Archivio del Tag ‘rapina’
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Ben Gurion, padre di Israele: massacrate donne e bambini
«Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre». Sembrerebbe Hitler, ma non è lui. «C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti». A parlare non è Himmler, non è Goebbels, ma il “padre” dello Stato d’Israele, David Ben Gurion. Obiettivo di queste “raccomandazioni” affidate alle sue memorie: «Ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba». Letteralmente: pulizia etnica. «Quell’uomo – accusa Paolo Barnard – pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’Olp, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele». Problema: la “narrazione” dominante in Occidente ignora questa atroce verità storica in modo sistematico. E’ negazionismo: la stessa infamia che pretende di negare l’abominio di Auschwitz.
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Ma questa Europa non è affatto annoiata: è disperata
«Se l’Europa facesse un selfie, mostrerebbe il volto della noia», dice Renzi al Parlamento Europeo. Noia? «No, il volto di paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e la stessa Italia non è annoiato, è disperato», protesta il “Keynes Blog”. «L’Europa attuale non è un sogno, men che meno ha un’anima. E’ un insieme di regole – quelle che Renzi non vuole cambiare – basate su una teoria economica che si è dimostrata palesemente incapace non solo di prevedere, ma anche di guarire la crisi iniziata nel 2008». Il tutto – regole e istituzioni – è «orientato a garantire i paesi creditori e bastonare quelli debitori». Aggiunge il blog: non stiamo camminando lentamente, stiamo tornando indietro. «La “generazione Erasmus” (ora ribattezzata “generazione Telemaco”) di cui Renzi si sente parte, è la più colpita, con tassi di disoccupazione oltre ogni soglia di tollerabilità: stiamo distruggendo capitale fisico e umano, ponendo le basi perché la crescita non ritorni in tempo utile affinché questa generazione possa goderne».Si è antitaliani se si afferma che il discorso di Renzi al Parlamento Europeo è «una montata di fumo a manovella», fatta solo per cercare facile consenso? Anche la confusa metafora di Telemaco, dice Giorgio Cremaschi su “Micromega”, resta sospesa a mezz’aria. La storia del figlio di Ulisse che aiuta il padre a sterminare gli usurpatori di Itaca e liberare Penelope la sanno anche gli studenti delle medie, ma chi sono i Proci per Renzi? «Non lo sapremo mai, perché tutta la sua comunicazione politica si fonda sulla allusione», lasciando le conclusioni al pubblico, per tenersi le mani «libere di continuare a fare quel che si è sempre fatto». Renzi allude a un’Europa «diversa da quella che con le politiche di austerità ha prodotto 40 milioni di disoccupati», ma quando si va sul concreto «l’unica affermazione chiara è che l’Italia rispetterà tutti i micidiali vincoli del Fiscal Compact, dei patti di stabilità, del rigore», e andrà avanti con le micidiali “riforme strutturali” raccomandate dall’oligarchia neoliberista, ovvero «flessibilità del lavoro, bassi salari, privatizzazioni e mercato, mercato, mercato».È la ricetta che è stata definita come “precarietà espansiva”, ricorda Cremaschi. Puro ossimoro: l’austerity che produce crescita, secondo Mario Monti e colleghi. «Come disse Padoan prima di diventare ministro, dal dolore nasce lo sviluppo». Tutti i dati economici italiani e anche quelli dell’Eurozona «dimostrano che il dolore cresce, ma lo sviluppo no». Tuttavia, continua l’ex leader Fiom, Renzi rivendica per l’Italia il ruolo di primo della classe nell’applicazione di queste politiche, aggiungendo assieme a tutti i socialdemocratici europei che esse dovranno essere “accompagnate dalla crescita”. «Che vuol dire? Niente. Le politiche di austerità sono un sistema compiuto», che produce solo danni. «O si abbandona l’austerità – cioè pareggio di bilancio, vincolo del debito, divieto di intervento pubblico, bassi salari – oppure si rinuncia alla crescita o almeno a quella crescita che viene promessa da “Telemaco” Renzi». Domanda: ma se queste politiche non producono veri risultati, come mai tutti i governi, e il governo europeo delle larghe intese appena varato, continuano a portarle avanti?«Per due ragioni di fondo, di cui la seconda è inconfessabile», sostiene Cremaschi. La prima è che «le politiche di rigore e austerità europee sono figlie di più di trent’anni di politiche economiche liberiste». Oggi si teme la deflazione, cioè l’assenza di inflazione come ulteriore spinta alla stagnazione economica, ma «tutta la costruzione europea fino alla Bce ha come presupposto la lotta all’inflazione». La scala mobile che tutelava i salari italiani «è stata abolita nel nome della lotta all’inflazione». Il debito pubblico «si è gonfiato dei costi degli interessi pagati alla finanza perché si è rinunciato, ben prima dell’euro, a stampare moneta». La lotta all’inflazione, insiste Cremaschi, è il nocciolo materiale e ideologico delle politiche di austerità. E tutte le istituzioni, tutti i gruppi dirigenti, politici e sindacali «sono stati selezionati nel suo nome». Altro che la contestazione a qualche casta marginale: «Per cambiare politica bisognerebbe cambiare tutta una classe dirigente che non sa produrre altro se non austerità». E poi c’è la seconda ragione per cui si va avanti così, «quella inconfessabile». E cioè: «Purtroppo non è vero che il dolore non dia risultati: gli indici di Borsa da quasi tre anni sono in crescita. Chi ha investito nel momento più basso della crisi finanziaria oggi ha fatto un bel po’ di soldi. Per una parte delle imprese i profitti sono in ripresa, così pure i super-guadagni dei manager».Banche e finanza, continua Cremaschi, hanno ripreso a fare affari come prima. E anche i derivati e tutti i titoli-spazzatura son di nuovo in campo, come prima del crack. «Il punto inconfessabile è proprio che la crescita delle disuguaglianze e della povertà non sono un danno collaterale, ma parte integrante del modello economico che si vuole affermare». La creisi era parte del piano: nel fango il 99%, per far volare i maxi-proifitti dell’1%. «La Grecia, prima cavia dell’austerità, non ha più stato sociale, ha il 20% di disoccupazione e i salari calati del 30%. Socialmente e moralmente è una catastrofe, ma oggi in Grecia si fanno buoni affari. Certo il rischio è che la brutalità delle misure adottate faccia vincere alle elezioni Tsipras e le forze anti-austerità, per questo in Italia si è aggiustato il tiro». Se in Grecia il troppo bastone rischia di provocare una rottura, «in Italia per continuare con l’austerità si è usata più carota, e la carota si chiama Renzi».Ecco perché «le politiche di austerità non possono essere abbandonate se non si rovesciano i presupposti, gli interessi, le istituzioni che le impongono», conclude Cremaschi. «Io non credo che questa Unione Europea sia riformabile, ma anche chi ci crede ha oggi il dovere di respingere il gattopardismo di Renzi, Schultz, Juncker, Merkel e dei loro finti scontri», nell’ambito delle sostanziali larghe intese con cui i politici eletti fingono di governare, limitandosi in realtà a obbedire ai tecnocrati militarizzati dall’élite finanziaria, uomini-ombra potentissimi che impongono l’agenda, le leggi, le direttive europee attraverso le lobby insediate a Bruxelles in rappresentanza delle grandi multinazionali. Secondo Cremaschi «bisogna che il semestre italiano fallisca, cioè che fallisca la mistificazione politica che copre la continuazione del rigore liberista». Giù la maschera, Renzi: «Noi sappiamo bene chi sono i Proci della finanza, delle banche, delle multinazionali che ci saccheggiano».«Se l’Europa facesse un selfie, mostrerebbe il volto della noia», dice Renzi al Parlamento Europeo. Noia? «No, il volto di paesi come la Grecia, il Portogallo, la Spagna e la stessa Italia non è annoiato, è disperato», protesta il “Keynes Blog”. «L’Europa attuale non è un sogno, men che meno ha un’anima. E’ un insieme di regole – quelle che Renzi non vuole cambiare – basate su una teoria economica che si è dimostrata palesemente incapace non solo di prevedere, ma anche di guarire la crisi iniziata nel 2008». Il tutto – regole e istituzioni – è «orientato a garantire i paesi creditori e bastonare quelli debitori». Aggiunge il blog: non stiamo camminando lentamente, stiamo tornando indietro. «La “generazione Erasmus” (ora ribattezzata “generazione Telemaco”) di cui Renzi si sente parte, è la più colpita, con tassi di disoccupazione oltre ogni soglia di tollerabilità: stiamo distruggendo capitale fisico e umano, ponendo le basi perché la crescita non ritorni in tempo utile affinché questa generazione possa goderne».
