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Mes, o fine dell’aiuto Bce. Mangia: il Pd ci vende ai tedeschi
Grazie al governo Conte, l’Italia dovrà entrare nel Mes per non vedersi rifiutare gli acquisti di Btp dalla Banca Centrale Europea. Lo afferma Federico Ferraù sul “Sussidiario”, in un’intervista con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. Finora, gli avversari del “vincolo esterno” si sono opposti al Mes contando sugli acquisti della Bce: c’è la banca centrale, dunque il Mes non ci serve. Ma se la Bce dovesse interromperli? «Lo scenario è l’ingresso dell’Italia nel Mes come contropartita degli acquisti: il nostro paese dovrebbe entrare nel Meccanismo Europeo di Stabilità per consentire la prosecuzione degli acquisti illimitati». Christine Lagarde ha chiesto di approvare rapidamente il bilancio 2021 e il Recovery Fund: come dire, sbrigatevi, perché il gioco non può continuare. Ma a che servono, i prestiti del Recovery Fund e del Mes, se la Bce sta facendo gli “straordinari”? «A rigore non dovrebbero servire a nulla», sostiene Mangia: «La Bce sta facendo quello che avrebbe fatto la Banca d’Italia prima del divorzio Ciampi-Andreatta del 1981. Che è poi quello che stanno facendo tutte le banche centrali del mondo. Solo che lo deve fare di nascosto, coprendosi dietro cortine fumogene».La Bce, spiega il professore, è stata costretta ad anticipare i tempi: compera tutto quel che deve comperare, e poi qualcuno si attende che si entri nel Mes come contropartita. Da qui le pressioni concentriche, anche da parte di Confindustria. «Non capiscono le implicazioni che avrà il Mes sul sistema bancario italiano e sulle loro possibilità di finanziamento future», avverte Mangia, che segnala la recessione annunciata da Bankitalia (una flessione di almeno il 13% del Pil). Addio possibilità di finanziare le imprese: «Altro che 2011. E con un debito pubblico downgradato dalla presenza di creditori privilegiati, dove andrà il valore del debito pubblico che hanno in pancia?». Sul Mes, pesano le pressioni politiche «soprattutto di qualche partito che, a Mes attivato, spera di continuare a governare l’Italia per conto terzi, come sta facendo adesso». Evidente l’allusione al Pd. E poi ci sono le pressioni degli stessi funzionari del Mes, «che rilasciano interviste da piazzisti promettendo sconti a prestiti che nessuno vuole, a parte il partito del “vincolo esterno”». Insiste Mangia: «Quella del Mes sembra ormai una televendita: più si aspetta, più il prezzo per entrare si abbassa». Ma la fregatura è scontata: «Stupisce chi se ne fa fautore, favoleggiando di rinnovi del sistema sanitario nazionale con un finanziamento a termine e a condizioni capestro».Finora – osserva Ferraù – l’iniziativa di Francoforte ha poggiato esclusivamente sull’importanza dell’Italia per l’Eurozona, sul nostro essere “troppo grandi per fallire”. E invece? «E invece la Bce, pur facendo tutto quel che dovrebbe fare una banca centrale, ha i suoi problemi. In Germania e non solo in Germania il fastidio verso il Pepp è fortissimo, visto che è un aggiramento se non una violazione dei Trattati. Tant’è vero che in Germania è all’ordine del giorno il dibattito sull’opportunità di lasciare la zona euro». Insomma, è Berlino a mettere sotto pressione la Lagarde, che sta aiutando l’Italia. «Cosa succede se dall’oggi al domani la Bce, o meglio la Banca d’Italia su mandato Bce, smette di comperare sul mercato secondario, come già è successo in passato?». Stupisce, secondo Mangia, che il Tesoro non approfitti di una situazione oggi eccezionalmente favorevole, per finanziarsi: «Che si mettano sul mercato 15 miliardi con una richiesta di 100 è singolare, no? Sembra quasi che si voglia restare con la cassa prosciugata per poter dire che non si possono non prendere 36 miliardi e finire in mano alla Troika». Intanto, il 5 giugno persino la Grecia ha detto no al Mes sanitario. «Anche se ormai viene offerto a tassi negativi, il Mes non lo vuole nessuno. E chi se lo è preso (come la Spagna) ne è voluto uscire prima del tempo. Questo dovrebbe dire qualcosa».Dunque lo si vuole solo in Italia, il Mes? «Lo si vuole solo in Italia e solo da qualcuno. Chissà perché. Mi sembra un fatto molto politico e molto poco economico», osserva Mangia, che avverte: prima o poi, sotto la pressione della Germania, gli auti straordinari della Bce finiranno. Il 5 agosto ci sarà la resa dei conti di fronte alla Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe sugli acquisti selettivi della Bce. E non è un mistero che in Bce ci si prepari al peggio. Sull’Italia, buio pesto: «Politicamente, i 5 Stelle non esistono più: servono solo come massa di manovra al Pd in cambio di un prolungamento della legislatura». Per Mangia, «il problema che abbiamo da quasi trent’anni è quello di una Repubblica parlamentare senza più partiti, costretta a farsi governare da presidenza della Repubblica e magistratura». Cosa aspettarsi? «Come minimo, l’assalto delle categorie che si aprirà nel gennaio 2021, quando arriveranno i primi prestiti dall’Europa sotto specie di Recovery Fund. Tutti hanno bisogno di soldi, e quindi è un momento di grandi occasioni che aprirà la sagra del peggio. Tutti alla ricerca di mance e mancette, come ai tempi delle finanziarie di trent’anni fa». Con quale differenza? «Adesso il paese è molto più povero e disarticolato. E senza classe politica», chiosa Mangia. «Tant’è vero che, invece di rivolgersi ai partiti, ci si rivolge alle task force».Grazie al governo Conte, l’Italia dovrà entrare nel Mes per non vedersi rifiutare gli acquisti di Btp dalla Banca Centrale Europea. Lo afferma Federico Ferraù sul “Sussidiario“, in un’intervista con Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano. Finora, gli avversari del “vincolo esterno” si sono opposti al Mes contando sugli acquisti della Bce: c’è la banca centrale, dunque il Mes non ci serve. Ma se la Bce dovesse interromperli? «Lo scenario è l’ingresso dell’Italia nel Mes come contropartita degli acquisti: il nostro paese dovrebbe entrare nel Meccanismo Europeo di Stabilità per consentire la prosecuzione degli acquisti illimitati». Christine Lagarde ha chiesto di approvare rapidamente il bilancio 2021 e il Recovery Fund: come dire, sbrigatevi, perché il gioco non può continuare. Ma a che servono, i prestiti del Recovery Fund e del Mes, se la Bce sta facendo gli “straordinari”? «A rigore non dovrebbero servire a nulla», sostiene Mangia: «La Bce sta facendo quello che avrebbe fatto la Banca d’Italia prima del divorzio Ciampi-Andreatta del 1981. Che è poi quello che stanno facendo tutte le banche centrali del mondo. Solo che lo deve fare di nascosto, coprendosi dietro cortine fumogene».
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Magaldi: avviso a Conte, in autunno la Rivoluzione Italiana
E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».«E’ vero, le élite le progettano: ma poi le rivoluzioni le fa la gente, se capisce che deve scendere in strada al momento giusto. Che nel nostro caso si sta rapidamente avvicinando», assicura Magaldi. «Parlo di un riscatto nazionale, civile ed economico: in palio c’è l’Italia, esattamente come nel Risorgimento, di cui il 20 settembre 1870 rappresenta l’epilogo, con la conquista di Roma». Premessa: il presidente del Movimento Roosevelt, entità metapartitica nata nel 2015 per tentare di rimettere insieme i cocci della politica italiana, di massoneria se ne intende. «Il mondo in cui viviamo è stato interamente progettato da massoni: lo Stato diritto, le istituzioni laiche, il suffragio universale. La democrazia non ce l’ha portata la cicogna: è stata un’idea dei massoni che nel ‘700 rovesciarono l’Ancien Régime, in Francia e in America, dando inizio alla modernità politica». Queste cose, Magaldi le ha ricordate nel saggio “Massoni”, edito nel 2014 da Chiarelettere. Un bestseller italiano, trasformatosi in long-seller e – dice l’autore – costato il trono a Giorgio Napolitano, nientemeno, indicato come appartenente alla superloggia “Three Eyes”.Grande regista, Napolitano, dell’imbarazzante operazione (interamente massonica) che portò il “fratello” Mario Monti a Palazzo Chigi con l’incarico di inguaiare il paese, tagliando la spesa sociale e quindi determinando deliberatamente una crisi terribile, tale da far crollare il gettito fiscale fino a far esplodere il debito pubblico. Obiettivo: rendere l’Italia sempre più debole, facile preda dei suoi avidi “becchini”. Francia e Germania? «Non esattamente: si tratta di gruppi apolidi, supermassonici, che usano in modo cinico le istituzioni – Ue, singoli paesi – per i loro scopi inconfessabili, speculativi e privatistici. E’ un’élite sovranazionale, economicamente neoliberista e politicamente reazionaria, post-democratica». Di fronte a questo, avverte Magaldi, le antiche distinzioni ideali (destra-sinistra) non contano più niente, da quando – archiviate le ideologie – i politici della sinistra si sono rassegnati, proprio come quelli della destra, ad eseguire ordini impartiti dall’alto: dalla stessa élite senza patria che, dagli anni Settanta in poi, ha cominciato a “smontare” la democrazia sociale dei diritti in tutto l’Occidente, attraverso entità paramassoniche come la Trilaterale, fino ad arrivare, oggi, a guardare alla Cina come modello.Una società autoritaria, quella cinese, basata sulla sorveglianza orwelliana del cittadino-suddito. «Non a caso – fa osservare Magaldi – il disastro Covid è esploso a Wuhan all’indomani della cocente umiliazione inflitta a Xi Jinping dall’unico politico capace di opporsi al dilagare dell’egemonia di Pechino: Donald Trump, oggi infatti assediato dai manifestanti antirazzisti alla vigilia delle elezioni, e alle prese con la drammatica crisi economica indotta dal lockdown, che ha cancellato gli ottimi risultati ottenuti dalla Casa Bianca nel far volare l’economia americana». Beninteso: «Trump farebbe meglio ad ascoltare i manifestanti genuinamente indignati per lo scandalo del razzismo che serpeggia tra i poliziotti stratunitensi: una piaga rispetto alla quale, peraltro, lo stesso Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni non ha fatto assolutamente niente». Ma attenzione: «I manifestanti violenti sono manipolati: imputano assurdamente a Trump l’omicidio di George Floyd».Ecco perché, aggiunge Magaldi, sarebbe da ciechi non scorgere i manovratori: a loro, del razzismo non importa nulla. «Vogliono solo impedire che Trump venga rieletto, perché ha osato sfidare la loro “creatura”, la Cina, e anche l’opaca Oms foraggiata da Pechino, braccio operativo del “terrorismo sanitario” che ha usato il Covid come un’arma», con obiettivi plurimi: mettere ko l’economia per indebolire i politici, e confiscare – in modo inaudito, in Occidente – le libertà democratiche nelle quali siamo cresciuti. E’ una specie di inferno, quello che si sta spalancando: qualcuno sta cercando di far apparire “normale” il coprifuoco, il distanziamento, la chiusura irreparabile di aziende e negozi. Scenario che in Italia si sta traducendo nella morte civile di interi settori strategici, come il turismo. «E se domani qualcuno si inventa un altro virus, fabbricandolo in laboratorio? Che facciamo: richiudiamo tutto?». Il primo a sentire puzza di bruciato è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore (Premio Nobel per la Letteratura) a fine marzo ha messo in relazione la pandemia – e i “falsi profeti” del vaccino universale – con la cupola di potere che nel 1963 assassinò John Kennedy a Dallas. Addirittura?Ebbene sì. «Un’unica filiera – dice Magaldi – collega la fine dei Kennedy al manifesto “La crisi della democrazia”, promosso dalla Trilaterale di Kissinger: il primo a sdoganare il regime cinese con l’idea di farne un’alternativa, mostruosa, per un Occidente non più libero, e oggi infatti ricattato dalla paura grazie a un virus “cinese” che, in questo, è ancora più efficace del terrorismo “islamico”, anch’esso coltivato da menti massoniche». Magaldi sa di cosa parla: già “venerabile” della prestigiosa loggia romana Monte Sion del Grande Oriente d’Italia, oggi è il “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, circuito massonico progressista collegato con le superlogge sovranazionali più avanzate, sul piano dell’impegno sociale democratico, come la “Thomas Paine”. Altra notizia: a quel circuito appartiene lo stresso Dylan, «massone ultra-progressista, oggi sceso in campo in prima persona perché il pericolo che stiamo correndo è veramente grande: il mondo rischia di non essere più lo stesso, se gli oligarchi avranno mano libera nel gestire l’emergenza Covid a modo loro».La sensazione è che l’attacco sferrato – l’imposizione del lockdown “cinese”, l’avvento della nuova polizia sanitaria – sia un riflesso di autodifesa, da parte di un’élite che teme di perdere il potere. Parlano da sole le clamorose diserzioni in atto, ai piani alti, tutte annunciate con largo anticipo proprio da Magaldi: Mario Draghi e Christine Lagarde hanno abbandonato il fronte reazionario (dominio finanziario, privatizzazioni) e oggi parlano un’altra lingua, insieme alla stessa dirigenza del Fmi, fino a ieri schierata dalla parte del rigore. «Fine dell’austerity», raccomandò Draghi, a marzo, sul “Financial Times”: se non si inonda l’economia di miliardi a costo zero, che non si trasformino in debito, il nostro sistema produttivo crollerà. «Oggi, gli unici soldi veri che l’Italia sta ricevendo sono quelli della Bce assicurati dalla “sorella” Lagarde», sfidando i falchi tedeschi. E’ così l’importante, l’Italia? Eccome: «Ci crediate o meno, è il luogo in cui si combattono e si combatteranno alcune battaglie decisive per la democrazia e la libertà, per il futuro della globalizzazione», assicura Magaldi.Spiegazione: fuggita la Gran Bretagna, in Ue – a parte il Belpaese – restano solo due grandi player, Germania e Francia: ma i rigidi assetti politici di Berlino e Parigi non consentono margini di manovra. Che l’Italia fosse l’unico laboratorio possibile, per riformare la governance continentale, lo si era già visto nel 2018, col Parlamento nel caos dopo il voto: il boom dell’incognita 5 Stelle, il Pd umiliato tra le macerie del renzismo (riformatore solo a chiacchiere) e l’impennata della Lega, ad archiviare l’obsoleto centrodestra. Come sarebbe andata a finire lo si capì da subito: «Saranno i mercati a insegnare agli italiani come votare», proclamò l’eurocommissario tedesco Günther Oettinger, «massone reazionario», mentre lo spread saliva prontamente. Poteri forti: «Fu Bankitalia – dice Magaldi – a convincere Mattarella a negare il ministero dell’econonia a Paolo Savona, che era lì apposta per provare a cambiare le regole che ci penalizzano da decenni». Il resto è cronaca: lo stesso Salvini la buttò in caciara enfatizzando il problema-migranti, per nascondere il fallimento gialloverde. «Lui e Di Maio dovettero ingoiare il rospo: a loro, Bruxelles non concesse neppure un irrisorio incremento del deficit».Unico accenno di riforma, l’alleggerimento fiscale vagheggiato dal leghista Armando Siri, messo però fuori gioco da un semplice avviso di garanzia. «Salvini si arrese, staccando la spina». Elezioni? Macché: i 5 Stelle – pur di non perdere la poltrona – si aggrapparono al «partito di Bibbiano», abbracciando uno Zingaretti che, fino a tre giorni prima, giurava: «Mai, con quei populisti». Cambiarono i suonatori, ma non lo spartito: ancora e sempre rigore, vigilato dall’emissario di turno dei soliti poteri (Roberto Gualteri, Pd, forgiato dall’eterna tecnocrazia di Bruxelles). Obiettivo: tirare a campare, in un’Italia sempre più precaria e impoverita, senza nessuna speranza nell’unica svolta politico-economica ormai drammaticamente indispensabile: la rottamazione della grande bugia neoliberista, del debito pubblico come colpa nazionale. «Il “fratello” Draghi si è ricordato delle sue origini, citando il New Deal di Roosevelt: senza un massiccio intervento statale, l’economia frana nella spirale della crisi». E’ la lezione di Keynes, oggi rispolverata dal fronte massonico progressista che si oppone alle restrizioni catastrofiche imposte con l’alibi del Covid, tra le mille opacità della gestione italiana della pandemia più strana e più sospetta della storia. Un disastro, per gli italiani. Ma per “Giuseppi”, una grande occasione.Il piccolo, oscuro “avvocato del popolo” – mai sentito nominare da nessuno, prima del 2018 – si è trasformato di colpo in mini-dittatore, miracolato dal coronavirus proprio quando il suo governicchio incolore stava per cadere. «Conte ha sbagliato tutto quello che poteva: ha agito in ritardo nel creare zone rosse e ha permesso la grande “fuga” dalla Lombardia contaminata, poi ha chiuso gli italiani in casa facendo crollare l’economia e in più li ha lasciati senza aiuti: c’è ancora chi aspetta la cassa integrazione». Su che pianeta vive, il Conte che l’11 giugno si è stupito di essere accolto in piazza al grido di “buffone”? Ci tiene proprio, a replicare le gesta delle varie Maria Antonietta della storia? Non si era accorto, che l’esaperazione popolare sta per esplodere? Cattive notizie, per “Giuseppi”: un sondaggio di inizio giugno svela che è Mario Draghi l’italiano che oggi riscuote più fiducia. «Credo che a volte la storia sia sarcastica, ironica, beffarda», commenta Magaldi. «Il Conte che convoca gli Stati Generali, richiamando la Francia del ‘700, non sa che quell’assemblea portò direttamente alla rivoluzione contro chi l’aveva convocata?».«La storia dell’appello agli Stati Generali non andrà a finire bene nemmeno stavolta», dice Magaldi in web-streaming su YouTube. Una pessima suggestione storica: «Chi li aveva convocati nel 1789 credeva di poter manipolare il popolo, fingendo di concedere una consultazione vasta per il bene collettivo: in realtà si volevano propinare le solite ricette, che non concedevano significative riforme – economiche, politiche e sociali». La storia si ripete? «A un sempre più stralunato Giuseppe Conte (e ai suoi consigliori ancor più stralunati, tanto per le questioni comunicative che per quelle economiche e legislative), quella storia avrebbe dovuto consigliare di scegliersi un altro titolo, per questa convocazione», aggiunge Magaldi. «Ma credo ci sia una sorta di “cupio dissolvi”: ognuno persegue il proprio destino – e questo vale anche per Giuseppe Conte e i suoi, che avranno un destino di disfatta. Dunque, se ci sono gli Stati Generali, andranno a finire come nel caso della Rivoluzione Francese. E’ davvero uno scivolone clamoroso: significa quasi attribuirsi in partenza un esito catastrofico, come quello degli Stati Generali parigini».Magaldi annuncia un ultimatim che il Movimento Roosevelt presenterà a Conte entro una decina di giorni: «Faremo una proposta precisa, facile da attuare in tempi brevissimi, per ognuno degli attuali ministeri: c’è bisogno di sostenere gli italiani, subito, con azioni chiare e immediate». Precisa Magaldi: «Noi siamo laici, non “tribali”: non ci interessa chi fa le cose che servono, l’importante è che le faccia». Conte? «Deve liberarsi – testualmente – di tutte le pervicaci e rapaci cazzate che vengono anche dal piano Colao». Privatizzare quel che ancora ci resta: «Tutte storie già viste, stroncate molto bene da Giulio Sapelli, ottimo economista italiano che tiene alta la fiaccola keynesiana: Sapelli ha ricordato che le proposte di Colao assomigliano alle cose che si insegnano nelle scuole per manager, mal digerite e certamente poco adatte alla realtà concreta». Se il governo si libererà «dalle elaborazioni irrisorie che verranno da questi Stati Generali», tanto meglio: «Non ci sarà bisogno, il 5 ottobre, di scendere in piazza». Il problema è anche come affrontarla, la piazza: Magaldi sta creando la Milizia Rooseveltiana, qualcosa che in Italia non sè ancora visto.