Archivio del Tag ‘ricatto’
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Servi e padroni dello spread: ora mettiamoli in minoranza
Si apprende che i fondi e le agenzie della speculazione finanziaria internazionale stanno sondando l’Italia per sapere che fare dopo il voto, se far salire lo spread, o lucrare sulla fuga di capitali, o altro ancora. Questo perché, anche se la campagna elettorale ha fatto finta di dimenticarsene, il nostro paese fa sempre parte della schiera dei paesi debitori del sud Europa, precipitati in una depressione senza fine per colpa delle politiche di austerità e rigore. Paesi tra i quali spicca ancora la Grecia, nella quale nulla è migliorato e che si prepara ad un nuovo sciopero generale contro il massacro sociale in corso senza interruzione da tre anni. Massacro che è stato voluto e amministrato da governi che hanno deciso di obbedire ai diktat di quegli stessi signori che ora stanno testando il nostro voto.
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Politici muti: pagati e ricattati dalla mafia della finanza
Mps, tangenti, Finmeccanica? Sono solo la vetta dell’iceberg, che spesso esplode – a orologeria – col pretesto puntuale della corruzione, grazie a dossier tenuti nel cassetto per il momento opportuno: vedi la liquidazione improvvisa di Di Pietro e della Lega, anch’essa travolta da strani scandali, e persino le intimidazioni che, da Siena, minacciano il Pd: guai a sgarrare, a deviare dall’agenda Monti. E’ la mafia, bellezza: e tu non puoi farci niente. Lo sostiene un economista europeo come il professor Bruno Amoroso. La mafia di cui parla è quella della finanza, che adotta gli stessi metodi di Cosa Nostra: usa i politici, li compra, li ricatta e li fa fuori quando non servono più o, addirittura, quando minacciano gli affari. Il grande business? Aver permesso di inquinare, con “titoli spazzatura”, il portafoglio delle banche. Ricostruzione-choc: i nostri politici sono tutti sotto ricatto, perché hanno accettato – a suon di miliardi – di svendere il sistema bancario alla finanza tossica, senza protestare.
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Giulietto Chiesa: svegliamoci, il potere ha paura di noi
Nella vita quotidiana di ognuno di noi la crisi ha assunto i tratti di un personaggio da tragedia antica: il fato, il convitato di pietra, una presenza immanente e ostile, eppure inafferrabile. «Conseguenza inevitabile, quando gli effetti di una congiuntura globale sono ormai alle porte delle nostre case, colpiscono le nostre vite, corrodono la speranza di un futuro per i nostri figli e sgretolano ciò che davamo per scontato: stile di vita, lavoro, salute, istruzione». C’è la sensazione diffusa che tutto ciò sia solo la punta di un iceberg, che queste perdite siano in realtà le estreme propaggini di un enorme buco nero in espansione. «Ma mancano le prove, perché nessuno dice veramente come stanno le cose», accusa Giulietto Chiesa. «C’è un silenzio colpevole, perché interessato, da parte dei pochi che sanno». “Invece della catastrofe”, l’ultimo libro di Chiesa appena edito da Piemme, vuole «svelare le tremende verità che ci vengono nascoste e lanciare un drammatico appello alle coscienze».
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Debito e banche pubbliche: la Germania ci rovina barando
La Germania sta barando: ci impone lo spietato regime di austerity e il taglio della spesa pubblica, mentre – sottobanco – usa nientemeno che il proprio debito pubblico (quello che ci impedisce di utilizzare) per lucrare sulla nostra crisi, aggravandola e pilotandola attraverso il mercato finanziario dei titoli di Stato. Lo afferma Pietro Cambi attraverso “Crisis”, il blog di Debora Billi. La “virtuosa” Germania, sostiene Cambi, ricorre proprio alla vituperata finanza pubblica per ricattare l’Italia e gli altri “Piigs”, grazie ad un semplice artificio bancario: se lo adottasse anche l’Italia, potrebbe abbattere di colpo gli interessi sul debito e tagliare lo spread dell’80%. Basterebbe tornare alla sovranità monetaria, sottraendosi alla tagliola dell’euro? Berlino, sostiene Cambi, lo sta già facendo: alla faccia delle pretese privatizzazioni, che a noi vengono imposte, è tuttora largamente pubblico il capitale delle maggiori banche tedesche.
