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L’eresia di Giordano Bruno: siamo eterni, come l’universo
Con la sua “eresia” Giordano Bruno svela il “tiranno” che ci ha reso schiavi per millenni, indica i modi per riconoscerla e per liberarcene senza lottare. E’ il nostro stesso credo in una “conoscenza” meccanicista che ignora il ruolo cruciale della Vita, promuove una concezione artefatta di “dio” e usa concetti, privi di significato. Uno è il tempo lineare, su cui si basa tutto il “sapere” funzionale al potere. Cos’è il tempo? Nessuno lo sa, ma tutti credono che proceda in modo inesorabile con un unico ritmo immutabile, lo stesso che vale per l’universo, le stelle in cielo, i salari e i debiti sulla terra. Non è il “tiranno” che fa gli schiavi; sono i credenti nella “tirannia” che conservano il mondo in uno stato di schiavitù. Non c’è un unico tempo in Natura. Ci sono infiniti tempi e c’è un’unica Forza che li dirige tutti, rispettando sogni e bisogni di organismi quali quelli umani. L’eresia di Bruno è in fondo una proposta semplice: quella di dire “pane al pane e vino al vino”, riconoscere il reale significato delle parole e il ruolo importante del linguaggio.“La lingua degli astri è musica e canto”, non è solo scienza, fatta di concetti difficili e di conti riservati a pochi; è musica che tutti possono amare, suscita emozioni e sensazioni, stimola creatività e innovazione, musica di cui ognuno di noi può essere co-autore. Considerando la terra una palla di roccia che vaga sola soletta in uno spazio “vuoto” e credendosi vincolati a un pianeta con risorse limitate, gli uomini tuttora ignorano scoperte, anticipate da saggi come Bruno e confermate da ricerche molto serie e poco diffuse. Una è la scoperta, o meglio “riscoperta”, della caverna platonica. La Terra non è palla rigida, ma composta di sfere cave concentriche che si muovono in modo indipendente le une dalle altre. Al centro comune c’è il Motore Primo che svela il “segreto” di un’energia illimitata, “segreto” svelato da Bruno che non a caso è stato messo a tacere. Il “segreto” è il doppio movimento, orario e antiorario, movimento che si autoalimenta, senza bisogno di combustibili. E poi c’è un altro “segreto” svelato: le Scienze dello Spazio non osservano la realtà reale, bensì un film proiettato sulle pareti di una caverna, riconoscibile nella magnetosfera terrestre; osservano un canale di una Tv olografica che si sta spegnendo a ritmi accelerati. Non è la fine del mondo, ma la fine dell’illusione e dell’ignoranza che hanno accompagnato tutta la storia conosciuta.La realtà reale è la comunione di ogni essere con la Forza che anima e co-muove, rende vivo ogni corpo. L’eresia di Bruno è “segreta” perché la sua rivelazione implica il crollo del potere temporale che ha dominato la storia conosciuta, svela l’arbitrio dei confini stabiliti dai vincitori e la cinica indifferenza verso i vinti. Alla base di questa storia c’è un inganno colossale. E’ il credo nello spazio e nel tempo – “stupidità manifesta”, afferma Bruno – e confermano scoperte quali quella in copertina. L’unione è la Forza – la Vita Cosmica – che genera il seme, non solo il Dna ma anche l’Rna. Il sistema Dna e Rna dimostra che ogni essere umano vive in almeno due mondi, ovvero due tempi che si compongono in reciproca armonia. Non esiste in Natura un unico tempo sul quale calcolare tutto, in particolare, gli interessi dei debiti, contratti dai governi e scaricati sulle spalle dei popoli. “C’è un sol Governo, una sola Legge, l’Amore”, afferma Bruno, e possiamo infine riconoscere, entrando in contatto con la Memoria vera, quella Genetica. C’è un solo Essere Eterno, un infinito Universo Organico, nascosto da qualsiasi potere. Oggi abbiamo dati e scoperte che ci consentono di ritrovare la nostra umana potenza, la coscienza.(Giuliana Conforto, “L’eresia di Giordano Bruno e l’eternità dell’essere umano”, dal blog della professoressa Conforto, astrofisica. Il libro: Giuliana Conforto, “L’eresia di Giordano Bruno e l’eternità dell’essere umano”, Noesis Edizioni, 126 pagine, 15 euro).Con la sua “eresia” Giordano Bruno svela il “tiranno” che ci ha reso schiavi per millenni, indica i modi per riconoscerlo e per liberarcene senza lottare. E’ il nostro stesso credo in una “conoscenza” meccanicista che ignora il ruolo cruciale della Vita, promuove una concezione artefatta di “dio” e usa concetti, privi di significato. Uno è il tempo lineare, su cui si basa tutto il “sapere” funzionale al potere. Cos’è il tempo? Nessuno lo sa, ma tutti credono che proceda in modo inesorabile con un unico ritmo immutabile, lo stesso che vale per l’universo, le stelle in cielo, i salari e i debiti sulla terra. Non è il “tiranno” che fa gli schiavi; sono i credenti nella “tirannia” che conservano il mondo in uno stato di schiavitù. Non c’è un unico tempo in Natura. Ci sono infiniti tempi e c’è un’unica Forza che li dirige tutti, rispettando sogni e bisogni di organismi quali quelli umani. L’eresia di Bruno è in fondo una proposta semplice: quella di dire “pane al pane e vino al vino”, riconoscere il reale significato delle parole e il ruolo importante del linguaggio.
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Marchi: l’universo siamo noi, così la religione ci teme
In molte occasioni ho parlato dell’unità e dell’unione di ogni essere in un Tutto universale unico. Perché questo concetto è così difficile da accettare? Semplice. Perché da millenni l’umanità è stata educata dalle varie religioni del mondo, attraverso riti e cerimoniali vari, a credere all’esistenza di un Creatore e di un Creato. A parlare di un Dio Formale (in maniera antropomorfica) anziché di una Divinità Informale, come stato di Coscienza Cosmica. In questo modo la “teologia morale” ha potuto tenere in scacco l’individuo, parlandogli di giudizi universali, di condanne e di peccato originale, da cui poi egli si è sentito oppresso in maniera punitiva per le sue miserevoli “colpe”. Riscattarsene oggi, con un Dna così preformato, è quasi un’impresa disperata. Da sempre, il fatto che la materia sia intessuta in un modo così straordinariamente perfetto, fino a manifestare una intelligenza del più alto livello ed in modo così stupefacente, ha finito per implicare nella mente degli uomini la presenza nel mondo di un “Grande Progettista” geniale, di un “Grande Orologiaio” distaccato, di un “Grande Orchestratore” esterno, di un “Grande Architetto” costruttore, di un “Grande Regista”, direttore dell’universo.E ciò ha continuato ad avvenire, nonostante la ricerca abbia ormai dimostrato largamente che tutti i sistemi viventi (dato che neanche un atomo è materia inerte) hanno mostrato un grado di assemblarsi da soli veramente strabiliante, a seguito di una trasformazione “auto-organizzata” o “auto-arrangiata” che lascia sbalorditi. Il concetto è difficile da accettare perché sfida il programma subdolo di una cultura millenaria che lo ha spacciato per la nozione più eretica e blasfema che si possa immaginare. E poi perché in quella dualità si annida il business dell’intermediazione, il più scandaloso affare di tutti i secoli. Un affare che è la madre di tutte le atrocità compiute dall’umanità, perché toglie dignità a qualsiasi cosa creduta altro da noi stessi e al nostro stesso simile. Quando invece siamo un “Singolo Organismo” o Campo di Coscienza Universale, un “Intatto” interamente intelligente. Del resto, ci siamo mai chiesti: ma perché la verità si chiama verità? Non perché il suo contrario sia il falso, ma perché essa è unica. Vedere ciò è diverso che dire che essa è non-falsa.Ci sono stati o ci sono ancora individui e organizzazioni che in modo cosciente hanno operato affinché l’Uno apparisse come Due e tale apparente separazione fosse percepita come realtà? Di queste ce n’è una miriade, laiche e religiose. Ma ce n’è una di vertice su tutte, cui tutte fanno capo: il “New Global Order”. Tuttavia per l’approfondimento e l’analisi di questa enorme e micidiale struttura dominante, per la cui trattazione completa ci vorrebbe uno spazio a parte, è bene rimandare qui alla lettura dei libri “La Scienza dell’Uno” e “Mirjel, il Meraviglioso Uno”, entrambi testi del Gruppo Editoriale Macroedizioni, che ne fanno ampio riferimento.(Vittorio Marchi, estratti dall’intervista “Fisica quantistica e spiritualità”, pubblicata sul blog di Giovanni Pelosini il 10 luglio 2011. Il professor Marchi è un eminente ricercatore italiano nel campo della fisica quantistica, autore di importanti saggi anche a carattere divulgativo come “La scoperta dell’invisibile”, “La vertigine di scoprirsi Dio” e “La grande equazione – io, l’universo, Dio”).In molte occasioni ho parlato dell’unità e dell’unione di ogni essere in un Tutto universale unico. Perché questo concetto è così difficile da accettare? Semplice. Perché da millenni l’umanità è stata educata dalle varie religioni del mondo, attraverso riti e cerimoniali vari, a credere all’esistenza di un Creatore e di un Creato. A parlare di un Dio Formale (in maniera antropomorfica) anziché di una Divinità Informale, come stato di Coscienza Cosmica. In questo modo la “teologia morale” ha potuto tenere in scacco l’individuo, parlandogli di giudizi universali, di condanne e di peccato originale, da cui poi egli si è sentito oppresso in maniera punitiva per le sue miserevoli “colpe”. Riscattarsene oggi, con un Dna così preformato, è quasi un’impresa disperata. Da sempre, il fatto che la materia sia intessuta in un modo così straordinariamente perfetto, fino a manifestare una intelligenza del più alto livello ed in modo così stupefacente, ha finito per implicare nella mente degli uomini la presenza nel mondo di un “Grande Progettista” geniale, di un “Grande Orologiaio” distaccato, di un “Grande Orchestratore” esterno, di un “Grande Architetto” costruttore, di un “Grande Regista”, direttore dell’universo.