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Israele, il genocidio dell’acqua per sterminare i palestinesi
L’accesso all’acqua potabile è un presupposto essenziale per la sopravvivenza di ogni comunità, e i servizi igienico-sanitari sono altrettanto essenziali per la salute pubblica. Le leggi internazionali universalmente accettate, istituite per proteggere il diritto di accesso all’acqua potabile, sono sistematicamente violate dal governo israeliano nella Palestina occupata, accusa Elias Akleh: Israele «ha trasformato l’acqua in un’arma di genocidio lento e graduale». Cisgiordania e Gaza soffrono la sete, mentre le comunità rurali dipendono dalle magre forniture israeliane. Numeri: nelle principali città, un palestinese ha accesso ad appena 70 litri d’acqua al giorno, contro i 100 litri raccomandanti dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nelle campagne la dose scende ad appena 20-30 litri, mentre negli insediamenti israeliani verdeggiano parchi e giardini con piscine. «È stato stimato che il 44% dei bambini palestinesi nelle zone rurali soffrono di diarrea – la maggiore causa di morte dei bambini sotto i 5 anni nel mondo a causa della scarsa qualità dell’acqua e degli standard di igiene».Secondo l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, mentre i coloni israeliani irrigano i loro frutteti consumando anche 400 litri d’acqua al giorno a persona, le comunità beduine devono cavarsela con 10-20 litri al giorno, acqua di cisterna a bassa qualità. «Consapevoli della disastrosa situazione dell’acqua nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza – scrive Akleh in un post ripreso da “Come Don Chisciotte” – i paesi donatori hanno sostenuto gli sforzi dell’Autorità Palestinese per sviluppare il settore idrico e igienico-sanitario, e hanno destinato fondi per la costruzione di bacini idrici, impianti di trattamento delle acque reflue, e per la riparazione e l’ampliamento delle reti idriche e fognarie». Sono strutture vitali per la popolazione, finanziate dall’Ewash, coalizione che raggruppa 30 Ong internazionali. Eppure, annota Akleh, «con la sua lunga storia di violazioni di molte leggi internazionali, grazie alla collaborazione della sua società idrica nazionale Mekorot e della società agro-industriale israeliana Mehadrin, il governo israeliano ha adottato politiche discriminatorie sistematiche, gravi e dannose, per ostacolare l’accesso all’acqua ai palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, combinato con l’imponente furto delle risorse idriche».Un rapporto dell’Onu rivela che le società Mekorot e Mehadrin minano gravemente l’accesso dei palestinesi all’acqua, in particolare nella valle del Giordano, pompando l’acqua dei pozzi e delle sorgenti d’acqua palestinesi verso le colonie illegali israeliane (insediamenti) in Cisgiordania. «L’acqua palestinese è stata rubata e convogliata in Israele a costo zero», poi una parte della “refurtiva” viene rivenduta alle città palestinesi: «In questo modo Israele sta rubando ai palestinesi sia la loro acqua che il loro denaro». Tel Aviv, continua Akleh, esercita un potere sottile: «Attraverso la lentezza della burocrazia, blocca la maggior parte delle licenze e i permessi per i nuovi impianti idrici in Cisgiordania, ponendo come condizione la reciproca approvazione da parte dei palestinesi dei progetti nelle colonie illegali, gli insediamenti: un accordo che l’Autorità Nazionale Palestinese rifiuta per paura di legittimare queste colonie». Così, l’Anp non è stata in grado di realizzare infrastrutture su larga scala per proteggere la popolazione: tra il ‘95 e il 2011, i palestinesi si sono visti approvare solo 4 progetti su 30 per le acque reflue e appena 3 pozzi agricoli sui 38 richiesti nel solo 2011.«A causa delle artificiose carenze di acqua imposte da Israele e della mancanza di impianti di trattamento delle acque reflue e delle reti fognarie, la maggioranza dei palestinesi ha dovuto ricorrere alla vecchia pratica di costruire pozzi d’acqua privati, pozzi neri e fosse settiche», racconta Akleh. «Nelle aree rurali i palestinesi dipendono dalle vasche di raccolta d’acqua piovana, dalle cisterne e dai serbatoi d’acqua. Ciò aumenta i timori per la salute pubblica e per i danni all’ambiente». Non è tutto. «Oltre ai tempi prolungati della burocrazia israeliana e al libero furto dell’acqua palestinese, il governo israeliano ha adottato ed attuato politiche e pratiche immorali e illegali, con l’obiettivo di distruggere le risorse idriche palestinesi e di contaminare i loro terreni agricoli per stimolare l’auto-evacuazione dei palestinesi da una zona ambita e la diffusione di una malattia mortale tra i loro bambini cagionevoli». Anche per questo, l’esercito israeliano «svolge ordinariamente quelli che vengono chiamati ordini di demolizione di cisterne comunali e pozzi d’acqua in terreni agricoli privati a causa di una presunta mancanza di autorizzazione». Molte di queste cisterne «sono vecchie di centinaia di anni, più vecchie dello stesso stato illegale di Israele», e includono «serbatoi di acqua trainati da animali e da trattori».Solo nel 2011 l’esercito israeliano ha demolito 89 strutture “Wash” in Cisgiordania, tra cui 21 pozzi, 34 cisterne e molti piccoli serbatoi rurali nella valle del Giordano. «Tale demolizione comprendeva anche la distruzione degli orti, delle stalle e delle baracche degli animali». Una devastazione che viola l’articolo 53 della Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta la distruzione di proprietà privata o pubblica, ed è una chiara violazione del diritto all’acqua, tutelato dall’articolo 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. «Il governo israeliano – continua Akleh – utilizza questa negazione dell’accesso all’acqua per innescare gli spostamenti delle persone, soprattutto nelle zone che fanno parte del programma per l’espansione coloniale, in particolare per il fatto che queste comunità sono composte per lo più da agricoltori, che dipendono dall’acqua per il loro sostentamento. Di solito, l’interruzione della fornitura delle risorse idriche precede l’esproprio dei terreni per nuovi progetti coloniali».Il muro di separazione per l’apartheid israeliano, 700 chilometri in costruzione dal 2002, «è stato deliberatamente deviato attraverso la Cisgiordania per includere, nella parte israeliana, il ricco e fertile terreno agricolo palestinese con grandi falde acquifere sotterranee, in particolare all’interno delle provincie di Jenin, Qalqilya e Tulkarem». Il muro, continua Akleh, ha ulteriormente ridotto l’accesso dei palestinesi all’acqua e ha portato alla perdita di accesso a 49 pozzi e serbatoi ad uso agricolo e domestico. A Gaza invece si usano i raid aerei per bombardare le risorse idriche e gli impianti di trattamento dell’acqua, le strutture fognarie, e persino le cisterne agricole antecedenti all’istituzione dello Stato ebraico. «Dal 2005 le incursioni militari israeliane hanno intenzionalmente distrutto almeno 300 pozzi agricoli situati nella zona cuscinetto designata da Israele», devastando anche serbatoi d’acqua sui tetti e molti chilometri di tubazioni e reti d’irrigazione. Durante l’operazione “Piombo Fuso”, sono state rase al suolo strutture idriche per un valore di 6 milioni di dollari.«La situazione a Gaza è particolarmente terribile», sottolinea Akleh. «I palestinesi si basano interamente sulla falda acquifera quasi esaurita, contaminata da acqua salata e dalle acque reflue inquinate, la cui acqua è inadatta al consumo umano». Il brutale assedio imposto da Israele limita l’importazione di molti beni essenziali, tra cui il combustibile necessario per il funzionamento dell’unica centrale elettrica di Gaza. «Senza energia elettrica, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le pompe d’acqua in buono stato non possono funzionare, con il conseguente inquinamento prodotto dalle acque reflue». Risultato: «Si stima che 89 milioni di litri di liquami scorrano ogni giorno nel Mar Mediterraneo ad aumentare il livello di nitrati in acqua, fino a sei volte superiore ai limiti dell’Oms di 50 milligrammi per litro. Questo contamina anche il pesce da cui molti palestinesi a Gaza dipendono come principale prodotto alimentare». Fino al 95% dell’acqua estratta dalla falda costiera di Gaza non è adatta al consumo umano. Molte famiglie ripiegano sull’acqua di cisterna, che però è contaminata dai batteri: per l’Onu, diarrea ed epatite virale sono le principali cause di morbosità nella popolazione dei rifugiati della Striscia di Gaza.Il danno peggiore alle risorse idriche palestinesi, ai loro terreni agricoli e all’ambiente, è causato dai coloni, gli estremisti religiosi ebraici armati fino ai denti, «guidati dalla loro religione di suprematismo razzista e senza ostacoli», e protetti dal tacito incoraggiamento del governo di Tel Aviv. «Occupano illegalmente e con la forza le cime delle colline dei terreni agricoli palestinesi, vi costruiscono le loro colonie illegali e iniziano ad attaccare le comunità palestinesi limitrofe». Veri e propri pogrom: attaccano le case palestinesi, incendiano i loro raccolti e le stalle degli animali, confiscano le sorgenti d’acqua. E poi «avvelenano i pozzi con sostanze chimiche, li inquinano con i pannolini sporchi, con le proprie feci o con i polli morti», giungendo a crivellare di colpi di serbatoi sui tetti, dopo averli rovesciati a terra. Colonizzatori fanatici: «Sono i maggiori produttori pro capite di acque reflue in Cisgiordania, e scaricano grandi quantità di acque reflue direttamente nell’ambiente, contaminando il terreno agricolo adiacente e i corsi d’acqua ad uso agricolo».Strategia: inquinare la campagna palestinese, scaricandovi le acque fognarie senza alcuna depurazione, per favorire la propagazione di malattie e sfrattare la popolazione. Secondo le Nazioni Unite, il problema è devastante da quando ai palestinesi sono state strappate le sorgenti: i coloni «hanno usato minacce, intimidazioni e recinzioni». Israele, riassume Elias Akleh, sta deliberamente violando tutte le leggi internazionali che ha sottoscritto: il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Icescr), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (Iccpr), la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (Crc), la Convenzione Onu sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw), la Quarta Convenzione di Ginevra e il suo protocollo aggiuntivo sulla protezione delle vittime dei conflitti armati, nonché molti dei regolamenti dell’Aja. Negare il diritto all’acqua «è considerato un crimine di genocidio», per il quale Israele «è molto famoso».L’accesso all’acqua potabile è un presupposto essenziale per la sopravvivenza di ogni comunità, e i servizi igienico-sanitari sono altrettanto essenziali per la salute pubblica. Le leggi internazionali universalmente accettate, istituite per proteggere il diritto di accesso all’acqua potabile, sono sistematicamente violate dal governo israeliano nella Palestina occupata, accusa Elias Akleh: Israele «ha trasformato l’acqua in un’arma di genocidio lento e graduale». Cisgiordania e Gaza soffrono la sete, mentre le comunità rurali dipendono dalle magre forniture israeliane. Numeri: nelle principali città, un palestinese ha accesso ad appena 70 litri d’acqua al giorno, contro i 100 litri raccomandanti dall’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nelle campagne la dose scende ad appena 20-30 litri, mentre negli insediamenti israeliani verdeggiano parchi e giardini con piscine. «È stato stimato che il 44% dei bambini palestinesi nelle zone rurali soffrono di diarrea – la maggiore causa di morte dei bambini sotto i 5 anni nel mondo a causa della scarsa qualità dell’acqua e degli standard di igiene».
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Rettighieri, all’Expo l’uomo del cantiere Tav alla Cmc
Cmc è impegnata a Chiomonte nel maxi-appalto più contestato d’Italia, quello per il tunnel geognostico della Torino-Lione. E a Milano, dopo gli arresti per lo scandalo dell’Expo, potrebbe arrivare proprio l’ex direttore di Ltf, la società del Tav.«In attesa che l’inchiesta sull’Expo continui e abbia nuovi risvolti – scrive Fabio Tanzilli su “Valsusa Oggi” – il governo Renzi avrebbe già deciso a chi assegnare il ruolo di direttore: nientemeno che all’ex direttore di Ltf, Marco Rettighieri. Lo stesso che ha seguito, tra le varie cose, il cantiere Tav della Maddalena». Nelle carte giudiziarie del Tribunale di Milano, che descrivono in maniera dettagliata lo scandalo dell’Expo e le motivazioni «che hanno portato agli arresti eccellenti di una banda di politici, dirigenti, faccendieri e imprenditori» per la gestione irregolare degli appalti pubblici, viene citata più volte anche la famosa Cmc, attiva anche in valle di Susa. «L’aspetto interessante – aggiunge Tanzilli – riguarda soprattutto il ruolo che avrebbe Primo Greganti, fino a ieri tesserato del Pd a Torino, e il suo rapporto con la Cmc». Già nel 2013 la Cmc chiese a Greganti informazioni sul padiglione Cina. «Trent’anni fa l’avevo portata io la Cmc a Shangai», si sarebbe vantato Greganti, che – secondo gli inquirenti – avrebbe ottenuto contratti fittizi di consulenza, per giustificare le elargizioni di denaro in cambio della sua diplomazia affaristica pro-Cmc.Il nome della potente cooperativa rossa, aggiunge Tanzilli, ricorre nelle pagine dell’ordinanza del Tribunale anche per un altro episodio, la preoccupazione dei personaggi dello scandalo Expo per un problema giudiziario che ha coinvolto la Cmc a Molfetta: l’arresto del procuratore speciale della cooperativa nel cantiere pugliese, dopo che si è scoperta la truffa riguardante il “cantiere fantasma” del porto. «Nelle chiacchierate della banda dell’Expo, è in particolar modo Maltauro (l’imprenditore vicentino arrestato che sarebbe a capo del gruppo delle turbative d’asta) a definire quello della Cmc un problema pesante e serio». E qui ricompare il nome di Greganti, «che avrebbe avuto il ruolo di “soccorritore”, pronto a tranquillizzare gli animi e ad escogitare qualcosa per risolvere il problema e tutelare la Cmc». Secondo Gad Lerner, personaggi come il presidente della Cmc, Matteucci, «lasciano bene intendere chi tenga il coltelllo dalla parte del manico anche nel rapporto con i dirigenti dei partiti della sinistra». Illegalità o no, chiosa il sito “NoTav.info”, il fatto che colpisce è «l’intreccio di potere tra i soliti noti e i partiti, che – come avvoltoi – decidono le grandi opere e i grandi eventi per spolpare più denaro pubblico possibile».Marco Rettighieri, dirigente di Italferr, sostituisce Angelo Paris, responsabile dell’Expo di Milano, arrestato per la devastante tangentopoli attorno al grande evento mondiale. Notizia: Rettighieri è stato direttore di Ltf, la società della Torino-Lione, che per l’unico cantiere finora aperto – quello del tunnel geognostico di Chiomonte – ha ingaggiato proprio la Cmc di Ravenna, ora nell’occhio del ciclone per il ruolo strategico che a Milano avrebbe affidato a Primo Greganti, secondo gli inquirenti pagato con consulenze fittizie per giustificare le elargizioni di denaro in cambio del suo impegno “diplomatico” a favore della potente cooperativa rossa di Ravenna. «A una decina di giorni dall’arresto di Primo Greganti – complimenti per la tempestività – il presidente della Cmc di Ravenna in una intervista a “La Repubblica” ammette che fra la sua cooperativa e il faccendiere Primo Greganti era vigente un contratto di consulenza», osserva Gad Lerner nel suo blog.
