Archivio del Tag ‘recessione’
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Giulietto Chiesa: entusiasmo e onestà, mi fido di Grillo
«Scommetto sull’onestà di Beppe Grillo: lo faccio perché scommetto sull’entusiasmo dei suoi sostenitori». Parola di Giulietto Chiesa, da anni impegnato per un’alternativa politica radicale, che smascheri e mandi in pensione la casta dei “maggiordomi”, agli ordini dello spread. Della sinistra “falcemartellata e girotondina” non vale neppure la pena di parlare: «Addio per sempre! La riscossa è venuta da un’altra parte. Ed è giusto che sia così, perché la storia non fa sconti a nessuno». E il Pd? «Esce clamorosamente sconfitto, e adesso implora». Quanto al centrodestra, «forse festeggia soltanto lo scampato pericolo della sua sparizione, ma le cifre lo dicono: dai 17 milioni di voti che aveva nel 2008, è sceso a 8 milioni. Meno della metà. Un tracollo: sono stati dimezzati». Fine della “narrazione berlusconiana”. «Hanno perduto otto milioni e mezzo di voti. L’Italia è cambiata, e non solo perché Beppe Grillo ha vinto». Il trionfo “5 Stelle”, semmai, è una certificazione: siamo entrati in una nuova epoca.
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Fuga dai partiti, milioni di voti in cerca di speranza
No all’euro-dittatura, all’incubo della crescita impossibile, alla stanca democrazia delle élite, ma anche alla guerra che incombe, evocata dagli obblighi Nato. E poi i punti esclamativi sul reddito di base, la solidarietà, la pace, la convivialità, l’onestà, la trasparenza, la competenza, l’ecologia e la compatibilità ambientale, la cultura. In una parola: la speranza. Così legge il successo di Grillo l’analista Pierluigi Fagan, che scruta i flussi elettorali: astensionismo in crescita, crollo del centrodestra truccato da “rimonta”, frana del centrosinistra che non riesce a vincere, estinzione definitiva della sinistra. Nei grandi numeri, osserva Fagan, l’Italia ricalca l’andamento dell’elettorato greco devastato dalla crisi, con una importante differenza: l’inesistenza di un’opposizione di estrema destra: CasaPound, Fiamma Tricolore e Forza Nuova raddoppiano i voti ma si fermano a quota 183.000, meno di quelli che ottenne nel 2008 il Partito Comunista dei Lavoratori.
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Italiani contro l’euro-crisi, ma Ingroia non se n’è accorto
Non una parola sulla crisi, non una ricetta per risollevare l’economia. Antonio Ingroia è stato sonoramente bocciato perché si è impegnato a lottare contro tutto, tranne l’unica cosa che contava: l’Europa dell’euro, che impone il “massacro sociale” di un rigore inaccettabile. Risultato evidente, anche per i maggiori quotidiani italiani e stranieri: «C’è almeno un dato inequivocabile che arriva dal responso delle urne: in Italia ha vinto il partito antieuropeista, antirigore e, sintetizzando, anti-Merkel», secondo Barbara Fiammeri del “Sole 24 Ore”. E se il “Corriere” ha esordito nell’editoriale di Massimo Franco, spiegando che «ha vinto un’Italia euroscettica», “La Stampa” si è soffermata su «quell’Italia che ha detto no alla moneta unica». Secondo Francesco Manacorda, infatti, «più della metà degli italiani che sono andati alle urne hanno votato contro l’euro». Gli sconfitti sono quindi i partiti dell’Europa, dal Pd di Bersani a “Scelta Civica” di Mario Monti.
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E questo è solo l’inizio: l’Italia prenota il diritto al futuro
«Chi, dopo 5 anni di bancarotta berlusconiana, non riesce a convincere più di un terzo degli elettori non può pretendere di governare contro gli altri due terzi: anzi, dovrebbe dimettersi seduta stante per manifesta incapacità». Marco Travaglio non ha dubbi: Bersani e soci dovrebbero togliere il disturbo. «La domanda era: riusciranno i nostri eroi a non vincere le elezioni nemmeno contro un Caimano fallito e bollito?». La risposta è arrivata: ce l’han fatta un’altra volta. «Come diceva Nanni Moretti 11 anni fa, prima di smettere di dirlo e di illudersi del contrario, “con questi dirigenti non vinceremo mai”». Del resto, «era impossibile che gli amici del giaguaro smacchiassero il giaguaro». A fine 2011 Berlusconi era al 7%, le elezioni lo avrebbero cancellato. «Invece, un’astuta manovra di palazzo coordinata dai geniali Napolitano, Bersani, Casini e Fini, pensò bene di regalarci il governo tecnico e soprattutto di regalare a B. 16 mesi preziosi per far dimenticare il disastro».