«Sarà un teatro nonviolento ma fermo, scomodo e inflessibile nel denunciare quello che non va e nel proporre soluzioni ragionevoli». Milzia? Ovvio il riferimento, autoironico, al fascismo delle origini, specularmente capovolto a partire dallo slogan: “Dubitare, disobbedire, osare”, anziché “Credere, obbedire e combattere”. «Mobilitare il popolo è un’operazione complicata, difficile: la maggior parte dei manifestanti sono irrisori, nelle loro dimostrazioni di piazza». Magaldi pensa ai Gilet Arancioni di Pappalardo: «I media li sfottono, come se ormai fosse una follia il solo fatto di protestare civilmente. Ma gli obiettivi che indicano – riforme costituzionali, uscita dall’Ue e dalla Nato – richiedono decenni, a prescindere da come li si giudichi». Sul fronte opposto, c’è l’increscioso modello-Sardine: «Molto rumore per nulla: proposte irrisorie se non pericolose per la democrazia, come la pretesa della censura sui social per i ministri». Magaldi ha le idee chiare: «Non è più tempo di analisi, ma neppure di manifestazioni inutili: si sfila e si intonano cori, ma non si porta a casa niente. Vedrete: finiranno nel nulla anche le manifestazioni contro Trump».Da dove deriva, Magaldi, le sue sicurezze? Ovvio, dalle informazioni riservate di cui dispone: il back-office del grande potere, che oggi è spaccato in due. Da una parte il “partito del lockdown” e della polizia sanitaria, dall’altra i partigiani della democrazia. Gli uni hanno usato il sistema-Cina per forzare la mano e deformare l’Occidente, mentre i loro avversari hanno investito sul più impensabile degli alleati – l’orco Donald Trump – per sfrattare dai piani alti i supermassoni “golpisti”, travestiti da democratici. Esempi? I Clinton: Bill ha relagato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act (voluto da Roosevelt mezzo secolo prima) che impediva alla finanza speculativa di mettere in pericolo in risparmio privato. Quanto a Hillary, ha orchestrato le bolle di sapone dei vari Russiagate, obbedendo al “partito della guerra”. Di mezzo c’è stata la strategia della tensione planetaria gestita, secondo Magaldi, dalla superloggia “Hathor Pentalpha” creata dai Bush: roba loro, l’11 Settembre. Bottino: il saccheggio del Medio Oriente, grazie all’alibi del terrosismo islamico.«Osama Bin Laden – ricorda Magaldi – fu reclutato da Zbigniew Brezisinski in funzione antisovietica ai tempi dell’invasione dell’Afghanistan. Quello che pochi sanno – aggiunge l’autore di “Massoni” – è che Bin Laden fu iniziato alla superloggia “Three Eyes”, la stessa di Brzesinki e Kissinger». Poi i Bush lo dirottarono nella “Hathor”, «che più tardi affiliò anche Abu-Bakr Al Baghdadi, a cui venne dato il compito di mettere in piedi l’Isis, le stragi in Iraq e in Siria, i sanguinosi attentati in Europa». Fu lì, dice sempre Magaldi, che la piramide del potere occulto iniziò a incrinarsi: allo stesso saggio “Massoni”, forte di 6.000 pagine di documenti riservatissimi, hanno contribuito “grandi pentiti” del fronte oligharchico. Massonicamente, Magaldi li comprende: «Se sei consapevole del fatto che è stata la tua organizzazione, a fondare la modernità a colpi di rivoluzioni, un bel giorno puoi anche pensare di farne quello che vuoi, del mondo che hai fabbricato». Grave errore: «Noi progressisti li chiamiamo contro-iniziati: hanno tradito l’impegno massonico, che è per il bene di tutti, non di pochi. La loro è una filosofia: si sentono appartenenti a una sorta di “aristocrazia dello spirito”, si credono gli unici autorizzati a decidere i destini dell’umanità».Per questo, Magaldi li definisce neoaristocratici: «Vorrebbero ereditare il potere assoluto dell’aristocrazia di un tempo, che proprio i massoni abbatterono – in Francia, peraltro, anche con il contributo di elementi della stessa aristocrazia, e persino del clero: le logge del ‘700 erano davvero interclassiste». Discorsi che potrebbero sembrare lunari, non avessimo di fronte un tizio come “Giuseppi”, che qualcuno continua a scambiare per un politico dotato di un qualche spessore, e che ora s’è messo in testa di convocare a settembre gli Stati Generali, come quelli che nel 1789 scavarono la fossa alla corte di Parigi. Magaldi è drasticamente esplicito: «C’è un lavoro possente, condotto ai piani alti: aspettatevi di tutto, nelle prossime settimane». Qualcosa, a dire il vero, s’è già visto: in tempo di pace, non sarebbero mai circolate intercettazioni come quelle che imbarazzano Renzi (i servizi italiani utilizzati per fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate) e che travolgono il capo dell’Anm, Palamara, impegnato a trescare col Pd per tagliare le gambe a «quella merda di Salvini», in una palude maleodorante di favori. Ma il bello deve ancora arrivare, assicura Magaldi: crolleranno pezzi interi di establishment.La partita italiana ha rilievo mondiale, insiste Magaldi: solo da qui si può pensare di scardinare l’attuale euro-sistema, che lascia Conte in mutande e gli italiani in bolletta persino di fronte al Covid. «Il governo va incalzato con proposte che non potrà rifiutare: soluzioni ragionevoli, da attuare subito». Giorno per giorno, gli italiani vedono la reale dimensione del dramma: il Mes è un piccolo imbroglio, il Recovery Fund resta un miraggio. Serve qualcuno che, finalmente, prenda il toro per le corna e pretenda quello che ci spetta: miliardi, per uscire dal coma. E non solo: va sfidato, una volta per tutte, il regime bugiardo dell’austerity. Nessuna legge economica vita di metter mano a una super-spesa pubblica, in tempi di crisi. Occorre agire. Se non ora, quando? «Il 5 ottobre, se Conte non ci avrà ascoltato, scenderà in campo la Milizia Rooseveltiana», annuncia Magaldi. «Le nostre idee devono camminare sulle baionette (nonviolente) della nostra capacità rivoluzionaria, pacifica e gandhiana, che però si esercita in piazza».«Occorre mobilitare sempre più persone, in modo costante e veemente, che gridino il loro “basta”. Persone accigliate, severe. Persone che non hanno più voglia di ridere, perché c’è poco da ridere. Questo è un momento gravissimo, per le sorti dell’umanità e del popolo italiano». Non è più tempo di blog e video su YouTube, di manifestazioni innocue e velleitarie, di analisi acute e controcorrente. «Il punto vero è che poi, queste cose, devono diventano azione (nonviolenta), perché solo nell’azione ci si unisce, e si diventa popolo sovrano». L’azione vera – scandisce Magaldi – è quella di chi dice, «di fronte al potere, al popolo e a quei giornalisti che hanno ancora la schiena diritta», quali sono le cose che si potrebbero fare in uno, due o tre mesi. «La soluzione, oggi, non è nell’infinita analisi e nell’infinito racconto: arriva un momento, che è quello dell’azione». Per inciso: mezzo mondo sta osservando l’Italia, che finora a subito ogni imposizione ma sta cominciando ad agitarsi. Gli Stati Generali a settembre? Brutta storia: per Conte e Colao finirà malissimo, profetizza Magaldi. A una condizione: che a scendere in campo, finalmente, siano gli italiani. Non bastano, le élite democratiche: serve il popolo, per rivoluzionare la governance. Per chi non l’avesse ancora capito: la sgangherata Italia è l’epicentro di questo terremoto mondiale.E bravo “Giuseppi”: non lo sa che gli Stati Generali portano male a chi li convoca, specie se non è esattamente in buona fede? Nel 1789, in Francia, condussero velocemente alla Presa della Bastiglia: oggi il piccolo capo di questo Governo della Paura vuol proprio fare, il prossimo settembre, la stessa fine di Luigi XVI? «Anche noi lo aspetteremo al varco: ma anziché il 14 luglio, anniversario dell’inizio della Rivoluzione Francese, gli daremo tempo per meditare sull’ultimatum che riceverà entro una decina di giorni. Gliene chiederemo conto il 20 settembre, ricorrenza della Breccia di Porta Pia. E se non saremo stati ascoltati, scenderemo in piazza il 5 ottobre: data che ricorda la Marcia delle Donne, quando anche le cittadine francesi nel fatidico 1789 fecero rotta sulla reggia di Versailles per reclamare i loro diritti». Gioca con le date, Gioele Magaldi: ma il titolo del gioco è inequivocabile, si chiama rivoluzione. «Grandi cose accadranno, in questi mesi, dietro le quinte del potere: ci saranno botte da orbi, grazie alle manovre intraprese dalla massoneria progressista». Ma la notizia è un’altra: «Nessuna rivoluzione ha mai avuto successo, senza il determinante contributo del popolo».