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Il segreto del Pellicano: tutta la verità è qui, ma in incognito
Può accadere che, di colpo, tutto quello che credevamo di sapere non valga più. Vacillano certezze in ogni campo della conoscenza, protette dalla scuola e dalla scienza ufficiale, al riparo della grande cornice culturale del materialismo. La prima crepa può aprirsi davanti al Cenacolo di Leonardo, se un anziano professore ti tira per la giacca, ansioso – chissà perché – di confidarti qualcosa. Comincia allora un viaggio avventuroso e anche pericoloso, che assomiglia al volo del Pellicano: la tua vita finisce in pezzi, poi all’improvviso risorge. E tu, nel frattempo, sei diventato un’altra persona: rinata dalle tue ceneri, come la Fenice. E’ quanto accade al grafico Giulio Cortesi, in crisi con il lavoro e con la moglie, nelle retrovie della Milano del 2005. Finirà ipnotizzato da grandi pittori: un misterioso quadro del Caravaggio ma, soprattutto, le opere del Giorgione. Segreti da decifrare, con l’aiuto di inattesi personaggi spuntati dal nulla, tra Milano e Torino, attorno a una ragazza affascinante. Chiave di volta, alla fine, un anziano monaco dell’abbazia di Chiaravalle, custode di un labirinto. Si dipana allora il filo di un sapere “altro”, condiviso dai padri della scienza moderna ma tenuto risolutamente nascosto: la verità è tra noi, ma in incognito.E’ la convinzione a cui approda lo stesso Cortesi al termine del romanzo a cui Gianfranco Carpeoro affida la «storia realmente accaduta di una leggenda», quella dei Rosacroce, gli uomini che proprio nel Pellicano – uccello che, simbolicamente, si trafigge il petto per resuscitare i suoi pulcini, nutrendoli col suo sangue – videro l’emblema e il messaggio del Cristo, la necessità del sacrificio per conquistare l’immortalità. Un allievo di Carpeoro, il saggista Michele Proclamato, in questi anni sta fornendo brillanti ricostruzioni dei valori simbolici che ci circondano, tutti ispirati al “sapere segreto” simboleggiato dal Tempio di Salomone, da cui il genio di Isaac Newton, padre della fisica moderna ma innanzitutto alchimista, trasse le sue intuizioni cardinali, sulla via già percorsa da uomini come Ruggero Bacone, che forse inventò i primi occhiali già nel ‘200. Da Dante a Mozart, da Tommaso Moro a Cartesio: quali conoscenze li accomunavano? Le stesse dei massimi pittori del Rinascimento, a partire da Giorgione: che, a quanto pare, era al corrente della teoria eliocentrica già mezzo secolo prima delle tesi di Copernico.La fonte di questa “conoscenza segreta” è antichissima: ve n’è traccia nell’incontro biblico tra Abramo e il misterioso Melchisedek, nell’adorazione dei Magi (l’ombra del mazdeismo di Zoroastro, poi dei Sufi), e quindi nella storica missione di San Giacomo e Giuseppe d’Arimatea, impegnati a esportaere il cristianesimo in Europa. Sono i misteri nei quali – partendo dal rebus in forma in puzzle costituito dall’opera pittorica di Giorgione – Giulio Cortesi finisce per inoltrarsi, nella scomoda posizione di indiziato di omicidio. Tra un menù e l’altro – Cortesi è un inguaribile gourmet – dovrà innanzitutto convincere della sua innocenza il ruvido commissario di polizia che indaga su di lui. E finirà col collaborare in modo imprevedibile alle indagini, fornendo intuizioni ricavate proprio dal mondo esoterico che il grafico milanese va scoprendo, aiutato dai consiglieri-ombra che gli procurano indizi nascosti in libri rari, dove il messaggio che conta è sempre mimetizzato, da cogliere tra le righe, seguendo meccanismi analogici e significati annidati tra i numeri.Una doppia ricerca, quindi, scandita dal ritmo incalzante del thriller, non senza pagine di autentica, spassosa comicità come quelle che narrano un divertente ferragosto trascorso nelle discoteche di Ibiza (oltre alla cucina, la musica è l’altra traccia parallela del romanzo). Ma, anziché intrecciare fantasie alla maniera di Dan Brown, Carpeoro utilizza lo stesso spunto il partenza – l’Ultima Cena – per andare alla scoperta di una storia vera, una “leggenda realmente accaduta”, lungo itinerari dove si incrociano Paracelso e Giordano Bruno, Salvador Dalì e Gabriele D’Annunzio, Hugo e Goethe, fino a Steiner e oltre. Uomini di fede, alchimisti, matematici, astronomi e astrologi, filosofi, proto-scienziati, artisti. Tutti esoteristi, impegnati, attraverso i secoli, a prolungare il “volo del Pellicano”: velando sempre, come Giorgione, la suprema verità sulla “matrice dell’universo”, la stessa su cui oggi la fisica quantistica si starebbe affacciando. La legge sacra, la genesi della vita. E’ il cielo senza tempo, attraversato dal volo del Pellicano.(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il volo del Pellicano”, Melchisedek, 500 pagine, 26 euro).Può accadere che, di colpo, tutto quello che credevamo di sapere non valga più. Vacillano certezze in ogni campo della conoscenza, fino a ieri protette dalla scuola e dalla scienza ufficiale, al riparo della grande cornice culturale del materialismo. La prima crepa può aprirsi davanti al Cenacolo di Leonardo, se un anziano professore ti tira per la giacca, ansioso – chissà perché – di confidare qualcosa proprio a te. Comincia allora un viaggio avventuroso e anche pericoloso, che assomiglia al volo del Pellicano: la tua vita finisce in pezzi, poi all’improvviso risorge. E tu, nel frattempo, sei diventato un’altra persona: rinata dalle sue ceneri, come la Fenice. E’ quanto accade al grafico Giulio Cortesi, in crisi con il lavoro e con la moglie, nelle retrovie della Milano del 2005. Finirà ipnotizzato dal segno dei grandi pittori: un misterioso quadro del Caravaggio ma, soprattutto, le opere del Giorgione. Segreti da decifrare, con l’aiuto di inattesi personaggi spuntati dal nulla, tra Milano e Torino, attorno a una ragazza affascinante. Chiave di volta, alla fine, un anziano monaco dell’abbazia di Chiaravalle, custode di un labirinto. Si dipana allora il filo di un sapere “altro”, condiviso dai padri della scienza moderna ma tenuto risolutamente nascosto: la verità è tra noi, da sempre, ma in incognito.
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Dante e i Templari fiorentini, fino a John Fitzgerald Kennedy
In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.«Abbiamo poi indizi che dicono che Dante era un templare», prosegue Monti, nell’intervista pubblicata sul blog di Franceschetti. Esiste una moneta conservata in un museo di Vienna, in cui viene attribuito a Dante il grado di Cavaliere Kadosh, uno dei cavalierati più segreti all’interno dei Templari. «Attorno a sé lui aveva creato un circolo che ufficialmente si occupava di poesie d’amore, ma in realtà era un circolo segreto di matrice esoterica. L’ultima guida di Dante poi è San Bernardo, che è il creatore della regola templare». I manoscritti originali di Dante, ufficialmente, non esistono, osserva Franceschetti: non abbiamo una sua firma autografa, un suo manoscritto, nulla. Esiste qualcuno che li ha? «Per quello che posso immaginare sì, ci sono – risponde Monti – ma non sono consultabili e credo siano negli Stati Uniti, custoditi dai Templari di oggi. C’è ad esempio un certo Filippo Mazzei che è stato uno dei firmatari della Costituzione americana ed era un fiorentino di una famiglia templare molto importante. I legami quindi tra Templari e Usa sono molto stretti, perché a partire dal 1200 ormai l’Europa divenne scomoda per i Templari e quello che potevano fu portato negli Usa».Questi documenti, continua Monti, «non vengono divulgati perché da secoli ci sono battaglie all’interno del movimento templare tra coloro che sono chiamati “passatisti”, che hanno una visione pura del mondo iniziatico, e i “modernisti”, che sono la componente più nera». Nella Divina Commedia non esiste un solo cenno alla moglie di Dante, Gemma Donati, e così pure nelle altre opere. Corso Donati, Forese Donati e Piccarda Donati sono parenti di Gemma e vengono nominati, aggiunge Franceschetti – ma perché mai la moglie? Cosa ci hanno taciuto del personaggio di Dante? E’ possibile che sia un’opera collettiva e Dante sia un personaggio romanzato? «No, credo proprio di no. Credo sia tutta farina del sacco di una persona», dice Monti. «Dante divenne maestro templare controvoglia. Il vero maestro doveva essere Brunetto Latini, ma non se la sentì e per questo fu posto all’Inferno, per punirlo simbolicamente del suo rifiuto. Quanto a Gemma, potrebbe simboleggiare la “gemma gnostica” e non essere un personaggio vero e proprio. Probabile fosse quindi uno pseudonimo».E Dante cosa faceva nei periodi bui della sua biografia? «Si dedicò a ripristinare l’Ordine templare che ormai era quasi finito», racconta Luca Monti. «Non è escluso che sia stato in Medio Oriente per incontrare i Sufi, con cui ebbe rapporti molto stretti. Lo stesso Federico II provò a mettere insieme la cavalleria cristiana e islamica e addirittura quella mongola; lui infatti temporeggiava nell’intraprendere la crociata voluta dal Papa di allora, perché cercava questo accordo tra Islam e Cristianesimo esoterico». Altra domanda: Castel Del Monte, in Puglia, era il luogo dove fu custodito il Graal dai Templari? «E’ plausibile. Occorre vedere quale Graal, perché ce n’erano tre. Il contenitore del sangue di Cristo, il balsamario e quello dell’ultima cena». E che dire di due personaggi fondamentali della Divina Commedia, San Bernardo e Beatrice? «Beatrice è l’obiettivo cui devono tendere i Templari, perché simbolicamente rappresenta la gnosi, la “sofìa”, la conoscenza suprema. Per questo la troviamo nel Paradiso, perché non deve essere contaminata da energie basse». Quanto a San Bernardo, «non è solo chi ha scritto la regola, ma è colui che ha plasmato esotericamente i Templari». E i cavalieri del Tempio «non nascono certo per difendere i pellegrini in Terrasanta: in 9 infatti potevano fare ben poco». La loro vera missione: «Trovare degli oggetti esotericamente importanti». Nel tempio di Gerusalemme «cercarono l’Arca dell’Alleanza, la testa di San Giovanni Battista e molto altro».In chiave inziatica, aggiunge Franceschetti, com’è che l’esoterista Dante “vede” Inferno, Purgatorio e Paradiso? «Secondo me li ha visitati davvero», risponde Monti, «nel senso