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No-Tav, non terroristi. Ma chi protesta resta nel mirino
La Cassazione ha fatto cadere l’accusa di “condotta con finalità di terrorismo” per il lancio di bottiglie molotov contro il cantiere Tav di Chiomonte? Non cantiamo vittoria, avverte Aldo Giannuli: certo viene alleggerita la posizione dei quattro imputati, arrestati con una accusa «tanto spropositata», ma – al processo – il crollo della costruzione accusatoria della Procura di Torino potrebbe essere interpretato come già “premiante” di per sé, scaricando sui quattro giovani il massimo della pena per reati più “realistici”, come “devastazione e saccheggio”. Inoltre, la vicenda dei No-Tav dimostra «quale sia la funzione cardine della magistratura nei processi di globalizzazione: sul versante civilistico attraverso l’assunzione dei principi della “lex mercatoria” e su quello penale attraverso l’emergenzialismo contro i conflitti sociali». Nel mirino, dunque, si ritrova (virtualmente) chiunque protesti. «Prima di tutto, bisogna sbarazzarsi delle mitologie giustizialiste di questi anni, di chi ha visto nella magistratura il baluardo della Costituzione, dove c’era semplicemente uno scontro fra diverse fazioni del potere».«Ovviamente», aggiunge Giannuli nel suo blog, «siamo soddisfatti di questo risultato per i quattro accusati che, speriamo, vengano trattati con equità e clemenza, sia in considerazione della loro giovane età, sia delle particolari condizioni in cui viene a trovarsi la lotta in val di Susa, di fronte all’assoluta sordità delle istituzioni e delle forze politiche verso le istanze della popolazione locale». Ma resta il fatto che i quattro «sono stati sottoposti ad un regime detentivo di massima sicurezza, con misure afflittive del tutto sproporzionate al fatto». Secondo alcuni media, i No-Tav denunciati sono ormai un migliaio, e il processo attualmente in corso non si svolge in tribunale, ma nell’aula-bunker del carcere torinese delle Vallette, secondo modalità proprie dei maxi-processi contro il terrorismo e la mafia. Oggi, la Cassazione dà ragione ai tanti giuristi che avevano protestato per la formulazione del reato di terrorismo contro i quattro giovani No-Tav, mentre resta tuttora senza colpevoli il terrorismo (vero) che colpì la valle di Susa negli anni ‘90, con una inquietante sequenza di attentati dinamitardi progettati per incolpare fantomatici “eco-terroristi”, mai individuati e probabilmente mai esistiti.Secondo Giannuli, i quattro ragazzi – fino a ieri sotto processo per terrorismo dopo una notte di “assedio” al cantiere di Chiomonte con lanci di molotov – ora dovranno affrontare il giudizio penale «in condizioni di svantaggio psicologico», perché «già la derubricazione del reato parrà una misura di clemenza», per cui «sarà più difficile ottenere quelle attenuanti di quanto sarebbe stato in diverse condizioni di partenza». Per Giannuli, storico dell’università di Milano e consulente di giustizia in tanti processi sulle “stragi impunite”, i problemi sono due: la norma giudiziaria italiana e i suoi utilizzatori. L’anomalia normativa risale all’articolo “270 sexies” del codice penale introdotto nel 2005, «nel clima certamente non sereno seguito al terribile attentato dell’11 settembre 2001», quello contro le Torri Gemelle. L’articolo considera “con finalità di terrorismo” le “condotte” che, “per la loro natura o contesto”, possono “arrecare grave danno ad un paese o ad un’organizzazione internazionale”, e sono compiute “allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici” a “compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto” o “destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un paese”.Giannuli fa notare «il carattere eccessivamente vago e imprecisato della fattispecie penale: neppure si esplicita che sia necessario l’uso della violenza (che resta sottintesa)». Molto più genericamente, si parla solo di una “condotta” che possa condizionare i poteri pubblici in relazione a “qualsiasi atto”. «Cosa vuol, dire “qualsiasi atto”? Se un gruppo di cittadini cerca di impedire lo sgombero di case occupate, magari alzando barricate, certamente commette un reato, ma si può parlare di terrorismo per questo? E se il tentativo di indurre i pubblici poteri a recedere da una decisione fosse fatto con frode, potremmo parlare di terrorismo? La norma è così dilatabile che non si comprende bene dove debba arrestarsi». E’ comprensibile – fino a un certo punto – che, di fronte alla minaccia del terrorismo internazionale, il legislatore possa essersi «fatto prendere la mano». Ma oggi, «ad un decennio da quei fatti e con una minaccia tanto ridimensionata», dobbiamo proprio «continuare a tenerci una norma così pericolosamente fluida?». Questi, sottolinea Giannuli, «sono i danni delle “norme di eccezione” che entrano nell’ordinamento per una emergenza e poi ci restano anche quando l’emergenza è passata».Tutto questo, accusa Giannuli, «contribuisce a plasmare la mentalità dei magistrati indirizzandoli verso un uso non garantista del diritto penale: come si in questo paese ce ne fosse bisogno, con la magistratura che ci ritroviamo!». Negli ultimi dieci anni, continua lo storico, abbiamo assistito «ad una tendenza della magistratura inquirente ad alzare il tiro, beninteso, quando si tratta di conflittualità sociale, mentre l’atteggiamento è ben più esastico per i reati finanziari o degli appartenenti ai corpi di polizia, nel qual caso passano in cavalleria addirittura gli omicidi». Ormai, «si contesta il reato di devastazione e saccheggio anche se qualcuno sfascia una vetrina o un altro tira giù un segnale stradale e le imputazioni per reati gravissimi sono seminate come noccioline. Neppure ci si pone il problema della commisurazione dell’atto rispetto ai possibili effetti». Vale anche per i No-Tav, ovviamente. In quel caso, secondo Giannuli, l’inquirente ha ragionato così: il lancio delle molotov era finalizzato a bloccare i lavori della linea ferroviaria programmata dallo Stato? Dunque, era rivolto a costringere i poteri pubblici a non attuare quel progetto, e pertanto siamo negli estremi previsti dall’articolo “270 sexies”.«In tutto questo ragionamento, non si prende neppure in considerazione se il gesto in questione fosse idoneo ad ottenere l’effetto in questione», continua Giannuli. «Insomma, se cerco di fare una rapina in banca armato di temperino, magari le mie intenzioni sono quelle, ma appare scarsamente realistico che la cosa possa sortire l’effetto voluto ed è probabile che qualcuno mi prenda per matto più che per rapinatore». L’intenzione soggettiva? «Non è criterio di per sé sufficiente a caratterizzare il reato». Specie in un caso come quello della valle di Susa, dove gli stessi imputati – che ammettono la loro volontà di boicottare i lavori – al tempo stesso negano decisamente di aver mai voluto arrecare danno alle persone. E’ bene ricordare che in valle di Susa si sono svolte centinaia di manifestazioni nel corso degli ultimi anni, largamente pacifiche. Solo dal 2011 si è avuto qualche scontro ai margini, coinvolgendo singole fazioni, a volte anche con dei feriti. Ma non è mai stata riscontrata la detenzione di armi da fuoco o, peggio, di arsenali (armi da guerra, bombe) tipici del terrorismo.La magistratura inquirente torinese – interpretando quella legge del 2005, nel modo oggi “bocciato” dalla Cassazione – ha alzato il tiro contro una parte dei manifestanti, armati di molotov, petardi, fionde e tubi per lanciare razzi pirotecnici. Mano pesante, insomma, contestando il rischio che quelle attrezzature potessero comunque mettere in pericolo l’incolumità delle persone, operai del cantiere e agenti di sorveglianza. «Questo atteggiamento della magistratura non è una tendenza solo italiana», dice ancora Giannuli, citando «il comportamento della magistratura inglese nel 2011 nei confronti della rivolta giovanile di quella estate». In valle di Susa, però, «mi pare che stiamo facendo gli straordinari». Per Giannuli, la verità è che «il tempo della crisi spinge a comportamenti repressivi anche al di là della legalità: la spropositata accusa di terrorismo ai giovani No-Tav è figlia di questa cultura giuridica e di questa funzione repressiva spinta al parossismo». Sicché, «al di là dei singoli casi, si rende necessaria e urgente una presa di coscienza dei termini reali del problema della giustizia penale».La Cassazione ha fatto cadere l’accusa di “condotta con finalità di terrorismo” per il lancio di bottiglie molotov contro il cantiere Tav di Chiomonte? Non cantiamo vittoria, avverte Aldo Giannuli: certo viene alleggerita la posizione dei quattro imputati, arrestati con una accusa «tanto spropositata», ma – al processo – il ridimensionamento dell’imputazione potrebbe essere interpretato come già “premiante” di per sé, scaricando sui quattro giovani il massimo della pena per reati di teppismo. La vicenda dei No-Tav dimostra «quale sia la funzione cardine della magistratura nei processi di globalizzazione: sul versante civilistico attraverso l’assunzione dei principi della “lex mercatoria” e su quello penale attraverso l’emergenzialismo contro i conflitti sociali». Se nel mirino finisce (virtualmente) chiunque protesti, bisogna «sbarazzarsi delle mitologie giustizialiste di questi anni, di chi ha visto nella magistratura il baluardo della Costituzione, dove c’era semplicemente uno scontro fra diverse fazioni del potere».
