Archivio del Tag ‘religione’
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Magaldi: Renzi riposi in pace, il progressista oggi è Salvini
«I progressisti devono capire la gente: il mondo va verso situazioni molto dure e le persone chiedono, giustamente, protezione. Invece, sino ad oggi, il Pd ha trattato le persone che hanno paura come se fossero imbecilli». Viva la sincerità, anche se fuori tempo massimo. Suonano comunque lucide, finalmente, le parole dell’ex manager Ferrari e poi ministro post-renziano Carlo Calenda, nipote di Luigi Comencini, approdato al Pd dopo l’esordio politico prima con Montezemolo e poi con Monti. «Dobbiamo dar vita ad un progetto con nuove parole», dice Calenda a “Otto e mezzo”: «Ma pretendere questo dal Pd – ammette – non è possibile». Tra le macerie elettorali dell’ex centrosinistra, forse anche Calenda pensa al “partito che serve all’Italia”, su cui il Movimento Roosevelt si confronterà il 14 luglio a Roma con politologi e sociologi. Tra gli invitati anche il sindaco milanese Beppe Sala e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. A Matteo Renzi, che in un tweet dopo il disastro dei ballottaggi alle amministrative prova a gettare la croce sul povero Martina («con tutto il rispetto, nel Pd manca una leadership: per questo mi riprendo la guida del partito»), Zingaretti risponde a stretto giro: troppo tardi, «un ciclo storico si è chiuso». Tradotto: abbiamo sbagliato tutto, Renzi in primis. Primo errore, capitale: il Pd ha preso per cretini gli italiani spaventati dalla crisi. «Salvini invece li ha saputi ascoltare», dice Calenda, «e questo è il suo grande merito». Infatti, per Gioele Magaldi, il vero progressista sulla scena, oggi, è proprio il leader della Lega.
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La lebbra europea: quella del vomitevole, xenofobo Macron
La brutta notizia è che c’è ancora una parte di Italia (e di Francia) disposta a farsi prendere per i fondelli da un sinistro teatrante come Emmanuel Macron, ultimo erede di una famiglia di serial killer politici travestiti da statisti, pronti a indossare la maschera dell’orco (Van Rompuy, Schaeuble) o quella del pagliaccio finto-buono (Juncker, Prodi). L’Ogm Macron è una via di mezzo, un ibrido perfetto tra eleganza formale e trivialità sostanziale. Chiama i poveri “sdentati”, definisce l’attuale politica italiana “vomitevole”. E arriva a classificare “lebbra d’Europa” i movimenti democratici anti-establishment, dopo che Salvini e Di Maio hanno ridotto a carta straccia l’ultimo piano anti-Italia approntato per i migranti insieme ad Angela Merkel, altro fossile vivente di un’Europa orrenda e mascalzona, che in vent’anni non ha prodotto altro che crisi e paura, terrorismo, diffidenza e risentimenti fra nazioni che avrebbero dovuto essere “sorelle”. L’Italia ancora dormiente – ormai minoranza, a quanto pare, arroccata attorno al patetico mainstream cartaceo e radiotelevisivo – non ha ancora capito chi è il fantoccio Macron, chi ne muove i fili, da quale curriculum proviene l’ombra nera che si aggira per l’Eliseo, attorno al presidente che insulta e minaccia – né più né meno come un monarca, indispettito dalle sconcertanti pretese del popolo. Chi si credono di essere, questi pezzenti italiani?Parole che ricordano quelle del mentore di Macron, il tristemente celebre Jacques Attali: ma cosa crede, la plebaglia europea, che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità? Un grande economista francese, Alain Parguez, invitato a Rimini da Paolo Barnard per il primo, storico summit sulla sovranità monetaria, lavorò all’Eliseo – insieme ad Attali – con il presidente socialista Mitterrand, ai tempi in cui la Francia era ancora la Francia, e non un mero ingranaggio dell’euro-imbroglio. Insigne accademico, Parguez racconta dello smottamento “reazionario” dello stesso Mitterrand, fortemente propiziato dal potente gruppo di pressione incarnato proprio da Attali, che Parguez definisce «un monarchico, travestito da socialista». Avvertimenti: dopo l’omicidio del leader socialdemocratico Olof Palme in Svezia, Mitterrand deve aver intuito quale trattamento sarebbe stato riservato ai “ribelli”, ai leader contrari al nuovo ordine neoliberista in fase di insediamento, in Europa. Dopo la parentesi di Jacques Chirac, che tenne la Francia fuori dalla Guerra del Golfo, il potere “nero” conquistò direttamente l’Eliso, non più restando dietro le quinte ma piazzando il suo uomo – Nicolas Sarkozy – sulla poltrona presidenziale. Risultati tangibili: orrore e violenza, il Medio Oriente in fiamme, la nascita dell’Isis, la macelleria della Libia.Da Sarkozy – ora finalmente nei guai con la giustizia francese – lo stesso linguaggio da saloon esibito da Macron: «Ne avete abbastanza di questa feccia», disse, agli abitanti “bianchi” delle banlieues parigine “infestate” di migranti. «Ora ci penseremo noi a toglierli di mezzo». Poi venne il tempo del socialista incolore François Hollande, fotocopia (molto sbiadita) del repubblicano Chirac. Hollande, ha svelato Gioele Magaldi nel suo saggio “Massoni”, militava nella superloggia progressista “Fraternitè Verte”, a cui aveva promesso la fine del rigore socio-economico. Ma il suo governo è stato letteralmente travolto dall’emergenza terrorismo, dalla strage di Charlie Hebdo a quella del Bataclan, fino al massacro di Nizza. Sotto ricatto, con servizi segreti “colabrodo” e ministri sempre più “di destra” (fino all’esordiente Macron), Hollande ha tradito ogni promessa elettorale, imponendo ai lavoratori francesi l’harakiri della Loi Travail, il Jobs Act transalpino, destinato a favorire le aziende penalizzando i dipendenti. Contro l’ectoplasmatico Hollande, ennesimo politico di sinistra passato armi e bagagli al neoliberismo dell’ultra-destra economica, in Francia si è levata la protesta sovranista di Marine Le Pen, votata però alla sconfitta per via delle tare xenofobe del suo Front National. A quel punto, l’élite “nera” ben rappresentata da personaggi come Attali ha fatto la sua mossa, lanciando l’erede di Sarkozy: Emmanuel Macron.Un enfant prodige venuto dal nulla, lo presentarono i giornali, per i quali “il nulla” può essere, eventualmente, anche la filiale bancaria francese della famiglia Rothschild. Corressero il tiro: Macron, scrissero, almeno sul piano politico è un self-made assoluto. Falso, anche questo: il suo maestro Attali è stato (ed è) uno degli uomini di potere più influenti d’Europa. Milita saldamente ai vertici della massoneria sovranazionale di stampo oligarchico, abilissima nell’infiltrare la sinistra europea traviandone i leader, dall’anziano Mitterrand all’allora giovane D’Alema. Banche e multinazionali, con un’unica cabina di regia per le grandi operazioni politiche: una su tutte, l’Unione Europea senza democrazia e la moneta europea senza sovranità. Da quella scuola – la più pericolosa, per l’Europa – proviene Emmanuel Macron: è l’ennesimo avatar del potere nero, insinuatosi nelle istituzioni per svuotarle ulteriormente di democrazia, sulla rotta della privatizzazione universale. Una teologia funesta e spacciata per verità di fede, insieme al dogma dell’austerity – tagliare la spesa pubblica per impoverire la classe media, moltiplicando i profitti stellari dell’élite anche grazie al dumping salariale garantito dai migranti, a loro volta costretti a fuggire dai paesi d’origine, saccheggiati sempre dalla medesima oligarchia.Sarebbe un errore madornale equiparare Macron alla Francia o, peggio ancora, ai francesi come popolo: il piccolo monarca per conto terzi, insediato all’Eliseo dalla peggior risma di parassiti in circolazione in Europa, ha ormai contro la maggioranza dei suoi connazionali. Lo contestano i sindacati, la sinistra di Mélenchon, il Fronte Nazionale della Le Pen. L’elettore medio – operaio, impiegato, agricoltore, imprenditore – ha capito che Emmanuel Macron non è l’uomo che sembrava essere: non sta dalla parte dei francesi, è manovrato da padroni potenti che non amano nessuno e detestano tutti – i francesi, gli italiani, i greci e ogni altra “plebaglia europea”, per citare l’ineffabile Attali. E’ questa, fin fondo, la buona notizia: i popoli stanno cominciando a capire con chi hanno davvero a che fare. E in questa spettacolare procedura di sofferta autocoscienza ha un ruolo di primissimo piano proprio il neonato governo italiano, antropologicamente diversissimo dai predecessori: per i padroni occulti di Macron dev’essere un film dell’orrore, l’inaudito spettacolo dei ministeri italiani occupati da grillini e leghisti. Ringhia, Macron, perché è il cane da guardia di un palazzo oscuro che adesso comincia ad avere paura del popolo. Insulta e minaccia, Macron, perché – come i suoi padroni – sa che i popoli di tutta Europa (cominciando da quello francese) guardano l’Italia che sfida Bruxelles, e prendono nota. Il tempo dei Macron potrebbe finire prima del previsto.La prima a capirlo è stata Angela Merkel, sveltissima a indossare i panni improbabilissimi dell’amicona dell’Italia, paese che il suo governo ha letteralmente azzoppato a colpi di rigore: la sola operazione Monti, decisa tra Berlino e Francoforte nei santuari supermassonici frequentati da ex italiani come Mario Draghi, è costata al nostro paese la perdita di 400 miliardi di Pil e del 25% del potenziale industriale del “made in Italy”. Rideva, Angela Merkel – insieme al suo compagno di merende Sarkozy – quando i media italiani colonizzati dallo straniero bombardavano a tappeto il lebbroso di turno, l’inguardabile Berlusconi. Oggi alla Merkel (e al suo nuovo sodale, Macron) è passata di colpo la voglia di ridere: finalmente, l’Italia li preoccupa. «L’Italia traccia le strade», disse il l’esoterista rosacrociano Rudolf Steiner, pensando al Rinascimento: una quasi-profezia ben nota ai massoni reazionari del massimo potere, quali Sarkozy, Merkel, Macron e compagnia complottante.La loro paura è che la strada tracciabile oggi dall’Italia gialloverde, vera e propria incognita politica, sia quella di un’Europa da rivoltare da cima a fondo, sfrattando dai loro troni gli usurpatori regnanti, i piccoli boss del nuovo, deprimente Sacro Romano Impero costruito con l’imbroglio, la frode finanziaria, la menzogna economistica, il crimine sociale dell’ordoliberismo mercantilista post-capitalistico e parassitario. Un regime occulto, a cui i governi fanno da paravento istituzionale. Un sistema autoritario e privatistico, sleale, scorretto e bugiardo, governato nell’ombra da élite che detestano il popolo, la democrazia e la plebaglia europea nel suo insieme, mezzo miliardo di straccioni e lebbrosi, a cui oggi l’Italia potrebbe tracciare una nuova strada, meno lorda di sangue greco e africano, di strazio italiano inferto dai tagli – senza anestesia – su lavoro e pensioni, sanità e scuola. Il consenso democratico di cui oggi godono Salvini e Di Maio, almeno il 60% degli elettori, l’ometto Macron se lo può solo sognare. Infatti gracchia, stizzito come un qualsiasi dittatore pericolante, i suoi insulti razzisti e xenofobi – un regalo illuminante, per chi ancora non aveva capito chi fosse, davvero, il micro-napoleonico Emmanuel Macron.La brutta notizia è che c’è ancora una parte di Italia, insieme a una parte di Francia, disposta a farsi prendere per i fondelli da un sinistro teatrante come Emmanuel Macron, ultimo erede di una famiglia di serial killer politici travestiti da statisti, pronti a indossare la maschera dell’orco (Van Rompuy, Schaeuble) o quella del pagliaccio finto-buono (Juncker, Prodi). L’Ogm Macron è una via di mezzo, un ibrido perfetto tra eleganza formale e trivialità sostanziale. Chiama i poveri “sdentati”, definisce l’attuale politica italiana “vomitevole”. E arriva a classificare “lebbra d’Europa” i movimenti democratici anti-establishment, dopo che Salvini e Di Maio hanno ridotto a carta straccia l’ultimo piano contro l’Italia approntato per i migranti insieme ad Angela Merkel, altro fossile vivente di un’Europa mascalzona, che in vent’anni non ha prodotto altro che crisi e paura, insicurezza sociale, terrorismo, diffidenza e risentimenti fra nazioni che avrebbero dovuto essere “sorelle”. L’Italia ancora dormiente – ormai minoranza, a quanto pare, arroccata attorno al patetico mainstream cartaceo e radiotelevisivo – non ha ancora capito chi è il fantoccio Macron, chi ne muove i fili, da quale curriculum proviene l’ombra nera che si aggira per l’Eliseo, attorno al presidente che insulta e minaccia – né più né meno come un monarca, indispettito dalle sconcertanti pretese del popolo. Chi si credono di essere, questi pezzenti italiani?