che con un “viaggio astrale” probabilmente lui ha effettuato questo percorso, e probabilmente è stato il “viaggio astrale” più interessante della storia dell’umanità», nientemeno. Con l’espressione “viaggio astrale” si può intendere “esperienza extracorporea”, nota anche con le sigle Obe o anche Oobe (dall’inglese “out of body experience”), che per Wikipedia sta a indicare «tutte quelle esperienze, la cui interpretazione rimane controversa, nelle quali una persona percepisce di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei». Sempre per Wikipedia, circa una persona su dieci ritiene di aver avuto qualche volta nella vita una di queste esperienze. «Più stringatamente», il termine «sta a indicare quella sensazione che taluni provano come se stessero fluttuando all’esterno del proprio corpo e, in taluni casi, percependo la presenza del proprio corpo da un punto esterno ad esso».In genere – prosegue Franceschetti, cambiando argomento – gli iniziati condivisono tra loro il cosiddetto “segreto iniziatico”, e proprio per questo motivo «non parlano di Dante svelandone i principali segreti». Luca Monti invece perché ne parla? Non è vincolato al “segreto iniziatico”, pure essendo “Gran Priore del Sacro Ordine Equestre Ecumenico Templare”? «Personalmente – spiega l’autore del libro sul templarismo fiorentino – credo sia il momento di divulgare il più possibile, e che il “segreto iniziatico” debba essere molto ridimensionato». E aggiunge: «Credo anzi che la missione del vero iniziato, oggi, in cui i tempi sono molto cambiati, debba addirittura essere capovolta rispetto al passato, cioè essere quella di cercare di innalzare il livello sapienziale delle masse, per quanto possibile, buttando sempre più sassolini per permettere a chi vuole di fare delle ricerche». Sicché, Franceschetti ne approfitta: «Dante – dice – parla spesso di un “cinquecentodieci e quinque”, 515, che libererà l’umanità». Che cos’è? Cosa rappresenta? «E cosa rappresenta il 666? Teniamo conto che nella Divina Commedia le profezie dantesche sono tutte collocate, con precisione matematica, a 515 o 666 versi di distanza l’una dall’altra».«Io penso che questo 515 arriverà verso il 2020», risponde Monti. «Ma questo numero rappresenta anche la riunificazione; noi siamo tutti in potenza parti di Dio, particelle divine, e il 515 rappresenta la riunione di noi stessi col divino. Il 666 invece è il numero della Bestia dell’Apocalisse, ma ricordiamoci anche che l’Apocalisse è la Rivelazione». Altro quesito: se Dante fu il successore segreto di Jacques De Molay, l’ultimo leader dei Templari arso sul rogo, chi fu il successore di Dante? Sorpresa: per Luca Monti, il successore dell’Alighieri-templare fu «Gherarduccio dei Gherardini, antenato di John Fitzgerald Kennedy. Ecco perché questo legame tra Dante e i Templari». Sul tema, Monti sta scrivendo un libro, “Dal rogo all’ermellino”, ovvero «la trasformazione dei Templari dalla clandestinità all’affermazione di nuovi ordini». E i Catari, sterminati tra 1200 e 1300 dal Vaticano prima con la Crociata Albigese e poi con l’istituzione dell’Inquisizione, come incrociano la loro storia “eretica” con Dante e i Templari? «Catari e Templari sono fratelli – sostiene Monti – nel senso che condividevano una stessa visione gnostica della spiritualità; solo che i Templari non potevano esternarlo ufficialmente come i Catari, essendo formalmente riconosciuti dalla Chiesa». Ma non è tutto, perché «il legame spirituale dei Templari va oltre il Catarismo e oltre il Sufismo», basti pensare che «San Bernardo era un druido e anche quella è, quindi, una direzione spirituale da percorrere». Templari e Fedeli d’Amore? Stessa cosa, a Firenze: «I Fedeli d’Amore, quindi il gruppo di Cavalcanti e Brunetto Latini, erano i veritici templari, perché quello di “Fedele d’Amore” è il grado più alto dei Templari».(Il libro: Luca Monti, “Firenze, città santa dei Templari”, Aurora Boreale editore, 80 pagine, 12 euro).In un libro edito da Aurora Boreale, “Firenze, città santa dei Templari”, Luca Monti scrive che Dante Alighieri fu il Gran Maestro segreto dei Templari dopo Jacques De Molay. «La storia dei Templari è molto diversa da quella che viene descritta dagli storici tradizionali», spiega Monti, intervistato da Paolo Franceschetti. «Quando io mi occupo della storia non me ne occupo con gli strumenti tradizionali, cioè con i libri e i materiali scritti da storici, perché questi sono materiali scritti da uomini, quindi con criteri limitati; io parto invece dai simboli, che sono universali a tutte le latitudini. Da questo punto di vista i simboli usati dai Templari ci dicono molto, e ci dice molto anche il modo in cui Dante scriveva, che era di tipo esoterico. Già questo quindi offre le prime basi di partenza per l’interpretazione della Divina Commedia e ci dà delle precise indicazioni sul suo valore». Tutto, aggiunge Monti è basato su determinati numeri: 3 cantiche, e 3 è il numero della perfezione; 33 canti, e 33 è il massimo grado della massoneria, il massimo grado sapienziale. Ricorre spesso il numero 13: Dante mette nelle varie cantiche diversi gruppi di 13; 13 i dannati a cui Dante chiede il nome, 13 quelli cui non chiede il nome, 13 i dannati che si fanno riconoscere senza che venga loro chiesto il nome, eccetera.
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Vittorio Marchi: la morte non esiste, l’ha scoperto la fisica
Come e quando, da studioso di fisica, sono passato dalla “scienza” alla “coscienza”? Osservando che la materia, ovvero il fondamento della visione meccanicistica della realtà, che si credeva “solida”, densa, compatta e intangibile, perdendo la sua consistenza materiale, si trasformava sempre di più in un Pensiero. Quando? Considerando che noi fisici, ricercatori di un settore come quello del campo della fisica quantistica, confortati dagli studi delle neuroscienze, abbiamo scoperto al Cern di Ginevra che la “nuova sostanza primordiale”, base della formazione dell’universo, non è la “materia” (di cui si diceva sopra), bensì l’Informazione. Un Campo di Coscienza Universale, interamente intelligente. Un “Campo Energetico Unificato”, come lo definisce oggi la fisica e che un tempo, circa 5000 anni fa, il mistico indicava con il nome di “Akasha”. Il maestro è stato un libro, a lungo cercato, e poi il suo autore, grande amico di Enrico Fermi, che ha pensato bene di passarmi il “testimone”. Il punto di riferimento è stata la “caduta del mito di Dio e della Creazione”, determinata dal punto di incontro tra il misticismo orientale e la fisica quantistica.Finché la fisica non è scesa nei meandri del mondo subatomico, non è stato possibile comprendere le Sacre Scritture, e in particolare quelle dei testi himalayani. Quando invece è discesa nelle profondità dell’invisibile, ho scoperto che tempo e spazio perdevano di significato. La verifica mi è stata data dal fatto che il misticismo orientale ha percorso questa strada partendo dall’invisibile, mentre la scienza occidentale è partita dal grossolano del mondo materiale o visibile per incontrarsi con essa sul piano del “sottile”. Inevitabile, certo, che i pensieri meno ordinari che esprimo nei miei libri e nelle conferenze abbiano creato problemi in ambito accademico. La psicoscienza e in particolare la psicofisica hanno scoperto una novità piuttosto dura da digerire. La fisica quantistica sta dimostrando che quel mondo naturale che si credeva così materialmente reale sta svanendo nella “irrealtà” della sua consistenza fisica. E cosa fanno i nostri più illustri leader del conservatorismo scientifico per correre ai ripari? Dicono che la materia solida è qualcosa di stabile e che le regole che si applicano al mondo subatomico non si applicano al mondo macroscopico newtoniano.Dicono insomma che tra il micro e il macro esistono due diverse serie di leggi e di regole. Il che è falso, come dimostrano tutti gli esperimenti eseguiti da Anton Zeilinger, professore di fisica all’università di Vienna. Il quale è un esempio che fa eccezione alla regola. Il fatto è che ciò che ancora le varie accademie del mondo non accettano è che il mondo “spirituale” sia un prolungamento della scienza e ne rappresenti il suo completamento. Di qui l’ostracismo. In che modo le più recenti scoperte della fisica quantistica confermano le visioni mistiche dell’antichità presenti in modo simbolico negli archetipi delle mitologie, dell’alchimia, dell’astrologia, dei tarocchi? Il misticismo orientale afferma che Dio non è una entità, ma uno stato di consapevolezza, e che uno scienziato unidisciplinare non lo troverà mai, perché viaggia con il paraocchi. Per questo c’è stato un Gesù che con la sua missione storica si è speso molto per osservare che “tutto l’universo è figlio di una donna sterile”. Una metafora per indicare come tutta la creazione sia… Increata. Ma come fare per spiegare alla mente umana un concetto così impossibile da assimilare? Come fare ad illustrare che l’Universo è “inessente”, e che quindi non diviene, nel senso che non viene in essere, ma è?Per cercare una via di uscita al problema, il misticismo ha dovuto affidarsi al simbolo e al mito per esprimere un concetto di Assoluto Eterno che eliminasse l’idea dell’origine e della fine, della nascita e della morte delle cose e degli esseri umani. Ma il misticismo, tra archetipi, alchimie, astrologie e altro, mancava di un linguaggio adatto, di una “neolingua”, capace di trasferire quanto sperimentato interiormente (spiritualmente) all’esterno. Per questo la scienza (quantistica), pur arrivando in ritardo, ha avuto il grande merito di tradurre in un linguaggio elaborato, ideale e più adatto alla massa qualcosa che ha le dimensioni dell’“infinito”, per trasmettere tale “Informazione” alle capacità dell’intelletto umano. E allora, coincidendo con quanto affermato dalla verità mistiche millenarie, anche la fisica quantistica ha finito per concordare con i testi dei Veda e dei Vedanta nel dire che non esiste un “altrove” (relatività), bensì un “ovunque” (assoluto); non un luogo (spazio), ma la non-località; non un tempo, ma un “hic et nunc” (qui ed ora), sempre. Ecco perché oggi l’Oriente riconosce che “scienza e spiritualità sono come due gambe che consentono all’uomo di