Archivio del Tag ‘razzismo’
-
No al Covid, sì alla democrazia: le urne premiano Trump
Lo spettacolo elettorale più importante del mondo rischia di protrarsi per giorni, e magari di sfociare in scontri armati nelle strade? La notte americana, intanto, sancisce alcune verità clamorose: Donald Trump è in vantaggio su Joe Biden, dato per stra-vincitore da tutti i sondaggi, ancora una volta sbagliatissimi. Lo Zio Matto, l’aveva ribattezzato Barack Obama, l’ex presidente che rischia l’incriminazione per aver fabbricato le prove false che nel 2016 dovevano servire a inventare il Russiagate a beneficio di Hillary Clinton. Dato per morto e sepolto dai grandi media, in prima linea i potenti network televisivi e i grandi player del web, lo Zio Matto ha resistito all’assalto di Sleeping Joe: il voto reale (quello tradizionale, delle urne), conferma Donald Trump presidente degli Stati Uniti. I “democrat” sperano nel controverso voto postale, introdotto grazie al Covid? Dalla Casa Bianca – in modo tagliente – lo Zio Matto ha fatto sapere, via Twitter, di considerarsi il vincitore legittimo. Peggio: dando fuoco alle polveri, Trump sostiene che non permetterà agli avversari di “rubargli” la vittoria, nel caso in cui dovessere essere proprio lo scrutinio dei voti postali a determinare l’esito elettorale della decisiva Rust Belt, la cintura industriale che, come già nel 2016, anche stavolta – alle urne – ha chiaramente scelto l’uomo dell’America First.Tra gli osservatori si fanno largo gli scenari più apocalittici, del resto ipotizzati già alla vigilia dagli stessi capi della polizia: all’imponente battaglia legale annunciata dagli uomini di Trump per contestare i voti pervenuti a mezzo posta potrebbe infatti sovrapporsi lo scenario del caos, con intere città messe a ferro e fuoco dalle opposte tifoserie. In questo caso ci sarebbe da temere il peggio, e già nelle settimane precedenti si è parlato di un possibile intervento diretto dell’esercito, sul suolo nazionale, per la prima volta nella storia degli Stati Uniti: o per supportare Trump, o addirittura per farsi garanti della Costituzione e sostituirlo temporaneamente, alla guida del paese, nell’attesa di una chiarificazione definitiva del reale verdetto elettorale. Un esito inaudito, che difficilmente la superpotenza si potrebbe permettere, senza vedere danneggiato in modo irreparabile il proprio prestigio internazionale e quindi il suo peso geopolitico, proprio nel momento in cui gli Usa – già critici con l’Unione Europea – si sono “messi di traverso” rispetto alla Cina, preparandosi a una guerra (per ora commerciale, politica e di intelligence) che non ha precedenti, negli ultimi decenni, da quando cioè a Pechino è stato permesso di diventare la “manifattura del mondo”, a basso costo, mettendo nei guai l’industria occidentale.La più grande vittoria di Donald Trump, sia pure provvisoria e condizionata dalle incognite dell’infinito election-day, è quella riportata contro il grande protagonista del 2020: il coronavirus, o meglio la gestione “terroristica” di un’epidemia che l’Oms (largamente finanziata dalla Cina) ha trasformato rapidamente in pandemia, con la pretesa di sostituire la politica con una sorta di “dittatura dell’emergenza”, sospendendo diritti, libertà e democrazia. Al regime del “China-virus” si è opposto in modo vigoroso proprio Donald Trump, vero e proprio bersaglio di una campagna – americana e mondiale – condotta a mezzo stampa e non solo: inaudite, infatti, le violenze squadristiche che nei mesi scorsi hanno devastato molte grandi città statunitensi, strumentalizzando (contro Trump) l’iniziale, genuina indignazione popolare per il razzismo della polizia, esplosa dopo la barbara uccisione dell’afroamericano George Floyd. Chi confida nella vittoria di Trump, oggi più che mai, spera che il presidente – se confermato – possa compiere passi decisivi per far uscire il mondo dall’incubo del Covid, facendo luce sull’opaca origine del virus e smascherando la vera natura del problema, più politica che sanitaria. Obiettivo: un pieno ritorno alla democrazia, non solo in America.Lo spettacolo elettorale più importante del mondo rischia di protrarsi per giorni, e magari di sfociare in scontri armati nelle strade? La notte americana, intanto, sancisce alcune verità clamorose: Donald Trump è in vantaggio su Joe Biden, dato per stra-vincitore da tutti i sondaggi, ancora una volta sbagliatissimi. Lo Zio Matto, l’aveva ribattezzato Barack Obama, l’ex presidente che rischia l’incriminazione per aver fabbricato le prove false che nel 2016 dovevano servire a inventare il Russiagate a beneficio di Hillary Clinton. Dato per morto e sepolto dai grandi media, in prima linea i potenti network televisivi e i grandi player del web, lo Zio Matto ha resistito all’assalto di Sleeping Joe: il voto reale (quello tradizionale, delle urne), conferma Donald Trump presidente degli Stati Uniti. I “democrat” sperano nel controverso voto postale, introdotto grazie al Covid? Dalla Casa Bianca – in modo tagliente – lo Zio Matto ha fatto sapere, via Twitter, di considerarsi il vincitore legittimo. Peggio: dando fuoco alle polveri, Trump sostiene che non permetterà agli avversari di “rubargli” la vittoria, nel caso in cui dovessere essere proprio lo scrutinio dei voti postali a determinare l’esito elettorale della decisiva Rust Belt, la cintura industriale che, come già nel 2016, anche stavolta – alle urne – ha chiaramente scelto l’uomo dell’America First.
-
La fine del mondo, per Severgnini: se Trump viene rieletto
«Se Donald Trump viene rieletto, significa che l’America ha perso la sua speciale innocenza, quella che in tanti ammiravamo, e ha fatto la sua fortuna. Quella che sbuca nei discorsi di Barack Obama e nelle canzoni di Bruce Springsteen, ma era presente anche nell’intuizione di Ronald Reagan o nel decoro coraggioso di John McCain». Parole che Beppe Severgnini, giornalista famosissimo per acuminati bestseller come “Interismi”, ovvero “Il piacere di essere neroazzurri”, ha pubblicato il 1° novembre 2020 sul “Corriere della Sera”, giornale di cui era vicedirettore un certo Federico Fubini, che lo scorso anno ha ammesso di aver nascosto la strage dei bambini in Grecia, provocata dall’austerity, per non compromettere il prestigio dell’Unione Europea. Dalla Luna, o dal pianeta remoto dal quale Severgnini scrive, la Terra è così semplicisticamente infantile da apparire bianca o nera, senza gradazioni cromatiche: i buoni di qua, i cattivi di là. O meglio, il cattivo è uno solo: l’Uomo Nero. Un mostro orribile, che «ha dimostrato la sua inadeguatezza – politica, economica, culturale, morale, psicologica – a ricoprire un ruolo tanto importante».Dalla galassia da cui scrive Severgnini, però, a colpire davvero sono i buoni, presentati come i testimonial di una virtù teoricamente incompatibile con la politica: l’innocenza. Il primo è Barack Obama, Premio Nobel alle Buone Intenzioni: l’uomo che il lunedì firmava ordini di morte, esecuzioni remote affidate ai missili montati sui droni. Obama, il “primo presidente nero” che in otto anni non ha fatto niente per riformare la polizia americana, sradicandone i comportamenti razzisti. E’ il “commander in chief” che nel 2011 ha rivendicato l’uccisione di un anziano, in Pakistan, sostenendo – di fronte al mondo – che si trattasse di Osama Bin Laden: la salma crivellata di colpi, trasportata su una portaerei e poi inabissata in mare, lontano dagli occhi e dai fotografi, dopo un (inesistente) “rito islamico”. L’innocente Obama, il buono: quello che ha scatenato focolai di guerra in mezzo mondo, assediato la Russia e gestito il golpe colorato in Ucraina, innescato le ambigue primavere arabe, promosso l’assassinio di Gheddafi. Sempre lui, Obama, è l’uomo che ha spedito in Siria l’altro grande innocente citato da Severgnini, quel John McCain il cui «decoro coraggioso» evidentemente traspare dalle foto che lo ritraggono in compagnia dei futuri tagliagole dell’Isis, incluso il tristemente famoso Al-Baghdadi, rilasciato poco prima dal centro di detenzione americano per jihadisti.Ai tempi del turbo-neoliberista Ronald Reagan – altro innocente, avvistato dal pianeta di Severgnini – i dissidenti dell’Unione Sovietica guardavano ancora all’America come porto sicuro; all’epoca dell’innocente Obama, invece, un ragazzo di nome Edward Snowden ha dovuto scappare in Russia, dopo aver rivelato lo spionaggio orwelliano di massa eseguito dalla più vasta agenzia statunitense di intelligence, la Nsa. Strana innocenza, quella che si nasconde nella caccia all’uomo. Ma dev’essere proprio difettosa, la visuale, dal pianeta di Severgnini, se è vero che – parlando di America e di musica pop – si vede benissimo la purezza di Bruce Springsteen ma non quella, ancora più lucida, del suo maestro riconosciuto, Bob Dylan, decano di tutti gli aedi contemporanei e autore del brano-monumento (”Murder Most Foul”) in cui si rappresenta precisamente la mitica “perdita dell’innocenza”, il 22 novembre 1963, con lo scioccante omicidio di John Fizgerald Kennedy, macellato a Dallas sotto il naso dell’apparato di sicurezza più efficiente del pianeta. Analogo spettacolo – l’innocenza massacrata in mondovisione, al cospetto di autorità distratte – quando vennero giù le Torri Gemelle: ma non c’è pericolo che le colonne di fumo, insieme al puzzo della menzogna, potessero essere individuate dal telescopio del nerazzurro Servergnini.Dovettero arrossire, i custodi dell’innocenza, quando Colin Powell agitò la sua fialetta di profumo alle Nazioni Unite, o quando le televisioni mostrarono i poveri cormorani inzuppati di petrolio e il pianto della falsa infermiera (in realtà, figlia dell’ambasciatore del Kuwait), in lacrime per la strage dei neonati – mai avvenuta – da parte dei brutali soldati di Saddam. Veri e propri orchi sanguinari: dipinti come untermenschen, sotto-uomini hitleriani, né più né meno come oggi viene presentato il presidente uscente degli Stati Uniti d’America, l’uomo che non si è piegato al “China-virus” e che ha trascorso quattro anni – da vero malvagio qual è – a ritirare truppe, evitare provocazioni, rinunciare a guerre, disinnescare crisi grottesche come quella con la Corea del Nord. «Se Donald Trump viene rieletto, vuol dire che gli Usa hanno scelto di voltare le spalle al pianeta», scrive l’interista astronautico, a cui è riuscita indigesta l’evidente antipatia dell’Uomo Nero per i kapò di Bruxelles, i loro mandanti e la loro sicurezza-colabrodo, in un’Europa trasformata in purgatorio eterno, dove – proprio adesso, guardacaso – si sono rifatti avanti (in Francia, in Austria) i manovali dell’orrore che, qualche anno fa, avevano strettissime relazioni con i gentiluomini siriani e iracheni coi quali si intratteneva amabilmente l’innocente McCain. Bella lezione astronomica, quella impartita ai poveri terrestri: i Trump e i Biden passano, i Severgnini invece restano.(Giorgio Cattaneo, “La fine del mondo, per Servergnini: se Trump viene rieletto”, dal blog del Movimento Roosevelt del 3 novembre 2020).«Se Donald Trump viene rieletto, significa che l’America ha perso la sua speciale innocenza, quella che in tanti ammiravamo, e ha fatto la sua fortuna. Quella che sbuca nei discorsi di Barack Obama e nelle canzoni di Bruce Springsteen, ma era presente anche nell’intuizione di Ronald Reagan o nel decoro coraggioso di John McCain». Parole che Beppe Severgnini, giornalista famosissimo per acuminati bestseller come “Interismi”, ovvero “Il piacere di essere neroazzurri”, ha pubblicato il 1° novembre 2020 sul “Corriere della Sera”, giornale di cui era vicedirettore un certo Federico Fubini, che lo scorso anno ha ammesso di aver nascosto la strage dei bambini in Grecia, provocata dall’austerity, per non compromettere il prestigio dell’Unione Europea. Dalla Luna, o dal pianeta remoto dal quale Severgnini scrive, la Terra è così semplicisticamente infantile da apparire bianca o nera, senza gradazioni cromatiche: i buoni di qua, i cattivi di là. O meglio, il cattivo è uno solo: l’Uomo Nero. Un mostro orribile, che «ha dimostrato la sua inadeguatezza – politica, economica, culturale, morale, psicologica – a ricoprire un ruolo tanto importante».
