Archivio del Tag ‘quantitative easing’
-
Goldman: prima che Draghi vi aiuti, dovrete peggiorare
Dobbiamo soffrore ancora, e parecchio. Così sta scritto. Nel libro del destino, o meglio in quello della Goldman Sachs, uno dei massimi super-poteri finanziari del pianeta. Sono loro, gli strateghi della mega-banca d’affari, a “spiegarci” che solo tra un po’, quando le condizioni europee saranno ulteriormente peggiorate, Mario Draghi potrà mettere mano al denaro della Bce e usarlo per soccorrere la nostra economia disastrata. Lo rivela Andrew Wilson, dirigente della Goldman Sachs, in un’intervista a “Bloomberg” che non è sfuggita a Paolo a Barnard. «Nelle condizioni in cui ci troviamo – un esempio: i settori del commercio al dettaglio e dell’edilizia italiana sono ai peggiori livelli d’Europa assieme alla Francia, più gli altri dati da orrore – e dato che il denaro oggi l’ha in mano l’imperatore neofeudale Mario Draghi alla Bce, l’unica soluzione – a parte uscire dall’Eurozona – sarebbe che la Bce aprisse i rubinetti dei soldi». Domanda: «Cosa diavolo aspetta Draghi a darci quell’ossigeno? Perché se ne sta a Francoforte a guardare coi suoi occhi da pesce morto un’Europa che sprofonda, e non agisce. Ma perché?».Quello che Draghi dovrebbe fare è una semplice operazione di Qe, quantitative easing. Ovvero: «La Bce si mette a comprare titoli di Stato a man bassa». Secondo Barnard, il quantitative easing «non funziona, è tutto sbagliato», ma oggi – in una situazione di catastrofe – questo non conta. «Gli investitori e Draghi stesso non lo sanno, credetemi (chi lo sa bene sono i migliori analisti americani, infatti il Qe americano non ha risolto nulla di concreto). Quindi Draghi e investitori credono che il Qe salverebbe famiglie e aziende, ok?». Dunque, cosa aspetta Draghi a “fare il Qe”? «La risposta è agghiacciante – continua Barnard – e ce la dà la fonte finanziaria più autorevole del mondo, e cioè il colosso bancario Goldman Sachs». Wilson, che è capo del “Global Fixed Income and Liquidity Management”, ha appena dichiarato che «prima che Draghi attivi il Qe, l’economia europea dovrà peggiorare molto».«Avete un’idea della mole di sofferenze umane e sociali che PEGGIORARE MOLTO significa?», domanda Barnard. «Avete un’idea che ogni giorno di crisi dei redditi e della produzione italiana significa anni di futuro distrutto per i nostri figli? E dobbiamo PEGGIORARE MOLTO prima che Draghi si degni di darci ossigeno? Allora… solo un cieco, demente, minorato mentale, a ’sto punto, non riesce ancora a vedere quale è il disegno dell’Eurozona Neofeudale: DISTRUGGERCI, per il bene del GIUSTO ORDINE sociale delle élite». La politica? Balbetta, è inesistente. «Intervengano le Armi fedeli alla Repubblica. Intervengano! Fuori dall’Eurozona e mandato di cattura internazionale per Mario Draghi. Non c’è più altra via».Dobbiamo soffrire ancora, e parecchio. Così sta scritto. Nel libro del destino, o meglio in quello della Goldman Sachs, uno dei massimi super-poteri finanziari del pianeta. Sono loro, gli strateghi della mega-banca d’affari, a “spiegarci” che solo tra un po’, quando le condizioni europee saranno ulteriormente peggiorate, Mario Draghi potrà mettere mano al denaro della Bce e usarlo per soccorrere la nostra economia disastrata. Lo rivela Andrew Wilson, dirigente della Goldman Sachs, in un’intervista a “Bloomberg” che non è sfuggita a Paolo a Barnard. «Nelle condizioni in cui ci troviamo – un esempio: i settori del commercio al dettaglio e dell’edilizia italiana sono ai peggiori livelli d’Europa assieme alla Francia, più gli altri dati da orrore – e dato che il denaro oggi l’ha in mano l’imperatore neofeudale Mario Draghi alla Bce, l’unica soluzione – a parte uscire dall’Eurozona – sarebbe che la Bce aprisse i rubinetti dei soldi». Domanda: «Cosa diavolo aspetta Draghi a darci quell’ossigeno? Perché se ne sta a Francoforte a guardare coi suoi occhi da pesce morto un’Europa che sprofonda, e non agisce?».