avanzare verso la meta”.Qual è il ruolo dell’essere umano nell’universo? Fondamentale. L’uomo è figlio di questo universo e questo universo è figlio dell’uomo. L’uno genera l’altro, come il seme l’albero e viceversa, in un apparente paradosso inesplicabile. Ognuna delle due “singolarità” non ha creato l’altra, altrimenti avrebbe duplicata se stessa, ma si è semplicemente riflessa (disuguaglianza simmetrica). “Tutto, assolutamente Tutto, è indissolubilmente e in continuità tra nucleo (uomo-particella) e Campo o Spazio Pensante” (“ondi-cella” – Coscienza/Vibrazione) (Schroedinger, 1958). La forma è solo un’area vibrazionale più densa del Campo Energetico Unificato. Pertanto, l’Osservato dipende dalla presenza dell’Osservatore. Lo scopo dell’universo, del resto, è quello di essere osservato. Senza l’osservatore non esiste l’universo – e, viceversa, l’osservato. Sono Uno. Altrimenti, se per assurdo così non fosse, la vita non sarebbe.Che cos’è il tempo? Esiste veramente o è una illusione mentale? Con l’osservazione, l’onda diventa corpuscolo. L’energia del Campo Unificato (intelligente) diventa materia. La materia si trasforma e produce il tempo e lo spazio (il momento e la posizione). Dunque il tempo nasce dalla trasformazione dell’energia in materia. Ma in realtà il tempo e lo spazio non esistono. Ci sono intervalli rapidissimi che sembrano succedersi in continuità tra una scomparsa e una apparizione di una particella e l’altra. Questi intervalli che sembrano susseguirsi in rapida successione sembrano andare a costituire il tempo. Ma così non è. Se il nostro occhio potesse avere un potere percettivo più veloce (più risolutivo), ci accorgeremmo che nulla fluisce e nulla scorre. Tutto è, anche se ciò sembra un ossimoro (paradosso); movimento è quiete – come diceva lo stesso Gesù (primo fisico quantistico ante litteram). Solo ora, forse, si è incominciato a intravedere che il “nulla” o il “vuoto” di cui parlavano il “realizzato” himalayano o il Sufi islamico non stavano a indicare il “niente”, bensì il “pieno” di uno stato quantico vibrazionale, privo di spazio, di tempo e di materia, dal quale, secondo il modello di Vilenkin del 1982 della Tufts University, scaturisce il manifesto e ad esso ritorna eternamente, in un ciclo senza fine e senza inizio.Il limite del nostro ragionare è che esso è lineare e si snoda in un’unica direzione, secondo un orientamento unidirezionale come il presunto sviluppo del tempo, mentre nella realtà noi non vediamo che esso è “ossidato” dalla nostra incapacità di renderlo circolare. E ciò dipende dal fatto che noi crediamo che il nostro tempo di vita sia inferiore a quello dell’universo, dalla concezione che ci siamo fatti di essere una parte, e “da parte”, quindi marginali al Tutto, da cui ci sentiamo strappati, isolati e chiusi. Il giorno però che ci renderemo conto che stiamo ritornando al Tutto (Uno), da cui pensiamo illusoriamente di essere stati tolti (col Due, espresso dal mito della caduta), allora capiremo il perché abbiamo l’impressione che il tempo scorra sempre in avanti, verso il futuro (che non c’ è). E allora il tempo cesserà di esistere, perché tutto ciò che è nell’universo è già dentro di noi.Quale futuro immagino che la scienza possa riservare all’umanità e alla sua evoluzione spirituale? Grandi passi, se i ricercatori del futuro, uscendo dai loro schemi mentali meccanicistici, si orienteranno verso un tipo di ricerca che li vedrà occupati in veste di ricercatori “spirituali” nel campo del “sottile”, della coscienza cosmica e del Campo Unificato. Se riusciranno a superare quel “limen”, un punto liminale o limite di separazione, causato da una soglia sensoriale, psicofisiologica, che procura all’uomo l’illusione ottica di essere Altro dall’essere un unico con il Tutto e di non vedere che Osservatore e Osservato (come asserisce la fisica quantistica) sono Uno. Non per niente il termine “Uomo” deriva dal sanscrito “Manava”, a sua volta derivato da “Manas”, pensiero o “coscienza empirica”. Si tratta quindi di cominciare a riconoscere che esiste una realtà fatta di una certa identità presente tra uomo e cosmo, relazione che si va facendo sempre più stretta, fino ad essere sostenuta oggi dalla stessa Pnei (psico-neuro-endocrino-immunologia). E non è un caso che la stessa Università di Southampton (Regno Unito, altra eccezione) nell’ambito del progetto “Coscienza Umana” abbia lanciato un invito alla collaborazione internazionale per lo studio di “Aware”, connesso al processo conosciuto come “Awarness during Resuscitation”.(Vittorio Marchi, estratti dall’intervista “Fisica quantistica e spiritualità”, pubblicata sul blog di Giovanni Pelosini il 10 luglio 2011. Il professor Marchi è un eminente ricercatore italiano nel campo della fisica quantistica, autore di importanti saggi anche a carattere divulgativo come “La scoperta dell’invisibile”, “La vertigine di scoprirsi Dio” e “La grande equazione – io, l’universo, Dio”).Come e quando, da studioso di fisica, sono passato dalla “scienza” alla “coscienza”? Osservando che la materia, ovvero il fondamento della visione meccanicistica della realtà, che si credeva “solida”, densa, compatta e intangibile, perdendo la sua consistenza materiale, si trasformava sempre di più in un Pensiero. Quando? Considerando che noi fisici, ricercatori di un settore come quello del campo della fisica quantistica, confortati dagli studi delle neuroscienze, abbiamo scoperto al Cern di Ginevra che la “nuova sostanza primordiale”, base della formazione dell’universo, non è la “materia” (di cui si diceva sopra), bensì l’Informazione. Un Campo di Coscienza Universale, interamente intelligente. Un “Campo Energetico Unificato”, come lo definisce oggi la fisica e che un tempo, circa 5000 anni fa, il mistico indicava con il nome di “Akasha”. Il maestro è stato un libro, a lungo cercato, e poi il suo autore, grande amico di Enrico Fermi, che ha pensato bene di passarmi il “testimone”. Il punto di riferimento è stata la “caduta del mito di Dio e della Creazione”, determinata dal punto di incontro tra il misticismo orientale e la fisica quantistica.
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Carpeoro: siate consapevoli, e aprirete una falla nel sistema
Qual è lo schema della manipolazione? E’ anch’esso uno schema rituale. Io ho sempre pensato che il potere, quello che Saba Sardi chiama “dominio”, agisca sulle persone in cinque fasi, che sono quasi un rito. Queste cinque fasi sono sempre le stesse, e si chiamano: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Sono azioni, per questo hanno tutte la stessa desinenza. Perché astrazione? Perché bisogna creare il vuoto. E quindi, il primo schema della manipolazione è quello di togliere l’individuo da una realtà che può capire, può farlo pensare, può renderlo autonomo nei confronti del pensiero. Quindi la prima cosa che devo fare è: fargli il vuoto intorno, e possibilmente anche il vuoto dentro. E questo lo faccio astraendolo dalla realtà, cioè facendo delle operazioni di astrazione. Fatto questo, poi c’è l’estrazione: dopo che l’ho messo in un mondo finto, di plastica, devo comunque estrarlo da un contesto dove lui possa tornare; devo creargli una finta casa: dopo che gli tolto la casa vera, devo costruirgliene attorno una finta, datta di fondali cinematografici, di effetti speciali. E questa è l’estrazione.Questa casa, che gli ho costruito attorno, piena di cose posticce, poi devo rendergliela unica e invalicabile: e quindi devo fare un’operazione di ostruzione, cioè devo rendere impossibile tornare indietro. Poi devo trasformare questa persona, adattarla al meccanismo-ingranaggio generale che ho creato, e questa operazione si chiama istruzione. E poi, dopo, c’è la fase finale, che si chiama distruzione, e si può considerare a livello individuale ma anche non individuale. Un grande iniziato, che si chiamava Isaac Newton, fece 5 pagine di previsioni, tra l’altro ripubblicate recentemente dalla fondazione a lui dedicata, che ha pubblicato tutto i suoi atti inediti in un sito Internet. Newton era anche un matematico, scopritore del cosiddetto calcolo infinitesimale. Facendo conteggi, Isaac Newton ha collocato la possibilità della fine del mondo nel 2060: quanto è lontano il 2060? Una stima del ministero americano dell’ambiente, basata sull’elevazione dell’area priva di ossigeno degli oceani – si chiama “area della morte”, è la fase più profonda e completamente priva di ossigeno, di luce, di possibilità di vita – rivela che questa fascia, nell’ultimo secolo, si è elevata del 400%. Provate a pensare a cosa succede se muoiono completamente gli oceani. E, se questo work in progress va avanti così, questa stima degli americani porta all’incirca al 2060. Il che vuol dire che Newton con la matematica ci sapeva fare.Tutte le operazioni dei millenni di vita dell’uomo che conosciamo sono dominati dal pensiero magico. Della nostra avventura conosciuta, rispetto ai 22 milioni di anni di storia scientifica della vita e dell’universo, quanti anni conosciamo, analiticamente? Cinquemila? Settemila? Diecimila? Nella storia generale dell’universo, i diecimila anni di cammino dell’uomo che conosciamo cosa sono? Un pulviscolo. Noi, siccome abbiamo l’epos, li dilatiamo, pensiamo che chissà che storia sia. Ma non è mica tutta questa grande storia. Né sarebbe un esempio di vita lunga di una civiltà, se morisse dopo diecimila anni (credo che la dominazione dei dinosauri sulla Terra sua mille volte tanto, centomila volte tanto). Queste migliaia di anni che conosciamo, della nostra vita, sono anni di implemento delle conseguenze del pensiero magico. Gradualmente, abbiamo trasferito tutte le nostre risorse, tutto il nostro cammino evolutivo e tutta la nostra creatività dalla possibilità di un pensiero simbolico alla scelta del pensiero magico. Se una persona è malata di cancro, tra un medico e una cartomante preferisce il medico. Ma se non è ancora malata di cancro, sceglie la cartomante. Il nostro problema è che, quando eravamo sani, abbiamo scelto la magia. Adesso che malati lo siamo, chissà, forse… Però è molto difficile.Gesù Cristo nel Vangelo dice che bisogna scegliere la via stretta, ma noi non scegliamo sepre la via stretta. E’ talmente difficile