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Tsunami Grillo: senza futuro i partiti del Rigor Montis
«Metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende». Profetico come sempre, il sindaco torinese Piero Fassino. Era solo il 2009, ricorda il “Fatto Quotidiano”, e già invitava Beppe Grillo a «fondare un partito per i fatti suoi invece che venire a rompere le scatole ai democratici», che gli rifiutarono l’iscrizione al partito e quindi l’accesso alle future primarie, alle quali si era provocatoriamente auto-candidato. Risultato, lo tsunami: per volontà dell’“Italia giusta”, quella vera, che ha “smacchiato” gli aspiranti “smacchiatori”. In capo a tre anni, Grillo festeggia “la fine della Terza Repubblica” e lancia in orbita il “Movimento 5 Stelle”, primo partito alla Camera, in un paese ancora bloccato dal “Porcellum” e paralizzato dal clamoroso pareggio delle coalizioni Pd-Pdl, condannate a gestire le euro-macerie di Mario Monti, elettoralmente irrilevante.
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Potere nel panico, ora serve un patto di salvezza nazionale
Visti i sondaggi, se le forze antagoniste si fossero presentate unite, forse si poteva pensare addirittura di contendere al Pd il premio di maggioranza alla Camera. Se non altro, ora ci sarà – per la prima volta – una vera opposizione, fatta di “grillini” e parlamentari ingroiani. Senza contare molti eletti nelle file di Sel: neppure loro digeriranno facilmente il massacro sociale del Fiscal Compact, spending review elevata all’ennesima potenza fino a devastare la società italiana. Per non parlare dell’altro incubo alle porte: la guerra – alla quale noi, “lavapiatti della Nato”, potremmo essere velocemente chiamati in Medio Oriente, tra Siria e Iran. Molto allarmante, sotto questo aspetto, la chiamata a rapporto di Napolitano nell’ufficio di Obama, a pochi giorni dal voto: «Il Palazzo è nel panico – dice Giulietto Chiesa – e potrebbe mettere in campo un altro tecnocrate della Goldman Sachs». Oppure, inventare un “piano-B”: «Soluzione ancora peggiore, con la svendita finale delle aziende di Stato i cui manager stanno finendo in galera, e una repressione mai vista per impedire ai cittadini di protestare».
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Voto storico: fermiamo i banditi e riprendiamoci l’Europa
Elezioni storiche: per la prima volta dopo tanti anni possiamo finalmente fermare i “camerieri” della finanza e creare un solido fronte di opposizione che ci consenta, già domani, di riprenderci l’Europa. Insieme a Spagna e Portogallo, Grecia e Francia, potremo rinegoziare i trattati-capestro coi quali Bruxelles impone il massacro sociale dell’austerity. Giulietto Chiesa ha le idee chiare: «Dobbiamo riconquistare l’Europa e riformarla in senso democratico, perché senza l’Europa saremmo perduti, nel grande scontro mondiale che oppone gli Usa alla Cina». Pechino sta crescendo, e fra appena cinque anni avremo di fronte “una Cina e mezzo”: «Quante risorse ci saranno a disposizione, per noi e per loro?». Guai se l’Europa scompare, anche se questa Unione Europea è da buttare. Va cambiata radicalmente, a cominciare dalle singole trincee nazionali. Per questo, l’Italia affronta un voto decisivo, che potrebbe cambiare la storia.
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Politici muti: pagati e ricattati dalla mafia della finanza
Mps, tangenti, Finmeccanica? Sono solo la vetta dell’iceberg, che spesso esplode – a orologeria – col pretesto puntuale della corruzione, grazie a dossier tenuti nel cassetto per il momento opportuno: vedi la liquidazione improvvisa di Di Pietro e della Lega, anch’essa travolta da strani scandali, e persino le intimidazioni che, da Siena, minacciano il Pd: guai a sgarrare, a deviare dall’agenda Monti. E’ la mafia, bellezza: e tu non puoi farci niente. Lo sostiene un economista europeo come il professor Bruno Amoroso. La mafia di cui parla è quella della finanza, che adotta gli stessi metodi di Cosa Nostra: usa i politici, li compra, li ricatta e li fa fuori quando non servono più o, addirittura, quando minacciano gli affari. Il grande business? Aver permesso di inquinare, con “titoli spazzatura”, il portafoglio delle banche. Ricostruzione-choc: i nostri politici sono tutti sotto ricatto, perché hanno accettato – a suon di miliardi – di svendere il sistema bancario alla finanza tossica, senza protestare.