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La Terra ora ci presenta il conto di un mondo senza giustizia
Guardate che non basta, raddrizzare uno sviluppo – finora ingiusto – sostituendolo con il miraggio di una crescita economica globale finalmente equa. La voce “decrescita” (del Pil) risulta sempre sgradevole, dissonante, preoccupante: ma è purtroppo coerente con tutte le previsioni sistemiche dei climatologi, che danno alla Terra altri vent’anni, al massimo, prima del collasso ecologico che già sta avanzando in modo inquietante, con le temperature balneari registrare alle Svalbard e lo scioglimento inesorabile della calotta artica. Nel lontanissimo ‘700, il padre della fisica Isaac Newton predisse – in base a complessi calcoli – che le risorse terrestri si sarebbero esaurite entro il 2060: un pronostico, sottolinea il saggista Gianfranco Carpeoro – sinistramente coincidente con quello del governo Usa, secondo cui fra quarant’anni, di questo passo, arriveremo alla morte biologica degli oceani. Ragionamenti che possono apparire letterari e strampalati, semplici suggestioni millenaristiche calate in un mondo distratto dai mondiali di calcio o appassionato al derby Italia-Francia su Salvini, gli sbarchi selvaggi e l’opaco traffico malavitoso gestito dalle Ong. Vero, l’Europa ladrona nega all’Italia un’espansione vitale del deficit, mentre c’è chi muore in mare per un tozzo di pane. E se si tracolla tutti, sotto la furia di un pianeta stremato dai nostri abusi suicidi?
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I media (omertosi) si rassegnino: l’Italia cambierà l’Europa
L’Italia è come un enorme Colosseo, bombardato da “naumachie” tra pro e contro «qualsiasi cosa faccia, dica e pensi il ministro Salvini, a tutte le ore del giorno, a reti unificate». Un continuo derby tra tifoserie rivali, scrive “Scenari Economici”, condito con la messa in ombra degli esponenti del Movimento 5 Stelle, «nel bislacco tentativo di insinuare motivi di disgreagazione di una solida maggioranza», la quale «non ha solo il merito di aver trovato “i numeri” in Parlamento, ma ha costruito un’infrastruttura politica che mancava da anni al paese». Cosa sta succedendo tra le righe di questa deprecabile manipolazione mediatica, ormai ai suoi massimi storici? A bordo campo, segnala il newsmagazine diretto da Antonio Maria Rinaldi, si stanno giocando infatti le partite che contano, «sulle quali regna un religioso silenzio». La prima? L’asse di Salvini con Austria (quindi un’area politica tedesca) e paesi dell’area Visegrad (Est Europa) sul tema immigrazione. Conseguenza: nuova centralità del tema sui tavoli dell’Ue e dei paesi membri. Tutto questo, «mentre sui giornali si strombazza di un asse franco-tedesco che ha appena preso la rivoluzionaria decisione di continuare con la linea attuale, ma ascoltando le esigenze dell’Italia: cioè una supercazzola».Di fatto – seconda notizia – la presa di posizione dell’Italia sul tema immigrazione ha messo a nudo quella che è stata fino ad ora la politica europea in merito, ovvero “continuiamo finchè l’Italia non si rompe le scatole”, che poi è la linea adottata più o meno su tutto il resto. Poi ci sono i conti economici, il Def: il Parlamento ha appena approvato il documento del precedente governo, tra non poche critiche. Nella certezza che il Def 2019 sarà molto diverso, non sono mancate anche importanti osservazioni da parte di alcuni senatori, come Alberto Bagnai e Claudio Borghi, che hanno evidenziato l’assenza di una vera programmazione economica, in un documento che è più un “aggiornamento/previsione dei fondamentali macro-economici”. Altra notizia ignorata dai media mainstream: il “no” del governo Conte alla ratifica del Ceta, cioè il trattato “gemello” del famigerato Ttip, che permette appunto di aggirare la bocciatura del Ttip collocando in Canada le sedi delle multinazionali super-protette dal trattato neoliberista euro-americano.Nel frattempo è completamente cambiata la percezione dell’Italia all’estero, aggiunge “Scenari Economici”: il nostro paese è al centro del dibattito per il suo cambio di passo politico, e alcune forze anti-sistema ne stanno traendo una sponda indiretta. In alcuni casi, come quello tedesco, questo ha generato crisi di governo. «Ma in Italia la comunicazione di massa dei media convenzionali presenta un altro scenario: quello di un’Italia che si sta isolando rispetto alla linea degli paesi europei, e che “fa vergognare” agli occhi dei nostri partner» perché “ha preferito l’odio e all’amore (ma in realtà «ha preferito l’amore per gli italiani a quello per i franco-tedeschi»). Attenzione: «Nessuno si chiede perché nonostante Monti, il Pd, una decina di trimestri consecuivi di recessione, l’Ue, l’euro e le politiche anti-italiane, l’Italia sia ancora la settima economia al mondo. Perché siamo invitati al G7 se contiamo un cetriolo, come ci raccontano? Cosa sta sfuggendo ai narratori?». Un dettaglio decisivo, secondo “Scenari Economici”: lo stesso che ha reso possibile l’esistenza di un governo del cambiamento. Ovvero: «La consapevolezza che molti italiani hanno su quanto sopra». E’ un fatto: «Il dibattito si è arricchito di nuove chiavi di lettura e di strumenti di difesa intellettuale, e dal basso. Il tutto condito con il consenso, un’arma sottovalutata ma potentissima».L’Italia è come un enorme Colosseo, bombardato da “naumachie” tra pro e contro «qualsiasi cosa faccia, dica e pensi il ministro Salvini, a tutte le ore del giorno, a reti unificate». Un continuo derby tra tifoserie rivali, scrive “Scenari Economici”, condito con la messa in ombra degli esponenti del Movimento 5 Stelle, «nel bislacco tentativo di insinuare motivi di disgreagazione di una solida maggioranza», la quale «non ha solo il merito di aver trovato “i numeri” in Parlamento, ma ha costruito un’infrastruttura politica che mancava da anni al paese». Cosa sta succedendo tra le righe di questa deprecabile manipolazione mediatica, ormai ai suoi massimi storici? A bordo campo, segnala il newsmagazine diretto da Antonio Maria Rinaldi, si stanno giocando infatti le partite che contano, «sulle quali regna un religioso silenzio». La prima? L’asse di Salvini con Austria (quindi un’area politica tedesca) e paesi dell’area Visegrad (Est Europa) sul tema immigrazione. Conseguenza: nuova centralità del tema sui tavoli dell’Ue e dei paesi membri. Tutto questo, «mentre sui giornali si strombazza di un asse franco-tedesco che ha appena preso la rivoluzionaria decisione di continuare con la linea attuale, ma ascoltando le esigenze dell’Italia: cioè una supercazzola».
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Roma Caput Mundi: gesuiti e massoni, il piano di Bannon
In questi giorni si parla molto di Steve Bannon e del suo ruolo nelle negoziazioni che hanno portato alla formazione del governo Lega-5Stelle. Il super-consulente di Trump, nonchè ex membro del Cda di Cambridge Analytica, poi apparentemente caduto in disgrazia, non solo ha proclamato che l’accordo Lega-M5S è nato su suo suggerimento, ma ha spiegato chiaramente i perchè. Ovviamente, a chi ha orecchie per intendere. Ma chi è questa eminenza grigia, che fino a due anni fa non conosceva nessuno, e che è dietro l’ascesa del presidente Usa? Per chi ci segue da tempo, è uno scherzo capirlo. Basta guardare la sua “provenienza”: Georgetown University, l’importante università gesuita di Washington, dove si forma l’élite gesuitica statunitense che stranamente finisce sempre per dettare le politiche di tutti i presidenti Usa da almeno 50 anni. E’ quella infatti la “casa” che ha formato Kissinger, Brzezinski, e migliaia di altre eminenze grigie minori, i gradini visibili del potentato del così detto Papa nero. Una casa che non fa distinzioni religiose, o di credo politico. Infatti la sua specialità è infilare i propri membri in tutte le organizzazioni che contano, dalla famosa e sopravvalutata lobby ebraica, agli altri ordini e potentati, come Opus Dei e massonerie varie, giù fino ai partiti, indifferentemente di finta destra o finta sinistra, o estremisti.Tutti specchietti: quello che conta è che ci sia sempre qualcuno dei loro a prendere le decisioni e/o a dare i consigli “giusti” al momento giusto. L’educazione di Bannon prosegue ad Harvard, l’università Ivy League dove molti dei futuri “movers and shakers” dell’establishment americano (e non) trovano, oltre alla cultura, i “fratelli” che li guideranno e accompagneranno nel loro percorso. D’altronde lo schema è chiaro e ripetuto in tutto il mondo, dove conta: ad esempio Georgetown ha aperto una branca qualche anno fa in Qatar, Stato creato e gestito dalla massoneria inglese. Lì si formano i dirigenti del golfo del petrolio, i cui proventi vengono in parte utilizzati per aizzare il divide et impera, come ad esempio sovvenzionare l’islamismo radicale di stampo wahabita, cosucce tipo l’Isis. In Italia non abbiamo bisogno di Georgetown, d’altronde qui abbiamo quello che si dice il “real deal”, non abbiamo certo bisogno d’importare professori del circuito gesuita. Al limite li esportiamo. Per esempio a Malta, dove uno strano elemento della Prima Repubblica va a chiedere se gli fanno aprire una branca dell’università di Malta a Roma. Branca che poi diventa università che da subito attrae e forgia i funzionari d’élite della difesa italiana. Gente che non conosceva nessuno, fino a ieri, e tutto a un tratto te li ritrovi, che so, ministro della difesa.Chissà poi perchè l’hanno chiamata “link”: collegamento. Certo, un collegamento fondamentale che viene in mente è quello tra i Cavalieri di Malta e i gestori dell’isola: gli inglesi. Ma tornando a Bannon, è chiaro che in questo momento, evidentemente, i consigli giusti li dà lui. Per lo meno ad un lato della scacchiera politica. Un perfetto prototipo dell’agente gesuito-massone. Non deve quindi stupire che uno come lui, apparentemente lontano da personaggi che più visibilmente rappresentano l’espressione del potere dominante, sia stato in grado non solo di influenzare il così detto fronte populista, ma anche e soprattutto di farlo mandare giù a chi sembrava opporsi. “Ma aspetta”, dirà allora il lettore attento: “L’espressione dei gesuito-massoni non erano i vari Monti, Letta, Draghi, Mattarella, Renzi? E se sì, perchè appoggiano il fronte contrario? Non ha senso!”. E superficialmente è così. Ma quando si analizza l’operato di strutture che funzionano sulla base del “divide et impera” e de “il fine giustifica i mezzi”, occorre sempre tenere a mente: a) il fine ultimo perseguito dalla struttura, e b) che il “divide”, per funzionare veramente, va applicato a 360°, ovvero anche e soprattutto ai membri stessi della struttura.Ricordiamoci allora qual è il “fine”: rallentare o impedire lo sviluppo delle coscienze individuali. Questo fine è generalmente noto solo ai gradini più alti della struttura. Gli altri operano nell’ignoranza dello scopo, così che possano essere puntati contro qualsiasi bersaglio in qualsiasi momento, con la scusa appropriata, e così che possano essere sempre tenuti sulla corda dalla competizione interna. Cosa ha a che vedere questo con il supporto a Lega e 5S? Come appunto dichiara serenamente Bannon: «Siete i primi a poter davvero rompere il paradigma sinistra-destra», avrebbe detto ai suoi interlocutori, come racconta al “Nyt”. «Potete mostrare che il populismo è il nuovo principio organizzatore». Lo stratega americano si dice convinto, tra le altre cose, che «altri paesi europei seguiranno l’esempio dell’Italia» (fonte: “Il Giornale”). Dunque, finalmente qualcuno si sbilancia e dichiara apertamente che, qui e ora, si sta attuando il cambio di paradigma di cui parliamo da anni su queste pagine.Destra e sinistra, il paradigma con il quale ci hanno preso in giro per secoli, non regge più, specialmente all’ombra dell’accentramento che deve essere portato avanti: ormai la maggior parte delle persone si sono rese conto che le differenze tra i vecchi schieramenti destra-sinistra sono diventate puramente cosmetiche, dato che le decisioni importanti hanno un indirizzo solo: quello “neoliberista” delle politiche imposte da Bruxelles. Quindi il paradigma utile, quello con cui possono continuare a prenderci in giro per almeno qualche decina d’anni è quello “Populisti Vs. Europeisti”. E basta aprire il vostro social preferito per vedere che in realtà, a parte qualche vecchio “aficionado” alla bandierina rossa o nera, gli irriducibili incapaci di uscire dalla sicurezza e comodità del comodo vecchio schema a cui sono abituati, gli schieramenti di consenso reali ruotano intorno a “Europa sì, Europa no”. In varie salse. La preparazione ed il miscuglio di queste salse è e sarà lo sport di chi ci vorrà menare per il naso nei prossimi anni, se non decenni.Ed è per questo che Bannon, allievo di Georgetown, viene qui a criticare un allievo del gesuita padre Bartolomeo Sorge, come il nostro Presidente, che a sua volta fa finta di ostacolare la nascita di un governo populista, che poi alla fine NON non ostacola. Ecco invece un’altra dichiarazione di Bannon riportata dal Televideo. Una dichiarazione più unica che rara, che non si riesce a capire se gli sia sfuggita nella foga, o l’abbia fatta di proposito. Bannon: «Questa Unione Europea è finita». Salvini e Di Maio? «Due giovani leader che hanno rinunciato alla premiership per un obiettivo più alto». Così Bannon, l’ex stratega di Trump che è tornato in Italia, a Roma, perché la capitale «è il centro del mondo», dice a “Repubblica”. Bannon confida di «aver esortato Salvini» a fare un governo con il M5S: «Ho dato consigli che sono stati ascoltati». Per Bannon «l’Unione Europea è finita, come sono finiti i diktat europei e il fascismo dello spread», e preconizza: «Presto avrete una confederazione di Stati liberi e indipendenti».Analizziamola: “Questa Ue è finita” – questo non è che reiterare che il paradigma è cambiato definitivamente. E’ l’annuncio urbi et orbi, fatto da un allievo dei gesuiti, che la modalità di conduzione della Ue (gestita dallo stesso potere nelle persone di Draghi, Monti, Barroso, Van Rompuy, ecc) , per continuare ad andare avanti realmente, deve cambiare: deve smettere di essere vista come un monoblocco burocratese imposto dall’alto, ma deve essere vista come luogo d’incontro democratico, con forze che scendono a patti. Enfasi su “ESSERE VISTA essere vista”. Ma non è questa l’informazione più golosa. E’ questa: «La capitale è il centro del mondo». Questo, per i più, è veramente incredibile. Verrà infatti presa per piaggeria: il potentone straniero che viene qui a darci il contentino e a dire che contiamo qualcosa. Ma non dicono mai queste parole, quando lo fanno. Quando è piaggeria dicono “l’Italia è un partner importante”. Qui Bannon non parla di Italia. Parla di Roma, ma non di quella della Raggi, tanto per intenderci. Manda un messaggio ben preciso a chi ha orecchie per intendere: “Sto qui a fare il lavoro di chi comanda davvero”. «Ho dato consigli che sono stati ascoltati». Non ha bisogno di spiegazioni: ha fatto il mestiere suo, quello per cui l’hanno preparato a Georgetown. Il resto è una reiterazione del primo punto. Ma perchè fare tutta questa manfrina?Perchè il modo in cui hanno portato avanti la creazione del Super-Stato Europeo finora sta cominciando a creare più problemi di quanti ne risolva, a chi comanda. Il dissenso ha numeri talmente importanti, che DEVE deve essere controllato e manovrato. Ma ciò è comunque un bene per le persone: il confronto populisti-europeisti dovrà per forza di cose far cadere qualche briciola di libertà in più. Quasi certamente la maggior parte delle concessioni saranno cosmetiche, libertà secondarie per lo più. Ma opportunità da cogliere. Come disse Steiner, «l’Italia traccia le strade»: è proprio qui, proprio in questi giorni, che stiamo assistendo al varo concreto di un progetto in preparazione da anni. Finalmente il cambio di paradigma diventa reale: ora c’è un governo “populista” in uno dei paesi fondatori della Ue, suggerito da un gesuita-massone, che da oggi è sia spauracchio e controparte di un governo europeo dominato dai gesuito-massoni, sia fonte d’ispirazione per altri grandi paesi. Affinchè il fronte si allarghi, e l’opinione pubblica continentale possa nuovamente essere divisa in due schieramenti che potranno essere menati per il naso con argomenti e mosse simili a quelle usate il secolo scorso quando la divisione era destra/sinistra.(Enrico Carotenuto, “Steve Bannon: la capitale è il centro del mondo – cosa significa?”, da “Coscienze in Rete” del 4 giugno 2018).In questi giorni si parla molto di Steve Bannon e del suo ruolo nelle negoziazioni che hanno portato alla formazione del governo Lega-5Stelle. Il super-consulente di Trump, nonchè ex membro del Cda di Cambridge Analytica, poi apparentemente caduto in disgrazia, non solo ha proclamato che l’accordo Lega-M5S è nato su suo suggerimento, ma ha spiegato chiaramente i perchè. Ovviamente, a chi ha orecchie per intendere. Ma chi è questa eminenza grigia, che fino a due anni fa non conosceva nessuno, e che è dietro l’ascesa del presidente Usa? Per chi ci segue da tempo, è uno scherzo capirlo. Basta guardare la sua “provenienza”: Georgetown University, l’importante università gesuita di Washington, dove si forma l’élite gesuitica statunitense che stranamente finisce sempre per dettare le politiche di tutti i presidenti Usa da almeno 50 anni. E’ quella infatti la “casa” che ha formato Kissinger, Brzezinski, e migliaia di altre eminenze grigie minori, i gradini visibili del potentato del così detto Papa nero. Una casa che non fa distinzioni religiose, o di credo politico. Infatti la sua specialità è infilare i propri membri in tutte le organizzazioni che contano, dalla famosa e sopravvalutata lobby ebraica, agli altri ordini e potentati, come Opus Dei e massonerie varie, giù fino ai partiti, indifferentemente di finta destra o finta sinistra, o estremisti.
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Massoni, manovre, bugie e omissioni sull’Italia gialloverde
Un presidente della Repubblica che ammette a reti unificate che il paese è ostaggio dei mercati finanziari privati. L’oligarchia euro-tedesca che minaccia apertamente la fine dell’Italia. E l’uomo di Trump che si precipita a Roma per ostacolare i terminali di Berlino e, infine, premere in senso opposto sull’establishment conservatore. Obiettivo: far nascere un governo ibrido e sotto ipoteca, con promesse impossibili da mantenere senza prima scardinare il paradigma teologico europeista del rigore suicida, imposto a mano armata dalla massoneria reazionaria che ha in mano la governance della Germania, della Bce e dell’Unione Europea. L’analista geopolitico Federico Dezzani sottolinea il ruolo di primo piano svolto dall’asse angloamericano nella crisi italiana, evidenziando le mosse di Steve Bannon e dell’ambasciatore statunitense Lewis Eisenberg, che ha incontrato Salvini e Di Maio a fine marzo. Quindi i britannici: «Lo stesso Movimento 5 Stelle è un prodotto più inglese che americano, come dimostrano la lunga carriera di Gianroberto Casaleggio presso il colosso dell’informatica inglese Logica Plc e il doppio passaporto, italiano e britannico, del figlio Davide». Sempre secondo Dezzani, Londra ha giocato un ruolo decisivo nella nascita del governo giallo-verde «attraverso il “protestante” Jorge Mario Bergoglio che, a sua volta, ha schierato l’ancora influente Conferenze Episcopale Italiana».
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Il Telegraph: l’euro-golpe sta mettendo in pericolo l’Italia
Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.Che si tratti o meno di un “morbido colpo di Stato”, il territorio resta comunque assai pericoloso. Il presidente Mattarella ha apertamente dichiarato di non poter accettare come ministro delle finanze Paolo Savona, perché le sue passate critiche alla moneta unica “potrebbero provocare l’uscita dell’Italia dall’euro” e portare ad una crisi finanziaria. In un certo senso questo veto poteva essere previsto. Anche il governo Berlusconi fu rovesciato nel 2011 da Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea. Qualche “informatore” ha rivelato di aver manipolato gli spread sui bond per poter esercitare la massima pressione. L’Ue aveva persino provato a reclutare Washington, che però si rifiutò d’intervenire. «Non possiamo sporcare di sangue le nostre mani», dichiarò il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner. La novità è che la santità dell’euro dovrebbe amaramente essere formalizzata come imperativo costituzionale italiano!«Abbiamo un problema di democrazia, perché gli italiani sono sovrani e non possono essere governati dallo spread», ha detto Matteo Salvini, l’uomo forte della Lega, in forte ascesa. «È una questione molto seria il fatto che Mattarella abbia scelto i mercati e le regole dell’Unione Europea invece degli interessi del popolo italiano». «Perché non diciamo semplicemente che in questo paese il voto è inutile, visto che sono le agenzie di rating e le lobby finanziarie a decidere i governi?», ha dichiarato Luigi di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle. La Costituzione italiana concede al presidente Mattarella alcuni poteri, per lo più non sperimentati e comunque posti in una zona grigia. Potrebbe anche sostenere che il blitz fiscale Lega-Grillini violi l’art. 80 della Costituzione e che comunque egli ha il dovere di salvaguardare i trattati dell’Ue. Tuttavia, non ha alcun mandato diretto conferito dal popolo. Egli fu scelto come compromesso di basso profilo nell’ambito di un accordo preso dietro le quinte. Non ha l’autorità per bloccare in eterno l’Italia nell’euro.L’onorevole Di Maio sta ora facendo richiesta d’impeachment, ai sensi dell’articolo 90. «Voglio che il presidente sia processato, voglio che questa crisi istituzionale venga risolta dal Parlamento per evitare che il malcontento popolare sfugga di mano», ha dichiarato. I ribelli, in effetti, hanno voti sufficienti per poterlo rimuovere. Ciò che è degno di nota è che le élite pro-euro hanno agito in modo veramente rozzo, spingendo la situazione verso un’impasse pericolosa. Il ministro delle finanze proposto, Paolo Savona, non è un testa calda. E’ stato funzionario della Banca d’Italia, ministro e presidente di Confindustria, oltre che direttore di un hedge-fund londinese. Aveva fatto dichiarazioni concilianti, lasciando cadere la suggestione che l’euro sia una “gabbia tedesca”. Aveva insistito sul fatto che il suo “Piano B” per uscire dalla moneta unica (2015) non era più operativo e che il suo vero obiettivo era tornare ad un euro più equo, radicato nell’art. 3 del Trattato di Lisbona, che prevede crescita economica, creazione di posti di lavoro e solidarietà. Le sue argomentazioni legali erano impeccabili.Con un po’ di furbizia, i “poteri forti” e i “mandarini” italiani avrebbero potuto collaborare con il signor Savona e trovare un modo per attenuare le posizioni della Lega e dei grillini. La spinta ad escluderlo del tutto – per cercare di soffocare la ribellione euroscettica, come avevano già fatto con Syriza in Grecia – proveniva da Berlino, Bruxelles e dalla struttura di potere dell’Ue. Il tempo dirà se hanno preso una cantonata, cadendo in una trappola. «In un certo senso sono molto felice perché abbiamo finalmente sgombrato il tavolo dalle str…ate», ha dichiarato Claudio Borghi, portavoce per l’economia della Lega. «Ora sappiamo che si tratta di una scelta fra democrazia e spread. Devi giurare fedeltà al dio dell’euro per poter avere una vita politica, in Italia. E’ peggio di una religione. Quello che stiamo vedendo costituisce il problema fondamentale dell’Eurozona: non si può avere un governo che dispiaccia ai mercati o al ‘club dello spread’, la Bce e l’Eurogruppo li utilizzerebbero per annientare la vostra economia. Siete molto fortunati, nel Regno Unito, perché vivete ancora in un paese libero», ha aggiunto.Il presidente Mattarella ha scelto Carlo Cottarelli – veterano del Fmi e simbolo d’austerità – per formare un governo tecnico. Questo tentativo disperato non ha alcuna possibilità di ottenere un voto di fiducia nel Parlamento italiano. Sopravviverà in un limbo costituzionale. «È incredibile che stiano comunque cercando di farlo. Porterà a rivolte e a proteste politiche di massa. Alla stragrande maggioranza degli italiani non gliene frega niente dello spread», ha concluso Borghi. Il calcolo di coloro che circondano il presidente è che gli italiani da loro umiliati, davanti all’abisso finanziario e politico, possano cambiare idea e rinunciare all’insurrezione. La scommessa è che l’attrito politico possa ridisegnare il paesaggio entro ottobre, considerato il mese più probabile per un nuovo voto. Questo gioco può anche riuscire, ma è in ogni caso una supposizione pericolosa.La Lega di Matteo Salvini ha già guadagnato otto punti nei sondaggi, dopo le ultime elezioni. Si è impadronita degli eventi delle ultime 24 ore per capitalizzare l’umore nazionalista, come Gabriele d’Annunzio a Fiume nel 1919. «Non saremo mai servi e schiavi dell’Europa», ha detto Salvini. Ha già proclamato che il prossimo voto sarà un plebiscito sulla sovranità italiana e un atto di resistenza nazionale contro «Merkel, Macron e i mercati finanziari». Ma c’è un altro pericolo. La fuga di capitali ha una sua logica implacabile. È visibile nel crescente tasso di cambio con il franco svizzero. Esiste il rischio che i flussi in uscita accelerino e spingano gli squilibri interni Target2 della Bce verso il punto di rottura. I crediti Target2 della Bundesbank tedesca sono già a 923 miliardi di euro. È probabile che arriveranno ad 1 trilione di euro in breve tempo, provocando forti richieste da parte di Berlino perché siano congelati.L’Istituto Ifo, in Germania, ha già avvertito che devono esserci dei limiti. Ma qualsiasi mossa per limitare i flussi di liquidità significherebbe che la Germania è vicina a staccare la spina dell’Unione Monetaria e questo scatenerebbe un’inarrestabile reazione a catena. Il signor Mattarella affronterà un’estate estenuante. Rischia di andare a sbattere, fra quattro mesi, con la stessa alleanza Lega-Grillini, ma con una maggioranza ancora più ampia e un fragoroso mandato a favore del loro “governo del cambiamento”. Potrebbe seguire la strada del presidente legittimista francese Patrice de MacMahon che, sotto la Terza Repubblica, tentò d’imporre il suo “ordine morale” ad un’ostile Camera dei Deputati, negli anni ‘70 dell’Ottocento, invocando i suoi teorici poteri. Il tentativo fallì. Il Parlamento lo affrontò presentandogli un ultimatum: “Sottomettersi o dimettersi”. Prevalse la democrazia.(Ambrose Evans-Pritchard, “Il colpo di Stato europeo contro l’Italia segna uno spartiacque”, dal “Telegraph” del 28 maggio 2018; articolo tradotto da “Franco” per “Come Don Chisciotte”).Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.