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Ragazzi, eravamo ricchissimi. E vi hanno rubato tutto
Questo è per voi, il giovane, la giovane, italiani. Vi guardate intorno persi nella nebbia perché milioni di voi già dai 16 anni hanno capito che semplicemente il futuro non c’è. Liceo, università, specializzazione, quello che vi pare, ma la strada finisce in un mini-job part-time verticale, apprendistato gratis, i fortunati 800 euro al mese. Cioè: Albania, Romania, o Tanzania. Ma vi faccio questa domanda: qualcuno di voi si è mai… VOLTATO INDIETRO voltato indietro? Voltatevi indietro un attimo, per favore, ecco, così: cosa si vede? Si vede un paese, l’Italia, le cui donne 70 anni fa non avevano le calze, sedevano su cumuli di macerie e si chiedevano perché le truppe americane non facessero rumore quando camminavano. Povere donne, non conoscevano l’esistenza della scarpe di gomma. Non c’era nulla, l’Italia aveva il Pil del Bangladesh.Poi cosa si vede? Si vede che i vostri nonni, padri e madri HANNO FATTO I COMPITI A CASA hanno fatto i compiti a casa. Dopo 35 anni dai cumuli di macerie, e dai mandarini solo due volte all’anno in tavola, l’Italia diventa la quinta potenza mondiale, il primo paese al mondo per risparmio privato e per ricchezza privata pro-capite. Scese Cristo e moltiplicò i pesci? No, no. Tuo nonno e tuo padre fecero i compiti a casa. E arriviamo al 1994, quando le agenzie di rating ci definivano “Economia leader d’Europa”, quando stracciavamo la Germania sia in produzione che export. Ricchi, ricchissimi. E arrivate voi. I giovani italiani si presentano dal Notaio dopo il 1994 per reclamare LA GIUSTA EREDITA’ la giusta eredità del quinto paese più ricco del mondo, quindi lavoro garantito, stipendi per casa, matrimonio e bei risparmi. No? Il Notaio apre le carte e dice: NON C’E’ PIU’ NULLA, MI DISPIACE Non c’è più nulla, mi dispiace.Nulla? Eh???? DOVE SONO FINITI I SOLDI, IL 5° PIL DEL MONDO, GLI ENORMI RISPARMI, LA 1a RICCHEZZA PRIVATA DEL MONDO, IL LAVORO, CIOE’ TUTTA L’EREDITA’ DEI 70 ANNI DI LAVORO DI TUO NONNO E DI TUO PADRE? Dove sono finiti i soldi, il 5° Pil del mondo, gli enormi risparmi, la 1a ricchezza privata del mondo, il lavoro, cioè tutta l’eredità dei 70 anni di lavoro di tuo nonno e di tuo padre? Ancora giratevi indietro, ragazzi. Cosa si vede? Si vede che i padri fondatori dell’Italia si erano seduti sulle macerie della guerra e avevano scritto la PIU’ AVANZATA COSTITUZIONE la più avanzata Costituzione nell’interesse pubblico del mondo. Anno 1948. Diritti garantiti, Stato sovrano, Parlamento sovrano, Costituzione sovrana. Una legislazione del lavoro che era invidiata da tutto il pianeta. I giovani italiani si presentano oggi dal Notaio per reclamare LA SECONDA GIUSTA EREDITA’ la seconda giusta eredità: si chiama DIRITTI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA GA-RAN-TI-TI diritti della Costituzione italiana ga-ran-ti-ti. Il Notaio apre le carte e dice: NON C’E’ PIU’ NULLA, MI DISPIACE Non c’è più nulla, mi dispiace.Nulla? Eh???? Sì, nulla. Non vi avevano detto che nel 1993 dei tecnocrati europei che nessun italiano ha mai eletto avevano creato il Trattato di Maastricht, poi nel 2007 quello di Lisbona, che hanno esautorato il Parlamento del tutto, hanno tolto all’Italia la sovranità monetaria, e hanno persino soppresso la nostra Costituzione. Risultato: NON AVETE NESSUN DIRITTO CHE L’ITALIA POSSA OGGI DIFENDERE PER VOI Non avete nessun diritto che l’Italia possa oggi difendere per voi. Shock. Ricapitoliamo: Esistevano per voi giovani, DUE EREDITA’ CAPITALI due eredità capitali, costruite per voi dai vostri nonni, padri, madri, e Padri Fondatori, che vi avrebbero garantito il futuro di dignità e prosperità e democrazia. Erano lì fino al 1999! Oggi non ci sono più. MA COME E’ POSSIBILE Ma come è possibile? Come accade che 70 anni di lavoro per voi svaniscano nel nulla negli ultimi 5 minuti?Chi vi ha… RUBATO IL FUTURO E LA VITA STESSA QUANDO VI SPETTAVA DI DIRITTO IN EREDITA’ DOPO 70 DI LAVORO, VITA, LOTTA E MORTE DEI VOSTRI NONNI, GENITORI E PADRI FONDATORI rubato il futuro e la vita stessa quando vi spettava di diritto in eredità dopo 70 anni di lavoro, vita, lotta e morte dei vostri nonni, genitori e padri fondatori? Risposta: Unione Europea dei Tecnocrati non eletti che lavorano per un pugno di speculatori Neofeudali, primi fra tutti i tedeschi, che vogliono divorare l’Italia. Chi vi scrive pubblica da 5 anni le prove su prove su prove di questo crimine contro di voi, perpetrato attraverso la creazione dell’Eurozona coi suoi Trattati di cui sopra.Soluzione: LE DUE EREDITA’ SONO VOSTRE! RIPRENDETELE, IN DUE MODI: le due eredità sono vostre! Riprendetele, in due modi: a) Assediare il Parlamento, che s’inginocchi a chiedere scusa agli italiani, stracci i Trattati Ue della rapina storica contro l’Italia, riporti la sovranità monetaria e costituzionale in Italia; b) Gridare alle forze armate della Repubblica di arrestare Giorgio Napolitano, principale complice della rapina storica in Italia, dissolvere il governo di Renzi servo dei tedeschi distruttori dell’Italia, e che riportino la sovranità monetaria, parlamentare e costituzionale in Italia. Fuori dall’Eurozona. Le forze armate hanno giurato fedeltà alla Costituzione, devono farlo. Poi tornate dal Notaio e reclamate le vostre EREDITA’ eredità, questa volta nel nome dei vostri nonni, padri e madri, che ve l’avevano lasciata. Alzate la testa, ragazzi, la piazza è vostra, ma non per fare casino. Per reclamare CIO’ CHE VI SPETTA IN EREDITA’ ciò che vi spetta in eredità.(Paolo Barnard, “Giovani, se capite questo farete le barricate”, dal blog di Barnard del 3 maggio 2014).Questo è per voi, giovani italiani. Vi guardate intorno persi nella nebbia perché milioni di voi già dai 16 anni hanno capito che semplicemente il futuro non c’è. Liceo, università, specializzazione, quello che vi pare, ma la strada finisce in un mini-job part-time verticale, apprendistato gratis, i fortunati 800 euro al mese. Cioè: Albania, Romania, o Tanzania. Ma vi faccio questa domanda: qualcuno di voi si è mai… voltato indietro? Voltatevi indietro un attimo, per favore, ecco, così: cosa si vede? Si vede un paese, l’Italia, le cui donne 70 anni fa non avevano le calze, sedevano su cumuli di macerie e si chiedevano perché le truppe americane non facessero rumore quando camminavano. Povere donne, non conoscevano l’esistenza della scarpe di gomma. Non c’era nulla, l’Italia aveva il Pil del Bangladesh.
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Ma Cantone sarà solo contro la lobby dei partiti ladri
Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi. Gli italiani – purtroppo – ne hanno un bisogno che sconfina ormai nella dipendenza. L’ultimo è di oggi, 12 maggio, si chiama Raffaele Cantone, è il coraggioso magistrato del tribunale di Napoli recentemente nominato presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione e che adesso viene chiamato a salvare l’Expo 2015 di Milano! «Cancellare l’esposizione mondiale sarebbe come ammettere che l’illegalità ha vinto», ha dichiarato al quotidiano partenopeo “Il Mattino”, che lo ha intervistato per l’occasione; e la lobby delle grandi opere – già confortata ieri dal premier – ha immediatamente tirato un sospiro di sollievo. Che tuttavia deve essersi leggermente strozzato in gola alla lettura della parole – pesanti come macigni – aggiunte forse a “beneficio” di chi ha tentato di minimizzare il ruolo dei partiti in quello che appare solo come l’ultimo degli scandali di una tangentopoli ormai cronica: «La politica tarda a liberarsi da un diffuso malcostume».«Non so se si tratta di un fallimento politico. Di certo in questi anni si è sbagliato a non lavorare abbastanza sulla prevenzione. Si è clamorosamente abbassato il livello di guardia di fronte a certi fenomeni». Un atteggiamento che, secondo l’ex magistrato, «è anche il frutto di un’opinione pubblica spesso distratta», che «su alcuni temi si è rivelata eccessivamente ondeggiante». Perché, se a fronte di alcuni episodi «c’è stata grandissima attenzione, finanche con rigurgiti di moralismo, in altri si è stati del tutto incapaci di indignazione». Il virgolettato è copiato integralmente dall’intervista e, in assenza di smentite, va preso per buono. E non finisce qui: pur avendo smesso la toga, quel che segue sembrerebbe quasi l’istruttoria di una indagine in cui si analizzano analogie e differenze col passato, remoto o prossimo che sia: «Tangentopoli non ci ha insegnato nulla. Tornano alla ribalta personaggi già condannati: il peggio poteva essere scongiurato e i partiti hanno grandi responsabilità perché non hanno saputo attrezzarsi con delle regole chiare di finanziamento trasparente. La trasparenza – sottolinea – è l’anticorpo più potente nei confronti del malaffare».E quasi a voler tirare le orecchie al governo per la sua proposta (poi precipitosamente ritirata) con cui proprio alla vigilia degli arresti si proclamava di voler “slegare la crescita” dai lacci e laccioli della burocrazia, Cantone aggiunge che il controllo pubblico non è sinonimo di ritardi e inefficienze, anzi: «Si può tranquillamente mettere in campo una rete di controlli efficace, intelligente, agile e non burocratica, purché ci sia davvero trasparenza». Per cancellare ogni possibilità di equivoco circa la severità del suo giudizio, l’ex magistrato sottolinea poi che «personaggi già condannati per corruzione sono arrivati a ritagliarsi un ruolo, non di diritto ma di fatto, per incidere nuovamente nell’assegnazione e nella gestione degli appalti», arrivando senza nessun ostacolo a ricandidarsi e farsi eleggere (come nel caso di Gianstefano Frigerio, Pdl), nonostante la precedente condanna per corruzione. Cosa avvenuta sfacciatamente e nel disinteresse generale, il che rappresenta la sostanza della anomalia italiana.Una anomalia peggiorata, se possibile rispetto al 1992 (l’anno della prima tangentopoli) perché «lo scenario è indubbiamente cambiato: oggi esistono gruppi di potere o di pressione del tutto autonomi dalla politica, ovvero che rispondono ai partiti ma piuttosto ne influenzano l’attività politica». Cosa aggiungere dalla mia comoda poltroncina seduto davanti al monitor? Che Milano ha già avuto un eroe, come ebbi modo di ricordare in uno dei miei primi interventi su queste pagine virtuali: si chiamava Giorgio Ambrosoli, ebbe il “torto” di voler andare fino in fondo nell’incarico che gli era stato assegnato di liquidatore del Banco Ambrosiano del banchiere di Cosa Nostra Michele Sindona, sodale dei partiti e delle lobby finanziarie dell’epoca… Se Cantone è scaramantico farà bene a svolgere i riti propiziatori del caso, ma mi (e soprattutto