-
Elezioni Usa: la polizia e i cittadini temono una guerra civile
Il fatto che i funzionari delle forze dell’ordine si aspettino una violenza diffusa in tutta la nazione come conseguenza delle elezioni, dovrebbe far tremare ogni americano fino alle ossa. Continuo a ripetere che la violenza non risolverà nulla, ma gran parte della popolazione non ascolta più voci come la mia. Come leggerete nel prosieguo, le autorità hanno deciso di “prepararsi al peggio” in modo che tutti siano consapevoli di cosa sta per accadere. Ma, a questo punto, se non possiamo tenere un’elezione presidenziale senza violenza, quanto tempo ancora potrà reggere il nostro sistema? Chiunque finisca per vincere, le elezioni del 2020 ci diranno molto su dove si sia spinta la situazione in America. Per fortuna, i funzionari della maggior parte delle grandi città non hanno ficcato la testa sotto la sabbia e stanno preparandosi a fronteggiare i disordini di massa che seguiranno le prossime elezioni. Il Nypd (polizia di New York) sta addestrando centinaia di rinforzi per prepararli al giorno delle elezioni, per timore che possano scoppiare rivolte e proteste dopo l’annuncio dei risultati.
-
Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe
Si sveglieranno anche i dormienti senza speranza, quelli in preda all’eterno riposo del letargo profondo, il giorno in cui qualcuno dovesse ordinare loro di camminare a quattro zampe, proprio come le pecore, magari perché il mitico virus galleggia a mezz’aria e quindi insidia solo chi passeggia eretto? Che faccia avrebbe fatto, l’Uomo di Vitruvio, se gli avessero raccontato che un giorno lontanissimo, nel 2020, sarebbero esistiti italiani in grado di circolare da soli, in aperta campagna, con il volto coperto e i polmoni in carpione, marinati a fuoco lento con pochissimo ossigeno e un’overdose di anidride carbonica? E se davvero esistesse, il mefistofelico Dottor Stranamore, cosa mai dovrebbe pensare di una popolazione siffatta, così docilmente ingenua? Si potrebbero concepire prede più facili? In altre parole: non c’è neppure gusto, se ad abboccare all’amo è il pesciolino rosso nella boccia. Siamo a questo? O meglio: com’è potuto accadere? Come ci siamo arrivati? Com’è che le notizie sono letteralmente sparite, lasciando il posto alle leggende? La risposta è banale: lentamente, a poco a poco. “Pedetemptim”, dicevano i latini. Versione recente, da cartoon: la storia della rana bollita. Un grado centigrado alla volta, niente traumi: si suda un po’, ma è per il nostro bene. E poi, andiamo, mica sarà per sempre. Questo pensa, il cervello, prima di essere lessato nel modo più impercettibile?E’ persino nauseante ricapitolare le tappe della lunga, lunghissima trafila messa in atto per la Grande Dismissione dell’intelligenza collettiva. Punto di partenza, l’aggettivo: la rimozione della dimensione comunitaria dell’esistere. Come se il singolo (produttore, consumatore) potesse fare a meno del sistema che gli consente di vivere, come soggetto che lavora, guadagna, crea profitto, spende soldi e quindi genera benessere diffuso. Le regole, appunto: il sistema. Su cosa si basa? Sulla velocità formidabile del mezzo di scambio più efficace, il denaro: un valore solo simbolico (le banconote non si mangiano) però perfettamente funzionale, addirittura rivoluzionario nel decretare la fine dell’era paleozoica del baratto. Di fronte al disastro epocale della finanza speculativa, l’estremismo millenaristico tende a cestinare radicalmente qualsiasi transazione mediata con il supporto della valuta, gettando via il bambino con l’acqua sporca. Ma dove saremmo, oggi, senza l’accelerazione prodigiosa innescata dalle prime banche medievali, dalle prime assicurazioni che garantivano la continuità degli scambi commerciali in mezzo a mari infestati di minacce? Per contro, oggi, gli illusionisti del debito pubblico sono riusciti a imporre la più spericolata delle magie: la presunta carenza di denaro, in un mondo dove ormai il denaro si crea necessariamente dal nulla.Se riesci a far credere che lo Stato abbia davvero speso troppo, ovviamente per colpa dei politici corrotti e dei cittadini incorreggibili, niente ti potrà più fermare: arriverai addirittura a paralizzare il pianeta con la più colossale pandemia di asintomatici della storia della medicina, al netto delle vittime (reali, purtroppo, ma non lontane – nei numeri – rispetto a quelle di un’influenza stagionale). A valle del blackout mentale, tutto capitola: e il corto circuito frigge tutte le zanzare che vuole, a cui racconta qualsiasi cosa, dopo aver accuratamente militarizzato le fonti ufficiali. I numeri sono sballati? L’allarme è gonfiato? Le misure sono intempestive, inadatte e spesso assurde? Non è vero: quella è roba da dementi complottisti. Esistono terapie efficaci, misteriosamente trascurate? Bastava trasferirle ai medici di base, tramite il ministero e le Asl, per affidare ai sanitari la soluzione per gestire al meglio, cioè da casa e in sicurezza, l’eventuale “seconda ondata” materializzatasi a orologeria, di cui si è andati affannosamente in cerca eseguendo improvvisamente milioni di test. Ed è possibile tollerare ancora tutto questo, scambiandolo per qualcosa che non sia una presa in giro? Là fuori, intanto, l’economia sta andando in pezzi. E il governo – immobile, di fronte alla catastrofe che ha procurato – si sente dire dal capo della polizia che gli agenti non faranno irruzione nelle case, interrompendo cene tra amici a parenti, perché in quel modo violerebbero l’articolo 14 della Costituzione.La verità è che l’impensabile sta avvenendo, giorno per giorno, sotto i nostri occhi. Si può tutto, ormai: la diga è crollata. In America, poi, siamo alle bande armate: violenti squadristi all’assalto, sotto le bandiere gloriose dell’antifascismo e quelle, altrettanto nobili, della lotta contro la segregazione razziale. E c’è chi ancora perde tempo con etichette ormai stucchevoli – l’America, la Cina – come se le nazioni fossero ancora tali, e non eterodirette da decenni tramite il poderoso lavorio di conventicole apolidi, senza più passaporti né frontiere, capaci di progettare disegni arditamente trasversali e inconfessabili. Infiniti gli indizi convergenti, nel delirio planetario che sovrintende alla gestione dell’arma letale, la paura: il terrorismo internazionale assistito da troppi 007 distratti, il panico climatico supportato dai grandi inquinatori ora ansiosi di tuffarsi nel paradiso finanziario “green”. E siamo al passaggio finale, tanto atteso: il disvelamento apocalittico. Fantascienza? Magari: parla da sola l’esultanza di Mister Tesla per gli esperimenti sui maiali, fortunati pionieri dell’inoculo di particelle “quantiche”, interattive. I cosiddetti cospirazionisti demonizzano Bill Gates, l’uomo-vaccino, ma è la televisione a presentare le mirabilie universali del microchip, di pari passo con la crociata definitiva contro la vera, grande minaccia per l’umanità: il denaro contante. Ebbene sì: l’homo sapiens rischia l’estinzione per colpa del tabaccaio all’angolo, del bar che ha omesso lo scontrino.Se tutte queste erano solo ciance per appassionati, fino allo scorso anno – solo ipotesi su cui argomentare (teorie, sospetti, opinioni discutibili) – ora l’arbitro ha fischiato, e la ricreazione è finita. Parola d’ordine: obbedire. Quand’è successo? Appena Trump ha detto stop a Xi Jinping. Il giorno dopo, il mondo ha scoperto l’esistenza di un posto chiamato Wuhan. Scorciatoie imperdonabili, di nuovo: additare “l’America” o “la Cina”. Perché è successo? Il Dottor Stranamore – sempre che esista – ha temuto che masse considerevoli potessero finire di svegliarsi, mandando a stendere un bel po’ di bellimbusti? I segnali non mancavano: le rivolte elettorali contro la politica-spazzatura, l’insofferenza per i vaccini obbligatori, le proteste per il wireless 5G. C’era anche l’immenso problema della finanza planetaria, finita in una bolla di fantastiliardi immaginari: serviva uno choc platealmente indiscutibile, capace di “resettare” i numeri del pianeta, proprio come avviene dopo una guerra mondiale? Porsi domande è la virtù di Socrate, dell’Uomo di Vitruvio. Domande elementari: cosa sta succedendo, e perché proprio adesso, e in questo modo. Chi evita l’ostacolo, rimanda solo il problema. Va a scuola con la mascherina, lavora da casa, si mette in fila senza protestare. Dà retta ancora alla televisione, e scopre che gli zombie del millennio scorso – D’Alema e Prodi, Bersani, Gentiloni – escogitano soluzioni geniali, rivoluzionarie: una patrimoniale sulla prima casa, per far fronte al collasso dell’economia.Daccapo: ma il denaro non è quel bene volatile che viene emesso all’occorrenza illimitatamente, e a costo zero? Da dove si immagina che escano, i miliardi con cui la Bce ha tenuto in piedi l’Italia in questi mesi? Se si pensa alla sottrazione, anziché all’emissione, non sarà perché l’intento non è esattamente quello di chi vuole salvare qualcuno? E poi: c’è qualcosa di non minaccioso, negli eventi che hanno devastato il 2020? Esiste qualche atto condiviso, non imposto, non inflitto punitivamente ai cittadini? Qualcuno ha registrato posizioni serie, correttamente argomentate, documentate da evidenze inattaccabili? Qualcuno ha assistito in televisione a un confronto aperto, dialettico e scientifico, fra tesi contrapposte? C’è chi può dire di aver ascoltato parole forti e chiare, almeno dall’opposizione? Qualcuno può pensare davvero che tutto questo sia normale? Che sia inevitabile, per il nostro bene, e destinato comunque a passare in fretta, senza strascichi?C’è chi parla persino di eterogenesi dei fini: non tutti i mali vengono per nuocere. Se la rana è quasi bollita, ma ancora viva, solo una gran fiammata potrebbe farla saltar fuori dalla pentola. Di questo un giorno bisognerà ringraziare l’oscuro Conte? Bisognerà essere grati allo sconcertante Speranza, il ministro che non si è degnato di rispondere ai medici che, già ad aprile, lo avvertivano delle proprietà sbalorditive del banalissimo cortisone, per guarire dal Covid? Di fronte a questo, e allo spettacolo quotidiano della rassegnazione imposta per decreto con disposizioni cervellotiche, senza timore di sconfinare nel ridicolo, viene da domandarsi dove porti, davvero, tutto questo male. E’ la fiammata dolorosa che ustionerà i dormienti e donerà la vista ai non vedenti? E a quale prezzo? E quando, esattamente? Forse il giorno in cui davvero, per assurdo, dovesse esserci richiesto di marciare a quattro zampe? Se questa fosse davvero la meta recondita, l’uscita di sicurezza per i superstiti dell’apocalisse, è difficile misurare la distanza che rimane, per raggiungerla. Si temono accelerazioni spaventose, a cominciare dall’esito delle presidenziali americane. Cadranno cocci ovunque? Verranno giù balconi, e poi palazzi?Niente sarà più come prima, ripetono i registi dell’emergenza infinita: loro sperano semplicemente di tracciare il gregge, per l’eternità, plasmandolo a loro piacimento. Cosa tecnicamente possibile, oggi, e in tempi brevissimi: grazie alla globalizzazione sistemica (incluse, appunto, le eventuali epidemie globali). A dire che cambierà tutto, però, sono anche i loro oppositori: certificano la fine di un sistema che, già prima, era marcio dalla testa ai piedi. Chi vincerà? Dipende anche dalle pecorelle, da noi ranocchie nella pentola: per quanto ancora resteremo lì a bollire? Uno dei nostri difetti – uno dei tanti – consiste probabilmente nella faziosità istintiva, nell’animosità che avvelena le dispute, diffondendo rancore. Davanti allo spettacolo cui ci tocca assistere oggi, non manca chi si ostina a scovare – pateticamente – differenziazioni politiche, vizi e virtù in base all’appartenenza di clan, alla scuderia elettorale, come se esistessero ancora vere differenze tra Fontana e Zingaretti, tra Di Maio e Renzi. Sul fronte opposto, chi è esasperato dagli abusi (governativi, ma anche regionali) tende a insultare i dormienti, definendoli complici e codardi. La zizzania – poveri scemi sottomessi contro mentecatti irresponsabilmente “negazionisti” – non fa che cementare le divisioni, ritardando l’ipotetico risveglio, ovvero l’intuizione: siamo tutti sulla stessa barca. Ci vuole tempo, certo. Quanto ce ne sarà concesso, ancora?(Giorgio Cattaneo, “Se un giorno ci chiedessero di camminare a quattro zampe”, dal blog del Movimento Roosevelt del 20 ottobre 2020).Si sveglieranno anche i dormienti senza speranza, quelli in preda all’eterno riposo del letargo profondo, il giorno in cui qualcuno dovesse ordinare loro di camminare a quattro zampe, proprio come le pecore, magari perché il mitico virus galleggia a mezz’aria e quindi insidia solo chi passeggia eretto? Che faccia avrebbe fatto, l’Uomo di Vitruvio, se gli avessero raccontato che un giorno lontanissimo, nel 2020, sarebbero esistiti italiani in grado di circolare da soli, in aperta campagna, con il volto coperto e i polmoni in carpione, marinati a fuoco lento con pochissimo ossigeno e un’overdose di anidride carbonica? E se davvero esistesse, il mefistofelico Dottor Stranamore, cosa mai dovrebbe pensare di una popolazione siffatta, così docilmente ingenua? Si potrebbero concepire prede più facili? In altre parole: non c’è neppure gusto, se ad abboccare all’amo è il pesciolino rosso nella boccia. Siamo a questo? O meglio: com’è potuto accadere? Come ci siamo arrivati? Com’è che le notizie sono letteralmente sparite, lasciando il posto alle leggende? La risposta è banale: lentamente, a poco a poco. “Pedetemptim”, dicevano i latini. Versione recente, da cartoon: la storia della rana bollita. Un grado centigrado alla volta, niente traumi: si suda un po’, ma è per il nostro bene. E poi, andiamo, mica sarà per sempre. Questo pensa, il cervello, prima di essere lessato nel modo più impercettibile?