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Prove tecniche di rivoluzione, contro il racket del potere Ue
Rivoluzione o cospirazione? Come crolla, un regime autoritario? In genere a farlo implodere non è direttamente la piazza, ma il dissenso interno, pur tra mille contraddizioni e opache trame manipolatorie. Sembra un copione ricorrente, come nel caso della Libia di Gheddafi rovesciata su iniziativa degli ex alleati di Bengasi – incoraggiati dalla Francia, e comunque reduci da una lunghissima cogestione del potere insieme al Colonnello. A smontare il maggiore “impero rigido” del Novecento, l’Unione Sovietica, è stato Mikhail Gorbaciov: non un outsider, ma un alto dirigente del Kgb. Esattamente come Vladimir Putin, l’uomo che poi la Russia l’ha rimessa insieme pezzo su pezzo. Vuoi provare a “smontare” l’Unione Europea per trasformarla in qualcosa di meglio dell’attuale aborto? Non puoi fare a meno di un “insider” di altissimo livello, di un veterano come Paolo Savona (non a caso temutissimo dagli attuali gestori dell’infernale crisi che tiene in ostaggio l’intera Europa, sotto il ricatto finanziario permanente). Altro dettaglio: quando la storia cambia passo, il vecchio potere sembra improvvisamente antico, paleozoico, surreale. Lo sono le sue parole arcaiche e logore, i suoi slogan polverosi. Balbettano, i potenti, increduli di fronte al baratro che si va aprendo. E balbettano, altrettanto disorientati, i grandi media – quelli che hanno smesso di raccontare il mondo, e quindi hanno subito le sorprese della Brexit, di Trump, del referendum contro Renzi, delle ultime elezioni italiane.Finisce nella bufera, in Italia, il presidente della Repubblica, accusato di non aver saputo resistere – in nome della dignità nazionale – alle midiciali pressioni del grande potere apolide che ha in mano l’Europa. E’ un potere senza patria, industriale e finanziario, neo-aristocratico e segretamente supermassonico. Un potere globalista e ricchissimo, infinitamente più forte – per il momento – delle piccole, residue sovranità nazionali ridotte a elemosinare decimali di deficit e briciole di flessibilità. Un sistema che, per primo, Paolo Barnard ha definito neo-feudale: svuotata la democrazia, piegata o “comprata” l’ex sinistra sindacale dei diritti, i signori del neoliberismo (peggiorato ulteriormente, in Europa, dalla versione ordoliberista teutonica, stolidamente ottocentesca e ottusamente mercantile, sleale e imbrogliona) hanno compiuto una restaurazione storica e drammaticamente spettacolare. Il potere, semplicemente, è tornato nelle mani di un’élite pre-democratica e pre-moderna, di tipo medievale. Gli ordini non si discutono: se il vero potere decreta che uno Stato non può più ricorrere al deficit, la discussione è finita. Pena, lo scatenarsi dei “mercati”. Una logica intimidatoria e brutalmente esplicita, di stampo mafioso. Una sorta di racket, al quale gli Stati ex-sovrani devono sottoporsi, senza che i cittadini-elettori siano mai stati interpellati. Fin qui, il copione di ieri. Quello che oggi sta letteralmente franando.Nelle parole che Sergio Mattarella ha rivolto alla nazione immediatamente dopo il “gran rifiuto” opposto alla nomina di Savona, risuona la visione macro-economica del sistema che il neoliberismo – vera e propria teologia dogmatica – ci ha fatto credere l’unica possibile. Per questo, Mattarella la presenta come ovvia: nel suo pensiero c’è posto per un solo modo di risolvere le crisi, e cioè tagliando il deficit pubblico. Una sola fede, una sola religione: quella che il neoliberismo ha imposto a mano armata, con formidabile efficacia, colonizzando l’immaginario universale – scuole, media, governi, editoria, università. Lo Stato deve dimagrire: non ci sono alternative, diceva Margaret Thatcher nel 1980. Peccato che la cura dimagrante imposta dal vero potere e inaugurata da Mario Monti abbia depresso l’economia al punto da far esplodere quel debito che si pretendeva di abbattere. Sono state colpite famiglie e aziende: meno lavoro, risparmi erosi, meno entrate fiscali. Risultato scontato: si è allargata la forbice tra debito e Pil. Come uscirne? Nell’unico modo possibile: facendo esattamente l’opposto. Investimenti a deficit, quindi più lavoro e più Pil, più entrate fiscali e, alla fine, riduzione proporzionale del debito. E’ semplice, in teoria. Ma sembra impossibile.I peggiori politici che un paese come l’Italia abbia mai avuto – gli eroi della Seconda Repubblica – hanno potuto sgranare impunemente il rosario dei falsi dogmi del neoliberismo. L’hanno fatto sempre, a reti unificate, mai contraddetti né interrogati dalla stampa. Un quarto di secolo si è giocato interamente solo all’interno di una soltanto delle narrazioni possibili, quella del neoliberismo, ulteriormente limitato dai vincoli dell’ordoliberismo europeo. Nessuno s’è mai chiesto come abbia fatto, il Giappone, a vivere benissimo con un debito pubblico al 200% del Pil, senza l’ombra di attacchi speculativi – impossibili, con moneta sovrana e una banca centrale che fa il suo mestiere di prestatore di ultima istanza. Nessuno in fondo si è mai chiesto niente di fondamentale, nell’Italia ipnotizzata per vent’anni dal finto duello tra Prodi e Berlusconi, entrambi al servizio (Prodi più di Berlusconi) del sommo potere neoliberista e privatizzatore. Ora, improvvisamente, il Re si scopre nudo: arriva a bloccare la nomina di un ministro, solo perché sgradita ai boss della finanza che occupano militarmente i palazzi europei. Gli italiani, a loro volta, scoprono che il loro voto è stato perfettamente inutile, e ormai diffidano delle istituzioni: temono che siano state colonizzate da poteri stranieri. C’è gente che queste cose le ha dette e scritte per vent’anni. La novità è che ora sono entrate clamorosamente a far parte dell’agenda politica, grazie a due movimenti eterodossi: uno ex-secessionista, l’altro creato dal nulla sul web.Rivoluzione o cospirazione? Come crolla, un regime autoritario? In genere a farlo implodere non è direttamente la piazza, ma il dissenso interno, pur tra mille contraddizioni e opache trame manipolatorie. Sembra un copione ricorrente, come nel caso della Libia di Gheddafi rovesciata su iniziativa degli ex alleati di Bengasi – incoraggiati dalla Francia, e comunque reduci da una lunghissima cogestione del potere insieme al Colonnello. A smontare il maggiore “impero rigido” del Novecento, l’Unione Sovietica, è stato Mikhail Gorbaciov: non un outsider, ma un alto dirigente del Kgb. Esattamente come Vladimir Putin, l’uomo che poi la Russia l’ha rimessa insieme pezzo su pezzo. Vuoi provare a “smontare” l’Unione Europea per trasformarla in qualcosa di meglio dell’attuale aborto? Non puoi fare a meno di un “insider” di altissimo livello, di un veterano come Paolo Savona (non a caso temutissimo dagli attuali gestori dell’infernale crisi che tiene in ostaggio l’intera Europa, sotto il ricatto finanziario permanente). Altro dettaglio: quando la storia cambia passo, il vecchio potere sembra improvvisamente antico, paleozoico, surreale. Lo sono le sue parole arcaiche e logore, i suoi slogan polverosi. Balbettano, i potenti, increduli di fronte al baratro che si va aprendo. E balbettano, altrettanto disorientati, i grandi media – quelli che hanno smesso di raccontare il mondo, e quindi hanno subito le sorprese della Brexit, di Trump, del referendum contro Renzi, delle ultime elezioni italiane.
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Salvare il mondo: la Macchina di Majorana (vivo, nel 2006)
“Smontare” la materia e ricostruirla ovunque, azzerando lo spazio-tempo. Primo obiettivo: medicare l’atmosfera, per riparare il clima e salvare la Terra. E ancora: creare energia infinita a costo zero, senza più petrolio e carbone. «So come si fa», direbbe il protagonista del film. «E chi ti credi di essere, Dio?». Non proprio, ma quasi: «Io sono Ettore Majorana, lo scienziato ufficialmente scomparso nel 1938». Immaginatevi la faccia dell’ingegner Rolando Pelizza, industriale bresciano, il giorno che si sentì rispondere in quel modo, nel lontano 1959, da quell’uomo giovanile dall’età indefinibile. Majorana? Il baby-genio che sbalordiva i suoi maestri Fermi, Amaldi e Pontecorvo, scappati negli Usa e in Urss per sottrarre a Hitler la ricerca sull’atomica. Lui, Majorana: il giovanissimo fenomeno venuto dalla Sicilia a incantare i “ragazzi di via Panisperna”, cioè i migliori cervelli del mondo, all’epoca, nel campo della fisica. «Ho capito cos’è la materia e come funziona. E tu, Rolando, devi aiutarmi a costruire un dispositivo sperimentale». La Macchina: la scatola “magica” che fa sparire le cose, qualsiasi cosa, e ne cambia la natura fisica. Possibile? Eccome: Giulio Andreotti prese molto sul serio la faccenda, passando il dossier a Kissinger.Da allora, gli invadenti servizi segreti di mezzo mondo vegliarono sulla Macchina e sul suo costruttore, l’ingegner Pelizza, proteggendo il silenzio che avvolgeva il genio ispiratore. Ettore Majorana era ancora vivo nel 2006. Aveva cent’anni. E ancora aspettava di vedere la Macchina in azione, nella missione suprema per la quale era stata concepita: salvare il mondo. Bellissima fiaba, ricorda la storia del Graal. Peccato sia la pura verità. Con un finale rimasto in sospeso: la Macchina non risponde agli ordini della Cia. Ha bisogno di un codice segreto, matematico. In più serve un “pin” aggiuntivo, spirituale: un comando “mentale”. Lo custodice Rolando Pelizza, che oggi ha ottant’anni. Per decenni – prima che la notizia fosse passata ai servizi segreti – è stato l’unico a sapere, insieme ai monaci che lo ospitavano in Calabria, che non era un frate qualsiasi quel taciturno Ettore, rifugiatosi in convento nel 1938, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. L’aveva indovinato Leonardo Sciascia, quando nel ‘75 scrisse “La scomparsa di Majorana”, varcando la porta dei cistercensi di Serra San Bruno. Ci mise vent’anni, lo Scomparso, a incontrare Pelizza. E attese altri dodici mesi prima di rivelargli la sua vera identità.Majorana, il genio. Lo scopritore di una nuova matematica, di nuova fisica in cui il tempo non esiste, dove la materia è “ricostruibile” liberamente. Come? Accedendo alla “matrice invisibile” di ogni cosa. Sembra il rebus dei Sigilli Ermetici di Giordano Bruno. Il Mondo delle Idee immaginato da Platone, tradotto in numeri dopo due millenni e mezzo. Pazzesco? Sì, ma vero. Parola di Rolando Pelizza, uomo pratico e imprenditore a sua volta geniale, capace di inventare una spugna speciale che assorbe il petrolio sversato in mare, neutralizzando i disastri ambientali causati dalle petroliere. Ne parlano a “Border Nights”, con commossa devozione, l’ingegner Francesco Alessandrini, docente dell’università di Udine, e la paleografa Roberta Rio, “visiting professor” negli atenei di mezza Europa. “La Macchina”, ovvero “il ponte tra la scienza e l’oltre”, è il libro in cui svelano la storia, segreta e meravigliosa, di quel singolare sodalizio. Ettore e Rolando, nomi suggestivi: l’eroe omerico, il paladino coraggioso. Francesco Alessandrini è un geotecnico, progetta grandi opere ma conosce anche le cosiddette “energie sottili”. Roberta Rio ha elaborato una teoria sulla “scienza storica del terzo millennio” e pubblicato saggi come “La Fisica del Terzo Millennio”, ovvero “scienza e spiritualità di nuovo unite”, edito da Bautz.Nella favolosa Macchina di Pelizza ispirata da Majorana, Francesco e Roberta sono “inciampati” leggendo i libri di Alfredo Ravelli (“Il dito di Dio”, “Il segreto di Majorana” e “2006: Majorana era vivo!”). Si sono entusiasmati: hanno intuito che “l’impossibile” era a portata di mano. Così hanno contatto Rolando, il paladino, e ne hanno conquistato la fiducia. «Non sappiamo nemmeno se Majorana sia ancora vivo o, nel caso, quando sia morto: su questo punto – dicono – Rolando glissa sempre». Le ultime tracce del genio siciliano sono due: la famosa lettera del 2006 e una foto scattata il 5 agosto 1996: Majorana è ritratto con Pelizza nel giorno del novantesimo compleanno di Ettore, nato a Catania nel 1906. L’immagine è stata periziata dall’ingegner Giovanni Vitiello. «La perizia antropometrica dimostra che si tratta proprio di Majorana», racconta Roberta Rio. «I parametri corrispondono con le foto di Ettore prima della scomparsa – zigomi, impronta del padiglione auricolare, altri dettagli. Ettore e Rolando sono accanto, ma Ettore sembra più giovane di Rolando (che adesso ha 80 anni)». Eppure è lui, conferma il geriatra Claudio Castoldi: uno splendido novantenne in ottima salute, nonostante i capelli bianchi e qualche ruga.Il loro fatale incontro avviene il 1° maggio del 1958, nella Certosa di Serra San Bruno, sulle alture di Vibo Valentia. Rolando Pelizza – uomo pio, dedito a