gli) auguro che i riflettori accesi sulla vicenda odierna siano tali da illuminare a giorno la scena che fu lasciata all’epoca completamente al buio dai responsabili della tutela della incolumità di chi si assume incarichi così delicati. Al punto che addirittura i funerali della vittima avvennero nel “disinteresse generale” che il neo commissario denuncia in un altro brano della sua intervista…Oltre agli auguri di buon lavoro che ogni cittadino gli deve, anche nel proprio interesse di contribuente, voglio tuttavia e un po’ a malincuore concludere con una nota di sincero scetticismo: Cantone, come molti suoi colleghi, ha studiato migliaia di pagine, dal diritto romano a quello internazionale e commerciale, per poter svolgere al meglio la sua professione e meritarsi la riconoscenza di tutte le persone oneste e di buona volontà (quelle cui sembra alludere quando fa riferimento alla necessità di indignazione). Ma, avendo come tutti una sola vita a disposizione, non può aver avuto una esperienza di trentatsei anni nel mondo delle grandi opere come è capitato in sorte al sottoscritto… Che riteneva (come ritiene) eroica l’azione di moralizzazione della vita pubblica che pochi coraggiosi magistrati svolgono in una paese che spesso sembra più una infida palude che un’oasi bucolica. E per questo ci si è anche provato – nel limite delle proprie capacità e conoscenze – di inviar loro degli esposti su quel che pareva fosse una caratteristica costante di questo particolare mondo: le tangenti.Inutile dire che la cosa servì, temo, solo ma farmi considerare, “nell’ambiente”, come “uno che sputava nel piatto dove mangiava” (espressione molto in uso in ogni corporazione “che si rispetti”). E proprio perché ho questo passato “certificabile” alle spalle mi permetto di sostenere con convinzione – pur sperando vivamente di sbagliarmi – che le grandi opere, alle lobby che le promuovono, le progettano, le appaltano e poi le gestiscono (generalmente attraverso il famigerato istituto della concessione) servono soprattutto per rubare denaro pubblico. A volte (non sempre, ma solo quando non sono inutili) servono anche ai cittadini. Ma facendogli pagare più volte il conto: con il lievitare spropositato dei costi (sempre a carico pubblico e “a debito”, checché si prometta), con gli interessi bancari, col pedaggio permanente (a fronte dei trent’anni di durata massima generalmente stabilita); e infine con i costi folli delle manutenzioni straordinarie, dovute quasi sempre alla scarsa qualità dei materiali impiegati, che però vengono fatturati per buoni.Un meccanismo che rende la “forbice” tra costi reali e soldi pubblici erogati talmente ampia che si possono accontentare tutti: dai partiti, alle banche, alla ‘ndrangheta al “cartello delle imprese”. Per questo ritroviamo tesserato al Pd di Renzi (e tardivamente sospeso) Primo Greganti, il compagno-G della prima tangentopoli che tanti meriti guadagnò, in quel partito che si chiamava ancora Pds, nel tacere sulla famosa valigia piena di soldi del Gruppo Gavio. Un pesante fardello di quasi un miliardo – c’era ancora la lira – che doveva tornare al mittente per il tramite di un altro compagno, che vive e marcia assieme a noi e proprio a Milano: quel Filippo Penati che consentì ai manager di Tortona l’affare delle azioni dell’autostrada Milano-Serravalle, in cambio di un aiutino nel tentativo di scalata all’Antonveneta della Unipol di un altro “compagno”, Giovanni Consorte, quello a cui ancora un “compagno”, quel Piero Fassino che De Benedetti vorrebbe presidente della nostra (ma non della sua) Repubblica, chiese: «Abbiamo una banca?».Difficile pensare che un uomo solo – per quanto coraggioso e determinato – possa venire a capo di un sistema. Difficile credere che possa farlo senza l’aiuto, se non di tutti i cittadini, di quella parte di opinione pubblica che non intende smettere di indignarsi. Buon lavoro, Cantone. E se vuole, conti su di noi. Ma soprattutto, non conti sulla collaborazione che non potrà che essere di facciata di chi crede (o vuol far credere) che a governare partiti e un intero paese siano quelli che vengono eletti nelle primarie – o, per ben che vada, alle politiche – e non quelli che ne costituiscono, da sempre, le cupole.(Claudio Giorno, “Alla Scala-Expo di Milano va in scena l’Eroica di… Cantone”, dal blog di Giorno del 12 maggio 2014).Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi. Gli italiani – purtroppo – ne hanno un bisogno che sconfina ormai nella dipendenza. L’ultimo è di oggi, 12 maggio, si chiama Raffaele Cantone, è il coraggioso magistrato del tribunale di Napoli recentemente nominato presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione e che adesso viene chiamato a salvare l’Expo 2015 di Milano! «Cancellare l’esposizione mondiale sarebbe come ammettere che l’illegalità ha vinto», ha dichiarato al quotidiano partenopeo “Il Mattino”, che lo ha intervistato per l’occasione; e la lobby delle grandi opere – già confortata ieri dal premier – ha immediatamente tirato un sospiro di sollievo. Che tuttavia deve essersi leggermente strozzato in gola alla lettura della parole – pesanti come macigni – aggiunte forse a “beneficio” di chi ha tentato di minimizzare il ruolo dei partiti in quello che appare solo come l’ultimo degli scandali di una tangentopoli ormai cronica: «La politica tarda a liberarsi da un diffuso malcostume».
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Scordatevi Silvio, ormai ostaggio della finanza euro-Usa
Buone ragioni per non votare Berlusconi. Se fossi il procuratore della Repubblica che ha formulato il parere sull’affidamento in prova ai servizi sociali di Berlusconi, avrei fatto capire ai suoi difensori (ma non avrei mai messo per iscritto) che la Procura dà parere favorevole, ma si riserva di chiedere la revoca dell’affidamento qualora Berlusconi torni a criticare in un certo modo i magistrati. E non solo per la brutta tinta che ha un simile messaggio in se stesso, ma soprattutto perché esso può indurre coloro che credono che Berlusconi sia perseguitato da una certa associazione di magistrati per fini politici e a sostegno della sinistra, a pensare e ad agire come segue: non voterò più per Berlusconi, ma voterò per il M5S o la Lega Nord o Fratelli d’Italia, perché Berlusconi ormai ha perduto la libertà politica, trovandosi sotto costante ricatto giudiziario e dovendo fare ciò che gli dicono per poter conservare, o sperare di conservare, non l’agibilità politica, ma una parziale libertà personale in alternativa alla reclusione.Se, grazie alla sua autosufficienza economica, aveva un po’ di libertà e originalità politica rispetto agli altri politicanti italiani del cavolo, ora gliela hanno tolta, gli hanno messo il guinzaglio. Probabilmente ciò che Silvio è andato recentemente a dire alle orecchie giuste è che, per evitare il carcere, mette il suo partito e i voti dei suoi elettori a disposizione incondizionata dei poteri forti. Il partito della grande finanza euro-americana può così prendersi, dopo la sinistra “moderata”, “liberale”, anche Forza Italia: potrà avere la maggioranza, il premio di maggioranza, e il controllo (giudiziario) dell’opposizione, o di una sua parte significativa. Già molto prima Berlusconi aveva mancato praticamente a tutte le sue promesse di ammodernamento, razionalizzazioni, riforme liberali, rilancio economico. Già aveva sempre governato oscillando tra una timida difesa degli interessi italiani e una complessiva compiacenza a quelli, contrari, di Germania e Francia, prestandosi sostanzialmente ad assecondare questi ultimi.Già si era piegato al golpe dello spread, quell’operazione svelata al grande pubblico da Alan Friedman, che era stata decisa prima a porte chiuse e successivamente spinta avanti con la manovra bancaria, soprattutto tedesca, contro il Btp. Già aveva sostenuto il governo e la politica di Monti, che minavano l’economia nazionale, dilatavano il debito pubblico e depredavano il risparmio italiano per garantire immorali lucri ai banchieri franco-tedeschi nelle loro speculazioni sui paesi più deboli. Già aveva sostenuto il governo e la politica di Letta, altro grande economista, famoso autore di “Euro sì – Morire per l’Euro”, e che, inerme e inconcludente, ha peggiorato ulteriormente le cose. Già ha avallato la porcata della riforma della Banca d’Italia (vedi in proposito il mio e-book “Sbankitalia”, 2a edizione, Arianna editrice) nonché l’istituzione della dittatura del premier (o del suo puparo) in corso oggi con la riforma elettorale e del Senato (vedi in proposito il mio articolo “Con Renzi preparano la dittatura del prossimo premier”).Quindi è chiaro che Silvio Berlusconi ha sempre raccolto voti con precise promesse, per poi tradire i suoi elettori. E’ probabile che faccia questo ora, e forse da sempre, per tutelare se stesso e le aziende di famiglia, cioè che cerchi accordi con certi potentati offrendo in cambio di sterilizzare i voti che raccoglie con la promessa di andare contro quei medesimi potentati. Ciò porta al regime i voti dissidenti. Trasforma il dissenso in consenso. E’ chiaro che ora addirittura deve obbedire a bacchetta, perché sta sotto costante minaccia del carcere. Quindi che senso ha votarlo? Io non lo voto. Voto contro il sistema, cioè voto o Lega o Grillo o Fratelli d’Italia, sperando che facciano fronte comune tra loro e con altri simili movimenti europei, perché ho una speranza di cambiare le cose e ancora non mi rassegno ad emigrare accettando le conclusioni rinunciatarie dell’autore di questo articolo.(Marco Della Luna, “Non ha più senso votare Berlusconi ostaggio”, dal blog di Della Luna del 13 aprile 2014).Buone ragioni per non votare Berlusconi. Se fossi il procuratore della Repubblica che ha formulato il parere sull’affidamento in prova ai servizi sociali di Berlusconi, avrei fatto capire ai suoi difensori (ma non avrei mai messo per iscritto) che la Procura dà parere favorevole, ma si riserva di chiedere la revoca dell’affidamento qualora Berlusconi torni a criticare in un certo modo i magistrati. E non solo per la brutta tinta che ha un simile messaggio in se stesso, ma soprattutto perché esso può indurre coloro che credono che Berlusconi sia perseguitato da una certa associazione di magistrati per fini politici e a sostegno della sinistra, a pensare e ad agire come segue: non voterò più per Berlusconi, ma voterò per il M5S o la Lega Nord o Fratelli d’Italia, perché Berlusconi ormai ha perduto la libertà politica, trovandosi sotto costante ricatto giudiziario e dovendo fare ciò che gli dicono per poter conservare, o sperare di conservare, non l’agibilità politica, ma una parziale libertà personale in alternativa alla reclusione.