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Magaldi: il Covid, guerra mondiale contro la nostra libertà
Sembra una pandemia, e invece è una guerra: scatenata contro tutti noi, da mani solo in apparenza ignote. Una strana guerra: contro la sicurezza sociale, la libertà, la democrazia. Contro il diritto di vivere come prima, contro il diritto alla felicità. Prima ci hanno provato con i golpe e gli omicidi eccellenti, poi con il cannibalismo mafioso di stampo finanziario, neoliberista. Per buon peso hanno aggiunto il terrorismo stragista, le Torri Gemelle, Al-Qaeda, l’Isis, i “regime change” delle rivoluzioni colorate, la sovragestione dell’emigrazione di massa. Ora ci riprovano, ma con un’arma ancora più micidiale: il virus. Attenzione, i registi sono sempre gli stessi. I loro antenati esordirono nel 1963, facendo saltare il cervello a John Kennedy. Dieci anni dopo, uccisero in Cile Salvador Allende. Poi annunciarono che la lunga marcia della democrazia doveva fermarsi, come ricordato (col sangue, ancora) dall’uccisione di Bob Kennedy, Martin Luther King e ogni altro leader veramente scomodo, dallo svedese Olof Palme all’africano Thomas Sankara fino all’israeliano Yitzhak Rabin. Oggi attaccano l’uomo che più temono, Donald Trump, perché ha osato ostacolare la loro principale macchina da guerra: la Cina e il suo alleato strategico, l’Oms. Strano: il flagello Covid è esploso a Wuhan subito dopo l’umiliante stop, imposto dalla Casa Bianca, all’ambiguo espansionismo cinese.Solo a un cieco può sfuggire il disegno: sembra una semplice emergenza sanitaria (sia pure abnorme, capace di paralizzare il mondo), e invece è soprattutto una guerra. Una subdola Terza Guerra Mondiale combattuta sotto falsa bandiera, dove niente è come appare e nessuno è davvero quello che dice di essere. Se la lente deformante del complottismo iperbolico dà una mano ai signori della guerra sporca e ai loro media, aiutadoli a screditare in partenza chiunque provi a leggere dietro la cronaca, c’è chi si sforza di unire i puntini. Lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi, per esempio. La sua tesi: il coronavirus è solo l’innesco. Ormai il morbo sembra praticamente estinto, ma la minaccia viene tenuta in vita a tutti i costi. Le cure oggi esistono, ma sono deliberatamente ignorate perché si vorrebbe imporre il vaccino universale, magari anche con il Tso per i refrattari. E il vaccino a sua volta è solo la premessa per tutto il resto: il tracciamento orwelliano, le App occhiute e il microchip sottopelle, magari gestito dalla rete wireless 5G di ultima generazione. Obiettivo: il dominio assoluto sull’individuo, sottoposto a una psico-polizia sanitaria, grazie al ricatto della paura. Fantascienza distopica: qualcosa di mostruoso sta per invaderci? Sì, certo: «Con il Sars-Cov-2 hanno fatto solo la prova generale. Domani, qualcuno potrebbe immettere un virus ben più letale, fabbricato in laboratorio».E’ un’ipotesi evocata da un analista spiazzante come Gioele Magaldi, massone progressista e autore di un bestseller (”Massoni”, appunto) uscito nel 2014 per Chiarelettere: «Il sequel uscirà a novembre e conterrà precise rivelazioni sulla regia occulta dell’operazione coronavirus, tuttora in corso». Un capolavoro infernale: il panico di massa scatenato dall’allarme pandemia «è riuscito a rovinare i grandi successi economici di Trump giusto alla vigilia delle elezioni americane, nonché a schiantare un paese come l’Italia, che ora è sull’orlo del baratro grazie al peggiore dei lockdown, il più severo e insensato». Tu chiamale, se vuoi, coincidenze. Oggi, osserva un reporter come Massimo Mazzucco, è la paura della povertà (milioni di cittadini trasformati in disoccupati, da un giorno all’altro) a incendiare la rabbia, negli Usa, contro la vergogna nazionale del razzismo che ancora ammorba la polizia. «Fa malissimo, Trump, a ignorare la parte genuina della protesta», dice Magaldi: «Migliaia di americani sono giustamente indignati per lo scandalo della violenza sistematica degli agenti contro i neri, come s’è visto anche nel caso di George Floyd». Ma attenzione: «Tutti attaccano Trump senza farsi una domanda: perché Barack Obama, primo presidente “nero”, in otto anni alla Casa Bianca non ha fatto assolutamente nulla per ripulire la polizia da questa piaga ignobile?».Poi, naturalmente, ci sono gli altri protagonisti delle rivolte: le falangi eterodirette, gli squadristi truccati da “antifascisti”. «Un teatro grottesco, inscenato per dare del fascista al “puzzone” Trump: quasi fosse lui il responsabile della morte di Floyd, e non i suoi aguzzini, peraltro immediatamente arrestati». Estremismo pilotato, strategia della tensione: è possibile non accorgersene? Eccome: i fuochi fatui funzionano a meraviglia, per distrarre i meno attenti. In Italia c’è ancora chi perde tempo nel più tragicomico dei derby, quello tra Salvini e le Sardine, mentre il potere – quello vero – paralizza il paese condannandolo alla retrocessione, e gli squali mandano avanti il loro uomo, Vittorio Colao, con una proposta antichissima: svendere tutto quel che resta, ai soliti amici degli amici. Una spettrale riedizione degli anni Novanta, con analoga sequenza: prima la crisi (Tangentopoli, allora), la liquidazione giudiziaria della Prima Repubblica, le bombe mafiose a Milano e Firenze, l’eliminazione dei testimoni più scomodi di certi giochi (Falcone e Borsellino), e infine la grande svendita del paese affidata a terminali come Prodi e Draghi. Risultato: lo scalpo del Belpaese sull’altare di Maastricht, sacrificato al mercantilismo tedesco in cambio dell’adesione della Germania all’euro, pretesa dalla Francia. Insieme al Made in Italy, rottamata anche la politica: prima la finta guerriglia contro l’imbarazzante Berlusconi, poi l’avvento di Monti e le mezze figure a seguire, il fanfarone Renzi, lo sbiadito Gentiloni. E lo sconcertante Conte.Tutto si tiene, avverte Magaldi, che offre il seguente ragionamento: l’offensiva Covid è stata scatenata in tutta la sua potenza (imponendo il lockdown) dopo che il potere neoliberista aveva subito grandi rovesci. Il peggiore? L’elezione di Trump alla Casa Bianca. Ma non solo: «Christine Lagarde, Mario Draghi e la dirigenza del Fmi hanno abbandonato il fronte oligarchico per passare alla massoneria progressista, keynesiana». Parlano i fatti: Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario, dice che l’Occidente muore, se non mette fine all’austerity. L’ex capo della Bce ha esposto il suo pensiero sul “Financial Times”, a fine marzo: servono oceani di miliardi da regalare all’economia, e subito, pena il collasso di sistemi come quello italiano. E la Lagarde, che ha preso il posto di Draghi a Francoforte, ha messo mano al bazooka sfidando la Germania: miliardi a pioggia, anche sull’Italia messa in croce da Conte. «Quelli della Bce – dice Magaldi – sono gli unici soldi veri che stanno arrivando: altro che le ciance sul Mes o sul Recovery Fund che scatterà forse nel 2021: quanti italiani arriveranno, vivi, al 2021? Qui si fanno solo chiacchiere, si dispensano briciole, molti aspettano ancora la cassa integrazione. Migliaia di aziende non riapriranno, decine di migliaia di famiglie non sanno come arrivare a fine mese. Cosa aspettano, a Palazzo Chigi? Vogliono vedere le strade invase da folle inferocite, con le auto rovesciate e incendiate?».Presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi annuncia un ultimatum a Conte: «Al governo, faremo proposte precise, salva-Italia, da attuare nel giro di un mese». Le piazze già ribollono, ma col rischio di finire fuori bersaglio, in mezzo al solito chiasso mediatico depistante: «Sfottono Pappalardo e i suoi Gilet Arancioni per il teatro messo in scena, come se protestare fosse ormai vietato, ma è lo stesso Pappalardo a evocare obiettivi che, comunque li si giudichi, sono irrealistici se non in termini decennali: riforme costituzionali, l’uscita dall’Ue e addirittura dalla Nato». Sul fronte opposto, fino a ieri si agitava il perbenismo delle Sardine: «Da loro, solo proposte ridicole e irrisorie. O addirittura pericolose per la democrazia, come la pretesa di imporre sui social la censura ai ministri». In tanti, ancora oggi, si lasciano ipnotizzare dall’odio per Salvini, pesce piccolo (piccolissimo) nell’acquario-Italia, senza vedere la burrasca che sta devastando l’oceano: la guerra ibrida, spaventosamente insidiosa, contro la libertà e la democrazia. Qualcosa che non s’era mai visto prima, in questi termini: un’arma di distruzione di massa in grado di minacciare il mondo, fino a deformarlo per sempre.Il primo a dirlo, a modo suo, è stato Bob Dylan: con la canzone “Murder Most Foul”, il grande cantautore, Premio Nobel per la Letteratura («e massone progressista», assicura Magaldi), ha messo in relazione l’esplosione del Covid con l’omicidio di Dallas: come se gli eredi dei killer di Kennedy avessero a che fare direttamente con il nuovo terrorismo sanitario. A scanso di equivoci, lo stesso Dylan ha presentato il brano “False Prophet” esibendo uno scheletro che impugna una siringa. Contro il “falso profeta” Bill Gates (a cui Conte si è impegnato a regalare milioni, per i suoi vaccini), Robert Kennedy Junior ha scatenato una polemica furibonda, puntando il dito contro il pericoloso triangolo formato da Gates, dal guru Anthony Fauci e dall’Oms foraggiata dalla Cina. Tutti fieri avversari di Trump. Ma il cognome Kennedy non dovrebbe essere all’opposizione del “puzzone” che siede alla Casa Bianca? In teoria, sì. In apparenza. Fino all’altro ieri, almeno. La verità – dice Magaldi, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine” (quella di Gandhi) – nel 2016 la massoneria progressista ha appoggiato in modo decisivo proprio Trump: meglio lui, piuttosto che Hillary Clinton.“The Donald” avrebbe funzionato come ariete, per rompere il dominio dell’élite neoliberista: quella che con Bill Clinton ha regalato i pieni poteri a Wall Street, stracciando il Glass-Steagall Act che separava le banche d’affari dal credito ordinario, e che poi con il clan Bush ha progettato l’inferno del terrorismo “islamico”. C’era quasi riuscito, Trump: aveva fatto volare l’economia americana (meno tasse, più deficit) e aveva fermato l’inarrestabile avanzata della potenza cinese, fatta entrare nel grande gioco mondiale del Wto senza pretendere garanzie democratiche, diritti sindacali e tutele dell’ambiente. «Il problema – avverte Magaldi – non è la Cina, di per sé, ma il potere sovranazionale che usa il sistema-Cina come clava, per “cinesizzare” l’Occidente: lo si è visto benissimo con il lockdown di Wuhan, presentato come modello virtuoso e immediatamente replicato in Italia». Magaldi fornisce occhiali speciali, supermassonici: ricorda che fu Kissinger (superloggia “Three Eyes”) a sdoganare il gigante asiatico. Kissinger, grande regista del golpe cileno, fu il primo a scommettere sul regime dittatoriale di Pechino come alternativa all’Occidente democratico, contro la primavera dei diritti che animava il sogno della New Frontier di Kennedy.Siamo ancora a questo? Allo scontro tra democrazia e oligarchia? Assolutamente sì: è esattamente il tema della grande guerra in corso, sullo sfondo incendiario della rabbia crescente degli italiani e di quella esplosiva degli americani, oggi inferociti contro la polizia. In palio non ci sono singole elezioni, piccole carriere, politicanti di rango nazionale allevati da partiti-fantasma che ancora recitano il minuetto destra-sinistra, seppellito consensualmente col rigore neoliberista alla massima potenza, come nel caso del Rigor Montis (pareggio di bilancio, legge Fornero) convalidato senza fiatare dal “compagno” Bersani. Meglio resettare la lavagna, sollevando finalmente lo sguardo. L’obiettivo è il più alto possibile: la nostra libertà, minacciata dal ricatto del virus con l’alibi della sicurezza sanitaria. Magaldi però non è pessimista: «Non sono riusciti a distruggere la democrazia né col neoliberismo finanziario, né col terrorismo. E non ci riusciranno nemmeno stavolta: ma bisogna sapere quello che sta succedendo davvero. Siamo tutti in pericolo. E occorre essere pronti a combattere, in modo democratico: perché chi ha gestito questo virus ha dichiarato guerra alla nostra libertà».Sembra una pandemia, e invece è una guerra: scatenata contro tutti noi, da mani solo in apparenza ignote. Una strana guerra: contro la sicurezza sociale, la libertà, la democrazia. Contro il diritto di vivere come prima, contro il diritto alla felicità. Prima ci hanno provato con i golpe e gli omicidi eccellenti, poi con il cannibalismo mafioso di stampo finanziario, neoliberista. Per buon peso hanno aggiunto il terrorismo stragista, le Torri Gemelle, Al-Qaeda, l’Isis, i “regime change” delle rivoluzioni colorate, la sovragestione dell’emigrazione di massa. Ora ci riprovano, ma con un’arma ancora più micidiale: il virus. Attenzione, i registi sono sempre gli stessi. I loro antenati esordirono nel 1963, facendo saltare il cervello a John Kennedy. Dieci anni dopo, uccisero in Cile Salvador Allende. Poi annunciarono che la lunga marcia della democrazia doveva fermarsi, come ricordato (col sangue, ancora) dall’uccisione di Bob Kennedy, Martin Luther King e ogni altro leader veramente scomodo, dallo svedese Olof Palme all’africano Thomas Sankara fino all’israeliano Yitzhak Rabin. Oggi attaccano l’uomo che più temono, Donald Trump, perché ha osato ostacolare la loro principale macchina da guerra: la Cina e il suo alleato strategico, l’Oms. Strano: il flagello Covid è esploso a Wuhan subito dopo l’umiliante stop, imposto dalla Casa Bianca, all’ambiguo espansionismo cinese.