-
Black Dance Matter, Paolo Mosca: niente è come sembra
Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matters: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matters”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.“Up patriots to arms”, cantava Battiato nel 1980, profetizzando il peggio dopo aver avvistato pericolose crepe nel nostro modo di vivere e sentire. Oggi, a distanza di quattro decenni, l’apocalisse finalmente è arrivata tra noi: ormai ci siamo, la pazzia è esplosa e ci sta invadendo come un virus dall’origine tuttora oscura. A denunciarlo – sempre in musica – è un altro italiano, Paolo Mosca: milanese, classe 1974. Autore televisivo, scrittore e regista. “Rockit” ricorda le sue «brevi ma intense avventure con Castadiva», una band “indie” che fece parlare di sé vent’anni fa. «Un disco pubblicato con Venus (ormai introvabile), un album inedito di cui girò solo un singolo, date live, ospitate tra radio e Tv, i videoclip girati con Elisabetta Sgarbi e poi, all’improvviso, la scomparsa dai radar». Nel 2018, Paolo Mosca è tornato: l’ha fatto con il “moniker” Second Elliptic Eye, per firmare il disco “Non amarmi senza dirmelo”, interfaccia musical-teatrale del romanzo “La mantide religiosa”, pubblicato da Eclissi nel 2015. Ed è sempre con la sigla Second Elliptic Eye che oggi Mosca presenta su Spotify le dieci tracce di “Black Dance Matters”, dove – intercalando l’inquietante tappeto sonoro elettronico – a parlare in modo inequivocabile è la micidiale sequenza dei titoli dei brani.Avviso ai naviganti: siamo entrati in acque pericolosamente inaudite, dove «black is the color and none is the number», come cantava il profetico Dylan di “A Hard Rain’s a-gonna Fall”. Che c’azzecca, il Vate di Duluth premiato col Nobel? Sempre lui, Paolo Mosca, ha fornito su YouTube una splendida traduzione del monumentale “Murder Must Foul”, l’epico brano-denuncia in cui Dylan, a fine marzo, ha sparato “worldwide”, sul web, la sua versione dei fatti: il dramma nel quale siamo sprofondati nel 2020 risalirebbe a un tumore esploso mezzo secolo prima, nell’agguato di Dallas in cui un certo Deep State assassinò John Kennedy. «La stessa élite massonica contro-iniziatica ha poi organizzato il golpe in Cile per insediare il neoliberismo al potere, quindi ha progettato una globalizzazione-canaglia di cui alla Cina è stato affidato il ruolo di locomotiva». Potente suggestione: trionfi economici, ma senza democrazia. «Di mezzo c’è stata la drammatica accelerazione imposta dal terrorismo “islamico”, altra creazione delle stesse menti raffinatissime che oggi sovragestiscono l’emergenza planetaria chiamata Covid».Ad affermarlo non è un complottista, ma il massone progressista Gioele Magaldi, autore nel 2014 del bestseller “Massoni” che svela il ruolo occulto, nel potere mondiale, di una quarantina di superlogge sovranazionali quasi onnipotenti. «La stessa uscita di Dylan, a sua volta massone progressista come il figlio di Bob Kennedy intervenuto a Berlino, testimonia la guerra in corso: l’ala democratica sta combattendo contro la fazione dominante, oligarchica, che cerca di imporci il “terrorismo sanitario” e, negli Usa, utilizza sigle come Antifa per liberarsi di Trump, presidente eletto nel 2016 in modo inaspettato, e dunque tuttora temutissimo perché non sottoposto al controllo di quell’élite». Il ponte tra Gioele Magaldi e Paolo Mosca si chiama Movimento Roosevelt, entità meta-partitica fondata cinque anni fa per tentare di svegliare la politica dormiente. Un libero cantiere di idee, al quale Mosca ha dato un contributo determinante. Se però indossa i panni del creativo puro, utilizzando l’etichetta Second Elliptic Eye, si prende giustamente una bella dose di licenze poetiche. «Il disco – racconta – l’ho creato con mia figlia Diana: il titolo “Diario della luce” è stata una sua idea, è l’unico titolo in italiano e chiude il disco guardando oltre».Il suo non è un sermone politico: è il passo (danzante, appunto) di chi decide di surfare sulla musica, e soprattutto sulle parole, per parlare dal profondo, per immagini e visioni, animando un teatro di specchi in cui riflettere l’orrore postmoderno dei nostri giorni tramortiti dai Dpcm, dai replicanti orwelliani dei telegiornali e, certo, dai lampi della guerra politica (non solo incruenta, purtroppo) che sta incendiando gli Stati Uniti. “Black Dance”, spiega lo stesso Paolo, è il secondo progetto “pop” di Second Elliptic Eye. «Il primo disco, “Non amarmi senza dirmelo”, era sfacciatamente cantautorale. Qui si vira verso un genere dance-punk». L’idea, aggiunge, è quella di «fotografare il presente attraverso la musica». Il che, oggi, significa innanzitutto «rappresentare la danza nera che ci avvolge tra pandemie reali o presunte, mass media che dicono tutto e tutto il contrario, fake news vere e notizie accreditate come vere pur essendo fintissime». Nemmeno della scienza, aggiunge Paolo, ci si può più fidare: «L’esattezza che la dovrebbe contraddistinguere è travolta dai divulgatori scientifici che fanno la gara a spararla grossa».Quanto alla sequenza musicale di “Black Dance Matter”, va premesso che l’ascolto è ipnotico. «I brani sono dieci, e vogliono rappresentare 10 nodi che stanno disegnando il prossimo futuro», spiega l’autore: «Chi li ascolta per bene noterà dei riferimenti chiari a quello che sta accadendo». Alcuni esempi: «Nel brano “Trump (l’oeil)” giochiamo con il “trompe l’oeil”, cioè con l’effetto che inganna l’occhio». Non a caso: «Trump è un maestro nell’apparire ciò che non è, e qui lo vogliamo omaggiare. La musica infatti si rincorre melodicamente, cambiando di continuo sequenza come per non farsi afferrare». Da The Donald al suo avversario, il “raccapriccante” Biden: «In “Creepy Joe” a un certo punto si sente qualcuno annusare, vizio noto del candidato alla presidenza». Il titolo di un altro brano, “Hammer and Sickle”, evoca le sanguinose rivolte inscenate da Antifa, sotto bandiere in cui compaiono falce e martello. «Qui il ritmo ricorda una polka, ma con influenze country», sottolinea Paolo Mosca. Traduzione: «Il futuro degli Stati Uniti è comunista, o, ancor meglio, cinese?».«A leggere quanto emerge dalle mail ritrovate di Hunter Biden sembra proprio che ci sia questa possibilità», aggiunge l’autore, riferendosi alle prove che stanno emergendo, sui finanziamenti occulti che la famiglia Biden avrebbe incamerato da influenti sponsor cinesi. Certo salta agli occhi un altro dettaglio: il carattere marcatamente squadristico – più nero che rosso – che emerge dall’estetica di Antifa, che anche emotivamente capovolge qualsiasi riferimento alla tradizione antifascista, cioè essenzialmente democratica. Archiviate le imprese dei devastatori anti-Trump e le malefatte della famiglia Biden, Paolo Mosca rispolvera l’epica biblica: ecco “The Samson Option”, che si apre con suoni apocalittici, visto che «Sansone moriva distruggendo il tempio con tutti i filistei». Poi però il tono cambia: «La musica diventa ballabile e vagamente mediorientale». Messaggio: «Quanto sono disposti a portarci a fondo e quanto saranno in grado di indorarci pillole e vaccini?». Per ora, Paolo si ferma qui: «Il resto lascio che lo scoprano da soli gli ascoltatori, se no che gusto c’è?».Paolo Mosca ha esordito come autore televisivo alla fine degli anni ‘90. Ha collaborato con Rai e Mediaset, Mtv e Sky. Ha scritto per “L’isola dei famosi”, “Domenica Live”, “X Factor”, “Fuori dal coro”. Insieme alla sorella di Vittorio Sgarbi, Elisabetta, ha realizzato un bel po’ di film d’arte: tanti i protagonisti, da Hanif Kureishi a Morgan, da Manlio Sgalambro a Nicola Arigliano. Nel 2009, Bompiani gli ha pubblicato il suo primo saggio dedicato all’universo televisivo (”Reality. Dal Grande fratello all’Isola dei famosi”), seguito qualche anno dopo dal romanzo “La mantide religiosa”. Il suo blog, “Mosquicide”, è uno straordinario punto di osservazione: monitora il mondo in cui oggi la fiction assorbe le inquietudini del mondo reale. Un lavoro riassunto in modo magistrale nel volume “Passeggeri oscuri”, uscito due anni fa con un messaggio importante: le nuove serie Tv, oggi distribuite sul web, possiedono le chiavi del futuro (le rivelazioni anticipatrici un tempo affidate alla fantascienza dei kolossal che riempivano i cinema). Come dire: i “veggenti” non sono scomparsi, tutt’altro. Si sono semplicemente adattati al nuovo mezzo, per lanciare i loro avvertimenti. Il tema è sempre lo stesso: quello che sta per succederci, e perché.“Black Dance Matters” è solo l’ultima sfida di Paolo Mosca, originalissimo battitore libero capace di interagire perfettamente anche con il mainstream. Questione di cultura, passione, sensibilità e intelligenza intuitiva, adatta a maneggiare benissimo anche l’universo dei codici cifrati. Tra i suoi “maestri” c’è sicuramente anche il simbologo Gianfranco Carpeoro, che nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo” svela i retroscena (non certo islamici) degli attentati targati Isis in Europa. Quanto è breve il passo che separa i jihadisti eterodiretti dai miliziani della “danza nera” che ha devastato l’America, nei giorni del Covid? Saranno le prossime ore, cioè le ultime battute della campagna elettorale per le presidenziali americane, a svelarci qualcosa di decisivo sulla sovragestione in atto, grazie a cui niente è come sembra e nessuno è quello che dice di essere? «I prossimi 15 giorni saranno decisivi: non solo per il futuro degli Stati Uniti, ma per il futuro di tutto il pianeta», ammette Paolo Mosca. «Credo che mai le elezioni americane abbiano avuto questa portata storica. Ad ogni modo, comunque vada – chiosa, con un sorriso – la luce splenderà sempre».Ricordate Jeffrey Epstein, il potenziale ricattatore più famoso del mondo tramite le sue festicciole per vip sull’isola delle baby-schiave? Be’, non si è affatto suicidato, dopo l’arresto. L’hanno ucciso in cella o è stata solo una messinscena? Dunque il tizio non è mai morto? E’ detenuto da qualche parte e ora sta vuotando il sacco? Lo si potrebbe dedurre da tanti segni. Per esempio, la follia collettiva pre-elettorale chiamata Black Lives Matter: sarebbe meglio ribattezzarla “Black Dance Matter”, se è vero che negli Usa ormai in preda al delirio di massa questa “danza” a colpi di scontri con la polizia sta tirando la volata al Raccapricciante Joe (Biden) contro l’ologramma mediatico del male (Trump L’oeil). In tutto questo, ci si domanda dove sia finita Killary (Clinton), e cosa c’entri la dama più nera d’America con la guerra civile a rovescio scatenata dalle bande che agitano Martello e Falce (riedizione capovolta di “falce e martello”), in un mondo ultra-distopico in cui tutto è rovesciato, a gambe all’aria, cominciando dalla verità. Un incubo, in cui affiora l’esorbitante leggenda dei giustizieri di Q-Anon, e dove chi sogna di poter sfogliare finalmente il Diario della Luce potrebbe considerare L’Opzione di Sansone, la rivolta.