opere caritative – ha raggiunto il convento per consegnare scarpe ai monaci. Finisce, subito, nel mirino di Majorana. Quello strano frate gli passa un foglietto, un problema con dei numeri: «Risolvi questa cosa, non far passare troppo tempo e fammi avere la soluzione». Così, racconta Roberta, Pelizza capisce che quello è l’uomo che stava cercando. Ettore gli propone un apprendistato: gli avrebbe insegnato i principi di una nuova fisica e di una nuova matematica. Un anno dopo, nel ‘59, gli rivela finalmente la sua identità. Majorana è un fisico teorico, sul piano pratico ha bisogno di Pelizza. L’apprendistato dura 6 anni, fino al ‘64. In una lettera, poi, Majorana si congratula con Rolando. E gli propone una nuova fase: costruire la Macchina. Con un’unica raccomandazione: fare presto, perché la Terra potrebbe autodistruggersi. Il cambiamento climatico non è uno scherzo: una minaccia esiziale, che Majorana considera imminente già negli anni ‘70. Era infatti il 1976, rivela Roberta Rio, quando il grande fisico indicò date precise: il 2022, al massimo il 2024. Letteralmente: «Sarà a rischio la sopravvivenza della specie umana sulla Terra, scossa da sconvolgimenti sempre più visibili. Un cambiamento in atto dal 2000 e percepibile a partire dal 2010. In arrivo eventi così sconvolgenti da costituire un punto di non ritorno per il nostro clima».Il primo esemplare funzionante della Macchina, racconta Francesco Alessandrini, vede la luce nel 1963: «Produceva una “annichilazione controllata” della materia». Ovvero: «Si può far sparire qualcosa, in modo controllato. Posso scegliere io cosa distruggere, in modo selettivo: un razzo, ad esempio. O le parti murarie di una casa, ma non le parti in legno». Miglioramenti progressivi, verso la seconda fase: riscaldamento della materia. «Con un raggio posso portare qualsiasi cosa a fusione, anche facendo sì che l’oggetto ceda temperatura all’esterno. Vuol dire: s’è trovato il modo di produrre energia in modo non inquinante, a costo irrisorio. Energia infinita, pressoché gratuita». Addio petrolio e carbone, ma anche solare, eolico, idroelettrico. Terza fase, decisamente alchemica: «Trasmutazione della materia, pur mantenendo forma e posizione». Esistono svariati video che comprovano il successo degli esperimenti: «Un oggetto di gomma o di plastica viene trasferito in un oggetto metallico, mantenendo quasi perfettamente la forma iniziale».Sembra fantascienza, ma è tutto documentato. E’ talmente vero, che il problema principale – per l’intelligence di mezzo mondo – diventa l’impiego della Macchina, della cui potenza i suoi creatori sono perfettamente consapevoli: «Si possono “annichilire” carri armati e missili, o invece si può cancellare una montagna di immondizia inquinante», dice Francesco. «Dipende da chi possiede la Macchina, dall’uso che intende farne». C’è un patto di ferro, tra Majorana e Pelizza: mai utilizzare quella macchina contro il bene dell’umanità. «Quando a Rolando è stato chiesto di usarla per distruggere carri armati o satelliti, si è rifiutato», racconta sempre Francesco Alessandrini. «E, con un trucchetto che aveva predisposto nel dispositivo, faceva sì che la Macchina non funzionasse – sparisse, si distruggesse». Proprio per questo, Pelizza «ha eseguito molti esperimenti, ma senza mai un contenuto distruttivo o bellico, come quelli richiesti dai padroni della Terra». Vere e proprie complicazioni: un’attrezzatura come quelle darebbe un vantaggio esponenziale alla potenza militare che la possedesse.Per questo, spiegano Roberta e Francesco, non si è ancora riusciti a presentare ufficialmente la macchina, per metterla a disposizione dell’umanità. Impiego immediato: produrre energia “pulita” a costo zero. Enorme interesse, da parte di diplomazie e governi. L’implicazione più straordinaria? La capacità di risolvere, in un colpo solo, il problema climatico. Come? Intervenendo direttamente nell’atmosfera. Sembra un sogno. Ma non lo è, dice Francesco: «C’è un gruppo, su questa Terra, che ormai ha un po’ tutte le conoscenze che servono, per costruire la Macchina. E sa anche come risolvere il problema climatico. Il problema nasce dal fatto che questo gruppo non ha finora messo a disposizione di Rolando le macchine che ha, per farle funzionare da Rolando». Pelizza è ancora l’unico (per fortuna) a conoscere «un trucchetto particolare, in grado di far funzionare la Macchina nel modo corretto». Aggiunge l’ingegner Alessandrini: «Finché questo gruppo non lascerà Rolando libero di agire come crede, di fatto non si farà nulla. Se invece questo gruppo decide di coinvolgere Rolando nell’esecuzione di qualche esperimento, e nel trattamento che immaginiamo debba venir eseguito sull’atmosfera, allora le cose potrebbero radicalmente cambiare».Stiamo parlando di qualcosa di rivoluzionario, inimmaginabile: agire sull’invisibile, per condizionare la realtà visibile. «La Macchina dimostra che la scienza, così come si è sviluppata fino ad oggi, è sulla strada sbagliata», conferma Roberta Rio. «Soprattutto, la scienza non ha compreso la natura. E questo è l’approccio meraviglioso che ci propone Majorana, assieme a Rolando: una fisica, una matematica che lavorino in armonia con la natura, avendone compreso le leggi. Quindi non c’è bisogno di manipolare la natura, o addirittura di farle violenza; basta saper interagire con essa. Ma serve un approccio scientifico radicalmente nuovo». E’ il grande insegnamento di questa storia, che per Roberta Rio e Francesco Alessandrini ha aperto sviluppi prima impensabili, come «il ruolo del pensiero nei processi di creazione, che ci portano a una comprensione diversa del ruolo dell’uomo nell’ambito dell’evoluzione e della creazione stessa». Decisamente sconvolgente: «Non siamo più vittime o semplicemente passivi, ma siamo co-creatori, siamo responsabilizzati: la realtà discende proprio dai nostri pensieri e da come ci poniamo nei confronti delle cose», aggiunge Roberta.Ed è proprio un pensiero, infatti, a bloccare misteriosamente la Macchina quando non è nelle mani giuste. A proposito, come è fatta? «E’ un semplice cubo, ultimamente in alluminio, che nella sua versione più piccola ha una cinquantina di centimetri di lato. All’interno – spiega Francesco – ci sono altre “scatole”, via via più interne, che creano un ambiente isolato rispetto all’esteno, per arrivare poi alla parte centrale dove ci sono una serie di motorini e dispositivi in grado di creare, contemporaneamente, per lo meno due campi elettrici, due campi magnetici e un campo anti-gravitazionale, che riescono tutti insieme a lavorare per produrre uno stato, nel centro della macchina, in cui ci si connette con quello che io chiamo “l’oltremateria”, cioè uno stato del nostro universo in cui c’è qualcosa, ma non è più qualcosa di materiale». Secondo l’ingegner Alessandrini «ci si connette, sostanzialmente, agli schemi della materia che stanno dietro alla materia». E attenzione: «Quando si riesce a raggiungere quello stato lì, si può andare a cambiare qualche informazione nello schema; dopo, come conseguenza, questo cambiamento viene riportato nella materia, nel mondo fisico che noi conosciamo così bene».Tutto questo, grazie a Majorana. «Ettore era considerato un genio silenzioso, aveva scritto pochissimo», ricorda Roberta Rio. «Iniziò a insegnare all’università per un periodo brevissimo, il 13 gennaio dello stesso anno in cui scomparve. Era una persona molto schiva, gli interessava andare al sodo e scoprire l’essenza delle cose». I suoi scritti? «Cominciano solo ora a essere compresi». Con basi matematiche diverse, «Majorana è riuscito a calcolare quella che sarebbe stata la direzione evolutiva dell’essere umano». Scomparve per non partecipare alla realizzazione della bomba atomica? «C’era molto di più, in gioco: mettere a disposizione dell’umanità una macchina in grado di produrre energia a costo zero, risolvendo il problema economico delle risorse e il problema sociale delle guerre per il petrolio o per l’acqua». Dedizione infinita alla causa: «Lungimiranza, saggezza e umiltà l’hanno portato a dedicare l’intera vita alla possibilità odierna di risolvere il problema climatico, che all’epoca della sua scomparsa non era ancora così evidente. Se l’uomo avesse preso la strada della “free energy”, aggiunge Francesco, questi ulteriori sviluppi della Macchina non sarebbero stati necessari». Sono stati comunque raggiunti, grazie a Pelizza e al genio siciliano, capace di lavorare in incognito per decenni.Quanti sapevano dove fosse, Majorana? Tante persone: quelle che contano. «C’è una storia ufficiale – quella della scomparsa – e una storia più ampia, non ufficiale, dove avvengono i fatti veri e propri. Poi – dice Francesco – si racconta una storia che viene condivisa e che passa sui manuali di storia». Ma se Majorana ha lasciato credere di essere sparito per sempre, diventando l’Uomo Invisibile, anche per Pelizza non è stato facile lavorare alla causa: «Rolando stesso ha vissuto una vita terribile, i servizi segreti gli hanno reso la vita molto difficile». Pelizza è stato in contatto coi governanti italiani fin dalla prima presentazione pubblica della sua macchina. «Governanti molto interessati, all’inizio – famosi politici, che hanno avuto a che fare con lui: Andreotti diede mandato a un professore, allora a capo dell’energia nucleare italiana, di studiare la Macchina di Rolando. Indagini, esperimenti, quindi una relazione: disse che ciò che faceva la Macchina era frutto di una tecnologia assolutamente al di fuori di tutte quelle allora conosciute».«Da quel momento, non si sa perché, gli italiani hanno ceduto la cosa ad altri governi, soprattutto Belgio e Usa, che hanno preso in mano la situazione», continua Francesco. «Abbiamo dei cablo di Wikileaks con la chiara testimonianza di documenti segreti che evidenziano come Kissinger, allora segretario di Stato del governo Ford, diede l’ok per seguire da vicino la vicenda di Rolando, ritenuta di estremo interesse per il governo americano». Per un po’ l’hanno lasciato fare, aggiunge Alessandrini, «ma ogni volta che Rolando si costruiva una macchina in grado di fare quegli esperimenti, gli veniva confiscata – e lui doveva ricominciare da zero a costruirla». Ne avrà fabbricate 300, in questi anni – tutte regolarmente portate via non appena messe in funzione. «Gli impedivano di fare quello che lui voleva veramente fare». E cioè: preservare l’umanità dall’autodistruzione. Le varie vicissitudini di Rolando, dice Roberta Rio, sono state raccolte (con documenti periziati e catalogati) da Alfredo Ravelli, cugino di Rolando e autore di tre libri su questa vicenda, che ha aspetti anche molto intricati.Il nome di Ettore Majorana apparve relativamente tardi, nella periodizzazione di questa collaborazione con Rolando, che venne a sapere l’identità di questo frate già nel ‘59. Ma solo il 7 dicembre 2001, attraverso una lettera, Ettore diede il permesso a Rolando di divulgare finalmente l’informazione che dietro alla Macchina e a queste sue nuove conoscenze c’era lui. Prima, Rolando parlò sempre di “un gruppo internazionale di studiosi”, che stava rappresentando e con i quali collaborava. «In quella lettera, però, Ettore chiese a Rolando di mantenere il segreto su due punti: il convento dov’era nascosto e i principi di questa nuova fisica, di questa nuova matematica – che, se divulgati, potrebbero far fare un salto di qualità straordinario all’umanità, ma se messi nelle mani sbagliate ci potrebbero portare alla distruzione in un battibaleno». Ettore Majorana? «Un uomo di una fede enorme, se pensiamo che si è ritirato dal mondo per dedicarsi solo a questo: aveva visto l’immensa possibilità e l’enorme pericolo».Francesco Alessandrini ammette che non è facile spiegare cosa può fare, questa fisica rivoluzionaria. Il primo concetto base è sconvolgente: «Dietro questo nostro mondo fisico c’è una specie di immagine, di schema di ciò che si realizza nel mondo fisico – che non è fisico, ma ha la capacità di organizzare e far funzionare il mondo fisico in un certo modo. Per cui, nel momento in cui riusciamo a capire come intervenire su questo schema, il cambiamento che provochiamo nello schema si ripercuote automaticamente nel mondo fisico». Attenzione: «Significa che abbiamo una possibilità di trasformazione della realtà fisica praticamente infinita». Problema immediato: «Questo concetto è di una grandiosità tale che non può venire accettato dalla fisica attuale, che invece parte dalla fisica stessa, dal mondo materiale, analizzandolo dal di dentro. Finché non si fa il salto, e si va al di fuori del mondo fisico per capire cosa c’è dietro, non riusciremo mai a comprendere pienamente ciò che si fa nel mondo fisico», aggiunge Francesco. «La visione prospettica di questa fisica è talmente al di