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Soros: l’euro del rigore farà crollare l’Europa in rivolta
«Sono terribilmente preoccupato per l’euro, che è potenzialmente in grado di distruggere l’Unione Europea». Problema: la politica di rigore – per mantenere una moneta non svalutabile e non sovrana – comporta sofferenze sociali che, alla lunga, potrebbero scatenare una rivolta contro Bruxelles. Parola del super-investitore finanziario George Soros, intervistato dalla televisione olandese nel programma “Nieuwsuur”. «C’è un rischio reale che la soluzione al problema finanziario crei un problema politico realmente profondo», sostiene Soros, preoccupato che la Germania non capisca il pericolo di una «depressione di lunga durata», a cui l’austerity condanna il Sud Europa. «Può durare più di un decennio, in realtà potrebbe diventare permanente: fino a quando la sofferenza diventerà così grande che alla fine ci potrà essere una ribellione, un rifiuto dell’Unione Europea, che poi porterebbe alla distruzione dell’Unione stessa. Un prezzo terribilmente pesante per preservare l’euro».
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Che farsa: ci hanno rovinati, e vogliono pure il voto utile
È tornato lo spread, è tornata la Germania, sono tornati rigore ed austerità. Sembravano scomparsi da questa penosa campagna elettorale. Le principali forze politiche, dopo aver governato assieme per più di un anno, appena iniziato lo spettacolo televisivo del voto, se ne erano dimenticate. Sembrava una villeggiatura, quelle dove si cerca di staccare dalle preoccupazioni quotidiane. Magari una villeggiatura a Cortina visto che si parlava solo di tasse. Forse si sperava che questa vacanza dalla realtà durasse fino al 27 febbraio, invece è finita prima. Non sono solo le vendite di tappeti in saldo di Berlusconi, lo scandalo della banca senese, le incertezze per il Senato a far ripartire la cosiddetta sfiducia dei mercati.
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Ridicoli stregoni dell’economia: non ci azzeccano mai
Fiumi di parole, ma senza nessuna autocritica: la crisi economica mette in discussione tutto, tranne gli economisti che non l’hanno saputa prevedere. E dire che sono i più quotati, i più pagati, quelli con più titoli accademici. Parola di Luca Salvi, esponente del Movimento per la Decrescita Felice. Il vero pericolo? Sono loro, i professori e top-manager che ripropongono le stesse “infallibili” ricette, «dall’alto delle loro cattedre, nei consigli di amministrazione di banche, fondazioni, società finanziarie o di rating, negli uffici dei ministeri, negli apparati dei partiti politici, nelle grandi istituzioni internazionali e, soprattutto, negli studi televisivi e sui giornali». Un disco rotto: «Aumentare la produttività, la competitività, l’innovazione». Analisi zoppe, stime sbagliate e risultati patetici: «Ti spiegheranno domani perché quello che hanno previsto ieri non si è realizzato oggi».
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I terroristi dello spread e il loro affare d’oro: l’euro
Lo spread è ai minimi storici? Sì, perché paghiamo un tasso d’interesse altissimo, «molto più elevato di quello che il mercato finanziario può raccogliere da qualsiasi altra parte». E’ una bolla finanziaria, mentre l’economia reale è in ginocchio. Se siamo al tappeto, perché i mercati finanziari sono ben disposti a prestarci i loro soldi? «Per il semplice fatto che sono sicuri che si farà di tutto per evitare il default». Loretta Napoleoni svela così il “trucco” dell’Eurozona: stabilizzare la moneta per tutelare gli investitori finanziari a scapito dell’economia reale, che infatti sta colando a picco. «Per questo, “più Europa” è una formula che non ha significato». Non c’è ombra di armonizzazione economica. Al contrario, è penalizzata sanguinosamente la periferia europea: «E’ il prezzo che si è pagato per tranquillizzare i mercati». Sarebbe ora di denunciarlo, ma nessuno ne parla: tantomeno la politica, e men che meno la sinistra, che dovrebbe tutelare i più deboli.