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Figlio mio in carcere, la barbarie contro chi osa dire no
Carissimo figlio, perdonami se rendo pubblica questa lettera, ma ciò che ci accade non appartiene solo a noi. Tra pochi giorni sono cinque mesi che sei chiuso in carcere. Tanta vita rubata. Sono 150 lunghi giorni, e 150 lunghe notti di angoscia. Ti chiedo sempre di tenere duro, ma sono io che non ho più la forza. L’amarezza a tratti mi sommerge, lo sdegno mi ferma il respiro. Mi sveglio di soprassalto ogni notte, e nel silenzio mi sembra di poterti raggiungere, nell’isolamento atroce in cui ti costringono. L’idea di vivere in un paese che permette che questo accada mi ripugna. Sono oscene, queste maschere del potere, interessate solo alle loro poltrone e ai loro portafogli. La corruzione in Italia è spaventosa, la politica ha perso qualsiasi ideale di giustizia e di uguaglianza, e per voi giovani non c’è nulla: il vostro futuro è stato depredato da chi oggi vi giudica. Né lavoro, né aria che si possa respirare, né terra pulita. E né libertà: dovete tacere, dovete subire, altrimenti essere incarcerati.Carissimo Mattia, perché ti abbiamo insegnato il dovere di dissentire, di ribellarti davanti alle ingiustizie? Perché ti abbiamo trasmesso l’amore per l’umanità e per la terra? Non era meglio lasciarti crescere cullato dall’edificante cultura offerta dal nostro paese negli ultimi vent’anni? Sono certa che risponderai di no, che preferisci mille volte essere chi sei – e dove sei – piuttosto che adeguarti a questo spettacolo raccapricciante, offerto da chi esercita l’abuso di potere applaudendo gli assassini di Altrovaldi, rispondendo con i manganelli e la prigione ai movimenti popolari che nascono dalle necessità reali della gente, ignorate da chi dovrebbe cercare e trovare delle risposte.Carissimo figlio, sabato 10 saremo – siamo – tutti qui alla manifestazione contro la barbarie dell’accusa di terrorismo, contro la devastazione della val di Susa, per la libertà di dissenso, per il diritto degli italiani a un’esistenza dignitosa. Ci siamo tutti, e siamo tanti. Manifestiamo tutto l’amore che proviamo per te, ma anche per Claudio, Chiara, Nicolò e tutti gli indagati del movimento No-Tav. E la promessa è di non smettere mai di lottare fino a quando non vi riporteremo a casa. Un abbraccio. Mamma.(Testo della lettera che la madre di Mattia Zanotti ha indirizzato al figlio in carcere e letto pubblicamente di fronte alle migliaia di militanti No-Tav accorsi a Torino il 10 maggio 2014 per protestare contro l’arresto di Mattia, detenuto in un carcere di massima sicurezza dal 9 dicembre 2013. Mattia è stato arrestato insieme a Claudio Alberto, Chiara Zenobi e Niccolò Blasi: contro i quattro giovani è stata formulata l’accusa di attentato con finalità terroristiche per aver partecipato, il 13 maggio 2013, a un assalto notturno al cantiere Tav di Chiomonte, con lancio di molotov e petardi. Nel blitz, conclusosi senza neppure un ferito, andò a fuoco un piccolo macchinario di cantiere, un compressore).Carissimo figlio, perdonami se rendo pubblica questa lettera, ma ciò che ci accade non appartiene solo a noi. Tra pochi giorni sono cinque mesi che sei chiuso in carcere. Tanta vita rubata. Sono 150 lunghi giorni, e 150 lunghe notti di angoscia. Ti chiedo sempre di tenere duro, ma sono io che non ho più la forza. L’amarezza a tratti mi sommerge, lo sdegno mi ferma il respiro. Mi sveglio di soprassalto ogni notte, e nel silenzio mi sembra di poterti raggiungere, nell’isolamento atroce in cui ti costringono. L’idea di vivere in un paese che permette che questo accada mi ripugna. Sono oscene, queste maschere del potere, interessate solo alle loro poltrone e ai loro portafogli. La corruzione in Italia è spaventosa, la politica ha perso qualsiasi ideale di giustizia e di uguaglianza, e per voi giovani non c’è nulla: il vostro futuro è stato depredato da chi oggi vi giudica. Né lavoro, né aria che si possa respirare, né terra pulita. E né libertà: dovete tacere, dovete subire, altrimenti essere incarcerati.
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Subito nuove leggi, o ci rubano anche l’acqua da bere
«Si può osservare che la parola valore ha due differenti significati: talvolta esprime l’utilità di qualche particolare oggetto e talaltra il potere di acquistare altri beni che il possesso di questo oggetto conferisce. L’uno può essere detto valore d’uso e l’altro valore di scambio. Le cose che hanno il massimo valore d’uso spesso hanno scarso o nessun valore di scambio; e, al contrario, quelle che hanno il massimo valore di scambio hanno frequentemente scarso o nessun valore d’uso. Nulla è più utile dell’acqua, ma con essa non si potrà acquistare quasi nulla e difficilmente si potrà ottenere qualcosa in cambio di essa. Un diamante al contrario non ha quasi nessun valore d’uso; ma con esso si potrà ottenere in cambio una grandissima quantità di altri beni». La citazione che precede e che è una base dell’economia politica moderna è di Adam Smith, nel libro primo della “Ricchezza delle Nazioni”. Luigi Ferrajoli l’ha utilizzata aprendo la sua relazione al convegno romano in occasione della Giornata mondiale dell’acqua.Oggi l’acqua ha sempre un valore d’uso insostituibile, ma si è determinata anche una sua terribile e crescente scarsità; per questo il capitalismo vorrebbe cogliere l’opportunità di farne una merce, da quel bene comune che era. Anzi, per mettere a frutto proprio questa sua qualità di essere un bene comune: cancellando il comune resterebbe un bene da vendere al maggior offerente. Il modo prescelto sarebbe quello di attivarvi un valore di scambio con modalità doppiamente predatorie: privatizzando fonti, fiumi, laghi e sponde per mettere in vendita l’uso dell’acqua; insozzandone la naturalità, riempiendo i bacini e le falde sotterranee di calore e di resti della lavorazione industriale, di rifiuti dell’attività agricola e urbana. Ferrajoli ha citato sbrigativamente i tre “statuti” di Riccardo Petrella: 40 o 50 litri gratuiti al giorno per persona; divieto formale di utilizzo e dissipazione dell’acqua pulita oltre un certo limite; pagamento della quota consumata superiore al limite vitale.L’occasione della Giornata mondiale è stata scelta dagli “acquaioli” italiani per lanciare l’Osservatorio popolare sull’acqua e sui beni comuni. Un insieme di associazioni, locali e nazionali – a partire dal Forum che ha raccolto le firme e diretto i referendum di tre anni fa – ha deciso di costituire e sostenere una serie di attività: archivio, centro documentazione online, ricerca, partecipazione diretta, formazione. Di lanciare inoltre, al Parlamento Europeo, un intergruppo sui beni comuni e partecipare attivamente alla già esistente rete europea dell’acqua pubblica. Anche nel Parlamento italiano qualcosa si muove: un gruppo di parlamentari – Sel, M5S, e perfino un po’ di democratici – ha preso la questione dell’acqua e dei beni comuni come il problema principale. Esponente di punta – a dire di Raffaella Mariani di Sel, persona di insolita e limpida generosità – è Federica Daga, M5S, che è davvero bravissima.Esordisce ricordando che la prima stella è appunto l’acqua e poi insiste sul lavoro specifico di loro, parlamentari: guardare dentro i provvedimenti del potere per mostrarne le malversazioni nascoste, l’arsenico mischiato all’acqua. Se poi l’acqua è retta da una Spa, ancorché del tutto pubblica, gli atti non sono a disposizione di un parlamentare. Diverso il caso di una impresa di diritto pubblico. È pronta al voto una legge sull’acqua. Quanto tempo ci vorrà per approvarla? Ferrajoli suggerisce di premettere un articolo che in tre righe ne faccia una legge costituzionale forte e non rovesciabile nel suo contrario. Si potrebbe arrivare a un trattato internazionale, sull’acqua e sui beni comuni, analoghi a quelli del 1967 sullo spazio e la profondità dei mari. Allora servivano a inibire le armi nucleari, in futuro potrebbero servire a contrastare pericoli ancora maggiori: la sete, per esempio, la fine dell’acqua da bere.(Guglielmo Ragozzino, “La fine dell’acqua da bere”, dal blog “Sbilanciamoci” del 28 marzo 2014).«Si può osservare che la parola valore ha due differenti significati: talvolta esprime l’utilità di qualche particolare oggetto e talaltra il potere di acquistare altri beni che il possesso di questo oggetto conferisce. L’uno può essere detto valore d’uso e l’altro valore di scambio. Le cose che hanno il massimo valore d’uso spesso hanno scarso o nessun valore di scambio; e, al contrario, quelle che hanno il massimo valore di scambio hanno frequentemente scarso o nessun valore d’uso. Nulla è più utile dell’acqua, ma con essa non si potrà acquistare quasi nulla e difficilmente si potrà ottenere qualcosa in cambio di essa. Un diamante al contrario non ha quasi nessun valore d’uso; ma con esso si potrà ottenere in cambio una grandissima quantità di altri beni». La citazione che precede e che è una base dell’economia politica moderna è di Adam Smith, nel libro primo della “Ricchezza delle Nazioni”. Luigi Ferrajoli l’ha utilizzata aprendo la sua relazione al convegno romano in occasione della Giornata mondiale dell’acqua.