imparare a considerare le nostre possibilità di espansione individuale come collegate alle nostre capacità, alla nostra vita, alle opportunità reali che abbiamo, che gli ultimi anni che stiamo vivendo sono il record dei superenalotti, delle lotterie. Non siamo più abituati a mettere in concatenazione la nostra felicità – il nostro lavoro, la nostra creatività – al merito. Se uno pensa ad arricchirsi, questo è il prodotto di un pensiero magico: perché, prima di pensare a come arricchirsi, dovrebbe valutare perché arricchirsi. Non siamo più abituati a collegare nemmeno l’arricchimento al merito, ad un valore, a una differenza: basta andare dal tabaccaio. Noi oggi abbiamo queste altre ritualità. Abbiamo distaccato, trasformato il sacro.Noi oggi siamo schiavi di idoli diversi. Sempre di idolatria si tratta, ma abbiamo sostituito il sacro come ricerca con il sacro come autoasserzione. Abbiamo cioè trasformato il sacro in qualcosa che si definisce da sé, non in qualcosa che definiamo noi. E questa operazione di idolatria è abilmente descritta nella Bibbia quando gli ebrei si ritrovano ad adorare il Vitello d’Oro, mentre Mosè gli porta giù dalla montagna delle leggi. La differenza è tra adorare il Vitello d’Oro e proseguire in un percorso per cui il tuo capo spirituale ti porta giù delle leggi. Sapete, le leggi non sono una cosa qualunque: sono lì per regolare la nostra vita. Certo, non sempre ci sono delle buone leggi: è per questo che Mosè se le fa dare da Dio. Non voglio entrare nella polemica su Jahvè-Dio sollevata da Biglino, col quale peraltro sono in buonissimi rapporti. Qui interpreto Dio come simbolo: una entità suprema che dà la legge, sottolinea quanto sia importante, una legge. E quando Mosè scende con le leggi, quelli sono già passati al Vitello d’Oro. Questo non descrive forse il pensiero magico e il pensiero simbolico? Non me la sono inventata io, questa scelta tra il Magus e il Magister: nell’antichità, la troviate enne volte. Si è trasferita in tutto. Si è trasferita nella nostra vita sociale.Noi oggi continuiamo a inseguire un politico che ci risolva dei problemi, che ci attribuisca dei diritti. Ma io non voglio un politico che mi risolva i problemi. Voglio un politico che metta me in condizione di risolverli. Non è pensiero magico? Qui c’è una politica che vi ha tolto i vostri diritti, cioè la possibilità di risolvere da voi i vostri problemi. E qualunque tipo di politico viene e dice: non ti preoccupare, te li risolvo io. Nessuno ti dice: non ti preoccupare, perché creeremo condizioni perché te li risolva tu. E’ lì che poi falliscono le democrazie. Perché uno non mi può spacciare una democrazia sostitutiva per una democrazia rappresentativa. Sono due cose diverse. Qui, le nostre vite sono state delegate per procura notarile, irevocabile. Ma io non voglio delegare la mia vita, io voglio avere da te il diritto di farmela da solo, la mia vita. E questo diritto tu non me lo dai. E sembra quasi che sia giusto, scontato, che tu non me lo dia. Nessuno si chiede: ma perché nessun politico mi dice come sarò in condizione, io, di fare le cose? Sulla base di una nostra pigrizia, di una nostra graduale astrazione dalla vita concreta e dalle regole democratiche, ci danno ormai per scontato che i problemi ce li deve risolvere qualcun altro. In pari con un’altra cosa: che la colpa è sempre di qualcun altro.E’ in parallelo: da un lato ti dicono che i problemi te li risolvono loro, dall’altro ti spiegano che, comunque, la colpa è sempre di tizio – Gelli, Sindona, Craxi, Totò Riina, è sempre colpa degli altri. Dobbiamo entrare nella logica che il cambiamento è nostro: siamo noi che dobbiamo diventare dei soggetti rivoluzionari. Il che non significa che non saremo più propensi a sacralizzare, ritualizzare e simboleggiare delle cose; significa che, quando lo facciamo, lo dobbiamo fare consapevolmente. Il margine è tutto lì, tra consapevolezza e inconsapevolezza. In quante ore della nostra giornata facciamo cose di cui siamo pienamente consapevoli? Numeriamo le azioni di una nostra giornata, e verifichiamo alla fine che conto ne esce. Secondo me si farebbero delle belle scoperte, ma questa non è una funzione che Facebook ha previsto; quindi non ve ne accorgerete mai, perché un diario non lo tenete più. Immaginate che su Facebook ci sia una funzione “verifica consapevolezza” – ma Facebook quella funzione non la metterà mai, perché fa parte dell’altro meccanismo, dell’altro versante. E se scopriste che il 90% della vostra vita è fatto di atti inconsapevoli? La consapevolezza comporta automaticamente una falla nel sistema di potere. Questo è un potere che vive sull’inconsapevolezza. E’ questa è l’unica vera rivoluzione, l’unica chiave rivoluzionaria della nostra vita.(Gianfranco Carpeoro, estratto della conferenza “Riti, rituali e quotidianità, il vero e il falso”, tenuta a Curtarolo, Padova, il 17 maggio 2016).Qual è lo schema della manipolazione? E’ anch’esso uno schema rituale. Io ho sempre pensato che il potere, quello che Saba Sardi chiama “dominio”, agisca sulle persone in cinque fasi, che sono quasi un rito. Queste cinque fasi sono sempre le stesse, e si chiamano: astrazione, estrazione, ostruzione, istruzione, distruzione. Sono azioni, per questo hanno tutte la stessa desinenza. Perché astrazione? Perché bisogna creare il vuoto. E quindi, il primo schema della manipolazione è quello di togliere l’individuo da una realtà che può capire, può farlo pensare, può renderlo autonomo nei confronti del pensiero. Quindi la prima cosa che devo fare è: fargli il vuoto intorno, e possibilmente anche il vuoto dentro. E questo lo faccio astraendolo dalla realtà, cioè facendo delle operazioni di astrazione. Fatto questo, poi c’è l’estrazione: dopo che l’ho messo in un mondo finto, di plastica, devo comunque estrarlo da un contesto dove lui possa tornare; devo creargli una finta casa: dopo che gli tolto la casa vera, devo costruirgliene attorno una finta, fatta di fondali cinematografici, di effetti speciali. E questa è l’estrazione.
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Api a rischio estinzione, un insetticida ne uccide lo sperma
La natura sabotata dal “genocidio delle api”, in derastico calo negli ultimi decenni e in particolare negli ultimi anni. Ora si scopre che la colpa è anche di un potente insetticida recentemente introdotto, che disabiliterebbe le facoltà riproduttive degli insetti che presiedono largamente alla funzione strategica dell’impollinazione. Secondo una nuova ricerca, uno degli insetticidi più diffusi ha come effetto collaterale di uccidere una percentuale significativa dello sperma delle api, offrendo così una possibile spiegazione per la drastica diminuzione nella popolazione mondiale di api, scrive “Rt” in un post tradotto da Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. Un gruppo di scienziati svizzeri ha indagato su come una categoria di insetticidi neuro-attivi, chiamati “neonicotinoidi”, possa danneggiare le api. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sul “Royal Society B’s journal Proceedings”. L’esperimento ha mostrato che i maschi delle api che consumavano polline trattato con neonicotinoidi producevano il 39% in meno di sperma di quelli che non erano stati esposti alle stesse sostanze.Secondo la ricerca, «il diffuso utilizzo profilattico dei neonicotinoidi potrebbe avere sottovalutato effetti contraccettivi sugli insetti, limitandone la capacità di conservazione». I ricercatori dell’università di Berna hanno commentato che «le funzioni riproduttive non sono state pienamente interrotte, ma è diventato chiaramente più difficile per le api regina concepire, accoppiandosi con maschi che hanno perso parte della loro forza virile». Al di là degli effetti negativi sullo sperma, prosegue “Russia Today”, anche la durata vitale delle api che sono state in contatto con l’insetticida si è ridotta da 22 a 15 giorni. Questo problema è stato attribuito al malfunzionamento del sistema immunitario. «Studi recenti – prosegue il report scientifico elvetico – hanno rivelato che i composti agrochimici sono in grado di invalidare la funzione immunitaria. È quindi possibile che i maschi esposti al neonicotinoidi abbiano visto ridurre le proprie capacità di detossificazione, riducendo così la durata della loro vita».Le colonie di insetti da pollinazione si stanno depopolando in Europa e Nord America, in un processo chiamato “sindrome dello spopolamento degli alveari”, nel quale la maggioranza delle api operaie abbandonano la regina e le altre api immature, nonostante ci sia per loro una grande abbondanza di cibo di cui nutrirsi, conclude il post di “Rt” tradotto da Mazzucco. «Questo disordine ha portato a significative perdite economiche, dal momento in cui le api ed altri insetti sono responsabili per la pollinazione di tre quarti delle coltivazioni mondiali». Traduzione economica piuttosto immediata, che rende l’idea delle dimensioni anche numeriche del problema: «Nel 2013 i contadini che devono affittare le api per l’impollinazione hanno dovuto affrontare un aumento di costi del 20% circa, dovuto alla scarsità di api».La natura sabotata dal “genocidio delle api”, in drastico calo negli ultimi decenni e in particolare negli ultimi anni. Ora si scopre che la colpa è anche di un potente insetticida recentemente introdotto, che disabiliterebbe le facoltà riproduttive degli insetti che presiedono largamente alla funzione strategica dell’impollinazione. Secondo una nuova ricerca, uno degli insetticidi più diffusi ha come effetto collaterale di uccidere una percentuale significativa dello sperma delle api, offrendo così una possibile spiegazione per la drastica diminuzione nella popolazione mondiale di api, scrive “Rt” in un post tradotto da Massimo Mazzucco su “Luogo Comune”. Un gruppo di scienziati svizzeri ha indagato su come una categoria di insetticidi neuro-attivi, chiamati “neonicotinoidi”, possa danneggiare le api. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sul “Royal Society B’s journal Proceedings”. L’esperimento ha mostrato che i maschi delle api che consumavano polline trattato con neonicotinoidi producevano il 39% in meno di sperma di quelli che non erano stati esposti alle stesse sostanze.