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Sapelli: solo prestiti e tasse, così l’Ue farà a pezzi l’Italia
Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.L’Ue ricercherà sui mercati mondiali circa 750 miliardi di euro. Li prenderà a prestito. Di questi, come si è detto, 500 saranno erogati come sussidi e garanzie. Altri 250 saranno prestati agli Stati dopo negoziazioni che dilanieranno l’Europa, piuttosto che unirla – purtroppo – come pensano, se pensano, le anime belle. Si dice che l’Italia otterrà, grazie agli accordi informali già stipulati, circa 80 miliardi di sussidi e 90 di prestiti. Quello che non dice nessuno (salvo l’attento e severo professor Perotti a cui vanno resi onore e gloria) è che anche i sussidi saranno raccolti dall’Ue a debito e non saranno regalati a nessuno perché andranno ripagati con finanziamenti degli Stati dell’Ue. Come? Si è ancora incerti, ma le nuove tasse non potranno mancare e saranno parametrate al Pil degli Stati medesimi con proporzionalità alle quote nazionali che concorrono a formare il bilancio dell’Ue. Si dovrebbero ottenere circa 17 miliardi di sussidi (non tantissimi!) nel corso dei quattro anni a partire dall’1 gennaio del 2021, con un esborso molto diluito nel tempo. Certo c’è grande differenza nei tassi: l’Ue emette debito a tassi inferiori a quello di ogni singolo Stato, ma la sostanza dell’indebitamento rimane, risparmiando circa, io credo (con il buon Perotti), un miliardo, un miliardo e mezzo l’anno.Il problema forse ancora più grande, vista l’incapacità assoluta delle attuali classi politiche di gestire la cosa pubblica, è il fatto che il governo, i governi presenti e futuri, dovranno amministrare una quota non indifferente del Pil in quattro anni con piani in parte indicati dalla Commissione, ma in parte affidati alle classi politiche attualmente incaricate di governarci. Se si pone mente a quale sia lo stato di frantumazione e divisione profonda in cui è caduto lo Stato italiano devertebrato e patrimonializzato sia da gruppi di interessi, sia dagli ordini dello Stato (in primis l’ordine giudiziario trasformatosi in potere che promana da ordinamenti di fatto in continuazione annichilendo la stessa Costituzione repubblicana nel sonno della Corte costituzionale, a differenza di ciò che accade in Germania e in Francia e in Spagna) si comprende quale rischio corra la cosa pubblica per effetto dell’aprirsi di una cornucopia che invece che darci, come si dice, la salvezza, mi pare che ci darà il colpo finale come Repubblica parlamentare, come Stato, come comunità.La crisi dell’ordoliberismo – del resto – non si ferma. l’Europa rischia scontri tra le nazioni potenti e pericolosissimi se non si ritroverà la saggia meditazione sulla necessità di lavorare per costruire uno stato di diritto in Europa sospendendo i Trattati e ripensando tutta l’architettura dell’Unione. Del resto l’articolo 112 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione del 2012 recita proprio in tal senso quando evoca eventi catastrofici in presenza di cui si possono sospendere tutti i Trattati tra gli Stati che reggono l’Europa funzionalista senza sovranità e senza leggi.(Giulio Sapelli, estratto dall’intervento “Col Recovery Fund ancora più tasse, così l’Italia va in pezzi”, pubblicato sul “Sussidiario” il 30 maggio 2020).Se non si comprende che la proposta di Recovery Fund proviene da un’Europa in cui il capitalismo è impegnato in una guerra affannosa per la sopravvivenza per la crisi pandemica, non si comprende il senso della tragedia che si avvicina. Pensate all’acciaio e al destino cui una classe tecnocratica e politica europea (così si autodefinisce) l’ha ridotto. Il caso Ilva ne è l’emblema, con la sua definitiva scomparsa dopo averla affidata all’unico gruppo mondiale che ricercava senza mascheramenti di ridurre la sovrapproduzione in cui era immerso, tanto che andrà chiusa… facendo sì che la siderurgia ad acciai speciali migliore del mondo non possa partecipare alla gara per la futura ricostruzione mesopotamica, grazie alla concorrenza sleale degli acciai cinesi e degli altri produttori turchi ed europei. Il solo Massimiliano Salini, non a caso cremonese e giustamente impegnato nella difesa del suo territorio, l’ha recentemente con coraggio ricordato, questo vero e proprio dramma che non interessa più nessuno e che cova una tragedia umana, sociale, ambientale, politica, terroristica. Ma veniamo al parto del bimbo deforme, poverino, battezzato Next Generation Eu. Frutto del travaglio della Commissione, potrà essere attivato – lo si legge solo sul “Wall Street Journal” – il primo di gennaio del 2021, quando la cenere si sarà posata. Vediamo di fare chiarezza nella tragedia.
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Tutti da ridere, gli inesistenti “aiuti” europei targati Conte
La Commissione Europea ha proposto per l’Italia – nel programma di Recovery Fund – tra i 153 e i 172 miliardi, di cui 81 “a fondo perduto” e il resto come prestiti da restituire (se fossero 172 miliardi, il prestito sarebbe di 91). Il nostro paese sarebbe quello che riceverebbe la somma più alta dell’intero piano di aiuti. Urla di giubilo tra gli eurofanatici e i membri del governo, ben sostenuti da un’accurata propaganda dei media. Iniziamo a vedere, in due punti, come stanno davvero le cose. Primo punto. Perché la proposta della Commissione Europea diventi realtà servono ancora due passaggi: l’approvazione del Parlamento Europeo e quella del Consiglio Europeo. In quest’ultimo occorre però l’unanimità (l’Olanda ha già detto no), quindi – alla fine delle trattative – bisogna vedere cosa resta. Ma la mossa della Ue – probabilmente oggetto di un accordo tra Conte e Gentiloni – è abile: serve adesso per far votare in Parlamento ai 5 Stelle il pacchetto che prevede, tra le altre misure, anche il Mes.Secondo punto: il cosiddetto contributo “a fondo perduto” sarà finanziato col prossimo bilancio pluriennale della Ue, dunque prima versiamo e poi vi attingiamo. Quindi proprio “perduto” non è, anche perché aumenterà la nostra contribuzione annua al bilancio europeo. Se anche il contributo a “fondo perduto” restasse di 81 miliardi, tolto quello che verseremo nel bilancio comunitario, ci resterebbero solo 26 miliardi. Meno del Mes. La conferma arriva anche dalle parole dell’ex ministro Carlo Calenda, europeista convinto e certamente contento per l’impegno della Commissione Europea, che dalla trasmissione della Gruber parla di 26 miliardi netti “a fondo perduto” in 5 anni, definendo una speculazione della stampa l’annuncio dei 172 miliardi. In pratica, al netto della propaganda governativa e dei media e al netto della nostra contribuzione al bilancio Ue, siamo di fronte a poco più di 5 miliardi l’anno a “fondo perduto”, a partire dal 2021. Una cagatina di mosche.Tutto il resto saranno prestiti da restituire. I 172 miliardi sono una vera e propria trovata pubblicitaria della stampa e delle televisioni. A svelare l’inganno ci pensa anche Christian Odendahl, capo economista del Centre for European Reform, che su Twitter conferma che dagli 82 miliardi “a fondo perduto” per l’Italia vanno sottratti 56 miliardi di nostra contribuzione al bilancio Ue. Insomma, netti sono 26 miliardi in 5 anni: quasi niente. Questi i numeri, ad andarci bene. Sempre che l’Olanda e gli altri paesi del Nord Europa non tentino, in seno al Consiglio Europeo, a dare il loro ok solo su un accordo a ribasso (in un video spiego, in poco più di 2 minuti, come stanno veramente le cose). Siamo di fronte all’ennesima presa in giro di un popolo allo stremo delle forze.(Giuseppe Palma, “Le balle sui 172 miliardi del Recovery Fund. Solo propaganda. Ecco i numeri reali”, da “Scenari Economici” del 28 maggio 2020).La Commissione Europea ha proposto per l’Italia – nel programma di Recovery Fund – tra i 153 e i 172 miliardi, di cui 81 “a fondo perduto” e il resto come prestiti da restituire (se fossero 172 miliardi, il prestito sarebbe di 91). Il nostro paese sarebbe quello che riceverebbe la somma più alta dell’intero piano di aiuti. Urla di giubilo tra gli eurofanatici e i membri del governo, ben sostenuti da un’accurata propaganda dei media. Iniziamo a vedere, in due punti, come stanno davvero le cose. Primo punto. Perché la proposta della Commissione Europea diventi realtà servono ancora due passaggi: l’approvazione del Parlamento Europeo e quella del Consiglio Europeo. In quest’ultimo occorre però l’unanimità (l’Olanda ha già detto no), quindi – alla fine delle trattative – bisogna vedere cosa resta. Ma la mossa della Ue – probabilmente oggetto di un accordo tra Conte e Gentiloni – è abile: serve adesso per far votare in Parlamento ai 5 Stelle il pacchetto che prevede, tra le altre misure, anche il Mes.