-
Mattarella convoca i militari: coprifuoco, paura per gli Usa?
Coprifuoco notturno come in Francia (con il pretesto del Covid) alla vigilia delle elezioni americane? La notizia rimbalza ovunque: Sergio Mattarella ha convocato per il 27 ottobre il Consiglio Supremo di Difesa. Ordine del giorno: «Conseguenze dell’emergenza sanitaria sugli equilibri strategici e di sicurezza globali, con particolare riferimento alla Nato e all’Unione Europea», nonché «aggiornamento sulle principali aree di instabilità e punto di situazione sul terrorismo transnazionale», e infine «prospettive di impiego delle forze armate nei diversi teatri operativi». Militari presto schierati in modo permanente nelle strade italiane? L’attenzione si sposta immediatamente negli Usa, dove si teme stia per accadere qualcosa di inaudito: voci insistenti danno per certo che il Pentagono sia pronto a vigilare sulle elezioni più drammatiche della storia, probabilmente con risvolti senza precedenti. Devastante la polemica agitata da Trump in queste ore: emergono le prove di finanziamenti indebiti che Joe Biden avrebbe ricevuto dalla Cina tramite il figlio, Hunter, già al centro di uno scandalo petrolifero in Ucraina. Molte città statunitensi sono state devastate dalle violenze di formazioni come “Antifa”, manipolate per creare caos dopo le indignate proteste iniziali per il razzismo della polizia. Le elezioni più blindate della storia finiranno in rissa? E’ per questo che anche l’Italia si prepara al peggio, cioè a una crisi mondiale di rilievo anche militare?Domande per ora senza risposta, alimentate da notizie necessariamente frammentarie. Il Consiglio Supremo di Difesa – si legge sul sito del Quirinale – è il principale strumento costituzionale attraverso cui il capo dello Stato acquisisce «circostanziate conoscenze degli orientamenti del governo in materia di sicurezza e difesa». In altri termini, «è strumento di dialogo e di confronto preventivo tra i responsabili dell’indirizzo politico in materia di difesa nazionale». I suoi componenti possono quindi «concorrere a definire criteri per il migliore esercizio delle rispettive singole competenze». Oltre al capo dello Stato ne fanno parte essenzialmente il premier, alcuni ministri-chiave (esteri, interno, economia, difesa) e naturalmente il capo di stato maggiore della difesa. «A seconda delle circostanze e della materia trattata», possono essere consultati anche i vertici delle singole forze armate (esercito, marina, aeronautica e carabinieri), nonché il presidente del Consiglio di Stato e ulteriori esperti di valore strategico. «I primi sessant’anni di attività del Csd sono stati avvolti da un impenetrabile alone di mistero, facendone l’organo meno conosciuto della Repubblica», ricorda Wikipedia. In pratica: l’Italia si sta preparando al peggio, di fronte all’ipotesi di un’esplosione mondiale innescata dalle tensioni tra Usa e Cina?Di per sé, la convocazione – pur degna del massimo rilievo – non implica necessariamente la presenza di circostanze straordinarie: il Consiglio Supremo di Difesa, ricorda sempre il Quirinale, viene convocato dal presidente della Repubblica almeno due volte l’anno, con un ordine del giorno che tiene conto anche delle indicazioni fornite dal presidente del Consiglio dei ministri. In questo caso, però, a fare notizia è la data: il summit delle massime autorità civili e militari è convocato a una settimana di distanza dalle presidenziali americane del 3 novembre 2020, valutate come un appuntamento epocale per il destino del pianeta. La nuda cronologia degli ultimi mesi mostra la successione di due eventi di portatata strategica: la clamorosa rottura geopolitica e commerciale tra Washington e Pechino, con l’imposizione di dazi da parte degli Usa per frenare l’export cinese, e l’immediata esplosione dell’epidemia di coronavirus. Contagio che da Wuhan si è poi esteso al resto del mondo, travolgendo letteralmente gli Stati Uniti, dove Trump era dato sicuramente vincente: merito della sua politica economica, che aveva ridotto a zero la disoccupazione. Con il Covid, tutto è crollato: America nel panico, e milioni di disoccupati.Ad aggravare il quadro, la guerriglia urbana scatenata da “Antifa”: le iniziali proteste di “Black Lives Matters” contro la polizia, dopo la barbara uccisione dell’afroamericano George Floyd, si sono trasformate in disordini gravissimi, con aggressioni ai supporter di Trump degenerate nel saccheggio indiscriminato di negozi e abitazioni. Allarme rilanciato nelle ultime ore anche dalla stampa italiana: migliaia di americani in coda davanti alle armerie, dove si stanno acquistando fucili, pistole e mitra. In arrivo elezioni armate, in un clima da guerra civile? Fonti autorevoli riferiscono che il Pentagono sarebbe pronto a intervenire: sia per garantire la regolarità del voto, che poi per gestire la sicurezza nei giorni seguenti, nel caso dovessero esplodere tumulti e turbolenze minacciose. I sostenitori di Trump ritengono che i militari verrebbero schierati a difesa del presidente uscente, mentre quelli di Biden scommettono che i generali garantiranno, anche con la forza, un regolare passaggio di consegne qualora le urne dovessero decretare la vittoria dei democratici. Si teme in ogni caso il manifestarsi di una situazione inedita e pericolosa, con i militari in primissimo piano, specie in quegli Stati in cui le operazioni di voto dovessero essere disturbate (o addirittura sabotate) da iniziative violente, magari intraprese da manifestanti armati.Ce n’è abbastanza, parrebbe, per convocare gli stati maggiori della Repubblica italiana, recentemente messa sull’avviso dalla strana visita del segretario di Stato di Trump, Mike Pompeo, che a Roma si è scagliato contro il Vaticano accusando Bergoglio di aver fatto pericolose concessioni ai cinesi: il governo di Pechino, infatti (caso unico al mondo) concorre alla nomina dei vescovi cattolici, in Cina. Lo stesso Pompeo avrebbe inoltre rivolto un severo monito al governo Conte, e in particolare al “partito cinese” che si muove dietro le quinte dell’esecutivo, attraverso potenti comitati d’affari nonché i terminali italiani dell’emergenza Covid, ispirati da un’Oms ormai controllata da Pechino dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’organizzazione internazionale, accusata di promuovere il modello-Cina (autoritario) con l’alibi della sicurezza sanitaria. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il lockdown imposto in Italia è stato il più severo, in Europa, e ha prodotto l’unico effetto di aggravare la crisi economica. Oggi l’Italia ha l’acqua alla gola: aiuti mai arrivati, aziende chiuse o in procinto di chiudere, cassa integrazione erogata col contagocce, interi settori (come il turismo) ridotti al lumicino. Allucinanti le proiezioni sul Pil, crollato di 18 punti.Scandalosamente, il governo Conte non ha fatto nulla – nei mesi della tregua estiva – per evitare la situazione che oggi viene rappresentata come esplosiva: i dispositivi sanitari non sono stati potenziati, e ai medici di base (tramite le Regioni) non è stata fornita una procedura per gestire i malati a casa, in sicurezza, evitando la corsa agli ospedali. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, si tenta di colpevolizzare i cittadini (patetica la crociata contro la “movida”) per l’eventuale recrudescenza di un virus che, ormai lo si è visto, produce una larghissima maggioranza di contagiati asintomatici. Contagiati che oltretutto, secondo eminenti virologi (non quelli ospitati in televisione) non sono in grado di trasmettere il virus: gli asintomatici non sono contagiosi, ripetono alcuni tra i maggiori epidemiologi del mondo, come i firmatari della Dichiarazione di Great Barrington, ormai sottoscritta da 25.000 medici e scienziati. La loro ricetta: proteggere anziani e malati, lasciando però che il virus infetti la maggioranza della popolazione (immunità di gregge), in modo che si adatti rapidamente al nostro organismo e cessi di rappresentare un problema. Tesi scientifiche autorevoli ma bandite, nel paese dei Dpcm che sorvolano sulla Costituzione. In Italia, la parola d’ordine resta invariata: abbiate paura.Ancora una volta, dopo aver lasciato affondare il paese, Giuseppe Conte si aggrappa all’emergenza? Sfumati gli aiuti europei (Recovery Fund) nel pantano di una contesa infinita, sarà ora l’emergenza geopolitica innescata dalle presidenziali americane a tenere in piedi il governo più catastrofico del dopoguerra? Saranno cioè i militari nelle strade a “congelare” gli italiani, in crisi nera e spaventati a morte dalla propaganda psico-sanitaria dell’esecutivo? Domande appese a pochi indizi, in attesa del 3 novembre, nel dubbio (fondato) che alla narrazione odierna – dominata dal virus influenzale – possa sostituirsi una narrativa d’altro genere, affidata ai militari, a cominciare dall’altra sponda dell’Atlantico. Impossibile non ricordare che la flotta da guerra statunitense è schierata al largo della Cina, e che l’Italia – sempre strategica, a metà strada tra Europa, Africa e Medio Oriente – ospita in territorio europeo il maggior numero di basi militari statunitensi, alcune munite di considerevoli arsenali atomici.Coprifuoco notturno come in Francia (con il pretesto del Covid) alla vigilia delle elezioni americane? La notizia rimbalza ovunque: Sergio Mattarella ha convocato per il 27 ottobre il Consiglio Supremo di Difesa. Ordine del giorno: «Conseguenze dell’emergenza sanitaria sugli equilibri strategici e di sicurezza globali, con particolare riferimento alla Nato e all’Unione Europea», nonché «aggiornamento sulle principali aree di instabilità e punto di situazione sul terrorismo transnazionale», e infine «prospettive di impiego delle forze armate nei diversi teatri operativi». Militari presto schierati in modo permanente nelle strade italiane? L’attenzione si sposta immediatamente negli Usa, dove si teme stia per accadere qualcosa di inaudito: voci insistenti danno per certo che il Pentagono sia pronto a vigilare sulle elezioni più drammatiche della storia, probabilmente con risvolti senza precedenti. Devastante la polemica agitata da Trump in queste ore: emergono le prove di finanziamenti indebiti che Joe Biden avrebbe ricevuto dalla Cina tramite il figlio, Hunter, già al centro di uno scandalo petrolifero in Ucraina. Molte città statunitensi sono state devastate dalle violenze di formazioni come “Antifa”, manipolate per creare caos dopo le indignate proteste iniziali per il razzismo della polizia. Le elezioni più blindate della storia finiranno in rissa? E’ per questo che anche l’Italia si prepara al peggio, cioè a una crisi mondiale di rilievo anche militare?