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Il potere irride l’esoterismo? Ovvio: teme che ci sveli verità
Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.L’esoterismo in realtà è una cosa seria. Studiare questa meta-storia, questo pensiero, la ricerca del retropensiero, è qualcosa di fondamentale: non viene svolto perché al potere non conviene che si svolga. Il potere – religioso, politico, di qualunque tipo – appena sente questi temi tende al dileggio, perché sono temi che hanno messo in discussione dogmi, posizioni e interessi nei secoli. Nei secoli si è spacciato Cartesio per un materialista, quando invece lui apre il discorso sul metodo dicendo che cerca Dio. Per secoli si è imbottita la testa della gente di un sacco di menzogne. Si è nascosto il fatto che Newton, prima di essere uno scienziato, era un alchimista. Per secoli sono state raccontate delle balle, alle persone. Fare dello spirito a buon mercato, su questi temi, significa diventare funzionali a un determinato schema di potere.La parola esoterismo viene da “esotèio”, che significa “cercare dietro”. Le viene data una connotazione magica? Neanche quella è negativa. Io mi sono sempre scagliato contro il pensiero magico. Che cos’è? E’ un meccanismo di potere, per il quale la gente viene convinta di poter alterare determinate cose. Ma i grandi che si sono occupati di magia intesa come conoscenza – perché la parola magia viene da “Mg”, sanscrito, che significa “conoscere” – hanno chiarito che si occupavano di “magia naturalis”, non di qualunque magia. “Magia naturalis”: che cos’era? Era la conoscenza delle leggi naturali che ti portava a poter spiegare (e a poter utilizzare) le cose della natura – le leggi della natura, i meccanismi naturali, le cose che non conosciamo. Ho detto spesso che il paranormale è il normale che noi non conosciamo. Esistono cose che non conosciamo, o no? E al potere conviene che le scopriamo? Nella storia è convenuto, al potere, che la gente capisse, sapesse?Di recente ho tenuto una conferenza sul cosiddetto “nazismo magico”, dove ho dato un po’ di spiegazioni; perché, in realtà, se tutti conoscono, fregature come il nazismo non se ne prendono più. Ma il potere, al contrario, le fregature vuole continuare a darle, non vuole che non se ne diano più. E quindi, tutto ciò che attiene all’esoterismo viene bandito e considerato in un certo modo. Vengono finanziati i Maghi Otelma del momento, in maniera che la gente associ queste cose al Mago Otelma, ai cartomanti. Ecco il problema. E di fronte a questo, secondo me, la reazione giusta, opportuna, non è quella che vedo che si dà.(Gianfranco Carpeoro, intervento a “Border Nights”, trasmissione web-radio del 28 giugno 2016 condotta da Fabio Frabetti con Paolo Franceschetti, con la partecipazione di Barbara Marchand, Stefania Nicoletti, Ambra Guerrucci e Fabiuccio Maggiore).Umberto Eco, per potersi interessare di simbologia in ambito universitario, ha dovuto cambiarle nome: l’ha dovuta chiamare semiotica, perché sennò il suo corso universitario non si sarebbe mai potuto tenere. L’unica università al mondo che aveva una facoltà di esoterismo era l’Università di Princeton, dove si è sviluppato un tema straordinario, la cosiddetta Gnosi di Princeton, con scienziati che hanno messo in discussione la rigidità della scienza moderna. Però è stata chiusa, ovviamente, per mancanza di fondi. Perché oggi c’è un circuito perverso – tra università e aziende, farmaceutiche e di vario tipo – per cui la ricerca dev’essere assolutamente finalizzata. Quindi, la scienza non ammette che esista la conoscenza. Da che mondo è mondo, le ricerche sull’esoterismo sono state sempre svolte dalle accademie platoniche, non dalle università aristoteliche. Purtroppo, fare ironia su iniziative di studio inerenti l’esoterismo significa ridurre il tutto al livello del Mago Otelma, e questo a chi conviene? A chi conviene che certe cose non si ricerchino e non si approfondiscano? Qualcuno se la faccia, questa domanda.
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La crisi dei rifugiati, miniera d’oro per l’industria delle armi
Lo rivela il rapporto “Border Wars: The Arms Dealers profiting from Europe’s Refugee Tragedy” (Frontiera di guerra. Come i produttori di armamenti traggono profitto dalla tragedia dei rifugiati in Europa) promosso dalla Ong olandese Stop Wapenhandel e pubblicato dal Transnational Institute con rilancio italiano da parte della Rete Italiana per il Disarmo. Ciò conferma il sentimento diffuso, e reso palese dal recente voto di protesta nel Regno Unito riguardo alla permanenza nell’Ue (Brexit), che a Bruxelles il potere corporativo delle aziende sta pervertendo le politiche dell’Ue. Per riconquistare la fiducia dei cittadini l’Ue deve mettere in campo una risposta seria alla crisi dei rifugiati invece di continuare a promuovere i profitti delle industrie del settore militare. Il rapporto analizza il fiorente mercato della sicurezza delle frontiere che ha saputo sfruttare gli annunci del programma di “contrasto all’immigrazione clandestina”. Annunci che sono andati crescendo con l’arrivo di migliaia di profughi dalla Siria dilaniata dalla guerra. Stimato in circa 15 miliardi di euro nel 2015, questo mercato si prevede supererà i 29 miliardi di euro nel 2022.Tra i big player del settore della sicurezza dei confini dell’Europa figurano aziende che producono sistemi militari come Airbus, Finmeccanica (che di recente ha assunto il nome Leonardo), Thales e Safran ed il gigante del settore tecnologico Indra. Tre di queste imprese (cioè Airbus, Finmeccanica e Thales) sono anche tra le prime quattro aziende europee esportatrici di sistemi militari: tutte sono attive nel vendere i propri sistemi ai paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, alimentando i conflitti che sono all’origine della fuga di intere popolazioni in cerca di rifugio. Tra il 2005 e il 2014, gli Stati membri dell’Ue hanno autorizzato a queste ed altre aziende oltre 82 miliardi di euro di licenze per esportazioni verso Medio Oriente e Nord Africa. La risposta delle politiche dell’Ue per i rifugiati, che si è concentrata sul contrasto ai trafficanti e nel rafforzare le frontiere esterne (anche in paesi al di fuori dell’Unione Europea), ha portato a consistenti aumenti di bilancio a tutto vantaggio dell’industria degli armamenti.Il finanziamento complessivo dell’Ue per le misure di sicurezza dei confini degli Stati membri attraverso i principali programmi di finanziamento nel periodo tra il 2004 e il 2020 è di 4,5 miliardi di euro. Frontex, la principale agenzia di controllo delle frontiere, ha visto accrescere il proprio bilancio del 3.688% tra il 2005 e il 2016 portandolo da 6,3 milioni a 238,7 milioni di euro. L’industria degli armamenti e della sicurezza ha ottenuto anche gran parte dei finanziamenti di 316 milioni di euro forniti dall’Ue per la ricerca in materia di sicurezza. «E’ perverso e immorale – commenta Mark Akkerman, autore del rapporto e membro di Stop Wapenhandel – che le aziende che hanno contribuito ad alimentare la crisi traggano adesso profitto dal difendere i confini dell’Europa. Questo certamente garantisce la sicurezza degli amministratori delegati e degli azionisti delle imprese di armamenti, ma sta di fatto accrescendo l’insicurezza collettiva e la sofferenza per i rifugiati».«Purtroppo non è stupefacente vedere anche Finmeccanica-Leonardo tra i principali destinatari di questa enorme massa di fondi – aggiunge Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo – grazie ai quali l’azienda controllata dallo Stato italiano può accrescere il proprio fatturato. Mentre, al contrario, sarebbero necessari investimenti di tutt’altra natura per ottenere soluzioni vere alle dinamiche migratorie attuali. Fin da subito la nostra Rete ha commentato negativamente la crescita dei fondi per una risposta meramente muscolare e di controllo (comunque impossibile) delle frontiere. Una scelta che è ancora più miope ed insensata se si va a considerare l’enorme numero di profughi che stanno scappando dalle guerre alimentate dalle armi prodotte e vendute da queste stesse industrie militari». Oltre a rivelare le aziende che traggono profitti dalla crisi dei rifugiati, il rapporto mostra anche come l’industria della sicurezza e degli armamenti abbia contribuito a determinare la politica europea di sicurezza delle frontiere con attività di lobby e per mezzo delle regolari interazioni con le istituzioni dell’Ue per le frontiere e anche delineando le politiche di ricerca.L’Organizzazione europea per la Sicurezza (Eos), che comprende Thales, Finmecannica e Airbus, ha fatto pressioni per una maggiore sicurezza delle frontiere. Inoltre, molte delle sue proposte, come ad esempio la spinta ad istituire un’agenzia europea per la sicurezza delle frontiere, sono diventate politiche europee: è il caso, ad esempio, della trasformazione di Frontex in “Guardia costiera e di frontiera europea” (European Border and Coast Guard – Ebcg). «Mentre l’Ue chiude l’ingresso a persone disperate che fuggono dalla guerra, spalanca le porte ai produttori di armamenti che commerciano morte e che ora presidiano i nostri confini», commenta Nick Buxton del Transnational Institute, co-editore del rapporto. «Per affrontare davvero la crisi dei rifugiati, dobbiamo innanzitutto smettere di alimentare i conflitti e investire il denaro speso a favore delle aziende della sicurezza e della difesa per fornire un passaggio sicuro e un equo trattamento dei rifugiati».Lo rivela il rapporto “Border Wars: The Arms Dealers profiting from Europe’s Refugee Tragedy” (Frontiera di guerra. Come i produttori di armamenti traggono profitto dalla tragedia dei rifugiati in Europa) promosso dalla Ong olandese Stop Wapenhandel e pubblicato dal Transnational Institute con rilancio italiano da parte della Rete Italiana per il Disarmo. Ciò conferma il sentimento diffuso, e reso palese dal recente voto di protesta nel Regno Unito riguardo alla permanenza nell’Ue (Brexit), che a Bruxelles il potere corporativo delle aziende sta pervertendo le politiche dell’Ue. Per riconquistare la fiducia dei cittadini l’Ue deve mettere in campo una risposta seria alla crisi dei rifugiati invece di continuare a promuovere i profitti delle industrie del settore militare. Il rapporto analizza il fiorente mercato della sicurezza delle frontiere che ha saputo sfruttare gli annunci del programma di “contrasto all’immigrazione clandestina”. Annunci che sono andati crescendo con l’arrivo di migliaia di profughi dalla Siria dilaniata dalla guerra. Stimato in circa 15 miliardi di euro nel 2015, questo mercato si prevede supererà i 29 miliardi di euro nel 2022.