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Dal Fmi 400 miliardi a costo zero, però l’Italia non li vuole
Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.Bisogna incidere sulle aspettative, dicendo chiaramente su quante risorse gli italiani possono contare, in quali tempi e a che condizioni. Ci dev’essere, poi, uno effetto shock sulle aspettative. Per semplificare: se metto nel sistema un euro, è un euro buttato; se ci metto un trilione, quel trilione agisce sulle aspettative, perché crea sicurezza intorno ai flussi di reddito che si materializzeranno nel futuro prossimo amplificandone l’impatto. Merkel e Macron hanno trovato un’intesa sul Recovery Fund: 500 miliardi di trasferimenti a fondo perduto dal bilancio Ue. Innanzitutto mi limito ad osservare che Austria, Olanda, Finlandia e Danimarca per ora si oppongono. Sono gli stessi paesi che finora hanno impedito l’accordo. E senza unanimità non se ne fa nulla. Un altro requisito chiave sono le dimensioni: di 100 miliardi in 100 miliardi non andremo da nessuna parte. E poi, ammesso che l’operazione riesca, che fondo sarà? Che tipo di condizionalità imporrà esplicitamente o implicitamente? Un fondo “emasculated”, come dicono gli americani, o che invece ha “grinta e denti”, sono due realtà completamente diverse. Come sarà il Recovery Fund non lo sappiamo e probabilmente occorrerà ancora parecchio tempo per capirlo.Il livello di cooperazione europea è molto importante, ma potrebbe non bastare. Molti dettagli del nuovo strumento sono ancora indeterminati, come quelli di altri strumenti europei. Un fatto è certo: i nostri spazi di finanza pubblica sono angusti e i debiti vanno sempre restituiti. Da dove cominciare? All’Italia serve una modernizzazione della propria economia. Una semplificazione della normativa ci consentirebbe di rilanciare le opere pubbliche e creare posti di lavoro. L’esempio virtuoso è il nuovo ponte di Genova: va riprodotto quel modello. La competitività dei paesi non si misura solo dal rapporto debito-Pil, ma anche dai giorni necessari per attivare i permessi regolamentari necessari, per accedere al credito, o per la risoluzione di una disputa contrattuale. Intervenire su questi parametri non necessariamente comporta l’esborso di risorse finanziarie; e oggi diventa ancora più urgente, visto che le nuove norme anti–Covid hanno l’effetto netto di aumentare ancor più il peso di burocrazie e codicilli sulle attività economiche, per le quali già il nostro paese vantava un considerevole primato.Insieme all’ex segretario al Tesoro britannico Jim O’Neill, io ho elaborato una proposta. Chiediamo che il Fmi emetta dei diritti speciali di prelievo (Dsp, Special Drawing Rights). Il “Financial Times” ha proposto di emettere Dsp per 1,250 trilioni di euro. Noi sviluppiamo una proposta per moltiplicare la capacità di questa allocazione. I Dsp sono assegnati ai paesi membri del Fmi sulla base delle quote detenute nella base di capitale del Fondo. All’Italia, con quota pari al 3,17%, andrebbero circa 40 miliardi di euro. Una cifra superiore alla linea di credito del Mes per la pandemia, e a condizionalità zero. Questi 40 miliardi si possono usare a garanzia per costruire un veicolo finanziario che a sua volta emette obbligazioni acquistabili da altri paesi, utilizzando le rispettive allocazioni di Dsp. Questo eviterebbe l’accumulo di ulteriori passività nel bilancio dello Stato.Prospettive di investimento per l’Italia? Se ipotizziamo un rapporto di leva finanziaria uno a cinque, l’Italia potrebbe aumentare la propria capacità finanziaria da miliardi a 200 miliardi di dollari. Gli altri paesi del Fmi sarebbero d’accordo? Serve l’accordo dell’85% dei paesi membri. Gli Usa, con il 17,45% delle quote, avrebbero potere di veto, ma difficilmente lo userebbero davanti al crollo dell’economia mondiale. Inoltre gli Usa potrebbero acquistare parte di queste obbligazioni senza pesare sul contribuente americano, ma usando parte delle allocazioni che il Tesoro Usa riceverebbe dall’emissione di Dsp. Perché agli investitori dovrebbe convenire sottoscrivere il veicolo? Si tratta di mobilizzare una “coalizione di volenterosi” tra quei paesi con maggiori riserve. Questi mobilizzerebbero parte delle allocazioni di Dsp ricevute per sottoscrivere le obbligazioni del veicolo. Così facendo, beneficerebbero di un interesse positivo, anche se non elevato, sulle loro sottoscrizioni, vedendosi remunerare la loro solidarietà. Ribadisco che utilizzerebbero le risorse addizionali liberate proprio attraverso l’emissione di Dsp, senza pesare sulla fiscalità generale e sui propri contribuenti.E la Cina? Con le sue ingenti riserve, potrebbe essere uno di questi paesi volenterosi, come del resto gli stessi Stati Uniti. Ripeto: non si tratta di chiedere regali, ma piuttosto attivare un meccanismo virtuoso con la creazione di nuove risorse che renda politicamente agevole il sostegno ai paesi maggiormente affetti dalla pandemia, come l’Italia. Che ruolo potrebbe avere la Bce? Potrebbe sottoscrivere parte delle obbligazioni del veicolo insieme ad altri soggetti istituzionali e sovrani. Quello sul Mes non è un reale dibattito. Mi è parso che si trattasse di ratificare una decisione già presa a priori e all’inizio della pandemia. L’impatto della crisi sull’economia italiana è così profondo e avvolgente che non si può arginare con un solo strumento, né il Mes né il nostro. C’è bisogno di più strumenti e della creazione di nuove risorse, che ogni paese dovrebbe o potrebbe coordinare secondo le sue specificità. Ecco, su questo è mancato un dibattito vero, a tutto tondo, nel nostro paese. Perché il governo non ha esplorato altre soluzioni? Questa è un’ottima domanda che giro a voi, fiducioso che interlocutori istituzionali possano raccoglierla.Che cosa mi lascia più perplesso? L’Italia ha chiesto un prestito Mes fino all’altro ieri, addirittura subordinando l’adesione alla scelta di Francia e Spagna. Come se accodarsi ad altri potesse garantire una sorta di immunità di gregge capace di diminuire l’impatto, in termini di responsabilità, associato al programma. Qui nascerebbero molte domande. Perché quei paesi si sono ritirati? L’Italia intende seguirli? Il Mes non era conveniente? Purtroppo, in Italia, si è teso a far coincidere, in modo puramente strumentale, la posizione a favore o contro il Mes come europeismo o anti-europeismo. Dovremmo allora concludere che anche Francia, Spagna, Grecia e Portogallo sono diventati anti-europeisti l’altro giorno, decidendo di non avvalersi del Mes? Io credo che si possa essere europeisti pur avendo qualche riserva su come gli aiuti esterni sono configurati. È vero, stando a come viene presentata, che la linea di credito anti-pandemica del Mes è a bassa condizionalità, per ora. Se a causa del crollo del Pil e del fardello dell’elevato debito pubblico i nostri fondamentali si deteriorassero, scatterebbero clausole di salvaguardia più impegnative. Che impatterebbero sulle tasche dei cittadini. Credo che questo andrebbe spiegato loro.(Domenico Lombardi, dichirazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Meglio i 200 miliardi (a costo 0) del Fmi che l’Italia non vuole usare”, pubblicata dal “Sussidiario” il 21 maggio 2020. Lombardi è stato un consigliere economico del Fmi).Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.