là di ciò che si sfa facendo attualmente, da aprire prospettive assolutamente incredibili su ciò che può essere la vita umana, e su come si può interagire con la vita del mondo fisico nel suo complesso».In primissimo piano, la forza (segreta) del pensiero: «Il pensiero è il veicolo – lo strumento, il mezzo – che permette di andare a modificare lo schema, non fisico, che c’è dietro alla realtà fisica», spiega l’ingegner Alessandrini. «Con un certo tipo di pensiero (ben costruito, ben focalizzato, ben indirizzato e ben strutturato) si è di fatto in grado di modificare – e di creare, proprio – la realtà fisica, la nostra vita nel mondo fisico». Aggiunge Roberta Rio: «La cosa affascinante, di questi principi – che appartengono ad una fisica per il futuro, potremmo dire – in realtà sono già apparsi sulla Terra migliaia di anni fa in antichi scritti come i Veda, che solo ora riusciamo a interpretare in questa direzione». Mentre per alcuni i Veda sono soltanto racconti mitologici della tradizione induista, «per altri – noi compresi – sono veri e propri manuali di fisica». Sono libri scritti in sanscito, migliaia di anni fa. Ebbene, sì: rappresentano «un viaggio affascinante nella conoscenza, e proprio alcuni passi dei Veda parlano della qualità del “pensiero che crea”, che deve avere determinate caratteristiche per avere la capacità di creare, o meglio di manifestare, di portare sulla Terra, nella materia, quell’immagine corrispondente che esiste in un mondo oltre la materia, in una dimensione – uno spazio – oltre la materia».In questo senso, aggiunge Roberta, le indicazioni sono straordinarie, per l’uomo, in termini di responsabilità: l’idea che noi siamo i co-creatori della realtà nella quale viviamo. «E’ una fisica che si intreccia anche con la spiritualità: è questa la novità, o comunque l’intuizione. Un docente della John Hopkins University diceva che l’universo non è materiale, ma mentale e spirituale. Questa è la nuova frontiera della conoscenza, e anche dello sviluppo dell’umanità». Finalmente, dice Francesco, grazie a queste scoperte di Ettore Majorana «si torna a collegare la ragione con l’intuizione, la materia con l’oltremateria, la scienza con lo spirito, l’uomo con Dio. Il grande passo che stiamo facendo – rivela – è quello di tornare a unire scienza e spiritualità, come gli uomini del passato facevano, sapendo che era la vera completezza della vita nella quale ci troviamo a vivere». Pensieri che azionano la materia? «Esattamente». La Macchina? Un’invenzione prodigiosa: non solo per quello che può fare, ma per la rivoluzionaria conoscenza da cui proviene.«Quando si riesce, con la Macchina, ad andare in questo “oltremateria”, si entra in un ambito in cui, di fatto, il tempo scompare. O meglio: scompare il tempo come lo pensiamo noi», spiega Francesco. Normalmente, infatti, pensiamo il tempo come una successione di istanti, e nel mondo fisico visibile viviamo solo l’attimo presente: il passato e il futuro esistono, ma non appartengono all’attimo presente. «Quando ti trasferisci invece in quest’ambito “oltremateria”, lì non c’è più discontinuità tra passato, presente e futuro. E’ come se fosse un ambiente unico, in cui puoi andare, istantaneamente, in un punto del tempo che corrisponde a un punto del nostro passato». Una prospettiva vertiginosa, capace di rivoluzionare – in modo definitivo – la stessa concezione della vita sulla Terra. Ad una condizione: che si agisca rapidamente, senza più perdere tempo. «Ettore ha delineato il 2022-24 come data-limite per la vita sul pianeta, ma gli altri scienziati climatologi non sono lontani, le previsioni più pessimistiche parlano del 2030-2040», insistono Roberta e Francesco. «Ne resta poca, di vita sulla Terra, se non si fa qualcosa subito. E non lo dice solo Majorana, ma altri grandi scienziati come ad esempio Steven Hawking, che a gennaio 2017 disse: sbrigatevi ad andare ad abitare su Marte, perché la vita sulla Terra sta per finire».Oggi, l’ottantenne Rolando Pelizza – il custode del codice segreto della Macchina – invecchia con pazienza. «Mostra i primi segni di affaticamento, ma la sua immensa bontà è intatta», assicurano Roberta e Francesco. «Finché avrà fiato continuerà a fare queste cose, a cui ha dedicato 50-60 anni della sua vita». E Majorana? «Rolando dice che Ettore è sempre stato un tipo giovanile. L’ha visto un po’ invecchiare, ma dimostrando sempre molti meno anni». Ha usato la Macchina su di sé, per restare giovane? «Può darsi che abbia scoperto qualche utilizzo del pensiero per mantenersi in buona forma», dice Francesco. E’ ancora vivo? Oggi avrebbe 112 anni. «Non lo sappiamo», ammettono i due ricercatori: Rolando Pelizza si rifiuta di dare notizie precise. L’ultima traccia certa risale al 2006, quando Majorana aveva 100 anni. La Macchina, invece, non è più un mistero: sul web ci sono i progetti completi. Quello che manca è la formula per farla funzionare: il segreto di Pelizza. Che fare? «Il nostro obiettivo è chiaro: convincere chi possiede la Macchina a entrare finalmente in rapporto con Rolando e permettergli di fare quell’aggiustamento del clima che ci auguriamo venga fatto», tramite il favoloso dispositivo “dettato” da Majorana. «Anche se non ce ne rendiamo conto – concludono Roberta Rio e Francesco Alessandrini – siamo veramente in un momento critico per la sopravvivenza dell’uomo sulla Terra». Non lo accettiamo, eppure ci stiamo avvicinando alla nostra fine: «Se non c’è un intervento immediato – e l’unico che conosciamo è quello attraverso questa Macchina – saltiamo tutti quanti».(Il libro: Francesco Alessandrini e Roberta Rio, “La Macchina. Il ponte tra la scienza e l’oltre”, edito in self-publishing da “Il Mio Libro”, 160 pagine, euro 15,50 – oppure 4,99 in versione digitale, formato ePub. Su “Border Nights” la trasmissione integrale dell’intervista, in onda l’8 maggio 2018).“Smontare” la materia e ricostruirla ovunque, azzerando lo spazio-tempo. Primo obiettivo: medicare l’atmosfera, per riparare il clima e salvare la Terra. E ancora: creare energia infinita a costo zero, senza più petrolio e carbone. «So come si fa», direbbe il protagonista del film. «E chi ti credi di essere, Dio?». Non proprio, ma quasi: «Io sono Ettore Majorana, lo scienziato ufficialmente scomparso nel 1938». Immaginatevi la faccia dell’ingegner Rolando Pelizza, industriale bresciano, il giorno che si sentì rispondere in quel modo, nel lontano 1959, da quell’uomo giovanile dall’età indefinibile. Majorana? Il baby-genio che sbalordiva i suoi maestri Fermi, Amaldi e Pontecorvo, scappati negli Usa e in Urss per sottrarre a Hitler la ricerca sull’atomica. Lui, Majorana: il giovanissimo fenomeno venuto dalla Sicilia a incantare i “ragazzi di via Panisperna”, cioè i migliori cervelli del mondo, all’epoca, nel campo della fisica. «Ho capito cos’è la materia e come funziona. E tu, Rolando, devi aiutarmi a costruire un dispositivo sperimentale». La Macchina: la scatola “magica” che fa sparire le cose, qualsiasi cosa, e ne cambia la natura fisica. Possibile? Eccome: Giulio Andreotti prese molto sul serio la faccenda, passando il dossier a Kissinger.
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Giovagnoli: perché la Chiesa ci ha tolto gli alberi millenari
Solo questo, oggi, possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Era il manifesto poetico e politico di Eugenio Montale, sotto il fascismo. Letteratura a suo modo eroica, da Premio Nobel: ermetismo, frammentismo. Bandire le convenzioni letterarie, le leziosità, i virtuosismi formali e accademici. La verità, innanzitutto. Da allora, la poesia si è frantumata in un “solve et coagula” decisamente alchemico, che a volte l’ha fatta anche risorgere, sotto mentite spoglie, persino nell’universo mercenario degli spot pubblicitari. Di alchimia si occupa un poeta dei nostri giorni, molto sui generis: si chiama Michele Giovagnoli e faceva la guida naturalistica sui monti delle Marche, tra le ultime foreste di cerro. Poi si è ammalato, ed è entrato in crisi. Un problema al colon: incurabile, per la medicina ufficiale – ma non per il bosco: «Sono entrato nel bosco di notte, e il bosco mi ha guarito», racconta, ai microfoni di “Border Nights”. «Già l’indomani, i medici hanno constatato la mia completa guarigione. Mi hanno chiesto se fossi stato a Lourdes: ma quello è l’ultimo posto dove sarei andato». Già, perché il poetico alchimista Giovagnoli – un folletto, dalla chioma che ricorda quella di Branduardi – ha intrapreso una battaglia personale contro il potere che, racconta, ha condannato a morte le foreste primordiali, quelle degli alberi millenari. Pochi lo sanno, ma fu proprio la Chiesa di Roma – nel nono secolo dopo Cristo – a decretare la distruzione sistematica degli alberi antichi, venerati dalla popolazione.Nelle catacombe della storia cristiana, con l’aiuto di archivisti, Giovagnoli ha scovato le carte dello sconosciutissimo Concilio Namnetense, vero e proprio “fantasma” persino su Google, prima che uscisse “La messa è finita”, libro-denuncia nel quale il Folletto marchigiano riesuma lo sconcertante anatema lanciato dal Vaticano contro gli alberi più vetusti, ovviamente associati a misteriosi dèmoni. Altrettanto sconcertante il trattamento che vescovi e preti medievali si impegnarono a riservare alle maestose piante: dovevano essere segate e abbattute, poi addirittura sradicate, fatte a pezzi e infine bruciate – come fossero eretici in carne e ossa, e non monumenti (viventi) del mondo vegetale. Il sommo Guido Ceronetti, scrittore atipico e coltissimo traduttore, ha spiegato cosa c’è nella testa del piromane, quando non è un semplice incendiario a pagamento, reclutato dalla mafia della speculazione edilizia. E’ vero, il maniaco del fuoco prova sempre un segreto piacere nel veder divampare le fiamme, preparandosi poi a godersi di nascosto l’altro “spettacolo”, quello dei soccorsi. Ma c’è altro, in fondo alla sua mente: e cioè il gusto (probabilmente inconsapevole) della dissacrazione, della profanazione sacrilega. Perché i boschi, da che mondo è mondo – ricorda Ceronetti – sono sempre stati la dimora dei dèi. Ovvero: il tempio naturale di una sorta di patto sacro, tra l’uomo e l’universo.Giovagnoli collega le cose in modo diretto, persino brutale: la stessa mano che ci ha privato degli alberi millenari, dice, è quella che ha incatenato il mondo occidentale per 1700 anni, inaugurando la raffinata schiavitù psicologica della fede. Come Machiavelli, lo scrittore-alchimista la considera un sopraffino “instrumentum regni”: la sottomissione spinge gli uomini a mettersi in ginocchio e a chiedere assurdamente perdono – a umanissimi burocrati della religione – per non si sa quali peccati. «Ai romani servivano le catene, ai cristiani bastò il crocifisso». Un simbolo potentissimo e onnipresente, persino sulle cime dei monti: in molte conferenze, ora disponibili su YouTube, Giovagnoli propone un impetoso parallelo tra l’emblema cristico scelto dai cattolici – l’uomo in agonia sulla croce, atrocemente torturato – e «l’altro modello cristico, il meraviglioso Uomo Vitruviano di Leonardo, con tutti i suoi “centri di potere” liberi di esprimersi: la testa non cinta dalla corona di spine, mani e piedi non trafitti da chiodi ma in contatto con terra e cielo, e poi il sesso – i genitali tranquillamente esposti, non “bannati” come quelli del Gesù cattolico, nascosti da un panno». Citando il drammaturgo Alejandro Jodorowsky e il filologo-esegeta Igor Sibaldi, Giovagnoli sintetizza: «L’eros è la nostra maggiore forza creativa, quella che ci rende capaci di ribellarci; imprigionarlo e mortificarlo significa voler produrre generazioni di servi».Nella veemente invettiva anticattolica di Giovagnoli – fiero di essersi “sbattezzato” – c’è spazio anche per le entusiasmanti frontiere scientifiche dell’epigenetica, che studia i mutamenti “alchemici” che avvengono nel corpo umano di fronte a particolari sollecitazioni emotive. «Recenti studi esaminano l’effetto deprimente del suono delle campane: a chi le ascolta, in ultima analisi, ricordano l’onnipresenza di un potere superiore, insuperabile. Sono le stesse campane, dal suono grave, che venivano suonate per ammonire i fedeli: stai attento e vedi di rigare dritto, se non vuoi fare la fine degli eretici o degli ultimi sacerdoti pagani, appesi ai loro alberi sacri e lasciati morire lentamente, con il ventre squarciato». Campane e crocifissi, libertà di pensiero: opinioni, interpretazioni. Ma gli alberi? «In tutte le culture del mondo, l’albero rappresenta da sempre un cardine imprescindibile della spiritualità, un punto di riferimento visivo e simbolico, un’espressione viva che unisce Terra e Cielo. In tutte, tranne che in quella cattolica». Baobab immensi in Africa, sequoie millenarie in America, foreste