-
Col dollaro sovrano, Usa in ripresa ed Eurozona in crisi
La crisi della periferia europea ha sortito un effetto boomerang per l’euro e per Berlino: tra il 2011 e il 2013 la quantità di euro nelle riserve delle banche centrali è scesa dal 25,1 al 24.2%. Nel 2007 la Germania è caduta da terza a quarta economia nel ranking mondiale. Invece, l’egemonia del dollaro è rimasta intatta, conservando il 64% del totale della valuta nelle riserve delle banche centrali. Così, gli Usa mantengono la supremazia economica globale, spiegano Ariel e Ulises Noyola Rodríguez. La crisi del debito sovrano europeo, iniziata nel 2010 dopo la crisi delle ipoteche “subprime” statunitensi del 2007-2008, ha rivelato la fragilità delle fondamenta economiche dell’Unione Europea, partita nel 2002 con l’euro come moneta unica. Lo sviluppo differente delle crisi – negli Usa e in Europa – rende manifesto «il carattere gerarchico dell’economia mondiale» e, con esso, «l’asimmetria di potere tra gli Stati capitalisti dominanti: Germania e Usa».Gli Stati Uniti, spiegano i due economisti in un’analisi ripresa da “Come Don Chisciotte”, godono di un sistema finanziario con una maggiore elasticità dinnanzi alle turbolenze dell’economia mondiale: la banca centrale statunitense «riproduce la sua posizione in cima alla piramide dei sistemi finanziari nazionali concentrando e centralizzando capitali attraverso il binomio “dollaro – Wall Street”, che rappresenta un meccanismo di dominazione finanziaria». La moneta sovrana – il dollaro – stravince il confronto, perché la Federal Reserve emette moneta su richiesta del governo, mentre l’euro – moneta senza Stato, per Stati senza più moneta propria – non può transitare direttamente dalla Bce ai governi dell’Eurozona. Così, la Fed ha espanso la sua base monetaria (denaro depositato in banche e in circolazione nell’economia reale) di un 400%, mentre la Bce soltanto di un 150%.La banca centrale europea, osservano i due analisti, prova a non pregiudicare la posizione dell’euro come moneta di riserva. «I programmi che ha lanciato includono la “sterilizzazione di liquidità” che la Fed non ha previsto, ovvero: il denaro che la Bce usa per comprare titoli finanziari lo recupera ritirandolo dalla propria base monetaria». Immettendo invece nuovo denaro nel circuito, la Fed ha permesso all’economia americana di «riprendersi più rapidamente rispetto al sistema finanziario europeo». Cifre: tra il 2007 e il 2013, il valore delle azioni delle 10 maggiori banche americane è aumentato di 2.000 miliardi, secondo la Federal Deposit Insurance Corporation, mentre le grandi banche europee, a giugno 2013, possedevano in azioni 660 milioni di euro in meno rispetto al 2009, secondo la Bce. Inoltre, il sistema finanziario europeo, essendo di natura bipolare – da un lato banche molto forti (Deutsche Bank, Commerzbank e Bnp Paribas) e dall’altro banche molto deboli nella periferia, «aumenta il rischio locale legato a possibili shock finanziari».Affinché si mantenga la “fiducia” nella valuta, la Troika europea fa rispettare il Patto di Stabilità, che obbliga gli Stati membri a non superare il limite del 3% del deficit e del 60% di debito pubblico in relazione al Pil. «Ad ogni modo – aggiungono Ariel e Ulises Noyola Rodríguez – l’applicazione di politiche di austerità ha portato al fatto che attualmente 11 paesi non rispettino il suddetto patto», ovvero Austria, Belgio, Cipro, Slovenia, Spagna, Francia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia e Olanda. Viceversa, il debito pubblico di Washington (16.7 bilioni di dollari, oltre il 100% del Pil) «si sostiene attraverso il dollaro, che agisce come rifugio privilegiato degli “short-term capitals” del resto del mondo», cioè i capitali attraverso cui si vuole ottenere un plusvalore in meno di un anno. «De facto, il rischio di default statunitense scompare».Il male oscuro dell’Eurozona si chiama deflazione: denaro insufficiente in circolazione. A partire da ottobre 2013, osservano i due economisti, l’inflazione europea si trova sotto l’1%: meno della metà dell’obiettivo fissato dalla Bce, che è il 2%. A gennaio 2014 l’inflazione è calata ulteriormente fino allo 0.8% per poi scendere ancora (allo 0.7%) a febbraio. «Ciò ha messo in allerta Mario Draghi, presidente della Bce, che ha dichiarato che è possibile che la politica monetaria sia più espansiva e includa misure non convenzionali, possibilmente in stile Fed, anche se applicate in maniera selettiva in base ai paesi». La crisi morde: il credito registra la più grave caduta in vent’anni, la disoccupazione al 12% è un record storico, il cambio euro-dollaro (1,4 dollari per euro) ormai «minaccia il dinamismo delle esportazioni tedesche». E l’Institute for Economic Research, in tedesco “Ifo”, rivela che il livello di fiducia delle imprese tedesche sta cominciando a calare.Di fronte a una situazione così drammatica, rispetto a quale la “cura” del rigore non rappresenta certo una soluzione ma, al contrario, proprio la causa principale della sofferenza, oggi la rigidissima Bce non scarta più «la possibilità di stabilire tassi negativi nei depositi bancari per ribaltare la tendenza depressiva dell’economia», creata proprio dall’euro-deflazione. E persino il banchiere centrale tedesco Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, ora è favorevole a un’espansione monetaria (“quantitative easing”), se si cambia l’articolo 123 dello Statuto della Bce che proibisce di finanziare direttamente gli Stati. Moneta finalmente disponibile? Inversione di tendenza obbligatoria, o l’Eurozona collassa.La crisi della periferia europea ha sortito un effetto boomerang per l’euro e per Berlino: tra il 2011 e il 2013 la quantità di euro nelle riserve delle banche centrali è scesa dal 25,1 al 24.2%. Nel 2007 la Germania è caduta da terza a quarta economia nel ranking mondiale. Invece, l’egemonia del dollaro è rimasta intatta, conservando il 64% del totale della valuta nelle riserve delle banche centrali. Così, gli Usa mantengono la supremazia economica globale, spiegano Ariel e Ulises Noyola Rodríguez. La crisi del debito sovrano europeo, iniziata nel 2010 dopo la crisi delle ipoteche “subprime” statunitensi del 2007-2008, ha rivelato la fragilità delle fondamenta economiche dell’Unione Europea, partita nel 2002 con l’euro come moneta unica. Lo sviluppo differente delle crisi – negli Usa e in Europa – rende manifesto «il carattere gerarchico dell’economia mondiale» e, con esso, «l’asimmetria di potere tra gli Stati capitalisti dominanti: Germania e Usa».