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Banche, Fiat, ex-Pci: la strana alleanza che reggeva Torino
È caduto il Muro di Torino, proclama Aldo Cazzullo sul “Corriere”: ha scelto Grillo l’unica metropoli del nord ininterrottamente in mano al centrosinistra da quando esiste l’elezione diretta dei sindaci. E’ la fine di un ventennio anomalo, fondato sull’alleanza «tra quel che resta delle due grandi forze che si sono combattute per tutto il 900: la Fiat e il partito comunista». Torino era un campo di battaglia, un laboratorio nazionale: «Non a caso quasi tutti i leader comunisti erano torinesi di nascita o di formazione: Gramsci, Togliatti, Secchia, Terracini, Pajetta, Pecchioli, Occhetto, sino appunto a Fassino», che era accanto a Berlinguer ai cancelli di Mirafiori nel 1980. Tramontata la parentesi delle Olimpiadi Invernali 2006, la città si è arenata: la crisi sociale morde, «e questo rende i torinesi diffidenti verso l’ottimismo professato da Renzi». Il sistema che finora ha governato Torino, ricorda Cazzullo, nacque nel 1993 a casa del filosofo Gianni Vattimo, «poi pentitissimo». Architetto del nuovo sistema di potere fu Enrico Salza, presidente della banca San Paolo.D’intesa con Chiamparino, continua Cazzullo, il super-banchiere Salza mise in campo il rettore del Politecnico, Valentino Castellani, contro la Lega e contro il “veterocomunista” Novelli. Il 20 giugno Castellani fu eletto sindaco. Ma alle politiche di nove mesi dopo, Chiamparino veniva umiliato nel sacro collegio di Mirafiori dal candidato di Forza Italia: il leggendario Alessandro Meluzzi, poi cossighiano, diniano, verde, mastelliano e ora primate di un ramo scissionista della chiesa ortodossa, con il nome di Alessandro I. «Chiamparino ebbe la sua rivincita come sindaco delle Olimpiadi: le sue partite a scopone con Marchionne suggellarono l’intesa tra i poteri egemoni». Andò poi a presiedere la Compagnia di San Paolo, prima di lasciare il posto a Francesco Profumo, ex rettore del Politecnico, per poi essere eletto presidente della Regione Piemonte. «Torino è in mano ai soliti noti», dice la Appendino. E un po’ ha ragione, ammette Cazzullo: «La direttrice del Circolo dei lettori diventa assessore regionale alla cultura, il capo del personale di Mirafiori diviene presidente dell’Aeroporto, la presidente del Teatro stabile passa al museo Egizio».Secondo la difesa d’ufficio, il sistema-Torino “funzionava”: una città più vivace rispetto a un tempo; una cultura industriale che avrebbe prodotto ricerca e tecnologia, cui si è affiancato il turismo spinto da Slow Food e Eataly. «Ma Torino non ha più il peso demografico, economico e quindi politico che aveva nell’era fordista. La disoccupazione giovanile è drammatica, il peso dell’immigrazione grava sulle classi popolari». Chiara Appendino, bocconiana, con un’esperienza alla Juventus, ora al controllo di gestione nell’azienda del marito, «ha raccolto i voti dei ragazzi che dal sistema si sentono esclusi, e della Torino piccoloborghese da sempre diffidente della Fiat: calamita per i piemontesi del contado e gli immigrati del Sud, incubatrice di scioperi e violenze». Torino è stanca, insiste Cazzullo, e resta refrattaria anche al renzismo: «La città che ha fatto l’Italia due volte, nella politica e nell’industria, attende risposte urgenti su almeno tre punti: il lavoro per i giovani; le tasse; l’immigrazione».È caduto il Muro di Torino, proclama Aldo Cazzullo sul “Corriere”: ha scelto Grillo l’unica metropoli del nord ininterrottamente in mano al centrosinistra da quando esiste l’elezione diretta dei sindaci. E’ la fine di un ventennio anomalo, fondato sull’alleanza «tra quel che resta delle due grandi forze che si sono combattute per tutto il 900: la Fiat e il partito comunista». Torino era un campo di battaglia, un laboratorio nazionale: «Non a caso quasi tutti i leader comunisti erano torinesi di nascita o di formazione: Gramsci, Togliatti, Secchia, Terracini, Pajetta, Pecchioli, Occhetto, sino appunto a Fassino», che era accanto a Berlinguer ai cancelli di Mirafiori nel 1980. Tramontata la parentesi delle Olimpiadi Invernali 2006, la città si è arenata: la crisi sociale morde, «e questo rende i torinesi diffidenti verso l’ottimismo professato da Renzi». Il sistema che finora ha governato Torino, ricorda Cazzullo, nacque nel 1993 a casa del filosofo Gianni Vattimo, «poi pentitissimo». Architetto del nuovo sistema di potere fu Enrico Salza, presidente della banca San Paolo.
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Dall’Ue al Ttip, l’atroce Europa filo-Usa creata per noi idioti
Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.Il progetto ha visto e vede in azione personaggi presentati come padri dell’Europa ma in realtà pagati e diretti da Washington, innanzi tutti Jean Monnet e Robert Schuman. L’idea di unione europea viene inizialmente proposta come comunità del carbone, dell’acciaio e dell’atomo, allo scopo di ingranare tra di loro le economie di Francia e Germania, così da prevenire fantomatici futuri conflitti tra esse. Poi quel primo organismo sviluppa una rovinosa politica agricola comune, diventa un’area di libero scambio; poi assume poteri legislativi e di controllo sempre più ampli sugli Stati nazionali; poi si fa Schengen, la Bce, l’euro, il Trattato di Lisbona che impegna a una crescente integrazione politico-istituzionale, poi il controllo centralizzato dei bilanci e delle banche, e via discorrendo, verso la creazione di un superstato europeo a direzione non democratica, non trasparente e irresponsabile (“non accountable”), con soppressione delle democrazie nazionali parlamentari in quanto “causa di guerre”.Il tory Boris Johnson, ex sindaco di Londra, nel suo intervento pro-Brexit, spiega che i due veri padri dell’Unione Europea, Monnet e Schuman, intendevano creare un senso di identità-solidarietà europea con un metodo della psicologia comportamentale, applicando un principio che era già stato osservato come efficace in altri contesti, cioè – nella fattispecie europea – forzando permanentemente e crescentemente i diversi popoli europei a tenere comportamenti simili tra loro attraverso l’imposizione di regolamentazioni comuni, la moneta comune, l’inno comune, la bandiera comune; imporre un agire comune per far nascere un sentire comune. Decenni dopo, constatiamo che questo metodo ha chiaramente fallito, e ha anzi risvegliato contrapposti nazionalismi, poggianti su oggettive contrapposizioni di interessi soprattutto economici. Risorgono le frontiere, le economie divergono, crescono i movimenti anti-Ue. Ma persino davanti a tali fallimenti, l’oligarchia massonico-finanziaria, liberal-cosmopolita, insiste nel suo programma di unificazione forzata, imponendo crescenti cessioni di sovranità e crescenti sacrifici.Questa evoluzione sta comportando (senza che lo si dica e che si permetta ali popoli di decidere) radicali e surrettizie trasformazioni costituzionali nei vari paesi aderenti, che perdono la loro sovranità a quote crescenti e a vantaggio delle burocrazie centrali, non democratiche e non responsabili, dell’Unione Europea – burocrazie oscenamente strapagate, e tanto corrotte, parassitarie e inefficienti, che da vent’anni l’organismo europeo di revisione dei conti non firma i loro bilanci. L’unica volta che si è fatto un controllo, è scoppiato lo scandalo della Commissione Santer con la commissaria Edith Cresson. Poi hanno deciso che era meglio non controllare più! Incidentalmente: il potere legislativo, come praticamente ogni potere dell’Ue, risiede nella Commissione, non eletta e irresponsabile, che discute e decide in segreto, a porte chiuse, altroché fascismo!Ogni cessione di sovranità a questa burocrazia viene richiesta come condizione per sviluppo e sicurezza, ma l’Unione Europea è sempre più in crisi e sempre più in fondo alla graduatoria dell’Ocse in fatto di crescita – stanno meglio solo i paesi che non hanno aderito all’euro. Questo il bilancio dell’unione e della sua moneta. Un bilancio che dovrebbe svegliare anche le menti più torbide e sognatrici. Solo gli idioti non riconoscono, a questo punto, che il progetto dell’Unione Europea non è mai stato rivolto al progresso e al benessere delle nazioni europei, bensì ad altri fini, a fini di dominazione, di controllo sociale. Informandoci, scopriamo che esso serviva e serve al dominio degli Stati Uniti sull’Europa attraverso un processo col quale il vassallo Germania è stato posto in una condizione di egemonia in Europa soprattutto mediante gli effetti dell’euro e delle politiche fiscali, che hanno prodotto e stanno producendo un forte e crescente indebitamento dei paesi periferici verso la Germania e hanno dato quindi a questa l’iniziativa politica, il controllo delle istituzioni comunitarie e il diritto di veto.La Germania impone, col pretesto di prevenire l’inflazione e di risanare i bilanci dei paesi Pigs, misure recessive, che generano un avvitamento fiscale con conseguenti calo del Pil, aumento del debito, accrescimento della sottomissione a Berlino, che diventa sempre più dominante. Invero l’euro non è una moneta unica, con un unico debito pubblico sottostante, ma un sistema di cambi fissi tra le precedenti valute, con debiti pubblici divisi, nel quale il regolamento delle transazioni internazionali si fa sostanzialmente mediante il rilascio di promesse di pagamento, cioè mediante indebitamento, delle singole banche centrali nazionali dei paesi a deficit commerciale verso quelli con attivo commerciale. I cambi fissi, impedendo l’aggiustamento fisiologico, cioè di mercato, dei rapporti valutare tra paesi con deficit e paesi con un surplus di bilancia commerciale, determinano un crescente deficit e un crescente indebitamento dei paesi meno efficienti soprattutto verso la Germania, ma anche una fuga di imprese, di capitali, di lavoratori e tecnici qualificati, così che la Germania si ritrova con enormi crediti che usa per comprarsi i pezzi più interessanti dei patrimoni e delle economie dei paesi indebitati – cioè trasforma i propri interessi attivi in beni reali dei paesi sottomessi. E l’Italia si ritrova non solo sempre più indebitata, ma sempre più deindustrializzata e sempre più abbandonata da giovani qualificati. Il crollo dei brevetti italiani è solo l’ultima riconferma di questo processo ultraventennale e strutturale di declino.Tale era il disegno europeista reale dietro l’europeismo di facciata concepito dai padri nobili per i figli scemi, dai padri che facevano leva su supposti sentimenti di fratellanza e solidarietà tra i popoli degli Stati europei, quando anche gli idioti sanno che, nella politica, soprattutto quella internazionale, le decisioni vengono prese per convenienza e calcolo, alla ricerca del vantaggio e della sopraffazione. Se teniamo presente questa realtà, non avremo alcuna difficoltà a capire per quale ragione tutte le innovazioni europeiste hanno avuto effetti contrari alle promesse. E per quale ragione ad ogni crisi causata da tali effetti, si è risposto che la cura era “più Europa”, più cessione di sovranità all’Unione, cioè a Berlino. Chi obietta, è estremista e populista, forse pazzo, quindi i suoi argomenti sono invalidi a priori, senza esame del merito, anzi non è nemmeno legittimato a parlare. Stile Stalin.La prossima innovazione, già in avanzato stadio di elaborazione, è il famoso Ttip, il trattato transatlantico di libero commercio, negoziato in segreto, senza che nemmeno i parlamentari possono fare copie delle bozze, e possono consultarle solo per due ore, sorvegliati dai carabinieri, senza poterne trascrivere brani, come recentemente denunciato dal sen. Tremonti. Perché questa segretezza ultra-dittatoriale? Per coprire gli interessi economici retrostanti e i loro progetti: col Ttip le multinazionali statunitensi potrebbero prendersi larghe fette dei mercati nazionali europei (soprattutto in Italia, ai danni dei milioni di piccole imprese che danno il grosso della ricchezza e dei posti di lavoro, e con vantaggio solo di quelle pochissime imprese, perlopiù grandi, di cui gli Usa importano i prodotti. Ossia: il Ttip sarà tutto a vantaggio delle esportazioni americane verso l’Europa e soprattutto verso l’Italia, e a danno dei piccoli produttori europei dai quali dipende il nostro livello di redditi e di occupazione.Le multinazionali americane potrebbero imporre la vendita in Europa senza etichette distintive di loro prodotti Ogm e in generale a rischio, potrebbero richiedere risarcimenti agli Stati che ponessero limiti allora affarismo quand’anche detti limiti siano giustificati da esigenze di tutte era della salute pubblica. Col Ttip disporrebbero anche, ciliegina sulla torta, di un tribunale sovranazionale praticamente organizzato da esse stesse, davanti a cui citare gli Stati dalle cui politiche e legislazioni si ritenessero danneggiate, per farli condannare a risarcire i danni da mancato profitto, e far pagare il risarcimento ai contribuenti. Anche quanto resta di libera ricerca e informazione medico-scientifica sarebbe tolto, perché contrario agli interessi del profitto. Molti economisti e giornalisti e politici in carriera, ipocritamente, dichiarano che il Ttip va bene, a condizione che la politica regolamenti l’affarismo. Ma ciò è proprio quel che il Ttip proibisce. E anche se non lo proibisse, la potenza di questo affarismo già controlla la politica.Se il Ttip passerà, e credo che passerà perché non vi sono in campo dinamiche capaci di contrastarlo, sarà la totale eliminazione, da parte del grande capitale finanziario, di ogni limite e di ogni valore che si opponga ai suoi calcoli e alle sue speculazioni, cioè la fine pratica dell’esistenza del principio politico e del principio legalitario, oltre che dei diritti dell’uomo. Rimarranno solo quelli degli investitori, come li chiama il Ttip, ossia del capitale finanziario. Sarà una riforma non semplicemente dell’economia, ma della società e dello stesso concetto di uomo, il quale sarà ridotto e considerato esclusivamente come componente dei processi finanziari. Il dominio Usa sull’Europa attraverso il processo di unificazione europea sotto il vassallo germanico serve ultimamente a questo.(Marco Della Luna, “Dall’europeismo al Ttip, un piano degli Usa”, dal blog di Della Luna del 24 maggio 2016).Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli Usa il controllo politico-finanziario del continente a scopi geostrategici ed economici e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro, anche se super-inflazionato e vacillante, e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli Usa sono un paese che vive essenzialmente sulle spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli Usa si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.