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Frantumare il mondo: a chi serve la macchietta Renzi
Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua. Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi.I serial-mass-killer insediati nella Casa Bianca dal 1991 hanno ammazzato 3 milioni in Iraq, 40 mila in Afghanistan, 4000 in Serbia, 100 mila in Libia, 130 mila in Siria, migliaia in Pakistan, Yemen, Somalia. Altri milioni li hanno fatti uccidere da proconsoli e ascari in Ruanda (dove si sono confrontati Francia e Usa per chi facesse scannare più hutu), Congo, Mali, Rac, Latinoamerica. E abbiamo saltato Vietnam, Corea, Centroamerica. Con il 4% della popolazione mondiale contano per il 75% dell’inquinamento globale, l’80% del traffico e consumo di stupefacenti e il 65% dell’acqua dolce del mondo è stata avvelenata dagli agro-tossici Usa. Ogni anno la polizia Usa uccide più di 5.000 persone disarmate. Con 2,5 milioni di detenuti, sono il paese con il più alto tasso di carcerazione del mondo. Lo 0,01 più ricco possiede il 23% della ricchezza nazionale, il 90% più povero il 4%. La loro teoria economica chiamata “crisi” ha procurato al 3% un più 75% di ricchezza, alle multinazionali più 171%.Una macchina da devastazione, saccheggio, terrorismo e morte che, nel nostro paese, ha espettorato una serie di zombie addestrati a tirarsi uova marce di giorno e banchettare insieme di notte, come dal ‘700, sotto varie denominazioni, partito repubblicano e partito democratico nordamericani insegnano. E, come in ogni teatro di marionette che si rispetti, i pupi si scambiano i ruoli, a seconda delle temperie e delle urgenze di “cambiamento” e “innovazionie”, da Bertinotti a Renzi, da Occhetto a Letta, da Berlusconi ai fascisti dichiarati. Di questo avvicendarsi di parti in commedia oggi vediamo l’espressione più chiara, del tutto de-mimetizzata: il blob che si definisce centrosinistra, socialdemocrazia, rappresentante di classe operaia e ceti popolari, mette in campo un manipolo di trucidi e sciacquette che soffiano al finto avversario il modello Chiesa-Wall Street-Pentagono-mafia; gli altri, mutati da grassatori, puttanieri, ladri, in “moderati”, saltano il fosso e si pretendono a fianco di operai, ceti medi scarnificati, euroschifati e perfino Putin.Di tutto questo l’incarnazione più lineare è il capobastone del Colle, transitato dagli inni ai carri sovietici di Budapest a quelli agli F-35 Usa. E’ vero che il sangue nelle vene di costoro, se non intorbidito, si deve essere un bel po’ diluito, se riusciamo a resistere in poltrona davanti a certi vaudeville, oltre a tutto sempre più Grand Guignol. Con, per opposizione, solo una ruspa truccata da tanko di chi si vorrebbe fare lo stesso spettacolo tutto da solo. Lo stupefacente e agghiacciante fatto che un saltimbanco, incolto e abissalmente ignorante, spargitore di fuffa tossica, manifestamente imbroglione e bugiardo al solo sguardo volpino da pusher, al solo arricciarsi della boccuccia a culo di gallina, possa aver affascinato, interessato, anche solo incuriosito, questi vasti pezzi di società italiana (fuori se la ridono), è la dimostrazione di cosa ci hanno fatto vent’anni di vaudeville berlusconiana, con la stuoina “centrosinistra” a fargli strofinare le scarpe.Il volgare e mediocre Stenterello schiamazzone, accademico ineguagliato di populismo, restauratore mascherato da rottamatore, confezionato con un tweet di Bilderberg e carburato da euro-merda e cianuro, ha fatto meglio in pochi mesi di Andreotti in quarant’anni. Si permette di definirsi rullo compressore e, pur essendo di cartone, l’ignavia di massa gli consente di fare il lavoro dello schiacciasassi che tutto asfalta e sotto cui niente vive. Assimilata la pseudo-opposizione parlamentare sindacale e mediatica, quella residua delle istituzioni e dell’intelletto è considerata stravaganza di comici e, insistendo in piazza, eversione e terrorismo (vedi No Tav o No Muos). Nessun Mussolini, nessun Hitler e nemmeno i falsari elettorali delle democrazie borghesi avrebbero avuto la protervia di presentarci una legge elettorale così spudoratamente da roulette truccata con la calamita sotto. Una legge che vieta agli elettori di scegliere i loro rappresentanti, che, escludendo da ogni voce in capitolo milionate di cittadini, dà, alla tibetana, potere di vita e di morte sui sudditi a chi arriva al 20% del 50% di italiani che votano.Neanche la Gorgone Fornero, del rettilario bancario, avrebbe osato sognare la socialdemocratica riduzione in panico e schiavitù delle generazioni presenti e a venire, grazie ai 36 mesi a tempo determinato, a zompi intervallati di 4 mesi, dopodiché fuori dalle palle e sotto un altro. Infine, per elevare l’indispensabile tasso di criminalità, il bellimbusto pitocco fa passare una legge sulla custodia cautelare che esime dal gabbio quelli che, forse, si beccherebbero fino a 4 anni, cioè in prima fila i compari elettori e finanziatori dai colletti bianchi. Dopo l’avvenuta evirazione dei Comuni, abolizione delle provincie per collocare negli enti sostitutivi altri 30 mila clienti, come dimostrato dai Cinque Stelle, ma soprattutto per togliere di mezzo gli organismi intermedi di rappresentanza, potenzialmente più vicini al territorio e più distanti dalle cosche apicali. Obliterazione, grazie allo tsunami propagandistico dei “costi della politica”, di quell’istanza d’appello e di controllo che è il Senato. La sua scomparsa, per risparmiare, dicono, 300 milioni (fatti passare per 1 miliardo) ci costerà quanto costò alle libertà romane, nel passaggio dalla Repubblica al Principato, il Senato trasformato in innocua camera di compensazione di latifondisti e usurai. Riduzione delle pene per il voto di scambio, per chi si fa comprare – e obbligare – dai voti procurati dall’altra criminalità, a conferma dell’unità di gestione aziendale di Stato e mafia.Mascherine da festa cotillon che si agitano ai piani bassi dei palazzi dove, in alto, si scatenano i lupi mannari di Wall Street. Rispetto a quella realizzata nel ‘22, la loro dittatura in fieri parrebbe l’avanspettacolo di Bonolis a fronte di una tragedia di Euripide. Ma le cose stanno molto peggio. Rispetto ai triumviri e federali di Mussolini, ai gauleiter e feldmarescialli di Hitler, fenomeno assediato dal resto del mondo, questi sono i tentacoli di una piovra gigante che abbranca mezzo emisfero, tre quarti di tutte le bombe atomiche, mezzo patrimonio produttivo e finanziario, le tecnologie di controllo e soppressione più avanzate e la complicità del più potente istituto per la manipolazione religiosa di coscienze di tutti i tempi. A proposito di quest’ultimo, capeggiato oggi dal quasi-santo Francesco, a strappare i veli dall’umile buonismo esibito da costui basta la pronuncia della gerarchia cattolica del Venezuela, capeggiata dal nunzio nominato dal papa, Parolin, avverso al “despota” Maduro, e a sostegno delle bande di terroristi scatenati dalla Cia contro la nazione bolivariana. Oscenità imperialista che si affianca alla nomina a consigliere del papa di Oscar Maradiaga, primate dell’Honduras e complice di quei golpisti che proseguono nella strage di oppositori, contadini e indigeni. Fin dal suo primo “buonasera”, si sarebbe dovuto capire che il Bergoglio silente tra i generali argentini sarebbe stato l’anti-Chavez dell’America Latina.Del rilievo dato al burattino italiota dalla strategia del Nuovo Ordine Mondiale sono stati testimoni gli augusti visitatori che si sono precipitati a Roma a completare l’agenda che a Renzi era stata commissionata nei giri per Londra, Berlino, Bruxelles e Parigi. Per Obama, d’intesa con il proconsole sul Colle, è stata la consueta intimazione-consacrazione del vassallo di turno. Per la regina Elisabetta è stato il rinnovo del patto tra classe dirigente italiana e la secolare loggia Rothschild-Windsor, sancito nel 1992 in forma definitiva sul suo yacht “Britannia”, quando emissari come Soros, Draghi, Andreatta e bancari vari, concordarono con Ciampi e poi Amato e Prodi la privatizzazione dell’Italia e la sua riduzione a piattaforma mediterranea di guerre d’aggressione e a hub del traffico di energia e stupefacenti, terra di rapina per multinazionali perfezionata nel Ttip, “Partneriato Transatlantico per Commercio e Investimenti”.Prima mossa domestica, capitoletto dell’ordine di servizio imperiale eseguito in Ucraina, Venezuela, Iran, Siria, non i soli F-35, ma la messa fuori gioco di Paolo Scaroni, ad dell’Eni. Non si tratta di compiangere un lestofante, con stipendio milionario, che s’è aperto la strada verso giacimenti e rotte petroliferi in tutto il mondo a forza di creste e tangenti. Così fan tutte ed è la condizione in questo mondo di merda per assicurare al tuo paese rifornimenti energetici. Specie se di fornitori incorrotti ne hai solo uno, il Venezuela e quell’altro onesto, la Libia, l’hai regalato ai terroristi Al Qaida. E per farcene prevedere la detronizzazione basterebbe la corifea delle banche (“basta col contante, tutto per via bancaria”), Milena Gabanelli, con la sua ossessiva denuncia delle malefatte del capo dell’Eni, in “profonda sintonia” con l’avversione al tipo da parte di governanti e petrolieri angloamericani, per le libertà che si prendeva nel saltare, insieme a russi, iraniani, africani e centroasiatici, i tubi del petrolio e del gas sotto controllo Usa. Per molto meno Enrico Mattei e Giorgio Mazzanti furono fatti fuori, uno per attentato, l’altro per scandalo.Sette sorelle, vecchie, ma sempre arrapate. In un sistema in cui i petrolieri texani devono tenere in mano il rubinetto dell’energia e neutralizzare, come predica Brzezinski, demonio all’orecchio di Obama, Bush, Clinton, Reagan e Nixon, la fisiologica tentazione europea verso l’orizzonte euroasiatico, uno come Scaroni risulta incompatibile. Ci vogliono, come per la Jugoslavia, quinte colonne imperiali che contribuiscano alla debolezza e subalternità del proprio continente e dei suoi singoli Stati. Renzi è perfetto. Il frenetico tour di Obama tra i valvassori europei e partner del Golfo va visto in sinergia con le mattanze in atto in Afghanistan, avamposto asiatico anti-russo, il caos creativo del terrorismo nel Pakistan nucleare, le stragi da droni in Somalia e Yemen, capisaldi geostrategici non normalizzati, lo sminuzzamento della Siria antisraeliana, come prima della Libia, le spedizioni degli ascari francesi nel Sahel dell’uranio e del petrolio, lo spolpamento dell’Ucraina dagli enormi terreni da assegnare alle multinazionali del cibo e dell’agrocombustibile e dei missili da piazzare sui piedi di Putin, lo scatenamento del naziterrorismo contro il Venezuela bolivariano.E’ in gioco una dittatura mondiale, fatta gestire agli Usa con stampelle anglosassoni che, attraverso il controllo del rubinetto dell’energia, regoli i rapporti di forza globali. Il Pakistan e l’Iran non devono realizzare l’oleodotto che li unirebbe. Iran, Iraq e Siria non si sognino di approvvigionare, con una nuova pipeline, l’Europa. Russia ed Europa non devono collegarsi tramite i due tubi “North Stream” e “South Stream”. Il Venezuela la deve smettere di assicurare a basso prezzo e con notevoli ricadute politiche e sociali i paesi poveri dell’area e, magari, domani l’Europa. I recentemente scoperti enormi giacimenti di gas nel bacino est del Mediterraneo devono essere sottratti a titolari come