Archivio del Tag ‘propaganda’
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Tav, corridoio fantasma: e Torino resterebbe senz’acqua
La Torino-Lione? Pura follia inutile. Quel che resta di un vecchio disegno europeo completamente tramontato: perché mancano soldi, perché non serve a nessuno, e perché – in concreto, tecnicamente – non è neppure realizzabile. Il chiasso della propaganda ha finora nascosto un tabù colossale, un problema grande come Torino: l’acqua potabile e i rubinetti dei torinesi. Alle porte della metropoli, spiega un ingegnere della Regione Piemonte, il progetto prevede un tunnel profondo 40 metri, che «si infila né più né meno che nella falda idropotabile della città». Attenzione: non in quella irrigua, ma «proprio nell’acqua che va nelle case dei torinesi». L’ingegnere non ha dubbi: operazione «impensabile e illegale». Un milione di abitanti all’asciutto, senza più acqua bevibile: «Progetto impossibile, a meno che non si pensi a un golpe», dice lo scrittore Luca Rastello, autore del dirompente reportage “Corridoio 5, binario morto”, pubblicato il 20 maggio da “Repubblica”.
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Val Susa, Italia: Pd e Pdl insieme, per conquistare Avigliana
A prima vista, sembra una qualsiasi campagna elettorale locale, di rango comunale. Non lo è, se è vero che scomoda nientemeno che Nichi Vendola, accanto all’altro leader nazionale impegnato nella contesa, Beppe Grillo. Due pesi massimi, in difesa di una cittadina di nemmeno quindicimila abitanti? Ebbene sì: perché il Comune in questione è Avigliana, dinamico capoluogo produttivo della valle di Susa “ribelle”, a metà strada fra Torino e le Alpi. Vent’anni fa, quando l’epopea No-Tav era alle primissime battute, ancora lontana dall’attuale dimensione popolare, Avigliana punì il “partito trasversale degli affari” premiando una lista di outsider, dal nome inequivocabile: Piazza Pulita. Da allora, la “dinastia” della trasparenza ha sfornato sindaci-contro. Ultimo esponente Carla Mattioli, nel 2005 in prima linea sulle barricate della storica rivolta pacifica che costrinse il governo a sospendere il progetto Torino-Lione, rivelando all’Italia la profetica “resistenza” della valle di Susa, avamposto della Grande Crisi.
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Fanno i furbi? E noi lasciamoli in mutande: Sbankiamoli
Fanno i furbi? E allora, non resta che “colpirli negli affetti”: sbancandoli. Come? Semplice: basta chiudere il rubinetto del conto corrente e ritirare i propri risparmi, vincolandoli a progetti sociali eco-sostenibili. L’associazione “Etinomia” della valle di Susa aderisce alla campagna nazionale “Sbankiamoli”, per una finanza popolare, trasparente e democratica. Conto alla rovescia simbolico: 11 aprile 2012, data fatidica in cui, dopo quasi un anno di militarizzazione d’emergenza, il governo provvederà alla notifica ufficiale dell’occupazione dei terreni privati di Chiomonte, l’area trincerata in attesa che un giorno parta davvero l’ipotetico cantiere Tav per il tunnel preliminare geognostico. La grande finanza al potere vuole imporre la Torino-Lione senza spiegazioni? Pan per focaccia: ora scatta la class action, sotto forma di rappresaglia bancaria.
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Chomsky: il mondo ha paura di Israele, non dell’Iran
Nel numero di gennaio-febbraio della rivista “Foreign Affairs” un articolo di Matthew Kroenig intitolato “È il momento di attaccare l’Iran” spiega perché un attacco è l’opzione meno peggiore. Sui media si fa un gran parlare di un possibile attacco israeliano contro l’Iran, mentre gli Stati Uniti traccheggiano tenendo aperta l’opzione dell’aggressione, ciò che configura la sistematica violazione della carta delle Nazioni Unite, fondamento del diritto internazionale. Mano a mano che aumentano le tensioni, nell’aria aleggiano i fremiti delle guerre in Afghanistan e Iraq. La febbrile retorica della campagna per le primarie negli Usa rinforza il suono dei tamburi di guerra. Si suole attribuire alla “comunità internazionale” – nome in codice per definire gli alleati degli Stati Uniti – le preoccupazioni per l’imminente minaccia iraniana. I popoli del mondo, però, tendono a vedere le cose in modo diverso.