-
Magaldi: niente mascherine all’aperto, mi ribello ai cialtroni
Gioele Magaldi va alla guerra: «Affermo con chiarezza che personalmente disobbedirò: nel Lazio non indosserò alcuna mascherina, all’aperto». Non solo: «Invito tutti i cittadini a non indossarle, le mascherine all’aperto. E se vi faranno delle multe, potrete scrivere al “soccorso legale rooseveltiano” coordinato da Monica Soldano: la nostra rete di avvocati sta già combattendo delle battaglie per gli abusi commessi durante il lockdown, in danno dei cittadini». E le forze dell’ordine? «A quei carabinieri e poliziotti che vi fermeranno, dite che loro stessi stanno obbedendo a degli ordini incostituzionali. Spesso, un pubblico ufficiale ha il dovere (oltre che il diritto) di ribellarsi, ad un ordine incostituzionale che gli venga dato». Così si è espresso, il presidente del Movimento Roosevelt, lunedì 5 ottobre, all’indomani della vittoria riportata contro Zingaretti al Tar del Lazio, che ha annullato l’ordinanza sul preteso obbligo vaccinale antinfluenzale per anziani, medici e infermieri. «Il giudice ha stabilito che la Regione non ha competenza per imporre una tale limitazione della nostra libertà». Scornato, Zingaretti ha ammesso: «Sapevamo di fare una provocazione, perché non compete alla Regione l’obbligo della vaccinazione».Il segretario del Pd si è però vantato del suo gesto: «Volevamo dare un segnale sull’importanza di farlo, e invitiamo il governo a introdurre l’obbligo vaccinale a livello nazionale», ha dichiarato all’agenzia Agi. Peggio per lui, lo rimbecca Magaldi: «Lo denunceremo: non si può emettere un provvedimento come quello, già sapendo che è illegittimo. E’ un dolo gravissimo: forze Zingaretti non si rende più nemmeno conto di quello che dice, oltre che di quello che fa». Autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) che denuncia il ruolo occulto di decine di superlogge sovranazionali nella gestione del grande potere mondiale, Magaldi accusa il “partito cinese” di aver sprofondato il pianeta nel panico-Covid, tramite un’Oms ormai largamente finanziata da Pechino, paralizzando l’economia (tranne quella cinese). Spiega: «Gli oligarchi del colosso asiatico non solo soli: su di loro puntarono gli oligarchi occidentali della superloggia “Three Eyes”, in primis Kissinger, quando – attraverso la paramassonica Commissione Trilaterale, che è una loro emanazione – già nel 1975 teorizzarono che fosse meglio limitare la democrazia, in Occidente». Lo scrissero nel pamphlet “The crisis of democracy” firmato da Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki, con edizione italiana introdotta da Gianni Agnelli.La tesi: “curare” la democrazia aggiugendo democrazia sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Traduzione pratica: il reclutamento nella “Three Eyes” del leader cinese Deng Xiaoping, per trasformare la Cina nella manifattura del mondo, a basso costo, mettendo in croce l’industria occidentale (lavoro, diritti), da sacrificare nell’ambito della finanziarizzazione planetaria. «E’ stata la strategia della globalizzazione neoliberista: delocalizzare le fabbriche, penalizzando i lavoratori e annientando la classe media occidentale. E il boom economico cinese, accuratamente preparato, serviva proprio a questo». “Gran maestro” del Grande Oriente Democratico, già inziato alla superloggia “Thomas Paine”, Magaldi è il frontman italiano del circuito massonico progressista che nel 2016 appoggiò l’outsider Donald Trump per fermare il Deep State “imperiale” che puntava sulla Clinton per mantenere salda la leadership neoliberista mondiale. «Anche per questo – dice Magaldi – Trump ha fatto benissimo a imporre uno stop all’export cinese, spina nel fianco dei lavoratori occidentali». Beninteso: «La Cina si è resa protagonista di un “dumping” sleale: i suoi prodotti sono low-cost perché fabbricati da operai sottopagati e privi di tutele sindacali, in complessi industriali che non hanno speso nulla per ridurre l’inquinamento».Attenzione, però: «Non è solo questione di cinesi», avverte Magaldi. «Tutto questo è avvenuto in modo pilotato, da quando alla Cina è stato permesso di entrare nel Wto senza nessuna delle garanzie che gli altri player mondiali devono dare, per entrare nel grande gioco del commercio mondiale: e cioè il rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche». Fate caso: «L’epidemia di coronavirus è esplosa un minuto dopo che Trump ha imposto dazi alla Cina, frenandone l’avanzata». Il resto è cronaca: con una mossa senza precedenti, Mike Pompeo ha accusato il Vaticano di aver concesso al regime di Pechino di condizionare la nomina dei vescovi cattolici in Cina. Dalla Santa Sede a Palazzo Chigi, il passo è breve: Magaldi accusa il governo Conte di aver imposto un severissimo lockdown “cinese”, modello Wuhan, la scorsa primavera. «Sono sempre stato contrario al “coprifuoco”, come efficace misura di contenimento del virus: nei paesi che non hanno effettuato chiusure, come la Svezia, oggi vediamo che il bilancio sanitario è paragonabile a quello italiano, con l’enorme differenza che l’economia non ha subito danni».Non da oggi, Magaldi punta il dito contro la “sindrome cinese” che affliggerebbe lo stesso governo Conte, protagonista di una gestione ultra-autoritaria della crisi, con “pieni poteri” esercitati in modo più che discutibile, anche attraverso il Comitato Tecnico-Scientifico e l’evidente manipolazione effettuata dai media, che a reti unificate hanno investito sulla paura ed escluso tutte le voci critiche, anche quelle del mondo scientifico, contrarie a forme estreme di distanziamento sociale. «So che c’è un “partito cinese” sovranazionale che ha dei terminali importanti, in Italia», afferma Magaldi. «E’ un “partito” trasversale che risente dell’ideologia, della teoria e della prassi in uso in Cina». Un grande paese e un grande popolo, quello cinese, «protagonista di eccezionali risultati economici in tempi brevissimi, che hanno giustamente sbalordito il mondo». Il problema? «Gli oligarchi del partito comunista di Xi Jinping tengono prigioniere centinaia di milioni di persone, sottoponendole anche a deportazioni di massa, di cui i media occidentali (anche i più accreditati) evitano di parlare».Nella sua dirompente visita romana, in cui ha esaltato il controverso Wojtyla come “paladino della libertà” mettendo in ombra Bergoglio, troppo arrendevole verso i cinesi, Mike Pompeo ha auspicato addirittura un “regime change” a Pechino. Chi conosce Magaldi farà in fretta a tradurre: non si tratta (solo) di uno scontro tra America e Cina. La vera posta in gioco è tra oligarchia e democrazia: e gli oligarchi che minacciano la nostra libertà non sono soltanto quelli con gli occhi a mandorla. Il guaio, per noi, è che «i simpatizzanti italiani del “partito cinese”, alcuni dei quali sono al governo, evidentemente hanno la tentazione di sostituire il principio liberale della “raccomandazione” con quello dell’imposizione», sostiene Magaldi, riferendosi sia ai diktat sulle mascherine che a quelli sulla vaccinazione antinfluenzale, che gli stessi medici valutano poco efficace, e alcuni addirittura ritengono possa esporre a maggiori rischi di contrarre il Covid. Per Magaldi e il Movimento Roosevelt, la battaglia politica è cominciata: incassata la sconfitta al Tar sul vaccino antinfluenzale, Zingaretti ha imposto le mascherine all’aperto, nel Lazio, «alzando la palla al governo Conte, perché estenda l’obbligo a livello nazionale».A Magaldi, le mascherine non piacciono: «Illustri scienziati ci hanno spiegato è molto aleatoria, la protezione che fornirebbero, mentre sono comprovati i danni alla salute che, a lungo andare, comportano». In diretta web-streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights”, insieme a Monica Soldano e all’avvocato Vanni Oddino (vincitore al Tar contro Zingaretti), Magaldi sintetizza: l’obbligo regionale di indossare mascherine all’aperto è facilmente “smontabile”, sul piano legale. Di qui l’invito alla popolazione: «Le mascherine indossatele negli ambienti chiusi, ma evitare di obbedire alla disposizione che ora impone di tenerle sul volto anche all’aperto». E se – come pare scontato – alcune Regioni hanno solo anticipato di qualche giorno quella che sarà una un’imposizione nazionale? Anche in quel caso, sostiene Magaldi, ci sarà da discutere: il Parlamento (esaminando la proposta di Forza Italia sul vaccino antinfluenzale) ha optato per la “forte raccomandazione”, evitando quindi l’obbligatorietà. «La stessa cosa potrebbe valere per le mascherine», sostiene Magaldi.