Siria, Libano, Gaza, Egitto (apposta paralizzati da costanti fibrillazioni indotte) e Cipro e messi tutti sotto controllo israeliano. Ovunque, in questi fastidi recati a “Big Oil”, c’è stata anche lo zampino dell’Eni di Scaroni (“Senza il gas russo siamo nei guai”). Tutti i percorsi indicati lacerano per il lungo e per il largo la rete sotto controllo anglo-franco-statunitense, solleticano l’insubordinazione dell’America Latina, legano Europa ai detestati Russia e Iran, garantiscono i rifornimenti alla secca Cina.Fratturare il mondo? Lo strumento si chiama scisti. Il metodo per estrarli dal sottosuolo, “fracking”, fratturazione idraulica. L’esito, la destabilizzazione del pianeta dalle profondità alla superficie, l’inquinamento delle falde e dei terreni attraverso l’immissione forzata di enormi quantità d’acqua mista a sostanze chimiche tossiche che spaccano la roccia e liberano le riserve fossili. E, come sperano, la graduale riduzione dei flussi dagli Stati indipendenti, sostituiti dal gas liquefatto che dai destinatari deve poi essere rigassificato. Costi di gran lunga superiori all’estrazione dai giacimenti e perfino alle energie rinnovabili (quelle che i petrolieri raccomandano a Sgarbi di demonizzare) e, perciò, uso della potenza militare, di cecchini nazisti, tagliagole jihadisti e vicerè obbedienti, per imporne l’inconveniente adozione.Il commercio tra Europa e Russia è 10 volte quello tra Europa e Usa. L’Europa orientale trae un terzo della sua energia dalla Russia e una bella fetta dall’Iran. L’Italia quasi metà, con il resto che arriva dall’Algeria, anche per questo in costante guerra di bassa intensità con le armate di complemento jihadiste, non più dalla Libia, e da fonti minori. Berlino ha 6.000 aziende operanti in Russia. Unica a far valere questa situazione è la Germania, che tenta una resistenza sia alle sanzioni a Mosca, sia alla deriva nazista dell’Ucraina favorita dagli Usa (il suo candidato al governo di Kiev era il “moderato” Klitschko, “fottuto”, nelle sue stesse parole, dalla sottosegretaria Usa, Nuland, con il candidato amerikano Jatseniuk). Renzianamente, Obama (vengono tutti dalla stessa caverna) ha promesso a noi e agli altri bischeri europei tanto gas dai suoi scisti da farci rinunciare a quello finora preso dalla Russia. E’ vero che le riserve nordamericane sembrano vaste e sono già fratturate da migliaia di trivelle (con altrettante rivolte della popolazione locale).Ma, se l’Europa ha un po’ di rigassificatori per il gas liquefatto negli Usa, questo paese non dispone neanche di un solo liquefattore. Nella migliore delle ipotesi il gas da scisti arriverà in Europa fra quattro anni, convogliato dal primo liquefattore costruito, capace di spedirci la miseria di 4 miliardi di Bcf di gas al giorno. Basta appena per il Belgio. E ricordiamo: il fracking per scisti incastrati tra rocce da far esplodere, e che dovrà col Ttip essere imposto a un’Europa che già si è dichiarata disponibile e ha iniziato a spaccare il sottosuolo (anche in Italia), sarà costosissimo e quindi provocherà ribellioni tra i consumatori. Sconvolge la pancia della Terra con l’immissione forzata di gigantesche quantità d’acqua – in prospettiva della guerra dell’acqua che si sta per scatenare in tutto il pianeta – e conseguente rottura verticale e orizzontale di ciò che stabilizza i nostri piedi e le nostre case. Scarseggerà l’acqua per bere, per irrigare, per tutto, e conflitti e mega-migrazioni sconvolgeranno quel che resta della stabilità globale.(Fulvio Grimaldi, estratti dall’intervento “Il fracking di Renzi e quello di Obama”, dal blog di Grimaldi dell’8 aprile 2014).Se avete visto il magnifico e sconvolgente “The wolf of Wall Street”, di quel bimbo di Andersen (“Il re è nudo”) che è Martin Scorsese, avrete compreso l’affinità antropologica tra quei cannibali e il loro sottoprodotto al mandolino, Renzi. Ma, per capire il modello che stanno mettendo in opera, conviene fare un breve elenco dei tratti fisiognomici di una classe di criminali che ha imperversato sulle Americhe e poi sul mondo dalla Mayflower in qua. Dal genocidio degli indio-americani a oggi, gli Usa hanno superato qualsiasi altro Stato della storia per numero di guerre e vittime; in media una guerra all’anno, sempre portate, mai ricevute. Dal 1945 al 2014 sono intervenuti militarmente in 90 paesi. Attualmente sono impegnati con forze speciali, Ong, quinte colonne, bombardieri e droni, colpi di Stato effettuati o tentati, sanzioni, destabilizzazioni e mercenariato surrogato, in 135 paesi.
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Perché i russi amano Putin? Scoprirlo è molto istruttivo
Pare che i russi siano proprio innamorati di Vladimir Putin. Non tutti, certo, ma una enorme maggioranza. L’ultimo sondaggio dell’istituto Vciom-Levada, considerato il più affidabile del paese, accredita al leader del Cremlino un indice di popolarità del 76 per cento (per la precisione il 75,7). Sì dirà che il dato è falsato dai fatti della Crimea, ma nel maggio del 2012 era il 68,8 per cento a sostenere Putin, e mediamente negli ultimi 13 anni questo dato si è mantenuto sempre più o meno stabile, un po’ sopra al 60 per cento. In questi giorni, poi, come mai prima, arrivano molte telefonate di amici russi che proprio non riescono a spiegarsi l’atteggiamento dei paesi occidentali verso il loro leader e, dunque, semplificando, verso di loro. Chi pensa che sia facile dare una spiegazione convincente, sbaglia di grosso. Perché per spiegare ci vogliono le parole, e le parole hanno un significato molto diverso quando le dici a Roma o a Mosca.Democrazia? Per i russi normali, soprattutto nella periferia del paese, spesso è una parolaccia. La nuova borghesia? Sulle rive della Moscova la parola suona dispregiativa. La prepotenza del regime contro un оligarca democratico come Khodorkovskij che voleva sfidare Putin alle urne? Per moltissimi sotto le mura del Cremlino è il minimo sindacale di un atto di giustizia contro i tanti oligarchi arricchiti e non sazi di soldi e di potere. Ucraina, Crimea, prezzo del gas… una continua commedia degli equivoci che rende impossibile capirsi. E tutto comincia nei “terribili” anni Novanta. La notte del 25 dicembre 1991 i russi non riuscirono a dormire. Il giorno prima erano cittadini di un paese, l’Unione Sovietica; da quel momento, non lo erano più. Fu uno shock. Milioni di persone di nazionalità russa si ritrovarono, abbandonati dalla Madrepatria, cittadini di paesi che non li volevano e che spesso, come è accaduto nelle Repubbliche baltiche, negavano loro i diritti minimi della cittadinanza. Ma non c’era tempo, né forza per occuparsene.Presto le cose cominciarono ad andare peggio di quanto mai si sarebbe potuto immaginare. Arrivò la politica del Fondo monetario e degli Harvard Boys, introdotta dal governo di Boris Eltsin: liberalizzazione e privatizzazione. Fu chiamata “terapia shock”. Uno shock sullo shock. La promessa era che alla fine del tunnel ci sarebbe stato un paese finalmente libero, democratico e benestante. I russi si fidavano, erano pronti ai sacrifici. Pensavano che l’Occidente, essendo stato capace di offrire benessere, democrazia e giustizia a casa propria, lo avrebbe fatto anche da loro. La fiducia crollò lentamente, ma inesorabilmente, sotto i colpi della realtà. Sotto gli occhi impotenti della gente, per il bene del paese, le aziende cominciarono ad essere vendute per un prezzo vicino allo zero, tra l’1,5 e il 2 per cento del loro valore. In tutto, lo Stato realizzò dall’operazione circa il 10 per cento del valore effettivo, beni mobili e immobili inclusi.Alle persone normali fu dato un pezzo di carta, si chiamava voucher, che era l’equivalente della quota a cui avevano diritto. Valevano 10 mila rubli. Natalja Fjodorovna, l’anziana mamma di una mia cara amica, fu la prima a pronunciare quella che credevo fosse una battuta: «Muzhiki prodadut za butilku», gli uomini lo venderanno per una bottiglia. Ci volle poco a capire che non era una boutade. I voucher si vendevano agli angoli delle strade per una vodka, tremila rubli. Come scrive Naomi Klein nel suo “Shock Economy”, «nel 1998, oltre l’80% delle aziende agricole erano in bancarotta, e circa 70 mila fabbriche statali avevano chiuso i battenti, generando un’epidemia di disoccupazione». E «74 milioni di russi vivevano sotto la soglia di povertà, secondo la Banca Mondiale». Lavoro non ce n’era nel modo più assoluto. I ragazzi sognavano di fuggire e chiedevano i computer, le pensioni arrivavano in ritardo, gli stipendi non arrivavano più; medici, insegnanti, professori, chi poteva cercava un lavoretto all’estero.Le file nei negozi erano scomparse, come i soldi per comprare. Ovunque fiorivano tetri negozietti temporanei dove si pagava direttamente in dollari. Gli ospedali non davano più neanche le lenzuola. La criminalità fioriva, al punto che era diventato rischioso girare di notte anche in una città come Mosca. Nel frattempo, tutti i soldi della Russia erano passati nella tasche di pochi intraprendenti, che diventarono miliardari e potenti, i cosiddetti oligarchi. A proposito di Khodorkhovskij, quando fu arrestato, nel 2003, era il padrone della Yukos, il terzo colosso petrolifero del paese, e l’aveva acquistata partecipando ad un’asta, sebbene fosse stato proprietario della banca Menatep che quell’asta aveva gestito. In pratica, come spiegò poi il responsabile del programma di privatizzazione Alfred Kokh, aveva comprato la Yukos con i soldi della Yukos. Ottenne il 77 per cento delle azioni con 309 milioni di dollari. E poiché il valore reale si aggirava intorno ai 30 miliardi, entrò direttamente a far parte degli uomini più ricchi del mondo (“Forbes”).Così la vedono i russi. Che hanno ritrovato un po’ di fiducia il giorno in cui è arrivato Putin e ha ripreso in mano, nel bene e nel male, il paese. Questo dice Natalia Fjodorovna, che ha avuto una vita lunga e difficile, e partorì il suo primo figlio su un treno mentre fuggiva non sapeva dove coi nazisti alle calcagna. Ogni russo ha una storia incredibile da raccontare, una storia che – proprio come ha dimostrato Emmanuel Carrère con “Limonov” – vale un romanzo. Loro sì che possono spiegarci perché non si è ancora formata una vera borghesia in Russia. Ma per favore, almeno a Mosca, non chiamatela così.(Fiammetta Cucurnia, “Come si spiega il consenso russo per Putin”, da “Il Venerdì di Repubblica” dell’11 aprile 2014, ripreso da “Megachip”).Pare che i russi siano proprio innamorati di Vladimir Putin. Non tutti, certo, ma una enorme maggioranza. L’ultimo sondaggio dell’istituto Vciom-Levada, considerato il più affidabile del paese, accredita al leader del Cremlino un indice di popolarità del 76 per cento (per la precisione il 75,7). Sì dirà che il dato è falsato dai fatti della Crimea, ma nel maggio del 2012 era il 68,8 per cento a sostenere Putin, e mediamente negli ultimi 13 anni questo dato si è mantenuto sempre più o meno stabile, un po’ sopra al 60 per cento. In questi giorni, poi, come mai prima, arrivano molte telefonate di amici russi che proprio non riescono a spiegarsi l’atteggiamento dei paesi occidentali verso il loro leader e, dunque, semplificando, verso di loro. Chi pensa che sia facile dare una spiegazione convincente, sbaglia di grosso. Perché per spiegare ci vogliono le parole, e le parole hanno un significato molto diverso quando le dici a Roma o a Mosca.