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Fine dell’università per tutti, si torna alla scuola d’élite
I giovani italiani rinunciano all’università: è la fine di un sistema democratico basato sulla fiducia nel futuro, grazie alla promozione sociale di massa. Impressionanti i dati su quella che Carlo Formenti definisce «l’apocalisse dell’università italiana». Ovvero: 58.000 iscritti in meno, un calo del 17% rispetto a dieci anni fa, mentre i professori diminuiscono a un ritmo ancora più rapido (meno 22% negli ultimi sei anni). Risultato: il rapporto medio fra studenti e docenti (18,7%) continua a essere il più alto d’Europa. Altro poco invidiabile record europeo: abbiamo la più bassa percentuale di laureati nella fascia di età fra i 30 e i 34 anni, appena il 19% a fronte di una media europea del 30%. Cala anche il numero delle borse di studio, peraltro di entità ridicola, assieme ai finanziamenti ordinari, mentre «di quelli per la ricerca è meglio tacere». Perché i giovani disertano gli atenei? Ormai «non credono più che la laurea rappresenti una risorsa strategica per spuntare redditi dignitosi su un mercato del lavoro sempre più avaro».
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Debito, basta ricatti: Obama dichiara guerra a Wall Street
La Casa Bianca dichiara guerra alla finanza speculativa: clamorosa la decisione di Barack Obama, che chiederà 5 miliardi di dollari all’agenzia di rating “Standard & Poor’s” a titolo di risarcimento per i danni causati dalla crisi dei mutui subprime: secondo il governo, il colosso del rating avrebbe ampiamente “gonfiato” le valutazioni di alcuni mutui ipotecari, pur essendo a conoscenza dei rischi che di lì a poco avrebbero scatenato l’inferno della più profonda recessione dagli anni della Grande Depressione. Finora, gli unici politici ad aver messo alla berlina la finanza erano stati gli islandesi, giunti a spedire in galera 9 banchieri accusati del crack del 2008, mentre in Italia – contro le agenzie di rating – si sono mossi i giudici di Trani, secondo cui “Standard & Poor’s” e “Fitch” avrebbero provocato un danno all’Italia stimato in 120 miliardi di euro, generato da analisti finanziari incompetenti e notizie manipolate “a orologeria”, per arrivare alla “tempesta dello spread” che ha insediato il governo Monti su mandato di Bruxelles per conto della finanza internazionale.
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Barnard: operai schiavi, ringraziate i vostri sindacati
Guardatevi, operai della Fiat di oggi. Ma guardatevi in questo modo: mettetevi su un balcone più in alto e state affacciati a osservare Mirafiori e Pomigliano. Cosa si vede da lì su? Si vede un pollaio dove in 4 metri quadri di terriccio puzzolente i polli si agitano per difendere i loro 4 metri quadri di terriccio puzzolente. Ma come vi siete conciati in quel modo? Lo sapete che nessuno vi ha mai raccontato chi veramente vi ha fottuti? Tutto vogliono, meno che voi scopriate che le fonti dei vostri mali stanno TUTTE fuori dal recinto Italia, perché se le scoprite allora gli inceppate il gioco e li potete fottere. Vi hanno convinti che la libertà e la dignità oggi per voi significhi contrattare su un altro metro quadro di recinto infestato di cacca. Sperano che a nessuno di voi salti in mente di accorgersi che fuori dalla rete del pollaio ci sono spazi di salvezza illimitati in termini economici, che vi hanno sempre tenuti nascosti.
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Crisi, nessuna soluzione? Elezioni inutili, vince il non-voto
«Distruggere l’Italia e assistere inerti alla sua rovina? Prego, fate pure. Ma, almeno, non contate su di me: il mio voto ve lo potete scordare». Sembra essere questa l’intenzione di almeno 20 milioni di italiani, alla vigilia delle elezioni di febbraio. Secondo i sondaggi, il primo partito sarà quello dell’astensionismo. Disertare le urne: è l’opzione che tenta soprattutto i più giovani, come rivela una recente rilevazione di “Mtv” tra i ragazzi. Quasi la metà di loro è decisa a non dare il voto a nessuno. Politici e candidati? «Corrotti, incapaci e incompetenti: una vera delusione». Ammesso che – come pare scontato – la campagna elettorale finisca col polarizzare il voto e motivare almeno in parte gli indecisi, arginando la valanga dei “renitenti”, proprio l’astensione sembra destinata a restare protagonista. Disaffezione: convinzione che il voto sia ormai assolutamente inutile, nonostante Grillo e Ingroia.