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Monti, lo stalinista americano che devasterà gli italiani
I colpi di Stato? Oggi non si fanno più coi carri armati, ma con un’abile gestione extraparlamentare di magistrati, giornalisti ed economisti. «È il post-moderno, bellezza!», ironizza il filosofo Costanzo Preve, che denuncia due golpe: «Quello di Monti del 2011 non è il primo ma il secondo, dopo quello di Mani Pulite del 1992», un “colpo di stato giudiziario” per abbattere il sistema partitico della Prima Repubblica, «non certo più corrotto di quello venuto dopo, ma pur sempre garante di un certo assistenzialismo sociale e di una sovranità monetaria dello Stato nazionale, sia pure all’interno dello schieramento post-bellico americano». Stavolta non c’è stato neppure bisogno di manette: «Sono bastati i mercati internazionali e soprattutto la regia di Napolitano, il rinnegato ex-comunista passato al servizio degli americani».
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Macché “pecorella”, stanno usando la polizia contro di noi
Fa davvero impressione il coro di commenti indignati e perbenisti scatenato dal filmatino che mostra l’innocua provocazione di un manifestante della Val di Susa verso un carabiniere. Si è scomodato Pasolini, si è parlato di squadrismo, si è evocato il rischio di un’escalation di violenze, il tutto senza mostrare il minimo senso del ridicolo, nonostante l’acme della provocazione sia stato individuato – dagli indignati commentatori – nell’epiteto “pecorella”. Epiteto, peraltro, usato dallo “squadrista” per segnalare alla telecamera che riprendeva la scena, la curiosa condizione che viviamo in Italia, un paese dove i cassieri del supermercato esibiscono sul petto un’etichetta di riconoscimento, ma i poliziotti no: e dire che si tratterebbe di una misura in favore della legalità
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Potere sordo, e noi siamo soli: così la gente non vota più
Si allarga la fenditura. Di qua chi governa, a qualsiasi titolo. Di là tutti gli altri. Può darsi che annuncino il loro esodo in piccoli gruppi potenti (i banchieri, gli avvocati), in tribù che prescelgono la dimostrazione fisica e locale (i tassisti) in manifestazioni più disperate che violente (le testimonianze dei ricoverati del pronto soccorso e di chi li accompagna) o nel sottofondo di voci che segue e commenta con indignazione, protesta o scherno quasi ogni funzione pubblica del Paese, dal viaggiare infinito dei pendolari alla sorpresa male accolta per gli ospedali che chiudono. Ma sto parlando di un distaccarsi esteso, a volte silenzioso e ordinato, raramente rappresentato dalle rivolte come quella dei No Tav, di cui si discute con grande confusione su causa ed effetto (viene prima la solitudine o la rivolta?) in questi giorni.
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Forze inglesi a Damasco, non è Assad a massacrare i siriani
Stanno macellando la Siria, a cannonate: non i presunti “boia” del regime di Assad, ma i brutali miliziani armati dall’Occidente. «Sono loro che ci terrorizzano», dichiara un testimone in una drammatica intervista realizzata a Homs dalla prestigiosa giornalista indipendente Silvia Cattori: «Ci minacciano se solo mettiamo il naso fuori di casa, siamo noi a chiamare l’esercito in nostro aiuto». E la versione dei media, che propongono una rivolta popolare contro l’oppressione della dittatura? Un diluvio di menzogne, senza uno straccio di prova. Per questo, Russia e Cina hanno posto il veto all’Onu contro una risoluzione anti-Assad. Ma c’è di peggio: oltre alla “legione libica” proveniente da Bengasi, in Siria – contro l’esercito di Damasco – sarebbero in azione reparti scelti del Qatar e addirittura forze speciali inglesi.