«Oltretutto, una legge dello Stato attualmente in vigore inibisce l’uso di maschere che possano impedire ai cittadini di rendersi riconoscibili, da parte delle forze dell’ordine: è una questione di pubblica sicurezza». Non è tutto: «In uno Stato liberale e democratico bisogna stare molto attenti, con le disposizioni autoritarie». La posizione del leader “rooseveltiano” è netta: «Le persone sono ora costrette a indossare la mascherina durante tutto il giorno, in presunta lotta contro un virus che ha una bassa carica virale, in questo momento: non produce sovraffollamento nelle terapie intensive, né rischi così gravi come quelli di altre malattie, che – tutti i cittadini italiani se ne sono accorti – sono state poco e mal curate, in tutti questi mesi». Questo va sottolineato, insiste Magadi: «C’è un’emergenza nazionale che riguarda tutti i malati, affetti da altre patologie: a causa di questa sovraeccitazione, retorica e spesso mistificatoria, a proposito del Covid, non vengono curati. Il diritto alla salute è stato violato, e viene tuttora violato: perché tutti sono sovraeccitati e molto preoccupati del Covid. E di questo sono resposabili anche i media: le persone mutano i loro comportamenti soltanto perché il telegiornale parla dell’aumento dei contagi, senza spiegare che è dovuto all’aumento dei tamponi. Ma questi contagiati sono asintomatici, sono tra noi da mesi, non producono effetti, e tra gli asintomatici la trasmissione virale è bassissima».Il dado è tratto, sembra dire Magadi: «Ora finalmente il Movimento Roosevelt rivolgerà al governo il suo “ultimatum”, innanzitutto economico: il paese è in ginocchio e non si vede luce, nelle chiacchiere infeconde dei nostri attuali governanti». Ma l’ultimatum verterà anche su questa nuova emergenza, «che non è quella da pandemia: è l’emergenza da cialtronaggine, nella gestione della pandemia, da parte di alcuni governanti regionali e del governo nazionale». Magaldi annuncia quindi l’esordio della Milizia Rooseveltiana, formazione «pacifica e gandhiana ma dura, pronta a scendere in piazza con il suo istrionismo, con la sua felice provocazione (non come quella proclamata da Zingaretti, dolosa e passibile di conseguenze penali)». Sarà qualcosa che, «con la capacità teatrale di rappresentarsi in quanto “esercito civico”, senza compiere atti di violenza, marcerà e offrirà alla pubblica opinione motivo di che riflettere, con sue incursioni piratesche, simpatiche e colorite». L’obbligo della mascherina, aggiunge Magaldi, costringe ad accelerare i tempi: «Sono allo studio delle azioni che dimostreranno come noi non siamo disponibili semplicemente a difenderci, ma vogliamo attaccare – in modo nonviolento e pacifico – coloro i quali attentano alle nostre libertà».Quando dice “noi”, Magaldi allude al Movimento Roosevelt, entità politica meta-partitica creata nel 2015 con l’intento di “risvegliare”, in modo trasversale e senza pregiudizi di parte, l’intera politica italiana. Obiettivo: riconquistare una piena sovranità democratica. «Nelle nostre fila c’è un’alta passione civica: per noi, a vita della polis è un campo di battaglia per principi e obiettivi, e non per piccole comunità, piccole poltrone, piccoli guadagni del “qui e ora”, senza lungimiranza, come quelli messi in mostra da Zingaretti». Secondo Magaldi, l’Italia resta una trincea strategica, decisiva per gli equilibri mondiali: «Solo il nostro paese potrà spezzare l’autoritarismo dell’oligarchia che utilizza la Disunione Europea per creare depressione socio-economica, in accordo con le filiere mondiali della massoneria “neoaristocratica”, quella che vorrebbe imporre il sistema-Cina come modello alternativo all’Occidente dei diritti».In questi mesi, Magaldi si è battuto con assoluto tempismo: con largo anticipo ha annunciato la clamorosa svolta keynesiana di Mario Draghi, fino a ieri campione dell’élite eurocratica di stampo reazionario. Tutte “profezie” regolarmente avveratesi: dal trasloco (con Draghi) della stessa Christine Lagarde nello schieramento massonico progressista, all’annuncio del tenore che avrebbe avuto l’incursione di Pompeo in Italia. Magaldi è stato il primo a denunciare il “partito cinese”, quindi anche atlantico, ai tempi dell’esplosione dell’epidemia a Wuhan, e il primo (e unico, per ora) a svelare la cifra massonico-progressista di Bob Dylan, che a fine marzo – con il brano “Murder Most Foul” (messo in relazione con la pandemia) – ha alimentato un terribile sospetto: gli architetti occulti dell’operazione-Covid sarebbero gli eredi degli assassini di John Kennedy. Allusioni ulteriormente sottolineate nel brano “False prophet”, illustrato in modo eloquente: la morte bussa alla porta, con un pacco regalo sottobraccio, e nell’altra mano una siringa.Erano i giorni in cui Bill Gates, dopo aver vaticinato l’apocalisse, presentava il suo sogno di vaccinazione universale con escursioni nella fisica quantistica, laddove si presume l’inoculo di molecole “interattive” che possano trasformare il corpo umano in una sorta di ricetrasmittente biologica, capace di comunicare a distanza e ricevere impulsi sanitari in automatico. Fantascienza? Bei tempi, quando Nicola Zingaretti promuoveva cenette “antirazziste” nei ristoranti cinesi e brindava sui Navigli, a Milano, per esorcizzare la “fake news” della terribile pandemia. E’ lo stesso Zingaretti che, nel giro di pochi mesi, ha fatto spendere alla Regione Lazio 14 milioni di euro per mascherine mai arrivate, più altri milioni (ben di più) per fare scorta di improbabili vaccini antinfluenzali. Sempre lui, il segretario del Pd – partito che tiene in piedi il governo-fantasma di Conte – ora impone le mascherine ai laziali, anche in strada. Qualcosa non torna? La verità, dice Gioele Magaldi, è che qualcuno si è gettato sull’emergenza sanitaria per manipolarla, a nostro danno.Ancora lo scorso febbraio, il coronavirus sembrava uno spettro remoto. «Per l’Italia il rischio è zero», annunciò il virologo Burioni, inaugurando la sanità televisiva modello Covid, dove l’attendibilità è una variabile e il confronto tra le fonti non esiste più: il governo Conte l’ha persino bandito, anche sul web, facendo la guerra – col suo Ministero della Verità – alle notizie scomode, liquidate come bufale. Con un’escalation inquietante: un conto è smentire, un altro è censurare. Non si contano più in post cancellati dai social, i video bannati da YouTube. Colmo del ridicolo: l’accusa – grottesca – di “negazionismo”, rivolta a chiunque, medici e scienziati compresi, osi contestare il Verbo ufficiale, governativo. Siamo passati dalla demonizzazione al bavaglio, senza colpo ferire: non un fiato da sindacati, reporter, Ordine dei Giornalisti. Tutti sordomuti, di colpo? Solo un cieco potrebbe non vedere la dimensione planetaria del problema: che è politico, prima che sanitario. Oggi siamo alla pantomima delle mascherine all’aperto. «Io non la indosserò», avvisa Magaldi, lanciando il suo guanto di sfida.Gioele Magaldi va alla guerra: «Affermo con chiarezza che personalmente disobbedirò: nel Lazio non indosserò alcuna mascherina, all’aperto». Non solo: «Invito tutti i cittadini a non indossarle, le mascherine all’aperto. E se vi faranno delle multe, potrete scrivere al “soccorso legale rooseveltiano” coordinato da Monica Soldano: la nostra rete di avvocati sta già combattendo delle battaglie per gli abusi commessi durante il lockdown, in danno dei cittadini». E le forze dell’ordine? «A quei carabinieri e poliziotti che vi fermeranno, dite che loro stessi stanno obbedendo a degli ordini incostituzionali. Spesso, un pubblico ufficiale ha il dovere (oltre che il diritto) di ribellarsi, ad un ordine incostituzionale che gli venga dato». Così si è espresso, il presidente del Movimento Roosevelt, lunedì 5 ottobre, all’indomani della vittoria riportata contro Zingaretti al Tar del Lazio, che ha annullato l’ordinanza sul preteso obbligo vaccinale antinfluenzale per anziani, medici e infermieri. «Il giudice ha stabilito che la Regione non ha competenza per imporre una tale limitazione della nostra libertà». Scornato, Zingaretti ha ammesso: «Sapevamo di fare una provocazione, perché non compete alla Regione l’obbligo della vaccinazione».
-
Obama-Hillary: guerra civile, per rubare la vittoria a Trump
Hillary Clinton ha annunciato aver detto a Biden di non accettare in nessun caso la vittoria di Trump a novembre prossimo. E’ chiaro infatti che Trump vincerà le prossime presidenziali Usa, dunque l’unico modo per boicottarlo è con il voto postale. Chiaro, se fosse una vittoria a valanga, il tentativo Dem sarebbe palese. Ma ormai, per quello di cui al seguito, penso non si faranno alcun problema anche ad andare anche allo scontro istituzionale in grado di travalicare verso la guerra civile. Alla fine il piano Dem era semplice, per affossare i consensi per Trump a novembre 2020: far crollare la Borsa (la vendita di marzo sui mercato fu commentata real time in Italia guarda caso dall’obamiano Mattero Renzi sulla “Cnn”), vedere crollare l’economia a -30% in un trimestre causa Covid, poi la semi-guerra civile, la rivolta dei negri finanziata da Antifa. Ossia anche – sembra – da Soros, ovvero dalla Germania, che secondo organi di stampa avrebbe addirittura finanziato come Stato direttamente il movimento di protesta dei neri negli Usa… Peccato che detto “perfetto piano” – Covid e crolli di Borsa ci sono stati – non sembri funzionare!