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Antonini: prima del mio stipendio, la verità su Viareggio
Mi restituite il lavoro? No, grazie. Prima di tutto, serve la verità sul rogo di Viareggio, quei 32 morti e 25 feriti del 29 giugno 2009. Riccardo Antonini è irremovibile: rifiuta l’accordo sul reintegro, già accettato dall’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, e vuole un regolare processo sul suo caso: licenziato per aver detto verità scomode su quel disastro. Il rogo di Viareggio, scrive Claudio Giorno sul suo blog, puzza di strage di Stato: mentre gli apparati di potere si coprono, per il momento a pagare è solo chi si è dato disponibile a testimoniare di fronte ai giudici le discutibili “scelte aziendali” all’origine del disastro. Tagli pericolosi, che forse nessun giudice riuscirà a individuare come causa diretta della morte di tante persone innocenti, ma che «sicuramente sono alla base dello stato di abbandono in cui nelle ferrovie italiane versa ogni settore che non sia funzionale agli appalti sempre più costosi del progetto Alta Velocità».
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Debito lacrime e sangue? No, basta un lingotto di platino
Sta’ a vedere che, per uscire dal ricatto del debito, può bastare un semplice “gettone” di platino, sia pure targato Federal Reserve e con impressa la classica dicitura “In God we trust”. Hanno fiducia in Dio? Sì, naturalmente. Specie se si tratta dell’onnipotente divinità statunitense di Buffalo Bill, quella che “protegge la frontiera e custodisce la ferrovia”. E che oggi, per volere del Segretario al Tesoro, autorizza la creazione di un mini-lingotto in metallo pregiato, del valore di un trilione di dollari, che il Segretario di Stato potrà depositare nella cassaforte della banca centrale. Da quel preciso momento, scrive Giulietto Chiesa, il governo di Washington «potrebbe tranquillamente spendere quella cifra per fare ciò che uno Stato che si rispetti deve fare: che so, pagare le pensioni, o finanziare l’assistenza agli anziani, o quella sanitaria, o costruire scuole o qualunque altra attività saggiamente programmata».
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Voto utile? Pucciarelli: un ricatto che puzza di voto inutile
Punto e a capo, siamo alle solite. Uno spettro si aggira per le nostre case. Non è il comunismo, ma il “voto utile”. C’è un altro “ma”, però. Perché più che il “voto utile”, bisognerebbe considerare la presenza del “voto inutile”: pensare di dare un voto di sinistra a chi si allea il giorno dopo le elezioni con Monti – cascasse il mondo, lo ha detto Pier Luigi Bersani – ecco, quello mi sembra un atto abbastanza inutile. Bisognerebbe tornare indietro con la memoria e ricordarsi di come andò a finire l’ultima volta che si parlò del “voto utile”: chi votò “utilmente”, quella volta, si rese complice di molteplici crimini, tra i quali aver portato in Parlamento Massimo Calearo, Paola Binetti, svariati radicali sempre attenti a salvare più volte la maggioranza di Berlusconi, e una vasta gamma di trasformisti un tanto al chilo.
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Bilderberg: i fanatici del rigore dietro le stragi di Stato
C’era il Bilderberg dietro alle stragi impunite, quelle degli “anni di piombo”. Lo rivela Ferdinando Imposimato, che da magistrato inquirente si occupò dei casi più scottanti, dal rapimento Moro all’attentato al Papa. A “inciampare” nella potentissima lobby politico-finanziaria mondiale, oggi accusata di pilotare l’euro-crisi per restituire il potere assoluto alle élite planetarie amputando la nostra sovranità democratica col ricatto del debito, fu il giudice Emilio Alessandrini, assassinato dai terroristi di “Prima Linea” nel 1979. Impegnato nelle indagini su piazza Fontana, Alessandrini “scoprì” il ruolo dell’allora oscuro Bilderberg trent’anni prima che il grande pubblico venisse a conoscenza della sua esistenza. Il più esclusivo club finanziario mondiale era direttamente responsabile delle stragi e della strategia della tensione, sostiene oggi Imposimato, che ha scovato documenti inediti, pubblicati nel libro “La Repubblica delle stragi impunite”.