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Spieghiamo a questi cialtroni che non finiremo come Atene
Ma quante belle notizie, madama Dorè. Bisogna dire la verità: quel Berlusconi era davvero un po’ sovietico, a pensarci bene; la sua réclame era ossessiva ma anche un po’ arcigna, qualcosa di simile alla propaganda dei tempi brezneviani – era soltanto un pochino allietata, come ricordiamo, dalle scollature delle veline e dai pizzi delle mutandine quasi inesistenti. Invece Mario Monti, bisogna ammetterlo, quale altro stile! Ha il fascino della seduzione casta, hollywoodiana, anni ’50. I principali giornali italiani, abbagliati dall’aplomb britannico del nostro nuovo premier, balbettano tutti le stesse cose. Nessuno nota, per esempio, che l’Italia è stata venduta a Bruxelles, con destrezza – venduta alle banche europee, per i prossimi vent’anni. Solo che invece di incassare, cosa che di solito si fa quando si vende, noi dovremo pagare.
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Napoleoni: la farsa è finita, l’Europa ci lascia affondare
«La cosa migliore per l’Italia sarebbe un default pilotato: rinegoziare il debito e ricominciare da zero. Ipotesi che questo governo non prenderà mai in considerazione, perché è un governo neoliberista, di euro-burocrati, che difenderà l’euro anche quando è indifendibile e sacrificando il futuro del paese». Loretta Napoleoni è drastica: siamo senza soldi, non ci sono vie d’uscita diverse e il 9 dicembre quasi certamente l’Europa ci saluterà. «E’ ora di smascherare la propaganda: Francia e Germania cercheranno di salvare le loro banche, prima che l’Italia. Quando tutti se ne renderanno conto, cioè fra pochi giorni, ogni scenario sarà possibile: compreso quello che sconvolse l’Argentina».
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Mercalli: provate a dimostrare l’utilità della Tav, se ci riuscite
Nervosetti, vero? È bastato un minuto di considerazioni contro la grande opera voluta da Dio, il collegamento Tav Torino-Lione, che i sacerdoti del Pd e del Pdl sono esplosi nella loro condanna inquisitoria. Io sarei un istigatore dell’illegalità, parlo di un argomento del quale non è permesso parlare, userei i lauti guadagni che mi corrisponderebbe la televisione pubblica per fare propaganda No Tav. I feroci comunicati emessi da questi personaggi, che non vale la pena di nominare, sovrastano di svariati ordini di grandezza il mio minuto di “propaganda”. Ma io ho esordito che mi esprimevo come cittadino e giornalista. Quindi non c’è propaganda allorché si porta a conoscenza della collettività il fondato dubbio che questa grande opera sia inutile per la gestione dei trasporti, dannosa per l’ambiente alpino e temibile per le pubbliche disastrate finanze. Non è propaganda, bensì è l’essenza stessa del giornalismo e della democrazia.
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Israele, scuola di odio: oggi bimbi, domani killer in uniforme
Palestinesi? No, meglio: arabi. A meno che non ci sia di mezzo l’argomento principe: il terrorismo. Allora, come d’incanto, gli “arabi” che vivono tra Betlemme e Gaza diventano, magicamente, “palestinesi”. Per il resto, rimangono semplicemente “arabi”, magari a dorso di cammello, vestiti come Ali Babà. «Spregevoli, devianti e criminali, gente che non paga le tasse, che vive a spese dello Stato, che non vuole progredire». E’ quello che raccontano i libri di testo israeliani, che a partire dalla scuola elementare preparano i futuri soldati di leva a prendere a fucilate gli “arabi” dei Territori Occupati e magari qualche scomodo attivista loro amico, come l’americana Rachel Corrie o l’italiano Vittorio Arrigoni. Un’indecenza, alla quale ora si ribella una docente universitaria israeliana, Nurit Peled-Elhanan.