incontaminate in Asia. Niente di simile, purtroppo, in Europa: tranne rarissimi casi – come quello degli olivastri sardi, vecchi anche di tremila anni – da noi i grandi alberi generalmente non superano i 2-3 secoli di vita.Niente a che vedere con le maestose querce meravigliosamente raccontate da Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia” scritta al seguito delle legioni romane: sul Baltico, le querce millenarie erano così immense da formare archi grandiosi, sotto i quali potevano transitare squadroni di cavalleria. Certo, ammette Giovagnoli, la rivoluzione industriale ha dato il colpo di grazia alle foreste madri europee. Ma la “guerra” contro i grandi alberi nasce prima, ed è squisitamente culturale: qualcosa di molto più sottile e profondo delle mere istanze economiche. Notare: «Più ci si allontana geograficamente dal fulcro del dominio cattolico, quindi da Roma, e maggiore è la probabilità di incontrare esemplari di dimensioni straordinarie», insieme a popoli «con tradizioni che riconoscono all’albero un potere super partes nel vissuto spirituale». Non è un caso, aggiunge, se l’Italia si è data una legge-quadro sui parchi naturali solo negli anni ‘90. C’è stata una «evidentissima reticenza politica» nel concedere al verde la propria naturale importanza, in un paese cresciuto al suono dei campanili. «Al Grande Parassita – scrive Giovagnoli, alludendo al cattolicesimo – la natura selvatica non è mai piaciuta tanto; anzi, l’ha sempre considerata un intralcio», forse anche perché «chi conosce la natura selvatica comprende meglio e più velocemente anche la propria».A lui è accaduto anni fa, racconta, quando era alle prese con un dramma: nessun medico sembrava in grado di curarlo. «Mi sono allora comportato da alchimista», dice a Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Ho cercato volutamente lo stato di “nigredo”, la dissoluzione dell’Io, calandomi da solo nella cosa che più mi faceva paura: il bosco di notte». Scendere nel proprio buio: come Dante, che la sua resurrezione iniziatica la comincia proprio dalle tenebre dell’Inferno. «A un certo punto – racconta Michele – ho sentito un gran caldo alla pancia, e sono crollato in un pianto dirotto, fino all’alba. Tornato a casa, sono andato dal medico e ho scoperto che ero guarito». Come? Mistero: «Posso solo dire che l’albero è il nostro più grande alleato, sulla Terra». Inutile chiedere a un poeta di fare un disegno. Meglio assecondare la sua vena: «Un bosco ti sente, ti ascolta, percepisce la tua energia vibrazionale. Può anche mutare all’istante la sua composizione chimica, producendo acido acetil-salicilico. E’ qualcosa di prodigioso, che cambia la qualità dell’aria e può entrarti nella pelle, per osmosi». Alchimista autodidatta ed entusiasta, “miracolato” dai suoi alberi, Giovagnoli fa notare come sarebbe bello, se oggi avessimo a portata di mano quelle piante millenarie, oscenamente distrutte nel medievo. «Erano un pezzo della memoria vivente del mondo: avevano respirato la stessa aria di Gesù». E a proposito di aria: «Non potremmo vivere, senza gli alberi: sono loro a fabbricare l’ossigeno che ci tiene in vita».In tutte le tradizioni autenticamente esoteriche, inclusa quella ben conosciuta dal citato Leonardo, lo specchio è un simbolo principe: capovolgendo l’immagine, offre la visione integrata e complementare dell’insieme. Tradotto in “giovagnolese”: «Fateci caso: gli organi che respirano l’ossigeno prodotto dal bosco sono come alberi rovesciati: i polmoni la chioma, e sopra di loro i bronchi, le radici, ramificate in modo frattale esattamente come i rami delle piante». Serve altro, per capire come mai i grandi alberi erano sacri? «C’erano prima di noi, sono la storia della Terra. Sono stati i primi a uscire dall’acqua, creando un’atmosfera respirabile per gli esseri umani». Di più: «E’ come se gli alberi entrassero in noi, a partire dalla nascita: quella che respiriamo è la loro aria, il loro ossigeno». Gli alberi, poi, non conoscono frontiere: «Pensate a quando vanno in amore, in primavera: il polline di un noce greco può volare sul mare, per andare a “corteggiare” un noce cresciuto in Puglia». Aprite gli occhi, ripete Giovagnoli: «Non c’è una croce a congiungerci con l’universo: c’è un albero. Per questo, chi ha diffuso croci ha voluto abbattere gli alberi. E il più delle volte, le chiese sono state erette proprio là dove prima sorgevano alberi millenari». Teologia: la visione trascendente “sfratta” la divinità dal mondo: Dio c’è, ma è altrove. Non è immanente, nella natura. «Tutto falso», assicura il Folletto. «Non ci credete? Provate. Il bosco vi aspetta. Ed è pronto ad aiutarvi, come ha fatto con me».(Il libro: Michele Giovagnoli, “La messa è finita. Come liberarsi dal più subdolo dei parassiti. Gli acutissimi strumenti di dominio in dotazione al clero”, Uno Editori, 174 pagine, euro 12,90. Giovagnoli ha inoltre scritto “Alchimia selvatica. La via del riveglio attraverso le arti magiche del bosco”, Macro Edizioni, mentre con Uno Editori ha appena pubblicato “Imparare a parlare con gli alberi. Manuale pratico per comunicare, evolvere e guarire con il bosco”).Solo questo, oggi, possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Era il manifesto poetico e politico di Eugenio Montale, sotto il fascismo. Letteratura a suo modo eroica, da Premio Nobel: ermetismo, frammentismo. Bandire le convenzioni letterarie, le leziosità, i virtuosismi formali e accademici. La verità, innanzitutto. Da allora, la poesia si è frantumata in un “solve et coagula” decisamente alchemico, che a volte l’ha fatta anche risorgere, sotto mentite spoglie, persino nell’universo mercenario degli spot pubblicitari. Di alchimia si occupa un poeta dei nostri giorni, molto sui generis: si chiama Michele Giovagnoli e faceva la guida naturalistica sui monti delle Marche, tra le ultime foreste di cerro. Poi si è ammalato, ed è entrato in crisi. Un problema al colon: incurabile, per la medicina ufficiale – ma non per il bosco: «Sono entrato nel bosco di notte, e il bosco mi ha guarito», racconta, ai microfoni di “Border Nights”. «Già l’indomani, i medici hanno constatato la mia completa guarigione. Mi hanno chiesto se fossi stato a Lourdes: ma quello è l’ultimo posto dove sarei andato». Già, perché il poetico alchimista Giovagnoli – un folletto, dalla chioma che ricorda quella di Branduardi – ha intrapreso una battaglia personale contro il potere che, racconta, ha condannato a morte le foreste primordiali, quelle degli alberi millenari. Pochi lo sanno, ma fu proprio la Chiesa di Roma – nel nono secolo dopo Cristo – a decretare la distruzione sistematica degli alberi antichi, venerati dalla popolazione.
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Magaldi al “fratello” Krugman: a Roma non ci sono i barbari
«E bravo Di Maio: il programma viene prima dei nomi, dei personalismi, delle ambizioni». Gioele Magaldi, finora mai tenero con il neo-leader dei 5 Stelle, apprezza il metodo condiviso con Salvini in funzione del governo: presentare ai cittadini, punto su punto, una lista precisa di cose da fare. «E’ la prima volta che succede, nella storia della Repubblica italiana», ha detto a “Border Nights” il documentarista Massimo Mazzucco: «Ottima novità, dato che la trasparenza è parte fondamentale del meccanismo democratico». Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – che ha avanzato la candidatura di Nino Galloni per Palazzo Chigi – concorda con Mazzucco: sembra proprio la fine del leaderismo della Seconda Repubblica, fondato su vuoti slogan che servivano solo a coprire la sottomissione sostanziale dei vari governi italiani ai diktat dell’oligarchia (supermassonica) che dirige, in modo privatistico, le istituzioni «sedicenti europee, in realtà fatte apposta per allontanare i cittadini dall’idea stessa di Europa unita». E a proposito di massoni: «Mi spiace che il “fratello” Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia e massone progressista, abbia manifestato allarme per l’eventuale esecutivo “gialloverde”: stavolta sbaglia, a Roma non ci sono “i barbari” ma, finalmente, politici disposti a cominciare a cambiare qualcosa, nell’insopportabile copione eurocratico e finto-europeista che ha causato la crisi italiana».Probabilmente, aggiunge Magaldi a “Colors Radio” «Krugman è giustamente preoccupato per l’annunciata esclusione, dal prossimo governo, di esponenti della massoneria: si tratta evidentemente di un abuso, visto che la Costituzione italiana non consente di discriminare cittadini per via della loro appartenenza culturale, religiosa o filosofica». Magaldi annuncia che il Movimento Roosevelt è al lavoro per convincere i pentastellati a fare retromarcia, onde non incorrere – fra l’altro – in possibili azioni legali. Lo ha ripetuto, negli ultimi mesi, anche accusando lo stesso Di Maio di aver ripetutamente bussato ai “santuari” della finanza anglosassone, notoriamente massonici: inutile strillare contro “i massoni” per poi magari fare anticamera proprio davanti alla loro porta, dimenticando peraltro la formazione massonica di veri e propri padri della patria come Meuccio Ruini, presidente della commissione che diede vita alla Costituzione democratica. Ma, a parte questo, l’ostracismo velleitario contro i “grembulini” conclamati non mette certo i 5 Stelle al riparo dalla presenza di eventuali massoni occulti. Una situazione non priva di risvolti comici: «C’è gente che ancora ride – dice Magaldi – ricordando quanto goffamente Mario Monti riuscì a mentire, sulla propria identità massonica, interpellato da Lilli Gruber dopo che il mio libro appena uscito, “Massoni”, lo presentava come autorevole esponente dell’aristocrazia massonica europea di stampo reazionario».Se Magaldi annuncia, in parallelo, l’iniziativa interamente massonica condivisa con un’obeddienza prestigiosa come la Camea per arrivare a redigere una sorta di registro ufficiale delle affiliazioni italiane, mettendo così fine alle periodiche speculazioni sulle presunte malefatte della massoneria in quanto tale, il presidente del Movimento Roosevelt promuove in ogni caso l’attivismo di Salvini e Di Maio: sarebbe il primo passo, che tutti aspettano, per cominciare a riscrivere in senso democratico, e non oligarchico, il destino del nostro paese. Nino Galloni? «E’ un eminente economista sovranista, di formazione keynesiana, apprezzato sia dai leghisti che dai pentastellati. E’ figlio del compianto ministro Giovanni Galloni, autorevole esponente di quella sinistra Dc a cui apparteneva anche lo stesso presidente Mattarella. A Palazzo Chigi sarebbe l’uomo giusto al posto giusto, anche se forse non è ancora venuto il suo momento: è comprensibile che oggi la scelta ricada su personalità meno preoccupanti, per Bruxelles». Ma attenzione: «Presto o tardi, Nino Galloni sarà tra i protagonisti dell’imminente Terza Repubblica». Entro l’estate, avverte Magaldi, assumeranno concretezza i preparativi per un nuovo soggetto politico, di cultura liberal-socialista, visto lo stato di rottamazione di Forza Italia e del Pd: «L’ex centrodestra berlusconiano e il fu centrosinistra sono palesemente alla frutta, avrebbero bisogno di una rigenerazione radicale. Il Pd – come tutti possono vedere – è ormai in stato imbarazzante, senza più una classe dirigente: a questo punto farebbe bene a sciogliersi».«E bravo Di Maio: il programma viene prima dei nomi, dei personalismi, delle ambizioni». Gioele Magaldi, finora mai tenero con il neo-leader dei 5 Stelle, apprezza il metodo condiviso con Salvini in funzione del governo: presentare ai cittadini, punto su punto, una lista precisa di cose da fare. «E’ la prima volta che succede, nella storia della Repubblica italiana», ha detto a “Border Nights” il documentarista Massimo Mazzucco: «Ottima novità, dato che la trasparenza è parte fondamentale del meccanismo democratico». Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt – che ha avanzato la candidatura di Nino Galloni per Palazzo Chigi – concorda con Mazzucco: sembra proprio la fine del leaderismo della Seconda Repubblica, fondato su vuoti slogan che servivano solo a coprire la sottomissione sostanziale dei vari governi italiani ai diktat dell’oligarchia (supermassonica) che dirige, in modo privatistico, le istituzioni «sedicenti europee, in realtà fatte apposta per allontanare i cittadini dall’idea stessa di Europa unita». E a proposito di massoni: «Mi spiace che il “fratello” Paul Krugman, Premio Nobel per l’Economia e massone progressista, abbia manifestato allarme per l’eventuale esecutivo “gialloverde”: stavolta sbaglia, a Roma non ci sono “i barbari” ma, finalmente, politici disposti a cominciare a cambiare qualcosa, nell’insopportabile copione eurocratico e finto-europeista che ha causato la crisi italiana».