-
Dittatura: nella religione sanitaria, la mascherina è il burka
Da sei mesi siamo entrati nell’era globale della mascherina e non sappiamo quando ne usciremo. Siamo in pieno conflitto etico, epico ed estetico sul suo uso e il suo rifiuto. La contesa va al di là delle ragioni sanitarie e riguarda un modo di intendere la vita e i rapporti umani; è diventata infatti una questione politica, simbolica e ideologica. La battaglia per il suo uso o il suo rifiuto, nel nome della sicurezza o della libertà, lo scontro tra chi dice di non voler rischiare la salute e chi invece non vuol perdere la faccia, ha assunto ormai toni ideologici che vanno al di là della profilassi, dell’effettiva efficacia della mascherina e dei rischi di contagio. Per dirla con Giorgio Gaber la mascherina è di sinistra, il viso scoperto è di destra. Abbiamo sentito in questi mesi accusare di negazionismo irresponsabile e di fasciosovranismo smascherato coloro che ostentavano il rifiuto della mascherina. Trump, Bolsonaro, Johnson e da noi Salvini, Briatore, Sgarbi. In effetti nell’atteggiamento ribelle verso le mascherine c’è qualcosa d’intrepido e temerario che ricorda gli arditi e i fascisti, dal me ne frego al “vivi pericolosamente”; e c’è pure qualcosa di libertario e liberista che rifiuta lacci e lacciuoli, regole e bavagli.Un atteggiamento che in sintesi potremmo definire fascio-libertario. Il superuomo nietzscheano può accettare il distanziamento sociale, e perfino auspicarlo, anche se detesta l’imposizione; ma la mascherina no, è una schiavitù umiliante, una coercizione all’uniformità. Ma perché non cogliere pure sull’altro versante l’ideologia serpeggiante che unisce gli apologeti della mascherina, e il suo forte significato simbolico e metaforico, al di là del suo uso sanitario e della sua effettiva utilità? Per molti fautori della mascherina si tratta di qualcosa di più che una semplice profilassi; quasi un bisogno inconscio, una coperta di Linus, un istinto di gregge, il retaggio di un’ideologia. La mascherina è una livella ugualitaria e uniformatrice, la protesi della paura che accomuna la popolazione in semilibertà vigilata; la mascherina sfigura i volti e cancella le differenze in una specie di comunismo facciale, anche se esalta gli occhi e nasconde le brutture; genera isolamento pur restando in una prospettiva ospedaliero-collettivista, rende più difficile la comunicazione, evoca il bavaglio e la museruola, ha qualcosa di inevitabilmente angoscioso e orwelliano.Lo spettacolo di folle in mascherina sarà confortante per il senso civico-sanitario ma è deprimente, ha qualcosa di umanità addomesticata e impaurita, ridotta a silenzio e servitù dal terrore della malattia e dal relativo terrorismo sanitario. Ma non solo. Il politically correct è la mascherina ideologica per non vedere in faccia la realtà e non farsi contagiare dalla verità nuda e cruda. Quando non vuoi chiamare le persone, le cose, i comportamenti col loro vero nome ma li mascheri in un linguaggio paludato; quando correggi la realtà, la natura, la storia e l’esperienza con i canoni dell’ipocrisia e della rettificazione; quando copri le statue e i simboli della civiltà e della storia patria, nascondi i crocifissi, per non urtare la suscettibilità di qualcuno cosa fai se non costringere il mondo a indossare la mascherina? Se per tutelare le donne e i gay, i migranti e i rom, i disabili e i neri, devi mascherare il linguaggio, la vita reale, i rapporti umani, le forme espressive cosa fai se non calare una gigantesca mascherina sul mondo? Non conta più il mondo ma la sua rappresentazione, non il volto ma la maschera. Viviamo nel tempo mascherato.La mascherina è inevitabilmente associata al totalitarismo sanitario imposto nei mesi scorsi, con le sue restrizioni della libertà più elementari e dei diritti primari: la prigionia domestica, il coprifuoco e la segregazione precauzionale. La mascherina è come una prigione portatile, la gabbia da asporto o la prosecuzione del domicilio coatto con altri mezzi. Sul piano geoetnico la mascherina evoca altri mondi diversi dal nostro, italiano, europeo e occidentale; cancella la bellezza sfacciata dei volti che è stata la gloria della nostra arte figurativa, i ritratti, i sentimenti che si leggono in viso, l’umanità dei volti. Anche se persona in origine significa maschera, da noi la maschera ha una connotazione negativa o al più grottesca. Mascherato è il rapinatore, il killer o il carnevale. S’incappucciano gli ordini esoterici, le confraternite religiose.La mascherina è in uso nelle popolazioni asiatiche, i bavagli profilattici dei cinesi in fila e le protezioni sanitarie dei giapponesi da raffreddori e inquinamento. Ma evoca soprattutto i veli imposti dall’Islam alle donne, dal chador al burka. La mascherina è il burka della salute, perché la nostra è ormai una religione sanitaria. Il nuovo comandamento è ricordati di sanificare le feste. Poi c’è la realtà. Al di là della contesa simbolica e ideologica di cui è stata caricata la mascherina vale l’utilità pratica di indossarla, magari il minimo indispensabile, evitandola laddove siamo soli, nelle nostre auto o all’aperto, lontani da ogni assembramento. E cercando di ridurre al minimo il tempo di permanenza in luoghi o situazioni che la richiedono. Perché la mascherina non la sopportiamo, fisicamente e psicologicamente, ce ne vogliamo liberare il più presto possibile, e rifiutiamo l’ipotesi inquietante che il nostro futuro sia quello di vivere mascherati, in seguito a un osceno baratto, dopo quello tra convivialità e salute: la pelle in cambio della faccia.(Marcello Veneziani, “L’ideologia mascherata e il burka della salute”, dal numero 38 di “Panorama”, settembre 2020).Da sei mesi siamo entrati nell’era globale della mascherina e non sappiamo quando ne usciremo. Siamo in pieno conflitto etico, epico ed estetico sul suo uso e il suo rifiuto. La contesa va al di là delle ragioni sanitarie e riguarda un modo di intendere la vita e i rapporti umani; è diventata infatti una questione politica, simbolica e ideologica. La battaglia per il suo uso o il suo rifiuto, nel nome della sicurezza o della libertà, lo scontro tra chi dice di non voler rischiare la salute e chi invece non vuol perdere la faccia, ha assunto ormai toni ideologici che vanno al di là della profilassi, dell’effettiva efficacia della mascherina e dei rischi di contagio. Per dirla con Giorgio Gaber la mascherina è di sinistra, il viso scoperto è di destra. Abbiamo sentito in questi mesi accusare di negazionismo irresponsabile e di fasciosovranismo smascherato coloro che ostentavano il rifiuto della mascherina. Trump, Bolsonaro, Johnson e da noi Salvini, Briatore, Sgarbi. In effetti nell’atteggiamento ribelle verso le mascherine c’è qualcosa d’intrepido e temerario che ricorda gli arditi e i fascisti, dal me ne frego al “vivi pericolosamente”; e c’è pure qualcosa di libertario e liberista che rifiuta lacci e lacciuoli, regole e bavagli.
-
Veneziani: sogniamo a occhi aperti e viviamo a occhi chiusi
Abbiamo scambiato il giorno con la notte. Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi. Non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà. Due osservazioni di segno opposto, ricorrenti e veritiere per descrivere la vita presente. La chiave per comprendere perché due verità così divergenti hanno un comune fondo di verità è nel loro campo d’applicazione: come succede ai lattanti, abbiamo scambiato il giorno con la notte. Ovvero applichiamo alla veglia le categorie del sogno e al sogno le categorie della veglia. Da un verso cresce la paura della vita e della realtà. Paura della violenza, dello straniero, del razzista, delle malattie, del contagio, del buio, dell’inquinamento. E paura di far figli, di perdere il tenore di vita, paura del futuro ma anche del passato. Allora si cerca rifugio nelle illusioni, nella mitologia secondaria o d’asporto, nel fumo, nelle trasgressioni, nella vacanza, nel video, nella cuffia, nei carrelli della spesa. Non è una novità aggrapparsi alle illusioni: cambiano i veicoli, gli oggetti usati, non gli effetti. In un passato anche recente, le illusioni furono le utopie rivoluzionarie, le ideologie che promettevano paradisi in terra e società perfette. Le illusioni degli uni erano le paure degli altri, il terrore, la violenza.C’era chi bruciava i sogni dopo aver incendiato la realtà e chi faceva il contrario. I disagi, le violenze, le paure del presente sono passate con gli anni dalla sfera pubblica e storica alla sfera intima e privata, ma rivelano la stessa tendenza a scambiare il sogno con la veglia. Quando dovremmo vivere la realtà quotidiana alla luce del sole, fare i conti con ciò che siamo davvero, con il mondo concreto che ci circonda, con la nostra vita, i suoi limiti e le sue imperfezioni, ci rifugiamo nei desideri, inseguiamo chimere, viviamo di universi fittizi, mondi perfetti, società inesistenti, fughe nella realtà virtuale; incapaci di vivere, ci abbandoniamo ai sogni, compreso il sogno della merce. E quando invece dovremmo sognare, lasciare il campo alla libera immaginazione, all’incanto o all’irruzione del mito, allora ci barrichiamo nelle ferree leggi della ragione, nella contabilità, nella tecnica e nei bisogni materiali. Così l’amore è ridotto alla libido, la religione è ridotta a transfert nei cieli dei nostri bisogni e delle nostre paure, l’arte è ridotta all’audience e alle condizioni socio-economiche, le idee ai rapporti di produzione e consumo, la cultura al potere culturale.Ci snaturiamo quando dovremmo vivere secondo natura e ci aggrappiamo alla natura quando dovremmo liberare i sogni soprannaturali. Funzionano a pieno regime le fabbriche dei sogni, dalla fiction all’astrologia: Theodor Adorno in “Stelle su misura” analizzò questo trasloco nella veglia delle allucinazioni oniriche e delle psicosi notturne. L’inversione tra il giorno e la notte, tra il sogno e la veglia, trovò nel surrealismo e poi nel ’68 una formula di successo: l’immaginazione al potere. Il risultato fu rovesciare l’uomo, farlo camminare con la testa e pensare con i piedi, cioè con la praxis, ribaltando così il rapporto col cielo e la terra. I malesseri del presente – come i dolorosi furori del passato – hanno quella stessa matrice: sogniamo quando dovremmo vivere, viviamo quando dovremmo sognare. Dormienti di giorno, insonni di notte, apriamo gli occhi quando è buio, li chiudiamo quando c’è il sole. Pesanti nella leggerezza e leggeri nella gravità.Gli psicanalisti, come Hethan Watters, raccontano cosa succede quando si perdono i sogni di notte e la realtà di giorno. È la chiave più giusta per spiegare la malattia occidentale: la pretesa di calcare il cielo con i piedi e di camminare con la testa. Così i nostri dei e i nostri miti sono pedestri, all’altezza delle nostre suole, o al più dell’inguine, e la nostra vita terrena si perde nel cervello, in quella tirannia dell’immaginazione sulla realtà, del cervello sulla vita concreta che Paul Celàn, prima di suicidarsi, chiamava psicocrazia. I miti caduti in terra si chiamano malattie. Viviamo bene in stato di sospensione e di incoscienza, da automi e fruitori dell’attimo. Quando viviamo male, i sogni si fanno incubi e la realtà si fa maledizione inflitta da altri. Così la vita diventa una confortevole patologia. La via d’uscita, facile a dirsi e ardua a realizzarsi, è restituire i sogni alla notte e la veglia al giorno, ridare il cielo agli dei e la terra agli uomini, ripristinando il duplice bisogno di miti e di realtà che ci rende uomini, mai scambiandoli di posto e di momento.(Marcello Veneziani, “Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi”, dal libro “Alla luce del mito”, edito da Marsilio nel 2017; estratto proposto dal sito di Veneziani).Abbiamo scambiato il giorno con la notte. Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi. Non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà. Due osservazioni di segno opposto, ricorrenti e veritiere per descrivere la vita presente. La chiave per comprendere perché due verità così divergenti hanno un comune fondo di verità è nel loro campo d’applicazione: come succede ai lattanti, abbiamo scambiato il giorno con la notte. Ovvero applichiamo alla veglia le categorie del sogno e al sogno le categorie della veglia. Da un verso cresce la paura della vita e della realtà. Paura della violenza, dello straniero, del razzista, delle malattie, del contagio, del buio, dell’inquinamento. E paura di far figli, di perdere il tenore di vita, paura del futuro ma anche del passato. Allora si cerca rifugio nelle illusioni, nella mitologia secondaria o d’asporto, nel fumo, nelle trasgressioni, nella vacanza, nel video, nella cuffia, nei carrelli della spesa. Non è una novità aggrapparsi alle illusioni: cambiano i veicoli, gli oggetti usati, non gli effetti. In un passato anche recente, le illusioni furono le utopie rivoluzionarie, le ideologie che promettevano paradisi in terra e società perfette. Le illusioni degli uni erano le paure degli altri, il terrore, la violenza.
-
Giorgio Bocca, partigiano: ma nel fascismo c’era del buono
La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.Il fascismo si differenziò proprio nell’essere largo nel lasciare autonomia alle scienze e alle arti. C’era una posizione abbastanza permissiva da parte del fascismo. Mussolini in campo culturale è stato un grandissimo giornalista e un politico professionale del suo tempo…come Gramsci, Togliatti, Nenni. Rispetto agli altri dittatori totalitari Mussolini era un uomo di mondo, aveva letto i libri giusti, aveva dei rapporti corretti con la cultura, mentre Hitler e Stalin non li avevano. Al di fuori del giornalismo non ha mai preso un soldo dallo Stato. Per il delitto Matteotti non credo che si possa parlare di mandante diretto, credo che sia stato interpretato in modo estensivo un suo scatto di malumore… Mussolini diede in escandescenza contro di lui ma senza mai dire “uccidetelo”. La politica sociale del fascismo fu nei primi anni una politica riformista normale, furono introdotte alcune leggi che facilitavano l’agricoltura, mettevano un primo ordine nei luoghi di lavoro; assicuravano con l’Iri un industrialismo assistito, una rinuncia al capitalismo feroce. Eravamo un paese arretrato, con una classe imprenditoriale anch’essa arretrata, e ad un certo punto fu giocoforza fare un’economia protezionista.Il fascismo, nato come regime di massa, fece partecipare alla vita politica un numero maggiore di persone. I ceti medi, infatti, che nel regime liberale non avevano contato, sotto il fascismo, pur nei modi e nei limiti previsti, partecipavano alla vita politica. Non è esistito un razzismo degli italiani diverso dal razzismo di tipo coloniale… era politica di dominio, non di sterminio. Il popolo italiano le leggi razziali non le ha sentite per niente; l’adozione delle leggi razziali per adeguarsi alla Germania nazista furono una prova di subalternità rispetto alla Germania. In tutto il fascismo fino al 1935, non c’è la minima traccia di razzismo antisemita. Le affinità tra nazismo e fascismo sono pochissime e sono affinità di metodo: sono due regimi di massa, a partito unico, autoritari; ma le differenze sono molto più grandi delle somiglianze. Veramente fra fascismo e nazismo non c’è alcuna parentela. La concezione della razza resta fondamentale per differenziare il fascismo dal nazismo. Il Mussolini dell’ultimo periodo è stato un Mussolini con le mani legate, indubbiamente. Io credo che il motivo dominante dell’alleanza con la Germania sia stata la paura.(Giorgio Bocca, dichiarazioni sul fascismo estratte dal volume collettivo “Il fascismo ieri e oggi”, a cura di Enzo Palmesano, pubblicato nel 1985 dall’editore Ciarrapico. La sintesi, che rivela il revisionismo storico del grande giornalista, già comandante partigiano, è stata riproposta da Marcello Veneziani su “La Verità” il 26 agosto 2020. Riguardo all’omicidio Matteotti, Bocca coglie nel segno: il mandante non fu Mussolini, ma il Re. Lo scrive Gianfranco Carpeoro, nel saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, uscito nel 2017 per UnoEditori. La ricostruzione di Carpeoro si basa su documenti riservati della massoneria: Matteotti fu assassinato dai killer reclutati da Filippo Naldi, vicino a Casa Savoia, perché a Londra il leader socialista aveva scoperto che Vittorio Emanuele III era il grande beneficiario dell’accordo stipulato con la Standard Oil dei Rockefeller, cui era stata concessa l’esclusiva per le forniture di petrolio all’Italia).La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.