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Il volo del pellicano, i Rosacroce sono ancora tra noi?
Tutto comincia con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Figura estramamente misteriosa, Melchisedek: secondo la recentissima decrittazione di Mauro Biglino, nientemeno che un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti. Dall’evangelico Giuseppe d’Arimatea fino al genio visionario di Salvador Dalì, passando per Alarico il re dei Goti, Dante Alighieri e Giordano Bruno, Bach e Cartesio, Leonardo e Giorgione. Una “confraternita del sapere”, che si sarebbe poi chiamata – anche – Rosacroce, nome col quale, all’inizio del ‘600, firmò un manifesto che chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni.Melchisedek è anche il nome dell’editore che oggi ripubblica l’originalissimo romanzo che Gianfranco Carpeoro, ex avvocato e giornalista, già “sovrano gran maestro” della massoneria indipendente di rito scozzese, nonché appassionato studioso di linguaggi simbolici, ha dedicato al mistero dei Rosacroce, “Il volo del pellicano”. Molti simboli rappresentano la porta di un mondo che ci sfugge, al quale abbiamo accesso soltanto nella dimensione del sogno, che però – ha sostenuto l’autore in una recente presentazione milanese – al nostro risveglio non possiamo ricordare, perché ci manca il linguaggio adatto, dal momento che il sogno è il reame degli archetipi. L’archetipo rivive proprio nel simbolo, un’astrazione concepita per veicolare un messaggio attraverso i secoli. E noi, frastornati dal pensiero magico-manipolatorio del potere (religione, economia, politica), in realtà siamo circondati da simboli che ci “parlano”, se solo li sapessimo “leggere”. E’ quello che scopre Giulio Cortesi, il protagonista de “Il volo del pellicano”, uccello-simbolo della militanza rosacrociana, richiamato anche in una delle ultime apparizioni pubbliche di una rockstar come Freddy Mercury, leader dei Queen.Il libro di Carpeoro è un avvincente thriller alchemico-esoterico che si svolge su due livelli, due binari separati che corrono parallelamente alla verità di un mondo che è davanti ai nostri occhi, a patto che ci decidiamo ad accorgercene. Vi inciampa il grafico quarantenne Cortesi, disoccupato e con la passione per la cucina: sospettato di omicidio, si trova per caso coinvolto in un’insolita ricerca, un’avventura intellettuale tra antichi simboli e opere d’arte, che lo porterà a scoprire i segreti dei Rosacroce, gli iniziati alla fratellanza, attraverso i personaggi storici che, nei secoli, hanno costruito il destino della Stirpe di David, scrive lo stesso Carpeoro sul suo sito. Punto di partenza, l’opera di Giorgione: quale segreto si nasconde dietro la vera identità del grande pittore, la sua breve esistenza e le sue opere misteriose? E poi Giordano Bruno: cosa lo spinge a Wittenberg qualche anno prima della sua morte? E quale incontro, ad Ulm, cambierà la vita del filosofo e matematico Cartesio? E ancora: perché il protestante Silesio andò a Padova, prima di convertirsi al cattolicesimo, e cosa lo collega alle terzine del Pellegrino Cherubico e ai quadri di Giorgione?Lo stesso pittore è stranamente collegato anche al principe Sangro di Sansevero; a proposito: chi fu veramente Cagliostro? E che mistero si cela dietro la storia della famiglia Bach? E ancora: dove finirono le spoglie di Mozart? Gli enigmi si prolungano fino al ‘900, intrecciando indizi che coinvolgono il musicista Eric Satie, il “vate” Gabriele D’Annunzio, il francese Jean Coucteau e lo stesso Dalì, ultimo “Ormùs” (gran maestro) della segretissima confraternita, che prima di morire pare abbia trasmesso un fondamentale segreto: a chi? Tessere di un mosaico, verso il quale Cortesi viene guidato da svariate figure, tra cui un paio di professori torinesi, che lo spingono alla scoperta delle opere di Giordano Bruno e fra’ Luca Pacioli, il precettore di Leonardo, e poi Ruggero Bacone, Raimondo Lullo, lo stesso Cagliostro. Giulio Cortesi fa amicizia con altri due personaggi singolari: l’anziano architetto Quinto Ammonio Solfo, membro di una loggia massonica e raffinato intellettuale, e fra’ Tommasino di Chiaravalle, al secolo Tommaso Sale, un anziano mistico. «Entrambi – racconta Carpeoro – daranno a Giulio utilissime indicazioni sulla pista da seguire per addentrarsi nei misteri dei Rosa+Croce».Altri indizi gli vengono forniti in sogno da Cecilia, la fanciulla amata dal Giorgione, morta di peste a Venezia nel 1511. «A questo punto il protagonista ha varcato la soglia di un mondo che non conosceva, è proiettato in una dimensione spirituale che lo porta a una comprensione diversa e più profonda della realtà». Chiarito l’arcano dell’omicidio, Giulio proseguirà nelle sue ricerche e arriverà alla conclusione che anche Giorgione aveva appartenuto alla fratellanza dei Rosacroce. Studiando le opere di iniziati e maestri, «emergerà la verità sulla stirpe di David e sulla discendenza della famiglia in cui nacque Cristo». Giulio Cortesi scoprirà che la confraternita fondata dall’apostolo Giacomo (e da Giuseppe d’Arimatea) ha lo scopo di «conservare e diffondere il Sang Real, la stirpe di David, dalla tribù di Giuda, e accogliere anche tutti gli eletti, uomini e donne d’ogni censo e razza, che pur non avendo legami di sangue con la stirpe reale, sono stati e saranno iniziati per tramandare di maestro in maestro l’antica conoscenza».«Tutti gli interrogativi posti potrebbero trovare una risposta tra le righe del romanzo», scrive Carpeoro. «Ricomponendo le tesserine del mosaico si potrebbe trovare l’origine biblica dei Rosa+Croce della nostra bandiera tricolore o, analogamente, degli Stati Uniti d’America». Alcune risposte, però, «sono scritte con l’inchiostro simpatico», e quindi «solo il calore della grande passione per il simbolismo le farà magicamente apparire». E il finale è a sorpresa: sarà la persona più insospettabile a portare Giulio a conoscere una nobildonna austriaca, astrologa e seguace di Rudolf Steiner, che passerà le consegne della confraternita. «L’incontro con l’anziana astrologa condurrà Giulio a conoscere il nome degli ultimi due maestri Rosa+Croce ancora in vita, e lo lascerà con un interrogativo: ci sarà in futuro ancora qualcuno che possa divenire un maestro?». Ovvero, a tramandare la “segreta conoscenza” custodita nei millenni, le cui prime tracce risalgono al racconto biblico di Melchisedek?(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il volo del pellicano”, Melchisedek editore, 512 pagine, 26 euro – 22,10 su Macrolibrarsi).Vuoi vedere che gli antichi la sapevano molto più lunga di noi, riguardo ai misteri dell’universo? «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia», fa dire Shakespeare in “Amleto”. Già, Shakespeare: un inglese ben strano, così addentro alle cose italiane da ambientare alla perfezione, nel Belpaese, i suoi maggiori capolavori, da “Romeo e Giulietta” al “Mercante di Venezia”. Ci sfugge qualcosa, sull’identità del “vero” Shakespeare? Proprio l’Italia del Rinascimento, infatti, fu la culla di grandi artisti che utilizzarono letteratura e pittura per veicolare messaggi segreti attraverso codici cifrati. Un antico sapere, risalente alla notte dei tempi. Tutto comincia migliaia di anni prima con un certo Melchisedek, il biblico “re di giustizia” che ha la facoltà di autorizzare Abramo ad esercitare il potere terreno sul suo popolo. Secondo Mauro Biglino, Melchisedek era un Elohim, come lo stesso Yahwè; per l’interpretazione esoterico-simbolica, invece, era una personalità “a diretto contatto col divino”, emblema vivente della perduta regalità, fondata su una speciale conoscenza gelosamente custodita, nei millenni, dalla cosiddetta Radix Davidis, la Stirpe di Giuda il cui destino è prefigurato nella pagina della Genesi su cui, ancora oggi, giurano i presidenti degli Stati Uniti.