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Seconda ondata Covid e IV Reich: così moriremo, nel 2021
L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.La Germania dà molti soldi alle famiglie e alle imprese, in modo che queste ultime possano prendersi quote di mercato e aziende dei paesi sottomessi e sliquidizzati. Il governo italiano potrebbe fare la medesima cosa, perché gli stessi trattati europei lo consentono; ma, essendo comandato da Berlino, agli italiani ha promesso poco e dato quasi niente, nemmeno la cassa integrazione, e quel che forse darà alle imprese saranno garanzie per prestiti bancari onerosi, perlopiù per far sì che paghino le tasse a giugno indebitandosi ancora di più. E il Recovery Fund vive solo nel suo story telling. Buona parte delle piccole e piccolissime imprese non riaprirà o chiuderà presto per mancanza di soldi o di convenienza a lavorare alle condizioni restrittive imposte. Avremo milioni di disoccupati in più. Il gettito fiscale affonderà, gli oneri sociali schizzeranno, nel 2021 vi sarà una spaventosa crisi finanziaria. I disoccupati vedranno i capitali stranieri fare shopping delle migliori aziende italiane, aiutati dalle banche e dal governo, come già sono abituati a fare.Solo allora la bovina opinione pubblica capirà il disastro e il tradimento, la vastità della voragine che aperta già oggi. Se a quel punto il governo imporrà maggiori tasse, toglierà denaro a un’economia già dissanguata, causando insolvenze a catena e ulteriori morie aziendali – anzi, come farà a prelevare sangue che non c’è? E come farà a pagare gli stipendi e le rendite alla sua pletora di dipendenti e di assistiti inutili e falsi invalidi da mangiatoia elettorale? Chiederà allora i soldi del Mes, prestiti a breve termine con condizionalità, che vincoleranno la politica economica di ogni futuro governo per molti anni ai diktat di Berlino. Forse, per reazione, arriverà un governo con la volontà e la forza di strappare con Brussel e il Quarto Reich. Ma se resterà in carica un governo europeista, a quel punto esso dovrà fronteggiare uno scontento popolare molto energico e dirompente, e prevedo che lo farà servendosi di una nuova e già preannunciata emergenza epidemica, una seconda ondata del virus, peggiore della prima, che gli consentirà di indire un coprifuoco per tener vuote le piazze e impedire l’attività politica, aiutandosi anche con le app di tracciamento individuale obbligatorie.Se lo spread, il rating e i mercati non bastano per educare gli Italiani, vi sono altri mezzi. Dato che le opposizioni sono impotenti, il Parlamento disattivato, e che le forze armate nazionali non prendono l’iniziativa, l’intervento di Washington su Berlino è l’unica possibilità per salvare l’Italia, ancorché astratta. Berlino non si sta affatto preparando a lasciare l’Eurozona o l’Unione, come molti pensano, bensì a dominarla più saldamente: infatti, con la recente sentenza, la Corte Costituzionale di Karlsruhe si è posta al di sopra della Corte Europea e dell’indipendenza statutaria della Bce, come suprema fonte della legalità dell’Unione Europea. Se non ora, quando? Se non Donald, chi?(Marco Della Luna, “Seconda ondata e Quarto Reich”, dal blog di Della Luna del 16 maggio 2020).L’unica cosa che possa evitare all’Italia il disastro economico e sociale entro uno o due anni, è l’immediata creazione e distribuzione di massicci mezzi monetari senza indebitamento, del tipo banca centrale o biglietti di Stato, a circolazione interna se non europea. Ma Berlino non vuole – riserva a sé questa facoltà, per scopi di supremazia. Gli Usa, se non vogliono vedere l’Italia presto mangiata dalla Germania, possono mobilitare le forze che hanno in Germania e in Italia e fare un régime change, eliminando la cricca suprematista eurogermanica, poiché Berlino vuole che l’Italia resti senza moneta onde potersi pappare gli assets italiani, spartendoseli con Parigi; poiché a questo fine la sua Corte Costituzionale ha bocciato il Qe che mantiene sostenibile il debito pubblico italiano; poiché i vertici istituzionali italiani sono sottomessi a Berlino; e poiché le uniformi italiane ancora non intervengono a difesa della patria e della sua Costituzione in pericolo e obbediscono ai golpisti, anche se crescono i segni di riflessione.
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La Germania: niente soldi all’Italia. Capito, Pd e 5 Stelle?
Gli “europeisti” italiani, da Gentiloni e Sassoli, passando per Zingaretti e Bersani, lo stesso Conte il suo ministro Gualtieri, prendano nota: la Germania boccia il diritto della Bce di assistere i paesi travolti dal Covid. Lo conferma la storica sentenza con cui la Corte Costituzionale di Karlsruhe il 5 maggio ha condannato il governo e il Parlamento tedesco, imponendo alla Bundesbank di partecipare ai programmi della Bce solo a patto che il “quantitative easing” favorisca la Germania. «Cari italiani, non vi lasceremo soli», annunciò oltre un mese fa – parlando in italiano – la presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, votata dal Pd ed eletta con il contributo determinante dei 5 Stelle, oggi letteralmenre scomparsi dai radar (se non per il viceministro della sanità Sileri che preannncia il vaccino obbligatorio come precondizione per riottenere la libertà). Due anni fa, quando Mattarella sbarrò a Paolo Savona le porte del ministero dell’economia, temendo la reazione contraria dei “mercati” (più decisivi, quindi, della volontà degli elettori italiani), l’euro-commissario tedesco Günther Oettinger si affrettò a “ricordare” che sarebbe stata proprio la finanza privata a «insegnare agli italiani come votare». Fallito nel 2019 il governo gialloverde, la sua attuale controfigura – il Conte-bis – ora rischia di schiantarsi contro l’ennesimo “niet” proveniente dalla Germania: niente soldi, per voi italiani, neppure di fronte alla catastrofe del coronavirus.Come osserva Stelio Mangiameli sul “Sussidiario”, siamo di fronte all’inizio della fine dell’Ue. Il cuore profondo della Germania bancaria, che si esprime oggi attraverso la corte di Karlsruhe, è pronto a tutto: sfidando la Bce, intende «fermare il processo di integrazione europeo sul bagnasciuga dell’intergovernativo e della perfetta simmetria», anche se questo dovesse costare «la vita all’euro e all’Unione Europea». La Germania, peraltro – ricorda Mangiameli – non ha mancato un solo appuntamento, dal 1992 (Trattato di Maastricht) «per avvantaggiarsi quanto meglio e di più, a cominciare dalla fissazione del cambio dell’euro, con il quale fece pagare agli altri, compresa l’Italia, i costi della sua riunificazione». Poi, durante la crisi economica e nella vicenda greca, «ne approfittò, consentendo ai trust tedeschi di fare acquisti di infrastrutture greche importanti (come gli aeroporti)», e tutto questo «dopo avere imposto alla Grecia la ristrutturazione del debito che in origine era modesto, e che fu fatto lievitare con i programmi di “aiuto”». A seguire, il governo tedesco «ha praticato il “bail-in” con l’intervento diretto per salvare le banche tedesche che avevano in pancia un’enorme quantità di titoli tossici», e l’ha fatto «giusto in tempo per imporre all’Italia il divieto, grazie alla direttiva del 2014».Adesso, in piena crisi da Covid-19, con la sospensione del divieto degli aiuti di Stato «il governo tedesco si accinge a varare un programma di sostegno all’industria tedesca di mille miliardi di euro», che però non serve a sostenere la piccola e media industria (bar, ristoranti, artigiani, professionisti) ma serve a «dare vita ad un grande processo di innovazione del sistema industriale», al punto che la stessa Commissione Europea «ha avanzato dei dubbi sulla legittimità delle dimensioni dell’intervento finanziario tedesco, squilibrato rispetto agli intendimenti avuti dalle istituzioni europee nel permettere gli aiuti». Ora, la Corte Costituzionale di Germania chiede conto alla Bce di come ha investito i soldi per i programmi di acquisto dei titoli, «come se fosse un segreto». Nel bilancio della banca centrale, spiega sempre Mangiameli, ci sono 2.189 miliardi di euro di titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona: 534 miliardi sono titoli tedeschi, 452 miliardi sono francesi e 393 miliardi sono titoli di Stato italiani. Per Mangiameli, la corte tedesca «viola il principio del primato del diritto europeo». Non solo: infrange il giudicato della sentenza della Corte di Giustizia (C-493/17) del dicembre del 2018 e viola, per eccesso di giurisdizione, gli articoli 267 e 344 del Tfue, il Trattato di Lisbona. In più, accusa in modo infondato la Bce di agire fuori dalle sue competenze. «E, in modo poco responsabile, non si rende conto che sono state proprio quelle decisioni della Bce che hanno salvato l’euro».Attenzione: in tutti questi anni, fa notare sempre Mangiameli, proprio la Germania «ha violato ripetutamente i trattati europei, con il surplus di esportazioni e con tutte le furbizie che in ogni ordinamento si possono escogitare, violando il principio della leale collaborazione che vincola gli Stati membri». Tutto questo, è stato sempre tollerato dall’Ue «per deferenza ingiustificata» verso Berlino. Il cui abuso sistematico è stato tollerato anche dal governo francese, in quel caso «in cambio dello sforamento ripetuto del deficit di bilancio», da parte di Parigi. Noi italiani invece lo abbiamo tollerato in cambio di niente, senza contropartita: perché? «Con molta probabilità – risponde Mangiameli – perché la nostra classe politica non sa fare la politica europea, così come quella interna. Basti considerare cosa è accaduto in questi due mesi di emergenza in Germania e in Italia. In terra tedesca la sanità e l’emergenza civile è competenza dei Länder e il governo federale s’è guardato bene dall’intervenire, lì ha semplicemente sentiti; e sono stati i Länder tedeschi a decidere di accogliere i malati di Covid-19 dall’Italia».In Italia, il governo Conte «ha mostrato di non avere alcun peso a livello europeo». Sul piano interno «si è preoccupato dell’audience, nei social e nelle televisioni», quindi «ha promesso risorse per superare la crisi economica». Ma finora, riconosce Mangiameli, ha distribuito pochissimo. Peggio: «Ha preteso una quantità di potere enorme, violando le regole sui diritti costituzionali e sfidando le Regioni, anziché soccorrerle, come avrebbe dovuto fare». E l’unica preoccupazione reale che ha avuto, alla fine, è stata quella di «impugnare le ordinanze delle Marche e della Calabria». E adesso, Conte – che aveva appena venduto agli italiani il “successo” del Recovery Fund (solo chiacchiere, lo avevano prontamente smentito i media tedeschi) – sbatte il naso contro la porta che la Gemania gli chiude in faccia – a lui e a 60 milioni di italiani, a cominciare dal presidente Mattarella. La voce del Quirinale s’era levata solo dopo l’iniziale provocazione di Christine Lagarde: la neopresidente della Bce aveva precisato (non richiesta) che alla banca centrale non spettava l’obbligo di calmare gli spread. Una mossa calcolata, evidentemente, per suscitare reazioni contrarie (puntualmente arrivate), così da sbloccare finalmente la Bce attivando l’acquisto di titoli di Stato per supportare il deficit aggiuntivo causato dai costi dell’emergenza