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“Vaccinare” i bambini da una religione che li mette in croce
L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.Il sacrificio come premessa, l’esordio della vita nella colpa, l’inquietante percezione di un uso distorto dell’autorità del genitore, equiparato a Dio, nell’espropriare il corpo del figlio e nel farne l’oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Può la salvezza dell’umanità derivare dalla disgrazia procurata a un incolpevole? Si tratta di perversione, di cannibalismo affettivo e domestico! Come può accadere che una tale deviazione della coscienza si affermi in modo così radicale nella cultura dell’Occidente? Perché l’intellettualità europea, salvo poche eccezioni, per lo più originate dall’ambiente di cultura ebraica, non sa rilevare l’evidenza di una tale incongruità con i precetti fondamentali del rispetto umano? Perché ci si ostina a ritenere degne di fede false acquisizioni razionali e a falsificare la storia stessa senza suscitare una opposizione netta tra coloro che si dicono laici? Ho cercato di dare le risposte a questi quesiti in due saggi: “Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione” (Edizioni Sapere, Padova, 2000), e “Il furore di Nietzsche. La nascita dell’eroe e della differenza sessuale (Cleup, Padova, 2005).Ora, con l’estendersi dell’interesse su questi temi, al di fuori della tradizionale banalità dell’ateismo che cercava di dimostrare la non esistenza materiale di Dio, il gruppo dell’axteismo si è prefisso di registrare i danni della esistenza di Dio come categoria della mente e dell’educazione di massa. Dov’era Dio, si chiedono in tanti, mentre in Europa imperversavano i roghi crematori della Shoà? Il Dio cristiano e antigiudaico della tradizione era là! Logica conseguenza dell’odio che aveva seminato per secoli e anche, in quegli anni, sulle pagine dell’organo vaticano, la “Civiltà Cristiana”. Era assente solo sui banchi degli imputati a Norimberga, dove si è negata la verità inconfutabile che gli ebrei sono stati perseguitati in quanto tali – ebrei – da una identità culturale altra ed egemone: i cristiani!Mai il cristianesimo ha subito le conseguenze dei suoi insegnamenti ambigui, di un amore sadico, improntato alla sofferenza come valore e all’infelicità dell’esistenza reale. Da Annamaria di Cogne ai giovani assassini di Satana, la cronaca registra le forme del disagio radicato nelle istanze della religione che continua impassibile a rivendicare per sé il diritto all’egemonia sull’etica e sulla morale.E’ invece evidente che la presenza dei valori cristiani (sopportazione, peccato, sangue e demonio) è stata l’unica istituzione sempre garantita nei luoghi del degrado umano ed economico, non solo non riuscendo ad apportare modifiche strutturali alle cause della sofferenza, ma legandosi in modo complementare e ambivalente con le dinamiche stesse dell’ingiustizia e dell’ignoranza. Soluzioni? Al di là di un auspicabile risveglio della ragione di fronte alle palesi deformità introdotte dalla religione cristiana, cattolica in particolare, nelle basilari nozioni di igiene degli affetti e del rispetto umano; al di là delle incredibilmente gravi (e in parte inesplorate) responsabilità storiche che un amore così immaturo ha inculcato nella soggettività dell’Occidente, resta ancora non risolto il nodo centrale della comprensione profonda di questo fenomeno. Non è sufficiente contrapporre il darwinismo al conato del creazionismo nelle tendenze regressive del presente. E’ necessario aprire gli armadi di una conoscenza così gravosa da recepire in termini estesi, da essere rifiutata largamente anche nelle fasce della popolazione “di sinistra” in Italia.Dietro la religione e i suoi dettami di crudeltà oggettiva nei rapporti pedagogici tra generazioni, si legittima il motore stesso dell’alienazione sessuale della donna (quindi dell’intera umanità), la sua esclusione da una completa individuazione e responsabilità sociale. La mistificazione di questo importantissimo tema è tale da riferire l’ambito delle discussioni unicamente al conflitto tra sessi. Niente di più sbagliato. Lo studio dell’esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all’arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l’estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano (Erich Neumann, “Storia delle origini della coscienza”, Astrolabio).L’alienazione della donna madre, unitamente all’enorme potere neuro-affettivo che il mistero del parto-creazione comunque le conferisce (nella fisiologia dei mammiferi), connota l’identità dell’Eterna Fattrice di una attribuzione divina da sempre riconosciuta nelle culture di ogni epoca, a partire dalle più remote. La religione in genere, in Occidente la religione cristiana, è esattamente l’espressione più coerente della psicologia della Grande Madre. Da qui deriva l’invisibilità e la radicale impunibilità delle istanze anche sadiche (ma ammantate di profonda affettività) del cristianesimo. Da qui l’assoluta incongruenza tra buon senso, ragione e fede. La madre può sbagliare, essere immatura negli affetti, esigere tributi di sangue, e tuttavia conservare intatta la forza del suo potere che le deriva dall’aver “pettinato” i neuroni e l’identità affettiva dei nati da lei, uomini e donne. Dalla natività di un essere destinato al rito di sangue e martirio, al controllo delle istanze sessuali e di generazione, alle perversioni mistiche del corpo martoriato esposte dalla ginecologia religiosa dell’arte sacra, la religione non è solo un’istanza del potere politico o culturale: essa è innanzitutto la realtà di una inveterata e radicata violenza domestica, una affezione profonda perseguita con tenacia anche da chi non si dice praticante e tuttavia, difende il cristianesimo nella sua essenza.Per lo stesso motivo il cristianesimo ha resistito ad ogni critica razionale, anche se riconosciuta valida e dimostrata. Ma non è più lecito tollerare un uso anti-umano del potere degli affetti, diretto specialmente contro i bambini e la loro aspettativa di vita! Alla base di tutto ciò, c’è un paradosso intrinseco alla natura sessuale dell’umanità che evidenzia come solo la figlia, in quanto femmina, può divenire più grande e potente del suo creatore, che è la madre. Unicamente lei, non il maschio vezzeggiato, può procreare e mettere in mora il ruolo di potere generazionale della madre! Solo alla luce di questa premessa si possono comprendere i legami di senso che uniscono riti crudeli contro la giovane donna, che non è ancora madre, come l’infibulazione (rito di ingresso della giovane nel clan delle donne adulte), la cacciata con maledizione e colpa della figlia Eva dalla gratuità domestica per partorire con dolo e dolore, e – peggiore di tutte – lo spossessamento del corpo e della sessualità della figlia Maria da parte della madre spirito-santo, trinità cristiana che già incorpora il sistema intero di padre e figlio.Alcuni lessici del linguaggio comune rivelano la natura matriarcale della Chiesa: “Don” è contrazione di “donna”, è anche il suono del batacchio sotto la gonna-campana, iconologia della madre che in sé trattiene il figlio-fallo, nella fattispecie il prete; “duomo” è la fusione di donna-uomo: i frati recano il cordone ombelicale ancora non reciso alla vita, le suore il velo placentale segno di possesso della madre; il divieto all’uso della sessualità sottolinea la centralità e l’obbedienza all’unico sesso della madre. Nel caso del racconto dei Vangeli, la giovane donna semplicemente viene privata del diritto di succedere alla madre nel potere di una autonoma procreazione; l’infelicità che ne consegue si riverbera nel rapporto con l’uomo, nel masochismo congenito che la lega al persecutore, nella depressione post-partum o sterilità. Maria non ha sesso e non ha un amante, che invece la tradizione ebraica conferisce ad Eva. Lo stesso tema del conflitto tra matrigna e figlia viene trattato, ma risolto (!), nelle fiabe: Cenerentola, la Bella Addormentata, Biancaneve.L’entità unica matriarcale proposta dal modello cristiano imperversa, invece, nell’illusione di vivere due esistenze in una: la sua e quella della figlia che le appartiene per diritto di invidia (individia). Il figlio Cristo, esito nella figlia di questa mancanza di riconoscimento della proprietà sessuale, prodotto di un tale spossessamento, nato per caso inopinato (per virtù dello Spirito Santo e non di una libera scelta), non può che essere un… povero cristo! E tale sarà il suo destino. Sul suo corpo reso femminile con la ferita nel costato (da cui era nata Eva) e dagli attributi di innocenza, passività ed esclusione, convergono le istanze femminili irrisolte dell’infelicità e dell’immaturità affettiva. Lo scarico sul corpo mistico dell’uomo femminilizzato e mestruato (Cristo, Che Guevara o Padre Pio) costituisce il punto di saldatura e di scarico emotivo della innaturale fusione tra madre e donna (ma-donna), sempre a scapito della giovane e del rinnovo di generazione. Ecco che Cristo ha una funzione lenitiva attraverso la rappresentazione della sua morte nel ma-sacro (sacralità materna). In questo modo il cerchio mistico dell’incesto cristiano si alimenta di dolore, perversione e controllo.Guai a toccare questa figura sanguinante, avvolta nel sudario della placenta sindone! Si tollera l’intollerabile pur di non riconoscere il conflitto tra generazioni al femminile! Cosa si può fare per porre rimedio a questa barbarie nella civiltà degli affetti? Provate voi a spiegare alle masse di “credini” (credenti passivi) e “fedenti” (credenti in cattiva fede) quali istanze innaturali e contrarie alla naturale emancipazione della sessualità si riproducono nella formazione pedagogica cristiana. Noi da tempo combattiamo una battaglia impari contro le istituzioni alienate dello sfruttamento che, conseguentemente e coerentemente con la disumanità del credo, si sono stabilizzate in accordo e reciproco sostegno con la religione. Non è forse vero che, in economia, ogni Azienda Madre controlla e possiede le azioni delle sue filiali? Non è forse vero che il nazismo (primato di nascita e madre-patria) e il razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno? E i misfatti sanguinosi delle “nostre cose”, nella tragica epica di Cosa Nostra, non sono forse ascrivibili ad una affiliazione di mafia intorno al corpo centrale del “mammasantissima”?Non è semplice capire fino a che punto si estendano le implicazioni di una sub-cultura matriarcale degli affetti al tempo stesso potente, disumana e incontrollata. Essa confonde uomini e donne in una esistenza crudele e alienata. Chi riporta danni psicologici, in seguito a una certa dottrina, può essere recuperato? Occorre mettere in atto strategie di recupero e di consapevolezza in larghi strati della popolazione. Sempre Alice Miller dimostra la ineluttabile relazione tra formazione affettiva e qualità della vita. Tuttavia in Italia, non una sola ora di educazione alle ragioni della laicità è stata organizzata nei programmi scolastici nazionali! Eppure lo Stato italiano è nato su criteri di latinità pre-cristiana, la scienza (Giordano Bruno, Galilei) si è costituita intorno ad un nucleo anticristiano, il Rinascimento è stato possibile solo grazie alla riscoperta dei classici greci, l’antifascismo e la Liberazione non ha visto il Vaticano attivo contro i regimi, bensì schierato dall’altra parte.Il meglio prodotto in Italia (compresa l’arte sacra, che non era certo frutto di stinchi di santo) è stato ispirato da una visione laica e democratica della vita e del corpo. Proporre la necessaria questione della emarginazione del cristianesimo nel novero delle opzioni del privato incontra oggi una resistenza fortissima, in tutti i settori. Nella migliore delle ipotesi si tende a sminuire il problema e a lasciare intatte le contraddizioni. Non si pensi tuttavia che questa sia una battaglia di retroguardia: è la prima volta che si pone in modo cosciente e radicale la proposta concreta di rendere visibile al largo pubblico le responsabilità, non solo storiche, ma formative e causali del cristianesimo. Il problema è la fede in sé o l’apparato che ogni religione monoteista costruisce intorno al proprio credo? Il credo monoteista sta ad indicare la centralità del ruolo sessuale della madre (anche se incarna corpi maschili) nel costruire la dinamica degli avvenimenti della realtà. Perfino la storia recente dimostra che la religione è più efficace della politica nel determinare gli eventi; per questo è importante che si voglia sapere dei reali contenuti trasmessi.Di per sé la religiosità è un fattore umano compatibile con la civiltà, a patto che si sia consapevoli delle istanze che si veicolano nel racconto di fede che poi diviene prescrizione e istanza morale. Sarebbe altresì necessario che le rappresentazioni religiose e rituali rimanessero tali, ossia distinte dall’imposizione di un credo che confonde il simbolico con il reale. Per esempio, il fatto di celebrare la festa della nascita a dicembre con il rito dei doni da parte di Babbo Natale non deve imporre la necessità dell’inganno sulla reale esistenza di un personaggio della fantasia come se fosse reale! Una cosa è la naturale progressione che i bambini attuano nel distinguere la fantasia dalla realtà, altra cosa è la pelosa e deleteria attitudine degli adulti di vedere realizzate le proprie istanze di insoddisfazione infantile facendo credere per forza l’esistenza del falso. Forse che non si può giocare o godere di un rito gioioso sapendo che è un rito in quanto tale?Le religioni monoteiste non sono uguali negli effetti delle istanze da esse inoculate fin dalla più tenera età. Non sempre è facile riconoscere, nel confronto, il grado di pericolosità; infatti, concorrono altri fattori nelle società a influenzare gli effetti del credo. In Occidente la cultura laica e razionalista ha attenuato enormemente gli effetti già deleteri del cristianesimo; oltre alla secolare reclusione e sterminio degli ebrei, si pensi all’analogo scempio attuato nelle Americhe: è un vizio congenito al cristianesimo, la crudeltà. Nei paesi arabi l’islamismo non si giova di una analoga progressione sociale. L’ebraismo ha invece individuato le corrette radici del problema, proponendosi in termini di patto (Akedà) tra generazioni. Sempre la madre si pone nel ruolo di Dio (l’appartenenza ebraica è matrilineare), ma conferisce il potere della legge terrena (Dio verso Mosè) al ruolo paterno. L’esatto opposto della regressione cristiana, che rimanda il padre nella vacuità dei cieli o nel pleonasmo di un vecchio e sterile sposo. Nell’ebraismo la madre ideale è colei che è disposta a separarsi dal figlio purché egli viva (il giudizio di Salomone); nel cristianesimo la madre è entità globale, indistinta, inglobante e distruttiva, come la Grande Madre del clan o gregge pre-sociale.Ogni religione rimane comunque una opzione implicita della coscienza su temi che invece sono alla portata della comprensione umana. Meglio sarebbe una civiltà fondata sulla capacità di rappresentare, senza obbligo di fede, tutte le istanze dell’animo umano. La tradizione dei Greci in questo è maestra. Dibatterne pubblicamente? Personalmente non esito a rischiare attacchi personali o scomuniche di varia natura, poiché ritengo una battaglia di assoluta civiltà rendere visibili gli effetti dell’ignoranza e della malafede. Bisogna battersi in tutti i campi della società per affermare una civiltà ed una igiene degli affetti. So per certo che è possibile. Se qualcuno vuole reagire con la consueta violenza già riscontrata nella storia di fronte agli avanzamenti della coscienza e della società, è avvisato: noi siamo pronti. Esiste una minoranza numerica di individui che è già maggioranza qualitativa nel distinguere e rendere visibili i fantasmi dell’inconscio retaggio di una aggressività non risolta. Si tratta di individuare i percorsi di una emancipazione ulteriore per adeguare la consapevolezza umana allo sviluppo della tecnologia e all’inedito potere che essa conferisce all’uomo. Le nuove potenzialità richiedono una dilatazione della coscienza per far sì che ciò che abbiamo costruito non sia rivolto contro di noi, ma a vantaggio di una integrazione con la natura, di cui siamo e restiamo una cosciente emanazione.(Sergio Martella, dichiarazioni rilasciate a “Cristianesimo.it” per l’intervista “Tesi sull’oggettiva e palese pericolosità psichica dell’insegnamento cristiano”, ripresa dal blog “La Crepa nel Muro” dell’11 agosto 2014. Psicologo e psicoterapeuta, il professor Martella è docente presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova).L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.