e medici, imprenditori e scienziate hanno contributo al sapere e alla ricchezza, sprofondava nella bancarotta(fraudolenta). Per questo gli è stata offerta una laurea?
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No Tav, eresia e orgoglio di una valle in fondo al vento
Vorrei riuscire a scrivere di questo romanzo senza dilungarmi sulla questione del Tav. Del treno ad alta velocità (o capacità) s’è parlato e scritto e la mia posizione contro questo progetto è chiara. D’altronde le ragioni di chi è contro sono esorbitanti rispetto a quelle di chi vuole imporcelo. Un romanzo dovrebbe innanzitutto attenersi a dei parametri letterari, perché se in esso si prende una posizione troppo precisa, a favore o contro un argomento, allora siamo di fronte a un’opera militante che col romanzo (genere letterario che si diffonde con l’avvento del relativismo) ha poco a che vedere. È palese che all’amico Giorgio Cattaneo il Tav non piace, come non piace a me e alle persone che considerano la Valle di Susa qualcosa in più di una zona di passaggio; tuttavia, se il suo romanzo si limitasse ad esprimere un dissenso, tale dissenso potrebbe esprimersi in un ennesimo saggio sull’argomento, o in uno degli innumerevoli instant-book che occupano gli scaffali delle librerie.
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Spendere, non tagliare: pure i top-manager bocciano Monti
«Sia le multinazionali che i governi locali dovrebbero fornire fondi e consulenze per aiutare le piccole medie imprese», perché proprio le “Pmi” sono «fonte di impiego dinamico, che lungo una catena virtuosa finisce per beneficiare tutti i business». Multinazionali che aiutano le piccole imprese e Stati che – eresia – anziché tagliare spendono denaro pubblico, per sostenere il tessuto economico vitale rappresentato dai medio-piccoli? Sembra una piattaforma politica di ultra-sinistra e, per Paolo Barnard, lo è. Solo che i firmatari non sono i sindacati, ma proprio i top manager di alcune tra le massime imprese mondiali. «Forse non il top – dice Barnard – ma di sicuro la cosa di gran lunga più di sinistra sentita negli ultimi mesi, se si escludono le proposte della Modern Money Theory». Il memorandum è stato stilato nella riunione del “Business 20” di Los Cabos in Messico, estate 2012.
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Riciclare pannolini: in Italia il primo impianto al mondo
Usa e getta? No, grazie. Vale anche per i pannolini, che poi finiscono in discarica o all’inceneritore. Montagne di pannicelli: quasi un millione di tonnellate l’anno, con un impatto devastante sull’ambiente. L’ideale sarebbe utilizzare i prodotti lavabili, ma pare che non si riesca a fare a meno dei pratici pannoloni monouso. La soluzione? Made in Italy: a Vedelago, in provincia di Treviso, un’azienda pioniera ha inaugurato una proposta destinata a fare scuola, a livello planetario: il primo impianto al mondo per il riciclo al 100% dei pannolini sporchi, ma anche pannoloni per anziani e assorbenti femminili. Tre anni di ricerche e test sul campo, 5 milioni di investimenti. E una partnership strategica: con la Fater, produttrice italiana di prodotti usa e getta. Risultato: il Centro Riciclo Vedelago ritirerà pannolini sporchi e restituirà materiali pronti all’uso, come plastica e cellulosa. Economia verde, a impatto zero.
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Onore al criminale Graziani, ma in Italia non è scandalo
Fa scandalo ovunque, tranne che in Italia, la notizia del monumento dedicato al criminale di guerra Rodolfo Graziani, il “macellaio d’Etiopia” che sperimentò i gas contro gli africani e finì la sua brillante carriera facendo fucilare partigiani come ministro della difesa della Repubblica di Salò. Dal “New York Times” alla “Bbc”, fino a “El Paìs”, la stampa internazionale oscilla tra indignazione e incredulità l’inaugurazione dell’11 agosto ad Affile, non lontano da Roma: il Comune, da cui proviene il ramo materno della famiglia di Graziani, ha dedicato al capo dell’esercito coloniale di Mussolini una sorta di sacrario della memoria. «Stupisce e preoccupa – scrive Antonio Maria Morone – lo scarso interesse dedicato alla vicenda dalla stampa nazionale, che ha relegato la notizia a una posizione marginale, soffermandosi più sul possibile sperpero di fondi pubblici in tempi di crisi economica per un manufatto che sarebbe costato 160.000 euro».