-
Il virus perfetto: stop all’economia, per salvare la finanza
In uno sforzo puramente teorico, nel cercare di dare un senso a quello che è accaduto e quello che sta accadendo, possiamo cercare di unire alcuni punti per arrivare ad avere un immagine e di concludere un ragionamento credibile. Ricostruiamo sommariamente le tappe. 2008 – Crisi dei mutui subprime: un eccesso di debito causa il collasso del sistema finanziario. Il problema non viene risolto, anzi, si decide di affrontarlo con nuovo debito in misura monumentale, rimandando le conseguenze e amplificandone la pericolosità. Seguono dieci anni di tassi a zero e crescita del debito incontrollata che non riescono a dare impulso all’economia. I tassi a zero e le emissioni monetarie finiscono nella finanza iper-speculativa. Chiunque si può indebitare per comprare azioni e scommettere nel mondo dei derivati. La bolla si gonfia in modo preoccupante. Settembre 2019 – La cuccagna sembra finire da un momento all’altro: la Banca Regolamenti Internazionali lancia l’allarme: qui scoppia tutto. Il 18 ottobre 2019 a New York andava in scena l’Event 201. I big del mondo si riuniscono per una simulazione che nel giro di poche settimane sarebbe diventata reale: le prove generali di un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone.Il 20 gennaio 2020, gli stessi vertici delle nazioni e dei maggiori centri di potere si riuniscono nuovamente a Davos e, molto probabilmente, i capi di Stato e tutti i media ricevono il protocollo di azione su come comportarsi, tutti insieme, per le misure che tutti noi abbiamo dovuto subire, nostro malgrado. Fase finale: i militari vengono dispiegati sui territori, le libertà individuali vengono praticamente azzerate. L’economia viene congelata e le banche centrali, all’unisono, con la Federal Reserve in capofila, iniziano la creazione monetaria più insensata della storia del mondo, iniettando liquidità creata dal nulla direttamente nei conti reciproci con le banche commerciali, nelle grandi corporation, nei gestori dei fondi e anche direttamente al Tesoro, continuando a comprare titoli di Stato. Nel pieno della crisi economica dovuta alle misure adottate per il Covid, viene scatenata anche una guerra civile interna agli Stati Uniti sfruttando e fomentando l’odio razziale. Nel caos generalizzato, con gli Stati Uniti non più uniti, ma divisi come non mai, la Cina sembra uscire trionfante; e questo fa veramente presagire un disegno della fine di un’epoca, quella americana, e l’inizio di un nuovo mondo dominato dalla Cina.A questo punto abbiamo possiamo dire di avere quindi un disegno molto verosimile, che inizia con un problema economico globale estremamente drammatico che bisogna affrontare in modo urgente e concertato. Il mondo globalizzato si riunisce e si accorda su come gestire questa situazione. Cercherò adesso di dare un senso alle misure adottate, piene di contraddizioni, che risultano incomprensibili a tante persone di buon senso che hanno cercato di ragionare sul perché di misure così drastiche e spesso anche addirittura folli e scellerate. Per capire bene l’importanza che ha il mondo finanziario sul mondo reale, bisognerebbe avere un’educazione almeno basilare di come funzionano le banche, il denaro, i commerci, i mercati valutari, le compensazioni tra banche, mercati e nazioni, gli arbitraggi e il sistema bancario ombra, con la realtà intricatissima del mondo dei derivati e dei derivati Otc. Comunque, già aver visto e capito il film “Una Poltrona per Due” dà un’dea di come funzioni il sistema. In modo molto semplice, bisogna sapere che il mondo è tutto collegato. Non c’è niente che possa avvenire in una parte del mondo senza avere ripercussioni da un’altra parte.Quando si creano degli squilibri, bisogna intervenire per aggiustarli. Quando gli squilibri sono talmente giganteschi da compromettere l’esistenza stessa del mondo economico che conosciamo, allora le misure da adottare assumeranno una dimensione proporzionale al problema. Come abbiamo visto al punto 3, nel settembre 2019 stava per esplodere l’intero sistema economico. La Banca Regolamenti Internazionali ha lanciato l’allarme, e i paesi del mondo – tutti avviluppati l’un l’altro in un abbraccio economico controparte – hanno accettato, tutti insieme, di adottare le misure prescritte. La prescrizione è molto semplice: bisogna congelare l’economia. Perché bisogna congelare l’economia? Adesso ve lo spiego. È molto semplice. In un mondo super-indebitato, dove i debiti sorreggono le scommesse nel mondo finanziario, dove le scommesse si basano sul fatto che i tassi siano vicini o pari a zero, non si può far sì che i tassi d’interesse possano salire. Se i tassi salgono, diminuisce il valore del nominale dato a garanzia e si innesca la reazione a catena delle “margin call”. Questo evento sarebbe cataclismico per le banche, gli hedge fund, i fondi pensione e tutto il mercato dei titoli di Stato.Per disinnescare la reazione a catena, l’unico sistema possibile è quello di iniettarci dentro la tutta la liquidità necessaria. In un mondo in cui la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, è difficile giustificare la semplicità con cui una banca centrale digita dei bit sul pc e crea soldi in modo illimitato. Se la gente capisse questa cosa direbbe: se è così facile, perché non dà i soldi direttamente a noi? Questo modo di ragionare mette in luce la grande ingenuità delle persone. La gente crede che le decisioni dei potenti vangano prese per il bene delle persone, mentre quella è l’ultima delle loro preoccupazioni. Le decisioni vengono prese per conservare la solidità della piramide di potere. Il potere, avendo tutti bisogno di soldi per sopravvivere, è ben saldo nelle mani di chi detiene il monopolio del creare i soldi, ovvero le banche, che sono un cartello. Lo slogan “andrà tutto bene”, messo sulla bocca dei fessi in tutto il mondo, voleva dire: andrà bene a noi, non a voi, poveri imbecilli! L’economia è stata quindi congelata per un semplicissimo motivo: per consentire alle banche centrali di creare migliaia di miliardi di nuovo debito e non creare inflazione (l’inflazione danneggia il creditore – la banca – e favorisce il debitore, quindi non deve accadere).Si pensa erroneamente che l’inflazione sia l’aumento dei prezzi, ma l’aumento dei prezzi è soltanto la conseguenza dell’inflazione. Inflazione vuol dire espansione: l’espansione della massa monetaria. Se le banche creano nuovi trilioni di dollari, inflazionano l’economia di nuova moneta disponibile. Se questa moneta inizia a circolare, ad esempio se c’è esuberanza economica, allora si crea inflazione, in modo proporzionale alla massa di nuova moneta messa in circolo. Quando questo accade, le banche hanno un solo modo per intervenire: alzare i tassi per drenare la liquidità. Ma adesso questo è impossibile, perché se si alzano i tassi si innesca l’esplosione delle “margin call” sui Repo e scoppia tutto. L’unica altra opzione per creare liquidità e impedire che circoli è quella di bloccare l’economia, guadagnando tempo prezioso per intervenire là dove ci sono le falle, cercando di tapparle una ad una gettandoci sopra palate di soldi.Ecco la verità di tutta questa triste vicenda, dove ci hanno raccontato di tutto tranne che il vero nocciolo della questione è il nocciolo economico; come sempre. Come in tutte le guerre e in tutte le cose che accadono: l’incipit è sempre economico. Tutto risulta di più facile comprensione, una volta preso atto che le persone, nel mondo, sono gestite come un gregge di pecore. Ci fanno fare quello che torna utile a loro. Le persone che ce lo impongono, i governanti visibili e le teste parlanti della Tv sono solo i cani da pastore. I mandriani sono le banche, proprietarie dei soldi e quindi di tutto il resto. Il sistema economico globale è basato sul debito, e per sua natura genera squilibri che con il tempo divengono esponenziali. Un modo di intervento diffuso era quello di organizzare guerre e dare origine a quello che Schumpeter definì “distruzione creativa”. Adesso è più difficile fare le guerre, perché mancano gli ideali; e i giovani, col fisico da Nintendo, non sono più adatti.Allora è stata scelta una strategia più trasversale: quella della minaccia di un virus invisibile, con cui tutti gli Stati sono obbligati a combattere, indebolendosi e indebitandosi. Sul campo di battaglia restano aziende, controllo delle risorse, devastazione; e il potere si consolida in sempre meno mani. Non sono mancati neanche i militari sul campo, a dare credibilità a tutta la messa in scena, mentre i media all’unisono ripetevano come un disco rotto: siamo in guerra contro il virus. È tutto collegato. E il collante che unisce tutto è il denaro. Siamo tutti dentro al gioco. Come un grande gioco del Monopoli. Quando giochiamo a Monopoli, sappiamo benissimo che i soldi che usiamo sono finti. Quello che ha valore sono le nostre emozioni che nascono durante lo svolgimento, mentre giochiamo. Imprevisti, probabilità, case, alberghi, ferrovie. Sono le nostre emozioni a dare valore a tutto ciò. Quella è la moneta autentica con cui paghiamo per stare al gioco.(Andrea Cecchi, “E’ tutto collegato”, dal blog di Cecchi del 7 agosto 2020).In uno sforzo puramente teorico, nel cercare di dare un senso a quello che è accaduto e quello che sta accadendo, possiamo cercare di unire alcuni punti per arrivare ad avere un immagine e di concludere un ragionamento credibile. Ricostruiamo sommariamente le tappe. 2008 – Crisi dei mutui subprime: un eccesso di debito causa il collasso del sistema finanziario. Il problema non viene risolto, anzi, si decide di affrontarlo con nuovo debito in misura monumentale, rimandando le conseguenze e amplificandone la pericolosità. Seguono dieci anni di tassi a zero e crescita del debito incontrollata che non riescono a dare impulso all’economia. I tassi a zero e le emissioni monetarie finiscono nella finanza iper-speculativa. Chiunque si può indebitare per comprare azioni e scommettere nel mondo dei derivati. La bolla si gonfia in modo preoccupante. Settembre 2019 – La cuccagna sembra finire da un momento all’altro: la Banca Regolamenti Internazionali lancia l’allarme: qui scoppia tutto. Il 18 ottobre 2019 a New York andava in scena l’Event 201. I big del mondo si riuniscono per una simulazione che nel giro di poche settimane sarebbe diventata reale: le prove generali di un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico trasmesso dai pipistrelli ai maiali alle persone.