Covid.Non solo: nei giorni scorsi, un grande analista economico come il tedesco Wolfgang Münchau (”Financial Times”) aveva salutato con favore il recentissimo piano messo a punto dalla Lagarde: un programma inaudito di aiuti, pari a qualcosa come 3 trilioni di euro. In altre parole: helicoptery money, per cancellare – una volta per tutte – il falso dogma della scarsità di moneta, su cui si è finora basata la spaventosa austerity europea (di cui si sono avvantaggiati solo la Germania e i sui satelliti come l’Olanda, che pratica la pirateria fiscale attraendo le grandi aziende italiane a cominciare dall’ex Fiat, oggi proprietaria di “Repubblica” e “Espresso” oltre che della “Stampa”). Proprio la “minaccia” della Bce – soldi per tutti, finalmente, e in quantità mai vista – deve aver innescato l’altolà tedesco, che ora compromette seriamente il futuro della stessa Unione Europea. La brutalità del “pronunciamento” tedesco è la peggiore delle risposte alla clamorosa lettera con cui Mario Draghi, sul “Financial Times”, due mesi fa annunciava la necessità di una svolta storica: basta rigore, perché stavolta – senza una massiccia iniezione di denaro pubblico, erogato subito e senza condizioni – la nostra economia andrebbe incontro a un collasso catastrofico.Nonostante questo, il governo Conte ha cincischiato fino all’ultimo – senza concludere nulla, finora – con la tentazione del Mes: all’Italia sarebbero “regalati” solo 35 miliardi (vincolati alla sola spesa sanitaria) per poi indurre il paese – che per riprendersi ha bisogno di centinaia di miliardi – ad accettare il maxi-prestito aggiuntivo, sempre del Mes, da restituire in tempi brevi e a condizioni insostenibili. Solo qualche giorno fa, l’inaudito Bersani si schierava con la Germania e contro l’Italia “spendacciona” e fiscalmente inaffidabile. Ora da Karlsruhe proviene un vero e proprio atto di guerra contro il nostro paese: riusciranno, gli italiani, a capire davvero quello che sta succedendo? Riusciranno una buona volta a liberarsi degli “europeisti” formato Bersani e Gualtieri, che lavorano da sempre (consapevoli o meno) per il Re di Prussia? Se si guarda all’attuale compagine di governo, c’è da mettersi a piangere: Conte paralizza il paese lasciandolo senza soldi e raccontandogli che avrebbe strappato alla Germania chissà quali concessioni, e dal canto suo Zingaretti (mentre la Lombardia scopre la cura sierologica contro il Covid) annuncia in modo surreale che costringerà gli abitanti del Lazio a sottoporsi al vaccino antinfluenzale. Quanto ai 5 Stelle, cioè la forza politica più rappresentata in Parlamento, di loro si sono perse le tracce: l’unico a finire sui giornali è il signor Rocco Casalino, prestigioso spin doctor di Conte, già indimenticabile tronista televisivo del Grande Fratello.Sarà il dramma economico che ora incombe sul paese a scatenare l’unica possibile reazione, cioè il recupero della sovranità finanziaria per evitare il tracollo? E’ evidente che, di fronte all’ennesima provocazione tedesca (stavolta inaudita, gravissima), si imporrebbe un governo di salvezza nazionale, che abbandoni la linea del finto trattativismo servile e perdente, sin qui perseguita a partire dalla caduta del governo Berlusconi nel 2011. Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte: suonatori diversi, ma stessa musica. L’economista Nino Galloni ha in tasca un Piano-B, attuabile immediatamente e senza neppure violare i trattati europei: emettere moneta nazionale, parallela e non a debito, in quantità sufficiente per riaprire aziende, negozi e ristoranti. Dal canto suo, Draghi vede un’unica possibilità all’orizzonte: fare tabula rasa di tutti i vincoli europei, pena la morte del sistema economico italiano. Se la Germania oggi usa la foglia di fico della sua Corte Costituzionale per essere sleale con l’Europa e con l’Italia anche di fronte al coronavirus, non si vede come il vecchio quadro europeo si possa ricomporre. Né di capisce come Conte, Casalino, Gualteri e l’ectoplasmatico Di Maio possano in alcun modo traghettare l’Italia fuori dall’incubo.Gli “europeisti” italiani, da Gentiloni e Sassoli, passando per Zingaretti e Bersani, lo stesso Conte il suo ministro Gualtieri, prendano nota: la Germania boccia il diritto della Bce di assistere i paesi travolti dal Covid. Lo conferma la storica sentenza con cui la Corte Costituzionale di Karlsruhe il 5 maggio ha condannato il governo e il Parlamento tedesco, imponendo alla Bundesbank di partecipare ai programmi della Bce solo a patto che il “quantitative easing” favorisca la Germania. «Cari italiani, non vi lasceremo soli», annunciò oltre un mese fa – parlando in italiano – la presidente tedesca della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, votata dal Pd ed eletta con il contributo determinante dei 5 Stelle, oggi letteralmenre scomparsi dai radar (se non per il viceministro della sanità Sileri che preannncia il vaccino obbligatorio come precondizione per riottenere la libertà). Due anni fa, quando Mattarella sbarrò a Paolo Savona le porte del ministero dell’economia, temendo la reazione contraria dei “mercati” (più decisivi, quindi, della volontà degli elettori italiani), l’euro-commissario tedesco Günther Oettinger si affrettò a “ricordare” che sarebbe stata proprio la finanza privata a «insegnare agli italiani come votare». Fallito nel 2019 il governo gialloverde, la sua attuale controfigura – il Conte-bis – ora rischia di schiantarsi contro l’ennesimo “niet” proveniente dalla Germania: niente soldi, per voi italiani, neppure di fronte alla catastrofe del coronavirus.
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Italia spacciata: solo debiti, col Recovery Fund alla tedesca
Nella nostra valutazione dell’impatto economico delle misure finora concordate, sappiamo già gran parte di quanto è necessario conoscere. Il Consiglio Europeo ha trovato un accordo sulla versione di Angela Merkel, e non sui coronabond né sulla proposta spagnola. Come riportato da “Faz” stamattina, il piano prevede che la Ue aumenti il suo bilancio dall’attuale 1,2% al 2% per un periodo di due o tre anni. Questo aumento non avverrà sotto forma di contributi diretti da parte dei paesi membri, ma sotto forma di garanzie. L’articolo stima il volume annuale a una somma di 100 miliardi di euro, ovvero, secondo i nostri calcoli, lo 0,6% del Pil dell’Unione Europea (Eu-27). Il totale dei prestiti che potrebbero essere fatti sarebbe nell’ordine di 250-300 miliardi di euro nell’arco di due o tre anni. Questi prestiti extra non rappresentano il fondo stesso, sul quale la Commissione spera di fare leva per un ammontare maggiore. Una parte dei fondi sarà resa direttamente disponibile sotto forma di finanziamenti. Un’altra parte genererà investimenti tramite prestiti, e su questi si dovrà fare leva finanziaria per raggiungere l’ammontare target.
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Miseria e bugie: così Conte ammazza l’Italia, per svenderla
Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte?: «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.In questa veste, anzi, in questo mandato, esso blocca l’economia, gli spostamenti, l’opposizione, il Parlamento. Li blocca e mantiene il blocco in base ai numeri dell’epidemia che esso stesso costruisce arbitrariamente. Infatti: non ha mai presentato dati di campione statisticamente validi né mai ha precisato la terminologia; i dati sono raccolti perlopiù usando tamponi che danno almeno un 70% di falsi positivi – cioè per ogni 1000 positivi, almeno 700 sono falsi (la macchina Pcr che li valuta non risulta certificata Iso per uso diagnostico); vengono attribuiti al coronavirus tutti i decessi in cui il morto, di qualsiasi causa sia morto, risulti positivo al suddetto tampone; così il numero dei morti a causa virus è stato fatto apparire multiplo del reale per giustificare gli arresti domiciliari e il blocco dell’economia. E soprattutto, con questo modo arbitrario di quantificare i dati epidemiologoci, un domani Conte potrà far risalire artificiosamente il numero dei morti per tornare a limitare le libertà e a governare con pieni poteri, dando la colpa agli italiani indisciplinati e irresponsabili.Io prevedo che lo farà al più tardi in autunno, quando la gente si agiterà a causa di disastro economico, supertassazione, 8 milioni di controlli fiscali e 1,5 milioni di cartelle in arrivo. Prevedo che conti di tirare fino all’arrivo del vaccino, che però non funzionerà perché il virus è mutevole, come quello influenzale, e non lo si potrà aggiornare per tempo. Quindi in realtà Conte mira a cronicizzare la sua dittatura. Perciò, per salvare l’economia, le imprese, il lavoro, il risparmio, la libertà, la Costituzione, bisogna buttar giù questo governo e ancor più chi lo sostiene, al più presto. Questo governo che ha sempre mentito, nascosto, ingannato, violato la Costituzione, sbagliato gli interventi, obbedito a interessi stranieri, e convoca ora una commissione di stranieri per la fase di liquidazione. Fa persino bruciare i cadaveri dei supposti morti per coronavirus in modo che non si può fare l’autopsia per accertare se realmente sono morti di coronavirus.Quanti sono i morti causati dal coronavirus? Su 70 autopsie eseguite a Bergamo e Milano, 70 sono morti di tromboflebite. L’Iss certifica che i morti a causa esclusiva del virus, senza altre malattie, sono solo una piccola frazione di quelli dichiarati dal governo (letalità 0,8%, quasi tutti ultrasettantenni), mentre i morti totali dei primi mesi di quest’anno sono inferiori a quelli dell’anno scorso. E ora sappiamo che i morti per coronavirus sono morti non per la letalità del virus ma per errore diagnostico, perché curati come se avessero una polmonite mentre era una tromboflebite, la quale non necessitava di intubazione, terapia intensiva e antiinfiammatori, ma di tutt’altro. Quindi, se l’industria farmaceutica non si metterà di traverso impedendo le giuste cure per poter vendere i suoi vaccini, in futuro non si morirà più di coronavirus.(Marco Della Luna, “Decreti di miseria e di menzogna”, dal blog di Della Luna del 27 aprile 2020).Ancora nessun aiuto a milioni di autonomi, di piccole e piccolissime imprese, che in gran parte non ce la faranno e lasceranno così spazio di mercato alle grandi catene straniere, come vuole l’Europa. E le rassicurazioni di Conte? «Abbiamo ottenuto il recovery fund dall’Ue». Ma i media tedeschi sbugiardano Conte: spiegano che vende in Italia come grande successo la storia del recovery fund, del quale si è solo parlato, mentre ha rinunciato ai tanto sbandierati eurobonds o coronabonds, davanti alla fermezza tedesca e olandese. Conte sta ammazzando l’economia nazionale, col lasciarla mezza chiusa e senza aiuti, mentre gli altri paesi, i paesi concorrenti, la riaprono e la sovvenzionano ampiamente e prontamente. Ha istituito una commissione di liquidazione nazionale, composta da esperti perlopiù residenti all’estero e legati a interessi “corporate”, e presieduta da un residente all’estero, Vittorio Colao, specializzato appunto nel trasferire a capitali stranieri le imprese italiane. Il governo Conte non è un governo italiano, governa non solo contro la Costituzione, ma per conto di capitali stranieri e interessi euro-germanici.